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Autore: Ayr    28/09/2016    5 recensioni
Duncan, Cavaliere dell'Aquila Rossa caduto in disgrazia, cerca un riscatto per la figlia Selene, tenuta prigioniera da Loyd lo Sciacallo, viscido usuraio con cui si è indebitato e l'unica occasione che gli si presenta è il Torneo delle Due Ere: uno spettacolo abominevole, sanguinoso e letale ma che permetterà a Duncan di estinguere il debito e salvare la figlia.
Per Duncan il torneo non si rivelerà solo uno scontro in cui occorre rimanere vivi, ma anche un tuffo in un passato doloroso che preferirebbe dimenticare, impregnato di sangue e segreti.
[Terza classificata nel concorso "A song of Fantasy and Science" indetto da Toms98J e MirtillyKilljoys sul forum di EFP]
Genere: Drammatico, Fantasy, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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IV

Lucian Silverclaw

 


Who's gonna help us survive 
We're in the fight of our lives 
(And we're not ready to die)[1] 

 

«Tu devi essere Duncan...»
Duncan alzò lo sguardo e si trovò davanti un drow filiforme avvolto in una sopravveste blu notte istoriata di ghirigori dorati, decisamente fuori luogo; il nano sollevò un sopracciglio domandandosi cosa volesse da lui quell'elfo ben vestito.
«Io sono Lucian» si presentò il drow prendendo posto davanti a lui, senza essere stato invitato; Duncan aveva già sentito quel nome ma non si ricordava dove, né a cosa fosse riferito.
«Lucian Artiglio d'argento, il tuo avversario nella finale del torneo» spiegò l'elfo; era un bel giovane, a differenza dei suoi simili, con i tratti del volto decisi ma non spiacevoli, corti capelli bianchi e penetranti occhi grigi. Il nano non si sorprese che fosse il favorito del torneo: era giovane, attraente e probabilmente offriva un gran bello spettacolo con i suoi artigli d'acciaio.
Duncan tornò a fissare il boccale di birra, non era dell'umore giusto per fare conversazione, tantomeno con l'elfo che l'avrebbe squartato da lì a due giorni; ma il drow non sembrava dello stesso avviso. Fermò una cameriera e ordinò da bere.
«È un onore per me conoscerti» riprese Lucian, imperterrito; il silenzio di Duncan non era riuscito a scoraggiarlo «Devi essere davvero un osso duro per essere arrivato fino a qui, Vlad non era un avversario per niente facile ma tu sei riuscito a batterlo in dieci minuti!»
Duncan non aveva la più pallida idea di chi fosse questo Vlad.
«Se non l'avessi ucciso io, mi avrebbe ucciso lui» borbottò, odiava le adulazioni e non vedeva l'ora che l'elfo facesse le domande per cui era venuto a disturbare la sua ultima birra prima di andare a dormire; Lucian scoppiò a ridere, una risata priva di allegria che mise in mostra la dentatura bianca e perfetta, ma non arrivò ai suoi occhi, rimasti freddi e imperscrutabili.
Duncan si trovò costretto a sollevare lo sguardo sul drow: cosa aveva trovato di così divertente nelle sue parole?
«Un ragionamento che non fa una piega» constatò l'elfo dopo che si fu ripreso, Duncan ebbe la certezza che lo stesse prendendo in giro.
La cameriera s'intromise tra i due, posando sul tavolo un bicchiere pieno di un liquido dorato: whisky, probabilmente; Duncan detestava quella roba e storse il naso all'odore dolciastro e penetrante.
«Allora, Duncan, qual è la tua storia?» domandò improvvisamente Lucian, portando il bicchiere alle labbra.
«La mia storia?» quel repentino cambio di argomento aveva lasciato spiazzato il nano.
«Ci deve essere un motivo per cui hai deciso di partecipare al torneo» spiegò Lucian prendendo un sorso della sua bevanda «Solo i pazzi, i disperati e i vanagloriosi potrebbero partecipare a una cosa del genere.»
«E tu in quale categoria rientreresti?» domandò Duncan, per eludere la domanda.
«Penso tutte e tre» rispose l'elfo e scoppiò in una nuova risata, il nano iniziava a trovarlo irritante, «Allora perché sei qui?» ritornò alla carica il drow.
«Non penso possa interessarti, in realtà, è un motivo piuttosto banale» il nano quasi si strozzò con le sue ultime parole, bevve un sorso di birra per mandare giù il groppo che gli era risalito fino in gola; pensò che la risposta sarebbe bastata a frenare qualsiasi altro tentativo da parte dell'elfo di approfondire la questione. Ma lo sguardo di Lucian non l'aveva abbandonato per un momento: si era avvinghiato a lui, quasi che potesse strappargli le informazioni che cercava con gli occhi, come se potesse leggergli nel pensiero, il nano si sentiva braccato da quello sguardo d'acciaio.
«Sono un cavaliere caduto in disgrazia in cerca di riscatto» dichiarò alla fine, stringendosi nelle spalle, sicuramente non era la storia completa e non si avvicinava nemmeno a un riassunto a grandi linee, ma sperava che avrebbe accontentato l'elfo.
«Non sei un uomo di molte parole» annuì il drow, prendendo un altro sorso di whisky «Non vuoi sapere perché io sono qui?»
Sinceramente avrei preferirei farmi prendere a calci nel sedere da un maiale pensò il nano, ma forse avrebbe potuto trovare qualcosa di utile nelle sue parole: questo Lucian dava l'impressione di essere un giovane egocentrico e megalomane, che amava parlare di sé, e magari si sarebbe lasciato sfuggire qualcosa d'importante, quindi, se l'elfo era in vena di chiacchierare, perché non approfittarne?
«Noi drow non siamo mai andati molto a genio agli altri, la nostra razza ha subito i peggiori soprusi: è stata perseguitata, schiavizzata e decimata. Re Eldor ha raggiunto una soluzione di compromesso: ci ha segregato nelle Terre dell'esilio» iniziò Lucian e a Duncan non sfuggì il sarcasmo e il disprezzo che trasudavano dalle sue parole «È una terra desolata e sterile, in cui cresce poco o nulla, in pratica ci ha condannato a morte in maniera più subdola e lenta. Quel poco di cibo che riusciamo a produrre viene conteso, e spesso si arriva a scontri sanguinosi e letali. Questo torneo è l'occasione per guadagnare quanto basta perché io e la mia famiglia possiamo vivere degnamente, almeno per un po'. È l'unico modo che abbiamo per sopravvivere in un mondo che ci detesta e ci perseguita.»
Il nano vide gli occhi del giovane offuscarsi di lacrime, si domandò quanto di quello che avesse detto fosse vero: era una storia triste e terribile, ma non era sicuro che fosse la verità, sembrava piuttosto una storiella costruita a pennello per muoverlo a compassione.
«Mi dispiace, ragazzo» borbottò il Cavaliere con voce atona, non si sarebbe fatto abbindolare da queste storie per dame dal cuore sensibile.
«Non dispiacerti per me, nano» rispose l'elfo, l'ombra delle lacrime scomparsa dal suo sguardo «Immagino che anche tu abbia una storia tragica alle spalle, non saresti qui, altrimenti. Siamo entrambi sopravvissuti che durano, stiamo lottando per la nostra vita, e non siamo pronti a morire. Ti capisco, ma non credere che per questo avrò pietà di te...Quindi, quando sarà il momento, non averne tu per me.»
Lucian bevve l'ultimo sorso di whisky e si alzò dal tavolo, gli rivolse un rispettoso cenno del capo e sparì, inghiottito dalla folla di avventori, in uno svolazzo di stoffa blu.
Duncan lo seguì con lo sguardo, e ripensando a quello che aveva detto si ritrovò, suo malgrado, d'accordo con lui: solo pazzi, vanagloriosi e disperati potevano partecipare a questo genere di torneo e lui faceva decisamente parte di questi ultimi.


Lucian uscì dalla locanda sorridendo soddisfatto: la storiella strappalacrime del drow povero e perseguitato funzionava sempre: faceva breccia tanto nei teneri cuori delle nobili dame quanto in quelli apparentemente più duri dei suoi avversari, ed era sicuro che avesse colpito anche quello di quel nano scontroso e poco loquace, nonostante non avesse dato segni di sorta. Probabilmente durante lo scontro sarebbe stato frenato dalla compassione, avrebbe esitato, non combattendo al suo meglio.

Il nano si era rivelato un avversario formidabile e stimolante, Lucian l'aveva osservato diverse volte: la sua tecnica era impeccabile, segno di anni e anni di addestramento militare; non aveva paura di morire ma non ne aveva nemmeno l'intenzione, era un uomo d'onore che sarebbe caduto combattendo, sapeva il fatto suo ed era abituato a lottare per sopravvivere; sarebbe stato divertente misurarsi con un rivale finalmente alla sua altezza, che non se la faceva sotto non appena estraeva le sue lame.
Lucian si domandò quanto sarebbe resistito: si era dimostrato un tipo tosto, che non si arrendeva facilmente e probabilmente tutta la sua forza derivava dal motivo per cui combatteva; a riguardo aveva sentito le storie più disparate e strampalate, non credendo a nessuna. Aveva sperato che il nano, dopo un paio di boccali di birra del vecchio Gerard, si sarebbe sbottonato di più, ma non gliene aveva dato la soddisfazione; anche in quel caso si era rivelato un osso duro.
Il sorriso di Lucian si allargò: pregustava già lo scontro e non vedeva l'ora che arrivasse l'ultimo giorno di primavera.
Un po' gli dispiaceva doverlo uccidere, gli era simpatico, apprezzava la sua riservatezza e la sua diffidenza, ma il re gli aveva dato un compito e Lucian doveva portarlo a termine: il nano doveva morire, era a conoscenza di troppe cose che dovevano rimanere nascoste,era stato testimone di troppi avvenimenti scomodi e pericolosi, che non dovevano venire diffusi. Era compito del drow far sì che rimanessero nel silenzio.
Il torneo si era rivelata un'ottima copertura: nessuno avrebbe sospettato che dietro l'uccisione del nano c'era l'ordine del re. Lucian, inoltre, era l'assassino migliore in circolazione, la missione non sarebbe potuta fallire, anche perché le conseguenze per lui sarebbero state ben poco piacevoli.
Ricordava ancora nitidamente il giorno in cui l'aveva convocato, la lunga sala del trono di marmo nero e pietra, con alte colonne ritorte su loro stesse e gli sguardi severi dei re precedenti che osservavano ogni suo movimento con i loro occhi di alabastro; era una stanza cupa e austera, creata apposta per intimorire.
Il re sedeva sul trono di pietra nera e acciaio, in una posizione autoritaria e solenne, avvolto nella penombra creata dalla luce soffice e rosata del tramonto; sulle spalle portava un mantello bordato di pelliccia dello stesso colore dei suoi occhi, la parte destra del volto era immersa nell'ombra, su quella sinistra, illuminata, risaltava una sottile linea biancastra che la attraversava dalla fronte alla mandibola forte e allungata, sui capelli corvini brillava la corona di bronzo dorato e oro rosso, colpita dalla luce obliqua che filtrava dalle alte finestre a sesto acuto. Anche il re incuteva timore e rispetto, ma Lucian non si era lasciato suggestionare, almeno all'inizio.
Ciò che l'aveva colpito di più era stato il tono con cui aveva proferito l'ordine: duro e perentorio, sottolineato dalla voce gutturale; aveva emesso una condanna a morte che doveva essere eseguita senza esitazioni né discussioni.
«Hai fama di essere il sicario migliore» aveva detto «Non deludermi, o mi ritroverò costretto a trovarne uno più capace...ma il suo obiettivo non sarà il nano...»
Quella minaccia aveva fatto rabbrividire Lucian e aveva compreso perché Eldor fosse così temuto e perché nessuno aveva mai osato mettere in discussione i suoi ordini.




[1] Chi ci aiuterà a sopravvivere/ siamo in lotta per le nostre vite/ e non siamo pronti a morire (Skillet, Hero)

   
 
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