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Autore: Milla Chan    11/10/2016    1 recensioni
Aveva maturato uno strano sentimento nei confronti degli umani. Non c’era più paura, ma non c’era nessuna rabbia, solo un misto di disgusto e indifferenza. Quella situazione, però, non gli pesava quanto i suoi genitori pensavano che avrebbe dovuto; o almeno così sembrava. Kenma passava gran parte delle sue giornate a giocare ai videogiochi, e quando sua madre gli chiedeva se avesse qualcosa da raccontarle, passandogli la mano tra i capelli scuri, lui la guardava con una sorta di senso di colpa negli occhi.
[KuroKen + altre coppie secondarie] [Tokyo Ghoul!AU, ma non è necessario seguire l'opera]
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Koutaro Bokuto, Kozune Kenma, Tetsurou Kuroo, Tooru Oikawa, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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In girum imus nocte et consumimur igni
 
Era un tiepido pomeriggio di maggio. Oikawa abbassò lentamente gli occhiali da sole per tenere meglio sott’occhio i due individui che attraversavano la strada.
Era seduto ad un tavolino, all’esterno di un bar vicino alla stazione di Shibuya. Strinse tra i denti la cannuccia colorata e alzò le sopracciglia.
-Eccoli lì.- sussurrò, diretto al ragazzo con le braccia incrociate davanti a lui.
Iwaizumi girò distrattamente la testa per poi voltarsi di nuovo verso Oikawa.
-Sicuro che siano della CCG?-
-Cosa vuoi di più, andare a chiederglielo?-
-Non so, non hanno le valigette e mi sembrano… troppo piccoli.-
-Piccoli? Iwa-chan…- Oikawa rise piano, e congelò il sorriso mentre spostava lo sguardo sul suo volto. -Ovvio che siano piccoli, stanno ancora imparando nella loro scuola speciale, è per quello che non hanno le valigette. Non possono mollare un’arma in mano a un quindicenne e dire “molto bene, vai a suicidarti”.-
-Pedinare dei ragazzini non ha alcun senso.-
-Avrà più senso quando tra qualche anno quei ragazzini ti taglieranno la gola, ma non è forse meglio evitare questo spiacevole scenario togliendoseli di mezzo subito?-
Iwaizumi appoggiò i gomiti sul tavolino e, fulminandolo con lo sguardo, gli fece segno di abbassare la voce. Se avessero dovuto attuare quella politica per ogni futuro investigatore di ghoul, avrebbero dovuto iniziare a sterminare decine di studenti giapponesi. C’era qualcosa che gli sfuggiva, in quel ragionamento, ma capirlo sembrava impossibile.
Oikawa strinse le labbra attorno alla cannuccia e aspirò energicamente il fondo del caffè freddo.
-Ad ogni modo…- continuò, appoggiando il bicchiere vuoto sul tavolino e facendo vibrare il vetro. -…Hai visto quello con i capelli neri?-
Vide Iwaizumi annuire e prese un respiro profondo, mettendosi comodo sulla sedia. Alzò gli occhiali e se li appoggiò tra i capelli ondosi, gli occhi fissi sulle due figure ormai lontane che svoltavano la strada.
-Io quello lo conosco, e tutto quello che mi è successo nella Notte di Sangue è merito suo.-
Iwaizumi aggrottò le sopracciglia. Avrebbe voluto chiedergli cosa cavolo stesse blaterando, se avesse per caso sbattuto la testa da qualche parte, ma notò come i suoi occhi si fossero improvvisamente induriti, e preferì non contraddirlo troppo aspramente, per una volta.
-Sarà stato un bambino, all’epoca…- azzardò, non molto persuaso, e stranamente irritato nel rendersi conto che non sapeva nulla di quella storia, ma che il qualcosa che gli sfuggiva giaceva proprio lì.
-Aveva dieci anni.- confermò l’altro con tono malinconico, alzandosi.
Iwaizumi lo seguì, incuriosito e confuso, e insieme uscirono dal bar, facendosi largo tra la calca che affollava Shibuya, nella stessa direzione in cui erano andati i due ragazzi di prima. Scesero nella metropolitana e affrettarono il passo per non perdere il treno.

Oikawa aveva frequentato una scuola pubblica per tutti i sei anni di elementari. Ricordava bene quel bambino dal capelli corvini, più piccolo di lui di due anni. Facevano spesso un pezzo di strada assieme e Oikawa lo sopportava solo perché lo compiaceva venir guardato come se fosse stato un dio. Sapeva che quel bambino era un umano, ma c’era qualcosa di anomalo, nel suo modo di fare. Avrebbe dovuto rendersene conto prima di portarlo in negozio con sé e per fargli vedere tutte le piantine di cui era orgoglioso, in particolare i semini sul davanzale di camera sua che stavano germogliando.
-Quanto sei cresciuto, Tobio-chan.- cinguettò nostalgico quando vide la sua testa di capelli scuri svettare tra le altre, gli occhi concentrati mentre camminava lungo il vagone in movimento e sentiva le dita tremargli per l’impazienza.
I suoi genitori avevano avuto un brutto presentimento che li aveva spinti a ritirare loro figlio dalla scuola pubblica per impartirgli, con l’inizio delle scuole medie, un’educazione privata. Educazione che Oikawa aveva ricevuto per esattamente due sole settimane. Poi, i sospetti dei suoi genitori furono confermati nel peggiore dei modi dalla Notte di Sangue: tutti i membri della famiglia di Tobio-chan erano colombe, e lui era forse la più piccola spia che avesse mai lavorato per la CCG.
Erano passati poco più di cinque anni e Tobio sembrava essere scomparso da Tokyo, nessuno l’aveva visto, non risultava essere iscritto a nessuna scuola, ma Oikawa conosceva troppe persone ed era troppo testardo per passare oltre. I suoi sforzi erano stati ripagati, e finalmente l’aveva trovato.
Dopo essere scesi dalla metro, Oikawa e Iwaizumi risalirono le scale fino all’uscita, cercando di non perderli di vista, ma quando sentirono il rumore di una sirena si guardarono confusi. Si girarono lentamente verso il profilo della città e videro del fumo nero in lontananza, vari investigatori e possibili agenti in incognito della CCG che si dirigevano in quella direzione.
-Forse non è il momento giusto.- sussurrò Iwaizumi a denti stretti e occhi sgranati, avvicinandosi con nonchalance al muro dell’edificio accanto alle scale. Vi si appoggiò con la schiena per non intralciare il passaggio ed evitare di dare nell’occhio, mentre i loro due bersagli sfrecciavano loro davanti, qualche metro più il là.
-Un incendio?-
Oikawa assunse un’espressione delusa e infastidita e continuò a guardare quel fumo nero, cercando di capire il nesso con tutte quelle colombe che si muovevano concitatamente in una sola direzione con le loro valigette in mano.
-Potrebbe essere un’operazione esageratamente invasiva. Oppure i ghoul che dovevano abbattere si sono rivelati più problematici di quanto pensassero. Peccato, iniziavo ad essere impaziente.-

Kuroo non seppe mai per quanto tempo rimasero in quel vicolo a fissare il vuoto, seduti per terra, increduli, doloranti.
La rigenerazione sembrava eterna: si guardò le mani coperte di vesciche che, nel guarire, sembravano ribollire; sentiva la pelle del viso tirare, le gambe bollenti.
-Ti fa tanto male?- fu la prima cosa che riuscì a dire, rivolto a Kenma, quando il suo sangue tornò ad essere normalmente ossigenato e il suo cervello fu di nuovo in grado di funzionare correttamente, nonostante il cuore che esplodeva per la rabbia e l’angoscia.
Alzò la testa vide Kenma con la faccia ancora affondata tra le ginocchia piegate e le mani tra i capelli. Con le braccia cercava di coprirsi il capo, sparire, proteggersi dal mondo, come se gli stesse crollando addosso. La manica della felpa era un tutt’uno col braccio.
-Kenma?-
-No.- mentì, con fatica, ma non solo per il dolore fisico.
Hiroshi e Mizuki erano morti.
Li avevano visti coi loro occhi, tra il fumo e le fiamme. Erano stati uccisi e non sapevano da chi, né perché. La loro famiglia, la loro casa, le loro cose erano andate distrutte.
Kuroo si chiese quanto avrebbero dovuto aspettare per una rigenerazione decente, e se davvero fossero conciati così male. Forse, lo shock acuiva il dolore. C’era qualche prova scientifica che ciò influisse sulle cellule Rc? Ah, Kenma aveva uno zainetto. Magari aveva un kit di primo soccorso, lì dentro? Non sapeva quanto avrebbe potuto essere utile, comunque. Loro non li avevano neanche, i kit di primo soccorso. Che ragionamento inconcludente.
Kuroo si impose di combattere la sua condizione di smarrimento.
Dove andare? Dove andare, dove andare. Doveva pensare in fretta, non potevano passare la notte lì, non poteva lasciarsi divorare dal panico e dalla disperazione.
-Kenma, sanno che siamo qui, dobbiamo muoverci e andarcene.-
Si alzò in piedi e gli strinse il braccio sano per aiutarlo ad alzarsi.
-Non era un ghoul.- disse Kenma.
Non era una domanda, e Kuroo dovette confermare quell’asserzione inquietante con un cenno del capo mentre si addentrava più a fondo nel vicolo. Era chiaramente una colomba, quella che era in piedi davanti ai corpi dei genitori di Kenma, avvolta dal fumo denso.
-Cosa voleva?- continuò il più piccolo, gli occhi fissi a terra.
-Non lo so. I tuoi genitori avevano dei bikaku, no? Sono i kagune più usati per le quinque, magari è per quello.-
A Kuroo fece incredibilmente male dire quelle parole. Non avrebbe mai voluto ridurre la morte di Hiroshi e Mizuki ad una mera questione pratica, ma doveva trovare una motivazione razionale per quel fatto tragico, o non sarebbe mai riuscito a passarci sopra.
-Hanno dato fuoco ad un’intera palazzina.- fece notare l’altro, a voce più bassa.
Aveva ragione. Non era logico mettere a rischio così tante persone, mobilitare anche i pompieri, creare così tanti disagi solo per due possibili quinque. C’era qualcosa che non tornava, qualcosa di cui non erano al corrente.
-Ad ogni modo, hanno visto che siamo scappati. Non siamo ghoul ricercati e non so quanto ci abbia visto bene in faccia, ma è comunque meglio sparire per un po’ da questa zona.-
Era preoccupato. Kenma non lo capiva solo dal suo tono di voce, ma anche dal modo in cui si muoveva, in cui cercava disperatamente di dimostrare di avere tutto sotto controllo, quando invece erano entrambi in balia degli eventi.
-Dobbiamo riuscire ad arrivare da Iwaizumi e Oikawa.- disse poi il più grande, come colto da un’illuminazione. -La situazione non sembra calma, però. Dobbiamo stare attenti, va bene?-
La sola idea di dover continuare a camminare in quello stato rendeva le gambe di Kenma pesanti come macigni; avrebbe voluto lasciarsi cadere per terra e mettere le radici nell’asfalto, non dover pensare più. Tutta l’adrenalina gli era scivolata via dal corpo e ora si sentiva come un guscio vuoto e confuso, come se tutto si stesse muovendo troppo velocemente e lui non riuscisse a capire, né a pensare, né a processare quello che era successo.
Lo guardò smarrito e Kuroo gli diede due deboli pacche sulle spalle, tenendo poi la sua mano ben salda contro la sua schiena per aiutarlo ad avanzare. -Facciamo questo sforzo.-

Il sole calava velocemente. Il cielo abbandonava le sfumature calde e si faceva più scuro, di un azzurro intenso. Arrivarono alla metropolitana più vicina, scesero le scale e salirono sul treno.
Due fermate dopo, Kenma voltò la testa coperta dal cappuccio per guardare al di là del vetro mentre la metro rallentava. Aggrottò le sopracciglia e chiamò Kuroo appoggiandogli due dita sul braccio. Gli indicò con un cenno due persone in piedi sulla banchina.

Oikawa doveva essersi sentito osservato, perché non appena salì sul vagone, assieme a Iwaizumi e ad una piccola folla di persone, girò istintivamente il capo e incrociò gli occhi sorpresi di Kuroo, in piedi a qualche metro da loro: stava per rivolgergli un sorriso non troppo sincero, ma capì subito che c’era qualcosa che non andava.
Si fecero lentamente largo tra le persone che avevano affollato il vagone e solo quando gli furono vicini si resero conto che c’era anche Kenma, seduto, quasi nascosto dietro di lui.
-Cosa ti è successo?- mormorò Iwaizumi, turbato, non appena vide la pelle rossa e irritata e i vestiti bruciacchiati.
-Te lo spiego quando scendiamo da qui. Cosa fate qui? Stavamo venendo da voi.- rispose Kuroo, sempre a bassa voce.
-Lunga storia.- tagliò corto l’altro, scrollando le spalle.
-Abbiamo visto del fumo nero.- commentò Oikawa, dopo aver passato lunghi secondi a fissare un Kenma che proprio non ne voleva sapere di alzare gli occhi. -Aveva qualcosa a che fare con voi?-
Kuroo strinse le labbra e lanciò un’occhiata veloce attorno a sé. -Tutto bruciato.-
Stettero in silenzio fino alla loro fermata. Scesero tutti e quattro e Iwaizumi spalancò gli occhi per la sorpresa quando finalmente poté vedere come era ridotto Kenma.
Kuroo raccontò ciò che era successo mentre si dirigevano verso la loro casa, e Oikawa annuiva, pensoso e corrucciato: da una parte, non poteva fare a meno di pensare che ci fosse qualcosa di strano, nel metodo che avevano utilizzato le colombe; dall’altra, stava già pensando a cosa fare per aiutarli. Aveva già un paio di persone in mente: aveva contatti con vari gruppi, tutti che vivevano in condizioni più che dignitose e la cui identità da umani ruotava attorno a piccoli negozi e, soprattutto, café. C’era bisogno di qualcuno non eccessivamente violento, ma che fornisse una base solida.
Conosceva Kuroo e Kenma ormai da più di un anno, non si vedevano spesso, ma erano comunque conoscenze, e se c’era qualcosa che la vita gli aveva insegnato, era che le conoscenze tornano sempre utili. Non li considerava come veri e propri amici, eppure gli dispiaceva che non avessero nessun posto dove andare, o qualcun altro a cui chiedere aiuto. Ma, in ogni caso, lui era sicuramente la persona più adatta a cui rivolgersi.
Oikawa non era una persona straordinariamente generosa, né provava un particolare affetto per quei due ragazzi: il fatto era che Kuroo era un amico di infanzia di Iwaizumi, e nei confronti dell’altro ragazzino, sinceramente, provava solo una qualche sottospecie di triste compassione. In quel momento, vedeva in lui una sorta di specchio nel quale si rifletteva la sua immagine, vagamente offuscata, emersa da un tempo lontano.
Un tempo in cui anche lui era rimasto fisicamente e mentalmente ferito dopo essere stato privato delle sue due colonne portanti, della sua casa, della sua quotidianità, tutto in un lasso di tempo troppo breve: un orfanello dallo sguardo vuoto. Troppo familiare per non fargli nessun effetto.

-Prima cosa.- disse non appena furono entrati in casa, indicando Kenma con l’indice di una mano e appoggiando il mazzo di chiavi su un tavolino con l’altra. -Toglietegli la felpa di dosso, la pelle si sta rigenerando sulla stoffa e deve fargli un male terribile.-
Kenma si guardò il braccio e provò una sconcertante sensazione di nausea. Oikawa aveva ragione. Quasi tutte le abrasioni e le escoriazioni si erano per lo più rimarginate, le scottature bruciavano, ma ora non erano altro che pelle arrossata. Il vero problema era la stoffa fusa alla pelle.
Iwaizumi aiutò Kenma a togliersi lo zainetto e lo invitò a seguire gli altri al piano di sopra.
-Come gliela togliamo?- chiese Kuroo, chiaramente nervoso, salendo le scale.
Oikawa si fermò con un piede sull’ultimo gradino e si girò per guardarlo dall’alto, oltre la spalla.
-La strappi.-
Kuroo lo guardò così duramente che Oikawa gli rise in faccia.
-Preferisci andare in ospedale e far scoprire a tutti che è un ghoul? Mi spiace, non ci sono altri modi. La pelle si riformerà normalmente, forse gli rimarrà il segno, ma sarà comunque meglio di ora. Più aspetti, più è peggio.-
Finì di salire le scale e svoltò a destra, accese la luce della camera di Iwaizumi e la indicò a Kenma.
-Puoi sederti alla sedia della scrivania. Se non riesci a togliertela da solo puoi chiedere aiuto al tuo amico. Dopo che mi ha quasi rotto il naso al nostro primo incontro, io preferisco non toccarti.-
Kuroo e Kenma si guardarono un attimo, incerti, ma poi il più piccolo andò a sedersi con un sospiro sulla sedia e chiuse gli occhi, sotto lo sguardo agitato dell’altro.
-Che kagune hai?- chiese Iwaizumi liberando la scrivania così che Kenma potesse appoggiarci il braccio, anche se con qualche difficoltà.
-Bikaku.-
Oikawa teneva un quadernetto pieno di numeri di telefono in una mano e il cellulare nell’altra. Iniziò a comporre un numero, ma sentendo quella risposta alzò un attimo la testa.
-Oh, niente rinkaku? Allora sì, rimarrà decisamente il segno, mi dispiace molto.- commentò con un tono davvero troppo frivolo, tornando ad abbassare gli occhi sul display, per poi voltarsi e uscire dalla stanza sotto lo sguardo truce di Iwaizumi.
-Se mi cercate, sono a prenderlo a calci.- disse uscendo dalla stanza.
Kenma sentiva il cuore battere forte e il braccio pungere sempre di più, come se decine di aghi lo stessero trapassando dall’interno.
Vide il volto di Kuroo contratto e percepì della rabbia nella sua espressione, nel modo in cui guardava Oikawa, o perlomeno il punto in cui si trovava fino a qualche attimo prima.
-Fallo tu, da solo non riesco.- mormorò atono, attirando la sua attenzione. -L’ha detto anche lui che più aspetto più è peggio.-
Kuroo strinse le labbra e cercò di addolcire un’espressione che sapeva essere terrorizzata.
-Ti farà male.- disse, come se non fosse abbastanza ovvio, come se credesse che Kenma non lo avesse capito. Non vedeva paura nei suoi occhi, ma solo una sorta di rinuncia che, in qualche modo, lo faceva preoccupare.
-Lo so. Non importa.-

Oikawa teneva il telefono premuto contro l’orecchio e guardava distrattamente il vaso con la piccola pianta posato sul comodino.
Iwaizumi entrò a passo spedito in quella stanza, la camera di Oikawa, e si sedette sul letto affianco a lui.
-Potevi chiedermelo prima di portarli in camera mia. E poi Kenma ha appena perso i suoi genitori, non potresti avere un atteggiamento un po’ meno irritante? Mi fai venire voglia di prenderti a sberle.- ringhiò guardandolo dritto in faccia.
Oikawa gli posò un indice sulla bocca mentre rispondeva al telefono, radioso come sempre, e non fece neanche caso alla faccia incredula che fece l’altro, o al gesto indispettito con cui lo allontanò.
-Ah, signor Nekomata? Mi scusi se la disturbo a quest’ora, ma è davvero, davvero importante…-
 Un urlo proveniente dalla stanza accanto squarciò il silenzio della casa e Oikawa socchiuse gli occhi con una smorfia. Iwaizumi si alzò immediatamente in piedi con uno scatto e corse da Kuroo e Kenma.
-Sì, ha a che fare con questo…-
Kenma teneva la faccia premuta con forza contro il petto di Kuroo, gli occhi strizzati, e il respiro affannoso. Lo stava stringendo, Kuroo, attento a non sfiorare il braccio sinistro, rosso come il fuoco, sul quale la pelle sembrava riformarsi a vista d’occhio, e la mano sinistra di Kenma era aggrappata alla sua maglia con una forza tale che quasi si sentiva strozzare.
Aveva strappato quel groviglio di pelle e stoffa sciolta con un gesto secco. Poi, con gli occhi umidi e spalancati per la consapevolezza di essere stato la causa di quell’urlo terribile, aveva perso il conto delle volte che gli aveva sussurrato scusa tra i capelli scuri, quasi in trance.
Non aveva mai sentito la voce di Kenma in quel modo, men che meno l’aveva sentito urlare di dolore, e sentire quel suono solitamente pacato diventare all’improvviso prepotente e lacerante lo aveva profondamente sconvolto.
Vide Iwaizumi entrare in tutta fretta, salvo poi calmarsi vedendo che nulla era andato storto.
-Vedi? Si rigenera molto più facilmente senza corpi estranei a fare da ostacolo.-
Kenma riaprì gli occhi, ora neri e rossi, e fissò Iwaizumi coi denti digrignati e la fronte sudata.
-Deve aver fatto parecchio male, eh?- disse avvicinandosi e studiando la porzione di carne viva sul suo avambraccio. -Ma presto starai meglio, sicuro.-
Kenma si allontanò da Kuroo e cercò di calmarsi, perché sentiva il cuore in gola, e aveva paura che sarebbe esploso.
-Mi dispiace per la felpa, posso darti una maglia di Tooru. Ti starà un po’ grande, ma è meglio di niente… Se vuoi ti do anche una felpa, potresti avere freddo. Non metterla subito però, aspetta che si riformi la pelle.-
-Buone notizie!- lo interruppe Oikawa con tono trionfante e soddisfatto mentre metteva piede in camera. -Avete un posto dove dormire stanotte e, quasi sicuramente, per molte altre notti.-
I tre ragazzi lo guardarono, in parte meravigliati, in parte interrogativi. Oikawa mostrò loro un sorriso compiaciuto ma delicato e iniziò a frugare nell’armadio di Iwaizumi.
Kuroo afferrò al volo la maglietta e la felpa che gli lanciò per Kenma e abbozzò un sorriso nel vedere l’ex proprietario di quegli indumenti tirare un pugno sui reni a Oikawa, apostrofandolo con parole poco carine.
-Alzatevi, su, non c’è tempo da perdere! Si va a Akihabara!- esclamò poi Oikawa, massaggiandosi la schiena dolorante, ma senza perdere il suo sorriso, tanto lucente quanto tirato.
Kuroo aiutò Kenma a infilarsi la maglietta, stando attento a non toccare la carne viva. Il più piccolo fece due respiri profondi e cercò di non pensare al dolore, di distaccarlo da sé, esattamente come nelle ore precedenti. Non aveva tempo di pensare, dovevano solo fare: non sapeva perché fossero diretti in un quartiere così celebre e frequentato e decisamente particolare, ma non era quello il momento delle domande.
In metropolitana, Oikawa spiegò che aveva parlato con un certo signor Nekomata, un anziano che, a quanto pareva, possedeva un intero palazzo ad Akihabara, e aveva da sempre rapporti piuttosto stretti con la famiglia di Oikawa.
-Il signor Nekomata esercita influenza su un territorio piuttosto ampio e ha parecchi seguaci, dovete ritenervi fortunati di star entrando direttamente in quello che potrebbe essere, insomma… Sì, il quartier generale!-
Il cielo era ormai di un nero intenso, ma le luci colorate di Akihabara illuminavano le strade come se fosse giorno e Kuroo si ritrovò a guardarsi intorno a bocca aperta non appena risalì dalle scale della metro.
-Da questa parte.- disse Oikawa, attraversando le strisce pedonali. -E, Kuroo, togliti quell’espressione dalla faccia: non è il tipo di “vecchio ghoul” a cui tu e Iwa-chan siete stati abituati da piccoli, è una persona molto rispettabile, te lo assicuro.-
Kuroo guardò Iwaizumi con un piccolo broncio e quello annuì: anche se dover dare ragione a Oikawa era sempre difficile, aveva incontrato più volte il signor Nekomata in quegli anni e poteva confermare che effettivamente era una persona affidabile e giudiziosa.
Si fermarono davanti ad una palazzina di cinque o sei piani, con una grossa insegna colorata sulla quale si leggeva, a caratteri tondeggianti, la scritta “Nekoma” compresa tra due impronte di gatto.
Kenma aggrottò appena la fronte e stava per chiedere cosa fosse, ma una voce pacata e tremolante lo anticipò.
-Tooru, Hajime! Ma quanto siete cresciuti, come passa il tempo… Come sta tuo zio, Tooru? Non lo sento da una settimana, ho bisogno di nuovi fiori.-
Un vecchietto rugoso e zoppicante uscì lentamente dalla porta, avvicinandosi a loro con le braccia dietro la schiena.
Iwaizumi guardò con la coda dell’occhio e una nota di disappunto il sorriso stucchevole di Oikawa.
-Dirò a mio zio di chiamarla, allora!- cinguettò inclinando la testa.
-E voi due dovete essere Kuroo e Kozume, Oikawa mi ha spiegato brevemente cosa vi è successo oggi… È un peccato, un vero peccato.- disse scuotendo la testa, mentre i due diretti interessati lo salutavano con un inchino. -Mi fido della famiglia Oikawa, e non ho problemi a dire che non avrei mai preso una decisione del genere tanto velocemente se me l’avesse chiesto qualcun altro… Ma non perdiamo tempo, avete sicuramente bisogno di riposare dopo una giornata del genere, venite con me.-
Oikawa e Iwaizumi si congedarono e Kenma e Kuroo seguirono l’anziano signore dentro il palazzo silenzioso.
-In questa palazzina ci sono per lo più appartamenti. Tutti miei, tutti abitati da ghoul fedeli a me e al gruppo di Nekoma.- spiegò mentre salivano le scale. -So che non avete nessuno a cui appoggiarvi, né un posto dove andare, giovani come siete... Quindi, io vi offro l’opportunità di entrare a far parte di questa comunità.-
Kenma rallentò e alzò la testa, il braccio appoggiato al corrimano.
-Oh, ma non preoccupatevi, non mi dovete dare una risposta subito! Avete passato una brutta giornata: per questa notte, dormite e riposatevi, senza preoccupazioni. Domani avrò tempo di spiegarvi molte più cose su come funziona questo posto.-
Arrivarono al secondo piano e Nekomata tirò fuori una chiave, per poi aprire una porta e invitarli ad entrare.
-Prego, prego, fate come se foste a casa vostra! Dovrebbe esserci tutto il necessario, ecco, e questa è la chiave. Se avete qualche problema, mi trovate nell’appartamento al piano terra.-
Kuroo prese la chiave e assieme a Kenma ringraziò di cuore quel piccolo e sorridente signore dall’aria rilassata e disponibile.
-Buonanotte!- li salutò richiudendo la porta mentre agitava la mano.
L’appartamento era abbastanza grande, e sembrava che non mancasse nulla. La camera da letto comprendeva un armadio, accanto al quale stava un tavolo con una sedia, e dall’altra parte della stanza c’erano due letti singoli divisi da un comodino sul quale era posata una abât-jour. Si trascinarono sui letti, sfiniti, e si godettero un quarto d’ora di meritato silenzio e pace.
Kenma sentì le membra rilassarsi sempre di più, un nodo al centro del petto che non si era davvero accorto di avere si stava sciogliendo alla luce calda e soffusa della lampada.
-Dovevano iscriverti a scuola.- disse con voce talmente flebile che per un attimo Kuroo pensò di essersela immaginata.
-Ma non l’hanno mai fatto.- continuò, come in uno stato di incoscienza. -E non possono più farlo.-
Kuroo si accigliò e aprì la bocca, ma sentì un singhiozzo soffocato, e poi altri, che si fecero a poco a poco più rumorosi.
Finalmente piangeva. Si voltò e vide che gli dava la schiena, scossa dai fremiti. Era giusto che piangesse, che lasciasse che tutta la tensione gli uscisse dal corpo: aveva pianto, preso dal panico, dopo la fuga disperata di quel pomeriggio, ma Kuroo aveva visto che non era finita, che si era bloccato, pietrificato. Aveva cercato di lasciare fuori tutto, la morte dei suoi genitori, il dolore, la paura, ma non erano cose che avrebbe potuto isolare, perché non erano esterne, ma dentro di lui. Ma ora, senza più nessuno attorno a lui tranne Kuroo, tutte quelle emozioni avevano ripreso a traboccare come l’acqua da una fonte.
Kuroo si alzò, si sedette sul suo materasso e, non appena Kenma si voltò istintivamente verso di lui, gli prese la testa con entrambe le mani. La sollevò piano per guardarlo negli occhi.
-Voi avete salvato me.- disse con un tono dolcissimo, alla vista di quegli occhi lucidi e arrossati. -Ora credo di dover essere io a salvare te.-
Kenma strizzò gli occhi e strinse i denti. Avrebbe voluto scuotere la testa, o tornare a nasconderla, ma le mani di Kuroo glielo impedivano.
-Ho sentito Niku che miagolava.- mormorò mentre due grosse lacrime gli rigavano le guance, con una smorfia che fece accartocciare il cuore al più grande.
-È inutile pensarci. Troveremo un modo per…-
-Non voglio una nuova vita, Kuro. Voglio la mia.- lo interruppe, con voce graffiante e umida.
Kuroo non poté ribattere e abbassò lo sguardo. Si stese accanto a lui e lo abbracciò, lo tenne stretto. Voleva dimostrargli che era forte, solido, senza paura. Eppure la stanchezza e l’angoscia lo opprimevano e il pianto di Kenma era insopportabile, sentì gli occhi farsi lucidi e il petto sempre più pesante e non sapeva più cosa fare per trattenersi, perché si sentiva perso, distrutto.
Gli accarezzò la schiena mentre strizzava gli occhi e si scioglieva in pesanti singhiozzi, che andarono a mischiarsi a quelli di Kenma. Appoggiò la fronte contro la sua, la mascella contratta, il bisogno di farsi minuscolo e venire inglobato dal vuoto, perché lì non voleva più starci, non ne aveva alcuna forza.
Kuroo continuò a passare la mano sulla sua schiena finché i singhiozzi di entrambi si affievolirono e il respiro di Kenma si fece regolare contro il suo collo, finché gli occhi arrossati non si chiusero piano e le piccole carezze si fecero più lente e leggere. La tensione si sciolse sulle guance bagnate, sul collo rilassato. Loro respiravano e i cuori battevano, e quello era un sollievo.


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Note e chiarimenti
Il titolo del capitolo è un celebre palindromo latino che mi ha sempre affascinata tantissimo. Significa "Giriamo attorno di notte e siamo consumati dal fuoco", e si riferisce forse alle falene. Io comunque ho voluto usarlo come descrizione di quello che accade in questo capitolo: Kenma e Kuroo passano una notte movimentata e, tristemente, sono consumati dal fuoco. L'idea di "consumarsi" per il fuoco potrebbe essere anche riferita a Oikawa che si logora nel ricordo di Tobio. La struttura circolare del titolo inoltre si ricollega inoltre alla frase detta da Kuroo: Kenma e la sua famiglia l'hanno salvato, e ora tocca a lui salvare Kenma, come se ci dovesse essere una circolarità, come se tutto tornasse al punto di partenza.
Ringrazio tutti quelli che hanno recensito e/o che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
Spero che continui a piacervi; capitolo 6 tra tre settimane!

 
   
 
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