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Autore: JennaHerondale    18/10/2016    0 recensioni
Le istruzioni erano semplici: sedurre e distruggere Harry Styles. Non hanno mai pensato alla possibilità che Louis potesse innamorarsi davvero. Quindi, naturalmente, è esattamente quello che ha fatto.
________
“Sai qualcosa su di lui?” chiede Louis dopo un attimo.
[…]
“È un bravo ragazzo, il nostro Harry Styles. Reputazione pulita. Non vuole frequentare nessuno – è concentrato sui suoi studi e basta.”
Oh, oh, oh. La situazione si fa molto, molto,
molto più interessante.
“Questo è il motivo per cui è migliore di te,” Louis sorride, e il ghigno scivola via dal viso di Liam.
“Rovinalo, Louis,” dice Liam dopo un attimo, e tutta la delicatezza è evaporata dalla stanza. “Distruggilo in qualsiasi modo tu voglia. Ti sto dando carta bianca.”
“Perché?”
“Perché non mi hai mai deluso.”

________
[Louis/Harry] [Zayn/Niall] [201k] [LeRelazioniPericolose!AU] [HighSchool!AU]
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo XIV



I Wanna Be Yours---Arctic Monkeys

 
Il mondo intero sta prendendo fuoco, sgretolandosi in minuscole ceneri che si allontanano nel vento, leggere come carta, lasciando quel che resta travolto da fiamme luminose.
E, no, Louis non sta esagerando.
È solo che…
Harry.
Harry. Il piccolo Harry Styles. Harry con i suoi palmi caldi e le dita che bruciano attraverso i vestiti, i sorrisi che sfiorano la pelle di Louis e i maglioni che ricadono sui polsi e i piedi sempre perpendicolari e le labbra sempre perfette e i capelli che ricadono delicatamente, pronti a essere spettinati dalle mani di Louis. Quell’Harry. Avete capito.
Louis in questi giorni ha una sensazione strana allo stomaco a causa di Harry. Non riesce quasi a sentire il suo corpo.
E non gliene frega un cazzo perché non si concede più di pensare.
Vedete, è in questo stato dal giorno dell’appuntamento. Quando il primo fiammifero era stato acceso, in realtà.
Il giorno seguente Louis si era svegliato sul pavimento di Anthony, a seguito di sogni agitati e bruciati da una strana sorta di meravigliosa tensione a riempirgli le gambe e i polmoni. Si era rigirato per terra, gli occhi velati e le labbra contratte, e la prima cosa che aveva visto quando aveva controllato l’orario sul telefono era stata la piccola sfilza di messaggi dall’unico e solo Harry Styles. Una scarica di elettricità aveva attraversato Louis, svegliandolo completamente mentre sbloccava lo schermo con delicatezza e cominciava a divorare le parole, sollevandosi su un gomito e minacciando i suoi occhi gonfi dal sonno di rimanere aperti.
Tutti i messaggi erano senza senso – nel primo Harry aveva solo scritto il buongiorno, mandando il selfie assonnato di un sorriso che sarebbe potuto essere fatto di fottute piume da quanto era soffice – e un paio di sentimenti che non avrebbero dovuto far sentire Louis nel modo in cui si era sentito.
Non penso di essere mai stato così stanco in tutta la mia vita xx
Sono. Così. Stanco. Non riesco a capire nulla di quello che sta dicendo il prof. Continuo a pensare a te :) x
Non vedo l’ora di vederti oggi. Ho pensato a un soprannome fantastico per te :) xxxxxx
Dovresti farmi sentire le tue canzoni punk preferite :) Stasera? x
Louis :)))) xxxxxx
(Louis)
Era così… era così orribilmente sdolcinato e appiccicoso e l’esatto opposto di Louis. Era incredibile.
Stamattina non ce la faccio a reggere le tue parole, piccolo sdolcinato’ gli aveva risposto, sorridendo e rigirandosi sulla schiena e sentendosi stordito, stordito, stordito. ‘Ma sì, anche io non vedo l’ora di vederti cucciolo. E mi aspetto un soprannome perfetto. Re andrà bene
L’aveva inviato e si era poi rigirato di nuovo, seppellendo la faccia nello schifoso cuscino macchiato del divano e aveva provato a riaddormentarsi, nonostante i fulmini di elettricità che si agitavano lungo la spina dorsale. Il suo corpo lo teneva sempre sveglio negli ultimi giorni.
Si era arreso solo quando aveva ricevuto un messaggio da Zayn.
Con Niall. Abbiamo fame. Vuoi mangiare? Andiamo da qualche parte. Usciamo.
Zayn è, tra parentesi, lo scrittore di messaggi meno esperto dell’universo. Frasi sconnesse e intenzioni a metà sono il massimo che tu possa ottenere da lui. Louis a volte si chiede se scriva a Niall allo stesso modo.
Ma in ogni caso, sì, Louis era andato a far colazione con loro, la coppia felice, ed era stata una di quelle situazioni nelle quali Louis si trovava da un lato del tavolo, sorseggiando il suo tè con le labbra contratte e un sopracciglio alzato mentre osservava la coppia piena di aspettative di fronte a sé. I gomiti di Zayn erano sul tavolo mentre fissava Louis senza battere ciglio e giocherellava con un cucchiaio, Niall appoggiato al suo fianco con un braccio attorno alla sua spalla. Sembrava di essere due contro uno.
“Quindi…” aveva ceduto eventualmente Louis, il tintinnio del metallo contro la porcellana a dargli un po’ troppo sui nervi. Il suo telefono era sul tavolo, a faccia in su. Harry non gli aveva ancora risposto. Ne era ben consapevole, fin troppo consapevole, e i suoi occhi continuavano a slittare sullo schermo a intervalli, per sicurezza. Patetico, cazzo.
“Sei innamorato di Harry,” Zayn aveva affermato come se fosse scontato, un po’ sognante, ed era bastato per far sputare il tè a Louis.
Niall aveva annuito accanto a lui, appoggiando il mento sulla sua mano. “È una cosa bella,” aveva ponderato con allegria prima di grattarsi l’orecchio. “Mi piace Harry. Bravo ragazzo. Ha dei capelli incredibili.”
“Vero,” aveva detto Louis, traumatizzato e non sapendo cos’altro dire, sbattendo le palpebre stupidamente.
Avevano continuato a fissarlo, compiaciuti e silenziosi, e Louis se l’era quasi fatta sotto.
“Sentite, ragazzi, non lo sono. Non in… non in quel… non è così. Non lo sono. Mi piace, sì, lui è…” si era interrotto, le parole incastrate nelle spine che rivestivano la sua gola. Aveva deciso di bere un altro sorso di tè. Perché… be’, perché no? “È fantastico e tutto il resto. Ma non è… è complicato. Non è quello. Non posso farlo. Non posso…” Aveva continuato a farfugliare e Niall era scoppiato a ridere.
Si era voltato verso Zayn, chinandosi in avanti. “L’hai distrutto.” Era suonato molto irlandese.
Gli occhi di Zayn si erano addolciti, sembravano divertiti mentre annuiva e poggiava per un attimo la testa contro la fronte di Niall, osservando ancora Louis con gioia. Con una fottuta gioia del cazzo.
“Voi due potete anche andare a fanculo adesso,” aveva sbottato Louis, sentendo un’irrazionale punta di nervosismo, ma gli altri due si erano limitati a sorridere compiaciuti. “Non tutti si innamorano dopo tre minuti di conoscenza, sapete. Non è normale, cazzo. Non è neanche salutare. Tanto per informarvi, eh.”
Avevano annuito entrambi, sembrando completamente fin troppo misteriosi nei loro maglioni inconsapevolmente coordinati e le spalle rilassate. In quel momento, Louis li aveva odiati.
Fortunatamente però, non era stato tirato fuori nient’altro. Nessun discorso su Liam, sui problemi, sui sentimenti di Louis – o sulla loro mancanza. Era tutto molto più semplice e loro si erano limitati a mangiare le loro uova, i toast, il tè e il caffè con sorrisetti e alzate di occhi al cielo e risate piacevoli mentre Niall ordinava troppo cibo (per Zayn, aveva dichiarato, il che aveva fatto arrossire il ragazzo) e Louis imprecava troppo e Zayn continuava a offrire prospettive psichedeliche sul mondo. (“E se non fossimo davvero in questo ristorante? E se fosse tutta un’illusione e se invece fossimo nella mia stanza, strafatti? E se nessuno di voi fosse qui e foste tutti nella mia testa? E se non foste reali?” aveva domandato intensamente, sembrando vagamente in preda al panico ed eccitato, e Louis si era limitato a fissarlo, la tazza a mezz’aria, mentre Niall sembrava affascinato.)
Però era stato bene, Niall aveva finito per pagare il conto (ancora meglio) e si erano salutati con pacche sulla schiena e sigarette offerte.
E poi… be’.
Louis si era detto, quella mattina, che avrebbe dovuto iniziare a pensare, ecco il punto. Si era detto che avrebbe iniziato a escogitare qualche piano. Che avrebbe iniziato a pensare a cosa fare riguardo a tutto quanto – con Harry, con Liam, con se stesso. E che avrebbe iniziato ad allontanarsi un po’ da Harry (solo in minima parte perché, no, non riuscirebbe mai a starci completamente alla larga) ma…
Ma quel che alla fine era successo – ovviamente, cazzo – è che Louis aveva portato il suo culo per tutta la cazzo di città dopo aver lasciato Zayn e Niall, telefono alla mano mentre controllava l’orario come un fottuto avvoltoio, il sole coperto dalle nuvole che si spostavano nel cielo bianco. Quindi, davvero, non è certo stata una sorpresa quando si è inevitabilmente trovato fuori dalla scuola di Harry, nemmeno un’anima viva nella zona desolata mentre aspettava, appoggiato contro un albero. Come un fottuto cagnolino. Si era messo ad aspettare Harry mentre finiva la sua sigaretta – il suo corpo aveva deciso per lui prima della sua mente – e ignorando fermamente la presenza del cellulare contro la sua coscia.
Probabilmente era pieno di messaggi. L’aveva impostato su ‘Non Disturbare’ per evitare di ricordarsi del resto del mondo, ma poco prima aveva intravisto il nome di Liam tra i messaggi non letti e… be’, non era ancora pronto ad affrontare quel problema grande quanto una montagna, quel giorno.
Cazzo, non era pronto ad affrontare nessun problema. Non quelli grandi come montagne, e neanche come colline. O come tumuli o dossi o pianure.
Ovviamente, con queste premesse, in quel momento si trovava essenzialmente in cima al Monte Olimpo, aspettando Harry. Perché nella sua mente infelice e mortale l’immensità di Harry era pari a quella di Zeus, sapete? E Louis era l’umano infatuato che voleva il cielo e la luce e tutte quelle cagate irraggiungibili che non riusciva a comprendere. Un vero e proprio romanzo rosa.
Ma comunque.
Spazzando via i sentimenti, Louis aveva continuato ad aspettare.
Il nervosismo aveva cominciato a crescere. Si sentiva pervaso da una paura strana e confusa. Ed era stato assalito da una nuova scarica di ansia. Perché… cosa avrebbe dovuto fare, di preciso, quando avrebbe visto Harry? Come avrebbe dovuto salutarlo?
Avrebbe dovuto… baciarlo? Funzionava così adesso? Avrebbe dovuto stringergli la mano? Abbracciarlo? Dargli una pacca sulla spalla? Non fare nulla e agire con indifferenza, come avrebbe fatto il vecchio Louis? Che cazzo avrebbe dovuto fare?
Louis quel pomeriggio aveva subito una crisi spietata, consumando tutte le ultime sigarette in suo possesso (che non erano poi tante – sta distrattamente cercando di smettere; può gestire solo una dipendenza alla volta, non riesce a impegnarsi con vasto assortimento) mentre armeggiava con la sua giacca, con i mozziconi, con le filosofie del mondo perché Louis Tomlinson è dannatamente figo, sì, proprio così – ma Louis Tomlinson quel giorno aveva l’ansia a mille.
E poi all’improvviso aveva visto Harry.
Sembrava una scena di un qualche film a basso budget, davvero. Il modo in cui gli studenti dai visi anonimi fuoriuscivano dalle porte tutti in una volta, i loro sorrisi e le chiacchiere fusi insieme che risuonavano in lontananza. Il modo in cui il cielo risplendeva di bianco e poche foglie cadevano dai rami, atterrando con eleganza sul suolo. Il modo in cui, in mezzo al caos, c’era Harry, che camminava con decisione e delicatezza e bellezza, i suoi capelli che rimbalzavano a rallentatore. Sembravano davvero a rallentatore. Harry era Zeus e stava spezzando le leggi della fisica.
Da qualche parte, in lontananza, nello stomaco di Louis, il fremito di ansia che aveva provato era esploso come se avesse appena svegliato un drago. Ma in quel momento sembrava attenuato e distante, in secondo piano rispetto all’ondata nelle orecchie di Louis al solo vedere di nuovo Harry. Qualcosa di così semplice come vedere il ragazzo che ormai vedeva così tanto spesso.
Harry stava sorridendo, caldo come una spruzzata di caramello, e doveva aver individuato Louis nell’attimo in cui le porte si erano aperte perché stava puntando dritto verso di lui, il turbine di studenti a separarsi come il mare. Forse Harry in realtà era Mosè.
Louis si era liberato della sigaretta, lanciandola per terra e pulendosi i palmi sui jeans, cercando di tenere a bada il fremito delle sue guance mentre Harry lo raggiungeva.
“Louis,” l’aveva salutato Harry in un caldo respiro, camminando ancora verso di lui, l’aria attorno a lui soffice come cuscini, e – eccoci qua.
Quello era il momento decisivo.
Louis aveva davvero intenzione di far finta di niente. Davvero. Qualsiasi altra cosa sarebbe stata inusuale.
Ma prima che potesse concretamente raddrizzare le spalle, sporgere la mascella e ammiccare come James Dean, Louis si era ritrovato inghiottito dalle braccia calde di Harry mentre si avvolgevano attorno al suo corpo magro, stringendoselo addosso in un abbraccio indistruttibile. Neanche un briciolo di esitazione in quel gesto.
“Sei in anticipo,” aveva sentito Harry sorridere tra i suoi capelli, il corpo allineato esattamente contro il suo, e Louis si era limitato a sbattere le palpebre, sentendo ogni fottuta cellula del suo corpo serrarsi su Harry mentre lo abbracciava istintivamente, le mani a stringere i suoi fianchi. I suoi piccoli e adorabili fianchi. Louis aveva toccato un sacco di fianchi nella sua vita – quelli di Harry erano i più belli.
“Lo so,” aveva detto, smorzato dalla giacca di Harry, ma non si era mosso per liberarsi, il suo corpo che attecchiva all’erba appassita. Harry era piacevole. Solido e presente e caldo e… Harry. Piacevole.
“Sono molto contento. Ti ringrazio.”
Louis aveva alzato gli occhi al cielo. “Si figuri, sir.”
Aveva sentito un sorriso tra i suoi capelli.
Nessuno dei due aveva lasciato la presa – non in mezzo alla folla di adolescenti, professori in fuga e passanti. Era una dimostrazione pubblica d’affetto, era quel che era, la cosa meno preferita di Louis, ma non aveva lasciato la presa, ritrovandosi invece a dondolare in un abbraccio interminabile, il corpo di Harry che diventava lentamente più pesante. Piacevole.
“Sono stanco,” aveva mormorato Harry, rauco, e aveva sospirato. La sua schiena era lenta, curva, le sue ginocchia sbattevano contro quelle di Louis mentre si afflosciavano.
“Immagino,” aveva detto Louis a bassa voce, liberando la sua bocca dal tessuto della giacca di Harry. Aveva premuto invece la sua guancia contro il lato del suo viso. Un bel posticino. “Ho provato a portarti a casa presto, ieri notte. Ci ho provato, ma non c’è stato verso di convincerti. Hai preferito spargere in giro la tua insolenza come fai sempre.”
Aveva sentito un altro sorriso.
“Ne è valsa la pena,” aveva mormorato Harry, le parole seppellite nel collo di Louis.
Louis si era limitato a sorridere in risposta, sentendosi vagamente sopraffatto. Avevano avuto un solo appuntamento. Uno solo. Singolare. E basta. Si erano abbracciati solo un paio di volte durante i mesi in cui si sono conosciuti. Solo un paio di volte. Ma ora, ora che avevano avuto un appuntamento e avevano speso innumerevoli ore insieme, disegnandosi orribili tatuaggi finti a vicenda e guardando il sole sorgere e ora che Louis sa come sia Harry quando dorme…
Era come se improvvisamente le barriere fossero crollate e semplicemente… era. Loro, semplicemente, erano. Improvvisamente non c’erano più freni e Harry si sentiva incoscientemente a suo agio ad appiccicarsi agli spazi di Louis e improvvisamente Louis era sopraffatto, non avendo la più pallida idea su cosa fare. Come funziona in questi casi?
Stanno semplicemente… insieme, adesso?
L’unica risposta che aveva ricevuto era stata il suono del respiro di Harry. Forse quella era la risposta giusta.
“Ehi,” aveva mormorato sbattendo le palpebre, lo sguardo fisso in avanti senza davvero vedere, i corpi che passavano loro accanto. Indossavano tutti la giacca col doppiopetto. “Qual è il soprannome che hai scelto per me? Quello di cui mi hai scritto prima.”
Aveva sentito Harry ridacchiare, aveva sentito il riverbero nel petto. “Be’…” aveva tirato fuori, calmo e vibrante, Louis che gli picchiettava distrattamente le dita sui fianchi, continuando a dondolarsi. Il corpo di Harry stava diventando più pesante ma era piacevole. Lo teneva a terra. “Sai che tu mi chiami cucciolo, no?”
Un sorrisetto. “Sì.”
“Be’, stavo pensando agli animali, no? E a quale animale potresti essere e… Mi piacciono un sacco gli animali. Ma ce ne sono davvero tanti.”
Louis aveva sbattuto le palpebre. “Ne sono al corrente, sì.”
“Quindi è stata una decisione difficile.”
“Okay…”
“Specialmente considerando tutti gli animali di cui non sono neanche a conoscenza, capisci?”
“Harry, dove vuoi arrivare? Hai avuto un ictus?”
Ma aveva solo sentito Harry sorridere e scuotere la testa. “È la costruzione, Louis. Sto costruendo il tuo soprannome.”
“Qual è il soprannome.” Non era una domanda e Louis non stava trattenendo un sorriso divertito.
“Mousling.” Il tono di Harry era fiero.
Louis si era immobilizzato.
“Chiedo scusa, che cazzo hai detto?”
Harry allora era scoppiato a ridere, troppo forte per il suo orecchio, ma si era rifiutato di lasciare Louis, aggrappandosi invece ancora più forte mentre infilava le mani tra le ossa della sua schiena, sotterrando il suo viso contro il suo battito. Pelle contro pelle, calore contro calore. “Io sono il cucciolo e tu sei il mousling. Perché sei tenero.”
“Tenero?”
“E minuto.”
Minuto?!” Louis aveva quasi strillato, cercando (e fallendo) di liberarsi. “Devi sapere, Sassy Styles, che io sono tutto tranne che minuto. Nonostante possa avere al massimo un centimetro meno di te, sono lontano dall’essere piccolo o delicato. Sono fatto di un materiale indistruttibile, sai? Sono come l’acqua – la forza più leggera e più forte del pianeta. Non sono minuto, per l’amor del cielo!”
Ma Harry stava ridendo fragorosamente, il mento ora piantato sulla spalla di Louis nel tirare su il viso e ridere verso il cielo, perché è uno stronzetto e si diverte con poco. Piccolo infame.
Ma non voleva lasciar andare Louis, in ogni caso. E non sembrava per nulla dispiaciuto.
“Penso che tu sia tenero,” era stato tutto quel che aveva ripetuto, prima di sospirare nel sentire Louis smettere di dimenarsi. La sua presa si era allentata, il suo corpo si era rilassato contro quello di Louis. Pesante, immobile. Piacevole. Sembrava stanco.
“Penso che tu sia uno stronzetto,” aveva mormorato Louis, ma con un mezzo sorriso. “Non intendo risponderti, comunque. Non sono un topo, figuriamoci un mousling.” Aveva aggiustato la presa, assicurando più saldamente le braccia attorno a Harry, sentendo il corpo del ragazzo scivolare giù. “Penso che un soprannome più appropriato possa essere ‘destriero’, dato che porto sempre il tuo culo a spasso.”
Harry aveva borbottato qualcosa, sbadigliando. “È bello, però. Grazie. Le mie gambe si stancano facilmente. Sono fragile, Louis. Non siamo tutti fatti di materiale indistruttibile.”
Era adorabile. Louis aveva sbuffato in disapprovazione, ridendo poi sotto i baffi.
Era passato qualche secondo in più mentre si stringevano a vicenda, in silenzio e ammucchiati come cuccioli, prima che Louis alla fine si sciogliesse dalla presa, qualcosa a rimbalzargli nel petto.
“Lascia che ti accompagni al lavoro, okay?” aveva detto, dolce e lento, e Harry gli aveva sorriso assonnato, annuendo mentre intrecciava le sue dita a quelle di Louis. Come se niente fosse. E poi, senza alcuna ragione, aveva premuto un bacio freddo sulla sua guancia.
Era stato un gesto timido, una mossa che l’aveva fatto arrossire, e Louis era stato maledettamente conquistato. Era così innocente. Così giovane. Tutto il contrario di Louis.
E, merda. È in momenti come quelli che Louis è fin troppo consapevole che ha a che fare con un cerbiatto – una creaturina vergine con cui non ha nessun diritto di parlare, figuriamoci toccarlo. Anche date le ironiche circostanze in cui si è trovato…
Ma non ha importanza. Non adesso. Troverà… Troverà una soluzione in seguito.
Tutto quello che contava quel giorno, mentre Louis sorrideva e tirava Harry per la strada, era il modo in cui si sentiva nell’essersi inserito nella sua vita. Era bello.
Quando avevano raggiunto il negozio di musica, avevano trovato Julian, felice di poter scappare via, che puzzava fortemente di erba e vino. Louis l’aveva salutato con leggero disinteresse (per sommo divertimento di Harry) prima che sfrecciasse fuori dalla porta, le sopracciglia a dimenarsi in un modo così grezzo che aveva fatto tossire Louis e ridere Harry. Ancora non capisce se Julian gli piaccia o meno.
Ma si erano sistemati abbastanza facilmente, lanciando le giacche per terra e dando una sfogliata agli album da riprodurre.
“Rimani? Fino alla chiusura?” gli aveva chiesto Harry dal suo sgabello, speranzoso.
Louis aveva alzato lo sguardo dai due album tra le sue mani – The Who e Jimmy Hendrix – e aveva inarcato un sopracciglio. “Non è quello che faccio sempre?”
E Harry aveva sorriso a trentadue denti ed era tornato al suo libro, ansia inespressa a dissolversi nell’aria. Bello, bello, bellissimo.
È stato non molto dopo che si erano presentati Zayn e Niall – sempre come gemelli siamesi – e Louis non era riuscito a trattenersi dal sorridere nel sentire l’entrata chiassosa di Niall, seguita dal passo regolare di Zayn.
“Giorno!” aveva salutato Niall erroneamente mentre Zayn aveva implorato un sincero, “Allora, che fate stasera?” Il che, davvero, riassumeva perfettamente la loro dinamica. Il giorno e la notte, quei due.
Harry e Louis si erano scambiati uno sguardo divertito prima che Louis scrollasse le spalle. “Ciao, ragazzi. Come va?”
Il che aveva portato Niall a raccontare una storia durante la quale Zayn aveva annuito con serietà, interrompendo occasionalmente per aggiungere una metafora utile e stranamente insensata. Che coppia.
Erano rimasti al negozio per un po’, solo un’ora o due, prima che se ne andassero per una delle loro grandi cene dove Niall era determinato a portare Zayn.
“Ti va l’italiano stasera?” aveva chiesto, gettando un braccio attorno alle sue spalle e fissandolo così da vicino che i suoi occhi si erano quasi incrociati.
Zayn aveva annuito. “Figo,” aveva concordato prima di tirar su il pollice, allungando un braccio in avanti dove Louis e Harry erano appiccicati alla cassa; Louis, a cui non fregava un cazzo dei suoi saggi noiosi. “Ci vediamo più tardi.”
Se n’erano andati, così com’erano arrivati, lasciandosi alle spalle i granelli di polvere, le puntine stridenti dei giradischi, Louis e Harry.
Il che era, in qualche modo, stranamente elettrizzante.
Stare con Harry, da solo, sapendo che ora erano più che semplici amici… sapendo che si erano già baciati e che sarebbe probabilmente successo di nuovo… Qualcosa nel cambio di atmosfera, l’improvviso silenzio dopo il caos di Zayn e Niall, era terrificante e rinvigorente per Louis mentre incrociava lo sguardo di Harry e sorrideva, perfettamente consapevole del luccichio nei suoi occhi, riflettendo la stessa elettricità. Si era sentito senza fiato e troppo giovane, e allora aveva abbassato la testa, occupandosi a leggere il saggio di Harry e analizzandolo.
Era stato semplice quel primo giorno. Spensierato, facile, divertente ed eccitante. Tutte quelle cose.
E quando la sera era scesa, i ritardatari a lasciare il negozio e le luci a brillare luminose contro le ombre all’esterno, Louis aveva sentito il suo cuore battere improvvisamente nella sua gola, osservando Harry mentre chiudeva a chiave la porta, le mani lente.
Non c’era motivo di essere nervosi, nessun motivo per il formicolio alla pelle e la gola secca e le gambe tese. Louis in queste situazioni è tutto tranne che timido – cazzo, si è fatto il giro di ogni palazzo e ogni angolo nei dintorni. Ma…
Ma mentre vagava distrattamente per le corsie, le mani a soffermarsi sulla carta sbiadita e a scorrere sulle buste di plastica che contenevano i vinili più delicati, si era ritrovato in preda al panico, gli occhi che sfrecciavano nervosamente verso Harry ogni due secondi. Si era trascinato i piedi mentre mandava giù gli ostacoli nella sua gola, mentre osservava Harry spegnere le luci, lasciando la stanza in un bagliore distante, illuminata solo dalla luce fioca del bancone e delle lampade lava sparse sulla superficie. Tutto era sul blu, sull’arancione e sul marrone, e la pressione del sangue di Louis probabilmente in quel momento era salita alle stelle, e non riusciva a sentire le sue mani mentre le teneva lungo i fianchi in maniera instabile, cercando di fare il possibile per fingersi disinvolto.
E poi Harry si era voltato.
Era stato con passi lenti e timidi che aveva incontrato gli occhi di Louis, un piccolo e bellissimo sorriso a nascergli su quelle labbra, sbocciando in piena fioritura. Louis l’aveva visto, l’aveva ricambiato e poi i suoi occhi erano tornati ai cd, le costole a schiacciargli il cuore. O forse era il suo cuore a schiacciare le costole, non l’ha ancora capito.
Harry, allora, aveva cominciato a passeggiare per le corsie. Proprio come Louis – muovendosi con mezzo interesse, gli occhi che si spostavano intenzionalmente nella sua direzione, con le mani dietro la schiena. Sembrava come se ci fosse fumo nell’aria o nebbia o profumo o… qualcosa. Qualcosa di pesante e vorticoso, e Louis era quasi tentato di scacciarlo, di scacciare il blocco così da poter vedere meglio Harry, ma l’idea allo stesso tempo lo terrorizzava. Si era quindi limitato a camminare, i suoi passi a portarlo più vicino a Harry, i cui occhi così luminosi quella sera, in quella stanza buia.
Prima di rendersene conto, si era ritrovato faccia a faccia con Harry.
Aveva alzato lo sguardo, sentendosi come un fottuto fantasma, sentendosi come mai si era sentito prima, e aveva trovato il viso di Harry, così incredibilmente vicino al suo. L’aria era allora schizzata fuori dalla stanza, la nebbia e il profumo e il fumo spazzati via. C’erano solo il viso di Louis e il viso di Harry e il battito del cuore che minacciava di bruciare.
La stanza era scura, sì. Ma ci sarebbe potuto essere buio pesto e Louis avrebbe comunque visto il terrore eccitato negli occhi grigi di Harry che guardavano verso il basso, il fremito nelle sue labbra socchiuse, e la timidezza nelle sue spalle mentre si faceva più vicino, sempre più vicino, e si chinava in avanti, senza sbattere le palpebre neanche una volta.
Louis era così terrorizzato che non aveva pensato neanche a chiudere gli occhi quando Harry finalmente l’aveva baciato.
Ma qualcosa era scattato in lui – il respiro caldo che spronava il suo, le labbra che sembravano lenzuola (un po’ ruvide, ma morbide) – e improvvisamente il mondo era diventato nero mentre i suoi occhi si chiudevano e lui aveva ritrovato quella sensazione nelle sue mani, avvolgendole attorno alla vita di Harry per attirarlo a sé. Sempre più vicino.
Baciarlo, baciare davvero Harry, non aveva reso nulla meno terrificante.
Piuttosto, l’aveva quasi reso peggiore? Vedete, Louis sa baciare molto bene, benissimo, sa baciare in maniera eccezionale. Potrebbe vincere guerre con i suoi baci, sì – è in sintonia con il suo corpo e ancor di più con quello degli altri.
Ma con Harry? In qualche modo, baciare era diventato terrificante. Meravigliosamente, incantevolmente, orribilmente e splendidamente terrificante. Suona così stupido persino da dire. Ma è quello che sente e dà dipendenza, Cristo. Non si è mai sentito così in passato.
Louis si era quindi perso un pochino, lasciando semplicemente che Harry lo baciasse con i suoi tempi. Aveva rivelato tutto quello che non aveva potuto o non aveva ancora detto – aveva rivelato la sua inesperienza e la sua sincerità e le sue piccole ed esitanti curiosità. Era dolce ed era iniziato casto, per poi scivolare nel curioso e finire in un bacio profondo e Louis poteva finalmente assaporare Harry, esclusivamente Harry, e ora sa che cazzo di sapore abbia, okay? Ora conosce il sapore della dannata saliva di Harry e non ha mai pensato a cose del genere prima d’ora e dovrebbe essere strano e disgustoso, ma in qualche modo fa sentire Louis un po’ dispiaciuto per chiunque altro. Per qualsiasi altra cosa. Cazzo.
Eventualmente, i baci e le carezze e le fusa e le mani delicate si erano affievoliti. Si erano ridotti a piccoli bacini, piccole pressioni di stanchezza, labbra rosse contro zigomi e morsi appena sotto le mascelle.
A Louis girava la testa, probabilmente era arrossito. Harry stava facendo questi piccoli e strani miagolii, il viso nascosto nel collo di Louis. Aveva cominciato a dondolare di nuovo – è qualcosa che fa sempre ogni volta che abbraccia Louis, solo una delle sue tante manie – e lo aveva stretto più forte, così come aveva fatto Louis, il viso in fiamme come se fosse stato aggredito con pinze e aghi.
Allora aveva sentito di nuovo le mani sul suo viso. Aveva sbattuto le palpebre, stordito e terrorizzato e cercando di tenere a bada le emozioni, prima di ritrovarsi a fissare Harry negli occhi, i suoi occhi dolci e felici che sembravano lontani galassie e così, così apertamente affezionati. Le mani avevano cominciato ad accarezzare le guance di Louis con delicatezza, spostando i capelli con dita veloci. Dolce. Fragile. Riverente, quasi.
Un altro morbido bacio a stampo.
“Sono felice di poterti baciare adesso,” aveva mormorato Harry, le parole eteree nel buio. Louis le aveva trovate comunque. Aveva preso quelle piccole stronze e le aveva conservate dentro di sé.
Aveva riso, ignorando debitamente il tremore delle sue mani. “Okay, zuccherino,” aveva scherzato, ma le parole si erano incrinate.
“È vero,” aveva detto Harry come se lo stesse implorando, calmo e sicuro e insistente. “Volevo baciarti dalla prima volta che ti ho visto. In biblioteca.”
Il cuore di Louis aveva perso un battito, il senso di colpa a invadergli il corpo, il volto di Liam che minacciava di formarsi nel retro della sua mente. Ma l’aveva dissolto, spinto via, si era invece lasciato sorprendere. Per ora.
“Davvero?” aveva chiesto, sinceramente stupito. (Si ricordava di una reazione meno che calorosa nei suoi confronti…) “Pensavo che mi odiassi? Onestamente, pensavo che tu, tipo…” Aveva scosso la testa. “Ti ho praticamente dovuto braccare. Ero a due passi dal prendere una rete per catturarti.”
Ma Harry si era limitato ad annuire. “Sì, ma tipo… pensavo che fossi davvero attraente. Nel senso, tipo, ho gli occhi, sai com’è.”
Ah.
Louis aveva contratto le labbra. “Ahhh, ora capisco.”
“No,” aveva protestato Harry, tirando un pugno leggero contro la spalla di Louis, in un gesto infantile. “No, ma tipo… Poi abbiamo iniziato a parlare? E improvvisamente mi sono scordato che fossi attraente.”
“Ah, quindi sono insignificante, è così?”
“No, no, no,” aveva riso, schiacciandosi ancora di più contro Louis. “Non in quel senso! È solo che, tipo, abbiamo iniziato a parlare, no? È stato come… pensavo fossi attraente quando ti ho visto per la prima volta. E poi abbiamo parlato ed era come se avessi, tipo, scordato che tu lo fossi? Un po’? E poi invece mi sono concentrato su quello che mi dicevi, capito? E abbiamo iniziato a parlare di più e improvvisamente eri diventato bellissimo da una prospettiva diversa. E poi, tipo, mi ero ricordato che fossi attraente ed è stato come se fossi diventato bellissimo da tutte quelle prospettive diverse ed era… Non lo so. A quel punto avevo voglia di baciarti in continuazione.”
In quel momento, Louis non aveva la più pallida idea di cosa dire. Non aveva davvero senso ma in realtà ce l’aveva ed era terrificante, proprio come i baci di Harry, ed era… Era tutto così tanto.
“Quindi, praticamente, quello che sto dicendo è… Sono solo felice di baciarti adesso,” Harry aveva concluso, sorridendo fiero.
Louis si era quasi soffocato con l’aria, camuffandolo in una risata. Merda.
E poi Harry si era ritirato appena, ficcando nuovamente il suo viso nel collo di Louis mentre si piegava in se stesso, apparentemente imbarazzato. Louis l’aveva stretto forte a sé, stordito e perso e sopraffatto, sfregando le dita su e giù lungo la schiena di Harry. Si era concentrato sul suo respiro perché sembrava come se avesse bisogno di attenzioni. I suoi respiri erano un po’ irregolari – sperava che Harry non lo notasse.
Ma ovviamente Harry non l’aveva notato. Era troppo dannatamente impegnato a premere piccoli baci da gattino sul collo di Louis, minuscoli bacini che risuonavano nella stanza silenziosa. Louis l’aveva lasciato fare, curioso e divertito mentre il cieco terrore si alleviava, e aveva provato a guardare mentre Harry risaliva, un pezzetto alla volta, lasciando una scia di baci su tutto il viso di Louis con piccole raffiche di sorrisini, la sincerità impressa sul suo volto.
“Che diavolo stai facendo?” Louis aveva riso, perplesso, mentre lo teneva stretto.
“Ora posso baciarti,” aveva spiegato Harry come se fosse ovvio, sorridendo così tanto da far schifo. Il suo maglione era arrotolato sui polsi e il tessuto era caldo contro il mento di Louis, dove le mani di Harry lo sostenevano. “Quindi devo baciarti dappertutto. Sei mio adesso.” l’aveva sottolineato con un’occhiata evasiva perché è quello che Harry fa fottutamente sempre.
“Oh mio Dio. Non posso crederci che l’abbia detto davvero,” Louis aveva sbuffato una risata, ma era senza fiato e le parole erano suonate buffe. “Mi stai sbavando su tutta la faccia… Non siamo dei cagnolini.”
“Ma tu mi chiami cucciolo,” aveva puntualizzato Harry. Il suo sorriso era cresciuto. “Amo quando mi chiami cucciolo.” Aveva lasciato un bacio sul naso di Louis, indugiando sulla pelle.
Louis era morto.
“Non ho mai avuto un soprannome prima,” avevano mormorato le labbra sul viso di Louis. “Amo il fatto che tu mi dia soprannomi. Amo il fatto che mi tratti in maniera diversa rispetto a come mi trattano gli altri.”
Louis era morto di nuovo.
“Be’,” aveva deglutito, tenendosi in piedi nel ficcare le sue mani più in profondità nel tessuto del maglione di Harry, “Anche a me piace il fatto che mi tratti in maniera diversa rispetto a tutti gli altri.”
Harry aveva sbattuto le palpebre. “Davvero? Sono diverso? Zayn non ti tratta bene? E Niall? Non sono più buoni con te rispetto a me?”
Louis aveva riso. “Be’, no. Cioè, sì, sono sempre stati buoni con me più di chiunque altro. Sono i miei amici. Mi trovo bene con loro e sono dei bravi ragazzi. Ma… Loro non sono… lo sai.” Aveva scrollato le spalle, senza parole. “Non c’entra affetto, o quel che è. Zayn ha sempre rispettato i miei limiti, presumo.”
“Io non rispetto i tuoi limiti?” Harry aveva inarcato le sopracciglia, in attesa.
“Be’, cioè…” Louis si era interrotto, gli occhi a osservare un punto oltre Harry, improvvisamente fin troppo consapevole della sua vicinanza, della sua voce. “Era più come… Non so. A te importava guardare oltre? Diciamo che… li hai sorpassati comunque? Pensavo che non mi avrebbe fatto piacere ma… Non so.” Un’altra alzata di spalle. “Forse mi piace solo se lo fai tu.”
Harry aveva sorriso, con consapevolezza. “Forse è lo stesso per me, presumo. La gente ha provato a conoscermi. Ha provato ad essermi amica e, tipo, avvicinarsi. Forse avrei potuto essere in sintonia con qualcuno se solo avessi voluto. Presumo che semplicemente non volessi. Fino a che non ho incontrato te.”
Una vampata di fiamme era sgorgata all’interno di Louis mentre si mordeva a sangue le labbra, gli occhi fissi sul ragazzo di fronte a sé. “Be’, guardaci. Una coppia di sdolcinati.”
“Mi piaci davvero tanto,” aveva affermato Harry, puro e sfrontato. “Ho intenzione di baciarti ancora un po’. Okay?”
“Okay.” Louis aveva deglutito, ostentando un sorrisetto. “Fai quel che devi, cucciolo.”
E poi Harry aveva sorriso a trentadue denti, vistoso e in maniera incantevole, e il mondo era stato ridotto a un ragazzo. Un ragazzo e un paio di labbra e un respiro caldo e due mani, il tutto dietro un cervello strano e adorabile e dei capelli meravigliosi. Solo un ragazzo.
Davvero, fin da quella notte, è sempre stato solo un ragazzo. Un unico giovane ragazzo in un mondo di milioni di giovani ragazzi, in mezzo a migliaia di cose tremende e noiose. E Louis non ha la più pallida idea di cosa stia facendo con lui.
Non sente Liam da settimane. Settimane. Perché non sa cosa stia facendo e non riesce ad affrontare la situazione. Non riesce ad affrontare i messaggi confusi, infuriati e disorientati da cui è bombardato. Non riesce ad affrontare le questioni che ha lasciato in sospeso. Non riesce ad affrontare la tensione inespressa e l’ignoranza intenzionale che è super fottutamente problematica e non può affrontare lo schiacciante senso di colpa che vive ogni dannato giorno, specialmente quando cerca di addormentarsi.
Non riesce ad affrontare niente di tutto questo. Quindi lo ignora.
Ma è così difficile, cazzo. È così incredibilmente e ingiustamente difficile perché quando è da solo va nel panico e diventa razionale, tutti i problemi che emergono in superficie ad una velocità incredibile. E promette sempre a se stesso di iniziare a occuparsene, sempre fermo nella sua decisione di iniziare a sistemare questo colossale casino del cazzo.
Ma poi si ritrova di nuovo con Harry, quel piccolo e dolce faro di speranza che rappresenta l’unica roba valida che ha trovato su questo pianeta e… E improvvisamente è tutto così semplice? È semplicemente Harry che chiede nuovamente a Louis di andare a una cena di famiglia, per la terza volta in quella settimana. È Harry che insiste affinché Louis mangi le sue verdure quando Anne gliele mette sul piatto ed è Gemma che ride alle battute di Louis. È Harry che ridacchia troppo e canta troppe canzoni e prova a convincere Louis a prendere lezioni di ballo da sala con lui nel suo soggiorno, i piedi scalzi infilati sotto le cosce di Louis mentre si stravaccano sul divano e guardano programmi stupidi in tv, a basso volume. Ed è Louis che prende nuove abitudini come infilare i capelli di Harry dietro le orecchie ogni volta che sono più selvaggi del solito o afferrare istintivamente la sua mano adesso perché, ad un certo punto, le sue mani hanno cominciato a sentirsi incomplete da sole.
È strano perché sono veramente… qualsiasi cosa siano, (insieme? È così che dicono i ragazzini al giorno d’oggi?), solo da meno di un mese, ma Anne aspetta già Louis alla porta, sorridendo in maniera invitante prima di aprire totalmente la porta.
“Entra pure, Louis. Non hai bisogno di bussare,” dice tutte le volte. Ma Louis bussa tutte le volte.
“Grazie, Anne. Sei davvero incantevole oggi, comunque. Hai avuto la meglio sui tuoi capelli. Ora capisco da dove Harry ha preso tutti i suoi,” dice Louis, guadagnandosi sempre una risata compiaciuta e una stretta sul gomito e una porzione extra di dolce. Il modo in cui Anne tratta Louis è così materno, e gli ricorda…
Be’. Gli fa pensare a Jo ogni tanto, tutto qui. Tutto questo tempo in famiglia e tutte le cazzate come ‘Casa è dove sta il cuore’, punzecchiano alcuni ricordi a lungo dimenticati. Ostinatamente dimenticati, in realtà. Louis non ha avuto una vera e propria casa in anni. Non ha avuto una mamma o una sorella in anni. Non ci pensa mai però, non si preoccupa mai delle cose che non può cambiare, ma ultimamente…
Ultimamente, abbraccia sempre Anne prima di andarsene e lei sa di profumo e cotone e a volte Louis deve schiarirsi la gola prima di potersi voltare verso Harry; a volte deve concentrarsi sulle maniche della sua giacca o sul modo in cui le finestre si appannano per il freddo. A volte la sua gola prude e a volte diventa tutto così fottutamente intenso.
Ma poi, oggi come gli altri giorni, arriva Harry, sorridente e saltellante perché negli ultimi tempi si è trasformato in un vero e proprio cucciolo – tutto energia sfrenata e attaccamento impertinente e malizia – e si scontra con Louis con una forza meravigliosa, avvolgendo il proprio corpo attorno al suo.
 “Coccole prima che vada in guerra,” Harry fa le fusa mentre avvolge una coperta attorno a Louis, inghiottendo entrambi.
“Coccole? Non mi merito certi privilegi, sono solo un umile soldato, signore,” Louis regge il gioco, sorridendo nonostante la carta vetrata nella sua gola. Anne gli lancia uno sguardo d’intesa prima di scuotere la testa e allontanarsi in silenzio, salutandolo un’ultima volta. Louis sbatte le palpebre, distogliendo lo sguardo.
“Il mio soldato,” mormora Harry, piano, stringendo la presa. Piccolo stronzetto possessivo.
“Il tuo soldato,” conferma Louis, segretamente compiaciuto, ma si assicura che Harry lo veda quando alza gli occhi al cielo.
E poi Gemma passa lì davanti, stringendo le labbra mostrando il suo palese disgusto in maniera scherzosa e loro sono già a quel punto, appena dopo un mese, in cui è totalmente normale per Louis alzare il dito medio nella sua direzione e tirare fuori la lingua e ancora più normale per lei ripetere i gesti prima di lanciargli un bacio e ritirarsi su per le scale.
“La tua famiglia mi ama, sai. Più di quanto amino te. Faresti meglio a stare in guardia, cucciolo,” Louis sorride, osservando i piedi di Gemma scomparire oltre le scale. “C’è un nuovo re in questa corte.”
“Non mi importa,” risponde immediatamente la voce ovattata di Harry, ancora sepolta nella coperta e nel collo di Louis. “Fino a quando sarai un re buono e gentile e indosserai la calzamaglia, non mi importa minimamente.” Alza la testa, sorridendo quando incontra lo sguardo di Louis. “L’autorità mi opprime. Preferirei essere il tuo braccio destro. Tipo, il tuo Merlino.”
“Eh?” Louis ride, incapace di fermarsi. “Io sono Re Artù e tu sei Merlino? È così che funziona?”
Harry sorride. “Sì, ma non sei autorizzato a farti Ginevra. Capiche?
Louis ride di nuovo, stringendo forte la coperta attorno a loro. “Capiche, bimbo.” E lo bacia, perché è semplice, e tutto il resto non conta.
Ma è anche difficile.
Perché è davvero strano, tutto questo. L’intera dinamica è stressante quanto rilassante, ma tutto sembra semplice, ogni giorno più semplice quando le parole di Harry diventano meno esitanti e le sue azioni più immediate, i suoi baci più caldi e più lunghi e le sue mani non lasciano mai, mai Louis. E ogni giorno è un po’ più facile dimenticare e ogni giorno Louis si ritrova a tendersi verso Harry, anche se solo per un attimo. Perché non è bravo in queste cose, vedete, non è bravo con il toccarsi e i sentimenti e i momenti di quiete e le coccole e le stronzate…
Ma con Harry è ogni giorno più semplice, ed è bello. Una parola stupida, ma è bello. Louis vuole toccarlo, mischiare la sensazione della sua meravigliosa bocca su di lui con la sensazione delle sue mani fasciate nel suo maglione caldo, ed è strano, va bene? Perché è sessuale, senza dubbio, il desiderio che sente – ma è come se… non lo fosse? È qualcosa di più, qualcosa di più profondo, ed è questa la parte più strana. Vuole Harry su di lui, su tutto il suo fottuto corpo nonostante ci stiano andando piano, dolorosamente piano, ma… Ma è come se non importasse se finisse semplicemente così – solo con Harry sdraiato sopra di lui, addormentato sulla sua spalla mentre gli schiaccia le costole e gli comprime i polmoni.
È così… strano, cazzo. E difficile.
Ma è anche semplice.
È passato quasi un mese e Harry ha trovato le sue nuove abitudini senza difficoltà. Lo chiama con orrende espressioni affettuose (“amore” è in assoluto la peggiore e la migliore e Louis diventa completamente rosso ogni volta che lo chiama così di fronte a Zayn e Niall) e si accoccola sempre su di lui ed è sincero e premuroso e così… affettuoso.
Nel frattempo, Louis è una nave che affonda e può solo seguire i suoi passi. Perché, per quanto Harry possa essere inesperto, Louis in qualche modo si sente ancor meno esperto. Certo, è bravissimo a succhiare cazzi (e, no, non ha ancora avuto quel privilegio con Harry perché… be’… Harry è giovane e molto, molto innocente) e Louis riesce a farlo, quello, e riesce a fare il resto con il corpo di qualcun altro, premendo i pulsanti giusti. Ma, a parte questo, è un bambino inesperto quando si tratta di… relazioni? È questa la parola giusta? Sì, probabile.
Non è nemmeno qualcosa che pensava di volere. Eppure…
Eccolo qui.
Sospira, riscuotendosi dai suoi pensieri. Sta pensando troppo. Gli sta venendo un’emicrania. Probabilmente dovrebbe bere dell’acqua.
L’aria è fredda, gli sfiora bruscamente la pelle mentre cammina a passo svelto lungo il marciapiede. Sta andando a trovare Harry in biblioteca per stare un po’ con lui prima del suo turno al pub. È una giornata pungente, un Halloween ancora più pungente – Louis non è mai stato amante delle feste, non gli è mai importato dei bambini che strillano per le caramelle, ma nonostante questo sente un tocco di empatia per tutte quelle povere anime che stanotte arrancheranno nella tundra. Fa così freddo, cazzo.
È proprio quando ha perso la sensibilità ai pollici (c’è un buco nella tasca della sua giacca, che cosa bizzarra), che la scuola entra nella sua visuale, appena oltre il tetto degli edifici. Un calore si insinua dentro di lui alla vista – ha iniziato ad associare questo posto a Harry adesso. È stato condizionato come il cane di Pavlov.
Prosegue in avanti, canticchiando una canzone dei Jefferson Airplane che ha in testa da quando si è svegliato sul pavimento di Stan; la scorsa notte si era addormentato ascoltandola. Si intitola ‘Today’ e Louis non l’ha assolutamente ascoltata perché gli ricorda Harry. Non è ancora così perso, probabilmente non lo sarà mai. Solo perché sta subendo una svolta nella sua vita con questo ragazzino, non significa che stia per scoppiare in una dolce e tenera esplosione di copertine e sentimenti.
È ancora Louis. Non si è rammollito.
È in quel preciso istante che il suo telefono vibra. Ha finalmente levato il ‘Non Disturbare’ la notte prima in un tentativo incerto di rimettere in ordine la sua vita. Hah.
Un grosso peso si sistema nel suo stomaco e nei polmoni, lo stesso peso che riceve ogni volta che il suo telefono vibra. Ha sempre paura che sia Liam. Sempre. E Liam gli scrive praticamente ogni giorno (non ha ancora tentato di chiamarlo, però, né si è impegnato concretamente per vedere Louis) quindi non è una paura infondata.
Il fatto è che Louis non sa ancora cosa dirgli, non ha la minima idea di come gestire questa situazione difficile in cui si trova, e più a lungo riesce a far finta che Liam non esista, più a lungo può essere felice senza troppe complicazioni.
Ma, vedete, se lo sente nello stomaco – sa che la sua buona sorte si sta esaurendo e sa che il tuo tempo sta finendo, lentamente ma per certo, e sa che Liam lo troverà in qualche modo. È solo una questione di tempo. E quando lo farà… Louis dovrà essere preparato. O dovrà interrompere l’intero gioco e pertanto lasciare un Liam incazzato nero a seminare il caos tra i due (una prospettiva fottutamente scoraggiante, ad essere onesti – Louis ha visto il meglio di Liam, dovreste ricordarlo) o può fingere di stare al gioco ancora un po’. Solo fino a che la situazione tra lui e Harry non si farà un po’ più forte, più stabile – fino a che non si troveranno a un punto in cui, forse, Harry non lo lascerà all’istante non appena avrà scoperto la verità. Ma potrebbe essere una possibilità? Lo è? Louis non lo sa.
E, Cristo, se non lo fosse? E se l’intera situazione fosse senza speranza? E se non ci fosse un lieto fine?
Cazzo. No.
Non è il momento per questo.
Se ne occuperà più avanti.
Ingoiando piombo, Louis tira fuori il telefono, le dita secche e spaccate e vogliose di nicotina. Sta più o meno cercando di smettere di fumare. Più che altro, non lo desidera così tanto come pensava che l’avrebbe desiderato – solo quando ha delle piccole crisi interiori questo si presenta come un problema reale. Come ora, per esempio. Ma. Chi se ne frega. È più forte della dipendenza.
Sblocca il telefono – e respira di nuovo. È Zayn.
E il messaggio dice solo ‘Ne parliamo presto’ il che è apparentemente in risposta al nulla. Tipico.
Louis sogghigna, digitando un rapido ‘Ci conto.’ Per poi rimetterlo in tasca, sentendosi il cuore in gola quando si avvicina agli alti edifici della scuola. Harry sarà in biblioteca.
Cazzo, non ha pensato a portargli qualche merenda. Carotine o uva o qualcosa di simile. Mangia un sacco di banane – merda, Louis avrebbe dovuto portargli delle banane. Quel povero ragazzo ha avuto una lunga giornata, a studiare per gli esami.
Magari ha ancora un po’ di tempo per comprargliene qualcuna…?
D’altra parte. Questo accorcerebbe il suo tempo con Harry, dato che deve lavorare alle sei. No, meglio lasciar perdere le banane e portargliene un carrello pieno la prossima volta che lo vede. Sì, farà così.
Sorridendo all’immagine evocata della faccia di Harry di fronte a una montagna di frutta fresca, Louis salta sui gradini della biblioteca, ridacchiando tra sé e sé e sussultando alla brezza penetrante che si infila tra i buchi della sua giacca. Forse ha bisogno di una nuova. Forse. O forse no. Preferirebbe spendere i suoi soldi in banane, ad essere onesti.
Non gli ci vuole molto per trovare Harry, nascosto come al solito in fondo alla stanza, cuffiette nelle orecchie e libri sparsi. Proprio come quando Louis l’aveva trovato la prima volta, tutti quei mesi prima.
Senza preavviso, si avvicina a grandi passi dietro di lui, strappando via una cuffietta mentre piazza un bacio umido sul suo collo. “Indovina chi?” lo saluta, le labbra ancora sulla pelle di Harry, e Harry sussulta solo un minimo, il suo sorriso già risvegliato mentre si abbandona alla sensazione, una mano che si infila immediatamente tra i capelli di Louis, tenendolo fermo.
“Professor Martin! Era ora,” sogghigna ma i suoi occhi sono limpidi quando incrociano quelli di Louis, che alza entrambe le sopracciglia, per nulla impressionato.
“Stai diventando spiritoso, Harry,” dice, impassibile e sarcastico.
“Sono sempre stato spiritoso, Louis.”
“Oh, ma davvero? Dove hai ottenuto questa informazione? Wikipedia? Lo sai che non è una fonte attendibile, vero?”
E Harry ride come un gattino, espansivo nell’appoggiarsi sullo schienale della sedia, inclinando la testa verso l’alto mentre lancia le braccia a casaccio attorno al collo di Louis, attirandolo in un bacio sottosopra. Fa molto Spiderman.
È imbarazzante e Louis sbatte duramente il suo naso contro il mento di Harry, ma entrambi ridono mentre Louis morde l’angolo delle sue labbra e Harry fa dei suoni disgustosi nel baciarlo con le sue labbra umide. Che piccola peste.
Quando si separano, le labbra di Harry sono rosa e i suoi occhi sono luminosi e fissa Louis come se non potesse distogliere lo sguardo, la mano incastrata nella sua. “Sono felice che tu sia qui,” dice a voce bassa, ma c’è una piega nella sua bocca. Una piega insolita.
Louis si acciglia. “Perché non dovrei essere qui?”
Harry scrolla le spalle. Deglutisce. La piega è ancora lì.
Qualcosa non va.
“Ti sono mancato oggi?” chiede allora, calmo e supplichevole. Non ha ancora lasciato andare la mano di Louis, guardandolo in modo implorante.
Accigliandosi ancora di più, Louis si siede, stringendo la presa sulla mano di Harry mentre ispeziona il suo viso. “Mi manchi sempre. Tutto bene, cucciolo?” domanda, cercando di sdrammatizzare, ma la piega di Harry si approfondisce in una smorfia e distoglie lo sguardo, tirando la mano di Louis sulle sue gambe.
“Sì, tutto bene,” mormora, ma ha lo sguardo fisso sui suoi libri e gli occhi sembrano due tornado. Non va decisamente tutto bene. “È solo che… non lo so.” Scrolla le spalle, rosso in viso. “Cose strane.”
“Cose strane?” ripete Louis, scosse di agitazione ad attraversarlo. “Tipo?”
Harry si schiarisce la gola, senza distogliere lo sguardo dai libri, la mano di Louis ancora sulle sue gambe, la presa ferrea. “Be’. Hai presente Liam Payne, no? Il tuo amico?”
Oddio.
Il sangue defluisce dal viso di Louis. Forse defluisce da tutto il corpo.
“Uhm. Be’… sì. Sì, Certo, ovvio. Liam. Sì. Che c’entra Liam?” La sua voce suona terrorizzata, aumentando in sillabe random, ma prova a simulare la sua espressione in linee morbide, fissando Harry con così tanta intensità da fargli quasi lacrimare gli occhi.
Di nuovo, Harry scrolla le spalle, e tutto il suo atteggiamento è così insicuro, così cauto e timido che ricorda a Louis i loro primi incontri – di come era Harry, prima… Prima di tutto questo. Di loro. Insomma. Solo prima. Si è talmente abituato all’Harry rumoroso, ridicolo, malizioso, strano e affettuoso che questa creatura timida e diffidente di fronte a sé lo fa sentire un po’ nauseato. Odia questa situazione. Tantissimo.
“Be’… è strano,” Harry comincia lentamente. “Tipo… Non so. Tipo, lo so che voi due siete amici. Anche se non lo vediamo mai…” A quello, Harry lancia un’occhiata a Louis, solo per un millisecondo, prima di tornare a fissare i suoi libri. “Ma non ti ha mai davvero nominato prima. Il che è totalmente comprensibile, dato che non ci ho mai parlato e, tipo, l’ho visto sempre e solo a lezione.”
“Okay. Va’ avanti.” Stringe la mano di Harry, spostando la sedia più vicino.
Le spalle di Harry si rilassano a stento al gesto. Però, comunque… si rilassano.
“Be’. Ultimamente, non fa altro che parlare di te?”
Qualcosa si gela nello stomaco di Louis.
La sua espressione rimane vuota. “Okay.” Fa una pausa. “In che modo?”
“Solo. Tipo. Piccole cose. Solo ai suoi amici a lezione. Si limita a fare il tuo nome? E, tipo, racconta storie? Non so, non è una cosa importante. È solo che ultimamente parla un sacco di te ed è strano perché non l’ha davvero mai fatto prima. E, chiaramente, voi due avete passato un sacco di tempo insieme, a giudicare da tutte le cose che ha raccontato e… e non lo so. Credo che semplicemente non lo sapessi. È strano.” Harry scrolla le spalle, lo sguardo ancora basso, la smorfia impressa più a fondo.
Louis sta per aprire la bocca – per rassicurarlo, per confortarlo, per sputare il rospo perché non può vedere Harry così, qualsiasi cosa sia ‘così’, quando…
“E poi oggi è venuto da me.”
Louis si immobilizza, la bocca aperta, pronta a parlare. La chiude immediatamente, sentendo qualcosa di freddo strisciare sulle vertebre.
Oh cazzo. Oh cazzo no.
“È stato molto gentile, non fraintendermi. Però…” Harry deglutisce.
Louis è congelato, terrificato.
Oh cazzo. Non avrebbe dovuto procrastinare. Se ne sarebbe dovuto occupare. Se ne sarebbe dovuto occupare subito, cazzo. È solo l’inizio e ha appena cominciato con Harry, davvero. Gli piace questo ragazzino, cazzo, gli piace. Gli piace la sua famiglia e gli piace la sua vita e gli piace la sua testa e i suoi pensieri e i suoi maglioni e le sue scarpe e gli piace così tanto e a lui non piacciono le persone, mai. A Louis non piacciono mai le persone e ha trovato qualcuno che gli piace e che avrebbe dovuto proteggere. Cazzo.
Lentamente, Harry alza lo sguardo, esitazione e angoscia a stringere le curve dei suoi occhi. E forse c’è anche speranza, lì. Forse? E forse c’è fiducia in quegli occhi verdi, grigi e blu.
“Voleva che ti dessi questo.”
Inizialmente, Harry non si muove, e Louis è confuso, fissando le mani vuote di Harry – eccetto per la propria. Ma poi Harry disincastra le dita, spostandole sulla sua borsa, lento come il miele versato, e Louis sente il suo stomaco piombare verso l’intestino, osservando con quieto terrore mentre Harry la apre.
Tira fuori un oggetto. È una delle magliette di Louis. Una delle poche che ha. Una che non trovava più ma a cui non ha mai ripensato perché è ciò che comporta vivere in più posti nello stesso momento. Non avere una casa propria.
Oh merda.
“Questa…” comincia Louis, balbettando e sbattendo le palpebre, e Harry lo osserva, le sopracciglia delicatamente aggrottate.
“È venuto da me,” continua, lento e profondo ed esitante, senza battere ciglio. I suoi occhi sono così grandi. “E si è presentato come si deve per la prima volta. Ha detto che ha sentito molto parlare di me dato che abbiamo fatto domanda per la stessa università.” Oh Dio. “E poi mi ha detto che… tipo…” Il suo viso si contorce appena, confuso. “Che ha sentito da Zayn che io e te usciamo insieme? O qualcosa del genere? Praticamente, ha lasciato intendere che non gli hai mai parlato di me. O qualcosa di simile. E che quando Zayn gliel’ha detto per puro caso, è rimasto sorpreso? Non lo so. Ma, tipo, ha detto che ultimamente è stato impegnato e mi ha chiesto di darti questa perché l’hai lasciata” – Harry deglutisce, gli occhi tremolanti e vitrei – “nella sua stanza.”
Cazzo. Cazzo cazzo cazzo.
Quel cazzo di Liam Payne del cazzo.
Louis rimane a fissare l’indumento tra le mani di Harry. Lo fissa, ma non si muove, la sua mente che corre. Perché come cazzo dovrebbe rispondere a una cosa del genere? Dovrebbe mentire?
Istintivamente, il cervello gli dice di mentire.
Ma poi alza lo sguardo su Harry, notando la curva insicura delle sue spalle e la tristezza nella sua bocca e la speranza terrorizzata nei suoi bellissimi occhi e… E Louis conosce il suo sapore e conosce il suo odore e conosce i suoi diversi tipi di risata e sa quale sia la sua voce ‘cortese’ e quale quella naturale, e conosce Anne e Gemma e sa che lui ama lo stufato d’agnello di Anne e che lo mandano sempre a casa con un Tupperware pieno e…
E non può mentirgli.
Ma non può perderlo. Deve essere… il più onesto possibile. Per ora.
“Probabilmente l’ho dimenticata lì,” Louis annuisce, prendendo con cautela la maglietta offerta e lasciando che ogni parvenza di compostezza scivoli via dal suo viso perché sta dicendo la verità. Proprio in questo momento. Rimetterà insieme i pezzi più tardi, ma… in questo momento, può esporsi un po’. Vuole farlo. Vuole che Harry lo veda perché è sincero, lo è. Vuole che Harry lo sappia. “Probabilmente un mese fa o giù di lì.”
Harry sembra così fragile ora, sotto le fredde luci fluorescenti.
Così Louis continua.
“Non c’è niente di sessuale, però. Contrariamente a come Liam possa averla posta. Non è così tra di noi. Cioè, è…” Louis fa una pausa. Sincerità, giusto? Deve essere onesto? Be’, ci siamo. “Tipo, tempo fa, un paio di anni fa, quando ci siamo conosciuti… è successo qualcosa, sì. La prima notte in cui ci siamo incontrati.”
Harry distoglie lo sguardo di scatto, il corpo teso.
Louis sente la sua gola bruciare, gli occhi stringersi mentre si fa più vicino, allungando le mani per afferrare con delicatezza i caldi polsi di Harry, abbastanza lento da permettere a Harry di liberarsi. Non lo fa, però. Così Louis continua.
“È iniziato in maniera strana, lo ammetto, sì. Ma non è più successo niente per anni. Niente, Harry. E non c’è stato niente di niente, neanche lontanamente, da quando ti ho incontrato. Starà cercando… non so. Starà cercando di fare lo stronzo con me. O con te.” Si lecca le labbra. Dovrebbe dirglielo. Dovrebbe raccontargli tutto. Adesso.
Ma.
E se…
E se Harry non lo perdonasse? Louis non lo può permettere, non può, è un egoista e non può perderlo ancora, non quando sono ancora così recenti, così nuovi. Non quando non gli ha ancora dimostrato quanto vale.
Ha solo bisogno di più tempo. Ha bisogno di più tempo per mostrare a Harry quanto ci tenga. Che è reale. Glielo dirà, lo farà. Ma non ancora. Glielo può dire, ma ha bisogno di dimostrare a Harry quanto valga. Poi glielo dirà. Lo farà.
“Senti, Harry. Harry,” dice a voce bassa, implorante, e Harry volta lentamente la testa. Sembra ancora piccolo, ma meno piccolo, e non c’è tradimento o dolore o rabbia nel suo sguardo. Solo tensione. Forse paura. “Harry,” Louis dice di nuovo, questa volta più dolce, e si concede un sorriso, uno piccolo. “Lo so che non parlo tanto di me, okay? Lo so che sono un tipo losco. Strappato proprio dalle pagine di un libro di merda.”
Harry ridacchia, debole, mentre china la testa, prima di riportare il suo sguardo su Louis. È più tranquillo. Grazie, grazie.
Louis sorride un po’ più deciso. “Lo so che mi tengo un sacco di cose dentro ed evito di rispondere alle domande e… E tutte quelle altre robe che sai che faccio. Okay? Ammetto di farlo. Sono figo, lo sai. Devo mantenere la mia reputazione.”
Harry sorride, annuendo. “Davvero figo. Il ragazzo più figo che non va a scuola,” mormora in un sussurro, ma il sorriso svanisce altrettanto velocemente.
In ogni caso, Louis tiene duro.
“Esatto. Ma, il fatto è che non ti mentirei mai su questo. Sul mio… su di me. E su di te. Non mentirei mai su me e te. Tu mi piaci. Mi piaci più di quanto mi piaccia io stesso. Mi piaci un sacco – tanto quanto lo stufato di tua mamma.” Di nuovo, Harry ride, un po’ più forte, un po’ più rilassato. “E Liam può essere un perfetto idiota a volte e abbiamo un’amicizia parecchio complicata” – la bocca di Harry si piega di nuovo – “ma ti prometto che è tutto qui – per me è solo uno stupido idiota e niente più. Non lo vedo da quasi un mese perché siamo… Non lo so. Ai ferri corti, un pochino. Lo sto evitando, in realtà, perché ultimamente sto avendo dei ripensamenti sulla nostra amicizia in generale.” Deglutisce, sentendo una scarica di ansia alla sincerità dell’affermazione. Non l’aveva ancora ammesso a sé stesso ed eccolo qui, a dirlo a Harry. Senza esitazione. Ma continua, ignorando il brusio dentro di sé. “E anche perché, lo sai… Passo tutto il mio tempo con te, no?” Sorride, sfiorando con le nocche il mento di Harry. Il gesto lo fa sorridere come una pesca e Louis si scalda all’istante. “E, per la cronaca, Liam sa benissimo che io e te siamo amici. Sta solo facendo lo stronzo.”
Ma il viso di Harry è di nuovo impassibile, il sorriso svanito istantaneamente.
“Amici?” ripete. Sembra che l’abbiano appena schiaffeggiato. “Io e te siamo amici?”
“Ehm,” Louis sbianca, la mente che si blocca. Merda. Merda merda merda. Mayday, mayday. “Più che amici? Amici speciali? Ehm…”
Ancora una volta, il viso di Harry si abbatte. “Giusto. Capisco.” Con quello, chiude il suo libro con veemenza, la copertina che sbatte nel silenzio, tutto il suo corpo teso e pronto a scattare.
“Ehi, ehi, ehi,” si affretta a dire Louis, sconcertato, mentre stringe più forte le dita attorno ai polsi di Harry prima che si alzi. “Okay, okay, aspetta… per favore. Solo… Aspetta. Faccio… Faccio schifo in queste cose, wow.” Si passa una mano veloce tra i capelli.
L’espressione di Harry è dura. “Sì. Fai schifo,” gli dice apertamente, la voce fredda. Ma i suoi occhi si sono ammorbiditi di tristezza, e i pensieri di Louis sono avvolti in una spirale di panico, il suo cuore ferito e il corpo non funzionante. Deve rimediare a questo casino.
“Grazie,” fa un debole tentativo, tenendo ancora stretto Harry e sentendosi ancora un casino di spazio vuoto e ansia.
Harry non risponde.
Bene, allora.
“Okay,” respira, forzando le parole ad uscire. Qualsiasi cosa andrà bene. Ha solo bisogno di parlare. “Okay, allora. Quindi. Chiaramente… Cioè. Non siamo solo amici, ovviamente. Harry, cazzo.” Sospira, massaggiandosi le tempie con dita nervose. “Tu mi piaci. Un sacco, okay? Mi piaci.” È terrificante da dire in modo così sincero. Ma Louis ignora il terrore. Perché deve. “E non mi comporto così con i miei amici, te lo prometto. Non lo farei mai. È solo che…” Si schiarisce la gola, concentrandosi sul legno granuloso del tavolo piuttosto che sugli occhi penetranti di Harry. “Faccio davvero, davvero schifo in questo, okay? Tipo, sinceramente schifo in tutta questa situazione. Non so che parole usare, o-”
“Che ne dici di ‘ragazzo’?” domanda Harry, deciso. “Perché non riesci a dire che sono il tuo ragazzo?”
Gesù Cristo in croce.
Louis sbianca, alzando lo sguardo, spaventato. “Ragazzo,” ripete, sentendo il sangue defluire dal suo viso.
Stanno succedendo così tante cose. Perché questa è così importante?
Harry annuisce, incrociando le braccia, una smorfia profonda sulle labbra. “Sì. Ragazzo. Perché non mi puoi chiamare così?”
“Io- io… Be’. Cioè, potrei…”
“Perché non vuoi?”
“Non è quello…” cerca di dire Louis, pallido, debole, e inerme, le mani ora strette attorno allo stomaco.
“Louis,” dice Harry, duro. Sembra dispiaciuto, turbato. “Pensavo che lo fossimo? Non capisco…” Sembra indifeso ora, giovane e confuso. “Pensavo di esserlo,” conclude a voce bassa, debolmente, e abbassa lo sguardo, l’intero volto a terra.
Porca merda.
“Ma lo sei,” farfuglia Louis senza pensare, in preda al panico e terrorizzato dall’improvviso cambio degli eventi. “Lo sei. Ovvio che lo sei. Sono solo… Harry, non sono bravo con queste cose, lo sai? Non sono, tipo, esperto in questo, ehm, gergo, o quel che è. Non ho mai… Non ho mai avuto…” Sospira, frustrato. Imbarazzato. “Sono nuovo a questo genere di cose, okay? Non mi interessa come ci chiamiamo, sinceramente non me ne frega un cazzo. Tutto quel che so è che mi piaci, mi piaci veramente, e voglio stare con te. In tutti i modi possibili.”
“Cosa vuol dire che sei nuovo a questo genere di cose?”
Louis deglutisce, lanciando un’occhiata ai bordi consumati delle sue maniche. Scrolla le spalle. “Non ho mai avuto un… ragazzo prima, tutto qui.” Contrae la labbra, notando con la coda dell’occhio la sorpresa proveniente da Harry. “Niente di che,” aggiunge rigidamente, senza motivo.
“Non hai mai…?” domanda Harry, scioccato.
“No, tecnicamente no. Mai per, tipo… Non sono mai rimasto per più di una settimana o due, grossomodo.” Sa quanto suoni orribile. Cristo. Tossisce e distoglie lo sguardo.
Harry lo sta guardando intensamente. “Ma sei rimasto con me?”
“Sì, certo. Ovvio.”
“Ma perché?”
“Perché sei diverso, no?” soffia Louis, sia imbarazzato che frustrato. Non è bravo in queste cose, questo è davvero l’inferno. Ma comunque… lo farà per Harry. Se ne deve fare una cazzo di ragione. “Non penso che tu capisca quanto io sia serio quando dico che mi piaci, Harry. Tu mi piaci. E a me non piace nessuno, okay? Quindi, tipo… Non voglio rovinare tutto questo. E voglio fare le cose nel modo giusto. È solo che non so cosa sto facendo, il che rende tutto un po’ complicato. Probabilmente manderò tutto a puttane e dirò stronzate che non vorrei dire. Ma tu mi piaci e voglio essere il tuo… il tuo ragazzo, o quel che è.” Il suo viso va a fuoco ad ogni parola. Si sente come un preadolescente, Cristo. “Ma ci sto provando. Davvero.”
Il silenzio che segue è riempito solo dal sangue che pulsa nelle orecchie di Louis.
Dopo un attimo di troppo, Louis alza lo sguardo. Non può rimanere sospeso nell’incertezza un secondo in più.
Quando Harry sorride, prova a trattenerlo e nasconderlo nel petto, le braccia ancora incrociate. Ma sta sorridendo. E poi guarda verso Louis, un rossore imbarazzato sulle sue labbra. “Mi dispiace,” dice dopo qualche altro secondo. “Ho avuto una specie di crollo nervoso.”
“Be’,” Louis scrolla le spalle ma sorride, sollievo che si accumula sullo stomaco. Grazie, grazie. “Potresti aver avuto un momento, sì. Va tutto bene. Dio solo sa quanti ne ho avuti io.”
“Sono davvero il tuo primo ragazzo?”
Oh, Gesù. Ci risiamo.
“Be’, sì,” Louis fa spallucce, fingendo indifferenza anche se il suo collo è bollente per l’imbarazzo. “Tipo, la mia prima cosa seria. Sì.”
Harry sorride così intensamente da essere quasi preoccupante. “Anche tu sei il mio primo ragazzo. Primo bacio e tutto il resto.”
A quello Louis sbatte le palpebre, l’espressione che si addolcisce immediatamente perché lo sapeva, sì che lo sapeva. Ma è bello sentirselo dire.
“Davvero?”
“Davvero.” Quindi immagino che sia questo il motivo per cui… non so. Immagino che sia il motivo per cui mi sono spaventato. Mi piaci davvero, davvero tanto, Louis. Non mi sono mai sentito così prima d’ora.”
Non mi sono mai sentito così prima d’ora.
Louis vorrebbe aggiungere un ‘neanche io’ ma la biblioteca è così silenziosa, troppo silenziosa, e la sua voce suona già sfinita ed esile e lui si sente un po’ sopraffatto. Quindi trattiene il commento tra le labbra, lasciando invece che un sorriso languido si formi sulla sua bocca, osservando Harry attraverso le ciglia. “Sì? Vuoi tenermi con te?”
Harry ridacchia, caloroso. Inclina la testa e allunga una mano per allacciarla a quella di Louis. “Sì,” strascica in un basso cinguettio. “Sei mio di diritto.” Stringe le sue dita, sorridendo in modo ebete.
Dio. Questo ragazzo.
“Bene, allora,” Louis annuisce, conclusivo. “Ora ho un posto dove stare.” Le labbra fremono in un sorrisetto ma il commento fa addolcire l’intero volto di Harry, i suoi occhi socchiusi e circondati da fin troppe ciglia, arricciate delicatamente.
Si scambiano i sorrisi in silenzio, semplici e decisi, una strana sorta di soddisfazione ad avvolgerli.
“Quindi…” continua Louis dopo un secondo o due, il sorriso che svanisce mentre la sua voce cala. Ha bisogno di conferme. Tiene lo sguardo fisso su Harry, intensamente. “Sei tranquillo con la questione di Liam? Sinceramente? È tutto a posto?
“Sì,” Harry annuisce, immediato. “Ho capito. Mi fido di te, Louis.”
Le viscere di Louis si torcono bruscamente alla sincerità delle parole, alla calma fiorita sul viso di Harry. È probabilmente la sua coscienza che sta facendo la sua comparsa. Dato che ha chiaramente lasciato la sua testa molto tempo fa, deve essersi spostata nello stomaco di Louis. Adorabile.
Annuisce, facendo una smorfia. “Ci sei solo tu, lo sai,” commenta in tono vago, sperando che la sua sincerità compensi in parte il tradimento. “Non me ne frega un cazzo di nessun altro. Solo di te.”
E quelle parole? Quelle parole sono sincere.
“A me frega degli altri. Ma ci sei solo tu anche per me,” Harry sorride, il tono scherzoso.
Louis non riesce a fare a meno di sorridere, i piccoli sibili d’ansia che si placano un po’. “Bene. Questo è quello che voglio sentire, cucciolo.”
“Anche io, mousling.”
E, come se niente fosse, Louis sbraita, l’umore ulteriormente risollevato. “Oi!” si lamenta, pizzicando la pelle morbida del polso di Harry. Lui strilla di gusto (ricevendo qualche occhiataccia nella loro direzione) mentre Louis si avvicina con la sedia, conficcando con poca convinzione le dita tra le costole di Harry. “Non sono un mousling! Sono un Super Topo!”
Harry sta sogghignando, soffiando fuori una risata. “Okay, Mighty Mouse. Me ne farò una ragione.”
“Oh, sta’ zitto.”
E poi si stanno baciando, nella biblioteca, la maglietta di Louis sulle sue cosce e il nome di Liam a pizzicargli la gola mentre cerca di scacciare il pensiero, concentrandosi solamente sulla sensazione delle labbra di Harry sulle sue. Perché in questo momento è tutto ciò che conta.
 
**
 
Quando si salutano, è con un abbraccio che dura troppo, inframezzato da troppi baci e capelli tirati.
“Stanotte distribuiremo i dolcetti per Halloween,” dice Harry, ancora avvolto attorno a Louis. Il suo viso è distante solo qualche centimetro, gli occhi puntati sulle sue labbra. Gli spazi personali non esistono più con questo bimbo. “Sarà solo una nottata intima e tranquilla. Sei libero di unirti a noi quando hai finito di lavorare. Ti darò un dolcetto.” Il suo tono è speranzoso, malizioso e sincero. Solo Harry riesce a fondere tutte queste emozioni senza difficoltà.
“Nessuno scherzetto però, giusto?” domanda Louis, un sopracciglio alzato. Sistema le sue mani più a fondo sui fianchi di Harry, le pieghe della giacca a grattargli i pollici. “Solo cose belle?”
“Solo cose belle per il mio ragazzo,” promette Harry, arrossato dal freddo, e sorride mentre annulla dolcemente le distanze tra loro ancora una volta, labbra fredde premute contro labbra fredde. Un bacio a stampo prima di scostarsi, il sorriso sempre più radioso. “Mi scrivi?”
“Sì,” annuisce Louis, il cuore in gola mentre osserva aumentare l’ombra sulle labbra di Harry. “Ti scrivo quando ho finito. Ci vediamo dopo, cucciolo.”
Altri tre baci.
E poi si separano, le labbra di Louis ancora calde.
 
**
 
“Okay, amico. Io me ne vado,” urla Louis, abbassandosi le maniche mentre recupera la sua giacca. Il telefono vibra contro la sua coscia. Probabilmente è Harry.
Stan alza lo sguardo da dove sta trasportando gli sgabelli, uno straccio scolorito sulla spalla. Gli lancia un sorriso stanco, annuendo. “Va benissimo, amico. Ci vediamo. Felice Halloween,” aggiunge con un sorrisetto in ombra. Le luci nel pub sono tenui; tutto è giallo-arancio e macchiato di fumo, tutto è silenzioso e deserto.
Louis fa un mezzo sorriso, tirando fuori il telefono dalla sua tasca. “Anche a te, ovviamente.” Lancia un’occhiata allo schermo – yep. Harry.
Scrivimi quando sei per strada! Ti ho conservato i tuoi preferiti :)) x
Ovvio che l’ha fatto. Louis sorride.
“Okay, okay – porta il tuo culo innamorato fuori dal mio pub così posso chiudere, ti spiace? Scrivi al tuo ragazzo da qualche altra parte,” Stan ride, cacciando Louis con lo straccio, e Louis può solo ridere a sua volta mentre esce, ignorando valorosamente il desiderio di alzare gli occhi al cielo. Stan delle volte è proprio un coglione.
È proprio mentre Louis mette piede fuori dal bar e invia una risposta (‘Arrivo tra poco. Mi aspetto il meglio, cucciolo’) che qualcosa si muove nell’ombra alla sua destra.
Rimette immediatamente il telefono in tasca, strizzando gli occhi verso la sagoma informe che la luna offuscata e le luci di merda del pub gettano sul marciapiede.
Non passa molto prima che i suoi occhi si abituino all’oscurità.
Non passa molto prima che la figura di Liam Payne entri nella visuale, il suo corpo muscoloso e asciutto appoggiato contro il muro del pub.
“Cazzo,” sussurra Louis, forte abbastanza per essere sentito dall’altro ragazzo, mentre volta la testa dall’altra parte, irritato, le spalle che si curvano.
Cazzo. Cazzo merda cazzo. Ora non è il momento per questo. Harry lo sta aspettando, è esausto da un’altra noiosa serata di alcolizzati di mezza età con la testa dura, ora non è il momento per questo.
“Ciao anche a te, Louis,” dice la voce di Liam, ma è calma ed è più bassa del solito e non è per niente come Louis se l’aspettava.
Sorpreso, inarca un sopracciglio, spostando lentamente lo sguardo verso la figura ricurva e in ombra. Le mani di Liam sono nelle sue tasche, la testa è piegata appena verso il basso, le sopracciglia unite. Una piccola smorfia gli imbroncia le labbra, la barba appena più lunga del solito. Sembra fuori luogo e, be’ – normale. Sembra un essere umano. Un adolescente.
È allarmante e Louis non è sicuro che gli piaccia.
“Qual è il tuo problema?” grugnisce Louis, brusco e diretto perché Harry lo sta aspettando e fuori fa freddo. E non vuole affrontare la questione. Non adesso.
Ma Liam ignora la domanda, staccandosi invece dal muro con la stessa aria di sfinimento che si potrebbe trovare in qualcuno con almeno quarant’anni in più. Sembra vecchio e scricchiolante, stanco e arrabbiato. Più debole, in qualche modo.
“Mi stai ignorando, Louis.”
Sì, ovvio.
Ma Louis rimane in silenzio, limitandosi a fissarlo con le labbra contratte.
Questo sembra agitare ulteriormente Liam, le sopracciglia inarcate, le labbra che minacciano di dispiegarsi. Distoglie lo sguardo, artigliando le mani tremanti contro i jeans. Louis osserva ogni movimento, impassibile e confuso e stanco, desiderando che ogni cosa sia più semplice, molto più semplice. Desiderando di potersene andare in questo preciso istante.
“Fumi?” offre Liam, la voce che adotta un tono spontaneo che di solito padroneggia in modo naturale. Allunga il pacchetto verso Louis, gli occhi intensi, scuri. Si fondono con l’atmosfera.
Louis, da parte sua, rimane in silenzio, prima di scuotere la testa, solo una volta. “No, grazie. Ho smesso.”
E la mano di Liam si abbassa come un peso morto, ogni contegno che abbandona il suo volto. “Eh?” domanda, colto chiaramente alla sprovvista.
Louis si limita a scrollare le spalle. “Ho smesso,” ripete, distogliendo lo sguardo, lasciando che si posi sul pezzetto di fiume che riesce a vedere, attraverso gli edifici fatiscenti e i binari del treno. “Cominciava a irritarmi.”
Liam si limita a fissarlo.
Dopo alcuni attimi di silenzio, Louis si muove. Il suo telefono vibra e attraversa il silenzio, il fascio di luce che si riflette nell’oscurità che li circonda. E Louis vuole guardarlo, è mosso dall’istinto di guardare perché sa che è Harry, ma qualcosa nel modo in cui Liam lo sta fissando lo trattiene. Qualcosa nel suo corpo afflosciato, nella tensione della sua gola, nelle borse sotto gli occhi. Qualcosa lo trattiene.
“Sei qui per un motivo, Liam? O passavi semplicemente di qua? Perché dovrei proprio andare,” sospira, desiderando di sembrare più impaziente di quanto in realtà si senta. Sfortunatamente, ci sono fitte di curiosità, forse pietà, che gli attraversano lo stomaco.
Probabilmente sono solo sentimenti latenti. Da prima – prima di Harry. Probabilmente sono gli ultimi residui della presa di Liam su Louis. Tutto qui. Deve diventare più forte. Se vuole tentare di ottenere un lieto fine, deve diventare più forte di così.
Ma comunque, Liam rimane in silenzio, osservando Louis con un’espressione indecifrabile. Poi muove un passo nella sua direzione. I piedi di Louis sono piantati nel terreno.
“Ti vedi con lui?” La voce di Liam è debole. Quasi triste. “È per questo che devi andare? Ti vedi con lui?”
Improvvisamente, il mondo sembra molto, molto più freddo. La gola di Louis sembra rivestita di ghiaccio. “Liam…”
“Doveva essere un gioco, Louis,” dice poi, quasi disperato, una forte connotazione nella sua voce. Muove un altro passo in avanti. “Doveva essere il nostro gioco. Non è successo ancora niente e tutto quello che hai fatto è stato fottertene dei miei piani e ora fai persino finta di non conoscermi, cazzo. E adesso devi vederti con lui, persino adesso, quando non hai fatto un cazzo per tutto questo tempo. Ma che cazzo, Louis?”
Louis deglutisce, serrando i pugni mentre abbassa lo sguardo. Digrigna i denti. Troppe parole vorrebbero uscire fuori. Non è sicuro su quali dovrebbe dire.
Liam in questo momento sembra fragile, stanco e indifeso. Il freddo ha spruzzato di rosa le sue guance, i suoi occhi sono neri e vitrei, e il suo corpo è adornato dai soliti vestiti puliti che odorano di troppa colonia, ma è goffo e scoordinato e tutto ciò che lo riguarda è incerto ed è snervante, cazzo.
“Di questo passo otterrà lui la borsa di studio. Brenton ne prende solo uno, Louis. Uno.”
Silenzio. Louis non si azzarda a muoversi.
“Sai quanto è importante per me.”
Louis chiude gli occhi, più forte che può. Fa male e gli fa tremare le palpebre ma non gliene frega un cazzo. È troppo in questo momento. Troppo.
Ancora una volta regna il silenzio, il più pesante che Louis abbia mai sentito. È denso e pungente, tossico, si insinua nello spazio tra loro e si aggrappa alla loro pelle, alle loro gole, ai loro occhi. Sta bloccando le narici di Louis. È soffocante, cazzo.
“Lui ti piace?” sbraita Liam all’improvviso, e un lampo attraversa le sue pupille. Cazzo. Non si deve incazzare. Louis deve assicurarsi che non si incazzi. Non ancora. Non può ancora distruggere tutto.
“Liam…”
“Ti ho fatto un cazzo di domanda, Louis. Sì o no. Lui ti piace? È di questo che si tratta? È questo il motivo per cui non hai fatto ancora un cazzo? Non riesco a capire, Louis – sei solo pessimo nel tuo lavoro o sei diventato un finocchio del cazzo? Ti sei preso una cotta? Per il fottuto Harry Styles?”
Okay, allora. Liam è furioso.
Il che, ovviamente, non è una sorpresa. Louis se lo aspettava. È quello che fa Liam quando non sa come gestire le sue emozioni – si incazza da morire. E vuole vendetta. Vuole appagamento. E questo – questo è quel che Louis deve evitare a tutti i costi.
Liam non può vendicarsi ora. Deve essere placato. Solo per un altro po’. Il pensiero pugnala Louis, lo fa sentire debole e deplorevole (ma è quel che è, no?) ma deglutisce, scuotendo la testa mentre le sue mani tremano e sudano, il freddo che penetra nelle sue ossa.
“No,” dice sottovoce, scuotendo la testa, ma deve chiudere gli occhi, abbassare la testa così che nessuno debba vedere questa cazzata. Il messaggio di Harry è lì nel suo telefono, nella sua tasca, le parole che premono contro la coscia di Louis, e lui sta mentendo su Harry, fingendo che sia meno di quel che è in realtà (tutto) e Louis è un fottuto disastro in questo momento ma deve farlo. Ha bisogno che questo funzioni e in questo momento, non può lasciare che Liam si incazzi. Non può rovinare tutto, non ancora. Non può, va bene? “Liam, è complicato ed è difficile da spiegare ma, no. No. Solo – non preoccuparti. Ce l’ho in pugno.” Deglutisce, alzando lo sguardo su Liam. Sembra terrorizzato, arrabbiato, esausto. Louis prova a non sbattere le palpebre, ignorando il prurito nella sua gola. “Ce l’ho in pugno,” dice piano.  Se la sua voce si incrina, lo ignorano entrambi.
Un lungo silenzio si espande tra loro. Tira, sottile, minacciando di lacerarsi. Ma poi Liam muove un passo in avanti, annuendo una sola volta, e a Louis non sfugge la debole patina lucida nei suoi occhi. È assurdo, cazzo, è quel che è. Louis non l’ha mai visto in questo stato prima d’ora.
È tutto così sbagliato.
“Va bene, Lou,” dice piano, annuendo ancora una volta. Solleva una mano, premendola sulla guancia di Louis. È fredda, incerta. Sembra tossica e Louis ha voglia di vomitare, sentendosi immediatamente avvelenato.
Si dice che questo è giusto, che deve accadere. Che è indispensabile se alla fine dei conti sarà per il loro bene.
“Devi farcela,” continua Liam, piano, deciso. “Lo distruggerai, giusto? È di questo che si tratta? Sei ancora dalla mia parte, vero?”
Louis non incrocia il suo sguardo. Annuisce, brusco e coinciso.
“Saremo una coppia magnifica, io e te,” conclude Liam con dolcezza prima che la sua mano cali, e sembra come un pugno nello stomaco di Louis.
Tutto questo è così, così, così incasinato. Ha mandato tutto a puttane. Sente come se stesse per soffocare.
“Devo andare, Liam,” dice con voce strozzata mentre si allontana di un passo, desiderando di poter strisciare via da se stesso.
Lo sguardo di Liam si incupisce per un attimo. “Da lui?” domanda, perché non riesce semplicemente a lasciargli i coglioni in pace, vero?
“Devo andare,” è tutto quello che Louis dice in risposta, e prima che Liam possa raggiungerlo o supplicarlo o lanciare qualche altro macigno del cazzo al debole muro di Louis, Louis si gira sui tacchi, allontanandosi nella notte con un panico che si spande attraverso gli arti e fa battere debolmente il suo cuore.
Il cielo è nuvoloso, la luna perlopiù oscurata, e sembra che lo osservi con pietà mentre si avvia verso casa di Harry, la presenza di Liam ancora concreta dietro di lui.
 
**
 
Quando Louis finalmente arriva da Harry, il panico si è placato in qualcosa di più simile a vergogna e torpore. Vergogna intorpidita, forse. È un flusso costante di malessere e quiete, qualsiasi cosa sia. È consolidato anche sul suo volto, così quando Harry gli apre la porta, a Louis riesce difficile sorridere, gli riesce difficile respirare e rilassarsi quando Harry immediatamente lo attira a sé per un bacio.
Ovviamente Harry se ne accorge, tirandosi indietro con piccole rughe di preoccupazione tra le sopracciglia.
“Lou?” gli chiede, sfregando una mano calda e morbida sulla fronte di Louis. È immediatamente rilassante e piacevole e Louis si affloscia appena, lo sguardo catturato da qualche parte oltre la spalla di Harry.
Non riesce ancora a parlare, non quando si sente come un’infida sanguisuga del cazzo, quindi prova a sorridere mentre sfrega la sua mano lungo il braccio di Harry, intrecciando le sue dita con le proprie.
Qualsiasi cosa ci sia nel suo viso adesso dev’essere abbastanza per Harry da capire di non insistere. Non spinge, non fa domande, si limita a stringere la mano di Louis mentre rimangono sotto la luce del portico all’entrata, Harry caldo e presente, osservandolo con occhi silenziosi e supportandolo con mani salde.
“Possiamo sederci, per favore? Solo io e te? Possiamo sederci qui?” chiede alla fine Louis. Suona distante, spento. Per niente affascinante come al solito.
Harry annuisce all’istante, con calma e comprensione. “Possiamo stare seduti per sempre, se vuoi. Ho un sacco di dolci.” Louis lo osserva con occhi stanchi mentre Harry sorride con dolcezza, sciogliendosi dalla presa per allungarsi verso l’ingresso, ritirandosi poi per rivelare un cestello enorme tra le sue mani. Sta strabordando. Louis non riesce a trattenersi dal ridere, solo un pochino. “Potrai mangiarli tutti e io ti terrò al caldo. Nessuno parlerà con noi. Sarà bello.”
È un tipo proprio strano. Un completo idiota. Louis sorride, apertamente.
“Sarà bello,” concorda, tirando Harry verso i gradini freddi del portico. Si sistemano, Louis che immediatamente si appoggia al fianco di Harry, pesante e scoordinato. Ma non gli importa – vuole solo sentire il calore del corpo di Harry, vuole solo sentirsi confortato e al sicuro per questo breve periodo di tempo prima che tutto collassi su se stesso.
Harry avvolge le sue lunghe braccia attorno a lui, tirandoselo ancora più vicino. Sente il suo naso tra i suoi capelli, sente il suo corpo curvarsi per avvolgersi attorno a lui, e sente il battito regolare del cuore di Harry. È più che piacevole. Louis sospira.
“Hai un modo tutto tuo per farmi sentire meglio,” dice piano, la bocca storta dalla manica del maglione di Harry, dove il braccio è premuto contro la sua guancia. “È strano e non lo capisco. Ma ci sai fare.”
Sente Harry sorridere. “È perché siamo viola,” dice a bassa voce, un sorriso nella sua voce. “Il viola è chiaramente il colore migliore, sai. E, tipo, non puoi crearlo senza il rosso e il blu, giusto? Quindi io sono il blu e tu sei il rosso e tu hai bisogno di me per diventare viola. Proprio come io ho bisogno di te. Per diventare migliore.” E Louis riesce quasi a sentire l’orgoglio sulle sue labbra.
Harry pensa di essere così sveglio. Louis vorrebbe non esserne così attratto.
“Un giorno scriverò tutte le cazzate che dici,” mormora Louis, ma volta la testa per un bacio, un tocco rapido di labbra fredde e umide. Ma Harry preme per averne ancora, lo fa sempre, e questo fa sorridere Louis, lo fa star bene; lascia quindi che Harry lo baci mentre stringe la presa, le loro guance e i loro nasi a contatto che diffondono un po’ di calore.
“Mi piaci,” dice Louis, piano, piccoli soffi d’aria che fuoriescono dalle sue labbra. Tiene gli occhi chiusi, senza allontanare la testa. La frase suona triste.
“Anche tu mi piaci,” sorride Harry, sfregando i loro nasi. Piccolo bastardo adorabile. “E mi piace quando lo dici. È bello.”
Mh. Lo è, nevvero?
Lentamente, Louis apre gli occhi, concentrandosi sul ragazzo di fronte a sé. Il miscuglio di verde scuro e grigio delle sue iridi. Le linee sfocate a causa della vicinanza, a causa della notte.
“Voglio che resti,” dice, triste.
Probabilmente dovrebbe smettere di parlare. Adesso si sta solo autocommiserando e potrebbe dire qualcosa che non dovrebbe.
Quindi si morde le labbra e distoglie lo sguardo, accoccolandosi maggiormente nell’abbraccio di Harry.
“Resto,” dice Harry, ma c’è una punta di confusione nella sua voce. “E spero che anche tu resti. Non hai ancora visto il mio giardino come si deve.”
Louis ride sul suo petto. Risuona come delle fusa.
“Devi restare, vedi? Devi,” protesta Harry nelle sue orecchie, facendo dondolare entrambi sotto la luce del portico, sulla pietra fredda dei gradini.
“Lo spero,” mormora Louis a voce molto, molto bassa, e lascia cadere l’argomento.
Passano il resto della notte avvolti come due pacchi regalo, aprendo cioccolatini e liquirizia e caramelle gommose, lanciandosi i dolcetti mentre osservano le nuvole passare davanti alla luna, canticchiando canzoni e parlando sottovoce. Si rifiutano di cedere alla stanchezza ed è tutto ciò che Louis vuole, che non ha mai saputo di volere.
Ed è tutto ciò che spera davvero di poter tenere.
 
 





 
Note di traduzione:
- Mousling: è il nome di bruttissimo animale, che dovrebbe essere simile a un topo. Come alcune di voi sanno, sono stata indecisa fino all'ultimo se tradurre topolino o lasciarlo in inglese. Mi è stato consigliato di lasciare la versione originale, se volete sapere di cosa si tratta, cercate nelle immagini di Google! E non spaventatevi :P
Capiche?: l'ho lasciato in originale perché presumo si capisca lo stesso, fa parte del dizionario urbano. La traduzione, ovviamente, è “Capisci/Do you understand?”
- Pumpkin: altro cruccio esistenziale. Come sapete, vuol dire zucca, ma informandomi meglio, ho scoperto che è anche un modo affettuoso di chiamarsi tra fidanzati, che può essere tradotto come amore o tesoro. Ho optato per la prima, dato che Louis si vergogna del fatto che Harry lo chiami così davanti a Zayn e Niall (e io ci sono morta dieci volte di dolcezza, non so voi <3 )
- Cane di Pavlov: da Wiki -> "Pavlov approntò la fase di condizionamento: dava da mangiare al cane ogni qualvolta si presentava il suono del campanello. Dopo varie ripetizioni, lo stimolo del campanello si trasformava in stimolo condizionato capace di produrre da solo una risposta, questa volta condizionata, di salivazione."
- Mighty Mouse: è un cartone animato, traducibile in italiano come Super Topo.









Dopo dieci, lunghissimi giorni, eccomi qui con il nuovo capitolo!
Tra fluff e angst credo mi sia venuto il diabete (e un odio spropositato per Liam, di nuovo), ma spero vi sia piaciuto!
Sono tornata due giorni fa da Londra ma non ho avuto il tempo materiale per postarla, considerando che ho finito di tradurre ieri sera. E' stato un viaggio matto e disperatissimo (la traduzione, sì... ma anche Londra non scherza! xD)
Grazie a Giadina che è stata un fulmine a betarmela. Probabilmente tra qualche giorno potrete trovare qualche altra minima correzione, perché Sole mi ha abbandonata per la vita reale (ma insomma, dico, come osi?). Ero indecisa - sono sempre indecisa, oh - se aspettare o postarvela comunque, ma poi ho pensato che avrei ricevuto minacce di morte (ciao Fede!), quindi... eccola qui.
Per il prossimo spero di farvi aspettare meno :)
All the love,

Giulia
  
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