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Autore: Ormhaxan    11/10/2016    6 recensioni
Scandinavia, IX secolo. Hrafnhildr giunge con il mutare della marea nell'isola di Fyn, regno danese sotto il dominio di Guthrum, spietato comandante vichingo al quale offre i suoi servigi di donna guerriera e di veggente. Guthrum non si fida di lei, così come non si fida Einarr, temuto jarl al suo servizio, eppure ben presto le profezie di Hrafnhildr si dimostreranno vere: quando giungerà il momento di salpare verso le terre a ovest degli angli e dei sassoni, di conquistare i loro fragili regni, entrambi gli uomini si ritroveranno ad avere disperato bisogno del suo consiglio e dei suoi divini presagi, affascinati da quella giovane donna tanto bella quanto misteriosa.
I corvi sono pronti a spiccare il volo, ad affondare i loro artigli nella carne di sovrani deboli e corrotti, far conoscere al mondo la forza e la grandezza dei Figli del Nord.
[Secondo capitolo (indipendente) della serie dedicata ai condottieri norreni che, nel tardo IX secolo, conquistarono con la loro Grande Armata i regni dell'allora Inghilterra.]
Genere: Avventura, Introspettivo, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Medioevo
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Il bosco era oramai alle loro spalle, mentre davanti la strada si apriva e lasciava spazio alle case costruite in legno e argilla dove un tempo c’erano stati alberi dalle profonde radici.
Hrafnhildr si guardò intorno circospetta, stringendosi nel mantello di lana blu quando, da ovest, la brezza notturna sfiorò la sua pelle provocandole un brivido di freddo; gli abitanti uscirono dalle case per accogliere il loro signore, notando immediatamente la donna che cavalcava al suo fianco, una straniera mai vista prima da quelle parti.
La giovane norrena tentò di ignorare i loro sguardi, occhi circondati da profonde rughe e da una fronte corrugata che conferiva loro un’aria arcigna: gli stranieri come lei non erano ben accolti in quelle zone, lo si capiva immediatamente, e il suo istinto le disse che l’essere una veggente non l’avrebbe aiutata.
“Bentornato, Minn Herra.1 – salutò solenne una donna anziana dal viso scavato e dalla schiena leggermente ingobbita, uscendo dalla dimora fatta di robusto legno e qualche mattone appartenente da generazioni alla famiglia di Einarr – Mi auguro che i festeggiamenti del nóttleysi siano stati propizi e che il nostro signore Guthrum continui a riporre la sua fiducia e i suoi favori in voi.”
“Fin troppo, direi. – sussurrò, lanciando uno sguardo a Hrafnhildr, la quale aveva appena smontato in sella alla sua giumenta – Il mare ha portato dallo Jutland questa straniera, una sacerdotessa e Guthrum mi ha ordinato di ospitarla con tutti gli onori presso il mio giaciglio e la mia tavola: sono certa che tu, mia cara Gyda, saprai trovarle un luogo dove dormire e procurarle dell’acqua calda per lavare la stanchezza del viaggio.”
“Certo, Minn Herra. – annuì lievemente e poi si rivolse alla straniera – Seguitemi, da questa parte.”
Hrafnhildr si affrettò a seguirla all’interno della dimora, oltrepassando Einarr senza degnarlo di uno sguardo: non era là per essere gentile o accattivarsi il favore dello jarl, si disse, quindi avrebbe accettato il suo desiderio di ignorarla e starle lontano, comportandosi di conseguenza.


All’interno della dimora norrena tutto era pervaso dalla penombra e un forte odore di legna umida e fumo impregnava l’aria. Il tetto era spiovente, metteva in mostra le possenti travi annerite dal tempo e dalla caligine fatte con i tronchi slanciati e forti dei pioppi; al centro c’era l’unico pozzo luce, un perfetto cerchio che permetteva ai vapori e ai fumi del grande focolare posto al centro della sala di fuoriuscire.
Sul fondo c’era una pedana piuttosto larga, anche questa fatta di legno, come di legno intagliato con maestria era lo scranno che troneggiava al centro, una seduta riservata esclusivamente allo jarl di quelle terre.
Non era molto diversa dalle dimore dello Jutland, eppure in quella sala immensa Hrafnhildr non percepiva la gioia e quell’atmosfera ludica che di solito si respirava nelle dimore dei nobili: al contrario, tutto là dentro trasmetteva desolazione, tristezza, sensazioni talmente lugubri da turbare persino un animo forte come quello della bella veggente.

“E così venite dalla penisola dello Jutland, - l’anziana donna prese la parola mentre, con non poco sforzo, metteva sul fuoco un secchio di terracotta colmo di acqua – dev’essere stato un lungo viaggio per una fanciulla come voi, sola e proveniente da una famiglia di umili natali.”
“Siete molto sicura di ciò che dite, Snort!2
“Ho visto abbastanza inverni per capire dai piccoli particolari chi ho davanti e come rapportarmi alle situazioni che la vita mi presenta. – rispose di rimando – Immagino che anche alla vostra famiglia sia stato fatto dono della preveggenza o che abbiate vissuto in un ambiente in cui la lettura delle rune e dei sogni siano qualcosa che va coltivato e tramandato di generazione in generazione.”
“Mia madre, - sussurrò mentre si appoggiava con la schiena alla parete di legno e argilla – Ho ereditato il dono da lei ed è sempre lei che mi ha insegnato a non averne paura, ma ad accettarlo di buon grado e trarre forza da ciò che le rune e gli dei mi dicono.”
“Immagino siano stati i sogni a portarti qui. – chiese retoricamente e Hrafnhildr annuì – Guthrum è un uomo facilmente malleabile, affascinato dalle parole dei veggenti e dalle letture delle rune, ma il mio signore Einarr non lo è altrettanto. Da lui non avrai alcun trattamento di favore, nessun posto riservato alla sua tavola, poiché da tempo la chiaroveggenza è proibita nelle sue terre.”
“Proibita?”
Hrafnhildr aveva da subito percepito l’avversità di Einarr verso il suo essere e ciò che questo comportava, ma non avrebbe mai pensato che il suo malanimo arrivasse a tanto…
Ora capiva perché gli abitanti del villaggio l’avevano guardata in quel modo, con sospetto e repulsione, facendola sentire sgradita: lei non era la benvenuta in quella dimora, la sua sola presenza era tollerata perché ordine del sovrano dell’isola, conseguenza di un ordine a cui Einarr non si era potuto sottrarre.
Probabilmente, anzi sicuramente, lo Jarl sarebbe stato lieto di tagliarle la testa tranciandole il sottile collo, o pugnalandola nel sonno, privarla della vita con qualsiasi mezzo a lui più gradito.
Avrebbe reagito, si sarebbe ribellata e combattuto fino allo stremo per salvarsi e far valere la sua ragione: Hrafnhildr era sicura delle sue visioni, di ciò che i corvi avevano sussurrato alle sue orecchie e presto, molto presto, anche Guthrum e Einarr sarebbero stati testimoni del suo dono e della potenza dei suoi vaticini.
Tutti loro si sarebbero ricreduti, l’avrebbero rispettata e accolta alle loro tavole, sulle loro navi, permettendole di veleggiare e combattere gli angli e i sassoni al loro fianco; si sarebbe ritagliata un posto di prestigio accanto a Guthrum, sussurrato all’orecchio del Danese le profezie dei suoi sogni e i messaggi delle rune, divenendo una dei veggenti più temuti e importanti tra i norreni.
“E’ una storia lunga e delicata, non spetta a me narrarla. – rispose la donna dandole le spalle – L’acqua è calda abbastanza, ideale per il vostro corpo infreddolito. Seguitemi, da questa parte.”


Il tepore sciolse le sue membra tese e stanche, rilassò la mente e gli occhi: erano trascorse settimane dell’ultimo bagno e, anche se quella non era  la giornata dedicata al bagno, Laurdag3, per la giovane quello fu uno dei momenti trascorsi in una tinozza di legno più piacevole di sempre.
Posò il capo sul bordo circolare, inspirando profondamente, e iniziò a pensare a qualche scaltro sistema per destreggiarsi in quel posto a lei sconosciuto e a come comportarsi durante i lunghi tre giorni che l’aspettavano: sapeva che un messaggero, inviato da Ivar Ragnarsson, era oramai prossimo a raggiungere Fyn con la richiesta da parte del Senz’ossa di unire il suo esercito con quello di Guthrum per conquistare i restanti regni a ovest del mare; probabilmente, si disse, quel messaggero era già giunto presso la corte del danese, dimostrazione tangibile e reale delle sue predizioni, risparmiandole così tre giorni di lunga agonia accanto all’austero jarl dal passato nebuloso - e, soprattutto, salvandole la vita.
Se solo riuscissi a parlargli, pensò, magari riuscirei a fargli capire che non sono una minaccia e che le mie intenzioni sono nobili.

Un vociare poco lontano la destò dai suoi pensieri: dietro i tendaggi e le colonne di legno qualcuno si era riunito e dai diversi timbri vocali sembravano almeno quattro uomini adulti.
In fretta, Hrafnhildr uscì dalla tinozza e, sfilata in fretta la leggera tunica impregnata di acqua, si rivestì frettolosamente, indossando gli abiti di lino dai colori tenui e di ottima fattura messi a disposizione dell’anziana Gyda. Sopra l’hangerock4 rimise il suo mantello blu dai preziosi ricami e, cercando di dare meno nell’occhio, camminò di soppiatto verso l’uscita della sala grande.


“Eccola, la nostra veggente giunta dal mare. – Einarr la bloccò sul posto – Venite, avvicinatevi.”
I suoi occhi erano da troppo tempo abituati a cogliere ogni più piccolo movimento, i suoi sensi allenati a cogliere ogni più piccolo movimento e per nulla al mondo la presenza della fanciulla sarebbe sfuggita ai suoi sempre vigili sensi. Inoltre, Hrafnhildr era una tentazione troppo forte per lui, così tanto da non riuscire a desistere davanti alla possibilità di umiliarla e farla sentire di troppo in quel contesto, una sciocca impertinente con la bocca piena di frivole e menzognere parole.
“Stavo giusto informando i miei uomini delle vostre singolari teorie secondo le quali presto saremo tutti chiamati a combattere a ovest, nella terra degli uomini che venerano il dio cristiano e che questo viaggio ci porterà ricchezze, terre e gloria immortale.”
Le sorrise algido, imponendosi con superiorità su di lei e deridendola platealmente davanti ai suoi uomini che, senza preoccuparsene, avevano iniziato a sghignazzare.
“Non è forse così, piccolo corvo?”
“Non dovreste burlarvi così apertamente degli déi, Jarl Einarr, perché non si può mai sapere quando questi potrebbero voltarci le spalle o vendicarsi su noi poveri mortali.”
Il volto di Einarr si incupì, perdendo tutta la sua strafottenza, e nei suoi occhi chiari si fece spazio il disappunto e la collera; le sue labbra si assottigliarono, la sua mascella squadrata si contrasse e, scattato in avanti, afferrò con prepotenza la giovane per un braccio:
“Vi proibisco di parlare con me di Odino, Thor o qualsiasi altro dei vostri stupidi Æsir; non mi importa se turbano ogni notte i vostri sogni, quali assurdità vi sussurrano alle orecchie o quali messaggi vi inviano attraverso le rune: ogni mio rispetto nei loro confronti è morto e sepolto da un pezzo, la loro ira si è già abbattuta su di me e la mia famiglia, non può causarmi altro male.”
La lasciò dopo averla strattonata prepotentemente, rischiando quasi di farla cadere rovinosamente a terra: “Non rivolgetemi più la parola, Veggente, non stasera e neanche nei tre giorni che vi separano dalla vostra morte. Per me voi siete solo l’ennesimo scherzo crudele che il fato, comandato dalle Norne onniscienti, ha messo sul mio cammino.”
“State tranquillo e non temete, Min Herra: mi terrò più lontano possibile da voi e dalla vostra lugubre e triste dimora. Piuttosto che sedere alla vostra tavola, preferisco cenare con i porci che si rotolano nel fango nel recinto qui fuori.”
“Attenta alle parole che dite, Veggente: potrei seriamente decidere di farvi vivere con i porci.”


Hrafnhildr mantenne lo sguardo, senza mai distoglierlo o mostrarsi debole, neanche in quel momento carico di rabbia; Einarr era adirato, sembrava quasi folle, ma non per questo lei avrebbe abbassato il capo o permesso di subire angherie.
Lei era una veggente, una donna dello Jutland, una moglie di lancia e non una semplice contadina di qualche sperduto villaggio sommerso dalla neve invernale.
Non avrebbe detto altro, almeno non quella volta – avrebbe lasciato a lui l’ultima parola, poiché da lui dipendeva la sua vita e il suo destino – e stretta nel suo spesso mantello riprese a camminare verso l'imponente portale di legno, sparendo nella penombra della notte schiarita solo dal fuoco vivo e brillante delle torce.



 
*




1. In lingua norrena significa: "Mio Signore"
2. Snor: parola norrena che significa saggio inteso con accezione di intelligente.
3. Per riferirsi al sabato, la lingua norrena parla di Laurdag, ovvero “giorno della pulizia”; in islandese “laug” significa ancora “bagno” o “pozza d’acqua. Tuttora il sabato è chiamato in islandese laugardagur, in svedese lördag e in danese e norvegese lørdag.
4. Hangerock: abito di lana prettamente femminile cucito a tubo e tenuto su da due bretelle fissate con delle spille.


 
  
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