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Autore: Tabychan    30/09/2016    0 recensioni
Quando camminiamo, sotto ai nostri piedi c'è molto più di quanto immaginiamo. Terra, foglie, acqua, insetti. Un intero mondo. Ma se andassimo ancora più sotto?
Tre ragazzi vivono sopra.
Tre sotto.
Uno sta cercando la sua strada.
Possono mondi uguali e opposti mescolarsi? Sotto credono di no, sopra non sanno niente.
Per ora.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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Ancora una volta la testa della giovane Nithael vagava nella nebbia, incapace di capire se si trattasse di sogno o realtà: il limbo del dormiveglia le confondeva la percezione e amplificava i sensi. Tuttavia questa volta le sensazioni erano completamente diverse: non provava più né panico né smarrimento, ma anzi si sentiva tranquilla e, in un certo senso, visto che ancora stava dormendo, riposata. Mano a mano che riprendeva conoscenza, il bianco della stanza in cui si trovava cominciava a riflettersi sulle palpebre dischiuse della ragazza, rendendola quantomeno in grado di capire dove si trovasse: una stanza dalle pareti intonse, piena di macchinari (ad uno dei quali era legata lei stessa), e un individuo girato di spalle intento a leggere qualcosa.
“Ci risiamo”, pensò lei. Un’altra persona che la raccoglie, un’altra persona che a breve morirà. Ormai completamente sveglia, Nithael si guardò le mani –erano cresciute ancora – e prese un profondo sospiro; al che, sentendola, il ragazzo lì presente si girò e le sorrise, di sorpresa e sollievo.
-Ottimo, ti sei svegliata! Come ti senti? –
Le chiese, avvicinandosi al suo letto.
-Me lo togli? –
Rispose lei, schietta, indicando il tubicino della flebo che le sporgeva dalla mano.
-Sì, certo, arrivo subito. –
Il ragazzo appoggiò i fogli su un comodino e rimosse delicatamente la siringa, applicando poi un cerotto nel punto in cui era rimasto il segno dell’ago. Vedere la sua paziente riprendersi sembrava davvero averlo sollevato, e stava per porle altre domande quando lei bruscamente si alzò dal letto, prima ancora che lui potesse cominciare a rivolgerle la parola. Si strappò via il cerotto che le era appena stato messo dalla mano già completamente guarita e uscì dalla stanza, guardandosi intorno. Non era in una casa, non vi erano finestre, l’ambiente sembrava completamente chiuso e i corridoi erano numerosi e stretti. Tentò di incamminarsi lungo uno di essi, per cogliere qualche segnale che potesse farle capire dove si trovasse, ma non avendo trovato il minimo indizio alla fine si decise a fermarsi e voltarsi verso il ragazzo che, nel frattempo, l’aveva inseguita e stava tentando invano di chiamarla.
-Dove pensi di andare da sola? Non puoi girare a caso. –
Nithael gli appoggiò un dito sulle labbra, per farlo tacere, e questo avvampò, con le guance che gli diventarono dello stesso colore rosso dei suoi capelli.
-Cosa mi hai fatto. Dove siamo. Perché sono qui. Rispondi in quest’ordine. –
Disse lei, togliendogli il dito dalla bocca. Lui tentò di balbettare qualcosa, ma si limitò ad accontentarla, seppur in tono apertamente seccato:
-Non ti ho fatto niente, aspettavo solo che ti riprendessi. Siamo nella base della società del signor Albireo, e se fossi così gentile da ascoltare me, invece che partire di testa tua, ti porterei da lui così potrebbe rispondere anche all’ultima tua domanda. Contenta? –
-Soddisfatta. Va bene, accompagnami allora. Ma non serve che tu ti metta a piangere solo perché non gioco al dottore con te. –
Il ragazzo sollevò un dito nel tentativo di ribattere, ma non avendo nessuna battuta pronta al momento finì con lo sbuffare, girare i tacchi e avviarsi senza dire una parola. Nithael lo seguì, fingendo indifferenza; ma in realtà, nel momento in cui si era svegliata, aveva percepito una sensazione che ora, dopo aver fisicamente toccato il corpo del giovane medico, le apparve più chiara: quel ragazzo non era un essere umano. Forse non era nemmeno qualcuno che poteva uccidere, non con il suo solito metodo perlomeno.
Insieme a lui si svicolò tra i passaggi della struttura, intravedendo ogni tanto alcune stanze che sembravano sale macchine, altre con dei letti, come se fossero dormitori comuni, altre ancora piene di casse e container; Nithael pensò che dovesse trattarsi di una compagnia di mercanti, ricordando anche che la ragazza che aveva riconosciuto prima di perdere conoscenza, e che con tutta probabilità l’aveva portata lì, era la stessa che un paio di giorni prima sentì discutere con Diego.
-Siamo arrivati, vedi di tenere a freno la lingua ora, se non vuoi rischiare di perderla del tutto. –
Nithael roteò gli occhi e lo osservò digitare una sequenza numerica su un tastierino: la porta scorrevole davanti a loro si aprì, e persino la scettica strega rimase a bocca aperta.
Si trovavano sul ponte di un grosso, enorme velivolo, in quel momento immerso nelle nuvole, ben visibili attraverso le facciate trasparenti della parte anteriore della sala; fino a quel momento Nit non aveva mai prestato particolare attenzione agli spettacoli della natura, ma dovette ammettere che il panorama era davvero magnifico. Spostò lo sguardo verso il centro della sala, e finalmente la vide: la ragazza col bazooka e la tunica, affiancata da un signore dall’aria anziana, anch’esso vestito completamente di bianco. Fu proprio quest’ultimo il primo a voltarsi e, spalancando le braccia, le rivolse un luminoso sorriso:
-Ben svegliata, bambina. –
Nithael si voltò, e notò che anche il ragazzo che l’aveva accompagnata indossava un abito chiaro, seppur il suo fosse più simile ad un camice da laboratorio che ad una divisa.
-Spero che tutto questo bianco non significhi matrimonio. –
Rispose lei. Il ragazzo si passò una mano sul viso. Fortunatamente, l’uomo rise.
-Noto che la lingua ti è cresciuta alla stessa velocità del resto del corpo, ottimo. Fa sempre comodo avere qualche buon oratore dalla nostra parte. –
-In effetti avevo il sospetto che la sua amica preferisse i fatti alle parole. –
Disse, rivolgendosi alla ragazza.
-Per tua fortuna, piccoletta, perché se fossi stata una tipa da dialoghi tu ormai saresti affumicata. –
Nithael si rabbuiò: non poteva negare che lei le avesse fatto un grosso favore, e sentirsi in debito le provocava una sensazione che davvero non apprezzava.
-Suvvia, ora siamo finalmente tutti riuniti, ed è ciò che a me premeva di più. Mi presento: Albireo Sarfati, fondatore e capo della mia omonima compagnia commerciale. Lei è Maya, la mia bimba prediletta, e potrai fidarti di lei come ti fiderai di me stesso. –
-Piacere, vediamo di andare d’accordo, eh! –
Disse Maya con energia, e le schiaffò una grossa pacca sulla spalla che decisamente Nit non si aspettava.
-Nithael. Non so chi sono né cosa ci faccio qui. Piacere vostro. –
-La seconda questione richiederà un po’ più di tempo per essere spiegata, ma intanto possiamo provare a far luce sulla prima. Ci vuoi illuminare, Raziel? –
-Subito, signore. –
Raziel. Il ragazzo non umano, che forse aveva ora l’opportunità di rendersi utile. Nithael si mise ad ascoltarlo attentamente.
-Durante la giornata che ha trascorso addormentata –cominciò lui, leggendo in parte da alcuni fogli –ho potuto effettuare dei test su di lei che hanno confermato i nostri sospetti in seguito al rapporto fornitoci da Maya qualche giorno fa. Lei diceva infatti di aver trovato una bambina, durante un incarico di recupero crediti, che le dava una sensazione simile a quella che provava stando insieme a me. Tale bambina il giorno dopo, ovvero quando è stata portata qua, appariva più grande di circa 5 ann e infine, come possiamo tutti vedere, oggi è cresciuta ancora. Esattamente come è successo a me. Inoltre, sempre con modalità affini alle mie, pare possedere una serie di conoscenze predefinite che un normale individuo vivo da meno di una settimana non dovrebbe, ovviamente, aver sviluppato. Infine –disse, avvicinandosi a Nithael stessa –ha la pupilla allungata, come la mia. Sebbene quindi le incognite restino ancora molte, come per esempio la determinazione del tasso di crescita, del suo arresto e l’origine delle competenze innate, posso concludere con un dato certo: io e lei apparteniamo alla stessa specie. –
Il ragazzo provava un entusiasmo che riuscì davvero poco a celare, ma d’altronde perfettamente comprensibile: se anche lui aveva trascorso i primi giorni della sua vita in modo simile a quelli della ragazza, trovare qualcuno con cui condividere esperienze e sentimenti avrebbe reso euforico anche il più riservato degli uomini. Purtroppo però, la sua nuova compagna di razza sembrava non condividere la sua stessa gioia: per quanto infatti fosse rimasta sorpresa dalla scoperta di qualcuno simile a lei, ciò che le era appena stato rivelato non le sembrava particolarmente utile, e contribuì soltanto a rabbuiarla ulteriormente.
-Io lo ripeto: non accoppiatemi con questo qua. –
Raziel alzò gli occhi al cielo.
-Mi dispiace, temo sia la sua adolescenza. Fortunatamente durerà solo qualche ora. –
Il signor Sarfati sorrise dolcemente, come un nonno che osserva i nipoti giocare, e fece cenno con la mano di lasciar perdere.
-Le persone normali affrontano i problemi della crescita durante gli anni, e spesso con scarsi risultati. Il fatto che lei riesca a gestirsi pur essendo al mondo da pochi giorni è impressionante, non rimproverarla. –si girò quindi verso la ragazza e iniziò a rivolgersi a lei –come ti dicevo prima, la nostra è una compagnia commerciale: scambiamo merci e denaro, ma al tempo stesso svolgiamo incarichi su commissione. –
-Che genere di incarichi? – domandò lei
-Basicamente ciò che preferiamo, fortunatamente possiamo permetterci di scegliere i nostri clienti; il più delle volte si tratta di risolvere problemi scomodi, procurare oggetti rari, e via discorrendo. Godiamo di una certa libertà, ed è ciò che offro anche a te: la possibilità di entrare a far parte della nostra famiglia. –
Nithael lo guardò, socchiudendo gli occhi. Nonostante i suoi discorsi fossero più che sospetti, non percepiva in lui alcuna malizia, anzi: le donava un certo senso di tranquillità.
-Immagino che il pacchetto includa tutta una serie di cose che probabilmente non sarei felice di fare. –
-Bimba mia, devi aver trascorso dei giorni davvero tristi per essere già così sospettosa. Ti offro la libertà, te l’ho detto, e ciò implica ovviamente anche la libertà di preferenza. Guarda il giovane Raziel, ad esempio: si è subito appassionato alla scienza, e scienziato è diventato. Non ha mai svolto incarichi che non gli fossero graditi. –
La ragazza si rivolse verso il dottore, che annuì. Non sapeva cosa pensare, non sapeva se questa fosse soltanto una copia migliorata dell’offerta di Diego, o se davvero si trattava dell’opportunità di cominciare davvero a vivere. Confusa, si limitò a chiedere:
-Perché…? –
Di nuovo, l’uomo sorrise.
-Quando comincerai a conoscere il mondo, piccola mia, vedrai che in esso vivono una moltitudine di individui dall’infima esistenza. E quindi capirai l’importanza di custodire e proteggere tutti gli altri. –
-Un po’ come le bestie in via d’estinzione. –
-Più o meno, già. –rise –Maya, che ne dici di far ambientare la nostra nuova ospite? Mi sembra piuttosto scettica nei nostri confronti. –
Maya, che non amava i dialoghi troppo lunghi, aveva nel frattempo cominciato a chiacchierare con uno dei piloti; ma non appena fu richiamata, tornò dagli altri. Non era davvero una ragazza paziente, era una di quelle persone la cui attenzione è davvero difficile da mantenere, soprattutto se non si ha niente con cui tenerle impegnate.
-Vuoi che la porti in missione, capo? E dove? – Chiese lei.
-Dove preferisci, date pure un’occhiata al database. Solo, astenetevi da cose troppo rischiose; è meglio che per ora lei mantenga un basso profilo. –
-Quello non sarà difficile, non sa fare niente. Passerà inosservata di sicuro. –
Non l’avesse mai detto: Nithael, che non difettava certo di orgoglio, sollevò un sopracciglio e si voltò lentamente verso di lei, estremamente indignata dalle sue parole.
-Prego? –
-Voglio dire, la prima volta che ti ho incontrata ti stavi nascondendo, la seconda eri svenuta. Non è niente di personale, ma non mi sembra che tu abbia chissà quali capacità. –
Nonostante la sincera ingenuità della ragazza, ormai il dado era stato tratto; la giovane strega si era già portata sul piede di guerra ma, prima che potesse fare alcunché, fu interrotta da Albireo:
-Non litigate qua, ragazze –disse pacatamente l’uomo.
-Ha ragione –intervenne Raziel, che già immaginava come si sarebbe concluso lo scontro –siamo una squadra ora, no? Non possiamo permetterci di picchiarci a vicenda. –
-E perché no? Ho detto di non litigare qua, sul ponte di comando, ma la palestra è a vostra disposizione. Confrontarvi vi farà bene, e imparerete a conoscervi meglio. –
Il povero medico sgranò gli occhi, sconvolto, e anche Nithael sembrava sorpresa; Maya invece batté le mani, felice come una bimba.
-Io ci sto, è da un sacco di tempo che non mi alleno con qualcuno! Su, prepariamoci e chiamiamo un po’ di pubblico! – esclamò e, afferrata la sua presunta rivale, la trascinò via verso la palestra.
-Signor Sarfati, con tutto il rispetto…–
-Non c’è da preoccuparsi, mio buon Raziel. Maya non la ucciderà. –
-In realtà ero preoccupato del contrario, visto ciò che l’altra ragazza può fare. –
Albireo rise.
-Allora è un bene che tu possa assistere a questo incontro, imparerai qualcosa anche tu. –
Poco convinto, il ragazzo dai capelli rossi seguì il suo mentore verso il luogo del match: una piccola palestra, con gli attrezzi ora riposti in uno sgabuzzino, in modo da lasciare libera la stanza. Ai lati si erano già accalcati numerosi membri dell’equipaggio, ed era già cominciato un giro di scommesse, molte delle quali a favore di Maya.
-Signore, scusi, ma le lascia il bazooka? –
-Temi che la nave precipiti per uno sparo, figliolo? –
Raziel sospirò e decise di rinunciare a capire. Si sedette a terra e guardò Nithael, che stava a sua volta cercando di analizzare la situazione. La ragazza sentiva bene le acclamazioni della folla, ma non dava loro molta importanza: erano solo umani, non potevano immaginare quanto profondo fosse l’abisso che li divideva da lei. Aspettò che la sua sfidante terminasse di sgranchirsi i muscoli e le si posizionò davanti.
Con estrema tranquillità, sollevò la mano e la tese in direzione di Maya; la quale, convinta che l’avversaria stesse solo prendendo tempo, si caricò il bazooka in spalla e si preparò a scattare in avanti. Ma in quel momento il palmo della mano della strega si girò verso l’alto: la ragazza umana tremò. Spalancò gli occhi per lo stupore, lasciò cadere l’arma e si portò le mani alla gola, come se stesse soffocando: iniziò ad ansimare sempre più pesantemente, mentre le gambe reggevano a fatica il peso del suo corpo. Alzò il viso verso la responsabile di tutto questo: in piedi davanti a lei, austera e arrogante, Nithael la osservava dall’alto con sguardo da sufficienza. La sua mano si stava lentamente stringendo in un pugno, e più il palmo si chiudeva, più le forze di Maya venivano consumate. Il pubblico era ammutolito; la strega dagli occhi verdi lo notò e, certa della sua vittoria, ghignò:
-Cosa dire, è stato... intenso. –
Maya cadde in ginocchio, e Nithael decise che era giunto il momento del colpo di grazia; ma l’altra ragazza, stupendo non poco i presenti, iniziò a ridere. Una risata affannosa, affaticata, ma incredibilmente spontanea.
-Che tecnica ridicola. –
Afferrò il bazooka che giaceva vicino a lei e, senza nemmeno mirare, sparò un proiettile in direzione di Nithael che, non aspettandosi una reazione, scartò di lato per schivare il colpo e lasciò cadere il controllo che stava esercitando sulla ragazza. Maya trasse un profondo sospiro, finalmente libera, e sistemò la sua arma; aspettandosi un'altra carica, Nithael si preparò ad atterrare nuovamente la rivale. Ma si sbagliò: Maya balzò verso di lei e la colpì in pieno viso con il bazooka stesso, utilizzandolo come una mazza da baseball. Un secco rumore di ossa rotte rimbombò nella palestra e la strega fu scaraventata all’indietro; Raziel fece per intervenire, ma fu bloccato da Albireo, che gli fece cenno di rimanere calmo.
Nithael si appoggiò sulle ginocchia e si pulì il sangue dalla bocca, mentre la mascella distrutta stava lentamente tornando integra. Le urla di entusiasmo dell’equipaggio le stavano riecheggiando nelle orecchie; i suoi occhi erano colpi di rabbia e, forse, invidia. Vide Maya avvicinarsi e puntarle il bazooka sulla testa ancora china:
-Suvvia, non guardarmi così, non sei andata male per essere la prima volta. –disse la ragazza con la tunica bianca, appoggiando le dita sul grilletto –Bye bye. –
Sparò. Ma qualcosa non andò per il verso giusto: non si udì nessuna esplosione, e una nube di fumo cominciò a riempire la sala, coprendo sia le sfidanti, che chi assisteva. Solo dopo che si fu diradato la scena tornò chiara: Nithael, ancora a terra, aveva bloccato il proiettile con la mano. O almeno, con ciò che un tempo era la sua mano: un grosso arto viola, ricoperto da pelle spessa e dura e da lucide scaglie nere, stava stringendo la bocca del bazooka. Il proiettile si era liquefatto al contatto con la mano, e il metallo dell’arma era stato accartocciato come una lattina dalle dita artigliate dell’incredula strega. D’istinto, Maya saltò all’indietro, ma era troppo tardi: Nithael fece un rapido gesto con la mano rimasta umana e le gambe dell’avversaria, solo le gambe, crollarono; la ragazza si resse in piedi a stento, sostenendosi sul bazooka, afferrò Nit per la maglia, la strattonò verso di sé e le sferrò una forte testata sul viso. Per la seconda volta il viso della ragazza iniziò a sanguinar. Si leccò le gocce rosse che le scendevano dal volto e poi, rivolta verso la rivale, cominciò a sogghignare. La quale, di tutta risposta, rise anche lei.
Albireo sospirò:
-Sono due pazze. –disse, sorridendo tra sé.
Il piccolo pubblico presente, nel frattempo, pur non capendo cosa stesse accadendo, iniziò ad acclamare a gran voce entrambe le sfidanti: c’era chi tifava per una e chi per l’altra, le scommesse si erano fatte eterogenee, mentre lo scontro non accennava a placarsi.
Recuperato in parte l’uso delle gambe, Maya si chinò leggermente e sferrò con il gomito un colpo diretto al costato di Nithael, che si accasciò gemendo leggermente; poi sollevò appena il braccio, con l’intenzione di restituire il colpo ricevuto, ma l’avversaria fu più rapida: afferrò l’arto e, con una presa, lo contorse dietro la schiena della strega, costringendola ad abbassarsi sulle ginocchia. Nonostante sapesse che qualsiasi ferita sarebbe guarita, Nithael provava un dolore intenso che cresceva mano a mano che Maya stringeva:
-Ho cambiato idea. –disse la ragazza umana, con voce stanca –lavorare con te sarà un vero piacere. –
Con un grosso “crack”, il braccio si ruppe. Nithael, stremata e dolorante, scivolò sul pavimento ma, un attimo prima di crollare, afferrò l’aria con un rapido gesto della mano, e immediatamente la rilasciò.
Maya, che nel frattempo si concedette un profondo sospiro, si sentì improvvisamente vacillare: si voltò e, come se avesse appena assistito a qualcosa di traumatico, rigettò a terra tutto ciò che aveva mangiato in quel giorno e probabilmente anche nei tre precedenti. Nithael sghignazzava beffarda. Non lo avrebbe mai ammesso, ma si era divertita, anche se non abbastanza da lasciare la rivale impunita.
Tra gli applausi e i fischi della folla, Raziel si massaggiò nervosamente le tempie e ricevette finalmente il permesso di fare il suo dovere:
-Se vi verrà ancora in mente un’idea del genere, risolverò il problema uccidendovi prima che possiate ridurvi in questo stato. –
Disse. Le due ragazze erano già pronte a rispondere, ma il dottore le interruppe:
-Non azzardatevi a pronunciare una parola, ora obbedirete a me. In silenzio. –
Chiamò un paio di compagni e si fece aiutare a sollevare le combattenti, lanciando una preoccupata occhiata alla novità del giorno: il braccio viola di Nithael.
-Una continua sorpresa, vero? – disse il signor Sarfati, avvicinatosi.
-Già, spero di poterne venire presto a capo. Per noi due, e anche per tutti gli altri. Prima che sia troppo tardi. –
-Ci sarà tempo per ogni cosa, ragazzo mio. Non temere. Ora vai con loro, hanno bisogno di qualcuno che le tenga buone. –
Il giovane medico annuì, sospirando.
-Sembra perlomeno che si siano calmate. –
-Si sarebbe calmato anche un toro dopo uno scontro così, suppongo. –rispose l’uomo, ridendo. Raziel lo guardò, ricambiò il sorriso, e si avviò, impensierito, verso la sua infermeria.
 
   
 
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