Film > Alice nel paese delle meraviglie
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Autore: Fiore del deserto    25/09/2016    4 recensioni
“La vita ogni tanto è una favola che merita un lieto fine.” Alice vive a Londra, confinata da tempo in un’esistenza grigia che non sembra essere nemmeno vita. Tutto questo fino a che non incontra un giovane uomo di origini scozzesi di nome Tarrant Hightopp, una persona dalle caratteristiche particolari che stuzzica la curiosità di Alice. Da quel momento tutto cambia: la presenza di Tarrant fa riaffiorare nella mente di Alice molti ricordi che parevano ormai perduti. L’esistenza di un mondo fatto di meraviglie, la spensieratezza e l’innocenza non più permessa agli adulti, la sete di fantasia e la convinzione di poter credere a sei cose impossibili prima di fare colazione. Grazie a Tarrant, Alice ritrova la voglia di vivere che il Sopramondo le aveva fatto quasi dimenticare. Ma dovrà difendersi dai soprusi di chi non sopporta, chi per indifferenza o chi per malevolenza, la sua felicità.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sissignori... purtroppo anche questa avventura è giunta al termine.
Sappiate che, sebbene ci abbia messo troppo tempo per completarla, mi sono veramente divertita a doverla condividere con ognuno di voi.
Ma le nostre avventure non finiranno mai.
E non è una promessa, è una certezza.
Grazie per tutto quello che avete fatto per me.
Siete meravigliosi!
Un BACIONE e BUONA LETTURA!

 
Il salotto degli Ascot era sempre stata molto accogliente, ma quella mattina Hamish, sua madre e Alexandra avevano i brividi.
Erano state svegliate alle prime luci dell’alba dalle urla isteriche di Hamish, il quale non faceva altro che urlare di paura.
Erano seduti sul divano e le due donne tentavano di consolarlo.
Un commissario di polizia si massaggiò nervosamente una tempia, mentre un agente tamburellava le dita mentre osservava Lord Ascot visibilmente scosso.
- Vi dico che è tutto vero! – esclamò Hamish, tremando come una preda braccata – Hightopp e la signorina Kingsleigh sono venuti qui, stanotte. E con loro c’era un gatto volante che sorrideva in una maniera disgustosa! La loro lepre mi ha attaccato con ferocia! –
Alexandra tossicchiò per vincere l’imbarazzo nel sentire quel delirio di assurdità del marito.
Lady Ascot guardò altrove, anche lei inebetita.
Hamish era un illustrissimo lord di alto livello e non poteva scendere così in basso da raccontare di avere visto delle creature parlanti, vestite come degli esseri umani, in compagnia di Alice e del signor Hightopp.
Il commissario tentò di andargli incontro.
- Lord Ascot, sappiamo che il detenuto Tarrant Hightopp sia riuscito ad evadere questa notte da Sombergate e i miei uomini stanno facendo di tutto per ritrovarlo. Tuttavia, non ci risulta che egli si sia intrufolato qui nella notte. –
Hamish divenne paonazzo.
- Mi state dando del bugiardo? –
- Sto solo dicendo, - disse pazientemente il commissario – che non abbiamo trovato segni di forzatura né alla serratura della porta né alle finestre. –
Tutto, in effetti, era al proprio posto. In perfetto ordine.
Lady Ascot cercò di fare ragionare suo figlio.
- Hamish, in effetti questa notte non abbiamo sentito niente di strano. –
Dopotutto, era privo di senso pensare che un evaso si presentasse in casa sua solo per poterlo immobilizzare con l’aiuto di Alice e per farlo malmenare da degli animali antropomorfi, senza nemmeno rubare nulla.
Per non cadere nella vergogna, Lady Ascot trovò un’alternativa.
- Probabilmente,  mio figlio deve essere molto stanco per via del troppo lavoro. –
Alexandra, finora rimasta lì zitta e mosca, tanto bella quanto insignificante, aveva cercato di placare suo marito.
- Forse, è stato un brutto sogno che hai scambiato per realtà... –
Hamish le ordinò di tacere, non sopportando l’idea di essere considerato un uomo che aveva avuto un esaurimento nervoso.
Non un lord del suo carico.
Come una matriarca ben composta e sicura della propria posizione, Lady Ascot con fermezza ma con garbo lo invitò a calmarsi.
Successivamente si rivolse al commissario.
- Ho fiducia che riuscirete a trovare quel delinquente, commissario. Intanto, vi prego di scusare mio figlio. Permettetemi di offrirvi del tè per il disturbo che vi abbiamo recato. –
Nonostante il gentile invito, il commissario e l’agente si videro costretti a rifiutare poiché erano ancora in servizio.
In verità, non vedevano l’ora di filare via non potendone più di sentire quella pioggia di assurdità dette da Hamish. Era solo per la sua alta carica se avevano deciso di non dargli un biglietto di sola andata verso il manicomio.
- Certamente, signora. Buona giornata. – li salutò educatamente il commissario e, insieme all’agente, abbandonarono il salotto degli Ascot.
Per il forte impaccio, Alexandra non ebbe la forza né la voglia di guardare Hamish negli occhi, chiedendosi continuamente se l’idea di sposarlo si fosse davvero rivelata una buona idea.
Lady Ascot indietreggiò, chiedendosi come fosse possibile che suo figlio abbia perduto la testa e scosse la testa nel tentativo di scacciare l’imbarazzo per la pessima figura.
 
 
Alice era seduta dietro la scrivania, intenta a compilare un registro con la sua penna d’oca.
Guardò l’orologio appeso al muro, si accorse che segnasse le nove di sera.
La porta di fronte a lei si aprì ed entrò Helen.
- Hai preparato ogni cosa? – le domandò.
Alice annuì. Chiuse il registro e si massaggiò una tempia. Fece un respiro profondo e l’idea che il giorno dopo avrebbe salpato insieme a sua madre la fece sentire bene.
Si girò alla sua destra e vide la sua valigia. Aveva preparato ogni cosa.
- Faresti meglio ad andare a dormire. – le consigliò dolcemente sua madre – Domani dovremmo prendere il largo molto presto. –
Con un sorriso, Alice annuì di nuovo. Si alzò dalla scrivania e si avvicinò alla finestra per poter guardare oltre il vetro un po’ appannato a causa del freddo.
Helen si avvicinò alla figlia e le mise delicatamente una mano sulla spalla.
- E’ un vero peccato che sia andata a finire così per il signor Hightopp. – disse sinceramente rattristita – Non sono mai stata d’accordo sul fatto che lo abbiano giudicato come un delinquente. –
Alice, senza voltarsi, aveva sorriso lievemente.
- Ed ora ha deciso di scappare. – continuò Helen – Beh, dovunque si trovi adesso... gli auguro il meglio. –
- Sì, anche io. – disse infine Alice.
Per non cadere nella tristezza, Alice disse alla madre che si sarebbe ritirata. Come aveva detto lei, l’indomani mattina avrebbero salpato molto presto e di certo non avrebbe voluto perdere delle preziose ore di sonno.
Helen, sorridendole, le diede la buonanotte.
Quando fu di nuovo sola, Alice posò gli occhi sulla farfalla di carta blu. L’unico ricordo che le fosse rimasto del Cappellaio. La carezzò con delicatezza e, dopo avere spento il paralume, si intrufolò dentro le calde coperte.
I suoi pensieri volavano verso il ricordo di quando vide il Cappellaio vendere i cappelli per la strada di Londra, con quegli austeri abiti che non si addicevano al suo carattere festaiolo. Poi ricordò quando la difese da un manigoldo, con l’aiuto del Leprotto, per poi invitarla a prendere il tè insieme. Era sempre stato molto buono con lei, aveva sempre avuto una grande pazienza nel farle ricordare chi fosse e per farle riemergere nella memoria tutti i ricordi del Sottomondo.
E alla fine ce l’aveva fatta.
Quando Alice chiuse gli occhi, quando il sonno l’avvolse, come per magia le ali della farfalla azzurra iniziarono a prendere vita. Si scotevano e ad un tratto sembrò che la farfalla fosse viva.
Magicamente volò sopra la fronte di Alice, la quale non si era accorta di nulla. La farfalla si illuminò emanando una bellissima luce color zaffiro.
 
Nel suo sogno, Alice si trovò all’interno di una folta foresta composta da alberi ricurvi e dai rami intrecciati, funghi variopinti arrivavano a superare la sua altezza, alcuni di essi erano alti quasi quanto gli alberi.
Si guardò intorno ed ebbe l’impressione di sapere come muoversi, anche se non vi era un sentiero che le indirizzasse una via. Era quasi buio, ma riusciva a distinguere le forme e i colori di ogni cosa.
La sua marcia continuava fino a che non vide una luce che filtrasse da due grandi cespugli.
Alice li scostò e venne accolta da un luminoso cielo limpido sopra un immenso prato verde tempestato di fiori di tutti i colori, gli uccellini cinguettavano allegramente e il ronzio degli insetti non era affatto fastidioso.
L’odore dell’erba bagnata, dei fiori, del miele erano meravigliosi.
Ancora una volta, Alice ebbe l’impressione di conoscere quel posto. E la sua deduzione si rivelò fondata quando vide un grande e vecchio mulino.
Il suo cuore sussultò.
Davanti a lei, apparve lo Stregatto. Le sorrise lieto.
- Stregatto... –
- Ben tornata, Alice. – le disse il felino e senza dirle un’altra sola parola le fece un inchino e la invitò a seguire la direzione della sua zampa.
Alice obbedì e guardò là dove Stregatto le stesse indicando.
Una farfalla blu svolazzò leggera davanti ai suoi occhi. Alice la riconobbe.
Il Brucaliffo, proprio lui, volò verso una fila di tavoli allineati, preparati e decorati per una festicciola, con una lunga fila di sedie ai lati e una sola grande poltrona, stranamente girata, al capotavola. La fila di tavoli che Alice avrebbe riconosciuto anche se fossero passati innumerevoli anni.
E come ad una festa a sorpresa, Alice venne accolta da tutti i suoi amici con estremo calore.
Alice li guardava con il cuore che le scoppiava dalla gioia e si sentì allegramente confusa.
C’erano tutti. Proprio tutti. Non mancava nessuno.
McTwisp, Mally e il Leprotto le fecero un amichevole e piccolo inchino, Bayard scodinzolava e il Grafobrancio soffiava per la gioia di rivederla, i gemelli Pinchi la salutavano amichevolmente con la mano.
Tempo per una volta aveva lasciato la Torre del Grande Orologio solo per quel momento. Le fece l’occhiolino per augurarle il bentornata con Iracebeth al suo fianco, la quale le aveva fatto una piccola smorfia per non scendere alle smancerie, e il fidato Wilkins che si inchinò lievemente.
Gli occhi di Alice si posarono su una famiglia che si distingueva per la loro folta chioma rossa e ricordò ognuno di loro: Zanik Hightopp e sua moglie Tyva, suo fratello Poomally con la moglie Bumalig e i figli Pimlick, Paloo e il giovane Bim. Tutti e sette la guardavano con immensa gioia.
Mirana, per finire, la salutò con un lieve inchino soave: una regina si stava inchinando davanti a lei, un umile Sopramondiana?
Mirana fece a tutti cenno di allontanarsi per mostrare nuovamente ad Alice la fila di tavoli imbanditi.
Con un grande stupore negli occhi, Alice vide la poltrona girarsi nella sua direzione. Sopra di essa, vi era seduto in tutta la sua colorata fierezza il Cappellaio Matto.
Alice lottò disperatamente per reprimere la commozione.
Il Cappellaio balzò sui tavoli, sotto lo sguardo stupito ma senza malizia dei presenti nel vederlo effettuare quei gesti bizzarri.
Afferrò il cilindro e, con classe, lo tolse dalla propria testa e fece un inchino molto formale ad Alice.
Infine, le porse una mano invitandola a salire sui tavoli. Alice non perse tempo e si fece largo tra i vassoi e le posate.
Afferrò la mano del Cappellaio e, ignorando di essere in pubblico, si tuffò tra le braccia del Cappellaio bagnandogli la giacca di lacrime di gioia.
Il Cappellaio rideva allegro e ricambiò il gesto, mentre cercava di calmarla alternando le risate.
- Te l’avevo detto che in un modo o nell’altro saremmo tornati a giocare insieme. – le disse.
Quando Alice si riprese, prese un sospiro.
- Questo è un sogno? – domandò lei.
- Ma certo. – rispose il Cappellaio – Ricordi? E’ nel palazzo dei sogni dove io te ci incontreremo. E ora possiamo giocare finché non ti sveglierai. E sarà per sempre così. Finché lo vorrai. –
Alice, con il cuore gonfio dalla gioia, si asciugò le lacrime.
Il Cappellaio le afferrò le mani.
- Vuoi unirti a noi per il tè? –
Alice annuì mentre le lacrime non volevano saperne di fermarsi.
La vita è una favola che meritava il lieto fine. E Alice non poteva sperarne in uno migliore.
E come ogni finale degno di una favola, Alice si ritrovò le mani del Cappellaio sul proprio viso. Lentamente, il Cappellaio si avvicinò sempre di più fino a che, per la prima volta, le loro labbra riuscirono ad incontrarsi.
Quell’abbraccio, quel bacio, quella gioia di essersi ritrovati. Il tutto con il suono di un caloroso applauso di tutti i loro amici come una musica d’orchestra.
Mani e zampe battevano tra loro per acclamare Alice e il Cappellaio Matto, finalmente ritrovatisi in un luogo dove potevano realmente sentirsi liberi di sognare e giocare fino a che ne avrebbero avuto la volontà: nel Paese delle Meraviglie.
 
 
FINE
 
 
 
 
 
 
 
  
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