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Autore: Onaila    06/10/2016    5 recensioni
Quanto possono essere diverse due persone dopo dieci anni?
Quanto il passato può influenzare una persona?
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Costia, Lexa, Octavia Blake, Raven Reyes
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura

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LEXA


Clarke.
Si svegliò nuovamente di soprassalto, con i capelli a coprirle la visuale e se all'inizio si affrettava per guardarsi intorno, adesso desiderava solo non vedere, perché sapeva già che Roan era fuori dalla cella seduto sulla poltrona proprio di fronte a lei, intento ad osservare ogni sua mossa.
Sbatté le ciglia lentamente, guardandosi i palmi della mani e le unghie sporche.
Acqua.
Sorrise a stento e si rese solo conto allora di quanto le mancasse l'acqua, ma non per sete...voleva solo lavarsi, togliersi il lurido che si sentiva addosso...
Senza rendersene conto il viso cominciò a bagnarsi lentamente di calde lacrime che sembravano fredde a contatto con la temperatura elevata del suo corpo.
Si strinse in se stessa, nascondendo il volto tra le ginocchia e cercando nei reconditi della sua mente quei pochi istanti passati con Clarke prima che lui la catturasse.
Il modo con cui l'aveva accolta, con cui l'aveva cullata fino a farla addormentare e...sentì la serratura della prigione scattare e sussultò, alzando lentamente lo sguardo per timore di trovarvi quello di lui, ma ad entrare fu una donna dai capelli biondi.
Avrebbe dovuto sentirsi un poco rassicurata, ma non fu affatto così e si strinse ancora di più, rannicchiandosi contro l'angolo << Non voglio farti del male >> cercò di dirle l'altra avvicinandosi cautamente e posando in mezzo a loro una cesta piena di bende e altri medicinali, di cui Lexa conosceva solo la sigla << Devo pulirti la ferita >> continuò, ma la mora scattò in piedi allontanandosi il più possibile << N-non toccarmi >> non voleva che nessuno la toccasse, che si avvicinasse << Non voglio farti male >> ripeté scandendo meglio ogni parola, ma a risposta Lexa scosse la testa freneticamente << Se non collaborerai, lui entrerà qui dentro >> sembrava quasi una minaccia anche per lei oltre che per l'altra.
Clarke le aveva parlato di una donna bionda che la curava e del dubbio che fosse anche lei prigioniera, ma da quanto era con loro?
Lexa serrò i pugni, mordendosi il labbro e iniziando a piangere mentre si avvicinava a lei.
Il male minore...
Continuava a ripetersi ad ogni passo fino a sedersi vicino alla donna.
Quando la sfiorò per toglierle la benda che copriva la ferita, rabbrividì << Perdonami >> si scusò l'altra come se sapesse quanto ciò le facesse ribrezzo in quel momento, ma dopo quella parola non aggiunse altro, rimase in silenzio e non commentò il taglio né cercò di consolarla quando le faceva male senza volerlo e Lexa rimase ad osservarla, rispettando quel silenzio.
I biondi capelli erano raccolti in una coda, gli occhi chiari erano sempre bassi, non si alzavano mai e ciò voleva dire che nascondevano timore, le mani erano pulite, linde, anche se il rossore ai polsi rivelava il segno delle manette appena tolte, sul collo vi erano varie cicatrici, alcune parecchio vecchie.
La sentì fasciarle il petto con una nuova benda e non si stupì molto quando la vide alzarsi e uscire senza rivolgerle alcunché << Sta bene? >> le chiese Roan con il suo solito tono preoccupato e stavolta non fu solo Lexa a provare disprezzo << Sì >> rispose uscendo anche dalla stanza seguita dall'uomo.
Non le importava un granché di cosa si sarebbero detti, poiché il suo unico desiderio era quello di riuscire a coprirsi, ma la camicia rovinata non sembrava dello stesso parere e anche se era conscia dell'impossibilità di chiuderla poiché non era la prima volta che cercava invano di farlo, tentò uguale, ottenendo lo stesso risultato: una rabbia cocente a divorarle l'anima.
Ti odio, ti odio!
Non sapeva se quelle parole erano riferite alla camicia o a se stessa o a...Clarke.

 

CLARKE

 

Si massaggiò la tempia mentre attendeva l'arrivo di Octavia nel piccolo magazzino che aveva fatto affittare.
Sapeva molto bene in cosa consisteva lo “Scambio” poiché i suoi genitori non furono in grado di farlo e non le restava ancora molto tempo per impedire che toccasse a Lexa.
Osservava quasi con repulsione la strumentazione poco distante da lei, ma in bella vista sul tavolo, l'unico altro mobile oltre alla sua sedia e quella in cui vi sarebbe stato lui.
Non aveva detto ad Octavia che cosa avrebbe fatto né aveva mai raccontato a nessuno di ciò che aveva imparato da Carl, nemmeno a Lexa.
Aveva il timore che potessero vederla in modo differente, esattamente nello stesso modo con cui la stava vedendo Octavia mentre entrava e i suoi occhi caddero sul tavolo.
Il suo sguardo era un misto di terrore e confusione, ma vi era anche un po' di delusione e comprensione << S-sei sicura? >> chiese comprendendo solo allora cosa avesse in mente l'amica mentre Lincoln lo legava alla sedia << Potete andare adesso >> fu l'unica cosa che le uscì dalle labbra e l'altra rimase ancora un istante prima che il marito la trascinasse fuori e sigillasse il portone principale.
No, non era sicura di ciò che stava per fare, anche perché voleva dire rinunciare ad un altro pezzo di se stessa e rispolverare vecchi ricordi che desiderava con tutta se stessa dimenticare, ma doveva farlo.
Lexa aveva bisogno di lei e doveva sporcarsi le mani lo sapeva, per questo scacciò il tremore e la paura, afferrando con più sicurezza il coltello a farfalla che teneva in mano e con cui si avvicino all'uomo, togliendoli il cappuccio che gli copriva il volto.
James era seduto di fronte a lei privo di sensi e avrebbe voluto ucciderlo per ciò che aveva fatto.
Per aver tradito la fiducia del padre, per aver fatto la spia per tutto quel tempo e per aver messo in pericolo Lexa, ma invece lo colpì al volto più volte facendoli riprendere i sensi.


RAVEN


Quando vide entrare Octavia rimase sorpresa che con lei non vi fosse Clarke.
Certo era arrabbiata con lei, perché non le aveva rivelato chi era avendone l'occasione più di una volta, ma non poteva non preoccuparsi per lei comunque << E Clarke? >> l'amica sussultò quando glielo chiese e ciò non poté non far accigliare ancora di più Raven, già un poco preoccupata dallo sguardo sconvolto di Octavia << Ci raggiungerà >> rispose Lincoln facendo sedere la moglie su una delle poltrone << So che siete andati a prendere James, quello che non riesco a capire è perché non è qui? >> si alzò allontanandosi dai numerosi computer di fronte a lei e avvicinandosi al Procuratore << Octavia cosa succede? >> le chiese palesemente irritata e quando Lincoln le posò una mano sul braccio lei lo allontanò guardando entrambi con aria arrabbiata << Dove diavolo è Clarke?! >> gridò adesso << E' con lui >> le rispose finalmente l'amica, ma ciò non fece che farla infurirare ancora di più << Da sola? >> << L'ha chiesto lei >> adesso lo sguardo di Octavia sosteneva il suo << E tu l'hai lasciata fare >> tornò ad abbassarlo quando Raven parlò e la Hacker prese le chiavi del proprio motore dirigendosi all'esterno << Dove stai andando? >> le chiese Lincoln << A fare quello che voi non avete avuto il coraggio di fare! >> ribatté sbattendo la porta.
Fece la rampa di scale a corsa mentre con il cellulare hackerava il tom tom di Lincoln, rintracciando l'ultimo indirizzo in cui erano stati, sperando che fosse il luogo dove si trovava Clarke.
Montò in sella e mise il casco, impostando il gps all'auricolare che aveva in quest'ultimo prima di mettere in moto e partire.
Sfrecciava in mezzo alle macchine e accelerava quando le era possibile, con la speranza di fare in tempo, anche se tra l'arrivo di Octavia e la sua partenza era già passata un'ora.
Non sapeva cosa aspettarsi, ma di certo Clarke non stava semplicemente parlando con lui se aveva chiesto all'amica di lasciarli soli.
Quando raggiunse l'edificio, ringraziò il cielo che fosse quello giusto.
Smontò dalla moto e si tolse il casco per la via mentre seguiva le tracce lasciate dal cellulare di Clarke.
Quando arrivò davanti alla porta di acciaio non attese un secondo di più e la aprì.
Non era pronta a ciò che le si presentò davanti: Clarke era in piedi con in mano quello che sembrava un bisturi, le sue mani erano imbrattate di sangue, così come le sue braccia mentre davanti a lei vi era una sedia su cui era seduto la sua vittima, James << C-clarke? >> << R-raven? >> i suoi occhi erano spenti e vuoti, privi di ogni emozione e aveva il fiato corto, come se avesse fatto una lunga corsa.
Gettò a terra il casco e si affrettò a controllare lo stato dell'uomo << Ma siete impazziti tutti o cosa? >> gridò mentre con orrore guardava gli aghi che infilzavano le dita di James o i vari tagli nei bracci o nel petto << S-sei...sei stata tu Clarke? >> le chiese con orrore, anche se conosceva già la risposta, alzandosi in piedi fronteggiando l'amica e non riconoscendola in quello sguardo vitreo << Dovevo >> fece posando lo strumento e appoggiandosi al tavolo con le mani << Dovevi cosa Clarke? >> scosse la testa iniziando a toglierle le corde << Non farlo >> l'avvertì l'altra voltandosi lentamente con in mano una pinza << Non ti permetterò di continuare >> << Allora esci >> si avvicinò con passo sicuro e un incrollabile maschera che nascondeva ogni parte della dolce ragazza che riteneva sua amica.
La scostò soltanto con lo sguardo che le rivolse, nel timore che potesse farle del male, ignara di quanto in quel momento restava della loro Clarke << Dove si trova James? >> scandinava ogni sillaba mentre portava la pinza alle dita << T-tanto non lo farai >> le fece lui con un sorriso beffardo, rivelando solo allora che era ancora conscio << Non sfidarmi >> ribatté lei strappandogli l'unghia con un suono viscido seguito da un suo grido.
Raven voltò lo sguardo, incapace di vedere tanto orrore e si chiese come vi riuscisse Clarke e sopratutto per la prima volta si domandò quanto Emerson l'avesse cambiata << Rispondimi! >> la sentì gridare seguito dopo da un urlo quasi animalesco da parte di James << T-ti prego... >> supplicava lui e Clarke rise divertita << Cerchi di farti compatire da lei? >> si avvicinò minacciosa al volto dell'uomo << Pensi che lei possa impedirmi di farti questo? >> aggiunse mentre con la mano premeva su uno dei numerosi aghi inseriti nelle dita, facendolo irrigidire per il dolore all'istante << Clarke! >> la chiamò l'amica, una, due, tre volte e solo quando le posò una mano sulla spalla, quella sembrò tornare un poco in sé e rilasciare la morsa di dolore a cui stava costringendo entrambi << Smettila ti prego >> aggiunse ritirando il braccio come se scottata << Vattene allora, perché non la smetterò finché non avrò l'informazione di cui ho bisogno >> si spostò dall'uomo e andò nuovamente al tavolo, da cui prese ad analizzare uno strumento che Raven non conosceva << Dio mio James, dille quello che vuole sapere! >> l'altro si accigliò voltandosi verso di lei, che cercava in ogni modo di ignorare il sangue che si riversava sul pavimento << I-io non lo so >> le fece lui praticamente in lacrime e avrebbe voluto credergli se solo l'ennesima risata macabra di Clarke non avesse riempito la stanza << Le buone maniere non servono a niente Raven >> disse avvicinandosi nuovamente, ma con in mano una semplice siringa << Hai idea di che effetto faccia l'aria alle vene? >> domandò con la consapevolezza che lui conoscesse la risposta << Ora mi domando, cosa potrebbe succedere alla piccola Talia? >> l'uomo si irrigidì al solo sentire quel nome e anche Raven, incapace di poter credere che l'amica potesse arrivare a tanto.
Dalle ricerche era venuto fuori che James era stato sposato molti anni prima e che anche se la sua famiglia lo credeva morto, era rimasto in contatto con sua figlia, mandandole soldi ogni mese, per non farle mancare niente e pensare che Clarke stava usando quell'innocente debolezza contro di lui, le faceva raggelare il sangue << N-non oseresti >> << E' tutto il giorno che dubiti delle mie azioni James e non mi sembra di averti mai deluso >> sembrava quasi divertirsi e si irritò nel vederla sedersi con tranquillità sulla sedia di fronte a loro, come se stesse prendendo del thé e non torturando una persona, per quanto cattiva potesse essere << Quindi mi viene da chiedere se tu sia più fedele a Carl o a Talia >> giocò con la punta della siringa per poi alzare lo sguardo verso di lui << N-non so dove si trovino, ma ho appuntamento tra una settimana al porto con uno dei corrieri. Non so come si chiami e nemmeno come rintracciarlo. E' Emerson a decidere gli incontri e i luoghi >> Clarke sospirò con un poco di sollievo, facendosi avanti << Orario e luogo esatto >> ordinò e l'altro come una macchina, cominciò ad obbedire, dandole tutte le informazioni di cui aveva bisogno.
Il numero degli alleati, l'attrezzatura sia informatica che militare a loro disposizione e sopratutto se i suoi genitori fossero stati al sicuro o se vi fossero altre spie, prima di sedarlo, poiché divenuto del tutto inutile per lei e chiamò Lincoln al cellulare così che venisse a ritirare il corpo << Chi sei? >> quella domanda le uscì d'istinto, non vi aveva pensato molto e a ricambiarla trovò degli occhi freddi come ghiaccio << Non puoi giudicarmi se non conosci il mio passato >> << Non posso giudicarti? Hai appena torturato un uomo, senza battere ciglio! >> l'altra non sembrava nemmeno ascoltarla mentre si lavava le mani freneticamente << Clarke >> la chiamò toccandole una spalla e quando finalmente si voltò rimase terrorizzata dal modo con cui la stava guardando.
I suoi occhi erano intrisi di tristezza, rabbia e delusione?
<< Dobbiamo andare, Lincoln ha detto di non farci trovare qui >> disse superandola e togliendosi la maglia che indossava e fu in quel frangente in cui le vide: due perfette cicatrici martoriavano il corpo di quella che una volta era stata sua amica, ma non fece in tempo a dire niente che Clarke le coprì, indossando un altro indumento al posto di quello sporco di sangue, che inserì dentro la busta nera che teneva in mano, insieme agli strumenti e a tutto ciò che potesse ricollegarsi a lei << Sei venuta in moto? >> la sua voce era atona, vuota, diversa da come l'aveva sentita solo poche ore prima...in realtà lei era del tutto diversa dalla Clarke di poche ore prima << S-sì >> annuì più volte incamminandosi verso l'uscita << Ottimo >> commentò invece l'altra uscendo e attese che Raven la imitasse prima di sigillare la porta alle sue spalle << Vorrei che tenessi per te ciò che è successo la dentro >> concluse schiarendosi la gola mentre si incamminava verso la propria auto, parcheggiata poco lontano << Non vuoi che Octavia sappia quanto tu sia... >> non osò finire col timore della sua reazione << Cosa Raven? >> fece invece la rossa voltandosi palesemente frustrata << Non... >> stava per dire Clarke, poi però prese un lungo respiro gettando il sacchetto nel bagagliaio dell'auto nera << E' normale che tu non capisca...anzi comprendo anche la tua reazione e posso sopportare quello sguardo, ma... >> sospirò gesticolando con la mano e chiudendo il bagagliaio con tale violenza che aveva temuto che potesse rompersi << Lascia perdere >> montò in auto e la sentì mettere in moto.
Raven la vide partire senza aggiungere altro.
Che fine aveva fatto la Clarke che non avrebbe mai fatto male ad una mosca?

CLARKE

Lasciò che il getto d'acqua calda la cullasse mentre cercava di riordinare i pensieri.
Aveva davvero sperato con tutta se stessa di non far subire a Lexa lo “Scambio”, ma non vi sarebbe riuscita e non le restava che sperare che Lexa fosse stata abbastanza forte da farlo.
Chiuse il bocchettone e con la mano libera prese l'asciugamano su cui si avvolse.
Le grida della ragazza non l'avevano mai lasciata in quei dieci anni, anzi la tormentavano quasi come fossero le proprie, ma non poteva far altro che torturarla.
Carl l'aveva messa davanti ad una scelta: o lei o la ragazza.
Strizzò i capelli nel lavabo per poi pulire lo specchio appannato con il palmo della mano.
Non voleva che Lexa scoprisse quel lato che Carl invece a lei aveva svelato.
Per anni lo aveva accusato per ciò che le aveva costretto a fare, ma nessuno le aveva messo in mano quegli strumenti quel pomeriggio.
Nessuno l'aveva costretta a fare del male a James, ma doveva essere fatto.
Gli uomini di Carl rispondevano solo con la tortura, lei stessa ne era stata testimone, durante il suo periodo in “famiglia”, ma lo sguardo che le aveva rivolto Raven le aveva ricordato quel lato di lei che più le mancava.
Quel lato ingenuo, lontano anni luce dalla vera e propria sofferenza.
Sospirò sentendosi stanca come si era sentita solo nei periodi di prigionia.
Aveva bisogno di Lexa, il suo corpo e la sua mente ne avevano bisogno.
Sorrise tristemente immaginandosi i suoi bellissimi e rassicuranti occhi verdi, che l'avrebbero stretta a lei, incatenandola mentre la stringeva a sé, dicendole che andava tutto bene.
Serrò le mani intorno al lavabo, sentendo l'amaro odio che provava per se stessa per averla messa in pericolo.
Doveva tirarla fuori e avrebbe davvero fatto di tutto, non si sarebbe limitata a torturare un uomo o minacciare la vita di qualsiasi essere vivente per salvarla.
Avrebbe davvero ucciso per lei, per saperla al sicuro e non provò terrore per quel sentimento così vero e corrosivo né orrore per la consapevolezza.
L'amava e non l'avrebbe persa.

 

LEXA

 

Scosse la testa freneticamente mentre la telecamera la riprendeva, spostandosi poi sulla giovane donna di fronte a lei << Quindi ti rifiuti? >> domandò lui sospirando divertito, come se sapesse che avrebbe rifiutato di fare una cosa del genere << Clarke sarebbe molto delusa da te >> Lexa si accigliò, respirando stancamente, sentendo i punti tirare a causa dell'alzarsi e abbassarsi del petto, ma anche per la febbre.
Clarke l'aveva fatto?
Emerson sembrò leggerle nella mente e si avvicinò a lei, sempre con il pugnale teso verso il suo viso << Clarke era speciale, lei aveva capito che la vita è solo mera sopravvivenza >> le sussurrò all'orecchio e Lexa non riuscì a non rabbrividire a quel contatto così ravvicinato << Pensi che Annabeth avrà pietà per te? >> le chiese ridendo per poi avvicinarsi a quel volto così terrorizzato di fronte a lei eppure ancora immacolato e intatto << Avrai pietà per lei? >> le domandò e l'altra scosse la testa in senso di negazione immediatamente, scoppiando a piangere.
Per la prima volta Lexa provò disprezzo per qualcuno come mai in tutta la sua vita e la trovò quasi patetica << La vita è molto di più che sopravvivenza >> riuscì a dire dopo vari tentativi la mora e Emerson scattò come una molla avvicinandosi di nuovo a lei << Cosa hai detto? >> Lexa alzò sguardo verso di lui, senza però smettere di lanciare sguardi alla ragazza di fronte a lei << La vita è molto di più che sopravvivenza >> scandì lentamente sostenendo i suoi occhi pieni di odio e non attese molto prima che la colpisse al volto, facendole sanguinare il labbro.
Lexa si prese tutto il tempo di cui aveva bisogno, sapendo perfettamente che non sarebbe stato l'ultimo manrovescio che le avrebbe dato quel giorno.
Annabeth era di fronte a lei e tremava.
Tremava come una foglia eppure lui non si era mai soffermato su di lei per più di qualche secondo, non l'aveva mai sfiorata, anche se erano nella stessa situazione.
Entrambe legate su quelle sedie, entrambe di fronte a degli strumenti che mettevano i brividi al solo guardarli ed entrambe di fronte ad una scelta: Decidere se torturare o meno l'altra.
Vi aveva sperato, da quando era entrata in quella stanza, dove in un lato vi era una vasca piena di acqua e ghiaccio, i cui muri erano pieni di strumenti che aveva visto solo nei film dell'orrore, aveva sperato che Annabeth fosse stata come lei, ma invece l'aveva delusa.
Sorrise a quel pensiero rimettendosi dritta lentamente.
Eppure era venuta a scoprire che anche Clarke era scesa a tanto...perché non gliela aveva detto?
Vide Roan slegare Annabeth e guardarla con occhi che facevano intendere di non provare a fuggire, ma le sembrò di vedere Clarke.
Non era Annabeth a costringerla a inginocchiarsi di fronte alla vasca ed ad immergere la testa, non era Annabeth ad inciderle la carne, la schiena e a graffiarle il collo, per poi immergerla nuovamente e costringerla a sentire i polmoni bruciare e l'aria sparire ogni volta, una, due, quattro, cinque volte.
No.
Non era Annabeth.
Era Clarke...
Clarke era davvero arrivata a tanto?


 

CLARKE

 

Rabbrividì quando vide il pacco di fronte alla porta e con un lungo sospiro lo prese.
Era passata una settimana e sapeva che quel giorno sarebbe arrivato prima o poi, per questo si era tenuta impegnata con l'organizzazione della task force che avrebbe recuperato Lexa, perché non voleva pensarvi.
Era venuta a saperlo?
Certo che era venuta a saperlo, Carl non si sarebbe mai tolto la soddisfazione di ferirla.
Come l'avrebbe vista d'ora in avanti Lexa?
Ai suoi occhi era ancora la sua Clarke?
Si rinchiuse nella sala prove che ormai era divenuto il suo studio e rifugio e fu lì che vide l'ennesimo video che l'avrebbe portata ad odiarsi ancora di più,per non essersi allontanata dall'unica persona che non avrebbe mai voluto ferire.
Lexa non era come lei.
Lei aveva rifiutato e aveva il coraggio di affrontarne le conseguenze.
Provò odio verso Annabeth, anche se comprendeva il suo terrore, poiché anche lei l'aveva provato, ma vedere il modo con cui lacerava la carne di Lexa, con cui l'annegava, non poté non odiarla e sperare solo il peggio per lei.
Sarebbe inutile mentire e dire che non pianse, perché non sarebbe vero.
Arrivò a gridare e a detestare le urla della persona che più amava e che adesso le riempivano le orecchie, anche se il video ormai era finito.
Come poteva dimenticare quello sguardo?
I suoi occhi erano stati colmi di tristezza e dolore, ma non aveva pianto, perché lei a differenza sua era stata forte o almeno si voleva mostrare tale.
Si alzò dalla sedia raccogliendo i capelli e asciugando il volto per l'ennesima volta.
Doveva recuperarla prima della seconda prova.
Sesso.
Era uscito quel cartellino, Carl glielo aveva mostrato con un sorriso che non solo la fece rabbrividire, ma anche raggelare il sangue.
Se l'avesse sfiorata anche solo un'altra volta l'avrebbe ucciso, ne era certa.
Fece un lungo respiro e svuotò i polmoni prima di uscire dalla stanza e con silenzio dirigersi alla sua postazione mentre tutti la osservavano alla ricerca di qualcosa, ma lei era piuttosto brava a nascondere il dolore << A che punto siamo? >> chiese aprendo il computer e attesero tutti qualche secondo prima che Anya le si avvicinasse porgendole un foglio << Questi sono i nomi dei migliori agenti che la Natblida ha a sua disposizione, tutti pronti per agire >> Clarke si inumidì le labbra prendendo la carta << Ottimo >> velocemente scorse i nomi per poi annuire lentamente << Octavia invece si sta occupando della copertura nel caso si venisse a sapere tutto >> la informò Lincoln che tornava dalla cucina con una tazza di caffè che le posò vicino, toccandole leggermente una spalla prima di tornare a sedersi << Per quanto riguarda le telecamere e i mezzi? >> domandò rivolgendosi all'unica persona che non aveva né alzato lo sguardo né parlato da quando era tornata nella stanza << Saranno pronte per il recupero >> le rispose aspramente Raven, senza alzare gli occhi dal pc di fronte a lei e Clarke non aveva né la voglia né la forza di affrontare l'ennesimo litigio.
Raven non capiva, probabilmente non avrebbe mai capito.
Sospirò stancamente buttando giù con il caffè le sue medicine e odiando il modo con cui la stordivano ogni volta, anche se avevano iniziato a fare meno effetto e sicuramente avrebbe dovuto aumentare la dose, ma doveva essere capace di gestire tutto e loro non glielo permettevano.
Si massaggiò gli occhi stanchi, ignorando i tremiti delle mani o i brividi che le percorrevano la schiena.
Non aveva alcun tempo per pensare a sé, doveva salvarla.
Doveva salvarla prima della seconda prova.

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NA: Che ne pensate? Vi è piaciuto questo capitolo o lo avete odiato? Fatemi sapere come vi ha fatto sentire leggerlo. Comunque devo anche comunicarvi che dopo di questo ci saranno soltanto altri due e ultimi capitoli, spero che non vi dispiaccia, ma siamo giunti quasi alla fine, però non preoccupatevi che ho già una nuova fanfic in porto :) Alla prossima e buona lettura futura <3

 

 

 
   
 
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