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Autore: PandorasBox    13/10/2016    1 recensioni
#1 [Talia/Reyna]
#2 [Jason]
#3 [Nico/Will]
#4 [Luke/Talia]
#5 [Talia/Reyna]
#6 [Nico/Will]
#7 [Leo, Teen Wolf!au]
In quel momento, la sua già di suo triste e complicata vita, era diventata un film. Ma non un film bello, un film che somiglia più alle infinite telenovelas che vede tía Rosa in cui, ad una sfiga se ne aggiunge un’altra ed un’altra e poi un’altra ancora e arrivi a milleottocento puntate senza aver risolto nulla e con più morti di una guerra nucleare. Solo che i morti che vorresti tornassero non tornano e restano sottoterra
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Quasi tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note: prima che chiunque mi dia dell'eretica, ci tengo a dire che questa cosa NON È QUEL CHE SEMBRA. Anzi, forse è tutto il contrario se ci penso bene.
Un regalino piccino picciò che il festeggiato(??) ha già ricevuto e che pubblico solo perché ha detto che l'avrebbe spammata ovunque se solo lo avessi fatto. Staremo a vedere.
No, non so per quale occasione si siano tutti riuniti, sì, credo che se anche ci si conosce da bambini si possa continuare ad essere amici anche da grandi e lo dico con cognizione di causa.
Detto ciò, enjoy ♥ (e qualcuno mi insegni a fare delle note decenti, grazie)


 









Un sospiro, un ansito, i loro corpi che continuano ad incontrarsi.

Le labbra che si cercano e poi un bacio, forse due o tre, l’altro che si sposta in un atto di pudicizia che non capisce ma asseconda ─ non potrebbe fare il contrario neanche volendo, si dice, le spiegazione, volendo, le chiederà dopo, molto più probabilmente non le chiederà affatto.

La radio, lasciata accesa per qualche strano motivo, forse una dimenticanza dovuta all’urgenza forse un sottofondo un po’ a casaccio, continua a suonare un pezzo che non coglie, una voce canta qualcosa riguardo l’essere giovani e voler dar fuoco al mondo.

Ed è un po’ così che si sente, un po’ così che spera si senta l’altro, a bruciare non è il mondo ma sono loro, questo è l’importante.

«Non pensarci così tanto.» gli intima la voce dell’altro, le mani che si spostano dalle sue spalle solo per prendere il suo viso, per assicurarsi che sia lui e solo lui quello che vede, quello a cui pensa, gli permette di non andare alla deriva.

Se solo potesse Jason lo bacerebbe di nuovo ma no, non può, no, non deve.


 

Avrebbe dovuto baciarlo di più.

Lo pensa spesso, ma la consepevolezza lo coglie mentre lo vede lì, qualche decina di metri da lui, che parla con il mondo con Will appoggiato ad una spalla ─ sono sempre insieme, quei due, sempre insieme da almeno dieci anni perché i primi erano stati burrascosi, appiccicati con quella colla che solo chi riesce a rimettere su i pezzi sembra avere.

A volte vorrebbe avere un po’ di quella colla ed un posto su quella spalla.

«Ha più bisogno di un amico che di un amante.» gli aveva detto Reyna, anni prima, quando era ancora un ragazzino e poteva permettersi di essere sorpreso dalle parole dell’altra «Non rovinare tutto.» gli aveva intimato, con una pacca sulla spalla, alzandosi e lasciandolo solo con i ricordi di una notte ancora freschi nella sua mente.

E lui si era impegnato a non rovinare niente, la muta promessa fatta all’altro di non parlarne, non farlo mai e poi mai, quindici anni erano passati e lui li aveva visti scorrere tutti davanti ai suoi occhi, nelle foto che lui e Piper scattano e collezionano, sui visi di tutti quelli che conosce.

E lui è felice, lei è felice, insieme sono felici eppure lui ancora ci pensa: avrebbe dovuto baciarlo di più, quella notte.

Fine.

Un pensiero che sta appeso lì, un po’ pesante ed un po’ scomodo.

E Piper sembra capire quel che gli passa per la testa, li intercetta e non cerca di dirottarli perché sa che non ci riuscirebbe: perché lei sa tutto pur senza che lui glielo abbia detto, perché lei sa tutto ed aspetta solo che lui glielo dica. Porgendogli un bicchiere di vino getta un’occhiata all’altra coppia, con un sorriso accondiscendente ed una carezza gentile gli sistema il colletto della camicia.

Ci sarà sempre qualcosa che non potrò capire, tra voi due, erano state le parole della ragazza che era, e Jason sa che è vero e non potrebbe essere altrimenti.

«Quanto tempo è che non parlate?» chiede lei, a bruciapelo, e Jason non è pronto a quella domanda eppure risponde con una velocità disarmante, gli occhi che si staccano dalla scena di fronte a lui..

«Ventidue mesi e tredici giorni.»

Piper sospira, storce il naso, sistema i suoi capelli impossibili da sistemare, e gli lascia un bacio a fior di labbra.

«Credi che Will posso ancora aver voglia di parlare con me di interventi a cuore aperto? Perché io ne ho davvero voglia!» e Jason capisce che dietro quelle parole, dietro quel sorriso, c’è qualcos’altro. C’è un muto invito, c’è un “io distraggo il biondo, tu parlagli!”, c’è tutto quel che Piper prova per lui e che lui prova per lei ─ ed è difficile dare un nome a tutto quel che hanno insieme, potrebbe essere amore, potrebbe essere tutt’altro, ma lui le stringe la mano per una frazione di secondo prima di vederla allontanarsi.


 

Jason ringrazia il brusio tutt’intorno, quelle voci che si intrecciano e creano una coperta confortevole in cui avvolgersi, una coperta diversa da quella fatta dal silenzio spesso e scomodo che c’è tra di loro.

Si gira e rigira il bicchiere tra le mani: il liquido che c’è all’interno deve essere ormai bollente, non se ne stupirebbe visto il caldo di quella sera di fine estate, ma lui non lo sa perché non l’ha neanche assaggiato. Non ha mai toccato alcol e mai lo farà, Piper lo sa eppure gli ha passato quel bicchiere perché potesse avere qualcosa tra le mani, perché potesse trovar loro un posto che non fossero le tasche, in quella posa imbarazzata che lui non si accorge di assumere ma che un po’ tutti gli fanno notare.

È quando alza gli occhi al cielo, nella remota e disperata speranza di trovare qualcosa da dire, qualcosa che spezzi quella mezz’ora di agonia e di sguardi che si evitano, che Nico gli sfila il bicchiere dalle mani facendo sparire il liquido in un paio di sorsi.

Il ricordo dell’ultima volta in cui lo ha riportato a casa ubriaco ─ trascinandolo di peso per la via ed ascoltandolo blaterare qualcosa a proposito di carte e mitologia e del fatto che forse Percy nella vita precedente era stato un pesce- costringe le sue labbra a stirarsi in un sorriso ed il suo stomaco a chiudersi in una morsa spiacevole.

«Me ne servirebbero altri dieci, peccato debba guidare.» è quel che gli sente dire, e lo vede fissare con insistenza il vetro tra le sue mani e lo vede, lentamente, alzare gli occhi verso di lui.

Ed in quegli occhi c’è un po’ di stanchezza, un po’ di tristezza, forse legge anche qualcosa che sembra fastidio; nei suoi, probabilmente, l’altro può leggere facilmente un po’ di senso di colpa e rammarico.

«Potevi almeno venirmi a salutare» lo sente continuare, e si obbliga a voltarsi quel che basta per essere faccia a faccia, abbastanza centimetri da non essere pericoloso eppure vicini come non lo sono da parecchio.

«Sono quasi sicuro che Will non avrebbe gradito.»

«Ho trent’anni e sono un uomo indipendente, posso scegliere chi salutare e chi no.»

«Non mi piacerebbe se Piper salutasse il figlio dell’uomo che ha reso la vita impossibile a mio padre. Non gliene faccio una colpa.»

«Non rispondi delle azioni di tuo padre, Jason, ne abbiamo già parlato.»

Di nuovo silenzio, Jason che rotea gli occhi e Piper che, poco più in là, si volta solo per lanciargli un sorriso incoraggiante prima di tornare alla sua conversazione, prima di allontanarsi da qualche parte con quel gruppetto di persone che, Jason ne è sicuro, la seguirebbe in capo al mondo.




 

Non era andata in porto perché, a diciassette anni, Jason non aveva avuto il coraggio di guardarsi allo specchio e dirsi la verità.

Non era andata in porto perché lui, a sedici, si era innamorato di due occhi belli ed un parlantina sciolta e, per un po’, aveva creduto di poter mettere tutto da parentesi.

Non era andata in porto perché, a quattordici, Nico aveva conosciuto uno a cui dirsi la verità non interessava affatto e viveva la vita come viene e non come dovrebbe venire.




 

«Avrei dovuto baciarti di più, quella notte.»

Lo ammette, ad alta voce e chiaramente, solo qualche ora dopo quanto tutti sono abbastanza allegri da non far caso a loro e lui, finalmente, può smettere di nasconderlo.

E si stupisce, Jason, del suono di quelle parole, dell’espressione che si dipinge sul viso dell’altro, del modo in cui annuisce ─ che Nico abbia avuto gli stessi pensieri?

Poco lontano la risata di Hazel spicca sopra al brusio, seguita da qualcosa di molto offensivo in spagnolo, Piper che canticchia un motivetto e Percy che chiama il suo nome. E Jason vorrebbe unirsi a lei, a loro, ma si trattiene: la tranquillità, il sollievo, sono cose che vanno tenute strette e segrete perché nessuno te le possa portar via.

Non si è mai raccontato bugie, mai in vita sua, non ne ha avuto bisogno: «Essere sinceri ripaga sempre» gli diceva sua madre, nei rari momenti di lucidità, e lui aveva capito molto presto che lo avrebbe fatto anche senza ricevere nulla in cambio. Perché Jason è fatto così ed a volte (spesso, molto spesso) si odia per non riuscire a mentire, per non riuscire a trovare bugie confortevoli su cui accomodarsi ─ a diciassette anni non si era odiato ma si sarebbe volentieri preso a schiaffi in faccia da solo. Non lo aveva fatto, alla fine, e si era limitato ad offrirsi come portiere per quella volta in cui Leo aveva tentato di imparare a giocare a calcio: una pessima idea e la sua faccia ancora brucia dopo quindici anni.

«Avresti dovuto farlo.» replica Nico, gli regala uno dei suoi ancora rarissimi sorrisi e si limita a scivolare appena più vicino su quella scomoda panca di legno «Non posso credere che tu ci abbia pensato per tutti questi anni.»

Una scrollata di spalle è l’unica risposta che regala all’altro, perché non c’è davvero altro da dire, non riuscirebbe a trovare altro da dire: con le parole ci sa fare ma fino ad un certo punto, la cosa non smetterà mai di imbarazzarlo ma pensa sia un po’ tardi per rimediare.

E questa volta il silenzio che c’è tra loro ha la consistenza giusta, non pesa addosso, entrambi i loro sguardi persi a cercare qualcuno in particolare in quel gruppetto di persone importanti.

«Se è la persona giusta lo capisci subito.» erano state le parole di sua sorella, seduti al tavolo della cucina, in un giorno di luglio, e Jason si era pulito gli occhiali per trovare qualcosa da fare che non fosse guardarla. Ora Jason fa lo stesso, si sfila gli occhiali e li pulisce con un lembo della sua camicia, i suoi occhi non lasciano per un attimo il gruppetto di persone di fronte a sé.

Dalla sua ragazza, presto moglie.

Dai suoi amici.

Dalla sua famiglia, circa.

Non credeva avrebbe potuto chiamarli così anche a trent’anni.

«Sono felice tu abbia trovato la persona giusta», dice all’altro, ed è sincero, e vede le spalle di Nico tendersi prima di rilassarsi di botto ─ non sa bene quel che passi nella testa del suo amico e non lo ha mai saputo, lo sente solo ridere e la cosa lo rincuora.

«Io e te saremmo stati un casino.»

«E poi tua nonna voleva almeno un medico in famiglia.»

«Pensa: l’ha avuto ed ha anche avuto il coraggio di non essere felice.»

La voce di Annabeth li raggiunge pochi istanti dopo, li richiama verso il tavolo perché non possono fare gli asociali così e non possono che obbedire perché è Annabeth e non si può non correre quando lei chiama, Piper gli libera un posto accanto a lei.

Avrebbe dovuto baciarlo di più quella notte, ma ormai è passata e con lei ne sono passate altre mille e mille ancora ed una pacca sulle spalle, una pallina di carta lanciata da Leo dall’altra parte del tavolo, la risata di Piper lo riportano al presente ed alla realtà.





 

*

Siamo stati fatti di cenere

di muscoli, nervi e di pezzi cuore

di cose non fatte, direzioni perfette,

talmente precise che portavano altrove.

*

 
   
 
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