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Autore: Ode To Joy    12/10/2016    6 recensioni
REWRITING in Progress
[Kageyama x Hinata]
[Iwaizumi x Oikawa]
[Daichi x Suga]
"Ti racconto una cosa: quando un corvo riesce a trovare il proprio compagno gli rimane accanto per tutta la vita."
In un mondo la cui storia è scritta da continui giochi di potere tra principi e re, due regni continuano a scontrarsi senza che vi sia mai un vincitore.
"C'è una lezione che non devi mai dimenticare: un Re che decide di combattere da solo, è un Re sconfitto in partenza."
In un mondo in cui si può solo perdere o vincere tutto, alle volte è utile ricordare che anche il più grande avversario può divenire il più forte degli alleati.
"Alla fine, il Re più potente è sempre quello con a fianco più compagni disposti a seguirlo fino alla fine."
[Medieval+Fantasy -AU]
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Koushi Sugawara, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama, Tooru Oikawa
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Raven Crown '
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26
Di eredi e condanne


 
 
 
In cuor suo, Koushi aveva sempre saputo che quel giorno sarebbe arrivato.
Lo aveva saputo nel momento in cui aveva preso il suo Shouyou tra le braccia per la prima volta ed aveva finto che non sarebbe divenuto meno suo compleanno dopo compleanno. Sapere da Tooru che il fato aveva destinato il suo bambino al Principe Demone non aveva fatto altro che segnare un punto quasi certo della vita di Shouyou in cui il sole sarebbe sorto su quel fatidico giorno.
Il giorno in cui un bellissimo fanciullo dagli occhi blu e dai capelli corvini s’inginocchiò al cospetto suo e del suo Re per chiedere di concedergli una delle due ragioni che davano senso ad ogni loro respiro.
Shouyou non si era nemmeno rivestito. Se ne stava in piedi alle spalle del Principe Demone con solo una vestaglia leggera sopra la camicia da notte. Tobio, invece, era inginocchiato a terra, al cospetto loro, dei Cavalieri più fidati del Re e delle loro dame.
Aveva espresso la sua richiesta guardandoli dritti negli occhi.
Shouyou, invece, se ne era stato con i suoi fissi sul pavimento, come se provasse vergogna o timore.
Quando Tobio ebbe finito di parlare, nella stanza cadde un pesante silenzio.
La bocca di Koushi era una linea sottile e sollevò gli occhi sul viso del suo Re attendendo che prendesse la parola per primo. Daichi non si era espresso in alcun modo fino a quel momento ed ora Koushi scorgeva sul suo volto sfumature che non aveva mai visto prima.
Fece un passo in avanti e Tobio abbassò lo sguardo con rispetto.
Era educato per essere il ladro che li stava derubando del loro futuro.
Koushi sapeva che non avrebbe dovuto pensare così di quel fanciullo, che non avrebbe dovuto vivere quella situazione in quel modo funesto ma se poteva impedire alla sua bocca di parlare con sincerità, non poteva mettere a tacere in modo altrettanto efficace il suo cuore.
“Parli per suo ordine?” Domandò Daichi con voce tremante di rabbia.
Koushi fissò lo sguardo sulla nuca del compagno, poi si accorse che aveva stretto i pugni tanto forte che temette si sarebbe ferito i palmi delle mani da solo.
“Parla! Sei qui per suo ordine?” Sbottò il Re dei Corvi.
Shouyou sobbalzò e Tobio abbandonò ogni formalità e si sollevò in piedi, gli occhi blu confusi ed intimoriti al contempo. “Non so di cosa state parlando, mio Re.”
“Dei piani matrimoniali del Re Demone, ad esempio!” Rispose Daichi con rabbia. “Del fatto che mio figlio sia erede di un piccolo Regno e che sia ignaro delle regole crudeli del mondo, a differenza tua!”
Koushi guardò Shouyou e notò come gli occhi di suo figlio si erano fatti confusi e spaventati di colpo.
Tobio, però, superata l’esitazione iniziale, non si azzardò a retrocedere nemmeno di mezzo passo. Si mosse in avanti, invece e resse lo sguardo di Daichi alla perfezione. “Se avete mai pensato, sire, che io sia un pupazzo nelle mani di uno dei miei genitori, vi sbagliate di grosso!” Replicò con orgoglio ed arroganza al tempo stesso. “Sono un futuro Re che è venuto qui con l’intenzione di parlare con un suo pari e non per essere additato come un burattino facile da manipolare. Siete al cospetto del Principe Demone, state guardando negli occhi quello che diverrà Re, Primo Cavaliere e Generale Supremo del Regno di Seijou, quindi abbiate il rispetto di rispondere a me, alle mie parole e non quelle di mia madre!”
Il silenzio che cadde allora, se possibile, fu ancor più pesante del precedente.
Ci fu un attimo, uno solo, in cui Koushi temette che Daichi avrebbe alzato il pugno ed avrebbe colpito il Principe Demone in volto. Poco importava che fossero ancora ospiti del Castello Nero e quel gesto avrebbe potuto avere conseguente politicamente gravi.
Non lo fece. Al contrario, retrocedette di un passo e Tobio rilassò le spalle di fronte a quella dimostrazione di rispetto. Dopo, si voltò verso Shouyou. “Il Re Demone aveva pensato ad un matrimonio combinato tra noi due,” confessò senza vergogna. “Non ho mai assecondato questo piano. Non ti ho mai avvicinato per fargli piacere e non te ne ho parlato perché non volevo spaventarti inutilmente, dato che ero il primo ad essere disaccordo.”
Shouyou esitò un istante, poi annuì e la confusione sfumò via dagli occhi d’ambra.
Koushi se ne sorprese: erano bastate poche parole per placare i timori che avevano fatto infuriare il suo stesso padre? Quanta fiducia riponeva il loro Shouyou in quel Principe?
“Rinnovo la mia richiesta,” disse Tobio tornando a guardare il Re dei Corvi. “Vi chiedo di mettere l’educazione da Cavaliere di vostro figlio nelle mie mani. Vi do la mia parola che sarà sotto la mia protezione per tutto il tempo che passerà nelle terre del Regno di Seijou e la sua persona non verrà usata per alcun motivo politico che possa nuocere a lui o a voi. Di conseguenza, mio Re, nessuno sarà obbligato a sposare nessuno e non sarei qui ad espormi se il vostro Principe non mi avesse già assicurato che è, prima di tutto, un suo desiderio restare qui.”
Shouyou seppe di dover potare lo sguardo sui suoi genitori a quel punto e si sforzò d’ingoiare il nodo che gli stringeva la gola per dare voce alla sua volontà. “È così,” confermò. “Tobio non ha mai fatto o detto nulla che mi facesse sentire obbligato a restare. In realtà, sono stato io il primo ad aver dimostrato reticenza a voler lasciare il Castello Nero così presto.”
“È davvero Shouyou quello che sta parlando?”
Koushi sentì Ryuu chiedere a bassa voce alle sue spalle.
“Shhh… È diventato grande, vero?” Replicò Yuu con quello che sembrava essere orgoglio.
Koushi sapeva che avrebbe dovuto sentirsi così a sua volta, eppure non ci riusciva.
Suo figlio se ne stava di fronte a loro a testa alta facendo valere le ragioni dietro al suo desiderio e Koushi non riusciva ad essere felice per quella sua crescita improvvisa. Shouyou era sbocciato in poco più di tre settimane e non era stato grazie a loro.
La loro creatura si portò in avanti, affiancandosi al Principe Demone come un suo pari e Tobio lo accettò.
“Io voglio restare!” Esclamò Shouyou con fermezza. “So di chiedervi molto ma è il solo desiderio che io abbia mai espresso e vi prego di ascoltarlo.”
Diretti. Sinceri.
Nelle parole di Tobio non c’era stata alcuna traccia dell’ombra degli inganni e degli enigmi di Tooru.
Era stato cristallino sia nell’affermare la sua posizione lontano da quella del Re Demone, sia nel farla valere come altrettanto significativa.
Che cosa avrebbe potuto dire il Re dei Corvi per negare al suo erede quel desiderio del tutto innocente?
Che cosa avrebbero potuto fare Koushi e Daichi per riprendere il loro primogenito con loro e portarlo a casa senza assomigliare più a dei carcerieri che a dei genitori?
Non potevano, semplicemente e lo sapeva entrambi.
“Parleremo con il Re Demone e col il Primo Cavaliere,” disse Daichi.
Koushi abbassò lo sguardo: potevano solo prendere tempo.
“Da pari a pari, non siete ancora il signore di questo castello e la presenza di un altro Principe all’interno di una corte tanto affollata potrebbe avere delle conseguenze economiche che ancora non ti riguardano.”
Tobio annuì ma il suo viso era tranquillo e così lo era quello di Shouyou.
Koushi sapeva il perché: Tooru avrebbe fatto i salti di gioia nel sapere che entrambi i loro Principi avevano deciso del loro futuro insieme ancor prima d’interpellare loro.
Non era certo che avrebbe avuto lo stomaco di sopportare il suo entusiasmo.
 
 
***
 
 
Il sole era calato e la luna si era alzata fino a raggiungere il punto più alto del cielo.
Le stelle erano brillanti ed il vento sembrava essersi placato per rendere l’aria di quella notte di grandi decisioni più soffocante di quanto già non fosse per chi non riusciva a chiudere occhio.
Il Castello Nero dormiva ma due fanciulli non sarebbero riusciti a chiudere occhio quella notte.
“Perché ci mettono tanto?” Si domandò Tobio andando avanti ed indietro con le braccia incrociate contro il petto. Nessuno si era disturbato ad invitarlo a tornare nelle sue stanze nell’attesa che i due Re terminassero di accordarsi sui dettagli di quella nuova situazione. Forse, volevano evitare che origliasse la conversazione e concedesse loro il massimo riserbo o, semplicemente, erano rimasti tutti talmente storditi dalla sua richiesta e dalla fermezza che Shouyou aveva dimostrato nell’assecondarla che nessuno aveva avuto il coraggio di cacciarlo.
Shouyou era seduto al centro del letto con le ginocchia strette al petto e lo sguardo fisso sulla figura del Principe. “Che cosa è successo nella foresta di preciso?”
Tobio nemmeno lo guardò. “Niente d’importante…”
“Sei entrato qui come un pazzo, Tobio,” gli ricordò Shouyou. “E quando Kei e Tadashi sono tornati ti hanno guardato come se lo fossi realmente.”
Vi erano solo una decina di candele ad illuminare la stanza ma Shouyou non si fece sfuggire il modo in cui le guance del Principe Demone si colorarono un poco. “Uno dei miei Cavalieri ha trafitto un corvo durante una battuta di caccia… Per gioco, hanno detto.”
Shouyou fece una smorfia, poi, però, le sue labbra si piegarono in un timido sorriso. “Hai temuto che fossi io?”
“Non farmi ripetere…” Si limitò a dire Tobio continuando a vagare avanti ed indietro.
Shouyou sospirò. “Mi fai venire l’agitazione così…”
“Sono nervoso,” replicò Tobio.
“Lo so,” ammise il Principe dei Corvi. “Vieni qui…”
Tobio si fermò e lo guardò con gli sgranati. “Cosa?”
Shouyou batté una mano sulla coperta. “Vieni qui,” disse. “Parliamo…”
“Di cosa?”
“Non lo so,” ammise il Principe dei Corvi. “Troviamo sempre qualcosa di cui parlare.”
“Davvero?” Domandò Tobio inarcando le sopracciglia.
“Davvero!” Shouyou annuì con un sorriso, poi i suoi occhi s’illuminarono come un’idea prese forma nella sua mente. “Parlami del mare…”
Il Principe Demone lo guardò confuso. “Come?”
“Sì,” Shouyou annuì. “È una cosa di cui ha parlato Tsutomu quando me lo hai presentato ma non ho mai avuto occasione di chiederti nulla. Lui ha parlato del fatto che sei tornato dal mare…”
Tobio esitò, poi camminò accanto al letto e si sedette sul bordo del materasso in modo da poter guardare comodamente il Principe dei Corvi negli occhi. “Era un progetto dei miei genitori,” spiegò. “Dopo la conquista di Dateko, il Re espresse il desiderio di esplorare i mari ed il Primo Cavaliere gli rispose che avrebbe organizzato la missione ed in un paio d’anni sarebbero potuti ripartire.”
“La scorsa primavera…”
“Già…” Tobio annuì. “Il Re, però, ha rivolto la sua attenzione ad altro in questi due anni ed il progetto è andato comunque avanti ma…”
“Siete partiti solo tu e tuo padre.”
Tobio annuì. “Siamo partiti in primavera e siamo tornati all’inizio dell’estate. Quasi tre mesi in mare.”
Shouyou appoggiò la nuca al cuscino e lo guardò con aria sognante. “È bello, vero?” Domandò. “Andare per mare… Viaggiare in direzioni sconosciute…”
“Se riesci a sopportare il mal di mare…”
“Mal di mare?”
Tobio ghignò divertito. “La maggior parte dei Cavalieri della mia generazione ha vomitato dal primo all’ultimo giorno di navigazione e, ogni volta che ci fermavamo ad un porto, scendevano dalla nave tanto velocemente che sembrava volassero.”
Shouyou rise. “Poveretti…”
“Deboli in tutto e per tutto.”
“E smettila!” Esclamò Shouyou. “Non tutti nascono con le tue doti, sai?”
Tobio lo guardò storto. “E questo cosa centra?”
“Centra eccome!” Affermò il piccolo Principe. “Tu sei nato dalle due personalità che più di ogni altra hanno influenzato la storia di questa generazione. I nomi dei tuoi genitori vengono nominati insieme a quello del Re dell’Aquila. Non prima, né dopo… Insieme! Tu non potevi essere altro che un’altra stella luminosa come loro! Non puoi pretendere che lo siano tutti, però… Ed il fatto che non lo siano non li rende meno importanti o utili. Sono vite, sono persone e non importa quanto sei geniale come Generale, come Cavaliere o come Arciere, un minuto da solo su di un campo di battaglia contro un esercito e sei morto.”
Tobio lo guardò duramente. “Vuoi dire che tutto quello che sono lo devo solo ed unicamente ai miei genitori?”
“Non prenderla così,” disse Shouyou. “Non sto dicendo che non ti meriti la tua fama. Dico solo che non è un crimine essere umani… Semplicemente umani, tutto qui.”
Tobio non replicò e Shouyou seppe che lo aveva ascoltato.
“Probabilmente, saresti stato un Principe anche senza un titolo,” aggiunse.
Gli occhi blu si fecero confusi. “E come avrei fatto?”
“Come tutti gli antichi Re,” rispose Shouyou. “Diventando grande con le tue sole forze… E la benedizione del destino, ovviamente.”
Tobio fece una smorfia divertita, poi ridacchiò a bassa voce.
“Che cosa c’è?” Domandò Shouyou.
“Niente…”
Il piccolo Principe si fece più vicino. “Dai, che cosa c’è?”
Tobio scrollò le spalle. “Niente, hai solo detto qualcosa che ho sentito ripetere spesso dal Primo Cavaliere ma con parole diverse.”
Shouyou sorrise. “Tuo padre dice che sei un Principe per natura e non per diritto di sangue?”
“No, lo dice di mia madre.”
Gli occhi d’ambra studiarono con attenzione il viso del Principe Demone e non si lasciarono sfuggire la sfumatura malinconica di cui si tinsero quelle iridi blu. “È la seconda volta che lo fai…”
“Cosa?” Domandò Tobio guardandolo.
“Che ti riferisci al Re come uno dei tuoi genitori,” rispose Shouyou. “Lo hai fatto anche prima, mentre tenevi testa a mio padre. Non credo che tu te ne sia nemmeno reso conto.”
“Ho agito d’istinto,” si giustificò Tobio. “Non sopporto che qualcuno confonda il mio agire con quello del Re Demone.”
“Sì, l’hai fatto capire molto bene.” Shouyou reclinò la testa da un lato. “Non capisco il perché della rabbia che ci metti nel sottolinearlo, però. È tua madre…”
“È un Re,” replicò Tobio freddamente. “Ai Re non piace confondersi con altri Re, nemmeno se sono i loro figli.”
Shouyou arricciò il naso. “Di nuovo la stupida logica del potere.”
Tobio lo guardò storto. “Dovrà essere la logica con cui imparerai a pensare.”
“Perché?” Domandò il Principe dei Corvi con una smorfietta sarcastica. “Vuoi rendermi un Re dopo aver fatto di me un Cavaliere?”
“Se necessario, lo farò.”
Gli occhi di Shouyou si fecero grandi a quell’affermazione. “Cosa?”
“Ufficialmente, completerai la tua educazione alla corte del Re Demone,” spiegò Tobio. “Tutti i Regni liberi ne parleranno. È praticamente una faccenda politica…”
Shouyou inarcò le sopracciglia. “Sto per dichiarare guerra a qualcuno?”
Tobio sbuffò. “No, idiota!” Esclamò. “Ma diverrai un uomo tra queste mura, mentre sei sotto la mia tutale e se non diverrai un Re capace questo toccherà immancabilmente anche il mio nome. Quindi, sì, ti renderò un Cavaliere e quando avrò finito farò in modo che tu divenga un Re.”
Shouyou lo guardò sospettoso. “Hai appena detto che ai Re non piacciono gli altri Re.”
“Perfetto, noi non ci sopportiamo.”
Shouyou scrollò le spalle accettando quella semplice verità come se non avesse alcun peso sul loro futuro, poco importava che fosse quasi deciso che lo avrebbero affrontato insieme. “Parlami di nuovo del mare…” Chiese Shouyou.
“Lo hai già visto,” gli ricordò Tobio. “Quando eravamo bambini.”
Shouyou ridacchiò. “Tu non avevi ancora sei anni ed io li avevo appena compiuti. Non ho più visto il mare d’allora.”
Tobio sospirò. “Che cosa vuoi sapere?”
“Tutto!” Esclamò Shouyou. “Non credo che dormiremo molto questa notte, comunque. Tanto vale aspettare parlando, no?”
Tobio non gli disse che aveva ragione, si limitò ad assecondare il suo desiderio. “Non hai idea di quanto tu sia piccolo, fino a che non ti ritrovi in mezzo al mare nel cuore della notte e ti ritrovi completamente circondato da stelle…”
“E fa paura?”
“No. È bellissimo…”
 
 
***
 
 
“Hai mai pensato di rinunciare a Tobio?”
Hajime sollevò lo sguardo dai gradini di pietra solo dopo che Daichi gli ebbe posto quella domanda.
Non sapeva da quanto se ne stavano seduti lì, al buio e non aveva idea di quanto ci sarebbero rimasti ancora. Lanciò un’occhiata veloce alla porta degli appartamenti reali ma non riusciva ad udire nulla. Qualunque cosa stessero facendo Tooru e Koushi in quella stanza la stavano facendo in silenzio.
“No,” rispose alla fine. “Tobio è l’unico figlio di Tooru. È nato per sedere sul Trono Nero e ho sempre saputo che, per quanto la vita potesse allontanarlo da noi, sarebbe sempre tornato qui perché questo è il suo posto. Inoltre, se ci sarà una battaglia o una guerra nel suo futuro, è mio dovere come Primo Cavaliere e Generale Supremo combattere al suo fianco fino al mio ultimo respiro, perciò… No, Daichi, non ho mai temuto di dover rinunciare a lui.”
Il Re dei Corvi annuì, gli occhi scuri fissi sul vuoto. “Io non ho mai preso in considerazione l’idea di dover rinunciare a Shouyou,” ammise. “Non ho mai… Shouyou è il mio primogenito e, come tale, la mia corona sarà sua un giorno e…” Prese un respiro profondo combattendo un peso invisibile che gli opprimeva il petto. “Ho mandato avanti il mio Regno perché fosse libero ed indipendente. Non l’ho reso una grande potenza ma l’ho reso un posto sicuro.”
“Non hai nulla di cui rimproverarti, Daichi,” lo interruppe gentilmente Hajime. “Il tuo popolo ti ama, i tuoi uomini ti seguirebbero fino alla morte, il tuo consorte ti sostiene con lealtà ed i tuoi figli sono cresciuti con un padre, prima di un Re. Non hai assolutamente nulla da rimproverarti.”
“Allora perché mi sembra di non aver dato abbastanza a mio figlio?” Domandò il sovrano. “Perché mi sembra che non voglia tornare a casa perché noi non gli abbiamo dato…”
“Non vuole tornare a casa perché casa non è abbastanza,” replicò Hajime.
Daichi lo guardò ed il Cavaliere notò l’accusa nei suoi occhi. Scosse la testa. “Nemmeno a te casa è bastata, Daichi,” disse. “Non ti è bastata quando non ti è stato permesso di avere Koushi come lo desideravi.”
“Era diver…”
“Non lo è.”
Daichi lo guardò duramente. “Che cosa stai cercando di dirmi?”
“Che a te volevano far sposare una dama educata ad essere una Regina ma hai scelto un Arciere,” rispose Hajime. “Tu hai educato Shouyou a non fare rumore, a non attirare l’attenzione ma tuo figlio è come il sole, Daichi,” gli venne da ridere. “È impossibile non notarlo. È impossibile contenerlo e… No, tu e Koushi gli avete dato tutto quello di cui aveva bisogno ed è proprio per questo che adesso ha potuto guardarvi negli occhi e dirvi con sincerità quale è il suo desiderio. Si è fidato di voi.”
Il viso di Daichi si distese un poco e posò di nuovo gli occhi sui gradini di pietra. “Mi stai dicendo che fino a che mio figlio non si sente costretto a mentirmi per essere se stesso, non sono un cattivo padre?”
Hajime annuì con un mezzo sorriso. “Qualcosa del genere…”
Daichi non gli disse che probabilmente Shouyou gli aveva già mentito con la complicità di sua madre e non gli disse che Tobio era stato capace di capirlo e sostenerlo in quelle poche settimane meglio di quanto non avesse mai fatto lui per paura di metterlo in pericolo. Non aveva preso in considerazione la possibilità che sarebbe arrivato il giorno in cui Shouyou lo avrebbe guardato negli occhi chiedendogli, anche se indirettamente, che di quella protezione non aveva bisogno.
Forse, non se ne era nemmeno reso conto quando lo aveva detto ma era stato Tobio a togliergli quella responsabilità dalle mani e lo aveva fatto senza sapere che gli stava strappando dalle mani un suo diritto e dovere di padre. “Allora perché non riesco a respirare?”
Hajime abbassò lo sguardo si umettò le labbra. “Perché siamo ragionevoli e ci ripetiamo ogni giorno che, anche se li abbiamo messi al mondo noi, i figli non sono una nostra proprietà…” Sorrise con amarezza. “Non è vero. Non importa che sia giusto o sbagliato, in fondo al cuore vogliamo solo che siano nostri prima di qualunque altra cosa per sempre e fa dannatamente male rendersi conto che non è possibile.”
 
 
Tooru era seduto sulla poltrona di fronte al caminetto della sua camera.
Quasi quindici anni prima, quando Hajime tornava nelle loro stanze dopo un’intera giornata di doveri, si sedeva lì, prendeva Tobio tra le braccia e gli parlava a bassa voce per tanto di quel tempo che Tooru restava incantato a guardarli fino a che il sole non tramontava ed anche allora sarebbe potuto rimanere a guardarli fino al mattino. Non la ricordava più l’ultima volta che aveva vissuto un momento felice in quelle stanze.
Avrebbe dovuto fare i salti di gioia per il modo in cui Tobio si era fatto valere al cospetto dei Re dei Corvi ma non ci riusciva, non mentre Koushi se ne stava appoggiato all’arco della portafinestra che portava sul balcone con il viso bagnato di lacrime e gli occhi rivolti alla luna. “Devi giurarmelo su ciò che hai di più caro al mondo,” disse e, nonostante le lacrime, la sua voce era ferma, quasi minacciosa. “Giuramelo sul tuo Regno… Giuramelo sulla vita di tuo figlio, se devi.”
Gli occhi dorati si voltarono verso di lui e Tooru dovette stringere i pugni per costringersi a non abbassare i suoi. Prese un respiro profondo e si alzò in piedi. “Mio figlio ti ha detto che è sotto la sua protezione,” disse. “Capisco che sia difficile fidarsi di un fanciullo di quattordici anni ma la sua parola vale più di qualsiasi trattato reale.”
Koushi gli puntò l’indice contro. “Tu…” Disse avvicinandosi. “Tobio lo affronterò più tardi ma prima devi farmi un giuramento anche tu.”
“Te lo giuro sulla mia vita,” replicò Tooru. “Non gli accadrà niente, nessuno gli torcerà un capello senza essere prima passato sul mio cadavere.”
Koushi piangeva ma il suo sguardo era terribilmente minaccioso. “Nemmeno per il potere?”
Il viso di Tooru rimase immobile. “La vita di tuo figlio è legata a quella del mio. Ti basta come garanzia?”
Koushi resse il suo sguardo ancora un po’, poi tirò su col naso ed abbassò il viso. “Sì,” disse annuendo. “Sì, mi basta.”
 
 
***
 
 
Il rumore della porta della loro camera che si richiudeva fu come quello di un colpo di cannone dopo un’esecuzione.
“Non dovremmo passare da Shouyou?” Domandò Daichi rimanendo in piedi al centro della stanza, mentre Koushi si sedeva in fondo al letto portando le dita ai nastri della camicia.
“Non hai visto la luce che filtrava da sotto la porta?” Domandò il consorte reale di Karasuno. “Sono ancora insieme… Credo stiano parlando.”
L’espressione di Daichi si fece severa. “È ancora mio figlio, ho il diritto di…”
“Hai idea di quante notti passeranno insieme?” Domandò Koushi con un sorriso malinconico ma paziente. “Non potrai perdere la testa ad ogni tramonto al pensiero che Shouyou possa essere in compagnia di un altro fanciullo, lontano da occhi indiscreti.”
“Cominciano ad essere un po’ troppe cose insieme d’accettare, Koushi.”
“Stanno parlando,” ripeté Koushi con dolcezza. “Stanno solo parlando…”
Daichi rimase fermo al centro della stanza per un altro istante di reticenza, poi sospirò ed andò a sedersi accanto al suo compagno. “Che cosa dobbiamo fare a questo punto?”
Koushi scosse la testa. “Niente…” Rispose. “Domani, lo diremo a Natsu e a tutti gli altri e, dopo, partiremo… Credo…”
Daichi gli rivolse un sorriso tirato. “Ha tifato per Tobio fin dal primo giorno, la nostra bambina…” Disse quasi divertito, poi strinse le labbra. “Non credo abbia realizzato che la vittoria del Principe Demone avrebbe significato perdere suo fratello.”
“Non lo stiamo perdendo,” replicò Koushi.
“Ah, no?” Domandò Daichi con sarcasmo. “E quello che sta succedendo come lo chiami?”
Inevitabile…” Rispose Koushi. “Lo chiamo inevitabile.”
Daichi voltò il viso dalla parte opposta in modo che il consorte non potesse guardarlo negli occhi ma erano insieme da troppo tempo perché Koushi non lo notasse. “Daichi…” Chiamò passando le dita tra i capelli corvini del suo compagno. Erano tese le spalle del suo Re ed il suo respiro era irregolare, come se qualcosa gli comprimesse il petto. “Daichi, non nasconderti da me…”
“Maledizione…” Imprecò il Re prendendosi la testa tra le mani, la schiena scossa appena per i singhiozzi che riusciva a stento a trattenere.
Koushi gli circondò le spalle con un braccio. “Oh, Daichi…”
Ci volle qualche istante perché il Re dei Corvi potesse guardare il suo compagno in faccia. “Mi ha sfidato guardandomi negli occhi, lo capisci?”
“Parli di Shouyou?”
“Parlo di Tobio,” rispose Daichi. “Io ho perso la testa e lui mi ha guardato negli occhi con fierezza e mi ha rimesso al mio posto come se il ragazzino fossi io.”
Koushi si umettò le labbra. “Non è stato sgarbato… Forse, arrogante ma non sgarbato.”
“Appunto…”
“T’infastidisce che un fanciullo di quattordici anni ti abbia tenuto testa?”
“M’infastidisce che quel fanciullo di quattordici anni mi abbia tenuto testa mentre, di fatto, mi portava via mio figlio.”
Koushi accennò un sorriso. “Non lo sta rapendo, Daichi. Al contrario, la risposta di Shouyou era quella importante per lui e non la nostra. Sono venuti da noi solo dopo.”
“E questo lo sopporto ancor meno.”
“Lo hai sentito,” gli ricordò Koushi accarezzandogli la schiena. “Shouyou era terrorizzato all’idea di farci del male… E lo sta facendo ma questo non significa che il suo desiderio sia sbagliato, lo capisci? Sarebbe sbagliato farglielo pesare…”
“Lo so,” Daichi annuì, “saperlo ed accettarlo, però, sono due cose differenti.”
“Potrà tornare a casa in ogni momento, Daichi. Non è un addio è solo un grosso cambiamento.”
“Koushi…” Il Re lo guardò con esasperazione. “Hai guardato bene gli occhi di Tobio? A quell’età avevo uno sguardo così soltanto per una ragione ed eri tu.”
Suo malgrado Koushi sorrise. “Almeno, da padre, sai che quel fanciullo vuole tuo figlio al suo fianco con la stessa determinazione con cui tu volevi me.”
“Pensi che siano amanti?” Domandò Daichi terrorizzato.
“Non si guardano nemmeno in quel modo, Daichi.”
“Non ancora…”
Koushi gli prese il viso tra le mani. “Tobio non vuole Shouyou per fargli del male, non vuole Shouyou per usarlo, vuole Shouyou perché… Perché vuole Shouyou.”
Il Re strinse il suo compagno a sé posando la guancia tra i suoi capelli e lasciandosi consolare un poco dal calore della sua vicinanza. “Non tornerà,” concluse con un nodo alla gola. “E se lo farà non sarà da solo.”
 
 
***
 
 
Tobio si svegliò a causa di un dolore al collo e di qualcosa che continuava a solleticargli il viso.
Comprese dov’era e con chi era nel momento in cui si rese conto di essersi addormentato con tutti i vestiti addosso. Una testa di capelli ribelli era proprio sotto il suo naso e lo arricciò in una smorfia disgustata come si rese conto che Shouyou non solo si era addormentato sopra di lui ma gli stava anche sbavando addosso. Scivolò giù dal letto senza troppa difficoltà e fissò la macchina umida sulla sua tunica come se fosse la cosa più schifosa al mondo.
Il sonno di Shouyou non venne disturbato in alcun modo ma si raggomitolò su se stesso a causa dell’improvvisa assenza di calore. Tobio alzò gli occhi al cielo, poi afferrò le coperte sbuffando e le gettò sopra il corpicino infreddolito del piccolo stupido. Shouyou si girò in modo da dargli le spalle e continuò a dormire.
Soddisfatto del risultato, Tobio si voltò con tutte le intenzioni di andarsene e tornare nella sua stanza prima che il castello si svegliasse e qualcuno lo vedesse. Si bloccò dopo solo un passo e dovette stringere le labbra per non lasciare andare un’esclamazione sorpresa.
Il consorte reale del Regno di Karasuno era seduto accanto al caminetto spento e lo guardava con espressione indecifrabile. “Scusami,” disse Koushi con un sorriso che avrebbe potuto essere gentile ma non lo era davvero. “Non volevo spaventarti…”
Tobio si umettò le labbra. “Non vi ho sentito entrare…”
Koushi annuì e si alzò in piedi. “Certo,” disse. “Sei un cacciatore, dopotutto ed è insolito per te non percepire i cambiamenti intorno a te, vero?”
Tobio scrollò le spalle, poi abbassò gli occhi e si accorse che l’altro aveva un arco tra le mani ed una faretra piena era a terra, appoggiata alla poltrona.
“Ti va di farmi compagnia?” Propose Koushi e gli occhi blu del Principe Demone tornarono sui suoi. “Mi va di fare qualche tiro ma non conosco la foresta. Nei mesi in cui ho vissuto in questo castello avevo avuto da poco Shouyou e non ho avuto occasione, capisci?”
Tobio annuì, poi si voltò verso il letto. Shouyou sbavava sul cuscino ora.
“Lascialo dormire,” disse Koushi avvicinandosi alla porta. “Si sveglierà tra poco e ti cercherà, tanto vale fare in fretta.”
Al Principe Demone non piaceva molto il modo in cui quell’Arciere lo guardava. Era come rispondere allo sguardo di un predatore della sua stessa specie e Tobio sapeva che non era una situazione da sottovalutare.
I Re non si affiancavano bene ad altri Re.
“D’accordo…”
 
 
 
Koushi era bravo.
Sì, sua madre glielo aveva raccontato più di una volta aggiungendo quanto fosse un peccato che il consorte del Re dei Corvi avesse preferito smettere di coltivare il suo talento. Ora, Tobio non poteva che dargli ragione mentre guardava la forma perfetta di Koushi.
Gli sorrise. “Mi mancava,” ammise. “Non ero molto bravo… Non come te e Tooru, comunque ma mi piaceva.”
“Siete molto bravo, invece,” commentò Tobio.
“Oh, ti prego, dammi del tu.”
Era gentile la voce di Koushi, eppure Tobio non riusciva a smettere di stare in guardia, come se temesse che quell’Arciere potesse puntare l’arco nella sua direzione da un momento all’altro. Scosse appena la testa, poi incoccò una freccia a sua volta e puntò gli occhi blu verso gli alberi aspettando che una preda comparisse nel suo campo visivo.
Non dovette attendere molto. Puntò saldamente i piedi sul terreno erboso e tese la corda.
Seguì i movimenti tra le foglie degli alberi con pazienza ed attenzione.
Un istante. Il corvo uscì allo scoperto solo per una frazione di secondo. Per Tobio sarebbe stata sufficiente solo la metà del tempo ma non si mosse. Gli occhi blu si fecero enormi ma le dita rimasero salde sulla freccia. Il volatile nero fuggì tra gli alberi e Tobio abbassò l’arco con un sospirò frustrato. “Maledizione…” Sibilò.
“Shouyou sta dormendo…”
Il Principe Demone sollevò gli occhi su quelli dorati del consorte reale del Regno di Karasuno.
“Sta dormendo,” ripeté Koushi. Sul suo viso era tornata quell’espressione gentile e dalle sfumature materne con cui Tobio lo aveva conosciuto.
Si sentì improvvisamente rilassato.
“Io non posso saperlo,” si giustificò.
Koushi rise con leggerezza. “Dormiva accanto a te nella sua camera, lo hai visto tu stesso.”
“Sì ma è una sicurezza solo per oggi,” replicò il Principe. “A meno che non sia accanto a me, non posso avere la certezza che…” Scosse la testa. “Suono come un idiota.”
“No,” Koushi si avvicinò. “In realtà, mi sento sollevato.”
Tobio inarcò le sopracciglia. “Perché?”
“Prendi sul serio questa storia come se fosse in gioco la tua vita.”
Il Principe Demone non rispose, strinse le labbra e poi tornò a guardare di fronte a sé con aria colpevole.
Koushi se ne accorse e reclinò la testa da un lato. “Che cosa c’è?”
Tobio esitò per un istante, poi si toccò la parte superiore per braccio sinistro. “Shouyou aveva… Aveva una ferita dopo… La notte dell’attacco del drago, lui…”
“Sì,” Koushi annuì. “Era bendata. Mi ha detto che sei stato tu.”
“Non gliel’ho solo medicata,” replicò Tobio abbassando lo sguardo. “Io ho… Io ho…” Si morse il labbro inferiore. “Ero terrorizzato e mi tremava il braccio e questa è la sola ragione per cui non l’ho centrato.” Confessò. “È così che ho scoperto tutto.”
Non sapeva cosa si era aspettato. La reazione più logica sarebbe stata portare Shouyou a casa, anche contro la sua volontà e far saltare ogni accordo. Koushi, però, nemmeno perse la calma. Al contrario, gli passò una mano tra i capelli con una dolcezza che, in passato, aveva conosciuto grazie alle mani del Re Demone.
Sollevò lo sguardo ed arrossì. Koushi gli sorrise. “Non riesco ad immaginare quanto tu possa aver avuto paura su quella torre,” disse. “Eppure, ci hai salvati tutti lo stesso.”
“Shouyou ha salvato me…” Replicò Tobio.
“Gli hai chiesto di restare per sdebitarti?” Domandò Koushi con curiosità.
“La prima volta che gli ho chiesto di restare è stato al ballo,” rispose Tobio. “La gratitudine non centra…”
“Che cosa ne vuoi fare?”
Il Principe Demone sollevò gli occhi confuso. “Che vuoi dire?”
“Di mio figlio,” chiarì Koushi. “Non lo fai per gratitudine, non lo fai per assecondare i piani di Tooru… Perché vuoi Shouyou?”
Tobio non sapeva come rispondere e non lo sapeva perché non si era mai posto la domanda. Era stato il Re Demone a sottolineargli che Shouyou non sarebbe restato al Castello Nero per sempre e che il suo lavoro con lui sarebbe potuto rimanere incompiuto ma, no, non avrebbe dato al suo sovrano la responsabilità di una simile scelta. Era stato Tobio a chiedere a Shouyou di restare, il Re Demone non aveva nulla a che fare con quello.
“Può diventare grande,” rispose. Probabilmente, furono le parole più sincere che disse riguardo a Shouyou. “Posso renderlo grande.”
Koushi si fece serio. “Io e Daichi non abbiamo mai preteso che Shouyou diventasse grande nel modo in cui intendi.”
“Io non lo intendo nel modo del Re Demone,” replicò Tobio freddamente. “Ed è questo che tu stai pensando in questo momento.”
Koushi dischiuse le labbra, poi abbassò lo sguardo ed accettò la sconfitta di buon grado. “Mi dispiace,” disse. “Hai quattordici anni e so che Tooru sa essere una personalità molto…”
“Io sono io e lui è lui,” lo interruppe Tobio. “L’ho detto al tuo Re e lo ripeto a te: agisco solo in nome mio.”
Koushi sorrise. “Quattordici anni e già Re.”
Tobio non replicò a quel commento.
“In che modo rendesti Shouyou grande?”
“Nel modo in cui desidera.”
“A Shouyou piacciono le favole e le grandi storie, Tobio.”
“Shouyou è il personaggio di una di quelle favole,” disse il Principe Demone. “Io sono il protagonista di alcune delle sue grandi storie,” si sarebbe strappato la lingua prima di fare una simile confessione al piccolo stupido. “Non sto giocando. Non stiamo giocando.”
Per fortuna sua e del suo orgoglio, il piccolo stupido non era lì.
Koushi si limitò a reggere il suo sguardo in silenzio. “Vuoi rendere mio figlio un guerriero?”
“Lo è già.”
“No, non lo è.”
“Non ha ricevuto l’educazione di un Cavaliere. Essere un guerriero è una cosa diversa.”
Il consorte reale di Karasuno aggrottò la fronte. “Non ti seguo.”
“Lui vuole il mondo,” disse Tobio. “Non lo vuole in senso politico, non come lo vorrebbe il Re Demone o il Re dell’Aquila ma il trono di un piccolo Regno non gli può bastare. Un qualunque trono per lui sarebbe come una gabbia…”
Koushi dischiuse le labbra ma non riuscì a dire niente per diversi istanti. “Abbiamo dato tutto a nostro figlio.”
“Lo so…” Tobio annuì. Non gli disse con quanta sincerità lo credeva.
Non era ancora pronto per affrontare quella parte oscura di sé di cui i suoi genitori gli avevano fatto dono. Hajime, forse, lo aveva fatto inconsapevolmente ma Tooru era una faccenda completamente diversa.
“Ma avete affrontato il suo potere come una maledizione.” Sapeva di non avere alcun diritto di giudicare le azioni dei genitori di Shouyou ma non era una bugia educata quello che l’altro voleva da lui. “Shouyou ama il suo potere…”
Koushi si morse il labbro inferiore ed il nodo che sentiva alla gola cominciò a fare male. “Qualunque errore abbiamo fatto è stato per amore.”
“Lo so. Lo sa anche lui.”
Shouyou non avrebbe mai avuto tanta paura di far del male ai suoi genitori con le sue scelte, altrimenti.
Koushi sospirò stringendosi le braccia intorno al corpo. “Lo so che non era giusto chiedergli di non essere quello che era solo perché noi ne avevamo paura,” disse. “Ho mentito a suo padre più di una volta per permettergli di volare,” confessò, “pensavo fosse un compromesso sufficiente ma lui… Shouyou ama volare.”
“E chi non lo farebbe?”
Gli occhi dorati tornarono su quelli blu del Principe Demone e Koushi provò un’improvvisa tenerezza per quel fanciullo di quattordici anni che gli parlava come se fosse già un uomo. Tobio appoggiò un ginocchio a terra con rispetto ma non smise di guardarlo in faccia. “Io non gli impedirò di volare,” disse con la voce solenne di chi fa un giuramento, “e quando avrò finito con lui, voi non avrete più ragione di temere che lo faccia.”
Koushi non seppe cosa dire per diversi istanti. “Vuoi renderlo forte?” Domandò. “È questo che intendi col diventare grande?”
Tobio annuì.
“Perché?” Domandò il consorte reale. “Cosa ci guadagni? Vuoi renderlo forte perché questo possa servirti in qualche modo?”
“Ogni Re sceglie i suoi alleati tra i più forti,” ammise Tobio. “Io lo sarò, lui lo sarà e Karasuno non può rimanere intoccata per sempre e lo sapete anche tu ed il tuo Re.”
Koushi annuì. “Vuoi rendere forte un tuo futuro alleato,” aveva senso. “Il Principe dell’Aquila…”
“Il Principe dell’Aquila non l’ho scelto io,” lo interruppe Tobio. “Shiratorizawa è leale a Tooru non a me. Siamo due cose diverse.”
Koushi sbatté le palpebre un paio di volte, poi si chinò per stringere le spalle del ragazzo ed invitarlo ad alzarsi in piedi. Gli posò una mano sulla guancia. “È facile ferire Shouyou,” gli disse come un genitore preoccupato per il proprio figlio. “Ha grandi desideri ma è completamente impreparato nei confronti del mondo.”
“È una delle lacune che voglio colmare.”
Koushi annuì, poi sorrise. “È ribelle, vivace e non ti ascolterà… Tu, però, questo già lo sai, non è vero?”
Tobio annuì con una smorfia sforzandosi di tenere per sé tutti i commenti del caso.
“Permettigli di volerti bene,” la voce di Koushi si fece flebile. “Nemmeno io ho idea di quello che potrebbe fare per le persone che ama. Permettigli di volerti bene e, permetti a me di dirti una cosa da genitore, Tobio,” prese le mani del fanciullo tra le sue. “Rendi Shouyou forte. Sì, hai ragione, Karasuno non può rimanere lontana da questi giochi di potere per sempre ed io e suo padre non siamo in grado di prepararlo a questo. Non cercare solo un alleato in lui, però. Quello lo hai trovato già, credimi. Permettigli di essere tuo amico.”
Tobio lo fissò. Koushi trovò del sincero smarrimento in quegli occhi blu e sorrise: non poteva fare di più per quel fanciullo ma era certo che Shouyou avrebbe saputo cosa fare al momento opportuno.
Col tempo, lui e Daichi avrebbero saputo accettare ed avere fiducia. Ora, sapeva che Shouyou era in buone mani e se lo sarebbe fatto bastare.
Al resto, avrebbe pensato il destino.
 
 
***
 
 
L’orizzonte sconfinato era bellissimo sulla riva del mare ed il rumore delle onde era come una ninna nanna senza parole da cui lasciarsi cullare, sebbene il sole stesse sorgendo.
L’inizio di un nuovo giorno era uno spettacolo meraviglioso ma il principio di una nuova vita era qualcosa d’indescrivibile. Esserne testimone era un’esperienza imponente. Esserne uno dei due autori, invece, era qualcosa di troppo grande per un semplice uomo.
Aveva vinto guerre, aveva ucciso draghi, i Re si erano inginocchiati al suo cospetto ed aveva fatto suo un potere che nessun uomo aveva stretto tra le sue mani.
Tuttavia, mentre stringeva sua figlia tra le braccia alla luce della prima alba della sua vita, se ne restava incantato, senza parole, a contemplare la cosa più bella che avesse mai fatto.
La baciò… La baciò con la stessa devozione e dolcezza che aveva imparato a mostrare solo alla creatura che l’aveva data alla luce. Sua figlia le assomigliava tanto. Una piccola stella luminosa nata dal sole, rimasta intatta nel suo splendore nonostante l’oscurità nel suo sangue.
L’accarezzò. La baciò di nuovo. “Mia Regina…”
Non era il suo nome, quello lo avevano scelto molto prima che potessero stringerla tra le braccia. Era il titolo che un giorno avrebbe indossato per diritto di nascita, se il destino fosse stato magnanimo con lei ma era appena nata, la sua Principessa ed aveva ancora tutto il tempo del mondo prima di portare sulla testa il peso di una corona.
Tuttavia, non avrebbe potuta chiamarla in nessun altro modo in quel momento, sulla riva del mare, riscaldati entrambi dai primi raggi di sole del mattino. Non poteva perché, sebbene fosse l’uomo più potente al mondo, si sarebbe inginocchiato al cospetto di lei chinando la testa e se la sua corona fosse rotolata via nel processo, che il destino facesse di lui ciò che preferiva.

 
 
Shouyou si svegliò a causa di una forte luce contro le palpebre chiuse.
Arricciò il naso emettendo un lamento, poi si tirò le coperte fin sopra la testa combattendo per restare nel mondo dei sogni. Una risata leggera spezzò il silenzio nella camera. “Sveglia, piccolo Corvo, il sole è già alta…” Disse una voce con dolcezza materna, mentre una mano altrettanto gentile gli accarezzava i capelli.
Il Principe dei Corvi si stiracchiò sotto le coperte venendo allo scoperto. “Mamma…” Mormorò come una protesta infantile.
Un sospiro. “No, piccolo, mi dispiace…”
Shouyou aprì gli occhi d’ambra pigramente e realizzò che la persona seduta sul suo letto aveva gli occhi ed i capelli troppo scuri per essere sua madre. Così, ricordò tutto. “Oh…” Mormorò mettendosi a sedere contro i cuscini. “Mi dispiace…” Aggiunse mentre le sue guance si coloravano un poco.
Tooru scosse la testa. “Non c’è alcun bisogno di scusarsi,” disse. “Era da tanto tempo che non venivo chiamato in quel modo… Mi mancava, a dire il vero.”
“Uhm…” Commentò Shouyou portandosi le ginocchia al petto ed appoggiandovi il mento, lo sguardo basso ed assento.
Tooru smise immediatamente di sorridere. “Non credo di essere l’unico a cui manca qualcosa, però.”
Il Principe sollevò immediatamente il viso. “Come?”
“Ti manca casa, piccolo?”
Shouyou scrollò le piccole spalle. “Non è casa che mi manca,” ammise accennando un sorriso. “È che non sono mai stato separato dai miei genitori.”
Tooru annuì. “Capisco…”
Il Principe strinse le labbra. “Mi sto lamentando come un bambino.”
“Non dire così,” il Re Demone gli prese il viso tra le mani. “Tobio non è mai andato da nessuna parte senza me o suo padre. Ad essere del tutto sinceri, è abituato a stare senza di me ma non credo che sarebbe facile per lui adattarsi senza Hajime. Lo sai, non è molto bravo con le questioni sociali e l’amore ed il rispetto che tutti nutrono per suo padre è un grande aiuto per lui.”
Shouyou reclinò la testa da un lato. “Sembra così sicuro di sé…”
“In un campo di battaglia con una spada o un arco alla mano,” disse Tooru. “Hai ballato con lui nella sala del trono, ti sarai reso conto di quanto era nervoso…”
“Sì,” concordò Shouyou, poi i suoi occhi si posarono su qualcosa che il Re non poteva vedere ed un sorriso dolcissimo sbocciò sulle belle labbra, “è passato non appena è cominciata la musica, però.”
Tooru sorrise. “L’ho preparato molto per quel ballo, lo sai?” Disse con orgoglio. “L’idea di deluderti lo terrorizzava.”
“L’idea di non vincere lo terrorizzava,” replicò Shouyou con una smorfietta. “Non sopporta di essere secondo in qualcosa.”
Tooru ridacchiò. “È tipico di un Re,” lo pensava sinceramente.
“Già, immagino che lo sia…” Concordò Shouyou.
Bussarono alla porta.
“Avanti!” Concesse il Re Demone.
Tadashi riuscì goffamente ad aprire e ad entrare nella camera da letto con il vassoio della colazione del Principe dei Corvi in mano. “Buongiorno, vostra alte… Oh, Vostra Maestà!” Esclamò nel riconoscere il sovrano seduto sul bordo del letto del suo giovane signore. Cercò d’inchinarsi ma finì solo per rischiare di far cadere tutto a terra.
Tooru rise senza cattiveria e si alzò per togliere quel peso ingombrante dalle mani del giovane.
“Non… Non dovete…” Provò Tadashi timidamente.
“Tranquillo, ragazzo,” disse il Re portando la colazione al Principe seduto sul letto. “Ho vissuto la vita dei campi di battaglia e della campagna. Non dirò mai di sapere cosa vuol dire vivere un’esistenza semplice ma non mi vergogno di portare un vassoio al nostro adorabile ospite.”
Shouyou arrossì un poco afferrando la sua tazza fumante. “Siete così gentile con me,” disse. “Anche il vostro Cavaliere… Ed i suoi uomini. Sono tutti così gentili con me.”
“Io e Hajime ti siamo personalmente grati per una cosa o due,” ammise Tooru con un sorrisetto misterioso. “Ed entrambe riguardano Tobio.”
Shouyou inarcò un sopracciglio confuso.
“Non ti preoccupare,” disse Tooru liberando il piccolo viso da una ciocca di capelli ribelle. “Goditi la tua colazione e prenditi il tuo tempo…”
Tadashi s’inchinò con rispetto mentre il sovrano spariva fuori dalla stanza.
Non appena rimasero soli si guardarono e Shouyou lasciò andare un sospiro prendendo un altro sorso dalla sua tazza calda.
“Vostra Altezza?” Domandò Tadashi avvicinandosi.
“Tadashi, per favore,” disse Shouyou. “Siamo rimasti io, te e Kei qui al Castello Nero, lasciamo perdere le formalità… Siamo cresciuti insieme.”
L’altro annuì e si prese la libertà di sedersi in fondo al suo letto. “Stai bene?” Domandò con sincera preoccupazione.
Shouyou accennò un sorriso ed annuì. “Non sto male…” Ammise. “Ma sono passate due settimane dalla partenza di mamma e papà e a me sembrano passati due mesi.”
Tadashi annuì. “È normale… Almeno, così credo.”
Il Principe lo guardò con espressione colpevole. “Tu e Kei soffrite la mancanza di casa?” Domandò. Quando aveva deciso di restare al Castello Nero con Tobio per completare la sua educazione come Cavaliere, Shouyou non aveva considerato che i suoi genitori non gli avrebbero mai permesso di restare in quella terra straniera senza qualcuno che lo tenesse d’occhio. Sapeva che la sua scelta avrebbe avuto delle conseguenze sulla sua famiglia ma rendersi conto di aver costretto qualcun altro a cambiare la propria vita per causa sua non lo rendeva affatto tranquillo.
Kei era stata una scelta ragionevole: era il suo Cavaliere, era molto bravo in quello che faceva e devoto ai suoi doveri come nessun altro della loro generazione. Suo padre non gli aveva affidato la sua sicurezza per niente ed era naturale che la sua scelta ricadesse su di lui anche in quell’occasione completamente nuova per tutti loro. Dopodiché, sua madre aveva ritenuto necessaria la presenza di qualcuno che potesse restargli accanto nelle faccende di tutti i giorni. Shouyou aveva scelto Tadashi perché sapeva che farlo tornare a casa senza Kei sarebbe stata una crudeltà gratuita.
Hitoka aveva pianto.
Aveva pianto tanto mentre lo abbracciava e gli diceva che gli sarebbe mancato tanto.
Shouyou lo aveva fatto dopo, lontano dagli occhi di chiunque: aveva bisogno che gli altri lo credessero convinto della decisione che aveva preso e le lacrime non avrebbero giocato a suo favore.
“Kei mi odia, vero?” Domandò Shouyou con un sospiro stanco.
Tadashi scosse la testa. “Kei… Lui…” Il suo sorriso morì lentamente. “Sarebbe preoccupante se fosse allegro, credo…”
Suo malgrado, Shouyou sorrise. “L’ho visto parlare con gli uomini del Primo Cavaliere. Ai loro tempi, erano Re rispettati e temuti, devono avere molto da insegnargli sul combattimento.”
Tadashi scrollò le spalle. “Lo sai com’è Kei,” disse. “Non si confida… Non ha mai avuto l’abitudine di farlo.”
Shouyou afferrò la sua fetta di dolce e prese un morso. “Colazione in camera, eh?” Disse con la bocca ancora piena. “A casa non me l’avrebbero mai permesso…”
“È un grande castello, Shouyou,” disse Tadashi. “Hai dei veri e propri appartamenti in cui vivere e questo ti concede tutta la libertà di cui hai bisogno.”
“Forse,” disse Shouyou guardandosi intorno. “Forse, però, il piccolo Castello dei Corvi sapeva più di casa.”
Tadashi sorrise con pazienza alzandosi in piedi e dirigendosi verso l’armadio. “Non è il fatto che questo castello sia piccolo o grande,” disse aprendo le ante di legno. “Semplicemente, non è casa, tutto qui.”
Shouyou accettò quella semplice verità con un lieve movimento del capo e finì di fare colazione mentre Tadashi sceglieva per lui dei vestiti puliti da mettere. La porta della camera da letto si aprì senza che nessuno avesse bussato o aspettato che arrivasse il permesso. Per un attimo, Shouyou si voltò aspettandosi di vedere Natsu saltare sul suo letto ripetendo a gran voce il suo nome.
Solo dopo che i suoi occhi ebbero incontrato quelli blu del Principe Demone, si ricordò che sua sorella era ormai a foreste, fiumi e montagne di distanza. “Sei ancora a letto?” Domandò Tobio con chiaro tono di rimprovero.
Shouyou alzò gli occhi al cielo e, per tutta risposta, appoggiò la schiena ai suoi cuscini gustandosi come si doveva la sua fetta di dolce. “La colazione è il pasto più importante della giornata,” disse con espressione saputa.
Tobio sbuffò. “Falla finita di dire sciocchezze e muoviti!”
Shouyou non si affrettò neanche un poco.
Kei si affacciò e diede un’occhiata in giro con fare annoiato. “Il bruto non ha ucciso nessuno?” Domandò con sarcasmo.
Tadashi ridacchiò portando gli abiti per il suo Principe sul letto. Tobio, invece, si voltò a guardarlo storto. “Porta rispetto, Cavaliere.”
Kei gli rivolse un sorrisetto sghembo. “Certo, Principe dei tiranni
“Ehi!”
Shouyou rise e quegli occhi blu furono immediatamente su di lui mettendolo a tacere. “Vestiti,” disse il Principe Demone annoiato. “Muoviti…”
Il Principe dei Corvi infilò di nuovo i piedi sotto le coperte tirandosele fino al petto come una giovane dama ancora nubile che viene colta in un momento poco adeguato. “Io non mi spoglio davanti a due bruti,” concluse sollevando il naso come il più viziato dei figli nobili.
Tobio guardò Kei ed il Cavaliere ricambiò l’occhiata, poi sollevò le mani in segno di resa. “Non guardare me,” disse. “Ci sono cresciuto insieme ma questo non significa che capisco quello che gli passa per la testolina stupida.”
“Ehi!” Esclamò Shouyou puntandogli l’indice contro. “Sei il mio Cavaliere, si presume che tu debba difendermi!”
“Sai difenderti perfettamente da solo,” disse Tobio avvicinandosi alla porta.
Il piccolo Principe sorrise.
“Per essere un perfetto idiota,” aggiunse il padrone di casa rivolgendogli un insopportabile ghigno.
Gli angoli della bocca di Shouyou si abbassarono immediatamente ma non disse nulla mentre il Principe Demone ed il Cavaliere uscivano dalla sua camera. Almeno, si ricordarono di chiudere la porta. Shouyou calciò via le coperte sbuffando e si alzò in piedi. “Due antipatici al prezzo di uno! Incredibile…”
Tadashi ridacchiò aspettando che il suo Principe si spogliasse della camicia da notte. “Kei lo conosci bene, almeno,” gli disse. “Per quanto riguarda l’erede al trono, tutti dicono che tu abbia su di lui un potere che nessun altro ha mai vantato.”
Non aveva importanza quanto il sole di agosto fosse caldo, le mura di pietra non si riscaldavano mai e Shouyou si strinse le braccia intorno al corpo per combattere un brivido di freddo. “Chi?” Domandò confuso. “Chi lo dice?”
Tadashi scrollò le spalle afferrando la camicia per aiutare il suo giovane signore ad infilarla. “Per servirti come devo, inevitabilmente, interagire con i servitori del Castello Nero e con alcuni dei Cavalieri. Nelle corti la gente parla, Shouyou e tu sei la più grande novità dopo la caduta di Fukurodani e Nekoma, sembra.”
Shouyou sorrise contento ed imbarazzato al tempo stesso. “Non sono una persona così importante…”
“No, infatti.”
“Eh?”
Tadashi scosse la testa. “Non fraintendermi,” aggiunse velocemente. “Però, penso di aver capito il loro punto di vista. In fondo, noi veniamo da un piccolo Regno che non ha mai preso parte ai giochi politici degli ultimi anni e il Principe Tobio non è tipo da fare amicizia. Da quel che ho capito, il Principe dell’Aquila frequenta questa corte piuttosto spesso ma la servitù giura di poter contare sulle dita di una mano sola le volte che hanno interagito tra loro senza la presenza dei rispettivi Re.”
Shouyou inarcò le sopracciglia. “Chiacchierano così tanto tra queste mura?” Domandò stupito.
“Grandi corti, grandi pettegolezzi.”
“E sono finito al centro di una cosa del genere?” Domandò il Principe rendendosi conto che quella situazione non gli piaceva proprio per niente. Tutti i grandi eroi venivano ricordati grazie alle storie più avvincenti ma quello era qualcosa d’immensamente più basso.
“Non è per forza una brutta cosa,” disse Tadashi, mentre l’altro si abbottonava la camicia con cura. “Il Principe Demone non ha mai dimostrato il suo interesse per nessuno ed ora, parole loro, perde la testa per il Principe che meno potrebbe influenzare l’equilibrio del potere della prossima generazione. Ecco… Capisco la loro sorpresa, se la vedi da questo punto di vista.”
Il viso di Shouyou divenne paonazzo e si nascose il viso tra le mani. “No! Parlano di me e Tobio come due promessi sposi! Bisogna porre rimedio a questa cosa… Forse, dovremmo litigare di più!”
Tadashi rise di cuore. “Con tutto il rispetto, Shouyou,” disse passandogli i pantaloni, “non credo che nessuno vi abbia mai visto stare insieme per più di cinque minuti in modo pacifico.”
Il Principe dei Corvi non sapeva se sentirsi ancor più imbarazzato o sollevato per quello. “Ma allora…” Si umettò le labbra. “Perché dicono…”
“Non dicono che vi sposerete,” disse Tadashi. “Tuttavia, se è vero che il Principe Demone non ha mai condiviso il suo tempo con nessuno, nonostante viva nella corte più affollata dei Regni liberi, è normale che ora tutti gli occhi siano puntati su di te. Non hai nessun valore politico particolare, non porteresti alla sua famiglia nulla che non abbia già, eppure… Sì, eppure il Principe ha scelto te. Ti ha chiesto di restare.”
Shouyou restò a fissarlo con i pantaloni slacciati e l’espressione sconvolta. “Ora sei tu che parli di noi come se fossimo promessi sposi.”
“Lunga vita alla Regina Demone!” Esclamò Kei con sarcasmo fuori dalla porta.
“Kei!” Esclamò Shouyou prendendo la via della porta. “Da quanto è che stai ascoltan… Ah!” Non si era allacciato i pantaloni e finì per inciampare lungo il corridoio. “Non guardate!” Esclamò.
“Ci sono solo io, idiota!” Esclamò Kei annoiato. “Il tiranno ti aspetta nel cortile interno, ha detto.”
Tadashi sospirò: si chiese come Shouyou avrebbe reagito se qualcuno gli avesse raccontato nei dettagli come il Principe Demone aveva seriamente perso la testa nel vedere quel corvo morto nella foresta.
 
 
***
 
 
Tobio uscì dagli appartamenti del Principe dei Corvi sbattendo la porta e sbuffando sonoramente. Raggiunse il cortile interno e fu sollevato di constatare che non c’era nessuno.
Il sole era alto ma c’era una grossa e leggendaria distrazione nella foresta a tenere gli uomini lontani dai loro doveri ed era stato proprio Tobio ad offrigliela. Suo padre se ne lamentava ma lo faceva a bassa voce e con un sorriso divertito: i Cavalieri avevano bisogno di distrazioni, diceva.
Si lasciò cadere su uno dei gradini che portavano alle mura di cinta e prese a battere un piede sul pavimento con fare irritato.
“È in ritardo?”
Sollevò lo sguardo. Keiji era di fronte a lui con la piccola Keijiko tra le braccia e fu sorpreso di non vedere Koutaro con loro. Inarcò le sopracciglia. “Dove…?”
“Dove sono tutti gli altri?” Lo interruppe Keiji. “Kenma è andato per la loro sicurezza. Per me non è così divertente da guardare.”
Tobio annuì. “Capisco, i due scemi mi hanno raccontato qualcosa…” Si morse la lingua. “Non volevo dire…”
“Non hai detto niente di sbagliato.” Keiji si sedette accanto lui.
Keijiko guardò Tobio con curiosità, il Principe accennò un sorriso e la bambina si nascose contro la spalla del genitore. Niente di nuovo: non era mai piaciuto ai bambini.
“Le faccio paura, per caso?” Domandò.
Keiji accarezzò i capelli della sua bambina. “No è che ti vede come uno dei grandi.”
“Anche tutti gli altri sono grandi,” replicò Tobio poco convinto. “Ha anche giocato con Shouyou, l’altro giorno.”
Keiji accennò un sorriso. “È diverso,” disse. “Il piccolo Principe dei Corvi è un fratello maggiore. I bambini le sentono queste cose… Non riescono a spiegare bene a parole ma loro sentono.”
Aveva ragione. Nessuno aveva spiegato a Tobio quello che era successo ai suoi genitori, né lui era certo del momento in cui tutto era cominciato ma l’aveva sentito quando era accaduto. Aveva sentito che i suoi genitori avevano smesso di amarsi, aveva sentito che Tooru aveva smesso di essere sua madre per essere solo il Re Demone.
“Tu sai cosa stanno facendo?” Domandò. “Laggiù, nella foresta?”
Keijiko sollevò il faccino e lo guardò con un sorriso. “Stanno cercando il cuore!” Esclamò.
Tobio la guardò ed inarcò le sopracciglia. “Cosa?”
Keiji sospirò. “Keijiko…” Chiamò tirandole i lunghi capelli neri all’indietro. “Devi smetterla di origliare me e tuo padre quando parliamo.”
“Ma io non l’ho sentito da te e papà,” si difese la bambina. “Me lo ha raccontato Lev!”
“Sono passate due settimane,” disse Tobio. “Per un cacciatore, un animale morto da tanto tempo è completamente inutile.”
Keiji scosse la testa. “I draghi non sono così… Non sono semplicemente animali, capisci?”
“No…”
L’Arciere sospirò. “La pelle di un drago non può essere danneggiate da armi umane, questo lo sai.”
Tobio annuì.
“La loro pelle non cede, non marcisce… Nel mondo in cui sono nato, raccontavano di Re pronti a finire in rovina per avere un’armatura di drago.”
Tobio sgranò gli occhi blu. “Si possono mettere insieme delle armature con la pelle di drago? E come si fa?”
Keiji scrollò le spalle. “Non ne ho idea, dicono che la corono corvina sia stata forgiata con fuoco di drago, però,” rispose. “Il mio era un Regno di cacciatori ma sono nato che era già morente a causa dei pochi draghi che vivevano ancora sulle montagne. Gli esperti che Tooru ha fatto chiamare hanno risposto subito al suo messaggio perché, probabilmente, sono una famiglia del mio stesso Regno sopravvissuta alla distruzione.”
“Che cosa è successo?” Domandò Tobio. “Nessuno me lo ha mai raccontato…”
“Com’è prevedibile,” rispose Keiji con un sorriso malinconico. “Ricevevamo attacchi come quello avvenuto qui continuamente e quando i draghi sono spariti, Shiratorizawa è passata su quello che è rimasto. Il primo Tsutomu di Shiratorizawa, il padre di Wakatoshi.”
Tobio annuì e tornò a guardare di fronte a sé. “Capisco…” Mormorò. “La faccenda del cuore, invece?”
Keiji dischiuse le labbra ma fu Keijiko a rispondere. “È magico!” Esclamò sollevando le piccole braccia. “Il cuore dei draghi è magico!”
L’Arciere le accarezzò i capelli con un sorriso paziente. “Così dicono…”
Tobio fece una smorfia. “Questa è una storia che raccontavano anche a me da bambina ma credevo che…”
“Non conosco la verità,” ammise Keiji. “Armature, cuori di drago… Tutto quello che so è che i draghi portano distruzione, nulla di più. Ci sono centinaia di storie su quelle creature e la corona corvina è l’unico oggetto di cui narrano che abbia mai visto con i miei occhi.”
“E ben presto si aggiungerà molto altro.”
Tobio sollevò gli occhi blu e quelli scuri del Re Demone ricambiarono lo sguardo. Si alzò e Keiji lo imitò stringendo la sua bambina contro il petto. “Buona giornata, mio Principe,” disse educatamente, poi si voltò. “Mio Re…” Aggiunse.
Tooru sorrise e l’Arciere lo superò senza dire una parola.
Tobio non si mosse ma avrebbe voluto farlo, sarebbe voluto correre via anche a costo di calpestare il suo stesso orgoglio. Non lo fece.
“Tobio-chan!” Esclamò Tooru avvicinandosi. “Il piccoletto non è ancora sceso?”
Tobio lo fissò dritto negli occhi stringendo i pugni. “No,” rispose. “Vado a vedere cosa combina…” Era una fuga e lo sapeva bene ma doveva ancora del tutto prendere coscienza di quello che era stato detto ad alta voce il giorno successivo la sua impresa contro il drago e non credeva di poter sopportare di più. Perché, sicuramente, qualcosa di più c’era.
Delle dita gli strinsero gentilmente il braccio. Sarebbe stato facile liberarsi ma non lo fece.
“Non ci siamo mai visti in questi giorni,” disse Tooru. “Passi tutto il tuo tempo con Shouyou.”
Non sembrava dispiacergli. Forse, era un modo indiretto per scoprire come andavano le cose tra loro. “Non è mai stato lontano da casa senza la sua famiglia,” disse Tobio. “Ho giurato ai suoi genitori che mi sarei preso cura di lui, perciò…”
Tooru sorrise. “È bello scoprire questa parte di te,” sembrava sincero. “Assomigli a tuo padre…”
Tobio strinse le labbra ed annuì frettolosamente. “Devo andare…”
“Un attimo,” Tooru lo trattenne di nuovo. “Il tuo piccolo Corvo conosce la strada, non ha bisogno di te anche per scendere le scale… Sa volare, dopotutto!” Voleva essere una battuta ma Tobio non rise. “Dobbiamo parlare io e te. Non ha più senso mentirsi e lo ha ancora meno fingere che non sia successo niente.”
Il fanciullo abbassò lo sguardo per un istante. “Non credo che…”
“Avevi perfettamente ragione,” confessò il Re Demone. “Avrei voluto essere io… Avrei voluto essere io anche anni fa, quando hai compiuto la tua prima impresa. Penso di aver cominciato a guardarti in modo diverso d’allora, a dire la verità.”
“In modo diverso…” Ripeté Tobio. “Avevo undici anni.”
“Lo so,” era terribilmente seria l’espressione di Tobio. “E già eri abbastanza forte da mettermi in ombra.”
Tobio guardò il genitore dritto negli occhi e la freddezza nel suo sguardo fu impossibile da non notare. “Combattiamo per le stesse cose…” Mormorò timidamente, come se avesse commesso uno sbaglio in buona fede e stesse cercando di giustificarsi.
Il sorriso che Tooru gli rivolse fu terribile. “Vedi, Tobio, io non ho avuto un padre,” raccontò. “Sono divenuto Re con le mie forze e l’appoggio di Hajime.”
Almeno non negava che il Primo Cavaliere avesse significato qualcosa per lui, pensò il Principe.
“Quando ti ho tenuto tra le braccia per la prima volta, è stato come stringere a me la più grande delle vittorie possibile,” aggiunse.
Tobio annuì. “Me lo avete raccontato spesso tu e mio padre.”
Tutte bugie.
“Nessuno mi ha avvertito che guardarti crescere sarebbe stato come vedere la mia condanna plasmarsi giorno dopo giorno sotto i miei occhi…” Erano pieni di lacrime gli occhi del Principe Demone. “Saresti dovuto essere l’amore della mia vita insieme a tuo padre, invece ti guardavo e vedevo la mia caduta, la mia sconfitta, la mia parte più oscura.”
Tobio non comprendeva. Non le sue parole, quelle gli erano terribilmente chiare ma la sua espressione… Perché lo guardava come se fosse colpevole di qualcosa? Non era un impostore, non era un conquistatore che poteva minacciare la sua posizione, non era il maledetto Re dell’Aquila che aveva distrutto il loro Regno e, per poco, non aveva fatto a pezzi anche i suoi genitori. Lo stesso sovrano di Shiratorizawa che ora risiedeva come il più nobile degli ospiti nel castello che aveva fatto suo con la forza per un’intera estate. Il Re Demone poteva davvero accettare di condividere la sua casa con un essere simile e poi confessare al suo erede che non riusciva a guardarlo senza vedere in lui una minaccia?
“È colpa mia?” Domandò Tobio. “Se è finita con mio padre è colpa mia?”
Tooru sgranò gli occhi. “Cosa?”
“Perché è finita tra te e mio padre, no?” Insistette il fanciullo. “È finita da qualche parte tra la conquista di Dateko e l’alleanza con Shiratorizawa, non è vero?”
Tooru non rispose immediatamente e si sentì costretto ad abbassare lo sguardo. “Quella storia non riguarda te…”
“Certo, siete i miei genitori, perché dovrebbe riguardarmi?” Domandò con sarcasmo il Principe Demone e non si fece altri scrupoli ad allontanarsi dal genitore con uno strattone.
“Tobio!” Tooru lo afferrò con più forza. “Non è questo il momento di perdere tempo in sciocchezze!”
“Cosa?”
“Le carte sono scoperte!” Affermò il Re Demone. “Non dobbiamo più mentire, non dobbiamo più fingere. C’è qualcosa che non va e…”
Tu!” Sbottò Tobio in preda alla rabbia. “Tu sei quello che non va nella vita mia e di mio padre! Tu e solamente tu!”
Tooru lo guardò atterrito. Non riuscì nemmeno a schiaffeggiarlo quella volta perché Tobio non lo stava guardando come un ragazzino che manca di rispetto ad un genitore di proposito, per provocazione. No, lo stava guardando come se si fosse permesso di fare qualcosa che andava ben oltre il suo potere e Tooru non aveva mai dovuto guardare dal basso nessuno, nemmeno il Re dell’Aquila.
Lo lasciò andare ma Tobio non si mosse: era il suo turno di scoprire le carte. “Che cosa credevi?” Domandò quasi ringhiando. “Che avrei accettato il fatto che mi vedi come la tua fine invece del tuo futuro come un fatto naturale e che avrei continuato ad essere quello che tu desideravi? Come credevi che mio padre avrebbe continuato ad essere il tuo Cavaliere dopo che avevi tradito tutti gli alleati che avevano combattuto al vostro fianco?”
Tooru non rispose, le labbra premute in una linea sottile, il respiro bloccato in gola.
“Non siamo i tuoi pupazzi,” concluse Tobio con un sibilo. “Mio padre, forse, ha ancora un motivo per esserti fedele. Io no…” Scosse la testa. “Io sono nato per superarti, lo hai detto tu.”
La bocca di Tooru prese a tremare, le lacrime gli rigavano le guance ed i suoi occhi erano due specchi di rabbia cocente e dolore profondo.
Strano, pensò Tobio, non c’era niente in quell’immagine che riuscisse a toccarlo.
“Tooru, Tobio…”
Il Principe Demone si voltò ed i suoi occhi blu incrociarono quelli verdi del Primo Cavaliere. Tooru si voltò nella direzione opposta e si asciugò il viso velocemente ma fu inutile perché Hajime si avvicinò comunque. “Che cosa sta succedendo qui?”
Il Re Demone sorrise e guardò il suo Cavaliere. “Non è nulla, Hajime,” disse. “Un momento tra me ed il nostro Principe, tutto qui.”
Hajime non gli credette. Non credette a quell’espressione forzata né tantomeno a quelle parole e portò lo sguardo sul viso di suo figlio alla ricerca di una risposta sincera. Lo sguardo di Tobio, però, rimase quello gelido con cui si era rivolto al suo sovrano.
Prima che il silenzio si facesse soffocante, un gran caos dall’interno della rocca attirò l’attenzione del Principe Demone. Delle fanciulle urlarono allarmate e, subito dopo, qualcuno prese a scusarsi ripetutamente. “Mi dispiace! Mi dispiace!”
Gli occhi blu si alzarono verso il cielo. E fu così che il Principe dei Corvi fece la sua entrata in scena.
“Eccomi! Eccomi! Ecco…” Shouyou tacque nel momento in cui uscì nel cortile e percepì l’atmosfera pesante che circondava la famiglia reale. “Oh… Io…”
Tooru gli sorrise gentilmente. “Ti sei fatto male, Shou-chan?”
“Io… Io sono rotolato giù dalle scale e ho quasi investito un paio delle fanciulle della servitù ma…” Rispose il piccolo Principe ma i suoi occhi erano fissi sul viso di Tobio e non quello del Re. “Sto bene,” concluse.
Tobio sospirò annoiato, poi allungò una mano. “Muoviti, stupido…”
“Tobio…” Lo rimproverò Hajime.
Shouyou, però, si mosse senza replicare e non si ribellò nemmeno quando Tobio lo afferrò per un braccio trascinandolo via. “Fai piano!” Esclamò solo dopo che si furono allontanati.
Hajime li osservò fino a che non furono spariti oltre al cancello che portava alle scuderie, poi portò gli occhi sul suo Re. “Tooru…”
Il sovrano continuò a sorridere. “Che cosa c’è, Hajime?”
“I mocciosi se ne sono andati, smettila di fare l’idiota.”
Le labbra di Tooru tornarono ad essere una linea sottile, poi gli angoli si sollevarono di nuovo in un’espressione tristissima. “Il giorno che aspettavi è finalmente arrivato, mio Cavaliere,” disse con sarcasmo. “Il tuo Principe è divenuto un Re…”
 
 
***
 
 
“Stanotte ho sognato che tenevi in braccio tua figlia.”
Tobio era perfettamente consapevole del talento di Shouyou di dire la cosa più sbagliata nel momento peggiore ma questo non gli impediva di rimanere sorpreso ogni volta che il piccolo stupido dava prova del suo pessimo tempismo. Sollevò gli occhi blu verso la chioma dell’albero sotto cui si era steso: era troppo caldo per allenarsi e neanche lui era tanto crudele da spingere Shouyou a sfinirsi nelle prime ore di quegli assolati pomeriggi di agosto.
Il Principe dei Corvi si era accomodato su uno dei rami più bassi e lo squadrava dall’alto con un sorriso intenerito che non riusciva a spiegarsi.
“Perché mi guardi così?” Domandò Tobio con tono offeso.
“Perché è stato un bel sogno,” rispose Shouyou. “Guardavi tua figlia come un uomo perdutamente innamorato… Era una bella immagine.”
Tobio si chiese se il Re Demone lo aveva mai guardato così quando ancora vedeva in lui la sua più grande vittoria. Sentì lo stomaco contrarsi, la gola chiudersi e si mise a sedere in modo che l’altro non potesse guardarlo in faccia.
“Tobio?” Shouyou, però, aveva visto abbastanza per sapere che qualcosa non andava senza che nessuno glielo spiegasse. “Che cosa è successo con i tuoi genitori?”
Il Principe Demone continuò a fissare il vuoto. “Niente…” Mentì. Non aveva fatto altro fin dal principio con Shouyou, dopotutto. Sì, gli aveva rivelato le intenzioni segrete del suo Re riguardo al loro futuro insieme ed il piccolo stupido aveva accettato la sua sincerità a cuor leggero ma era stata solo una parentesi necessaria. Su tutto il resto, su se stesso, Tobio non aveva mai detto nulla di vero e, nonostante questo, Shouyou insisteva a volerlo conoscere e a farsi conoscere.
Tobio sapeva di non potersene lamentare a quel punto: aveva chiesto lui al Principe dei Corvi di restare ed ora era una sua responsabilità. Proprio per questo insisteva a mentire, a restare in silenzio, a coprire tutto sfogando la sua rabbia verso il mondo con Shouyou, dato che sembrava tanto bravo ad incassarla ed uscirne illeso.
Non gli faceva piacere e, forse, un po’ se ne vergognava ma se Shouyou riusciva ad aprirsi a lui completamente come uno stupido, Tobio non poteva permetterselo. No, nemmeno dopo che gli aveva salvato la vita.
“Come la chiameresti?”
Gli occhi blu si sollevarono confusi su quelli d’ambra dell’altro. “Eh?”
Shouyou incrociò le braccia sul ramo dell’albero e vi appoggiò il viso. “Se avessi una bambina come la chiameresti?”
Tobio sbuffò. “Che domanda idiota sarebbe?”
“Non è idiota!” Esclamò Shouyou mettendo su il broncio. “I nomi sono faccende importante, specie per quelli come noi! Voglio dire, quando un Re si crea il suo posto nella storia il suo nome diviene una sorta di simbolo. Ad esempio, si potrebbe chiamare Tobio un bambino particolarmente antipatico!”
“Ehi…” Ringhiò Tobio.
Shouyou, però, continuò imperterrito. “Mia sorella ha il nome della precedente regina di Karasuno ma è un’usanza comune! Prendi me e te! I nostri nomi sono unici… Nessun Re li ha avuti prima di noi!”
“Il Re Demone precedente si chiamava Tooru a sua volta,” spiegò Tobio. “Se avessero chiamato Tooru anche me, qualcuno avrebbe perso la testa per la confusione!”
Shouyou annuì. “Sì, forse, hai ragione…” Un momento di riflessione. “Come si chiamava tua nonna?”
“E perché t’interessa? Non l’ho mai conosciuta!”
“No, però, hai i suoi occhi!” Esclamò Shouyou con un sorriso. “Anche io e mia sorella assomigliamo al nonno che non abbiamo mai conosciuto. È una cosa strana, non trovi? Essere tanto legati nell’aspetto a qualcuno che non si è mai visto… Tua figlia potrebbe avere gli occhi verdi del Primo Cavaliere o quelli scuri del Re Demone.”
Tobio scrollò le spalle. “L’hai vista tu in sogno, dovresti dirmelo tu.”
“No, non l’ho vista.”
“Eh?”
“Ho visto te mentre la stringevi a te e la guardavi innamorato perso ma non ho visto lei. Penso che tu l’abbia chiamata mia Regina ad un certo punto… Dovevi proprio desiderarla tanto.”
Tobio alzò gli occhi al cielo. “Non parlare come Kenma, tu non fai sogni premonitori.”
“In teoria, non li dovrebbe fare nemmeno Tsutomu.”
“Per lui è diverso… Sua madre era un Mago, non sarebbe poi così assurdo.”
“Ed io ho due genitori normalissimi ma possiedo un enorme potere!”
Tobio tornò a guardarlo ed il sorriso di Shouyou aveva un qualcosa di adulto che non gli piacque affatto. “La magia non ha regole,” disse come se stesse ripetendo a memoria una delle lezioni di Kenma. “Il sangue ne ha, vero ma la magia no.”
Il Principe Demone sospirò annoiato. “Conosco le lezioni sulla magia, Shouyou. Kenma le ha usate fino allo sfinimento per convincermi che non ero secondo a nessun Demone della mia corte.”
Shouyou scese dal ramo con un saltello. “Perché?” Domandò sorpreso. “Ti sentivi inferiore a loro?”
“No…” Rispose Tobio gonfiando un po’ le guance. “Ci fu una ribellione a Seijou nell’estate successiva alla mia nascita. Molti vecchi nobili non approvavano la condotta del giovane Re Demone ed avere un erede al trono senza corna li ha completamente esasperati… La maggior parte di loro ora non è più in vita o non possiede più alcun potere ma, come in tutte le guerre, ci sono quelli che cambiano idea a seconda del vincitore.”
Shouyou annuì un paio di volte. “C’è qualcuno che fa buon viso a cattivo gioco con te…”
“Già… E i bambini tendono a ripetere quello che sentono dire dai genitori senza pensare, così… Succedevano cose…”
Shouyou inarcò un sopracciglio. “Sei il figlio delle due personalità più potenti del Regno, perché non…”
“Non ho mai detto niente,” spiegò Tobio. “Una volta mi è capitato di duellare con uno di loro, avevo sette anni… Yuutaro, lo hai conosciuto. Non ho cominciato io ma ho finito e sono stati guai…”
“Non avrai le corna ma le tue capacità sono comunque fuori dal comune,” commentò Shouyou. “Sei incredibile, davvero!” Sorrise. “Quello che hai fatto su quella torre è stato epico! E poi…” Tacque nel rendersi conto che l’altro lo guardava con gli occhi sgranati e le guance rosse. “Tobio?”
“Stu-Stupido…” Borbottò Tobio alzandosi in piedi.
Shouyou sorrise divertito. “Ti sei imbarazzato per caso?”
“No!” Sbottò il Principe Demone camminano tra gli alberi senza nessuna reale motivazione.
“Invece sì!” Esclamò Shouyou andandogli dietro. Rise. “Ti ho fatto un complimento! Sei moralmente obbligato a ricambiarlo quando si presenterà la giusta occasione!”
Tobio lo guardò storto da sopra la spalla. “Dubito ci sarà mai motivo di farti un complimento!”
“Ehi!” Replicò Shouyou offeso mentre Tobio spariva dietro al tronco di una grande quercia. “Tobio?” Chiamò sporgendosi in avanti per guardarlo.
Il Principe Demone se ne stava lì a fissare la foresta di fronte a sé con le guance rosse e l’espressione frustrata di chi non riesce a venire a patti con se stesso. Shouyou rise di nuovo ma con più leggerezza.
“Stai zitto…” Sibilò Tobio senza guardarlo.
“Non sai proprio come prenderli i complimenti, eh?” Shouyou gli andò vicino e, senza preavviso, gli pizzicò un fianco. Tobio saltò esageratamente e lo guardò come se avesse osato fargli un affronto ma il Principe dei Corvi continuò a sorridergli.
“Piccolo stu…” Tobio cercò di afferrarlo e fargliela pagare ma Shouyou fu più veloce e scappò via. Rideva e non accennava a voler smettere. Tobio gli fu dietro immediatamente ma fu una fuga di breve durata.
Inciampò su qualcosa, probabilmente la radice di un albero e la terra gli mancò sotto i piedi di colpo. Il fiato gli morì in gola mentre precipitava addosso a Shouyou. Entrambi rotolarono tra gli alberi, gli arti di uno intrecciati a quelli dell’altro.
Si fermarono dopo quella che parve un’eternità.
Tobio rimase immobile, il viso premuto contro l’addome dell’altro e l’acqua cristallina del ruscello che continuava a scorrere sotto di loro bagnandoli entrambi. Il corpo di Shouyou prese a tremare e, per un momento, Tobio temette che si fosse fatto male nella caduta e che stesse piagendo.
Il suono cristallino che seguì lo rassicurò.
Shouyou stava ridendo.
Erano entrambi finiti in un ruscello come due idioti ed il piccolo stupido stava ridendo.
Tobio non seppe se dare la colpa alla paura che scivolava via o al fatto che la risata di Shouyou fosse insopportabilmente contagiosa ma si ritrovò a ridere anche lui. Il nodo alla gola era sparito e le ombre sembravano essersi diradate almeno per un po’.
“Idiota…” Commentò Tobio inginocchiandosi nell’acqua bassa, il viso basso per nascondere l’attacco d’ilarità che non voleva lasciarlo andare.
Shouyou si mise a sedere: i vestiti ed i capelli completamente bagnati. “Me lo vuoi dire adesso?” Domandò.
“Che cosa?” Domandò Tobio continuando a fissare l’acqua cristallina.
“Il nome di tua figlia.”
Gli occhi blu si sollevarono, l’allegria era scomparsa velocemente come era arrivata e Shouyou dovette accorgersene perché smise di sorridere a sua volta.
Tobio scosse appena la testa. “Non ha bisogno di un nome,” rispose. “Non nascerà mai. Non ho intenzione di avere dei figli.”
Non voglio macchiarmi anche della colpa di essere padre.
Shouyou dischiuse le labbra. Probabilmente, stava per obbiettare, per fargli notare che il suo ruolo gli imponeva di mettere al mondo un erede che prendesse il suo posto sul trono di Seijou. Non ne ebbe il tempo e Tobio ne fu grato.
“Shouyou…”
Gli occhi d’ambra si sollevarono confusi verso gli alberi. Sorrise. “Kei! Tadashi!” Esclamò alzandosi in piedi. Tobio fece lo stesso.
“Stai bene?” Domandò Tadashi avvicinandosi di qualche passo.
“Sì,” rispose Shouyou con un sorriso confuso. “Perché?”
“Abbiamo visto questo qui che ti aggrediva,” rispose Kei guardando il Principe Demone con espressione glaciale.
“Sono inciampato, idiota!” Sbottò Tobio rabbioso.
“Oh!” Il Cavaliere sorrise con sarcasmo. “Così anche le leggendo viventi cadono.”
“Vai al diavolo!”
“Ti sei fatto male?” Domandò Tadashi al suo Principe posandogli una mano sulla spalla. “Sei tutto bagnato.”
Shouyou sorrise. “No, sto bene… Stavamo solo giocando. Voi, invece, dove stavate andando?”
“Estraggono il cuore del drago,” rispose Kei guardando Tobio. “Il Re vi desidera al suo fianco, Principe Demone.”
 
 
 
   
 
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