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Autore: silbysilby_    16/10/2016    3 recensioni
Jeon Jungkook, un giovane artista in erba, non desidera altro che partecipare alla Galleria dell''Istituto Artistico, un evento solitamente riservato agli studenti più grandi. Quando gli viene data questa possibilità lui mette tutto sè stesso nell'impresa, ma i suoi piani verranno mandati all'aria.
Di chi è la colpa di tutto ciò?
Ovviamente di Kim Taehyung, un ragazzo più grande in cui Jungkook si imbatte una sera di novembre, colto sul fatto mentre vandalizza una parete con i suoi murales.
VKOOK
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi tornata con il quarto capitolo! E' lungo esattamente la metà rispetto i precedenti e mi dispiace tantissimo per chi stava aspettando qualcosa di più  sostanzioso(?)
Questo sarebbe tecnicamente il penultimo capitolo della storia. Già. Come ho già detto altre volte, ho scritto un capitolo bonus che parlerà di un episodio in particolare che ho preferito non inserire nella storia "ufficiale". Devo ancora decidere se aggiungerlo come sesto capitolo o se pubblicarlo come una one shot. Cosa ne pensate? Sarebbe fantastico se mi scriveste cosa è più comodo per voi nelle recensioniiiiii
Spero che questo capitolo vi faccia divertire almeno la metà di quanto mi sono divertita io a scriverlo u.u
Grazie a tutte le persone che hanno recensito i capitoli precedenti! Se ancora non l'avete fatto mi farebbe davvero un sacco piacere sapere cosa pensate della ff <3
Buona letturaaa
Alle mie Kinderly e a tutte le povere army squattrinate che non sanno più dove pescare soldi. 
 
JK in Blue
 
L'unico grande difetto che Jungkook trovava nel suo amato Istituto Artistico era il fatto che, oltre a dover frequentare cinque ore al mattino regolarmente, aveva lezioni e laboratori pomeridiani tre giorni a settimana; ma a differenza di altre scuole con il rientro, la sua era aperta anche il sabato. 
Per questo motivo, anche quel sabato, Jungkook si trascinò fuori dal letto fino alla fermata dell'autobus. Come ogni giorno, non riuscì a sedersi durante il viaggio e fu costretto a subirsi il getto diretto del riscaldamento che gli irritò la pelle. Dopo una mezz'oretta arrivò finalmente in autostazione, scese dal veicolo insieme a una baraonda di gente, si mise le cuffiette nelle orecchie e si incamminò in solitudine verso la sede più lontana della sua scuola. Attraversò il passaggio pedonale e si ritrovò nel grande parcheggio per auto, lo stesso dove aveva conosciuto Kim Taehyung. 
Quel parcheggio immenso, solitamente usato come scorciatoia dagli studenti, quella mattina sembrava rianimato, come quando veniva allestito per il mercato. Chiunque passasse per di lì rallentava il passo, si fermava e dopo poco ripartiva. 
Jungkook camminava tra queste persone, senza capire. Solo quando si rese conto che tutti stavano guardando verso un'unica direzione la curiosità lo vinse e si voltò all'indietro.
Le gambe gli diventarono di granito, gli auricolari gli scivolarono giù e la mandibola gli cadde.
Contro la stessa parete dello stesso edificio dove aveva beccato Taehyung a fare quel graffito del bambino rincorso dai mostri, una grande impalcatura in ferro stava venendo smontata pezzo per pezzo da quelli che sembravano essere gli stessi compagni di classe di Taehyung. Lo stesso professore che era entrato nell'aula della quinta al suono della campanella urlava ordini e gesticolava da terra, dirigendo gli studenti, minacciando di mettere note a chi non si fosse allacciato bene il caschetto sulla testa.
E dietro di loro, la visione interrotta solo da qualche palo che sparì in fretta, il più grande murales che Jungkook avesse mai visto: era enorme, occupava metà della parete giallo ocra del grande edificio. Ma la cosa che lasciò senza parole il ragazzo era che il soggetto rappresentato fosse proprio lui.
In un primo momento pensò di averci visto male, ma una faccia la riconosci quando la vedi allo specchio tutti i giorni. 
Era proprio lui, non c'erano dubbi. 
Nonostante il murales fosse realizzato con uno stile di disegno stilizzato, molto simile al fumetto, quello era Jungkook. Un Jungkook rappresentato dormiente con le palpebre serrate e le labbra leggermente dischiuse, colorato unicamente da centinaia di sfumature di blu, bianco, nero e azzurro. Sotto di esso, in basso, racchiusa dal cuscino, una frase:
 
NON SEI STANCO? TI HO VISTO TUTTA LA NOTTE NEI MIEI SOGNI
 
Jungkook si portò una mano alla guancia chiedendosi se davvero appariva così liscia e delicata, alle ciglia lunghe e scure, ai capelli che gli ricoprivano la fronte. 
Per un qualche motivo che non si seppe spiegare, gli vennero le lacrime agli occhi.
Non si chiese neanche perché quel disegno si trovasse in quel posto e perché lo ritraesse. La risposta era già lì, a una decina di metri, sotto forma di un ragazzo castano ancora vestito dagli abiti del giorno prima sotto il piumino verde, un paio di occhiaie scure visibili anche da quella distanza e una bomboletta rossa in mano. 
Il ragazzo tracciò una "V" alta quanto lui in basso a destra e una manciata delle persone rimaste ferme a guardare il gruppo di studenti all’opera iniziarono ad applaudire. 
Taehyung si voltò, un sorriso stanco sul volto. Aiutò i suoi compagni a mettere via le ultime cose, poi tutti insieme si unirono all'applauso del pubblico, indirizzandolo verso il professore che si guardava intorno imbarazzato. Quest’ultimo strinse la mano con quello che doveva essere un poliziotto che era lì per supervisionare i lavori e poi fece segno ai suoi studenti di raggrupparsi tutti davanti al murales, ricordò loro di sollevare la targa con lo stemma dell'Istituto Artistico, e scattò un paio di foto.
Quando il giorno prima era tornato a casa da scuola non c'era neanche l'ombra di quel disegno, 
pensò Jungkook. Dovevano essere rimasti per forza svegli tutta la notte a realizzarlo. 
Il ragazzo continuava a divagare i suoi pensieri in cose tecniche e pratiche, incapace di realizzare che delle tonnellate di bombolette spray erano state usate legalmente su un edificio pubblico per almeno quattro metri quadri da una classe intera dell'ultimo anno solo per... per cosa? Per appoggiare Taehyung e i suoi bizzarri modi di convincere Jungkook a lasciarsi aiutare? Teneva a farlo partecipare alla Galleria fino a questo punto?
Beh, il murales era e sarebbe rimasto lì. Questo poteva valere come un sì. 
Un gridolino acuto sovrastò le voci dei ragazzi e le chiacchiere del pubblico che continuarono incuranti. Una ragazza che Jungkook riconobbe come una del gruppetto della Mostr(uos)a corse per il parcheggio, si aggrappò a Tae per il bavero del piumino interrompendo la sua conversazione con Namjoon e puntò un dito in direzione di Jungkook.
Taehyung strinse gli occhi, confuso e allarmato da quell'attacco a sorpresa, ma quando riconobbe Jungkook il suo sorriso si espanse fino ad arrivare agli occhi con una lentezza che il più piccolo trovò esorbitante. Sembrava sfinito, sfinito ma bellissimo. Trasudava soddisfazione da tutti i pori.
Le farfalle nello stomaco di Jungkook risorsero dalle ceneri e diedero vita a uno stormo impazzito. 
Dire che qualcosa in Taehyung sembrava diverso non era esatto. Era più come se la luce chiara del mattino mettesse in risalto una parte di lui che Jungkook non aveva considerato, che aveva preferito ignorare volutamente. Ma ormai era limpida nella sua semplicità, pura, inconfondibile, incastrata tra la linea sottile degli occhi, nel contorno morbido delle sue labbra, nella tinta azzurra sulle sue nocche, tra i lacci delle scarpe. 
Per la prima volta da quando si erano conosciuti, Jungkook non si ricordò quale fosse il motivo per cui aveva iniziato a detestare Taehyung. 
La gente passava, riprendeva la sua strada, si frapponeva tra i due ragazzi, ma loro rimasero con i loro sguardi allacciati per quella che sembrò un'eternità. I compagni di classe del più grande se ne accorgevano e si davano di gomito, scompigliavano i capelli del loro amico, ridevano e scattavano foto. Uno di loro fece una proposta al gruppo, professore compreso, che Jungkook non sentì e con l'attrezzatura e scatoloni vari iniziarono ad allontanarsi, in direzione opposta a quella della scuola.
Namjoon raggiunse Tae e lo prese per il gomito per trascinarlo via. Costretto a camminare, lui si voltò indietro e salutò Jungkook con la mano.
 
Due ore più tardi, tra i banchi di scuola, l'insegnante di storia di una delle prime stava tenendo una lezione alla lavagna interattiva. Nella classe le luci erano abbassate, gli studenti in procinto di addormentarsi e il computer ronzava. Una notifica a lato della schermata segnalò la presenza di nuovi contenuti sulla bacheca del registro elettronico dell'Istituto Artistico. Il professore l'aprì e la schermata divenne bianca.
Comparvero delle scritte, un rettangolo grigio grande quanto tutto lo schermo, il titolo a caratteri cubitali della galleria che recitava "Le folli imprese del quinto anno" seguito da un sottotitolo.
JK in Blue.
E lì, preceduta da un cerchietto in caricamento, spuntò un'immagine del murales. Ai lati della fotografia, rispettivamente uno a destra e uno a sinistra, il dolce sorriso scambiato tra Taehyung e Jungkook era rimasto immortalato nel tempo.
  
* * *
 
Quello stesso pomeriggio Jungkook e Taehyung erano seduti sul muretto che circoscriveva il limite del parcheggio, gli occhi sul murales. 
Il più piccolo aveva avvisato i genitori dicendo che avrebbe fatto tardi e di non aspettarlo per cena. 
Era tornato dal graffito per ammirarlo, per cercare nuove risposte a vecchie domande. Era rimasto lì per delle ore, a pensare e ripensare. A un certo punto aveva pure tirato fuori il suo blocco da disegno e aveva iniziato a schizzare l'immagine di se stesso addormentato.
Taehyung lo aveva semplicemente raggiunto, sicuro di trovarlo lì.
"E' piuttosto bello, sai?" disse Jungkook. 
"Certo, sei tu." 
"Non intendevo quello..."
Tae rise.
Il sole stava calando e un venticello leggero si divertiva ad alzare i lembi del cappotto di Jungkook e a scompigliare i capelli ad entrambi i ragazzi. Erano seduti distanti, forse a guardarli li avrebbero creduti estranei a vicenda. Jungkook riusciva a sentire la presenza di Tae, come in quel secondo incontro alla Mostr(uos)a, ma questa volta era una presenza attesa, non inaspettata.
La voce profonda del più grande vibrò nella desolazione di quel parcheggio. "Ti va di uscire dagli schemi con me questa sera?"
Jungkook si strinse la sciarpa sopra al mento. "Si." 
 
 
Una moto nera era parcheggiata fuori dall'entrata di un tunnel in disuso, ma non abbandonato. Tra quelle infinite pareti ricoperte da cima a fondo di scritte, disegni e astrattismi, rimbalzavano le note di una musica ritmata che sfumava tra una canzone e l'altra, senza smettere mai di suonare. Molti ragazzi sfrecciavano con i loro skateboard su rampe arrangiate da qualche parco, altri gironzolavano intorno alle casse dello stereo, altri ancora ballavano con le birre alla mano, altri stavano cenando seduti sull'asfalto circondati da sacchetti di McDonald. Tra tutti questi giovani, la cui età poteva variare dai sedici fino anche ai trent'anni, c'era un patto taciturno che li accomunava tutti quanti a quel posto segreto. E, in esclusiva per quella serata, anche Jungkook ne faceva parte.
Lui e Taehyung erano seduti a gambe incrociate sul duro asfalto che buttava su calore proteggendoli dal gelo, circondati da diverse bombolette. Fronteggiavano una delle due pareti e Tae mostrava a Jungkook quanta pressione utilizzare per ottenere diversi effetti con lo spray colorato. Il più piccolo imparava in fretta, ma non senza macchiarsi fino ai gomiti. I due ricalcavano vecchi murales, li arricchivano, li coprivano per farne di nuovi lavorando come un solo cervello. Taehyung costrinse Jungkook ad ammettere che lavorare con le bombolette a spray era un'arte tanto quanto farlo con le tempere o gli acquerelli. Anzi, lo era di più, perché ottenere risultati altrettanto buoni era difficile il doppio.
Nel mentre chiacchieravano del più o del meno, parlavano, ridevano, scoprendo cose dell’altro che non si sarebbero mai immaginati.
Dopo più di quaranta minuti di lezione, Taehyung decise che per quel giorno poteva bastare con le esercitazioni. Strappò di mano la bomboletta spray a Jungkook, lo prese per i polsi e lo aiutò ad alzarsi in piedi. Lo trascinò dietro di sé fino a raggiungere il punto del tunnel più vicino alle casse, dove la gente stava ballando. Sgusciò tra ragazze e ragazzi fino a trovarsi nel mezzo della piccola folla, si girò verso il più piccolo e se lo tirò addosso prendendolo per i passanti dei jeans. I due ragazzi si ritrovarono petto contro petto, le braccia di Jungkook che scivolarono sulle spalle di Taehyung con naturalezza e iniziarono a ballare a ritmo della musica veloce. Il tempo passava, le canzoni passavano, le persone passavano, ma loro rimanevano stretti in pista a ridere e a ballare. Quando furono troppo stanchi per seguire il ritmo sfrenato si accasciarono uno contro l'altro senza smettere di dondolare, ignorando la musica che rimbombava nelle loro casse toraciche. Jungkook teneva la fronte accaldata contro il collo di Taehyung, le mani leggere su quei fianchi sottili, e Taehyung affondò il viso tra i capelli dell’altro, circondato dal profumo del suo shampoo; con un braccio gli circondava il busto e se lo teneva stretto contro il proprio petto mentre, con l'altra mano, Taehyung corse fino al mento di Jungkook. Glielo sollevò con delicatezza e si chinò per baciarlo, ma il più piccolo sfuggì alla sua presa e tornò a sprofondare il viso contro la sua spalla, inspirando l'odore familiare della vernice. 
"Andiamo a casa?" bofonchiò, la voce assonnata. 
Tae gli accarezzò la testa e gli tirò un lobo dell'orecchio per dispetto. "Sarà meglio. Avremo già superato la mezzanotte e domani c'è scuola. Andiamo." 
A malincuore sciolsero l'abbraccio che li univa e si diressero verso l'uscita del tunnel. Taehyung resistette solo pochi passi prima di mettere un braccio sulle spalle di Jungkook.
Salirono sulla moto di Taehyung, si assicurarono il casco alla testa e partirono nella notte buia.
Ormai si era fatto dicembre e l'aria era talmente gelida attraverso il cappotto di Jungkook che braccia e gambe parevano bruciargli. Si strinse forte contro la schiena di Taehyung mentre il motore ruggiva, prendendo vita.
Da parte sua, Tae si domandava come avrebbe fatto a guidare decentemente una seconda volta a quell'ora della notte, dopo una serata da sogno del genere, con le cosce di Jungkook contro le sue e quelle mani pallide allacciate tra di loro sopra la sua giacca di jeans.
 
La moto entrò sgommando nella via e si parcheggio con un rumore stridulo proprio davanti alla casa di Jungkook. 
Quest'ultimo aspetto che la moto si spense del tutto per scendere da essa e sfilarsi il casco dalla testa. I capelli gli si erano tutti appiccicati alla fronte, il suo corpo ancora tremava per l'alta velocità e per il freddo che gli era penetrato fin dentro le ossa. Taehyung appoggiò i piedi a terra e rimase seduto sulla sella, appendendo il proprio casco e quello che Jungkook gli passò al manubrio. Ecco spiegato il perchè dei suoi capelli sempre così piatti, pensò Jungkook divertito.
I due si guardarono negli occhi, lo stesso identico sorrisetto sui loro volti.
L'imbarazzo sul come salutarsi fu spezzato da Taehyung che fece una domanda che riportò Jungkook agli antipodi della loro relazione.
"Posso salire? Te lo giuro, non faremo casino, me ne andrò prima che i tuoi genitori si possano accorgere anche solo della mia esistenza. Voglio solo chiacchierare un po' e riscaldarmi. Se passo altri cinque minuti in moto senza staccare morirò di ipotermia."
Jungkook non arrossì solo perché c’era davvero troppo freddo. Ammiccò al ragazzo più grande e gli spettinò i capelli per poi attraversare il breve vialetto di ghiaia e raggiungere la porta di casa.
"A domani, Tae."
L’altro sorrise a quel nomignolo che finalmente Jungkook aveva adottato. "Dai, ti ho portato fino a qui con la mia preziosissima benzina. Non me lo merito almeno il bacio della buona notte?"
Gli occhi di Taehyung erano liquidi sotto le luci della strada, la sua postura melliflua. Quando capì che l'altro non l'avrebbe accontentato raddrizzò la schiena e fece per calarsi nuovamente il casco sulla testa.
Jungkook ripercorse il vialetto giusto in tempo per fermargli le mani con le sue, chinarsi e appoggiare timidamente le labbra umide sulla guancia gelata di Taehyung. Indugiò sul bacio per qualche secondo e si vergognò del piccolo schioccò provocato dalle loro pelli che si separavano.
"Buonanotte." sussurrò e poi scappò dentro casa. 
Taehyung rimase parcheggiato fuori da quell'edificio per un altro minuto, le dita che sfioravano il punto in cui la bocca di Jungkook aveva lasciato una macchia di calore indefinita. Solo nella notte, gli venne da ridere quando si rese conto che erano proprio le sue guance ad andare completamente a fuoco. 
 
   
 
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