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Autore: PriorIncantatio    13/10/2016    1 recensioni
"Un mese dopo la battaglia di hogwarts, il nuovo primo ministro deve ricostruire una comunità. Gli orrori della guerra pesano tutti sulle spalle dei colpevoli o dei presunti tali che sono sottoposti a processo. Fra questi, vi sono i Malfoy, vittime dei pregiudizi della comunità magica e prigionieri degli errori passati. Cosa può fare Hermione Granger per Draco Malfoy? E cosa sarebbe disposta a perdere per Malfoy, una volta messe da parte i propri pregiudizi? Si può risorgere dalle ceneri o, per farlo, bisogna rendere tali tutti i sacrifici del proprio passato?"
-PriorIncantatio
"Bisognava risorgere, dalle ceneri come le fenici, era doveroso e necessario per non dare nuova linfa al male e lasciare loro la possibilità di riprendersi quello per il quale in tanti hanno dato la propria vita: la libertà."
Genere: Fluff, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Malfoy, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Ordine della Fenice, Un po' tutti | Coppie: Albus Silente/Minerva McGranitt, Draco/Hermione, Harry/Ginny, Lucius/Narcissa, Ron/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
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HOW LONG, NOT LONG - I PARTE

 
 

 
"L’esperienza non è ciò che accade a un uomo. E’ ciò che un uomo fa di ciò che accade a lui." - Aldous Leonard Huxley
 

La notte appena trascorsa era stata irrequieta per Hermione Granger. La giornata passata in compagnia, di Ron prima e di Draco dopo, l’avevano frastornata. Non amava sentirsi indisposta a causa di sentimenti contrastanti, essere così fragile davanti alla vita. Hermione sapeva essere risoluta e combattiva, ma era a conoscenza anche di non essere esperta nelle relazioni, di aver sempre una parola fuori posto, di sentirsi a disagio davanti a qualcuno. Lei, la famosa Hermione Granger, vittima della vita e delle persone. La mattina seguente alla conferenza si svegliò presto proprio per i tormenti notturni che l’attanagliavano. Aveva intenzione di andare all’ufficio del Primo Ministro per avere una risposta su quanto accaduto a Narcissa Malfoy. Kingsley era un’altra delle cause delle sue angosce e in qualunque modo avrebbe tenuto fede alla promessa fatta ad Andromeda: Narcissa sarebbe dovuta tornare a casa.

Il caffè quella mattina sembrò più amaro del solito, l’acqua della doccia più fredda e il fastidioso vento londinese ancora più asfissiante. I nervi della ragazza stavano subendo una profonda provocazione. La metro portò velocemente a destinazione Hermione. Ebbe la sgradevole sensazione che qualcuno nel treno la stesse osservando. Non era evento insolito incontrare maghi nel bel mezzo di luoghi pubblici babbani. Alla stazione metropolitana successiva salirono due signore di mezz’età: «Che poi non capisco perché quella Granger debba rovinarsi così la reputazione!» spettegolò una, mentre presero posto proprio di fronte ad Hermione. «Con un Malfoy, tra l’altro! Non immagino cosa possa pensare Harry Potter di tutta questa storia. Insomma, la zia di Malfoy ha ucciso il suo Padrino, è risaputo» continuò poi l’amica. Le due donne erano vestite elegantemente. La prima ad aver parlato indossava un tailleur grigio antracite con una camicia di seta bianca, un ciondolo impreziosiva il suo petto. Aveva una voce rauca e delle vistose rughe, ad Hermione dette l’impressione di una donna con il vizio del fumo. La seconda donna era più avvenente, forse perché il suo viso era più giovanile e il tubino avorio esaltava la sua fisicità. Proprio quest’ultima si rese conto che Hermione aveva appena ascoltato tutta la loro conversazione. La donna diede un colpo con il gomito all’amica prima che potesse riaprire bocca e, quando questa si accorse delle presenza della ragazza, abbassò il capo e tacque.

Quando Hermione arrivò a destinazione vide in lontananza la Clock Tower che segnava le otto. Percorse ad ampie falcate la strada ed utilizzò l’accesso dei visitatori, una vecchia cabina telefonica. Compose il numero 62442 e lentamente scese sotto il livello della strada. Le porte della cabina si aprirono così che la ragazza potesse mettere piede nell’atrio del Ministero. Si mosse velocemente cercando di evitare facce conosciute e domande scomode. Presentarsi lì il giorno dopo non era stata una scelta saggia, pensò lei. Ad un passo dall’ascensore che l’avrebbe portata all’ufficio del Primo Ministro, qualcuno dietro di lei la bloccò poggiandole la sua mano sulla spalla. Lei si voltò celermente spaventata «Oh, Signor Weasley… mi ha fatto prendere un colpo!» esclamò Hermione che sembrò respirare con difficoltà.

«Non era mia intenzione, Hermione. – si scusò l’uomo -  Posso rubarti qualche minuto? È importante» chiese Arthur Weasley con tono innocente, ma al tempo stesso grave.  «Mi dispiace, Signor Weasley, ho un appuntamento con il Ministro in persona ed è improrogabile» rispose Hermione in maniera diplomatica e comunque dispiaciuta per dover declinare l’invito. Arthur non mostrò il suo disappunto, sicuro che le avrebbe parlato il prima possibile. Così discorrendo nella sua mente, lasciò andare via Hermione e sussurrò: «Buona fortuna, Granger». Era un monito più per se stesso che per la ragazza, dopodiché lei scomparve dietro le porte regali dell’ascensore.

«Signorina Granger, buongiorno» esordì l’anziana Marchbanks appena Hermione entrò. «Salve, Griselda» rispose con freddezza lei.  «Cosa ti porta così presto all’ufficio del Ministro?» chiese con un sorriso che la ragazza reputò nauseante.  «Lavoro. Niente di eclatante, niente che la riguardi» rispose Hermione che fu felice di vedere come quel sorriso scomparve dalla faccia della donna. Arrivate finalmente all’ultimo piano, fu la Marchbanks ad uscire per prima e ad entrare nell’ufficio di Kingsley. Hermione dovette aspettare parecchi minuti prima che arrivasse finalmente il suo momento. Quando si alzò, di nuovo l’anziana donna si palesò davanti a lei: «Buona fortuna con il signor Malfoy» poi si dileguò affrettatamente. Hermione abbassò il volto, strinse i pugni ed entrò nell’ufficio. Kingsley Shacklebolt si trovava davanti all’ampia finestra, ritto e con le mani incrociate dietro di sé.  «Buongiorno, Hermione. Sapevo che saresti venuta di prima mattina. Accomodati», disse l’uomo accompagnando l’ultima parola con un gesto accondiscendente delle braccia.

Shacklebolt avrebbe desistito dall’incontrala, ma opporsi persino ad un confronto sarebbe risultato vile da parte sua e avrebbe incoraggiato ulteriormente Hermione a porsi contro di lui. Perché di questo era certo: quella non era affatto una visita di cortesia. «Ne ho tutti i motivi, non credi?» rispose immediatamente Hermione facendo ben intendere con quali intenzioni avesse varcato quella porta.

Il Primo Ministro aspettò che la ragazza si fosse accomodata. Kingsley aveva deciso che la sua arringa doveva premere sui lati umani. Doveva fare in modo che Hermione si immedesimasse in lui, nella sua complicata e delicata posizione. «Sei giovane, Hermione. Ma questo non toglie il fatto che tu, soprattutto durante gli ultimi due anni, abbia affrontato sfide molto difficili, anche dal punto di vista emotivo. Allora ti chiedo – poi si prese un istante di meditazione - Hai mai preso una decisione difficile che sapevi avrebbe avuto delle ripercussioni? Su di te e su chi volevi bene?» “Psicologia inversa”, pensò Hermione Granger. Kingsley Shacklebolt continuava ad utilizzare quella tattica per influenzare i pensieri della ragazza, ancor di più per far passare i suoi comportamenti giusti agli occhi della Granger. «Kingsley… non devi giustificarti – iniziò lei - Ma non devi neanche mentire a te stesso. Hai idea di quello che hai fatto?» chiese Hermione stizzita e concisa. Doveva metterlo alle corde, persuaderlo dal peggiorare la situazione, fargli capire una volta per tutte che tutte le sua azioni avevano ripercussioni, che ogni suo gesto avrebbe influenzato anche il suo lavoro, il suo rapporto con Draco, il fallimento o la riuscita di quella difesa. Hermione Granger contro il Primo Ministro. Non era sfrontatezza o eccesso di fiducia nei propri mezzi, ma Hermione non avrebbe dovuto sottostare al potere. Non l’aveva mai fatto. Sapeva chi era il suo avversario in quel momento: esperienza, carisma, intelligenza, leadership. Però lei gli riconosceva una mancanza: il buon senso.

«Penso tu stia fomentando quanto accaduto. Ti sta sfuggendo di mano il controllo di Malfoy e vuoi dare la colpa a me? Non è molto maturo da parte tua, Hermione» la sfidò apertamente lui. I loro sguardi erano esplicativi di un momento di tensione.

Kingsley si rese conto di essere stato piuttosto duro con quelle parole, ma aveva fin troppi problemi tra le mani e, discutere anche di quello, era troppo. Hermione era all’ultimo posto nella lista di casini a cui rimediare, anche se su di lei aveva riposto tante aspettative. Forse troppe. Come risponderle, dopotutto? Avrebbe dovuto darle ragione inginocchiandosi e chiederle perdono? No, era il Primo Ministro e non si sarebbe piegato. Aveva il dubbio che l’orgoglio fosse stato messo alla prova e non era disposto a metterlo alla prova. Riconosceva ad Hermione il suo talento nel soppesare le parole e utilizzarle nel momento opportuno, ma quello era il suo momento.

«Kingsley, ciò che hai appena detto spero sia un infelice frutto dei tuoi pensieri. Voglio auspicare che si tratti di un equivoco… - mentì lei - Ecco perché sono venuta qui, per risolv-» Hermione venne interrotta bruscamente.  «No, non c’è nessun equivoco e no – ripeté sprezzante - non c’è nulla da risolvere. Narcissa Malfoy resterà in custodia in un appartamento posto sotto sorveglianza e le verrà fornito tutto ciò di cui ha bisogno» sentenziò senza sentire ragioni. «Ha bisogno di suo figlio!» esclamò adirata Hermione, che ormai aveva perso l’aplomb diplomatico.  «Tu hai bisogno di un momento di pausa, Granger. Penso che questo incarico ti stia logorando. Per adesso ti lascerò proseguire, ma mi prenderò un periodo per riflettere se è giusto o meno continuare con te.»

Hermione schiuse leggermente la bocca, ma nessuna parola uscì. Si sentì colpita sul piano lavorativo e questo, forse, le faceva ancora più male.  «Penso si sia detto tutto» disse Hermione che alzandosi, dispensò all’uomo uno sguardo impietoso. Kingsley strinse le mani in un pugno e le portò al mento, tentò di riflettere sulle ultime mosse. Poi guardò il biglietto sulla sua scrivania che ogni giorno, quando più ne aveva la necessità, leggeva.

Nei giorni di tormenta.

Perché prima di vincere devi combattere.”

Albus Silente

 

Sapeva che le parole dette ad Hermione erano giuste, non le pensava, ma andavano dette. Conosceva il suo modo di comportarsi e davanti al muro di ferro alzato proprio dal Primo Ministro lei, come sempre, avrebbe trovato un modo per scavalcarlo. Era necessario che Hermione riuscisse a interagire con Draco senza l’ombra troppo asfissiante di sua madre. Narcissa Black era destinata ad Azkaban e di questo Kingsley ne era a conoscenza.


 

Brighton – Casa di Andromeda Black

Andromeda Tonks aveva insistito che Draco quella notte andasse a dormire a casa sua affermando che Villa Malfoy poteva essere ancora oggetto di incursioni degli Auror. Il giovane Malfoy, nonostante le sue rassicurazioni, dovette accettare. Non era mai stato a casa di sua zia e, anche se non ne aveva mai sentito il bisogno, stava iniziando a capire quale fosse il reale motivo per cui Andromeda l’avesse convinto ad andare lì. Draco si svegliò di buon’ora quella mattina per colpa del vento marittimo che soffiava incessantemente e che, a causa della portafinestra aperta, era penetrato nella camera raggelandolo. Il ragazzo si alzò dal letto con la pelle d’oca che lo ricopriva e capì che era comunque inutile chiudere l’infisso e rimettersi a dormire. Andò in cucina per fare colazione quando vide sua zia già sorridente nel salone che attizzava la legna nel camino appena acceso. La fiamma debole ma lucente fece diede subito un’idea di avvolgente tepore al ragazzo.

«Sei mattiniero, Draco?» chiese raggiante Andromeda quando si accorse della presenza del ragazzo. «L’esatto opposto, zia» rispose svogliato lui, rendendosi conto che l’aura di Morfeo gli stava ancora offuscando i sensi. La donna gli si avvicinò e lo condusse, porgendo il suo braccio dietro la sua schiena, verso la cucina: «Vieni, ti avevo già preparato la colazione.»

Dopo una manciata di minuti, quando Draco aveva ormai consumato il pasto, venne accompagnato dalla zia al piano superiore senza conoscerne il motivo. Lungo il tragitto aveva avuto modo di osservare tantissime fotografie, tutte babbane. Nessun soggetto raffigurato si muoveva, nemmeno un singolo movimento. Draco si soffermò su una foto in particolare. Era l’unica in cui tutti, all’interno della pellicola, erano animati.

«Non hai avuto modo di conoscerli tutti, Draco. Questo è l’Ordine della Fenice originario» gli spiegò lei indicandoli uno ad uno. «Silente, la McGranitt, Black…» identificò il ragazzo. «I Potter, Frank e Alicia Paciock, Shacklebolt, Remus…» poi la donna si arrestò sopraffatta dai ricordi e dalle emozioni. «Sono quasi…» Draco si fermò prima di concludere il suo pensiero, sapeva che tanti di loro erano suoi cari amici, sapeva che se alcuni erano morti anche per causa sua. «Sì, Draco. Sono quasi tutti morti. Ma hanno combattuto e hanno fatto sì che Voldemort cadesse. Adesso l’Ordine è ancora vivo a differenza della maggior parte dei Mangiamorte» rispose convinta ed orgogliosa Andromeda. Draco poggiò delicatamente la sua mano sulla foto, cercò di toccare tutte quelle donne e quegli uomini che avevano avuto il coraggio di affrontare Voldemort, suo padre e i suoi seguaci. Cercò di carpire le loro anime, di ascoltarle.

«Non ho mai voluto tutto questo. Mai. – ripeté prostrato - Non volevo che qualcuno morisse per questa guerra. Mi dispiace, zia» concluse voltandosi verso di lei, visibilmente commosso.

Le iridi di Andromeda Tonks erano lucide, qualche piccola lacrima percorse il suo diafano viso, poi parlò: «Questa foto me la portò Harry poco dopo la battaglia di Hogwarts. – gli spiegò - Pianse, pianse tanto quando mi disse di Ninfadora e Remus; ricordo come nascose la sua testa sulle mie gambe. I singhiozzi risuonavano per tutta la casa. Era distrutto e lo ero anch’io. Prima di andare via mi lasciò questa foto. – disse indicandola – Mi confidò che gliel’aveva data Sirius poco tempo prima di morire. Questa foto, Draco, è stata uno dei tanti motivi che lo hanno spinto a continuare a lottare a denti stretti per non soccombere. Gli ricordava ogni giorno che quelle persone non potevano essere morte invano. Che Lily e James avevano offerto la loro vita pur di proteggerlo, così come Silente, Severus…»

Draco era frastornato da tutte quelle parole, da tutto il dolore che aveva subito la donna. Riusciva a sentire e provare compassione per Potter. «P-perché mi stai dicendo tutto questo?» chiese il ragazzo con evidente smarrimento. «Perché so che tu non volevi tutto questo, so che non sei come tuo padre, so che non sei e non sarai mai un Mangiamorte, so che tutto questo ti ha devastato, che non hai avuto una vita facile e che non puoi riavere indietro un’infanzia diversa. Ma so, soprattutto, che adesso sei un uomo e che saprai affrontare il destino con il volto sicuro, fiero.  Ho fiducia in te e non lo penso solo io, Draco» concluse Andromeda con tono allusivo e rincuorante. Poi riprese dicendo: «Ne sono certa, ma sto parlando della signorina Granger.» Draco sorrise imbarazzato, pronto a voler sviare immediatamente quella discussione, tuttavia, sua zia non la pensava allo stesso modo. «Cosa pensi di lei, Draco?» chiese senza remore la zia che lo osservava come un raro oggetto di studio. «N-non capisco?» balbettò confusamente Draco, dando modo alla zia di continuare l’interrogatorio. «State passando molto tempo insieme, inizierai a conoscerla bene, no?» rincarò la dose la donna. «Zia, è il mio avvocato, nulla di più» cercò di chiarire il ragazzo come se le domande di Andromeda fossero mirate a scoprire qualcosa di più privato tra i due. «Certo che lo è, cosa pensavi che ti chiedessi? Merlino, cosa credevi Draco?» si stupì la Black a quel punto. Il ragazzo fece un sospiro di sollievo e sorrise rasserenato: «Nulla zia, assolutamente nulla. Meglio se proseguiamo» rispose con molta più leggerezza.  Chiarito l’equivoco i due si incamminarono quando Andromeda, davanti a lui, parlando più a se stessa esclamò: «Poi si sa, la signorina Granger è fidanzata con il figlio di Arthur!» Draco si massaggiò la fronte senza speranze e non seppe se sbuffare o sorridere ironicamente, tuttavia preferì far finta di non aver ascoltato. I due arrivarono davanti ad una porta socchiusa, Andromeda fece segno a Draco di fare silenzio da quel momento e lo invitò ad entrare.

L’ambiente non era molto illuminato, ma le mura completamente bianche conferivano alla stanza un’idea di pace trascendente. Al centro della camera vi era una bellissima culla in legno con eleganti fregi e intarsi che raffiguravano pianeti e stelle.

«Non la riconosci?» chiese Andromeda, fissando intensamente a Draco ancora sull’uscio. «No, no… non credo di ricordarla. Dovrei?» chiese il ragazzo turbato da quella curiosa domanda. «Probabilmente non l’ha detto mai a nessuno…» disse con un filo di voce la donna a se stessa. «Zia… io continuo a non capire» ripeté lui iniziando ad avvicinarsi verso la culla e intravedendo la piccola creatura che riposava dentro di essa.

«È un regalo di tua madre. Quando Ted nacque è stato il primo dono che arrivò qui a casa. Nonostante non ci vedessimo da tanto, quando le nostre famiglie condividevano solo odio, sangue e rancore, lei ha donato a mia figlia la culla di suo figlio. Era la tua, Draco. Solo chi è madre può capire cosa vuol dire condividere la culla del proprio bambino» rispose la donna che mise la mano davanti alle sue labbra per reprimere un singhiozzo. Chiuse gli occhi e lentamente si sciolse in un silenzioso pianto che fece crollare il castello di sicurezze e ricordi del ragazzo. Draco vide davanti a sé il ritratto di sua madre in lacrime. Stava per andarle incontro quando sentì il piccolo Teddy dietro le sue spalle lamentarsi come se avesse avvertito il clima di tensione nella stanza. Draco si sporse verso il neonato e si sorprese quando vide i suoi capelli di un cangiante verde smeraldo:«Z-z-zia! I suoi capelli… sono verdi!» esclamò allarmato il ragazzo. Andromeda sorrise colpita, ma spiego al ragazzo che era tutto nella regola… o non proprio: «È tutta questione di sangue, Ninfadora è… era – si corresse mordendosi le labbra -  una metamorfomagus e quindi poteva cambiare a suo piacimento una parte del suo corpo… ad esempio i capelli. Però Ted non aveva mai assunto un verde, figuriamoci questo bellissimo color smeraldo» rispose alla fine passando dolcemente la sua mano tra i capelli del bambino. «Sa che sono qui…» sospirò Draco guardando quel piccolo con tutta la dolcezza che non aveva mai creduto di possedere. Sua zia a quelle parole si voltò non comprendendole appieno: «Sa che sei qui?» si limitò a ripetere. «Verde smeraldo. Serpeverde, mi sembra ovvio» rispose il ragazzo sorridendo compiaciuto. «Gli dona, non credi?» controbatté ridendo di gusto la donna.

«Zia?» sollecitò Draco, cambiando decisamente tono di voce, diventando subito serioso. «Che succede, Draco?» chiese visibilmente preoccupata lei appoggiandogli la mano sulla spalla. «Voglio chiederti se posso far parte della sua vita, zia. Voglio essere la sua famiglia, quella che io e Potter non abbiamo mai avuto. Vogliamo essere una di quelle persone di cui possa fidarsi, persone che lo amano. È mio cugino, ti prego» la supplicò lui. Draco non sapeva dove avesse preso tutto quel coraggio. Un mese prima la sua proposta sarebbe stata fuori luogo, un sacrilegio, un comportamento da deridere, ma ora sentiva davvero dentro il suo cuore e la sua anima quelle parole.

«Oh, Draco!»  Andromeda lo abbracciò con più forza del dovuto. Pianse. Piansero insieme. Cuori che battevano all’unisono.

 

Hogsmeade - Pomeriggio                                                          

Hogsmeade a novembre simboleggiava qualcosa di sicuro, una costante matematica: neve, tantissima neve. Arthur Weasley dopo il fugace incontro con Hermione aveva iniziato a compiere il lavoro che il giorno precedente il Primo Ministro gli aveva affidato. Doveva ottenere quanto più materiale possibile per assicurarsi un buon numero di sentenze. Il primo nome nella lista era tra quelli più attesi, un personaggio odiato ovunque che, tuttavia al suo tempo, aveva avuto potere e popolarità. Poteva utilizzare una metropolvere e trovarsi direttamente nell’ufficio della McGranitt, ma il fascino del piccolo borgo magico lo aveva sempre attratto. Percorse tranquillamente le stradine fiocamente illuminate, la neve traboccante dai tetti delle case circostanti, i comignoli fumanti, gli odori di zuppe di zucca e riusciva a sentire persino l’odore invitante delle caramelle e delle cioccolate di Mieleandia. Vi era un pacifico silenzio. Una piccola Diagon Alley, molto più tranquilla e più cupa. Passò davanti La Testa di Porco, appartenuto fino a poco tempo fa ad Aberforth Silente, ora professore ad Hogwarts. Dalla finestra Arthur notò che nulla era cambiato, nemmeno gli ospiti abituali della locanda. Su ogni tavolo una calda burrobirra veniva servita ad uomini che chiacchieravano sommessamente. Arthur continuò a passeggiare e a mettersi dietro le spalle gran parte del sobborgo innevato, in lontananza offuscata dalla nebbia e dal vento, si intravedeva la Stamberga Strillante, il luogo più infestato di Inghilterra.

«Arthur Weasley!»

Una voce femminile tuonò in maniera allegra e squarciò il surreale silenzio creatosi. Il Signor Weasley si voltò in direzione del richiamo e vide Madama Rosmerta davanti la Sala da tè mentre stringeva elegantemente nella sua mano un calice di idromele. La donna indossava un abito blu con motivo a pois, sopra di esso aveva legato ai fianchi un grembiule da cameriera bianco. Il viso felice e rubicondo evocava una personalità allegra; i capelli legati in un chignon la rendevano più giovanile e aggraziata. Era tra le persone più popolari del paesino, il suo locale quello più in voga tra i giovani studenti di Hogwarts nel quale amavano trascorrere le giornate festive in dolce compagnia.

«Madama Rosmerta, che piacere rivederla!» esclamò a sua volta Arthur Weasley che si incamminò verso di lei. «Cosa ti porta qui, Arthur?» domandò curiosa la donna bevendo copiosamente il liquido giallastro. «Una chiacchierata con la Preside di Hogwarts, signora» le rispose senza sbilanciarsi in ulteriori informazioni. «Sei proprio un uomo del Ministro, Arthur. Kingsley non lo vedo da tanto, tantissimo tempo, sai…» disse lei dispiaciuta. «Devi pur capirlo, Rosmerta, adesso è il Ministro e non puoi avere idea con quante cose deve avere a che fare ogni giorno» cercò di spiegarle.

«Come il figlio di Malfoy?» chiese senza fronzoli e ammiccando ad un sorriso innocente, ma non così tanto.

Arthur imbarazzato per la domanda e non avendo il tempo per elaborare una risposta per sviare l’argomento cercò di concludere la conversazione: «Sai, Rosmerta, resterei qui a parlare con te per ore e mi farebbe tanto piacere, ma devo sbrigarmi prima che inizi a far buio» mentì con mestiere il Signor Weasley. Rosmerta lo trattenne per un braccio: «Promettimi che verrai con Molly un giorno. Ricordo ancora come voi due piccioncini pomiciavate in fondo alla sala! E mio padre che non smetteva di richiamarmi perché osservavo sempre!» raccontò ridendo quasi a farsi mancare il fiato.

Dopo essersi finalmente congedato, Arthur Weasley non ci mise molto per arrivare alla monumentale cancellata di ferro scuro di Hogwarts. Oltre di essa lo aspettava Neville Paciock. «Professor Paciock, grazie per avermi accolto nonostante queste temperature di certo non miti» confessò amichevolmente Arthur. «Per lei sono Neville, Signor Weasley. E non faccia complimenti. Venga – proseguì accogliendolo con un gesto esplicito -  sono sicuro che la Professoressa McGranitt sia ancora nel suo ufficio» rispose stringendogli con sicurezza la mano per salutarlo. «Devo confessare, mio caro Neville, che la professoressa neanche sa del mio inaspettato arrivo. Non che volessi farle una sorpresa, ma mi avrebbe imperato di passare direttamente dal suo ufficio… in questo modo mi sarei perso un gratuito giro turistico di Hogsmeade» si giustificò in maniera allegra Weasley.

Lo stagliarsi dell’immenso castello sulla collina rocciosa aveva sempre fatto suscitare sentimenti di incredulità e ammirazione. Era uno stato d’animo condivisibile per chiunque riuscisse a mettere piedi lì. Hogwarts era stata anche casa sua, come lo era stata per un incalcolabile numero di studenti prima e dopo di lui. «Dimmi, Neville, i lavori di ricostruzione come stanno procedendo?» chiese curioso, ma con tono solenne. «La McGranitt ha avuto un grande ruolo nella ricostruzione, c’è da ammetterlo. È riuscita ad avere la meglio sul Primo Ministro, che era restio a finanziare in maniera generosa. Durante gli incontri tra noi professori ci siamo molto soffermati su questo tema – gli confidò il docente di Erbologia - So che Kingsley Shacklebolt aveva stanziato pochissimi fondi per la ricostruzione, ma la McGranitt ha insistito. Il giorno dopo la professoressa portò al Wizengamot la mozione per i lavori di Hogwarts, minacciando tutti i presenti che avrebbe denunciato il fatto a tutti i giornali. Sta di fatto che la Gringott ha fatto un prestito di ventimila galeoni il giorno successivo – concluse soddisfatto e con un sorriso smagliante - Sta tornando tutto alla normalità, Signor Weasley.»

I due procedettero in un giro più largo passando, tra l’altro, nel luogo dove una volta era costruita la piccola casa del custode di Hogwarts, Rubeus Hagrid. Anche Arthur Weasley notò quell’evidente particolare: «Dove diavolo è finita la casa di Rubeus?» chiese allarmato. Neville con un’esplicabile smorfia del volto fece capire al più anziano che era stata distrutta durante la battaglia. «Hagrid voleva ricostruirla da capo, ma la professoressa McGranitt ha insistito che ricevesse una camera come tutti gli altri professori. Hagrid stava per piangere quando gliel’ha comunicato. Per non dirti che faccia ha fatto quando l’ha vista per la prima volta!» gli spiegò Neville, egli stesso emozionato. In lontananza iniziava a prendere forma più distintamente il portale che dava accesso alla scuola. Una volta varcato, in prossimità del tiburio, Arthur e Neville si fermarono di fronte al monumentale portone in bronzo che dava accesso alla Sala Grande. Quest’ultimo era stato ricostruito e il suo colore brillava come un tempo. Di fianco vi era collocata la statua monumentale in oro dell’architetto del castello, il cui nome era stato ormai dimenticato nel tempo. Alla destra di Arthur si intravedeva l’ampio spazio dove decine di scale in movimento davano l’accesso ai vari piani del castello. I quadri, che impreziosivano le pareti, raffiguravano personaggi in movimento che discutevano animatamente tra di loro o con qualche studente lì di passaggio. La magia di quel luogo non sarebbe mai stata spazzata via, rifletté il Signor Weasley. Ogni oggetto animato dalla magia, ogni fantasma e segreto celato tra quelle mura era stato fonte di ammirazione da sempre. La luce delle candele che illuminava ogni tratto del castello rendevano sempre vivo quel luogo. Erano scomparsi, almeno per quell’istante dalla mente dell’uomo, le immagini sconvolgenti di quella notte. Il sangue che imbrattava i marmi millenari, i corpi ammassati lungo tutte le pareti. La polvere, la cenere e il sudore che diventava tutt’uno tra le mani e i respiri affaticati di uomini e donne. Sembrava tutto così distante, solo un ricordo.

«Signor Weasley, tutto bene?» chiese il ragazzo, facendolo rinsavire da ricordi ancora troppo dolorosi. «Certo… andiamo, accompagnami all’ufficio» rispose l’uomo cercando di sembrare il più naturale possibile. Entrambi si diressero lungo un corridoio che li condusse sino a un piccolo giardino circondato da un porticato in pietra. Nel cuore del giardino si ergeva un monumento marmoreo che commemorava le vittime della battaglia. Sotto di esso una targa bronzea elencava le tantissime vittime che avevano combattuto eroicamente. «C’è il nome di Fred?» chiese all’improvviso l’uomo. «Scusi? Ah, il memoriale… - sospirò teso ed insicuro Neville -  Sì, Signor Weasley, ovviamente. Sono presenti tutti i caduti» rispose non sapendo se continuare o meno il discorso. «Proseguiamo, Neville, ti sto facendo perdere già troppo tempo» disse Arthur cercando di sviare un altro momento di debolezza. Percorsero tutto il porticato fino a quando si trovarono di fronte ad un solenne gargoyle. La statua ambigua sembrava raffigurare una creatura mitica: metà del suo corpo ricordò ad Arthur Weasley un'effigie diabolica, mentre l’altra metà, in maniera ancora più ambigua, rappresentava il simulacro di un angelo. Perso in quei lineamenti, l’uomo venne scosso dalle parole di Neville: «Piuma di Jobberknoll» disse con enfasi accompagnando le parole con un gesto delle mani. «Piuma di che?» lo interrogò retoricamente il Signor Weasley con espressione esterrefatta. «Piuma di Jobberknoll. – ripeté l’altro - Viene usata per preparare il Veritaserum, ma non chiedetemi perché la McGranitt ha scelto questa parola d’ordine» replicò Neville mostrando indifferenza. Ad un tratto il gargoyle si mosse di novanta gradi e rivelò dei gradini che facevano presupporre l’esistenza di un passaggio angusto. «Dovrò dimagrire un bel po’ se sarò costretto a passare di lì» scherzò Weasley. L’uomo si diresse verso la scultura e fece i primi due scalini, poi si voltò verso Neville: «Non mi segui, Paciock?» gli chiese amichevolmente come se fosse il gesto più normale al mondo. «Credo sia meglio lasciarvi discutere da soli» lo incalzò lui. «Allora è stato un piacere, Neville.» 
Arrivato a destinazione, Arthur constatò che la porta dell’ufficio era socchiusa. Riuscì a intravedere, attraverso un esiguo spiraglio, la donna che leggeva alcuni documenti e vi apponeva la sua firma elegante. Il Signor Weasley bussò con poca forza, quanto bastò per far sentire il colpo delle proprie nocche sul legno. Sentì il timido “avanti” della professoressa ed entrò chiudendo dietro di sé la porta. «Arthur!» esclamò la McGranitt, spiazzata dalla presenza di Weasley. «Professoressa non c’è bisogno che vi scomodiate» rispose l’uomo affabilmente mentre si avvicinava velocemente alla scrivania. 
Si strinsero calorosamente la mano e si scambiarono un repentino sguardo di stima reciproca. «Accomodati, Arthur. Posso servirti del tè? O forse, dell’acqua viola?» lo interrogò lei con tono serafico. «Non vi voglio importunare, Minerva. Sono a posto così, vengo direttamente dal Ministero e lì posso rimpinzarmi come neanche Molly riuscirebbe a fare» ribatté divertito Weasley, stampando un sorriso soddisfatto sul volto. «Come vanno gli affari al Ministero, Arthur?» chiese, a quel punto, interessata la donna. «È tutto sempre complicato. Il Primo Ministro mi ha incaricato di svolgere un ruolo da schermo tra il Wizengamot e lui… sai che non può eccedere con il peso politico che si ritrova» le spiegò in maniera riassuntiva. «Varrà anche per quello che è successo ieri, no?»

Era palese che Minerva McGranitt volesse sapere di più su quanto accaduto durante la conferenza, o meglio, dopo di essa. Draco ed Hermione erano stati entrambi suoi alunni. Non era suo stile preferire studenti ad altri, ma per Hermione provava un sentimento diverso che non era riscontrabile in una semplice stima accademica. Le ricordava tanto la giovane se stessa ai primi anni ad Hogawarts, piena di paure, insicurezze e consapevole di essere una mezzosangue. Dall’altra parte invece vi era Draco Malfoy. Intelligente, astuto, abile nell’aula di pozioni. Sapeva che non tutto era perfetto intorno a lui. Sapeva molto e lui, di questo, non era conoscenza.

 

***

Ufficio del Preside -  un anno prima

«Albus, non è normale il comportamento assunto da Potter» le disse corrucciata Minerva McGranitt dopo una lunga conversazione che la vide visibilmente preoccupata per il ragazzo. «No, Minerva, non è normale. Però conosci questa fase della loro… sono adolescenti, in preda ai fervori della giovinezza e il tarlo della gelosia che li consuma» replicò in maniera saggia. «Professor Silente, l’ha attaccato! Malfoy aveva ferite profonde, c’era sangue ovunque!» esclamò addolorata.

Albus Silente si lisciò la sua lunga barba bianca e cercò di riflettere profondamente. Non poteva dirle tutta la verità e la cosa peggiore era che conosceva la donna che gli stava davanti. Si sarebbe spinta fino al punto in cui avrebbe trovato una soluzione, gli avrebbe posto ogni genere di domanda per saperne di più, ma non poteva dirle nulla di Piton e del Voto Infrangibile.

«Il ragazzo è in pericolo» sentenziò Silente lasciando che per una volta fosse l’istinto a fare la prima mossa. «Draco Malfoy?» chiese allarmata la donna, ponendo la sua mano sulle labbra. «Minerva - l’uomo la guardò in maniera profonda, come solo lui riusciva a fare. La osservò, scrutò i suoi occhi e, soltanto alla fine, concentrandosi ulteriormente continuò: «Quella notte di due anni fa, in quel cimitero, la notte in cui il povero Cedric Diggory perse la vita, quando Harry affrontò coraggiosamente Lord Voldemort… vi erano alcuni Mangiamorte, come tu ben saprai. Tra questi, Lucius Malfoy» ma prima che l’anziano mago potesse continuare, Minerva McGranitt lo interruppe bruscamente sopraffatta dal dubbio: «So come è andata, Albus. Lo sappiamo entrambi, ma dov’è che vuoi arrivare?» controbatté incerta lei. «C’è da credere che il giovane Malfoy possa avere… in futuro… un ruolo tra i Mangiamorte» concluse l’uomo cercando di ingannare agli occhi della donna il suo tono preoccupato. «Silente! Dobbiamo fare qualcosa!» esclamò stupefatta la professoressa. «Cosa suggerisci, Minerva?» chiese l’uomo retoricamente, sapendo che nessuna risposta della collega sarebbe stata idonea alla situazione. «Parlagli, Albus. Sai meglio di me che il tuo ascendente, le tue sagge parole riescono ad influenzare il pensiero di un ragazzo che, sicuramente, non vuole avere nulla a che fare con tutto ciò!» rispose lei sempre tenendo un registro verbale autorevole. «Sono lusingato, Minerva, ed hai ragione: Draco Malfoy non deve ottenere alcun ruolo all’interno della cerchia di Riddle. Ma non posso parlargli. Lo metterei in grave pericolo. Tom lo verrebbe a sapere: Severus mi ha detto che l’Oscuro Signore sa adoperare, con una certa maestria, l’arte dell’occlumanzia. Lo tiene in pugno, Minerva» concluse poi l’uomo visibilmente abbattuto. «Sono delusa, Albus» aggiunse stizzita la McGranitt.

Gli occhi dell’uomo brillarono. Fissò il volto della donna con decisione, sapeva che non avrebbe desistito, non si sarebbe piegata. Pochissimi uomini avevano avuto il coraggio di dire ad Albus Silente di essere delusi dal suo comportamento. Minerva McGranitt era una di queste. L’unica donna che ha avuto l’ambizione e la risolutezza di confessarlo. «Minerva…» rispose con un filo di voce come a pregarla. «In tutti questi anni mi hai sempre confessato che ogni tuo tentativo di proteggere Harry Potter ha avuto risultato opposto. Ora dimmi, Albus, se fosse Potter nella situazione di Draco… lo aiuteresti?»

Albus si alzò con leggiadria, un semplice movimento delicato ed elegante. Continuò a fissare le iridi della collega senza pronunciare una sola parola. La fenice, accanto a lui, emise un gemito di dolore. Il suo colore non era più vivido, ben presto sarebbe diventata cenere. Albus le accarezzò il capo con una sensibilità non umana.
«È davvero questo che pensi?» chiese lui deciso.
«Quando ti comporti così, Albus» rispose lei non volendo farsi da parte.
«Minerva devi smetterla di pensare che io possa risolvere ogni cosa. Sono un uomo anch’io e, soprattutto, abituato alla sconfitta. La delusione cocente di una disfatta è quantificabile solo per tutte le anime che hanno lasciato questo mondo, Minerva. Non sempre le mie parole, sagge o giuste che siano, possono essere la chiave di tutto. Vorrei che tu pensassi solo che io stia facendo il massimo, tutto qui» controbatté risoluto.

Silente, passata la scrivania, si trovò davanti alla donna e le prese delicatamente la mano. «Minerva – iniziò con una voce profonda che la donna non aveva mai udito prima di quel momento. Il volto dell’uomo era contratto dalla stanchezza e da una vecchiaia ormai avanzata che però non spegneva e offuscava la spigliatezza nei suoi cangianti occhi azzurri - Hai combattuto al mio fianco per tutti questi anni con la tenacia e la fierezza che ti hanno sempre differenziata dalle altre anime che mi sono state vicine. Hai visto morire tante persone: amici, colleghi, ex studenti, tutte brave persone cha amavi profondamente. Arriverà una guerra, Minerva. – esclamò in tono solenne - Più atroce dell’ultima e dovrai essere forte. Sono l’ultimo ostacolo per Voldemort, l’ultimo tassello prima di completare il suo puzzle.» La professoressa, disorientata da quella confessione, cercò di carpire il vero messaggio di Silente che, sapeva bene, era sempre ben celato dietro gli artifici retorici congeniati: «Cosa sta cercando di dirmi?» chiese titubante lei. «Che devi fidarti solo dell’Ordine, di Harry, Ron, Hermione e dei nostri colleghi. Il Ministero non è più un luogo sicuro e sarà la prima istituzione a cadere nelle mani di Voldemort. Le cose peggioreranno e ci sarà un momento, prima o poi, che non saprai più a chi credere. Non fare l’errore di porre la tua fiducia nelle persone sbagliate, Minerva» l’avvertì lui appoggiando le sue mani stanche sulle spalle della donna.

Silente sapeva che quella discussione prima o poi sarebbe arrivata. L’avrebbe dovuta difendere, metterla al corrente di quanto sarebbe accaduto. Ma… non poteva essere completamente sincero.
«Albus, ora mi stai spaventando e dico sul serio…» stringendo una mano dell’uomo. «Minerva, devi essere pronta a qualunque prova. Sii forte e continua a lottare qualunque cosa accada.
La professoressa ripensando alle parole precedenti di Silente riaprì brevemente il discorso: «E di Severus devo fidarmi?» Silente fu sorpreso dalla repentinità di quella domanda. Cercò di sembrare il più convincente possibile. Poi ricordò a se stesso che doveva semplicemente dire la verità, quello che avrebbe sempre voluto dire a tutti sin dall’inizio: «Sì, Minerva, devi fidarti. Soprattutto di Severus… qualunque cosa accada.»

 

***

«Sì, vale anche per la conferenza di ieri…» rispose il Signor Weasley in modo da tenere il discorso ancora aperto. «Arthur, spero tu non sia venuto qui per trovare delle prove che possano incolpare il giovane Draco Malfoy» asserì eloquentemente l’anziana professoressa. 
«Invece dovresti, Signora Preside!» esclamò una voce fuori dal coro atona. Era stato uno dei quadri esposti dietro la scrivania a proferir parola.«Phineas, quante volte ti ho chiesto di tacere mentre converso con uno dei miei ospiti!» sbraitò la donna con veemenza, senza neanche degnarlo di uno sguardo.

«Sto solo incentivando una strada percorribile, signora» rispose l’uomo nel dipinto, raffigurato su un trono con indosso una lunga tunica verde smeraldo. «Non me ne faccio nulla delle tue strade perverse, Phineas. Come se non bastasse, ti ricordo che nelle vene di Draco Malfoy scorre anche il tuo sangue, il sangue dei Black. Questo non devi dimenticarlo Phineas Nigellus Black» sentenziò Minerva McGranitt scandendo le ultime parole e zittendo all’istante il dipinto animato. «Nulla di tutto questo, Minerva» riprese il Signor Weasley come se nulla fosse accaduto. Fece una breve pausa: «Voglio sapere tutto su una persona» sollecitò l’uomo in maniera laconica. «Se posso esserti d’aiuto, con piacere» rispose lei, avvicinandosi con il busto verso di lui. Si dipinse sul suo volto un’espressione di radicata curiosità.

«Dolores Jane Umbridge.»


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NOTE DELL'AUOTRE
Salve a tutti. Ritorono sempre dopo un bel po' di tempo. Purtroppo sono entrato ufficialmente nella fase universitaria e gli impegni con il giornale limitano ancora di più il mio tempo. Tuttavia sono qui e quindi siamo tutti più felici. Ritorno con la prima parte, e anche questo a grandissima distanza dall'ultimo capitolo diviso. Per farvi un paragone: il capitolo per intero conta un 17 pagine word quando la media era 8/9. Diciamo che la storia è ormai, da un paio di capitoli a questa parte, entrata nel vivo e la penna e la tastiera vanno più sciolti. Il titolo riprende le parole di un grande della storia politica e sociale degli USA: Martin Luther King. Il titolo allude ai diversi personaggi, ovviamente. Per Draco, Hermione, Ron, Andromeda, Minerva, il tempo è il filo conduttore che li collega. How long, not long. Non ha bisogno di traduzioni. Non voglio lasciare ulteriori info. La nota sarà approfondita nella parte seconda che pubblicherò tra un paio di giorni. Tranquilli, il capitolo è già bello e pronto. Ovviamente, come sempre, ringrazio Cecilia per la correzione del testo. Senza di lei questo capitolo varrebbe meno della metà. Grazie ancora per il tempo che spendi per me.

 
  
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