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Autore: Eden_9489    02/10/2016    0 recensioni
Sono già passati tre anni da quando Logan ha perso l'amore della sua vita, perdendo con lei ogni speranza per il futuro e ogni sogno di una vita insieme. L'unico legame che ancora lo trattiene nella città in cui è nato, Santa Monica, è l'oceano che ha il colore dei suoi occhi. Un blu così intenso in cui amava perdersi e naufragare. Solo, e ormai rassegnato a non poter mai più amare qualcuno tanto quanto ha amato Isabel, passa le giornate tra il lavoro, il cimitero, e l'anziana signora Smith che si prende cura di lui. Quello che Logan non sa è che molto presto qualcuno farà irruzione nella sua vita come un treno in corsa, distruggendo quelle poche certezze che gli restano.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Le mie preoccupazioni erano infondate, in parte. In un modo o nell'altro la serata è andata bene.Certo, quella poca confidenza che si era creata, i complimenti, le occhiate, i sorrisi, è tutto andato via. Due macchine, due macchine che si parlano se è necessario, due macchine che collaborano discretamente solo per la buona riuscita del servizio. 

Questo siamo. Forse lei è un po' più macchina di me. 

Ogni tanto gli occhi cadevano su di lei quando era distratta. Adesso so che quando è concentrata arriccia le labbra, o che, quando prende i piatti in cucina, prima di uscire in sala, si ferma un secondo, fa un lungo respiro e poi riparte. Mi son fatto tradire dal mio cuore non interamente meccanico solo una volta. 

Era in difficoltà con un cliente, uno di quelli che passano la loro esistenza a far uscire pazzi i camerieri. Non è semplice lavorare con queste persone e il suo stato d'animo, a causa di quello che è successo, era sicuramente già bello che andato. Così mi son intromesso e ho risolto il problema. 

Da parte sua ho ricevuto solo un "grazie" sussurrato. Ma mi basta, è più di quanto immaginassi. E' un cedimento, sangue e carne in mezzo a tutto quel metallo. Lei è più brava di me però, a nasconderlo. 

Lo era anche Isabel. Io non riesco a portare una lite per troppo tempo o non parlare con le persone a cui tengo davvero. Isabel lo sapeva e me lo faceva apposta. Si chiudeva, non mi parlava più, facendomi impazzire. Perché io, dopo una lite, volevo solo stringerla a me più forte che potevo. Sono sempre stato una persona abbastanza orgogliosa, ma non quando c'entrava lei. Mi era umanamente impossibile. Anche quando ero io ad aver ragione, andavo da lei e le chiedevo scusa. Non per la ragione, ma per aver urlato, per essere stato sgarbato. Perché purtroppo sono anche questo quando mi arrabbio. 

Urlo, dico cose che non penso e faccio del male. Lei all'inizio faceva la sostenuta, non mi guardava, non voleva essere toccata. Ma io insistevo, l'abbracciavo forte e lei piano, piano si abbandonava a me, alle mie braccia e tutto tornava al proprio posto. Non abbiamo mai litigato in modo irreparabile, tutto si è sempre risolto entro una giornata, ma, quasi ogni volta, finivamo per fare l'amore. 

Ed era più intenso, era più forte. Sono andato a letto con tante, forse troppe ragazze, ma nessuna, ne prima ne dopo, sapeva fare l'amore come Isabel. Era viscerale, era come se ogni organo del mio corpo venisse messo sottosopra. Non era solo una questione di piacere, il piacere non cambia, è come ci si arriva al piacere. Tutto quello che si prova nel mentre, non alla fine. Mi illudo che prima o poi troverò qualcuno come lei, qualcuno che mi faccia provare quel senso di dolce smarrimento, che mi impedisca quasi di respirare, ma non credo che la troverò mai.

***

Sono di nuovo davanti a quel piccolo specchio come qualche ora prima. Occhi ancora più stanchi, ma con la consapevolezza che tra qualche minuto sarò a casa mia. Mi vesto in fretta, poso la divisa e mi incammino verso l'uscita. Recupero il cellulare dentro la tasca dei jeans. Diciamo che ce l'ho proprio per figura! Non è ultimo modello, non ci si naviga in rete, anche perché io sono estraneo a qualsiasi cosa c'entri con internet. Non lo uso mai, non chiamo mai nessuno, ne mando messaggi. A chi potrei mandarli? L'unico che mi contatta, ogni tanto è mio padre e infatti c'è solo un suo messaggio.

"Ho bisogno di parlarti..ho chiamato a casa pomeriggio ma non c'eri. Fatti sentire"

Che vorrà mai? Lui mi cerca esclusivamente quando vuole qualcosa o per convincermi, inutilmente, a farmi andare via da questa città e raggiungerlo li. Anche stesso, come potrei andare a vivere da lui? Insieme alla sua compagna e ai suoi due figli? Non voglio vivere con degli estranei. Saluto tutti in modo molto veloce e finalmente metto piede fuori dal locale. 

La brezza leggera mi fa stare un po' meglio. Sono ancora concentrato sul mio cellulare dell'età della pietra quando sento qualcuno chiamarmi.

- Logan! - alzo la testa e mi ritrovo Jared davanti tutto sorridente.

- Ehi amico! - lascio scivolare il pezzo d'antiquariato di nuovo in tasca e mi fermo per salutarlo. Quasi contemporaneamente qualcuno mi sbatte dietro e quasi perdo l'equilibro. - Ma che... - mi volto e di fronte a me, con il sedere per terra, ci trovo Samantha.

- Scusami andavo di fretta e non ti ho proprio visto - cerca di rialzarsi così senza pensarci le porgo la mano.

- Tranquilla, è colpa mia, mi sono fermato di colpo - prende la mia mano, dopo un attimo di esitazione, e la tiro su.

- Beh, la prossima volta metti la freccia o qualsiasi altra cosa insomma! - sorride ed io la seguo a ruota. Finalmente un sorriso, finalmente un segno.

- Si, la prossima volta provvederò - restiamo in silenzio a guardarci un po' imbarazzati. Lei è così strana, questa mattina mi avrebbe letteralmente mangiato dalla rabbia, adesso trasuda timidezza da ogni poro. Sento dei colpi di tosse, mi volto e vedo Jared abbastanza basito.- Oh che stupido! Samantha ti presento il mio amico Jared. Jared, Samantha.

- Molto piacere, chiamami Sam - gli porge la mano e lui la stringe con un sorrisino in viso che non mi convince per niente.

- Beh mi avevi detto che era carina Logan, ma non credevo a questi livelli! - Ecco. Io lo sapevo. Può essere diventato un uomo, potrà anche diventare un dottore, ma quando si tratta di mettermi in imbarazzo è sempre il solito ragazzino dispettoso.

- Gli hai parlato di me? - mi domanda Samantha con occhi sorpresi.

- Oh si mi ha parlato di te - risponde Jared con il suo solito ghigno fastidioso sul viso.

- Davvero? E cosa ti ha mai detto? - ormai è come se io non ci fossi nemmeno più!

- Oh solo cose belle Sam, solo cose belle! - sorridono entrambi e poi quasi contemporaneamente si voltano a guardarmi mentre io vorrei solo buttarmi nell'oceano.

- Coma mai sei qui Jared? - domando infastidito, lui lo sa e se la ride di gusto! Che amico infame.

- Stavo venendo da te, volevo dirti che la prossima settimana la mia ragazza viene a farmi visita e volevo portarla al Pacific Park e mi piacerebbe che ci fossi anche tu. Le ho parlato tanto di te, le piacerebbe conoscerti.

- Non eravate in pausa?

- Si beh stiamo facendo una pausa nella pausa! Mi manca e voglio rivederla e per lei è lo stesso per cui - si stringe un po' nelle spalle, sotto, sotto anche lui è un romanticone.

- Certo amico per me non c'è nessun problema, conta su di me - gli sorrido sincero e mi da una grande pacca sulla spalla, un buon modo per dirmi grazie.

- E tu? Ci vieni con noi? - Jared si rivolge di nuovo a Samantha che a sua volta mi guarda come se volesse chiedermi il permesso. Una parte di me non la vorrebbe, insomma devo già stare con lei a lavoro, passare altro tempo insieme mi sembra superfluo e dannoso per me. Ma l'alternativa sarebbe fare da palo ad una coppia che non si vede da settimane. Le sorrido in segno di assenso. Lei si volta verso Jared e gli regala uno dei suoi migliori sorrisi.

- Ci vengo volentieri! - si porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio lasciando il viso un po' più scoperto. E' buio, ma riesco lo stesso a vedere i suoi lineamenti dolci. - Adesso vado si è fatto tardi e mio padre mi aspetta. Jared è stato un piacere conoscerti - si stringono di nuovo la mano.

- Anche per me Sam.

- A domani Logan - questa volta si volta verso di me e mi posa un secondo la piccola mano sul braccio. E' incredibile, ogni volta che mi tocca non posso fare a meno di sentire scariche elettriche per tutto il corpo.

- A domani - la vedo allontanarsi piano, i capelli che le svolazzano sulla schiena. Mi esce un lungo sospiro dalle labbra, quasi come se fosse liberatorio. Sono felice che quel gelo che si era creato tra noi sia andato via. Che la carne abbia preso il posto del metallo freddo. Mi volto verso Jared che mi guarda con una faccia che è tutto un programma. - Non dire niente.

- E chi voleva parlare?

- So che lo vuoi!

- Aspetto il tuo permesso. - scuoto la testa, è incorreggibile. Continua a starmi di fronte con lo sguardo di chi vuole dire mille cose.

- Hai tre minuti, sputa il rospo! - scoppiamo a ridere entrambi.

- Due cose. Primo, carina? Carina Logan?! E' stupenda, non carina! La insulti definendola carina! Secondo, è cotta di te. Te l'ho detto ieri e te lo ripeto oggi dopo averla vista. E' cotta di te. - Balle, sono solo balle. Lei non è cotta di me, non dopo il modo in cui l'ho trattata.

- Fratello non sai quello che dici, oggi è stato un disastro peggio di ieri. Io davvero non so come comportarmi. - Proprio non lo so.

- Lo so che è difficile Logan. E' vero a primo impatto i suoi occhi fanno paura, ma ti do un consiglio. Sii solo te stesso. Non perdere tempo a pensare cosa dire o come comportarti. Sii te stesso e vedrai che le cose andranno bene. - so dentro di me che ha ragione, ma non è semplice. Mi avvicino e gli do' un piccolo abbraccio veloce, uno di quei quasi abbracci che si regalano gli uomini troppo duri per scambiarsi veri gesti di affetto.

- Adesso vado anche io, ci sentiamo amico.

- Ci sentiamo e fai il bravo! - sorrido e mi allontano a passo lento. Raggiungo la mia moto e in pochi minuti sono a casa. Al buio, quando entro, la prima cosa che vedo è la lucina che mi informa che ci sono tre messaggi in segreteria. Sono sicuramente da parte di mio padre, ma decido di ignorarli. Anche se è strano, non è mai stato così insistente. 

Sono così stanco, raggiungo la stanza da letto quasi strisciando. Mi spoglio piano e una volta in boxer mi trascino sul letto. Pochi minuti e scivolo in un sonno profondo, per la prima volta, senza incubi.

***

E passata una settimana da quel giorno, il giorno in cui il mio sonno è stato sereno, il giorno in cui sono andato a casa di Samantha, il giorno in cui ho deciso di provarci e le cose vanno bene, diciamo. 

E' stata lunga come settimana, pesante no, ma molto lunga. Lavoro, cimitero, Samantha. Queste le tre cose principali che hanno animato la mia settimana. C'è stato parecchio lavoro, ho fatto doppi turni, combattuto con clienti che avrei voluto prendere a pugni, sopportato Robert più del dovuto. E il lavoro, ovviamente, è collegato a Samantha. Le cose tra noi due si sono un po' sistemate, abbiamo trovato una stabilità. Almeno io ho tentato di avercela, ma lei è così..così...non lo so. 

Non so un bel niente da quando c'è lei! Insomma ho cercato di essere professionale, di avere un rapporto solo lavorativo e di tanto in tanto scambiare qualche parola giusto per armonizzare il tutto. "Come stai oggi?", "Fa caldo vero?", "Passa una buona serata", insomma roba così.

All'inizio sembrava funzionare ma io sono io e lei è quello che è e mi ritrovavo a farle qualche complimento di troppo senza accorgermene o a toccarla. Una mano sulla spalla, sul fianco, due giorni fa come un emerito cretino le ho sistemato un ciuffo fuori posto. Subito dopo averlo fatto siamo scappati via in direzioni opposte e mai più calcolati per tutta la serata. E' capitato che inconsciamente le offrissi un passaggio a casa che lei ha saggiamente sempre rifiutato. 

Sono un deficiente, lo sono e non mi vergogno ad ammetterlo. E' che sono così impulsivo, faccio le cose senza pensarci, come se non avessi il controllo del mio cervello. Tante volte questo mi ha causato dei problemi. Solo in qualche occasione ho fatto centro, come quando ho baciato Isabel per la prima volta. 

Era già un po' che uscivamo insieme, avevamo superato la fase del non sopportarci a vicenda. Avevamo parlato e ci eravamo detti ciò che provavamo. Eravamo stufi di farci la guerra, ma di morire dentro ogni volta che ci guardavamo negli occhi. Così abbiamo deciso di provarci. Ricordo perfettamente quel giorno. Era un martedì mattina. Eravamo nel cortile dietro la scuola, aspettavamo che suonasse la campanella. Lei mi parlava di come secondo il suo parere i vestiti a vita alta sarebbero di nuovo andate di moda, insomma cose da ragazze, ed io l'ascoltavo attento. Le sue labbra avrebbero anche potuto parlare di omicidi e pestilenze, io ci avrei fatto attenzione comunque. Facevo attenzione a qualsiasi cosa la riguardasse. 

Ricordo il modo adorabile in cui arricciava il naso per i primi sintomi del raffreddore, ricordo i capelli un po' spettinati che le andavano davanti al viso e quegli occhi che mi facevano tremare il cuore. E più la guardavo, più le prestavo attenzione, più nella mia testa mi dicevo che dovevo baciarla. Era un bisogno fisico, io avevo bisogno di toccarla, di stringere il suo viso tra le mani e darle un bacio. Quando la campanella suonò mi dissi "adesso o mai più" , non volevo perdere quell'occasione, non avrei resistito oltre e così lo feci. Le avvolsi il viso tra le mani e la baciai. 

Ci rimase di sasso, non fece niente, ne mi respinse ne mi assecondò, ma non mi importava. Ricordo che dopo averla baciata la guardai per qualche secondo e poi la lasciai li. Ci rimase tanto che fece tardi a lezione. Mi evitò per tutto il giorno, credevo davvero di aver fatto una cavolata, che magari non me ne sarei dovuto andare ma nella mia testa malata, il bacio, rappresentava ciò che volevo, lei, e l'andarmene via rappresentava il lasciarle la scelta. 

Non facevo altro che ripetermi che ero stato uno stupido ma, all'uscita, capì che non avrei potuto fare cosa migliore. Lei mi aspettava proprio accanto al portone, le braccia incrociate al petto e un'espressione seria sul viso. Pensai che volesse picchiarmi! Ne era più che capace! Invece rimase impassibile fino a che non le fui proprio davanti. Io non sapevo che dire, ero nel panico, ma durò poco, perché nel momento esatto in cui stavo per aprire bocca per scusarmi, mi si gettò addosso e mi baciò con una passione e un desiderio che non dimenticherò mai. Poi si allontanò un po', tanto da guardami negli occhi e mi sussurrò "Ti voglio anche io". 

Fu allora che mi resi conto di quanto riuscisse a capirmi, a leggermi dentro. Fu l'unica oltre mia madre. Le ho parlato molto in questi giorni, solo io e la sua lapide. E' triste, ma parlare con lei mi aiuta.

Come una settimana fa sono ancora una volta nel bagno davanti a quello specchio. Mi sono appena cambiato dopo il servizio del pranzo e tra qualche minuto dovrò andare di la e dire al capo che questa sera ne io, ne Samantha ci saremo ed ho paura. Sono un maledetto idiota. Ho avuto una settimana e mi ritrovo a dirglielo solo ora. 

Il problema è che abbandonarlo, non venire per il servizio serale, è come mandare a monte una serata. Perché che Robert riesca a cavarsela da solo è da escludere e trovare dei camerieri per un servizio lo stesso giorno è quasi impossibile. Per cui si, sono agitato, ho paura che si arrabbi, è tremendo quando lo fa. 

Ma è una cosa che va fatta, abbandonare Jared non è una cosa che voglio fare, anche se, parlando onestamente ho ancora più paura di passare così tanto tempo con Samantha. Esco in sala e cerco di individuare il capo. E' seduto al suo solito posto, mentre sorseggia un goccio di liquore. Faccio un bel respiro e mi avvicino.

- Devo chiederle un favore - alza gli occhi su di me.

- Dimmi ragazzo - vorrei scappare via, non scherzo vorrei proprio fuggire, trasferirmi in un altro paese, ma devo fare l'uomo! O almeno devo provarci.

- So bene che non le piacerà affatto quello che sto per dirle, ma questo pomeriggio io e Samantha dobbiamo uscire e non credo che riusciremo ad essere presenti per il servizio serale. - bomba sganciata. Lo guardo e resto perplesso. Mi aspetto che esplodi, che urli, invece scoppia a ridere.

- Tu e Samantha?

- Esatto signore - mi sudano i palmi delle mani, maledetta agitazione.

- Caspita solo una settimana fa si sentiva la vostra lite fin fuori il locale, adesso uscite insieme? Avete per caso un appuntamento? - non ci credo. Uno strano calore mi sale su dalla punta dai piedi fino ai capelli e mi rendo conti di essere rosso come un peperone.

- Ma no capo! Che ha capito! E'- è un'uscita di gruppo ecco. Visto che è nuova le faccio conoscere persone, la faccio ambientare ecco! - non so che dirgli, che figura.

- Oh beh in questo caso è una bella idea, uscite e divertitevi - mi fa un cenno con la mano per liquidarmi ma io resto per la seconda volta perplesso.

- E' sicuro che non sia un problema signore? Perché non avere due camerieri per cen...

- Logan, ragazzo, nessun problema. Chiamerò mia moglie, ce la caveremo. Tu pensa solo a divertirti, sarebbe forse la prima volta - quanto ha ragione. Non credevo che potesse reagire così, ma ne sono felice.

- Grazie signore - fa un piccolo sbuffo e ritorna al suo liquore. Esco di corsa dal locale, prendo la moto e in pochi minuti sono a casa. Fra ben due ore dobbiamo vederci di fronte all'entrata del Pacific Park al molo. Mangio qualcosa veloce e mi butto sotto la doccia per mandare via il cattivo odore di mangiare che ti impregna i vestiti quando lavori in un ristorante. Una volta finita la doccia vado in camera per decidere che indossare. Di solito non faccio caso a queste cose, indosso quello che mi capita, ma oggi è diverso, c'è la fidanzata di Jared e voglio fare bella figura. Si, certo, la fidanzata di Jared. Logan sei un bugiardo! E' vero, forse un po' lo sono, ma la motivazione principale è quella. Una parte di me però, inutile negarlo, vuole fare bella figura anche con Samantha. E' stupido, ma è così. 

Opto per una camicia che lascio un po' sbottonata e dei jeans scuri. Ritorno in bagno per sistemarmi i capelli indomabili. Mi sporco le mani di cera e cerco di dargli un senso, mi ci vuole un po' ma alla fine sono abbastanza soddisfatto del risultato. Sono in anticipo, manca ancora mezz'ora all'appuntamento ma decido di mettere le scarpe e uscire, aspetterò li. 

  
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