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Autore: VenerediRimmel    10/10/2016    6 recensioni
Se dall’amicizia all’amore intercorre solamente la distanza di un bacio, dall’odio all’amicizia e poi dall’amicizia all’amore, la questione si fa un po’ più complicata: approssimando per logica, un bacio c’è di certo, ma anche qualcosa di più. Questo sarà quel qualcosa in più.
Harry, quindici anni, Grifondoro per scelta, seguendo Aritmanzia, avrebbe potuto calcolare un pronostico su che tipo di distanza ci fosse tra due persone che inizialmente si odiano, poi si vogliono bene e, infine, si amano.
Louis, diciassette anni, Serpeverde per lignaggio, supponente da far saltare i nervi anche al più paziente delle persone, come il suo migliore amico ad esempio, non avrebbe potuto calcolare tale distanza. Eppure supponeva che essa fosse una via di mezzo tra un pugno nello stomaco e un bacio a fior di labbra, e che questa strada fosse percorribile purché avvenisse nel momento giusto. Perché Louis crede nelle occasioni.
Due occasioni, quindi: una punizione col Professor Ruf e...il Torneo Tremaghi. Basteranno?
Dalla storia:Ma, appunto, fu inutile. Perché le loro labbra si schiantarono con la stessa potenza di uno Stupeficium.
[AU!Hogwarts - Harry/Louis - minilong di 62K parole]
Genere: Avventura, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Parte II

la dura legge del volersi bene
 
So I could take the back road
But your eyes’ll lead me straight back home
And if you know me like I know you
You should love me
 
Nel bel mezzo della nostra storia, salutiamo il principio, dove fu protagonista l’astio, e diamo il benvenuto ai primi albori di amicizia. Come già premesso, Louis e Harry ci impiegarono un intero anno, quindi portate pazienza.
Perché, vedete, i fumetti furono una soluzione temporanea. O meglio, se Louis prima o poi avrebbe dovuto scendere a patti con se stesso, grazie a quello scambio di fumetti poteva bearsi dell’idea che sarebbe stato quanto più tardi possibile. E in quel periodo, non si faceva né domande né problemi. Se doveva frequentare quel Grifondoro in orari e luoghi parecchio discutibili era per un motivo preciso. Punto.
Quando dovette riconsegnargli i fumetti che Harry, poco meno di una settimana prima gli aveva lasciato al suo posto, in Sala Grande, Louis lo fece inviandogli un gufo.
Capitò sempre di prima mattina, a colazione. Louis aveva usato di proposito un barbagianni che la scuola metteva a disposizione per recapitargli un messaggio.
Ebbene sì, perché se Louis aveva avuto la possibilità di inviargli direttamente il fumetto via gufo, aveva invece scelto un messaggio in cui chiedergli un incontro.
Le domande sul perché avesse agito così, lui non se le pose. Ma di risposte, noi, ne abbiamo in gran quantità.
Harry ricevette il gufo con sorpresa. Nessuno gli aveva scritto fino a quel momento, anche perché la sua famiglia ancora non aveva compreso in che modo funzionassero i gufi. Nonostante avesse più volte tentato di mandar loro una lettera, in risposta non era mai arrivato nulla. L’importante, in fondo, era che loro sapessero che stava bene.
Quando quel Barbagianni planò davanti al suo piatto, Harry rimase a guardarlo con le sopracciglia aggrottate. Prima di tutto, non era il suo gufo, Harold. Secondo poi, quella non era una lettera affrancata come le solite che aveva visto consegnare da altri gufi.
Per un momento Harry si guardò intorno, certo che quello fosse uno scherzo. Quando puntò i suoi occhi smeraldo di fronte a sé, oltre il tavolo dei Corvonero e verso quello di Serpeverde, rabbrividì nel ritrovarsi trafitto dalle stalattiti che erano gli occhi azzurri di Louis. Non sorrideva, sembrava agitato, ma il ghigno non sembrava abbandonarlo mai. Il che era veramente terrificante, se non fosse per il fatto che Harry ci avesse fatto ormai l’abitudine.
Abbassò lo sguardo sul barbagianni e «devi esserti sbagliato, non è per me il messaggio» sussurrò. Quello, in tutta risposta, allargò il becco e lasciò cadere la missiva. Poi, senza troppi convenevoli, iniziò a bere il suo latte.
Harry lo guardò stranito per un po’, ma con un sospiro, alla fine, prese il messaggio e lo aprì, pronto a cadere nell’ennesima burla di chissà chi.
Il “Chi” fosse stato a inviargli quel breve messaggio lo capì quando lesse la firma: «L.T». Potevano venirgli in mente tantissimi nomi di studenti, ma il “perché” di quel messaggio, gliene fece pensare soltanto uno.
 
Ho finito di leggere quelli che mi hai dato, portane altri nella guferia, questa sera. Un’ora prima del coprifuoco.
L.T.

 
Quando Harry alzò lo sguardo, puntò direttamente il ragazzo che aveva osservato distrattamente poco prima. Allargò le braccia per esprimergli tutto il suo sconcerto e poi: «E la parolina magica?» esclamò, attirando l’attenzione di alcuni suoi compagni Grifondoro. Louis lo sentì, ma avrebbe negato di averlo fatto se qualcuno avesse chiesto. Si limitò a guardarlo con sufficienza, mentre masticava un po’ del suo bacon, per poi voltarsi subito altrove, quando i compagni di Harry seguirono il suo sguardo arrivando a lui. E quasi si strozzò.
«Dannato ranocchio» lo maledì, tra i convulsi della tosse.
La posta via gufo divenne impraticabile da quel giorno.
 
 
A Harry piaceva salire nella Guferia per due motivi: il chiacchiericcio dei gufi appollaiati ognuno sul proprio trespolo e che tutti trovavano infernale e per il panorama. Il Sole tramontava come sciogliendosi all’orizzonte del lago, ed era uno spettacolo meraviglioso a cui assistere.
Arrivò per primo e attese Louis appoggiato al muretto al principio delle scale, osservando proprio il panorama.
Era quasi la fine di Ottobre. Due mesi, e ancora Harry trovava tutto talmente meraviglioso da iniziare a dubitare che tutto quello stesse accadendogli per davvero. Sorrise, sentendosi fortunato nell’essere un mago. Probabilmente non ci avrebbe mai fatto l’abitudine, alla magia.
«Hey, rospo» sentì giungere dal fondo della scale. Harry sospirò: a Louis, invece, avrebbe mai potuto abituarsi?
Harry non si domandava affatto perché quel Serpeverde cercasse in tutti i modi di ronzargli attorno. Certo era, però, che dall’antipatia che Louis gli aveva innescato il primo Settembre, sul treno per Hogwarts, era poi giunto a una spassionata curiosità nel conoscere ciò che Louis tentava di non mostrare a primo acchito a tutti.
Perché sì, era un Serpeverde, quindi un arrogante, presuntuoso, insopportabile e viziato ragazzino, ma dubitava che fosse soltanto questo.
C’era qualcosa in lui, che tentava animatamente di venir fuori. E quel qualcosa, lo spingeva stranamente alla ricerca di essergli amico. Per quanto poi Louis negasse fermamente di volerlo essere.
«Louis» salutò quando egli arrivò all’apice delle scale. Harry rimase fermo, appoggiato al muretto, a guardare il lago che aveva ormai praticamente inghiottito il Sole. E Louis lo imitò, senza dire nulla.
La pazienza, tuttavia, non doveva essere di Casa Serpeverde, perché quando Louis, pochi minuti dopo, gli avanzò i fumetti, lo fece proprio agendo con impazienza. E quest’ultima doveva provarla perché Louis aveva un irrefrenabile desiderio di parlare con Harry.
Harry lo accontentò: «Allora, ti è piaciuta questa storia?», il Grifondoro evitò di dirgli che oltre a Zayn che aveva disegnato l’intero fumetto, anche il suo amico Liam, di Tassorosso, del secondo anno come Niall, ci aveva messo del suo, scrivendo le interazioni dei personaggi e la trama.
Non gli disse nemmeno che Zayn gli aveva detto di non dire nulla a Liam perché a detta del Tassorosso: «Non era ancora pronto per quel tipo di passo».
Non gli disse nemmeno che aveva promesso di non farlo, benché li stesse già facendo leggere addirittura a una terza persona; e nemmeno che per un po’ si sentì in colpa, nel non dirgli di Louis, né che per un altro po’ pensò di poterla nascondere, quella bugia, evitando di consegnarne altri a Louis.
Non gli spiegò nemmeno che quando il barbagianni era planato davanti a lui, quella mattina, Harry era sceso facilmente a patti con se stesso, ammettendo che un po’ gli sarebbe piaciuto essere amico di Louis. E che, quindi, quei fumetti erano una scusa anche per lui.
«Ho preferito quella sugli alieni, in realtà. Questa era troppo romantica, per i miei gusti. E poi i vampiri che smettono di nutrirsi di sangue umano per seguire una dieta vegetariana a base di animali perché non vogliono essere degli assassini è un’idea stupida. I vampiri non hanno sensi di colpa, sono morti, non hanno sentimenti» sentenziò. Solo in quel momento Harry si voltò a guardarlo.
«E tu lo sai perché sei un vampiro?» domandò senza indiscrezione. Anche Louis, a quel punto, si voltò per guardarlo piuttosto sorpreso.
Poi rise. «Ranocchio, se qualcuno ti ha parlato di me o della mia famiglia apostrofandola come “succhiasangue”, non intendeva nel suo significato letterale» si prese gioco della sua stupidità.
«Voi Nati Babbani siete uno spasso. Credete a tutto» per una volta, Louis sembrò non qualificarlo come tale in tono dispregiativo. Harry se lo annotò mentalmente, mentre si mordeva un labbro per la sua gaffe.
Pensò per un po’ di tempo a qualcosa di strano che potevano fare i Babbani a cui Louis avrebbe creduto, come aveva fatto lui quando Niall aveva dato l’epiteto di “succhiasangue”. Ma niente di niente. Era troppo imbarazzo per avere un’idea geniale in quel momento.
Louis aveva ancora il sorriso sulle labbra, divertito all’idea che Harry avesse pensato che fosse un vampiro per tutto quel tempo. «Tieni» lo richiamò Harry, piuttosto seccato, quando gli passò il nuovo fumetto che Zayn gli aveva dato; lui col sorriso sulle labbra abbassò gli occhi e lo afferrò. «E dopo i vampiri, gli zombie. Com’è?»
«No spoiler» tagliò corto Harry, iniziando a scendere le scale. Louis lo seguì: «Che?»
Harry si fermò, si voltò appena per rispondergli: «Spoiler, Louis. Se ti dicessi come finisce, ti rovinerei la sorpresa di scoprirlo da solo».
«E se si rivelasse una perdita di tempo perché alla fine scopro che non mi è piaciuto?»
Harry si voltò definitivamente per guardarlo in faccia. Lo esaminò con piglio e uno strano sorriso incredulo, infastidendo Louis che «Ora che c’è?» sbottò.
Harry fece spallucce: «Niente, è che mi faccio la stessa identica domanda, quando penso a te».
 
 
“Io non sono una perdita di tempo, come ti permetti…” aveva iniziato il Serpeverde, vedendo il Grifondoro scivolare giù per la rampa di scale.
“Sì, sì, come mi permetto lurido mezzosangue e bla bla. Buona lettura, Louis.” Lo aveva surclassato con ironia.
Harry se ne era andato con la soddisfazione di essere riuscito in qualche modo a rivendicare l’offesa subita e, per di più, ad avere l’ultima parola. Che aveva scoperto gli piaceva terribilmente, quando si trattava di parlare con Louis.
E Louis, invece, paonazzo per la rabbia, se ne era rimasto piantonato lì a meditare una vendetta che mai, probabilmente, si sarebbe guadagnato.
Ci mise tutto il tempo che rimaneva per Halloween, per guarire dall’offesa subita. Ci impiegò tantissimo perché il fumetto sugli zombie divenne perfino il suo preferito, dei tre che aveva letto, nonostante la presenza di una appena accennata storyline romantica.
Ne era valsa la pena, alla fine.
Domandarsi se lui valesse la pena di essere scoperto, invece, era insostenibile per un Serpeverde. Ne risentivano direttamente il suo orgoglio e il suo onore.
Alla fine, Louis la prese come una questione di principio.
Perché, per la barba di Merlino che possa inciamparci spesso e volentieri, doveva valerne la pena.
 
Fu un caso se decise di incontrare Harry il 31 di Ottobre. Halloween, una festività che Louis non aveva più la smania di festeggiare.
Sebbene da qualche anno la comunità magica avesse deciso di dare maggiore importanza ad alcune delle feste che i Babbani festeggiavano di consueto, come il giorno di Saint Patrick, divenuto un bel pretesto per frequentare i pub di Hogsmeade per bere gran quantità di Burrobirra, così non poteva dirsi per Halloween, che si festeggiava ancora con il consueto banchetto serale e non piuttosto come era consono fare nel mondo babbano, travestendosi in modo spaventoso e andando di casa in casa per il famosissimo “Dolcetto o scherzetto?”.
Quella festività infatti aveva avuto tutt’altra ascesa nel mondo degli studenti di Hogwarts. Nonostante già in quel giorno si festeggiasse il complemorte di Nick-quasi-senza-testa, e fosse già di per sé sufficientemente spettrale, era stato l’aumentare dei Nati Babbani a far vociferare l’intera scuola sulla più tradizionale delle feste anglosassoni. Il corpo scolastico di Hogwarts non aveva concesso nulla di più della cena a tema in Sala Grande, preoccuparti che la dedizione e l’interesse all’occulto potesse indirizzare gli studenti a un avvicinamento sconsiderato alla Magia Oscura. Ma come per tutte le cose che si proibivano a Hogwarts, anche per Halloween gli studenti furono ben felici di infrangere le regole.
Tutto era cominciato dai Grifondoro.
Nella Casata del coraggio, lì dove Godric accoglieva di buon grado anche i mezzosangue, due ragazzi dal vivace ardore erano stati attratti, fin dall’arrivo al castello, dalla Foresta Proibita, luogo in cui – com’è ovviamente risaputo – era vietato andare. Bastò per loro, giunto il 30 Ottobre del loro primo anno di scuola, fare un calcolo semplice, elementare. Se a Halloween non si potevano spaventare i ragazzini spauriti con scherzetti e incantesimi e se a Hogwarts era vietato girovagare per la Foresta Proibita, allora avrebbero fatto di entrambe le cose una ribellione: festeggiare Halloween, nella foresta proibita.
Come è bene pensare, se inizialmente i due furono i soli, e pochi altri, a sgattaiolare fuori dalle proprie Sale Comuni, per una nottata all’insegna di un avventura nelle mostruosità oscure della Foresta Proibita, col succedersi degli anni, Halloween dopo Halloween, divenne un vera e propria tradizione, un vero e proprio modo per festeggiare, nonché una novità che i maghi, che non l’avevano mai festeggiato, trovavano eccitante.
Ma come funzionava? Louis lo sapeva molto bene. I ragazzi più grandi puntavano sempre a quelli del primo anno. Li sfidavano a dimostrare il loro coraggio, li sfidavano promettendogli popolarità nel momento in cui fossero riusciti a fare qualcosa di terribilmente spaventoso, nonché coraggioso.
Per questo Louis lo sapeva bene. Non voleva pensarci, né festeggiare. Ma tutti, al contrario di lui, sembravano frenetici all’idea che finalmente fosse arrivato quel giorno.
Quindi, ritornando al dunque, non fu veramente un caso se Louis pensò di dover restituire il fumetto a Harry proprio quel 31 di Ottobre.
 
 
Per incontrare Harry, Louis non utilizzò la posta via Gufo. Era stato fin troppo rischioso affidarsi a un barbagianni che, facilmente, avrebbe potuto perdersi o confondersi, recapitando il messaggio alla persona sbagliata. Quella volta, ci pensò da sé, con la massima rassicurazione che così non avrebbe corso alcun rischio.
Quando ormai la pausa pranzo stava per finire, Louis seguì Harry fuori dalla Sala Grande, dopo averlo intravisto salutare le due persone, Horan di Grifondoro e Payne di Tassorosso, con cui era solito mangiare. Era così informato su di lui non perché gli importasse veramente qualcosa, ma soltanto perché era stato consequenziale chiedersi come Harry potesse dubitare che uno come lui non valesse la pena di essere conosciuto, quando si era scelto un irlandese FiloBabbano e un Tassorosso come amici.
Lo seguì fino al terzo piano, nascondendosi di tanto in tanto dietro una colonna o a una statua. Quando Harry si arrestò davanti all’aula di Incantesimi, appoggiato al muro in attesa che potesse entrare assieme agli altri studenti del suo stesso anno, Louis lo osservò mentre agitava la propria bacchetta mentre sillabava nel modo più corretto gli incantesimi che stava studiando in quella settimana.
Non udiva fin lì dove si era nascosto gli incantesimi che tentava di perfezionare, ma trovò proprio in quel momento, il modo adatto per inviargli il messaggio. Non solo era il momento giusto, visto che ancora nessun altro attendeva con lui l’inizio della lezione, ma anche il modo più sicuro.
Ah, Louis e le sue paranoie… vallo a capire!
Perciò, dicevamo, con un incantesimo di levitazione, Louis inviò a Harry il suo messaggio.
Giunse al Grifondoro un altro barbagianni, quel giorno. Ma questo era diverso dal solito, perché non proveniva dalla guferia. Non poteva, essendo fatto di carta. Il piccolo barbagianni gli volò attorno, attorno poggiandosi infine su una spalla. Harry lo fissò divertito, per poi guardarsi attorno. Ma non vide nessuno.
Quando allungò una mano per afferrarlo, il barbagianni lo beccò facendogli male: «ahia!» esclamò con piglio.
«Sei anche peggio di quelli veri» disse, mentre quello gli rispondeva con un versaccio. Non seppe come né perché, ma il comportamento stizzoso che aveva quel gufo di carta gli ricordava tanto quello di Louis. Istintivamente, Harry aprì un palmo della mano, sospettando che il gufo si sarebbe concesso soltanto in quel modo. E così, difatti, accadde. Il barbagianni riprese il suo volo e si aprì sulla mano di Harry.
Quando lesse il messaggio, non poté fare a meno di ridere.
 
Non voglio mangiarti il cervello, anche perché dubito tu ne abbia uno consistente!
Perciò vediamoci dopo le lezioni, alla rimessa delle barche, così ti restituisco il fumetto
L.T.
 
Ciò che lo fece ridere non fu tanto il messaggio, quanto il disegnino raccapricciante di uno zombie che, intuiva, Louis aveva disegnato ispirandosi a quello fatto da Zayn. Il risultato era veramente obbrobrioso.
Louis, ancora nascosto dietro una grossa statua di un fauno, sorrise in modo disinvolto mentre osservava Harry ridere tanto animatamente.
Scoprì così quanto gli piacesse essere il carnefice dei sorrisi del ranocchio.
 
 
La rimessa delle barche faceva paura anche nei giorni in cui non era Halloween. Il rumore trascinante delle onde sulle barche, cigolanti nel loro dondolio, e l’atmosfera cupa e silenziosa lasciava molto spazio all’immaginazione fervida dei maghi.
Louis si era steso a pancia in su con le braccia alzate verso l’alto e le mani sotto il capo, dentro una delle barchette mentre attendeva l’arrivo di Harry. Non si era nascosto di proposito per spaventare il Grifondoro al suo arrivo, ma non poteva negare di averci pensato beffardamente non appena si era sdraiato in essa.
Harry arrivò un’ora più tardi, per l’unica motivazione che le sue lezioni dovevano essere terminate più tardi. Lo riconobbe dalla sua camminata che provocava sulle tegole di legno dei cigolii scoordinati e prolungati. Vide passare il cespuglio di capelli davanti a sé, senza dar segno che gli occhi verdi l’avessero notato lì, acquattato.
«Haaaaarryyyy» con la sua voce cristallina sospirata, riuscì a ottenere l’effetto desiderato: una voce spettrale nell’etere che giunse al Grifondoro come una folata di vento.
Harry si voltò con sguardo allarmato per guardare alle sue spalle ma non trovò nessuno, e si accigliò. Riprese a camminare quando per la seconda volta Louis lo chiamò: «Haaaaarryy».
«Louis non è divertente. Esci fuori» lo rimproverò con voce dura. Louis non poté fare a meno di trattenersi, immaginandosi l’espressione imbronciata del ranocchio. Perciò si tirò su, ridacchiando divertito col capo chino; Harry lo vide e a braccia conserte gli si avvicinò: «Sei veramente-»
«Originale? Sì, grazie» lo precedette Louis, tirandosi su e saltando velocemente sulle fondamenta di legno davanti a sé. Solo in quel momento, guardò Harry in viso sorridendogli smagliante. Era felice di vederlo.
«Così originale che non ho proprio idea di dove mi chiederai di vederci la prossima volta…» gli rispose guardandosi attorno ancora sconcertato dal fatto che si trovassero proprio lì.
«Ottimista, eh, se pensi già al nostro prossimo incontro» ribatté facendogli l’occhiolino. «Ma ti consiglio di gustarti il presente, qui con me, finché puoi» concluse ancor più beffardo. Harry si limitò ad una alzata d’occhi e un sospiro: «Oggi sei particolarmente di buon umore, che è successo? L’aria di Halloween risveglia il vampiro che è in te?»
Louis rise, mentre il suo viso si tramutava in un ghigno: «Avrai sempre il dubbio che lo sia veramente, eh?»
«Puoi contarci».
Louis gli diede le spalle, sedendosi infine sul davanzale di una delle vetrate che circondavano la rimessa.
Harry lo seguì con lo sguardo, ponendosi di fronte a lui, ma in piedi. Le braccia ancora incrociate al petto. «Allora? Ti è piaciuto il fumetto? Dal bigliettino immagino di sì» gli chiese. Stavolta fu lui a sorridergli impertinente. Perché era sempre una gran soddisfazione far ammettere a Louis che qualcosa che probabilmente con ignoranza avrebbe schifato, in realtà gli era piaciuto da matti. Louis, infatti, tirò su le spalle e si guardò attorno.
«Oh, andiamo! Se ammetti che ti è piaciuto, non viene qui Salazar in persona a urlarti “Disonore, Tomlinson. Disonore su di te e su tutta la tua famiglia”» concluse con voce grossa, puntandogli un dito contro. Stava quasi per citargli Mulan, ma dubitò fortemente che Louis potesse conoscere quel film. O più in generale, dubitava fortemente che Louis sapesse cosa fosse un film.
Louis sbuffò, senza guardarlo in volto, l’euforia ilare che poco prima lo aveva fatto essere così spigliato si era completamente mutata in diffidenza seccata. «È il mio preferito, al momento» borbottò.
«Lo sapevo!» esclamò tronfio, sorridendo sfacciato per la confessione che l’altro gli aveva appena fatto. «Lo sapevo!» ripeté, come se avesse vinto alla lotteria.
Louis guardò verso l’ingresso della rimasse e sbuffò seccato da quel comportamento: «Sorpreso che ogni tanto il cervello ti funzioni, Styles?» disse, poi, tornando a guardarlo.
Harry ridacchiò, prima di sedersi accanto a lui. «Anche a te è piaciuta la parte in cui sono rinchiusi in quello scantinato con lo zombie e cercano di addomesticarlo? Non riuscivo a contenere le risate, giuro!» parlò in confidenza.
Ora, Louis aveva amato quella parte. E, sì, anche lui aveva riso tantissimo; talmente tanto che al riaffiorare del ricordo, un mezzo sorriso gli scappò dal suo razionale contegno. Harry non se lo fece scappare: «E poi quando stanno per finire ammazzati da una mandria ed è proprio quello zombie addomesticato a salvarli? Un’idea molto romantica, non trovi?»
A Louis, poi, faceva piacere parlare e commentare il fumetto con Harry. Sul serio, gli piaceva da matti. Ma proprio non riusciva a dimostrarlo con chiarezza. Mugugnò mezze parole e fece un’altra alzata di spalle. «Sì, beh, anche troppo romantica. Avrei preferito una bella scena di combattimento. Insomma, loro che uccidono tutti gli zombie. Non uno zombie che li salva da altri zombie. Non ha senso…» però mi è piaciuto. Un po’ come Harry per Louis: era un mezzosangue, Grifondoro e fastidiosamente irritante, però gli piaceva.
E sì, anche un po’ come Louis per Harry: arrogante, ottuso, schifosamente controllato, però gli piaceva.
«Ma come no! Certo che ha senso. Non mi stupisce che uno come te non abbia capito il messaggio di questa scelta» disse Harry, negando col capo guardando verso il basso. Louis voltò il viso e lo fissò con le sopracciglia aggrottate. «E di grazia cos’è che uno come me non ha capito?» domandò indispettito.
Fu senza parole quando Harry, con disinvoltura, lo guardò sorridendo per rispondergli: «Che ci si può aspettare il meglio da qualsiasi tipo di essere vivente, quando a questo gli si mostra un po’ di gentilezza».
Un «pft» fu la risposta di Louis. «Dimentichi una cosa, ranocchio» Harry lo guardò aspettando che continuasse senza che gli chiedesse esplicitamente che cosa stesse dimenticando. Infatti, Louis parlò poco dopo: «Gli zombie non sono classificabili come esseri viventi. Al massimo come morti viventi, ovvero tutto ciò che la Magia Oscura sa fare meglio, hai presente gli Inferi? E converrai da te che la Magia Oscura è il male». Si sentì soddisfatto della sua risposta ragionata. E si sentì ancor più soddisfatto, quando Harry, piuttosto pensieroso, finì per annuire; nonostante non sapesse cosa fossero gli Inferi, immaginò dalla conversazione cosa potessero essere e non gli piacque affatto l’idea che nel mondo magico esistessero davvero degli esseri facilmente riassociabili agli zombie.
«Tieni» parlò nuovamente il Serpeverde, passandogli il fumetto. «Ne hai altri?»
Harry annuì silenziosamente, di nuovo, forse stava ancora pensando alle parole dell’altro quando gli passò altri due volumi.
«Grazie» si fece uscire dalla bocca, Louis, che subito si morse il labbro guardando il Grifondoro.
Harry annuì, probabilmente ancora sovrappensiero per accorgersi del momento profetico in cui Louis lo aveva gentilmente ringraziato, e il Serpeverde poté così sospirare di sollievo e poi tossicchiare imbarazzato.
«Che c’è? Ti ha turbato qualcosa?» domandò, infine, incuriosito.
«Mi piace commentarli con te. Mi fai- vedere altre prospettive» disse sinceramente Harry, alzando gli occhi verdi per incrociarli con i quelli di Louis: Harry sembrava terrificato da quella ammissione. Louis invece fu sorpreso e trattenne il fiato, per poco, prima di ridere un po’ meccanicamente. Perché anche a lui piaceva, per gli stessi motivi. Ed era davvero terrificante.
«Capisco il turbamento!» disse ironico, ridendo. «Ma è normale, la mia saggezza colpisce anche gli esseri più ottusi» si pavoneggiò ironicamente.
Harry lo guardò ancora per un breve attimo, prima di sospirare alzando gli occhi al cielo. «Sbruffone» disse, alzandosi.
Louis si allarmò, alzandosi anche lui di scatto. Harry se ne andava? Di già?
«Vai via?» e dopo il “grazie”, con quella domanda pregna di disperazione toccò precipitosamente il fondo. Louis si vergognò, mentre Harry si voltava a guardarlo scompigliandosi i capelli. «Sì, devo- devo prepararmi. Stasera ho- una cosa da fare. Sai, è Halloween e alcuni ragazzi hanno organizzato una- cosa…»
«Nella Foresta Proibita?» il tono preoccupato di Louis destò tutta l’incertezza con cui Harry gli aveva spiegato i suoi programmi. Accigliato, replicò: «Tu che ne sai?»
Louis negò senza guardarlo in viso, dondolando sui propri piedi. «Non importa come lo so, importa che non ci devi andare» suonò perentorio. Fin troppo.
Harry si indispettì ulteriormente. «Stai cercando di proibirmelo oppure il tuo è un consiglio?»
Louis sbuffò seccato. Quante cazzo di domande. Harry doveva dirgli soltanto una cosa: ovvero che non sarebbe andato. «Che cazzo te ne frega quali sono le mie intenzioni, tu non andare e basta!» esclamò.
Harry lo fissò, prima scioccato, divertito in modo molto incredulo. «Non credo siano affari tuoi. Lo so come la pensate, voi, su questo tipo di festività babbane – Harry sorrise negando ancora, come a volersi dare dello sciocco. Louis capì solo quando proseguì – E io che ti stavo per invitare… In ogni caso, lascia perdere. Non sei nessuno per impedirmi di fare ciò che voglio. E se questo offende la tua persona, beh, problemi tuoi!» lo rimbeccò piccato.
Louis stava per rispondergli, questa volta urlando, perché finivano sempre col chiudere quel tipo di incontri con la sua voce stridula che urlava alle spalle di Harry, ma alla fine rimase in silenzio, mentre lo guardava andare via.
Il perché è molto semplice. Ciò che gli avrebbe detto sarebbe potuto sembrare molto più compromettente del grazie che gli era uscito fuori senza pensare. E non per le parole che avrebbe detto, ma perché questa volta erano pensate con criterio e preoccupazione.
Perché, appunto, «è pericoloso e non voglio ti accada nulla» era troppo da dire, ad alta voce. Così Louis rimase in silenzio e lo guardò sparire, prima di sdraiarsi nuovamente in una delle barche, dove era certo avrebbe passato la serata di Halloween.
 
 
Harry era stato invitato da due ragazzi di Grifondoro del sesto anno, e per questo si sentiva lusingato. Ignaro della neonata tradizione a Hogwarts pensava fosse un modo meraviglioso per festeggiare Halloween.
Quella festa, in realtà, non gli era mai piaciuta tantissimo. Trovava disgustoso il pensiero di divertirsi spaventando la gente. Non che fosse diventato un ipocrita, oltre che un mago, ma l’idea di avventurarsi nella Foresta Proibita andava direttamente a solleticare la sua curiosità maniacale. L’unico pensiero fastidioso e martellante che gli rimbombava per la testa, mentre si preparava, era la voce di Louis che gli intimava di non avventurarsi per la Foresta Proibita. Si sentì un grande idiota, nuovamente, quando pensò di aver perfino voluto invitarlo ad unirsi a lui. «Pfff» sbuffò guardandosi per l’ultima volta allo specchio ed eliminando ogni cattivo pensiero che poteva influenzargli l’umore. Uscì dai dormitori e poi dalla Sala Comune assieme a Niall, attenti entrambi a non imbattersi nel custode.
«L’anno scorso non ho potuto partecipare, Liam era un fifone e non me la sentivo di lasciarlo da solo. Ma quest’anno al diavolo lui, sarà sicuramente un’esperienza pazzesca!» gli aveva detto Niall, sottovoce ma con entusiasmo, mentre uscivano dal castello in direzione dell’ormai quasi inesistente capanna del guardiacaccia di Hogwarts, dove era stato organizzato l’appuntamento.
«Di chi era questa casa?» domandò Harry, guardandola illuminata dal bagliore delle stelle e della luna piena.
Niall si voltò di spalle per capire di cosa stesse parlando e lo guardò con cipiglio: «Di Hagrid, il guardiacaccia ed ex professore di Cura delle Creature Magiche. Non ne hai mai sentito parlare?» Harry ci pensò, aveva letto di un Hagrid ma non poteva credere che… «Hai mai letto la storia del famoso Harry Potter? Dovresti, eh, è stato un periodo fondamentale per il mondo magico…»
A Harry si illuminò lo sguardo. «Hagrid! Harry Potter!» perché sì, ne aveva sentito parlare però non in un comunissimo libro di storia.
«Sì! Il Salvatore del mondo, Harry. Di lui sai qualcosa, eh? E come potresti non saperne nulla…» commentò Niall, guardandosi attorno, impaziente.
Certo che aveva sentito parlare di Harry Potter, soltanto che… credeva fosse una storia di fantasia.
«I fumetti di Zayn, lì ho letto di loro, di Harry Potter! Sai, quelli che Zayn disegna e Liam scrive. Hai presente, no? Io pensavo fossero storie di fantasia…» farfugliò sovraeccitato. Erano i due volumetti che proprio quel giorno aveva passato a Louis.
«Oh Harry, a volte sembri cascare proprio dalle nuvole» lo beffò. «Comunque sì, sapevo di questo lavoro che stanno portando avanti. Se prima si limitavano a scrivere storie di fantasia, questi ultimi sono un progetto ideato da Zayn. Sai, per invogliare gli studenti ad appassionarsi sia alla storia sia al mondo dei fumetti. Soltanto che Liam non si sente ancora pronto a… condividere.» Niall fece spallucce. «Ma stiamo già lavorando sodo ad un’opera di convincimento. Prima o poi ce la faremo».
«Quindi è tutto vero… I genitori morti, i Dursley, Voldemort… il basilisco!» dal tono sembrava profondamente sorpreso.
Niall annuì. «E il bello devi ancora scoprirlo! I miei preferiti sono i Malandrini» commentò, lui, che sapeva tutta la storia grazie all’antologia che i suoi genitori gli avevano regalato per il suo decimo compleanno. Harry, invece, conosceva soltanto i primi due anni in cui Harry Potter aveva frequentato Hogwarts, perciò: «NON SPOILERARMI!» urlò, tappandosi le orecchie. Niall alzò le mani e ridacchiando gli promise che non avrebbe aggiunto nient’altro.
«Ma a proposito, Harry, da che ti sei travestito? È da quando ti ho visto che sto cercando di capirlo…».
«Sono Jack Skeletron!» rispose, pensando che fosse piuttosto semplice da intuire. Il sopracciglio alzato dell’irlandese, però, gli confutò la sua convinzione, ricordandogli che era il protagonista di un cartone animato babbano.
«Uno scheletro, semplicemente uno scheletro!» biascicò deluso. Niall si illuminò e annuì «ma certo! Uno scheletro animato da qualche fattura! Geniale, Harry! Davvero spaventoso. E il mio? Ti piace?»
Harry annuì, poco convinto di sapere che cosa fosse.
«Non sai che cosa sono, vero?» lo pungolò divertito. Harry annuì, imbarazzato, lasciando a Niall un momento di ilarità.
«Sono un folletto della Cornovaglia, sono creature terribilmente fastidiose. Si divertono a creare scompiglio e fare scherzetti di ogni genere. Una vera tortura, se ti capita di averci a che fare!» gli spiegò.
Harry si vergognò ulteriormente, mentre si rimproverava del fatto che la prossima volta avrebbe dovuto pensare come un mago e non come un babbano, cosa che gli capitava di fare senza nemmeno rendersene conto.
I ragazzi che lo avevano invitato a quella festa si presentarono poco più tardi. Loro, che nel frattempo si erano nascosti dietro le enormi zucche, si fecero avanti unendosi al gruppetto che li accompagnava. C’erano ragazzi di tutte le case e in totale non arrivavano nemmeno a una trentina di persone. Harry si sentì felice di poter far parte di quella combriccola, perché per la prima volta da quando aveva messo piedi a Hogwarts, si sentiva partecipe in una comitiva di maghi.
I due ragazzi del sesto anno vestiti con eleganti abiti e una parrucca rossa in testa iniziarono a spiegare quale sarebbe stata l’avventura alla quale tutti avrebbero partecipato quella notte.
«Dentro la Foresta Proibita ci sono innumerevoli avventure che vi attendono. Oggi è Halloween e la leggenda ci ricorda che in questa notte tutto è possibile, anche incontrare il mostro che tramuta in incubi i vostri sogni. Se siete abbastanza coraggiosi da affrontare voi stessi e i vostri limiti, entrate e andate alla ricerca di quanto troverete scritto nelle pergamene che il mio amico vi sta consegnando! Se credete di non poterlo fare, abbandonate fin da adesso, se arrivate ad un punto e volete tornare indietro seguite la mappa sulla pergamena oppure lanciate un segnale d’aiuto con la vostra bacchetta, verremo a prendervi.
Lo scopo di questa avventura mostruosa è di decifrare il messaggio e trovare il tesoro nascosto. Nessuno, prima d’ora, ci è mai riuscito: al fortunato mago, quindi, aspetta la gloria per il coraggio dimostrato!
Io e James vi auguriamo un terrificante Halloween. La Foresta Proibita è tutta vostra!» concluse, mentre entrambi si prostravano alla comitiva in un buffo inchino. «Sono travestiti da Fred e George Weasley. I fratelli gemelli di Ron, geniale!» gli sussurrò Niall, come se non potesse trattenersi dal dirlo. Harry li guardò estasiato, mentre parlavano animatamente assieme ad altri ragazzi, e poi subito un po’ rammaricato che non riuscisse a capire da sé tutti quei dettagli così affascinanti.
«Senti, Harry, ti va di avventurarci assieme? Così magari in due sarà più divertente». Harry sospettò che Niall glielo stesse chiedendo per motivi diversi dal divertimento che avrebbero trovato nella foresta, ma in ogni caso si ritrovò ad annuire, mentre «Lumos» ottenuta un po’ di luce dalle loro bacchette, attraversavano la strada serpeggiante che conduceva direttamente nel buio pesto e temibile nel quale chissà quali avventure avrebbero avuto modo di vivere.
 
 
Lo scoprirono quando ormai erano nel cuore della foresta, che la mappa era decisamente troppo approssimativa e che se si fossero persi, ritrovare la strada per il castello sarebbe stato ben più complicato. Per questo motivo, Harry aveva consigliato a Niall di lasciare dei segni sugli alberi  in modo tale da poter ritrovare la strada grazie ad essi.
«Come ti è venuto in mente una cosa così geniale? Giuro, io non ci avrei mai pensato…». Harry evitò di spiegargli che l’idea era venuta direttamente da un libro di fiabe che la mamma gli aveva letto fino a pochi anni prima e si prese il complimento immeritato, restando in silenzio.
Fino ad allora non avevano che udito strani rumori, capaci di farli saltare sui propri posti e guardarsi alle spalle vigili e guardinghi. Harry confermò che l’idea di Halloween non gli piaceva un granché, ma per tutti i galeoni della Gringott se si stava divertendo da pazzi!
Niall non sembrava pensarla come lui, più agitato e preoccupato che le cose potessero mettersi male. «Harry, promettimi una cosa» gli disse ad un certo punto, con sguardo serio. Harry annuì impercettibilmente.
«Liam non dovrà assolutamente sapere che rimpiango di non avergli dato ascolto. Prometti?»
Harry sorrise, intenerito, per poi annuire accondiscendente. «Te lo prometto, Niall. Ma se vuoi tornare indietro, possiamo-»
«No, no. Finché siamo insieme va- va tutto bene. Decifriamo il messaggio, diventiamo famosi e usciamo da questa fottuta foresta!» esclamò con ironia. Harry annuì nuovamente, scambiando la pergamena della mappa con quella del messaggio.
Era un foglio completamente bianco. «Non c’è scritto nulla» disse. Niall guardò la pergamena e poi fece una smorfia.
«Dannazione, lo sapevo. È sicuramente stregato. E ora che si fa?» dopo quella domanda, seguì un ululato alle loro spalle. Soltanto pochi esseri viventi erano capaci di riprodurre quel suono e i due, al solo pensiero, rabbrividirono sgranando gli occhi.
«Okay, Niall, rifletti» disse Harry. Niall fece un’altra smorfia: «Cazzo, sono pessimo in questo. Liam, Liam è quello che riflette, di solito. Pure troppo. Oh quanto vorrei che fosse qui… anzi no, sai come frignerebbe di paura se fosse qui?» cincischiò il Grifondoro. Harry guardò la pergamena, cercando di fare mente locale.
«Un incantesimo, un incantesimo che consente di annullare qualunque tipo di stregoneria, no? Dovrebbe funzionare!» spiegò.
Niall si illuminò. «Ce l’ho! – disse tirando fuori la bacchetta – finite incantatem»  esclamò con veemenza.
«Ecco, ecco! Appare qualcosa!» disse Harry, prima di leggere l’unica riga di parole che uscì fuori:
 
Ti piace vincere facile?
 
Grugnirono di insoddisfazione, mentre una folata di vento li impietrì di freddo. Si misero dietro una quercia, completamente congelati e mentre tremavano, grugnirono ancora di malcelata insofferenza.
«Forse hanno usato dell’inchiostro simpatico?» convenne Niall che, impugnata la bacchetta, ritentò: «Aparecium».
 
Ti credi simpatico? Perché non lo sei, così come non lo è questo inchiostro.
 
Niall maledì quel foglio come se fosse un essere pensante per poi dare le spalle a Harry e iniziare calciare sassi alla rinfusa.
«Il diario di Tom Riddle!» esclamò Harry, pochi secondi dopo. «Una piuma d’oca! Mi serve qualcosa per scrivere… dovrei averla nello zaino» iniziò a parlare. Niall si voltò a guardarlo pensieroso. «Davvero credi che siano- nah, è impossibile. E poi perché giri con una piuma e il calamaio nello zaino, Harry?»
Harry lo ignorò, mentre si sedeva a terra alla ricerca di tutto ciò che gli serviva. Qualche secondo dopo, con le ginocchia piegate verso di sé, Harry esitò guardando Niall che lo fissava incerto. «Che scrivo?»
«Non ne ho idea, prova con un saluto».
Harry si accigliò. Niall si giustificò subito: «Magari per ottenere il messaggio bisogna essere amichevoli ed educati. Che ne sai?»
Harry annuì dopo aver fatto spallucce. D’altronde non era del tutto assurdo.
Scrisse semplicemente “Ciao” e, come aveva letto e visto disegnato nel secondo dei fumetti che Zayn gli aveva dato su Harry Potter, quella breve parola scomparve come assorbita dalla pergamena stessa, per poi essere sostituita da un’altra frase:
 
Ciao a te, che ne dici di saltare i convenevoli e andare dritto al dunque?
 
La frase scomparve subito dopo che Harry finì di leggerla, solo per sostituirsi a quello che sembrò un vero e proprio paragrafo. «Sta funzionando!» urlò Niall.
 
 
Unicorno
Classificazione M.D.M.: XXXX
L’Unicorno è una bella bestia che si può trovare nelle foreste del Nord Europa. È un cavallo dotato di un corno, col manto e la criniera di un bianco immacolato quando è adulto, anche se i puledri all’inizio sono d’oro e diventano d’argento prima di raggiungere la maturità.
Il corno, il sangue e il pelo dell’Unicorno possiedono tutti proprietà altamente magiche.
Esso in genera evita il contatto umano, è più probabile che consenta a una strega che a un mago di avvicinarlo, ed è così veloce nella corsa che è molto difficile da catturare.

 
9 1 10 11
-1 25 -39

 
Se il messaggio decifrerai,
e il tesoro otterrai
di fama e gloria ricompensato sarai
 
Quello restò indelebile, in modo tale che Harry poté leggerlo più volte prima di passarlo a Niall.
«Questa è una citazione del libro "Gli Animali fantastici: dove trovarli”, ma perché l’Unicorno? E perché questi numeri?»
Harry ipotizzò la cosa più ovvia: «è l’Unicorno che dobbiamo cercare. Il fatto è che non penso che vogliano che gli portiamo un Unicorno, ma qualcosa dell’Unicorno. E quel qualcosa è decifrato con quei numeri… prova a pensare se è qualche tipo di linguaggio vostro, fra maghi», ma Niall negò subito, dandogli indietro nuovamente il foglio. «Guarda che sei mago pure tu, Harry» lo ammonì. Harry non rispose. Un altro ululato turbò il loro silenzio.
«Fa troppo freddo, senti, io mi sono stancato. Che ne dici se torniamo al castello? C’è ancora la festa di Nick-quasi-senza-testa se ci sbrighiamo. Almeno lì l’aria è spettrale per un buon motivo!» affermò Niall, ormai incapace di fingere di essere apparentemente tranquillo in quei luoghi angusti.
Harry sospirò. Non poteva fare granché, oramai. Continuare da solo, sarebbe stato inutile e nemmeno gli andava; anche se l’idea di abbandonare a metà quell’avventura la viveva come una profonda delusione. Si alzò, quindi, e annuì al ragazzo, prima di sentire dei rumori giungere dietro l’albero secolare su cui si erano fermati.
Niall gli si avvicinò, completamente pietrificato all’idea che un mostro gli apparisse davanti per sbranarlo. Harry, invece, aguzzò lo sguardo aspettandosi di tutto ma senza il vero e proprio timore di star per incappare nei pericoli che la Foresta Oscura sembrava custodire come una madre affettuosa.
Venne fuori un esemplare, mediamente grande rispetto alla norma, di Acromantula, un enorme ragno con otto occhi e dalla fitta peluria nera che gli ricopriva tutto il robusto corpo. Niall saltò all’indietro, urlando di terrore, mentre Harry sgranava gli occhi di fronte all’ennesima prova che il mondo magico gli aveva appena fornito: «Così anche Aragog era vero, eh?» disse, mentre insieme indietreggiavano. I gemiti lugubri del ragno ruppero il silenzio che li aveva circondati fino ad ora. Poi, l’Acromantula parlò: «Aragog? Chi osa parlare del mio trisavolo? Chiiiiiiiiiiiii
Niall mugugnò il suo nome: «Har-ry» mentre quest’ultimo si guardava attorno, cercando una via per filarsela di lì. «Har-ry, andiamo via».
«Harry? Sei quel Harry?» disse ancora il ragno. «Il mio trisavolo avrebbe tanto voluto mangiarti, Harry. Sarà felice, quiiindi, se sarò io a faaaarlo» lo minacciò il ragno, mentre le pinze incominciavano eccitate a fare uno strano ticchettio. O per lo meno, questo sentirono entrambi i Grifondoro, prima di mettersi a correre il più velocemente possibile.
Il ragno, subito dietro di loro, non dava segni di cedimento. Probabilmente, certo di avere a che fare col famoso Harry Potter non vedeva l’ora di farlo come sua preda e magari deliziarsi come contorno con il più magrolino.
«Niall! Dobbiamo dividerci e raggiungere separatamente il castello, così uno di noi sarà salvo dalla bestia!» gli urlò Harry, stranamente ragionevole. Niall si guardò indietro, con gli occhi blu completamente disperati. L’Acromantula era sempre più vicina.
«D’accordo! Harry: Arania Exumai. È l’incantesimo nel caso in cui… è contro i ragni! Arania Exumai, ricordatelo!» gli rispose urlando Niall, infine, prima di dividere le loro strade.
Come era ovvio che accadesse, il propropropropro nipote di Aragog seguì Harry, che senza poter confrontare la mappa, correva a perdifiato per la foresta senza una vera e propria direzione.
Allo stremo delle forze, Harry tentò disperatamente di non rallentare. Tuttavia la sfiga gli giocò un brutto scherzo e proprio quando era riuscito a prendere un po’ di distanza dal mostro, inciampò rotolando su se stesso. Quando si rese conto di ciò che era successo, fu troppo tardi. Il ragno lo aveva raggiunto e rallentato la sua corsa, certo che ormai aveva fatto sua quella che sarebbe ben presto diventata la sua cena. Il ticchettio delle pinze diede a Harry monito di essere ormai spacciato. Tentò l’ultima, cercando la sua bacchetta nella tasca del mantello, ma questa forse doveva essergli caduta quando era rotolato, cadendo a terra.
In quel momento, perciò, Harry provò veramente cosa fosse la paura. Indietreggiò aiutandosi con le mani e con i piedi, fino a quando non toccò con la nuca la corteccia di un albero.
«Questa corsa non ti ha fatto perdere questa deliziosa carne mhhhhh» parlò quando ormai era così vicino da poterlo fare suo con un solo scatto in avanti. Harry lo guardò con astio, mentre dentro di sé soccombeva alla paura. Tirò qualche calcio alla bestia che, da parte sua, evitò facilmente scansandosi. «che io ora mi gusterò lentamente, sììììì-»
«ARANIA EXUMAI» sentì Harry, prima di essere completamente accecato da un fiotto di luce che uccise l’Acromantula imparentata col buon vecchio Aragog.
Harry credette fino all’ultimo che colui che era venuto in suo soccorso, salvandogli la vita, fosse Niall, tornato indietro per cercarlo, ma quando Harry aprì gli occhi, nell’oscurità della foresta proibita, non vide il Grifondoro, suo compagno di avventura per quella notte, bensì l’unico tra i tanti studenti che mai si sarebbe aspettato di vedere lì.
«Lumos» disse il suo Salvatore, togliendogli tutti i dubbi ma non la sua incredulità. E non perché fosse un Serpeverde e in quanto tale gli aveva appena salvato la vita. Ma perché, semplicemente, si trattava di Louis Tomlinson.
Harry guardò l’Acromantula stesa su un fianco, con le zampe all’aria, priva di vita, per poter metabolizzare quanto gli fosse appena accaduto.
«Te l’avevo detto che non ci dovevi entrare in questa maledetta foresta!» lo rimproverò Louis, offrendogli una mano per alzarlo e che Harry afferrò senza opporre resistenza. In piedi, di fronte al Serpeverde che gli offriva la sua bacchetta trovata chissà dove, domandò «Tu?» piuttosto incredulo.
«Già. Io. E non fare tanto il sorpreso, perché se aspettavi l’amico tuo, a quest’ora eri già diventato la sua cena – disse indicandogli l’Acromantula – l’ho incrociato mentre se la dava a gambe e per fortuna che- che cazzo fai?» sbottò, durante la spiegazione.
Harry l’aveva abbracciato d’impeto cogliendolo impreparato a reagire di conseguenza.
«Sta zitto e non farmene pentire.» lo ammonì, soffiandogli sul collo. Louis rabbrividì con gli occhi leggermente sgranati.
«Mi hai salvato la vita, è il mio riconoscimento» gli spiegò semplicemente. Solo a quel punto Louis tentò di scansarlo con un palmo della mano aperto sul petto, ma Harry strinse ancora più forte, divertito dal modo restio con cui l’altro affrontava quel tipo di ringraziamento. In realtà, Louis stava rabbrividendo a causa di un calore improvviso, ma se qualcuno glielo avesse chiesto, sì, quella sera faceva un freddo cane.
Alla fine, però, Louis sospirò abbandonando la propria mano lungo i fianchi e facendosi abbracciare. «Forse era meglio se avessi parteggiato per il ragno».
 
 
Quando si misero in cammino verso il castello, fu abbastanza imbarazzate per il silenzio che calò tra i due. Harry, nonostante l’abbraccio che gli aveva dato istintivamente, era piuttosto confuso. E quando gli capitava di esserlo, difficilmente riusciva a vivere col dubbio. Così, mentre Louis guardava la mappa che gli aveva da poco strappato dalle mani per orientarsi in tutta quella oscurità, «mi era sembrato di capire che non fossi il tipo di persona da mettere piede nella Foresta Proibita…» sbottò, guardandogli il profilo del viso chino sulla pergamena.
Louis sembrò di proposito evitare i suoi occhi, fingendosi concentrato.
«Louis?» lo chiamò Harry.
«Che c’è? Sto cercando di capire dove cazzo siamo per tornare prima al castello, aiutami invece di perdere tempo in chiacchiere».
Harry sospirò, guardandosi attorno. «Scusa, basta che ti ricordi la strada che hai fatto per raggiungermi e la ripercorriamo» affermò. Louis lo guardò prima di alzare gli occhi al cielo. No, proprio non poteva dirglielo che li aveva seguiti per tutto il tempo e che, come lui, aveva perso l’orientamento lungo la corsa.
«Ero troppo preso dal correre per venire a salvarti il culo, per prendere nota di dove stessi andando, ranocchio» gli sputò contro, fermandosi. Girò la mappa per accertarsi che non ci fossero altre note da poter usare per orientarsi, quando vide il messaggio decifrato.
«Oh sì, quello non è niente… è il messaggio che ti danno all’inizio per-» tentò di giustificarsi il Grifondoro, ma Louis lo interruppe con un secco: «So cos’è».
Harry lo guardò attentamente, mentre l’idea di un Louis al primo anno che partecipava a quell’avventura gli affiorava alla mente. «Ma certo…» esclamò il Grifondoro. «Come ho fatto a non pensarci? Ecco perché non volevi che andassi nella Foresta Proibita, ti hanno invitato anche a te, al primo anno, vero? Ti promettono fama e gloria, avrai accettato di sicuro!» sentenziò, sotto lo sguardo torvo di Louis.
«Quando invitarono me la pergamena era bianca, incantata in qualche modo…Vi hanno semplificato il gioco» bofonchiò.
«Lo era anche la nostra» lo corresse.
Louis lo guardò scettico: «Vuol dire che siete riusciti a- non ci credo. Come?» a Harry sembrò veramente curioso, perciò sorrise bonario.
«All’inizio pensavamo fosse inchiostro simpatico, ma in realtà… Hai presente il diario di Tom Riddle?» domandò Harry, certo che l’altro conoscesse piuttosto bene la storia di Voldemort. Infatti, Louis annuì.
«Mi stai dicendo che bisognava semplicemente scrivere sulla pergamena?» Harry annuì. Louis sbuffò spazientito, lo sguardo vitreo, perso in ricordi di un passato che erano ancora in grado di terrorizzarlo. Lui, in quella Foresta Proibita, non si era imbattuto in un ragno. Non si era imbattuto in nulla, in realtà, ma al primo rumore molesto, il Serpeverde se l’era data a gambe verso il castello. Da quel dì, in realtà, era nato il suo odio per i Grifondoro.
«Ma comunque è venuto fuori questo messaggio cifrato e io e Niall avevamo deciso di lasciar perdere e tornarcene al castello, quando abbiamo incontrato il propropropro nipote di Aragog»
Louis guardò il foglio e lesse velocemente, mentre Harry lo convinceva di quanto fosse impossibile decifrarlo. Fu interrotto a metà quando Louis «i numeri corrispondono alle parole del paragrafo, non è difficile. Dice: Trovare l’unicorno nelle foreste. Catturare criniera dell’Unicorno. Adattandolo, significa che-»
«Il tesoro è la criniera dell’Unicorno» concluse Harry, per lui.
«Geniale!» esclamò dopo.
«Grazie» rispose Louis con un ghigno divertito.
Si guardarono negli occhi per una manciata di secondi, specchiandosi come a volersi incoraggiare reciprocamente. Quando il verde smeraldo delle iridi di Harry aveva quasi fuso le stalattiti azzurre di Louis, entrambi si ridestarono: «Scordatelo, ranocchio» protestò Louis, come se in quel silenzio si fossero scambiati altre parole, ricominciando a camminare impettito in una direzione presa a casaccio. «Lo so a cosa stai pensando, ma te lo scordi!»
Harry lo guardò sculettare, prima di sospirare e seguirlo mogio e sconsolato. «Detesto lasciare le cose a metà» borbottò mestamente.
«Mettiti l’anima in pace. Io il culo non te lo salvo una seconda volta…»
Harry non obiettò, seguendolo in silenzio, forse pensando a qualcosa. Espose i suoi pensieri, qualche minuto dopo: «Giusto per sapere, per ben due volte hai specificato che mi hai salvato il culo… ma è un modo per dirmi che sei particolarmente affezionato alle mie chiappe o…» lo prese in giro. E ci aveva dovuto pensare, per quella battuta.
Louis si fermò, per guardarlo esterrefatto. Stava per dedicargli l’offesa del secolo, come augurargli di imbattersi in un ippogrifo in calore - ve l'avevo detto che ci stava lavorando sulle offese! - quando sentì un essere molesto passeggiargli tra le gambe, il quale lo fece sia saltare sul posto sia urlare istericamente: «AHHHHHHHHHHHH».
L’essere, una specie di gatto, saltò dallo spavento addosso a Harry che di slancio lo prese fra le mani.
«CHE COSA è? HARRY MOLLALO, PUò ESSERE PERICOLOSO!» urlò il Serpeverde.
«Ma ciao micino» lo salutò il Grifondoro.
Ovviamente, non si trattava di un gatto. La piccola creature aveva un pelo maculato, orecchie molto grandi e una coda di leone. Harry lo rimise a terra e permise tranquillamente alla bestiolina di fargli le fusa.
«Mi domando come sia possibile che tu mi abbia salvato il culo, se poi sei un tale fifone… è innocuo, guardalo» gli disse.
Louis si riavvicinò lentamente, con aria diffidente e si piantonò a qualche metro di distanza quando la bestiolina gli riservò una specie di ringhio sottomesso. Lo indicò per mostrarlo a Harry con tanto di «ti sembra innocuo?» domanda isterica.
«Lo hai rifiutato. Ti comporti nello stesso modo, tu, quando vieni offeso» lo pungolò Harry.
Louis soffiò diffidente, tornando a guardare la mappa, ignorandoli bellamente e dando modo così a Harry di sogghignare sotto i baffi per la dimostrazione di quanto gli aveva appena detto.
«Credo che la direzione giusta sia quella» gli indicò Louis, poco dopo. Harry si fidò senza troppi problemi e dopo aver salutato con una carezza la bestiola felina «ciao micino» disse e lo seguì.
Camminarono senza dirsi nulla per un po’ e si resero conto di essere seguiti soltanto quando a Louis, optando per un sentiero a Ovest, fu sbarrata la strada dalla creatura magica che pensavano di essersi lasciati alle spalle.
Louis le parlò come se essa fosse capace di favella. «Che vuoi? Spostati di mezzo, bestia!»
La creatura gli soffiò indispettita prima di avvicinarsi a Harry per passargli tra le gambe e indicargli un sentiero a Est.
«Credo voglia indicarci la strada per Hogwarts, sai?» tentò Harry, seguendola d’istinto.
«E cosa te lo dice che sappia dov’è? HARRY! Non vorrai seguirla?!» le corde vocali di Louis rasentarono l’ultrasuono. Harry si voltò a guardarlo e, con molta semplicità, annuì: «mi fido più di lei che di quella mappa, onestamente».
Louis lo guardò mentre gli dava le spalle, immobilizzato dal modo tanto semplice con cui quel Grifondoro affidasse la sua fiducia agli altri.
«Beh, fa come ti pare. Io-» iniziò ad urlargli, livido di risentimento. Harry alzò un braccio e «sì, sì, non mi salverai il culo un’altra volta» tagliò corto. Si girò poco prima di sparire nel buio: «Allora? Non me lo salverai di nuovo, ma almeno hai intenzione di seguirlo o vuoi restartene lì impalato come un idiota?» gli domandò, arrestandosi. Anche la bestiolina si fermò per attenderli.
Louis guardò ancora il sentiero che aveva scelto, mentre mugugnava infastidito mille maledizioni. Con uno scatto nervoso, alla fine, raggiunse Harry e insieme ripresero a camminare seguendo la creatura.
Diedero fiducia ad un essere che nemmeno erano in grado di classificare. Ma quella bestia felina, venuta dal cielo come la manna, altro non era che un Kneazle, un esemplare molto comune in tutta la Gran Bretagna, molto intelligente nel capire di chi fidarsi e di chi diffidare e in grado di guidare, chi come loro, avevano perso la strada di casa.
Ci impiegarono un po’ e molte erano state le minacce di Louis, lungo il cammino. L’ultima, prima di scorgere le torri del castello di Hogwarts, fu: «Se finiamo nella bocca della mamma di questa bestia, torno a perseguitarti per l’eternità sottoforma di fantasma. Lo giuro, Styles».
Forse per questo motivo, quando furono nei pressi di Hogwarts, Harry dedicò qualche minuto buono per ringraziare il Kneazle.
Difatti, l’idea di un Louis spettrale a tormentargli l’esistenza era quanto di più terrificante potesse aspettarsi da Halloween.
 
 
Novembre fu il mese del Quidditch. Con il giungere del primo week-end, si ebbe la prima partita di Grifondoro contro Serpeverde. Un confronto che riaccese gli animi da nemesi dei due nostri protagonisti.
Harry non lo aveva saputo fino a quel momento, ma quando si ritrovò la realtà dei fatti davanti, non ne fu del tutto sorpreso.
Perché era abbastanza ovvio che Louis Tomlinson facesse parte della squadra di Quidditch di Serpeverde, in che ruolo ci impiegò diverso tempo a capirlo durante la partita. Fino a quel momento aveva appreso le regole di quel gioco attraverso le poche lezioni di Volo che aveva fatto con la professoressa Bumb e messo in conto il fatto che difficilmente sarebbe potuto entrare nella squadra di Grifondoro, considerate le sue scarse qualità fisiche. Ma il ruolo che più l’aveva colpito, e che poi scoprì essere esattamente quello del Serpeverde, era proprio quello di Cercatore.
Non per chissà quali motivi, come ad esempio perché fosse il ruolo che definiva nel bene o nel male il risultato di una partita, bensì perché trovava il boccino d’oro veramente delizioso, con le sue piccole ali, e affascinante nel suo svolazzare indisturbato fino a quando colui che aveva il compito di acciuffarlo non lo trovava, iniziando a dargli la caccia.
Per Harry, vedere Louis su una scopa fu una vera sorpresa. Tifare per la sua squadra fu più semplice che mai, anche se il più delle volte, doveva proprio ammetterlo, aveva prestato attenzione più alle azioni dell’unico Serpeverde che conosceva che alla squadra della sua Casata.
Niall, accanto a lui – che dopo la notte di Halloween gli aveva chiesto scusa innumerevoli volte per non essere tornato indietro a cercarlo – urlava come un pazzo, incitando il Grifondoro e maledicendo, come se la sola intenzione potesse funzionare come fattura – la squadra di Serpeverde, che dopo un’ora di partita era in svantaggio. 
«Il nostro cercatore forse ha intravisto il boccino! GUARDATE!» urlò Niall, indicandogli la ragazza che, per l’appunto, scivolava verso il basso all’inseguimento di un esserino che, da così lontano, era impossibile distinguere. Anche perché pioveva, e la difficoltà era amplificata rispetto al solito.
Harry, però, lo vide perfettamente Louis Tomlinson seguire in picchiata la Cercatrice di Grifondoro e spintonarla ripetutamente, in corsa verso la cattura del Boccino d’oro. Tant’è che si ritrovò a urlare anche lui, come Niall sotto lo sguardo di un disperato Liam che, sì, quella domenica aveva proprio sbagliato a sedersi accanto a loro, piuttosto che optare per la tribuna dei Tassorosso.
Alla fine, la partita finì con Louis Tomlinson tronfio, a svolazzo per il campo da Quidditch con il boccino stretto tra le mani e la gloria della sua tribuna a riconoscergli il merito.
Non fu un buon segno, che la prima partita dell’anno vedesse il Serpeverde trionfare sul Grifondoro. Ma erano ancora agli inizi, tutto poteva cambiare.
 
 
Harry attese che la gente si spostasse verso il castello e che il campo da Quidditch si svuotasse prima di dirigersi verso gli spogliatoi. Rimase fuori, aspettando con dedita attenzione che la maggior parte dei ragazzi in squadra, sia di Grifondoro sia di Serpeverde, uscissero prima di intrufolarsi dentro. Non aveva un buon motivo per incontrare Louis, ma Harry non era quello fra i due che doveva scendere a patti con se stesso per accettare il legame che si era andato a instaurare con il Serpeverde.
Lo trovò con un asciugamano a coprire soltanto la parte del corpo al di sotto della vita, mentre cercava nel proprio armadietto chissà cosa.
Harry rimase affascinato dalla schiena ancora bagnata sulla quale alcune goccioline d’acqua se ne stavano brillanti a rendere quel corpo impossibile da non notare. Così, a braccia conserte, certo che non ci fosse rimasto nessun altro se non lui, tossicchiò destando l’attenzione del Serpeverde.
Louis, in risposta, scattò agile a puntargli la bacchetta – riposta nell’armadietto – contro. Questo poco prima che l’asciugamano gli scivolasse giù, denudandolo completamente.
A Harry scappò un’occhiata, lo ammise almeno a se stesso, ma subito alzò gli occhi al cielo, assieme alle mani in segno di resa.
Resa totale.
Louis, che aveva inquadrato Harry e abbassato la bacchetta un secondo prima che le grazie fossero ben esposte, «cazzo!» esclamò, quando l’asciugamano cadde a terra, affrettandosi a coprirsi alla bell’e meglio.
«Proprio quello» rispose canzonatorio Harry, ridacchiando mentre ancora guardava in alto.
«Cosa diavolo ci fai qui, ranocchio?» disse Louis, dandogli le spalle per nascondere il profondo imbarazzo che imporporavano le sue gote.
Harry abbassò gli occhi solo per notare quell’accenno di coccige rimasto esposto, alzando subito imbarazzato lo sguardo verso l’alto per osservare, tegola dopo tegola, il soffitto sopra di loro.
«Niente, volevo solo… congratularmi con te per la vittoria!» disse. Louis si voltò per indagare quanto fosse sincera quella scusa – stavolta tenendosi ben stretto l’asciugamano in vita.
Per quanto se ne potesse dubitare, Harry lo era, sincero. Riconosceva sia i meriti sia le ingiustizie e non aveva alcun problema ad ammetterlo.
«In realtà ti invidio un sacco, sai? Sai stare su quella scopa senza risultare impacciato o completamente inappropriato. In parole povere, nonostante tu abbia vinto contro la mia Casa, non posso fare a meno di riconoscere il tuo talento» gli spiegò, ancora una volta fin troppo innocentemente. Stava pur sempre parlando con Louis Tomlinson che, sì, nei suoi riguardi poteva essere cambiato un po’, ma non poi molto. Un ghigno, infatti, fu la sua risposta.
«Cosa vuoi, Styles?» gli domandò. Questa volta era il suo turno di dubitare delle intenzioni del Grifondoro. Harry evitò di girarci attorno e fu abbastanza spiazzato per questo.
Infatti, Harry sbuffò una risata per stemperare l’espressione sorpresa dipinta in viso e si grattò il capo, impacciato.
«Pensavo…» bofonchiò poco dopo un sospiro. In realtà non lo aveva pensato fino a quel momento, ma sembrò sincero a se stesso quando parlò ad alta voce, esplicitando le sue volontà: «Mi piacerebbe molto se tu mi aiutassi un po’ a sembrare meno imbranato sulla scopa, ecco… E prima che tu lo dica, sì, potrei chiederlo a qualcuno della mia casa e risulterebbe meno imbarazzante, ma io ti passo i fumetti e quindi penso che sia giusto che tu-» farfugliò animatamente agitando le mani, mentre Louis, a braccia conserte all’altezza del petto glabro, sogghignava divertito.
«Fammi capire, ranocchio, mi stai forse ricattando?» domandò beffardo. «Non credevo fosse nell’animo onesto del Grifondoro rinfacciare le cose per ottenere qualcosa» continuò a canzonarlo.
Harry sbuffò spazientito dai modi di fare dell’altro e «Smettila di gongolare e rispondimi».
Louis lo guardò con una strana luce negli occhi e un sorriso vispo, prima di dargli le spalle per cercare i propri abiti nell’armadietto. «ci devo pensare, ora vattene prima che ti veda qualcuno» rispose, congedandolo.
Quando Harry uscì dallo spogliatoio fu il minimo dire a se stesso che se ne fosse assolutamente pentito. Ma fu il massimo quando ormai nella sala comune, davanti al fuoco acceso, nell’atmosfera cupa e sconsolata per aver perso la partita creata dai suoi compagni di casata, capì di star agendo per motivi che ancora non aveva del tutto ammesso a se stesso. Perché seriamente sarebbe stato più semplice chiedere a qualcuno di Grifondoro, anche a Niall, ma Harry voleva Louis. Voleva che fosse il Serpeverde, anche a costo di pentirsene per tutti i giorni del suo avvenire.
Quel pensiero non gli fece chiudere occhio.
 
 
Novembre passò velocemente, tra una partita di Quidditch, le lezioni e gli incontri tra Harry e Louis sempre in luoghi fin troppo improbabili.
Harry non aveva ricevuto una risposta da Louis sull’aiutarlo a volare su una scopa e gli incontri si erano perlopiù svolti con una chiacchiera superficiale sui fumetti. E nulla più.
Harry, che aveva dovuto mettere in conto il suo inspiegabile interesse verso il Serpeverde, iniziava a vedere esattamente come stessero i fatti. A farli incontrare, a unirli, c’era solo il pretesto di quello scambio di fumetti. Senza di esso, probabilmente, non avrebbero avuto più scuse né necessità di incontrarsi. Per questo motivo non insistette molto sul chiedergli una mano. L’idea che ci fosse un’altra scusa fra loro lo innervosiva e, poi, era curioso di scoprire cosa sarebbe accaduto nel momento in cui lo scambio di fumetti fosse terminato.
Accadde due settimane prima di Natale. La McGranitt stava passando per la Sala Grande chiedendo agli alunni di scrivere il proprio nome sulla lista che portava di banco in banco, se per le vacanza natalizie fossero rimasti a Hogwarts.
Harry e Niall stavano giocando a scacchi, quando Louis si avvicinò quieto, con un’espressione indecifrabile. Harry si illuminò, una speranza accesa che si fosse sbagliato nel credere che qualsiasi cosa era ciò che li accomunava fosse semplicemente una scusa.
«Styles, il professor Lumacorno ti sta cercando. Ha chiesto che io ti accompagni personalmente» spiegò il Serpeverde, spegnendo tutto l’entusiasmo del primino.
Harry annuì, guardando sulla scacchiera. Toccava a lui muovere. «Cavallo in H3» bofonchiò mogio. Il Cavallo della scacchiera trotterellò da solo in posizione. Per un momento, al Grifondoro non sembrò così fantastico che le pedine si muovessero da sole.
«ORA, Styles» esclamò spazientito Louis. Harry alzò gli occhi al cielo, mentre apriva bocca per rispondergli piuttosto seccato.
Niall si girò per guardarlo torvo, prima di sorridergli falsamente e rispondere al posto di Harry: «Se proprio Harry deve venire con te» iniziò, per volersi verso l’amico. «Non me ne vorrà… Alfiere in E6, SCACCO MATTO» esclamò, concludendo la partita col tonfo della spada del Re caduta sulla scacchiera.
Harry si alzò, raccolse le sue cose e seguì Louis fuori dalla Sala Grande. Nessuno dei due, infatti, doveva scrivere il proprio nome sulla lista della McGranitt. Entrambi sarebbero tornati a casa per le vacanze.
Camminarono in silenzio fino ai sotterranei. Louis ebbe la briga di dirgli la verità soltanto davanti all’ufficio del professore di Pozioni.
«Lumacorno non vuole veramente vederti. Io, lo volevo» disse dopo averlo fermato afferrandolo per un polso. Quella stupida pausa che confuse Harry, facendolo sorridere appena con cipiglio, terminò quando Louis «per ridarti questo» aggiunse. Harry abbassò gli occhi vedendo l’ultimo volume della saga di Harry Potter, scritto e disegnato da Liam e Zayn e annuì. I denti andarono subito a mordere le labbra come un rimprovero per aver sorriso.
«Ce ne sono altri?» domandò Louis.
Harry alzò gli occhi sul viso del Serpeverde e lo guardò attentamente. Quello era l’arrivo. «No, questo era l’ultimo. Non ce ne sono più» spiegò.
Louis fece un passo indietro, allarmato. Si divise dal contatto col polso di Harry come scottato da un’atroce realtà. La vide anche lui, la fine di ogni blanda scusa. Assieme al fatto compiuto di dover finalmente scendere a patti.
«Ah» commentò così di fronte al fatto compiuto. Si guardarono attorno, imbarazzati. Improvvisamente fu strano, ambiguo e, soprattutto, imbarazzante.
Fu Louis, che ovviamente non scese a patti, a riprendere parola: «Beh, semmai in futuro ce ne saranno degli altri, sì, fammelo sapere. Mi farebbe piacere seguirli» gli disse, come se da solo non potesse andare direttamente da Zayn o da Liam, come se non ci fossero altri modi se non passare attraverso Harry per leggere quei maledetti fumetti. Harry annuì semplicemente, abbozzando un sorriso quando Louis iniziò a camminare, dopo un gesto del capo, andando oltre l’ufficio di Lumacorno in direzione della propria sala comune.
Lo vide di spalle e serrò i pugni. «Louis!» lo chiamò, con tutta la volontà e l’istinto di affrontarlo finalmente.
Louis si voltò, ma non avanzò di nuovo verso di lui. Harry lo guardò, il coraggio da Grifondoro nel petto a rimontare verso la gola come un conato di vomito.
«Mi chiedevo se…» titubò, mentre tutto quel turbinio di forza e prepotenza tornava giù come una foglia essiccata in pieno autunno. «Se ti fosse piaciuto, sai il settimo anno è… il mio preferito» farfugliò senza alcun vigore nella voce. Perché quella richiesta non era ciò che aveva pensato con grinta di dirgli.
Louis ridacchiò. «Nulla è meglio del quarto anno, ranocchio. Il Torneo tremaghi è imbattibile!» replicò placido l’altro, prima di sorridergli con un occhiolino. Harry annuì e ricambiò con un sorriso incerto. «Ma certo, certo. Beh, ciao, allora» replicò con una mano alzata in segno di saluto.
Louis annuì semplicemente, nascondendo le mani nelle tasche dei pantaloni neri. Di nuovo, gli diede le spalle e se ne andò.
Se l’uno non era sceso a patti, l’altro aveva dato dimostrazione a se stesso, più di tutti, che c’erano situazioni e persone in grado di far demordere il suo animo da Grifondoro, che col Cappello Parlante aveva prevalso su tutte, per dare spazio a sentimenti di timore che, mai, in vita sua aveva avuto occasione di provare. Se non in quel momento, se non con Louis Tomlinson. Ma perché?
Ancora una volta, con l’umore in subbuglio, Harry faticò a concentrarsi per tutta la restante serata e, poi, ad addormentarsi quella notte.
 
 
La prima lettera che ricevette a casa, gli arrivò per mezzo di un gufo della scuola. La speranza che a scrivergli fosse Louis, perciò, non si azzardò nemmeno a pronunciarsi nella testa di Harry.
Era Zayn, che in quel periodo di vacanze e con la permanenza di Liam nella scuola, gli inviava un nuovo fumetto appena ultimato.
 
 
Ciao Harry!
Io e Liam ci siamo messi d’impegno, con tutto questo tempo a disposizione, e abbiamo finito un altro dei nostri lavori. Spero ti piaccia, fammi sapere. Lo sai che i tuoi preziosissimi consigli sono sempre graditi!
A parte questo, come stai trascorrendo queste vacanze? Ti stai divertendo o come al tuo solito stai già ultimando i tuoi compiti? A volte ricordi un po’ me, agli inizi, prima di perdermi col Quidditch e le altre cose… per questo mi sono molto affezionato a te e per questo vorrei accettassi questo fumetto come un presente per questo Natale ormai alle porte.
Buon Natale, Harry.
 
Zayn Malik
 
PS Scusa il breve messaggio, ma voglio assolutamente evitare che Liam scopra il nostro sporco segreto perché uno dei suoi attacchi di ansia potrebbero definitivamente farmi venire voglia di fatturarlo.

 
 
Harry finì di leggere il fumetto in nemmeno mezza giornata.
Inutile dire che ci impiegò meno nel fare questo, che nel decidere se inviare suddetto fumetto al Serpeverde.
Per decidersi, si prese del tempo. Rispose a Zayn, analizzando cogni dettaglio che gli era piaciuto, subito dopo averlo ringraziato e aver augurato anche a lui di passare un buon Natale. La madre di Harry, Anne, felice che il suo bambino avesse già stretto amicizia con altri maghi, fece perfino una crostata di albicocche da inviargli.
«Non se la mangerà il gufo durante il viaggio, vero?» domandò a Harry, di sfuggita, che in risposta mugugnò diverse proteste. Perché era imbarazzante inviare una crostata della mamma a Zayn. Lo era proprio tanto, ma non sembrava avesse voce in capitolo perché Anne «vabbè, gliene faccio una anche per il gufo. Piccolina. Così non corriamo nessun pericolo» decise infine, senza l’aiuto del figlio.
Scrisse anche a Niall, anche lui tornato a casa per il Natale. E attese la sua risposta. Ricevette all’indomani due lettere: quella di Zayn, in cui con forte entusiasmo gli scriveva di ringraziare la signora Styles per le deliziose crostate («Quella piccola l’ho data a Liam, che ora pensa tu gli voglia meno bene LOL No, perché non lo sa che la sua era per il gufo. Quanti segreti condividiamo, Harry?); e quella di Niall, dove gli narrava l’incredibile avventura avuta in quei giorni, nella quale lui e suo fratello avevano dovuto cacciare, a suon di calci, tutti gli gnomi che infestavano il giardino.
Fece trascorrere le feste, in compagnia di amici e parenti del mondo babbano e cercò il più possibile di disimpegnare la propria mente.
Ma fu impossibile, perché ogni volta che guardava il fumetto non pensava al fatto che fosse un regalo di Zayn, bensì che dovesse inviarlo a Louis. Chissà per quale motivo, poi, si sentisse così obbligato.
Alla fine, comunque, cedette. E gli scrisse.
 
Ciao Louis,
sono Harry.
Zayn mi ha inviato questo regalo fumetto qualche giorno fa e pensavo ti facesse piacere leggerlo, per questo ti scrivo.
Spero ti piaccia, non avere fretta di riconsegnarmelo, potrai farlo direttamente a Hogwarts.
Mi auguro tu abbia passato un felice Natale.
 
Harry Styles

 
La risposta arrivò la mattina dopo, quando la madre di Harry, dopo aver rimpinzato la civetta di famiglia, gli portò la lettera direttamente nella stanza da letto.
Harry aprì gli occhi mentre un leggero formicolio nelle dita e uno strana sensazione nella pancia gli auguravano il buongiorno.
«Chi è Louis Tomlinson, amore?» gli domandò la madre. «Un altro amichetto di scuola?»
Harry grugnì, scompigliandosi i capelli con una mano mentre con l’altra afferrava la lettera. «Devo preparare una crostata anche per lui?» domandò la donna.
«No, mamma! Papà ti sta chiamando, mi sa…» tentò di distrarla. La donna si mise braccia conserte di fronte a lui. «Tuo padre è in giro con lo zio» ribatté. Harry soffiò indispettito: «Sarà Gemma! Oh sì, senti. Ti ha chiamato di nuovo».
Anne annuì con un sorriso gentile e alzando le mani «va bene, signorino. Ma sbrigati a scendere altrimenti Harold finirà tutta la tua colazione» disse.
Harry attese che la madre uscisse dopo un blando “seh” in risposta, per aprire la missiva di Louis.
Strappò la busta e l’aprì, ritrovandosi sotto gli occhi una scrittura sgraziata composta di pochissime righe.
 

Come siamo formali, ranocchio!
Spero non ti dispiaccia se terrò il preziosissimo regalo di Zayn più a lungo del previsto, ma per le feste di Natale (non ho proprio idea di come lo si festeggia… da voi) nella mia famiglia si ha sempre poco tempo a disposizione.
 
Grazie per il pensiero.
 
L.T
 
 
P.S. Insegna al tuo gufo le buone maniere.
 
 
Sul treno per Hogwarts, Louis andava alla ricerca di un undicenne con un cespuglio di capelli corvini in testa, occhi verdissimi e, nel complesso, con la faccina da rospo più tenera che si fosse mai vista nella comunità magica.
Ovviamente, il fatto che fosse alla ricerca di un Grifondoro non lo dava assolutamente a vedere. Chiunque l’avesse beccato girovagare, avrebbe senz’altro pensato a uno di quei studenti incapace di star fermo nel proprio vagone.
Lo individuò dove l’aveva incontrato la prima volta e come questa, fu fortunato nel trovarlo da solo. Entrò nello scompartimento senza bussare o annunciarsi. Fu Harry a doversi rendere conto dell’intruso, guardandolo con sorpresa non poi tanto inattesa e abbozzando un sorriso mentre lo osservava sedersi di fronte a lui.
Louis sprofondò nello schienale della seduta e sorrise in un ghigno. «I tuoi amichetti ti hanno abbandonato, rospetto?»
Lui alzò gli occhi al cielo, allargando leggermente le narici e sospirando profondamente. «È bello rivederti, Louis».
Fece una smorfia in risposta, Louis, come se non gli credesse e il suo sarcasmo fosse così palese da disturbarlo. Peccato, però, che Harry pensasse veramente ciò che aveva appena detto.
Louis non attese molto, prima di mostrargli per quale motivo fosse andato alla sua ricerca. Gli riconsegnò il fumetto e «peccato che Zayn abbia deciso di regalarti proprio il peggiore fra quelli che ci ha fatto leggere» affermò, studiandosi accuratamente qualsiasi sfaccettatura trafelasse dal viso del ranocchio.
Harry sgranò gli occhi, come se ricercasse nel volto di Louis un dettaglio ben celato in quella parole che soltanto lui aveva colto. Louis si accigliò, senza indagare, quando Harry «a me è piaciuto. Sono migliorati tanto, dal primo fumetto. In questo hanno avuto molta precisione nei dettagli ed è questo che lo rende comunque un bellissimo lavoro. Sì, forse la trama non è delle più originali ma a me è piaciuta anche quella. Sono sicuro che a te non è piaciuto soltanto perché si concentra molto sulla storia d’amore dei protagonisti».
Louis alzò le mani con un sorriso canzonatorio a sfidarlo. In realtà, lo infastidiva molto quella presa di posizione del ragazzo.
E  per due motivi, provava quel fastidioso sentimento: primo, l’idea che quel fumetto fosse un regalo di Zayn; e secondo, il pensiero che fosse proprio quel suo non dargliela mai vinta e dirgli le cose in faccia senza paura di farlo arrabbiare od offenderlo, come invece non facevano mai tutti coloro che lo circondavano, che in tutta onestà gli piaceva a tal punto da infastidirlo.
Aveva trovato un motivo per cui avrebbe voluto scendere a patti ed essere amico di Harry Styles proprio in quel fastidioso senso di piacere che aveva di parlare con lui. Perché Harry non lo adulava, né gli mentiva pur di farsi accettare. Era quel che era, e a Louis piaceva.
«Calma, ranocchio. Questo animo spavaldo a cosa è dovuto? Ti offende se non gradisco un’opera del tuo amico Corvonero o-»
«Louis, sei forse geloso?» sbottò Harry, piegando la schiena verso di lui per parlargli in confidenza.
Louis strabuzzò gli occhi, stupito da quella insinuazione.
Come non detto, non gli piaceva per niente quando Harry gli palesava con tutta la sua fastidiosissima onestà la verità dei fatti.
«Che? Di cosa dovrei essere geloso?» per un momento, il Serpeverde ebbe timore che Harry rispondesse a quella domanda in modo corretto.
Sospirò di sollievo quando l’altro replicò: «del fatto che io sia amico di Zayn. Ho il sospetto che tu nutra molto rispetto nei suoi traguardi, se non profonda ammirazione. Hai più volte evidenziato il fatto che questo – e gli mostrò il fumetto – fosse un suo regalo per me e quindi mi hai dato modo di credere che tu sia invidioso del fatto che io sia legato a lui come non lo sei, invece, tu».
Louis rise grossolanamente. «Ti hanno mai detto che straparli?»
Harry sbuffò, guardando fuori dal finestrino. «Evidentemente ho imparato dal migliore» bofonchiò risentito.
Ci fu silenzio per un po’, momento in cui entrambi ponderarono su quanto si erano detti. Louis si alzò, evidentemente consapevole di non potersi trattenere più a lungo di quanto avesse già affatto, senza avere una scusa per rimanere.
Fu in quel momento che Harry, stranito, gli disse ciò che da tempo sostava sulla punta della lingua. «Se non avessimo la scusa dei fumetti, io e te avremmo modo di parlare comunque?». Ovviamente, non parlò in termini di amicizia, perché lo sapeva bene cosa pensava Louis su questo argomento.
Louis fu schietto nella sua menzogna. «Per quale altro motivo dovremmo parlarci, io e te?». Quelle parole ferirono tantissimo Harry che annuì con un nodo alla gola prepotente a tal punto da istigargli le lacrime. Ma anche un Grifondoro aveva il suo orgoglio e quindi non cedette. Si girò a guardare fuori dal finestrino, di nuovo.
«Hai ragione, non ci sono altri motivi. Beh, allora, per la prossima volta vorrei cortesemente che chiedessi direttamente a Zayn, per i fumetti. Così non avrai neppure più modo di essere tanto geloso di lui, né dovrai sentirti costretto a frequentarmi, visto che farlo ti procura tanti problemi».
Louis rabbrividì. Harry lo stava decisamente mettendo alle strette. Annuì, sforzandosi di non alterarsi, mentre serrava la mascella con prepotenza. Così forte, che iniziò a sentire male ai muscoli della bocca.
«Non mi procura alcun problema avere a che fare con te» lo rassicurò, come se volesse dimostrargli quanto, in realtà, gli fosse indifferente. Harry si voltò a guardarlo dritto negli occhi. Ci si specchiò e ancora una volta senza peli sulla lingua: «Però ti vergogni, no? Ti vergogni a farti vedere con me a tal punto da organizzare incontri in luoghi improbabili e a inventare scuse per non destare sospetti, giusto?» gli disse.
Louis strinse i pugni. L’istinto di attaccarlo per fargli chiudere quella boccaccia incrementava assieme alla rabbia.
«Ma cosa cazzo vuoi da me, Styles?»
Harry fece spallucce. «Esserti amico» gli spiegò. Louis rabbrividì nuovamente. Stavolta, la forza di denigrare quell’offerta o di mentirgli insultandolo non la trovò e rimase in silenzio. Fu Harry a parlare di nuovo.
«A differenza tua, so andare oltre gli aspetti che ci rendono due persone completamente agli antipodi. A differenza tua, so accettare il peggio di te perché quel poco che ho trovato di vero, di te, vale la pena di essere apprezzato».
A differenza tua, a differenza tua. Due differenze, in totale, che stesero Louis in una tomba di realtà.
Ma una sola differenza, implicita, che concedeva a Harry la semplicità di dirgliele, tutte quelle cose, e che invece Louis non avrebbe mai avuto la forza di tirar fuori: il coraggio. A Louis mancava il coraggio di non vergognarsi più.
Perché come avrebbe sostenuto le dicerie di chi avrebbe guardato con occhio inquisitore la loro amicizia?
E poi essere amico di un Grifondoro del primo anno non era proprio una idea geniale per la sua scalata verso la popolarità.
«A differenza tua, Styles, non mi interessa affatto conoscerti e andare oltre tutto ciò che ci rende così diversi. Sono lusingato del tuo desiderio di voler essere mio amico» con tutta la forza possibile, cercò di ostentare strafottenza. E ci riuscì, mentre Harry lo guardava livido e deluso. «Ma a differenza tua non voglio esserti amico. Fattene una ragione».
Proprio in quel momento, Niall aprì la porta dello scompartimento. Louis si girò e fece un ghigno. «Ecco, vedi? Questo è il massimo a cui puoi aspirare…» gli mostrò, andando incontro al nuovo arrivato. Lo sorpassò, andando a sbattere di proposito contro la spalla del Grifondoro che lo guardò truce nonostante non sapesse cogliere i motivi  per cui Louis Tomlinson aveva detto quelle parole.
Il Serpeverde se ne andò senza aggiungere altro. Peccato che a Harry non sembrò affatto quella che in realtà era: una fuga.
«Che voleva dire, quell’idiota?» chiese Niall, sedendosi di fronte a Harry.
«Niente di importante…» rispose Harry che, stanco di pensare a quanto fosse accaduto, pensò bene di allontanare il più lontano possibile tutta l’insofferenza che stava provando.
Niall non indagò ulteriormente, nonostante morisse dalla voglia di sapere. E cambiò argomento: «Secondo te, sono in guai grossi se per caso non avessi fatto tutti i compiti per le vacanze?»
Harry tornò a sorridere. «Posso darti una mano, se vuoi».
 
 
Il ritorno tra i banchi e alla vita da studente aiutò molto Harry a non pensare. Libero dagli incontri di Louis, che incrociava di tanto in tanto in Sala Grande o in giro per Hogwarts, Harry strinse ancora di più l’amicizia già instauratasi con Niall e Liam. Nonostante fossero di un anno più grandi di lui, non gli facevano affatto sentire il peso di tale differenza. Liam si era dimostrato essere più spigliato e meno timoroso di ciò che a primo acchito sembrava dimostrare di essere. Harry lo trovò piacevole, soprattutto quando ebbe finalmente il coraggio di parlargli dei fumetti.
Ciò che non aveva capito del discorso di Zayn e Niall sul fatto che Liam “non si sentisse pronto a condividere” non era per paura o mancanza di coraggio, bensì un puro atto di saggezza. Liam non si sentiva pronto perché vedeva i frutti del suo lavoro ancora piuttosto acerbi, quindi prima di pubblicare qualcosa che lo riguardava così profondamente, voleva essere certo di averci messo tutto se stesso e, soprattutto, tutto il meglio di sé. Harry gli fu molto d’aiuto in questo, confidandogli ogni aspetto e ogni intuizione che aveva avuto leggendo i suoi lavori.
Si ritrovarono un Sabato di fine Febbraio nel piccolo atrio di fronte all’aula di Trasfigurazione a lamentarsi dei ragazzi che passavano di lì diretti verso l’ingresso e che avevano il permesso per andare in visita a Hogsmeade. Loro, di primo e secondo anno, quel privilegio ancora non era concesso.
«Che seccatura, però. Non credo sia meritocratico proibirci di andare a Hogsmeade soltanto perché abbiamo dodici anni» borbottò seccato Niall.
«Undici» replicò celere Harry, per ricordargli che per lui fosse ingiusto il doppio.
«Niall, dubito tu sappia il significato della parola meritocrazia» lo pungolò Liam, ridendo divertito dal viso paonazzo dell’amico. Faceva freddo e il bianco della neve li circondava ma non si davano pace all’idea di dover tornare dentro le mura del castello quando molti degli studenti andavano a spasso al di fuori di esso.
«Perché tu lo sai?» ribatté indispettito. Liam negò col capo completamente avvilito e al tempo stesso divertito dal Grifondoro. «Beh, in ogni caso è ingiusto comunque» disse di nuovo con convinzione. E Liam annuì, almeno questa glielo doveva, una sorta di solidarietà che scemò nell’attimo in cui, alzandosi, «devo incontrarmi con Zayn in biblioteca, ha rinunciato ad uscire per lavorare sul nostro ultimo progetto» disse, con smagliante entusiasmo. Niall sbuffò, seccato maggiormente dal fatto che tutti gli altri avessero qualcosa da fare rispetto a lui che, al massimo, poteva avvantaggiarsi un po’ di compiti per la settimana successiva.
Harry, invece, ricambiò il sorriso e «Buon lavoro, allora!» esclamò, incoraggiandolo. Liam gli diede una pacca su una spalla, per ringraziarlo e se ne andò salutandoli con una mano.
«Se solo ci fosse un modo per andare a Hogsmeade senza essere visti dai professori» piagnucolò Niall. Harry ridacchiò, alzandosi. «Niall, hai resistito fino ad oggi. Non vorrai cacciarti nei guai per il resto dell’anno, vero?»
Niall lo guardò attentamente. E senza pensarci, poi, replicò: «Non ci penserei due volte a giocarmi l’anno, se solo sapessi un trucco per arrivare a Hogsmeade. Ho bisogno di svaligiare Mielandia! Ne ho bisogno!»
Harry rise mentre con un cenno lo invitava a rientrare nel castello, magari per trascorrere il tempo a giocare a scacchi. Niall lo seguì e giunti all’ingresso di Hogwarts quando ancora Niall si lagnava delle ingiustizie del mondo, ebbero l’infelice occasione di imbattersi in un gruppetto di Serpeverde, pronto a partire per Hogsmeade.
Louis, fra questi, riservò a Harry una celere occhiata. Fu un altro della combriccola ad origliare di sfuggita le parole di Niall e a prendere al balzo l’occasione per schernirlo. «Hey, Horan! Facciamo a chi arriva prima a i Tre manici di scopa? Chi perde offre da bere a tutti!» lo tentò. Niall fece soltanto una smorfia piena di sofferenza. Il tipo, guardando i suoi compagni e sogghignando divertito: «Ah no, è vero. A voi sfigati del primo e secondo anno non è concesso uscire da Hogwarts» affermò, ridendo. Harry fissò prepotentemente Louis che, a quello scherno, stava solo dimostrando un pallido sorriso e che, come faceva spesso, riusciva senza mai cedere a non guardarlo dritto negli occhi. Il ghigno che impreziosiva quel visetto smunto da serpe sembrava solo un vago ricordo.
Niall mostrò alla combriccola il dito medio, mentre Harry lo tirava verso l’interno della scuola per evitare che d’istinto decidesse di attaccare quello che del gruppetto aveva parlato, assestandogli su quella faccia paffuta e da canaglia un bel pugno.
Prima di attraversare il portone d’ingresso, Harry si voltò per accertarsi che i Serpeverde stessero prendendo la strada opposta alla loro.
In quell’attimo, entrò in contatto con il gelo degli occhi di Louis. E rabbrividì, tornando subito a guardare dritto davanti a sé.
Lo stesso fece Louis, riscaldato dal verde che lo aveva colto in flagrante, per poi seguire i suoi compagni attraverso la stradina fino al cancello della scuola.
Davanti alle scale principali, Harry e Niall si divisero dandosi appuntamento in Sala Grande mentre Niall saliva per prendere la scacchiera con cui avrebbero giocato il restante pomeriggio.
Quando Harry si sedette al solito posto nel tavolo di Grifondoro, passò molto del tempo in attesa di Niall a guardare il soffitto incantato. Era qualcosa a cui difficilmente riusciva a fare l’abitudine. Pensò a quanto fosse inconcepibile l’idea che l’uomo per sua natura trovasse ormai “normali” visioni meravigliose come un cielo sereno, in tempesta o stellato oppure, ancora, fenomeni ottici come l’arcobaleno. Quel soffitto magico gli dava modo di riconsiderare ogni cosa esistente al mondo che fino ad allora aveva dato per scontato sotto un punto di vista che egli stesso definiva incantevole. Non passava giorno in cui non ringraziasse di aver avuto la fortuna di essere mago.
Sorrise, al pensiero di quando gli era arrivata la lettera da Hogwarts, perché tutti lo avevano creduto uno squallido scherzo di qualcuno che voleva prendersi gioco di un povero undicenne credulone. Quando invece si era fatta chiara e nitida l’idea che fosse tutto reale, dall’incredulità, Harry era passato alla vera gioia. E da quello stato non si era più schiodato.
Sussultò, quando di fronte agli occhi gli apparve un passerotto paffutello con due piccole pergamene allacciate al collo.
Harry lo guardò accigliato, mentre si sistemava meglio sulla sedia. L’uccellino lo seguì svolazzandogli di fronte.
Harry lo esaminò attentamente, prima di alzare una mano per permettergli di appoggiarsi con le zampette a un suo dito, ma il passerotto lo beccò. «Ahia!» esclamò lui, mentre il piccoletto bastardo si adoperava nel lasciar cadere la prima piccolissima pergamena.
Il foglietto, che si aprì mentre cadeva lentamente verso il tavolo, diceva semplicemente: segui l’uccello.
Harry arricciò il naso e si guardò attorno. Che cosa ambigua, quel messaggio. Pensò a uno scherzo, subito, ma non ebbe il tempo di decidersi sul da farsi che l’uccellino iniziò a beccarlo su ogni lembo di pelle che trovava a disposizione. Lo costrinse, quindi, ad alzarsi mentre si lamentava delle piccole violenze subite da un uccello. Era paradossalmente incredibile pensare che tutto ciò stesse accadendo per davvero.
Il passerotto smise di prenderlo a beccate quando Harry iniziò a seguirlo. Salirono le scale, fino al terzo piano, oltrepassarono il bagno di Mirtilla Malcontenta e poi l’Ufficio di Difesa contro le arti oscure. L’uccellino si fermò davanti alla statua «della Strega orba» così ricordava l’avesse chiamata Liam, una volta.
Era una strega raccapricciante, a partire dalla sua formosa gobba. Il passerotto svolazzò attorno al capo di Harry, che ebbe paura ricominciasse a beccarlo, prima di lasciar cadere il secondo foglietto che si aprì nel medesimo modo del primo.
 
Sulla gobba della Strega orba: dissendium.
Fanne buon uso.
 
Se il messaggio fosse stato firmato da qualcuno di cui Harry sentiva di potersi fidare, probabilmente il Grifondoro non avrebbe desistito così a lungo, guardandosi attorno accertandosi che il custode di Hogwarts non si aggirasse per quei corridoi pronto a coglierlo di sorpresa. Anche se, in realtà, non stava facendo nulla di male, solo tentando grossolanamente di non dar adito alla sua curiosità di lanciarsi a capofitto in quella avventura.
Perché lo sconosciuto non doveva poi esser tale se sapeva prendere Harry per il suo punto debole, la curiosità. Mille modi avrebbe potuto usare e lui avrebbe assolutamente negato, ma in quel modo, con quel velo di mistero e quell’assurda adrenalina a pizzicargli dietro la nuca. AH! Non aveva proprio tempo da perdere.
«DISSENDIUM» disse, quindi, subito dopo aver impugnato la bacchetta e averla posizionata sulla gobba della strega, la quale si aprì facendogli scoprire quello che era un passaggio segreto che portava in chissà quale meraviglioso posto.
Harry si guardò ancora due volte attorno, prima di addentrarsi. Forse avrebbe dovuto pensare a Niall, tornare da lui e invitarlo ad andare insieme per quel passaggio ma Harry non ci pensò. Non pensò nemmeno al passerotto che, dietro di lui, scomparve dissolvendosi nel vuoto attimi dopo.
 
Giunse in una cantina. Non impiegò molto tempo per comprendere dove fosse finito. Girandosi attorno, guardando le innumerevoli scatole di dolciumi, vecchi cartelli e insegne usurate, Harry immaginò di essere arrivato direttamente nel famoso negozio di Mielandia.
Sorrise, mentre gli occhi gli si illuminavano di gioia. Si guardò attorno, esaminò le scatole solo per trovare confezioni chiuse di cioccorane, bacchette magiche alla liquirizia, caramelle mou, gelatine Tuttigusti + 1, bolle bollenti e… chi ne ha più ne metta.
Inizialmente, desistette dal prenderne un po’ e ficcarsele direttamente in bocca ma quando prese atto di non aver portato con sé nessuna moneta e che quindi non avrebbe potuto comprare nulla di tutta quella deliziosa roba, cedette alla debolezza e iniziò ad abbuffarsi, nascondendo alcune delle caramelle nelle tasche del mantello nero e ripromettendosi mentalmente che in futuro avrebbe ben ricompensato quel negozio per tutto ciò che gli stava illegalmente trafugando.
Mangiata l’ennesima bacchetta di liquirizia, Harry si coprì col cappuccio del mantello e, salendo piano le scale che portavano direttamente al negozio, fece ben attenzione nel controllare che non ci fosse nessuno nei paraggi che potesse riconoscerlo o capire, al solo sguardo, che non potesse trovarsi lì.
Il negozio di Mielandia era pieno di studenti, ma il proprietario non sembrava esausto, anzi, appariva rilassato come se fosse abituato ad avere un numero così alto di clientela. Harry non trovò molti ostacoli per uscire, complici i dolci che riuscivano a conquistare tutta l’attenzione su di loro. E quando finalmente mise piede fuori dal negozio, con la pancia piena e il cuore a mille, Harry fu estasiato perfino dal freddo di un inverno ormai alle porte che gli sbatté in faccia. Si strinse nel suo mantello, allungandosi quanto più possibile lo strato del cappuccio lungo il viso, e iniziò a camminare per Hogsmeade. Guardò ogni vetrina ma non entrò in nessun negozio. Soltanto Tiri vispi Weasley seppe attrarlo fino a quasi farlo cedere ma il passaggio di alcuni professori, tra cui la preside stessa, diretti probabilmente alla locanda di Madama Rosmerta, lo fecero indietreggiare finendo per nascondersi lungo una stradina in discesa, sulla quale la neve alta non era stata lavorata per spostarla ai lati, ostacolando così il passaggio.
Harry, concentrato a controllare il tragitto dei professori, si accorse soltanto successivamente di essersi tuffato nella neve ed essere bloccato da essa fino a metà delle sue gambe. Tentò invano di venirne fuori ma quando si agitò alla consapevolezza di non riuscire a farlo, si sbilanciò all’indietro e cadde. Per lo meno, ora era completamente nascosto. Nessuno avrebbe potuto trovarlo. Il problema divenne assurdamente proprio quello: se nessuno l’avesse trovato, totalmente sommerso dalla neve, lì ci sarebbe rimasto. E fra poche ore, pure morto ibernato.
«Mobilicorpus» sentì all’improvviso, prima di sentirsi tirare verso l’alto come se ai polsi e alle caviglie e per tutto il corpo avesse legati dei fili invisibili. Harry vide i capelli castani di qualcuno e la punta della bacchetta, ma da lì sopra, colui che aveva appena usato un incantesimo per sollevarlo dalla neve, doveva vederlo benissimo a dispetto delle sue teorie sul nascondiglio perfetto.
Quando venne fuori, Louis era lì con espressione concentratissima – come non lo aveva mai visto – che lo salvava. Per la seconda volta.
Harry tornò a toccare con i piedi per terra, ben lontano dal cumolo di neve in cui era stato capitombolato come un pesetto di piombo, e subito si premurò a togliersi tutti cumoli di neve che aveva portato con sé.
«Sei una calamita per i guai, Styles» gli disse freddamente Louis. Harry si accorse subito che il Serpeverde non lo aveva chiamato con l’abituale epiteto che lo associava a una rana. E quasi gli dispiacque se non fosse che, ormai, erano quasi due mesi che non veniva chiamato in quel modo. Anzi, in nessun modo.
«Grazie per avermi tirato fuori da lì» si sbrigò a dire, ricacciandosi il cappuccio sulla testa e voltandogli le spalle per incamminarsi verso la strada principale di Hogsmeade.
«Hey» si sentì tirare indietro per un polso. Stavolta da una mano ben visibile. Quella infreddolita di Louis.
Si guardarono negli occhi, in silenzio, per un po’. Fino a quando Harry non strattonò il proprio braccio e «Sì, sì, prima che tu lo dica: lo so, non dovrei trovarmi qui perché è proibito agli studenti del primo e secondo anno ma mi è apparso questo uccello» iniziò, bloccandosi poi quando Louis lo interruppe con un secco «lo so» seguito da un ghigno.
Ci fu altro silenzio, poi «Tu…» esclamò Harry, sconcertato. Louis annuì, sorridendo, infilandosi le mani nelle tasche.
«Sempre questo tono sorpreso» replicò ironicamente, alludendo a quando nella Foresta Proibita era stato proprio lui a salvarlo dal ragno e ad ora, ovviamente, che sembrava veramente scioccato dal fatto che fosse stato il Serpeverde a indicargli il passaggio segreto nella statua della Strega orba.
Harry negò guardando a terra. «Non è questo, solo che- non capisco…» farfugliò, sinceramente confuso.
«Cosa?»
«Perché?» andrò dritto al punto. Louis evitò di guardarlo, cercando di fingere di non capire. Harry insistette: «Perché farmi scoprire quel passaggio segreto se… insomma. Eri stato piuttosto chiaro l’ultima volta, no? Noi non siamo amici, allora perché mi hai fatto arrivare qui a Hogsmeade?»
Louis sbuffò. Quanto odiava quella testardaggine di Harry nel voler puntualizzare cosa ci fosse fra di loro. Fece spallucce: ammettere ad alta voce che si era pentito di come lo aveva trattato l’ultima volta era qualcosa che non era in grado di fare. Così, si adattò: «Non sopporto questo tuo voler mettere i puntini sulle i. Insomma, è quello che è. L’importante è quello che si fa e non quello che si dice». Alzò gli occhi su Harry che lo guardava con cipiglio. Poi lo vide negare.
«Quindi mi stai dicendo che dovrei tener conto solo delle cose che fai nei miei riguardi e non quello che mi dici? E che quindi dovrei accettare le tue offese improvvise e insensate quando qualsiasi altra persona potrebbe insinuare che tra noi ci sia un rapporto d’amicizia perché secondo te in realtà “è quel che è”? Louis, ti prego, fa pace col cervello. Scendi a patti con te stesso, perché io non posso diventare pazzo seguendo la tua follia, okay?»
Louis non si mosse, né replicò immediatamente. «Ti ringrazio per… quello che hai fatto per me. E anche per adesso. Se non fosse per te sarei morto ibernato là sotto, però ti prego, finché non capisci cosa vuoi da te e da me, soprattutto, non fare questo tipo di cose. Non farlo- insomma, stammi lontano» concluse Harry. E senza aspettare risposta, camminò allontanandosi.
Louis lo guardò andare via e stavolta non tentò di fermarlo. Stavolta, in realtà, non ebbe nemmeno la collera che aveva sempre avuto e che gli aveva sempre fatto uscire dalla bocca nient’altro che offese.
Sospirò, perché riconosceva la verità nelle parole di Harry: doveva scendere a patti.
 
 
Louis sembrò non voler assolutamente seguire il consiglio di Harry. O perlomeno, se aveva finalmente fatto pace col cervello, aveva senz’altro deciso di non essergli amico.
Il primo anno si concluse e tornare a casa, nonostante la gioia di rivedere i suoi genitori, fu veramente triste.
I primi giorni d’Estate gli davano l’impressione che quei mesi lontano dalla scuola sarebbero parsi infiniti, eppure erano già passate tre settimane. Quindi, la sua era solo esagerazione.
Sdraiato sul letto a leggere “Quidditch attraverso i secoli”, si deconcentrò quando percepì la voce di sua madre parlare con qualcuno. Il telefono di casa non aveva suonato, né il telefonino ma forse non aveva sentito il campanello, così alzandosi, uscì dalla stanza e scese le scale per raggiungere il piano sottostante che dava direttamente alla porta d’ingresso.
Quando intercettò la sagoma di Louis, rimase a metà della scalinata piuttosto sorpreso. Sentì la madre dire al giovane mago che suo figlio si trovava al piano di sopra e che avrebbe fatto bene ad entrare in casa, mentre lei andava a chiamarlo, ma quando Anne si voltò entrambi lo videro sulle scale, immobile come una statua di sale.
Louis accennò un sorriso, salutandolo con la mano libera. Harry non gli rispose, distratto dalla madre che tornò a parlare direttamente a lui: «Oh, Harry, amore- c’è qui un ragazzo che dice di essere un tuo amico di scuola».
E, sì, Anne probabilmente aveva usato le parole sbagliate al momento giusto perché quando Harry riprese a scendere i pochi scalini mancanti, fissando ininterrottamente gli occhi azzurri di Louis, «potresti giurare che si è definito proprio così?» chiese a Anne, ironicamentem che non capì e sorrise guardando prima suo figlio e poi l’altro. «Comunque, ci penso io, puoi andare» le disse, afferrando la porta e costringendo Louis a fare un passo indietro.
«Fallo entrare, sarà stanco se è volato con la scopa fino a qui».
Eh sì, perché Louis aveva una scopa in mano, ma Harry dubitava fortemente che il Serpeverde fosse arrivato lì volando. «Sì, mà. Non preoccuparti» replicò il Grifondoro, convinto. Anne, come faceva spesso, desistette e li lasciò soli.
«Davvero crede che sia arrivato fino a qui volando?» lo interrogò Louis, ricevendo un’occhiata torva da parte dell’altro.
«Se tu ti presenti con una scopa in mano, non è che le dai molte altre alternative» rispose a tono. Louis ridacchiò. Poi, quando Harry si sedette sul piccolo gradino della porta d’ingresso, Louis lo seguì mettendosi accanto a lui.
«A proposito, che ci fai qui? Con una scopa?»
Harry lo guardò, trovando Louis che già lo fissava. Si osservarono placidamente, entrambi silenziosamente contenti di trovarsi esattamente lì. Un po’ meno Louis, che camminando per quella strada, fatta di sole case, aveva dovuto sopportare gli sguardi molesti di troppi Babbani – decisamente troppi.
Louis gli sorrise: «Sbaglio o mi avevi chiesto di darti delle lezioni di Volo?» domandò.
Harry sospirò. «Louis, te l’ho già detto che-»
«Senti, Harry. Lo so che cosa mi hai detto e per quanto ti possa sembrare difficile crederlo, l’ho fatto davvero. Ho fatto come mi hai detto. Sono sceso a patti con me stesso, e ci ho impiegato un sacco di tempo, lo so. Però se tu ora continui a spingermi via e a non darmi nessun modo, io come faccio a dimostrartelo?»
«Dillo» rispose semplicemente il Grifondoro.
Louis alzò un sopracciglio. Harry sospirò guardando dritto davanti a sé. «Dirlo ad alta voce sarà già un modo per dimostrarmi che non ti vergogni più».
Louis sbuffò, guardandosi le scarpe. «Siamo amici» farfugliò.
«Come?» allungò le orecchie, fingendo di non aver sentito quel soffio di voce che aveva appena ammesso quanto gli aveva chiesto di dire.
Louis sbuffò una seconda vlta, seccato da come Harry riuscisse sempre ad avere la meglio su di lui. «Io e te» disse con tono di voce un po’ più alto di quanto avesse fatto precedentemente. «Siamo amici» sentenziò, alla fine, girandosi a guardarlo nel modo più sincero che potesse provare a trasmettergli.
Harry sorrise, cercando di trattenersi mordendosi un labbro. Louis, imbarazzato dal modo in cui lo stava fissando, sbuffò ancora e guardò davanti a sé.
«Il tuo nuovo amico deve però darti una brutta notizia» disse Harry, attirando di nuovo quelle iridi di stalattiti su di sé. «Qui non possiamo volare, ci sono troppi occhi indiscreti…» spiegò. Louis si guardò attorno con una smorfia che fece ridacchiare il Grifondoro.
«Babbani» esclamò, ma dopo un sospiro e un’alzata di spalle, riprese subito parola: «Se non è un problema, puoi venire a stare da me per qualche settimana. Dove vivo io, abbiamo tutto lo spazio e nessun Babbano a spiarci. Il maniero della mia famiglia è protetto forse anche in modo migliore di quanto lo sia Hogwarts».
Harry sbuffò una risata: «Sbruffone» lo accusò scherzosamente, spingendolo poi con una spallata. Louis sorrise vispamente. «Allora, che dici?»
Harry alzò le spalle. «E i tuoi genitori cosa ne penseranno di me? Insomma, sono pur sempre un Nato Babbano, smistato in Grifondoro». Louis si irrigidì, rilassandosi con una risata isterica, mentre si scompigliava i capelli con una mano. Fuori dalla scuola, sembrava anche meno impostato. A Harry piaceva tantissimo, in quelle vesti.
«Dobbiamo dirglielo per forza?» esclamò con ironia, mordendosi un labbro all’occhiata torva di Harry. «No, seriamente, chissene importa! Se ne faranno una ragione. Così come ho fatto io…» concluse serafico subito dopo.
Harry lo schernì rapido: «Spero che loro non ci mettano lo stesso tempo che ci hai impiegato tu, onestamente», e stavolta fu il turno di Louis di guardarlo con piglio. «Comunque non devi convincere me, ma mia madre» disse, infine, indicandogli l’interno della casa. Louis annuì animatamente e si schiaffeggiò con entrambe le mani le ginocchia, alzandosi di scatto e ricomponendosi.
«Non preoccuparti, ranocchio, ci so fare con le mamme» esclamò, facendogli l’occhiolino e allungando in quel viso smunto il migliore dei suoi sorrisi vispi. Poi, entrando senza problemi in casa, seguì la strada che poco prima aveva preso Anne, senza aspettare Harry.
Il Grifondoro inizialmente rise, ma dopo poco si fece subito serio. Si alzò e «In che senso ci sai fare con le mamme? LOUIS!» urlò preoccupato, rincorrendo in casa il suo amico.
 
We're not friends, we could be anything
If we tried to keep those secrets safe
No one will find out if it all went wrong
They'll never know what we've been through





 
Angolo VenerediRimmel

Per questa seconda parte mi avrete in una versione molto sottomessa. Nel senso che vi scrivo qui e non lì su in alto al capitolo, che avete capito? u.u
Ciao! C'è nessuno? No, seriamente, c'è qualcuno che ce l'ha fatta in una sola botta a giungere fino a qui? O avete mollato alla noiosissima scena di Halloween? Se lo avete fatto, vi capisco. A mia discolpa posso dire che ce l'ho messa tutta a renderla quanto più intrigante possibile ma, niente, non sono affatto il massimo in quel tipo di scene. Spero, comunque, che nel complesso questa seconda parte vi abbia regalato sorrisi, qualche "aw" qui e lì, e una parte di me, soprattutto, quella che ci ho lasciato mentre scrivevo. 
Per la terza e ultima parte. Ebbene, in testa c'è tutta giuro, ma visto che sono una masochista e mi piace complicarmi la vita, vi dico fin da subito che avrò diverse difficoltà e quindi non vi prometto che riuscirò a pubblicarla lunedì prossimo. Ma giuro che la concludo e che ci metto poco?
Allora, ora che abbandoniamo la hatetolove e ci addentriamo nella friendtolovers, che cosa vi aspettate accadrà? In questa seconda parte, come nella prima, ci sono alcuni indizi vaghi, vaghissimi quindi se vi va, proponete pure delle ipotesi! Io vi mollo un'informazione fondamentalissima: nella terza parte Harry frequenterà il quinto anno, mentre Louis il settimo. 
E, niente, volevo qui ringraziare le quattro personcine amorevoli che mi hanno lasciato una recensione alla prima parte. Ringrazio anche tutte quelle che hanno preferito/ricordato/seguito questa ff, spero vi facciate anche sentire perché, fidatevi, ho davvero bisogno di avere pareri su ciò che scrivo. 
Vi saluto e vi mando a tutti
un abbraccio,
VenerediRimmel
   
 
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