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Autore: Ksanral    10/05/2009    4 recensioni
Lily Evans, quindici anni, Prefetto di Grifondoro, studentesa impeccabile, abilissima pozionista, sta per cominciare il suo quinto anno ad Hogwarts (Ricordate...? Quello del peggior ricordo di Piton).
Ma siamo sicuri che sia solo questo? Siamo sicuri che la storia sia andata esattamente come la pensiamo?
Volete sapere come mai Lily Evans rifiutava continuamente gli inviti di James Potter? Forse non è solo perché lui è così tanto pieno di sé...
Dal ventottesimo capitolo:
«Neanche morta, Potter! Neanche morta!»
«Ma non sai neanche cosa stavo per chiederti!»
«E da quanto aspetto di ascoltarti prima di dirti di no? Tanto, Potter, sia che tu mi stia per chiedere di uscire, sia che tu mi stia per chiedere qualsiasi altra cosa, la risposta sarà comunque “no”.»
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Severus Piton
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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= Hogwarts =

Il corridoio dell’Espresso era ancora più caotico del binario, o forse era solo l’impressione che dava visto lo spazio angusto. Gli studenti si fermavano lì in mezzo, ingombrando con i loro bauli, a salutare gli amici, che durante l’estate non avevano visto. C’era un sacco di confusione e per un momento fui tentata di utilizzare il nuovo potere acquisito, mettendo in bella mostra la spilla appuntata alla maglietta, per passare e raggiungere la carrozza privata dei prefetti. Ma mi ero ripromessa di non montarmi la testa… Ogni volta che ci pensavo, mi veniva in mente il modo tronfio e pieno di sé di Potter, quando camminava per i corridoi. Quanto avevo sperato che non fosse lui l’altro Prefetto!
Paziente, ascoltai le chiacchiere sulle vacanze passate, sulle partite di Quidditch giocate rischiando di infrangere il Decreto di Segretezza e avanzavo pian piano verso la mia meta, trascinandomi il baule.
«Evans, ehi Evans!», nel momento in cui sentii pronunciare la prima E del mio cognome, un brivido mi percorse la schiena, facendomi capire chi aveva aperto bocca chiamandomi. Potter, ovvio. Chissà quale scusa avrebbe inventato per chiedermi ancora di uscire questa volta?! Decisi, che per il mio benessere, sarebbe stato meglio ignorarlo, in fondo, con tutta quella confusione non era una scusa così scadente…
Evidentemente ci rimase male, perché non mi chiamò più. Sospirai di sollievo e subito dopo intuii: se era lì, affacciato da uno scompartimento, significava che non era Prefetto! Fortunatamente Silente non aveva dato di matto, mettendo a Prefetto un inetto e indisciplinato come lui! Sospirai di nuovo.
Ci misi circa una ventina di minuti a raggiungere la carrozza, perché oltre ad attraversare l’affollato corridoio, fui fermata (e mi fermai) a salutare gli amici e i conoscenti che non vedevo da giugno. Vidi anche un numero spropositato di piccoli, indifesi e impauriti bambini che dovevano essere i nuovi arrivati, quelli di cui di lì a poco avrei dovuto farmi carico. Meglio non pensarci…
Non appena entrai nella carrozza riservata, fui sorpresa dal silenzio e dal vuoto. Tutti evidentemente avevano già trovato posto e lì in fondo c’erano soltanto poche persone, Prefetti e Caposcuola ed ovviamente il Lumaclub.
Badai bene a tenermi lontana da quella zona, che fortunatamente era dall’altra parte della carrozza e mi prodigai per trovare posto. Buttai l’occhio nel primo scompartimento e vidi soltanto due colori, il verde e l’argento, che mi fecero decidere di proseguire. Tentai con il secondo e, di primo acchito, mi sembrò vuoto. Perciò feci scorrere la porta ed entrai buttandomi sul primo sedile che trovai. Quando mi rialzai per mettere il baule sulla rete mi accorsi che in realtà non ero sola. Lanciai un gridolino, prima ancora di mettere a fuoco la figura.
«Ciao Lily!» esclamò con un sorriso timido nient’altri che Remus Lupin.
Chiusi gli occhi e scossi il capo come chi vuole scacciare un brutto sogno, ma quando li riaprii, lui era ancora lì. Come avevo fatto a non pensarci!
«Ciao Remus, anche tu qui eh?!». Sentii io stessa il mio tono falso e vidi riflesso nello specchio il mio sorriso tirato.
Lupin si alzò e prese il mio baule, per metterlo nel portabagagli al posto mio.
«Già… Sapevo che eri tu l’altro Prefetto.» disse lui, con un sorriso molto più vero del mio.
«Davvero? Ti hanno inviato un gufo per informarti?» gli dissi, probabilmente troppo sarcastica. «Scusa…» aggiunsi poi, ma non suonavano vere nemmeno quelle. Mi sedetti e mi disperai in silenzio.
«Tranquilla, non verranno qui. Dopo che ci avranno dato istruzioni, andrò io da loro.» disse, come se le avesse letto nel pensiero. Mi sentii più rilassata, in fondo Remus Lupin, preso lontano dai suoi stupidi compari, non era male.
«Grazie, Remus.» dissi e questa volta fui sincera.
«Passato bene le vacanze?» domandai dopo qualche minuto di silenzio.
«Sì, anche se non ho fatto nulla di speciale…»
«Sei stato con gli altri?». Non seppi nemmeno io perché gli feci quella domanda.
«La maggior parte del tempo.» ammise lui con un sorriso. «Tu, invece?»
«Io ho fatto un viaggio in Francia, con i miei. Hanno deciso che ci voleva una vacanza, lontano dalla routine e, purtroppo, dalla magia. Mia sorella sta impazzendo, probabilmente. Non ho neanche potuto esercitarmi in Incantesimi!» esclamai indignata e lui… scoppiò a ridere. «Cosa ci sarebbe da ridere?» gli domandai imbronciata.
«Niente, scusa…» rispose col fiato corto. «Era solo il tuo tono… Era buffo… Scusami, non volevo ridere.». E nonostante fosse il miglior amico di quell’idiota che non sopportavo, nonostante mi avesse appena presa in giro, riuscì a strapparmi un sorriso.
Pochi istanti dopo la porta dello scompartimento si aprì e fece capolino la figura di Chris Lewis, lo splendido, biondo, muscoloso, cacciatore della squadra di Grifondoro, che portava appuntata al petto la spilla da Caposcuola. «Ok, sì, siete voi i nuovi Prefetti di Grifondoro!» disse riconoscendomi e facendomi l’occhiolino. Io sorrisi. «Allora, le cose stanno così… La farò breve così potrete andare dove vi pare…». Stavo immaginando o mi lanciò un’occhiata che intendeva “il dove ti pare, sarei io”? Scossi impercettibilmente il capo.
«Ora potete andare dai vostri amici, basta che ogni tanto controlliate che sia tutto a posto in corridoio. Poi, appena stiamo per scendere, dovete controllare che anche lì vada tutto come deve andare, poi prendete la carrozza e andate a cena. Dopo cena radunate quelli del primo anno e… delicatamente, se riuscite… Gli fate vedere la strada per il dormitorio e gli insegnate la parola d’ordine che è “Gelsomino”… Non fate domande, l’ha imposta la Signora Grassa…» disse tutto d’un fiato, con un che di rassegnato nell’ultima frase. «Se vi dimenticare la parola d’ordine o avete domande, cercatemi…». No decisamente non era una mia impressione, quell’occhiata voleva chiaramente dire “cercami, ti prego”. «E per finire: buon viaggio Prefetti!». Scomparve chiudendo la porta alle sue spalle. Sospirai, ripetendomi mentalmente la parola “Gelsomino”.
Lupin si alzò, ma prima di muoversi mi domandò: «Tu resti qui Lily?»
«No, non credo, andrò a cercare qualche amico…» risposi.
«D’accordo!» sorrise lui e uscì.
Poco dopo mi decisi ad alzarmi, rimanere lì mi metteva facilmente tra le grinfie di Lumacorno e in quel momento non ne avevo assolutamente voglia. Cercai distrattamente qualche volto conosciuto tra i tanti studenti, ne salutai molti ma non mi fermai a parlare con loro. Solo quando vidi un ragazzo, seduto nell’angolo più lontano di uno scompartimento, come se volesse occupare meno spazio, mi fermai. Aprii la porta e gli sorrisi. Di fronte a lui c’era un posto libero.
«Sev… Ce ne ho messo di tempo a trovarti…» dissi sedendomi. I ragazzini, del primo anno, seduti lì mi guardarono intimoriti.
«Com’è andata nella cabina dei Prefetti?» mi domandò, guardando fuori dal finestrino. Lui era stato il primo a sapere che ero diventata Prefetto. Aprivamo sempre insieme le lettere da Hogwarts, nel bosco vicino a casa. Ed era stato felice per me, nonostante lui non avesse ottenuto lo stesso ricnoscimento.
«Tutto bene, ci sono rimasta poco…» gli risposi scrollando le spalle «Mi hanno solo detto che devo controllare, controllare e controllare…» sbuffai. Lui sorrise. Credo di esser sempre stata l’unica persona che riusciva a farlo sorridere o ridere, raramente.
Passammo tutto il viaggio a parlare del più e del meno, tra le occhiate atterrite dei piccoli maghi che vedevano un Serpeverde (Severus aveva già indossato la sua divisa) e un Grifondoro andare d’amore e d’accordo.
Quando la luce calò, lasciando posto al buio della sera, puntai lo sguardo fuori dal finestrino. Non passò molto prima che, in una curva, riuscissi a vedere il castello. Sorrisi. Quella era casa.
Mi alzai e salutai Severus. Dopo di che, iniziai a pattugliare i corridoi e sfortunatamente m’imbattei nello scompartimento di quei quattro… beh dai, tre… Ma no forse solo due… no decisamente non due, un solo idiota: Potter. «Ehi Evans!» esclamò quest’ultimo, la voce pateticamente tenuta più bassa di un’ottava per sembrare più “uomo”. Sbuffai. «No, Potter. Neanche da morta…» lo anticipai e volsi lo sguardo al resto dello scompartimento. Peter Minus, il loro piccolo seguace, era seduto, le gambe penzoloni, a ridere sommessamente per il rifiuto che avevo appena dato a Potter. Sirius Black, invece, mi guardava con un sorriso divertito sulle labbra. Cercai Remus, che avrebbe dovuto aiutarmi a controllare, ma evidentemente aveva già iniziato senza di me, perché lì non c’era. Ripresi a camminare per il corridoio, senza salutarli e, non appena fui fuori dal loro campo visivo, sogghignai. Andai nella carrozza dei Prefetti ed indossai la divisa, poi cercai il mio collega.
Ritrovai Remus accanto a una delle porte d’uscita. Era lì, pronto ad aiutare a scaricare bauli e a coordinare la discesa. Lo affiancai, in silenzio. Il treno pian piano rallentò e lo spazio davanti alla porta si riempì di studenti degli anni successivi che volevano essere tra i primi a scendere. Appena si fermò, la confusione esplose. Tutti erano felici di essere tornati a Hogwarts, di trovare gli amici, di andare all’abbondante delizioso banchetto, che io avrei dovuto sognare ancora per un po’.
«Primo anno da questa parte!» tuonò, sopra tutto il chiasso, il vocione di Hagrid. Mi si strinse il cuore dall’emozione a sentirlo. Ero davvero tornata a casa. I piccoli bambini spaventati (io non ero così piccola al mio primo anno) lo seguirono verso il Lago Nero.
«Evans, ti tengo il posto in una carrozza!». Ma perché mai Potter riusciva sempre a trovarmi?! Aveva per caso un radar magico? Sbuffai di nuovo.
«Piuttosto me la faccio a piedi, Potter.» lo rimbeccai. «James, noi dobbiamo rimanere qui… Andate voi…» s’intromise Remus, la cui pazienza evidentemente era al limite quanto la mia.
Quando finalmente raggiungemmo la Sala Grande, la Cerimonia non era ancora cominciata. Presi posto accanto a Chris, il Caposcuola, e lontano da quel bamboccio. Salutai Severus con un cenno e iniziai a sperare che lo Smistamento finisse presto così che potessi rifocillarmi.
Quando finalmente finì, avevamo un buon numero di nuovi studenti che erano seduti tremanti affianco a noi. Finita anche la cena, li accompagnammo al Dormitorio. Davanti al ritratto della Signora Grassa c’erano Potter, Black e Minus. I primi due probabilmente non avevano ascoltato quando Remus gli aveva detto la parola d’ordine, mentre l’ultimo l’aveva sicuramente dimenticata. Per un infinito attimo fui tentata di lasciarli lì fuori, ma l’altro Prefetto era il loro migliore amico e mi rovinò tutto dicendo loro la parola.
«Ecco, vedete cosa succede a essere distratti?» mi limitai a dire a quelli del primo anno «Si passa la notte fuori. Ed ovviamente è vietato perciò fareste perdere punti alla vostra Casa.»
«Allora dovresti togliergli i punti adesso!» mi disse un piccolo bimbo, ma proprio piccolo, affianco a me.
«Beh, ma oggi è il primo giorno. Alcuni non la sanno la parola d’ordine, perciò per questa volta li facciamo entrare…». Lanciai un’occhiataccia a Potter e poi entrai nella Sala Comune.
«Le ragazze mi seguano prego…» dissi cercando di radunare le studentesse, con l’aiuto di Remus che invece radunava gli studenti maschi.
«Ecco quella è la vostra stanza. Troverete i vostri bauli già lì. Buonanotte!» spiegai, indicando la porta del dormitorio del primo anno e poi mi allontanai verso la mia stanza.
Quanto mi mancavano quelle tende rosse! E l’odore di lavanda che c’era sempre! Appena entrai, sorrisi, dirigendomi verso il mio letto. Aprii il baule e sistemai i vestiti babbani che avevo buttato disordinatamente, quand’ero sul treno. Poi sfilai la bacchetta dalla cintura e la agitai in aria, producendo soltanto qualche scintilla. Seguendone una, mi voltai verso il letto e vidi un pezzo di pergamena appoggiato al candido cuscino.
“Ottimo lavoro, oggi. La spilla ti dona, sai? Eri splendida.
Mi sei mancata. Molto.
Tuo …”

Non riportava firma, se non quei tre puntini, ma io sapevo esattamente di chi era quel biglietto. Ne riconobbi la scrittura, ma anche se fosse stato stampato, avrei comunque saputo. E poi c’erano i tre puntini, il nostro “codice di firma”, come ci piaceva chiamarlo. Mi era mancato anche lui, era stata una lunga, lunghissima estate.
Con un sorriso ebete sul viso, uscii dal dormitorio e andai in Sala Comune, raggiungendo le mie compagne per spettegolare delle loro vacanze, anche se io avrei seguito poco, persa com’ero a ricordare quelle parole.



Note:Eccovelo, il primo capitolo! Aggiornamento lampo eh?! Contenti?! XD

   
 
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