Su invito di Silente, Kaito si chinò sul
bacile. L’interno era cambiato, ora poteva vedere riflesso l’ufficio in cui si
trovava. Mentre si stava chiedendo quando i ricordi fossero diventati
trasparenti, senza preavviso, il preside gli spinse la faccia verso il
Pensatoio fino a fargli toccare i suoi ricordi con la punta del naso. L'ufficio
di Silente sussultò con violenza, come se ci fosse stato un forte terremoto: Kaito
fu scagliato in avanti e precipitò a testa in giù dentro il bacile...
Istintivamente alzò le braccia per
proteggersi il volto, ma non urtò contro il fondo di pietra come si sarebbe
aspettato. Stava cadendo dentro qualcosa di gelido e nero; era come essere
risucchiati in un gorgo oscuro...
E poi finì, senza che Kaito sapesse dire esattamente
come. Si ritrovò in piedi, più o meno nella stessa posizione in cui era poco
prima.
«Tutto bene?»
Kaito si sentiva ancora le orecchie tappate
e il cervello un po’ annebbiato: «Sì... più o meno... ma... cos’è successo?»
Si guardò intorno.
«Dov’è Fanny?»
Silente gli sorrise: «Non c’è ancora.»
«Eh?»
Fu quando si voltò verso il preside che
trasalì. Davanti a lui c’erano...
«D-due Silente?»
Uno dei due, quello con la barba più lunga
e più bianca, sorrise: «Te l’ho detto, stiamo esplorando i miei ricordi. Quello
seduto alla scrivania è solo il ricordo che ho di me stesso. Non può vederci né
sentirci, né interagire con noi in alcun modo, perché esegue solo una parte ben
definita.»
Osservandolo con più calma, in effetti,
Kaito notò che aveva meno rughe rispetto alla controparte che lo aveva
accompagnato. Era seduto alla sua scrivania e aveva l’aria seria. Appoggiato il
mento sul dorso delle mani, ascoltava con attenzione un ragazzino seduto di
fronte a lui.
Il Silente più anziano sorrise: «Questo
ricordo risale a circa venticinque anni fa, forse qualcosa in più. Osserva con
attenzione il mio interlocutore. Forse faticherai un po’ a inquadrarlo, ma è
una persona che conosci bene.»
Kaito si spostò leggermente per poterlo
vedere in viso. Era un ragazzino con i capelli castani dal volto pallido e
smunto, un po’ imbarazzato. Sì, aveva un’aria un po’ familiare, ma non riusciva
a riconoscerlo.
Il Silente d’epoca parlò: «Allora, come
stai, Remus?»
Kaito sbarrò gli occhi: «Remus? Remus... Lupin?»
L’uomo annuì: «Il professore di Difesa
contro le Arti Oscure che ha insegnato in queste mura l’anno scorso, esatto. In
quest’epoca era ancora uno studente... mi pare fosse al terzo anno, sì. Ogni
tanto eravamo costretti a fare degli incontri per il suo “problema mensile”. Dopotutto,
era il primo studente affetto da licantropia dell’istituto.»
Kaito annuì. Lupin stava raccontando un po’
delle notti passate nella Stamberga Strillante, un posto che ricordava fin
troppo bene.
«Mi scusi... per quanto sia interessante
vedere Lupin più o meno alla mia età... perché me lo sta mostrando?»
«Perché è da qui che cominciò tutto.»
«Da Lupin?»
«No, da qualcuno che dovrebbe arrivare tra
poco...»
Il ragazzo scosse la testa. Ormai gli era
chiaro che il preside voleva fare il misterioso e che difficilmente gli avrebbe
fatto cambiare idea. Sospirò. Più tempo passava e meno...
Fu talmente improvviso che Kaito ebbe
bisogno di un paio di secondi per realizzare l’accaduto.
Con un fortissimo schiocco, una figura
comparve dal nulla una trentina di centimetri sopra la scrivania di Silente.
Quasi subito la forza di gravità fece il suo dovere e il malcapitato si ritrovò
a precipitare di pancia urlando sulla superficie dura e piena di oggetti
spigolosi sotto di lui. Kaito fece una smorfia di dolore empatico, mentre il
Silente del passato e Lupin si allontanarono di scatto dalla scrivania. In un
secondo il professore si schierò di fronte al giovane studente, sguainando la
bacchetta.
La figura, rimasta per un pochino immobile
sulla scrivania, si mosse lentamente imprecando dal dolore. Il giovane, per
così dire, preside alzò un sopracciglio e spinse ancora più indietro Lupin,
lanciandolo praticamente fra le braccia di Kaito. Il ragazzo allungò le braccia
per afferrarlo al volo, ma il giovane Remus gli passò
attraverso come fosse un fantasma.
Il Silente al suo fianco gli sorrise:
«Ricordi? Non possono interagire con noi.»
Prima che potesse rispondere, Kaito fu
attirato dalla voce del nuovo arrivato, che, pur dando loro le spalle,
faticosamente si era messo seduto e si stava guardando intorno: «Ahia, che male... ma cosa...»
Il prestigiatore trasalì. Quello non era
inglese. Era...
Il giovane Silente gridò con voce ferma e
tonante: «Fermo!»
La figura alzò di scatto le mani in segno
di resa, evidentemente spaventato. Si voltò lentamente per vedere chi gli
stesse parlando e a quel punto Kaito sentì venirgli meno le gambe. Il ragazzo
comparso dal nulla, anche se aveva le spalle decisamente più larghe delle sue,
i capelli più lisci e composti e degli strani abiti, sembrava quasi essere la
sua fotocopia.
«Ma... cosa...»
Il giovane Silente lo ignorò: «Chi sei e
come sei arrivato qui?»
Il ragazzo reclinò la testa, sorpreso,
rispondendo in giapponese: «Inglese?
Perché mi sta parlando in inglese?»
Il preside assunse un’aria minacciosa:
«Rispondimi.»
Il nuovo arrivato lo guardò spaventato e,
alzando ancora più in alto le mani, rispose in uno stentatissimo inglese: «Per
favore, dove sono?»
Silente non abbassò mai la bacchetta:
«Nella scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.»
Il ragazzo sembrò essere ancora più
spaventato: «In che Stato?»
Il giovane preside lo guardò incuriosito:
«Regno Unito.»
L’ultimo arrivato lo guardò sorpreso e
spaventato, per poi borbottare nella sua lingua: «Oh, caspita... questa volta l’ho fatta grossa... come lo spiego alla Hanakazawa che arriverò in ritardo a lezione perché sono
finito dall’altra parte del mondo?»
«Ora tocca a te rispondere. Chi sei e come
sei arrivato qui?»
Il ragazzo deglutì, evidentemente confuso,
parlando a scatti, per pensare bene la traduzione di ogni parola: «Mi... mi
chiamo Kuroba Toichi, e vengo dalla no mahō sukūru... cioè, la
scuola di magia e stregoneria di Mahoutokoro a Hokkaido, in Giappone. Quanto all’altra domanda... vorrei
saperlo anch’io.»
Un tonfo fece girare Silente. Le ginocchia
di Kaito avevano ceduto definitivamente e il ragazzo si era ritrovato a terra,
il volto impassibile ma bianco cadavere. Il preside s’inginocchiò di fianco a
lui.
«Stai bene?»
Kaito scosse la testa: «No... non è
possibile... papà... non può...»
Silente gli mise una mano sulla spalla,
sorridendo comprensivo: «È il motivo per cui ho preferito farti vedere questa
scena. Non avresti creduto alle mie parole.»
Non riusciva a crederci neanche in quel
momento, a dirla tutta. Una parte di lui si rifiutava con tutto se stesso di
accettare quello che stava vedendo. Silente continuò a sorridergli.
«Se non ci credi è positivo.»
«Eh?»
«Lo capirai. Anche se so che per te non è
una buona notizia, questa è solo una piccola parte, e forse anche la più
insignificante, delle rivelazioni che riceverai questa sera.»
Kaito sbarrò gli occhi: «Ah...
incoraggiante...»
Il ragazzo presentatosi come Toichi Kuroba, intanto, si era messo in piedi e stava
cercando di orientarsi. I suoi abiti erano molto curiosi, una via di mezzo fra
gli abiti tipici dei maghi inglesi e un kimono, evidentemente la divisa della
scuola che aveva nominato.
Il giovane Silente si avvicinò preoccupato:
«Cosa stavi facendo prima di ritrovarti qui?»
Toichi fece una smorfia, preoccupato: «Ehm...
ecco... c’è un mio amico più grande che ha cominciato il corso di
Smaterializzazione... gli ho chiesto di farmi vedere come si faceva e... mi
sono ritrovato qui.»
Remus prese per la prima volta la parola: «Sì,
ma perché proprio qui?»
Il ragazzo scosse la testa: «Non lo so...»
Silente lo guardò pensieroso: «A cosa stavi
pensando quando ti sei Smaterializzato?»
Kaito sbarrò gli occhi: «No... non
dirmelo...»
Toichi sbottò: «Ma io non volevo neanche
Smaterializzarmi! Pensavo solo di girare su me stesso, tutto lì! Volevo solo
prenderlo in giro!»
Il preside lo incoraggiò, sorridendo: «A
cosa stavi pensando?»
Il ragazzo arrossì leggermente. Nel vederlo
Kaito provò un po’ di tenerezza. A quanto pareva suo padre non aveva ancora
sviluppato la faccia da poker.
«Ai compiti da fare... e al prossimo
incontro dei mondiali di Quidditch, Inghilterra VS Giappone...»
Silente annuì: «Stavi pensando alla scuola e all’Inghilterra e... ti sei ritrovato nella scuola inglese. Corretto?»
«A quanto pare...»
«Va bene. Provvederò immediatamente a
mandare un gufo al preside Nabe perché tu possa
tornare al più presto a casa. Gentilmente, Remus,
potresti fare compagnia al nostro ospite durante la mia assenza?»
Il giovane Lupin si risollevò dai suoi
pensieri: «Eh? Ah, sì, certo! Non si preoccupi!»
Il preside uscì e Toichi
e Remus si ritrovarono soli e visibilmente
imbarazzati. Alla fine Lupin porse una mano all’altro.
«Mi chiamo Remus
Lupin.»
L’altro ricambiò il gesto, aggiungendoci un
leggero inchino: «Kuroba Toichi.»
«Ehm... qual è il nome e quale il cognome?»
Il ragazzo giapponese rise: «Il mio nome è Toichi. Quel professore di prima ha un’aria molto
autorevole, ma è anche gentile...»
«Chi, il professor Silente? Sì, in effetti
sì.»
«Che materia insegna?»
«Lui è il preside.»
Toichi avvampò: «Oh! Non bastava essere atterrato
sulla scrivania di un professore straniero, pure del preside! Peggio di così
non potevo fare...»
I due ragazzi si guardarono per qualche
secondo e risero.
Kaito si voltò verso il suo Silente, scuro
in volto: «Ecco perché Lupin si è offerto subito di farmi quelle lezioni
private e perché sapeva esattamente quale fosse il mio problema! L’aveva
sentito direttamente da mio padre!»
Il preside annuì: «Esattamente. Il
professor Lupin si è offerto di sua volontà di aiutarti a migliorare le tue
capacità. Concorderai con me che il signor Twycross
difficilmente avrebbe saputo aiutarti nella maniera migliore. Neanche il
professor Lupin, in realtà, era uno specialista nel campo, ma si è impegnato al
massimo per aiutarti.»
Kaito guardò la scena, poi esclamò: «Un
attimo! Come fa lei a ricordarsi questa scena se non c’è?»
L’uomo indicò la porta alle sue spalle: «Mi
ritieni davvero così sconsiderato da lasciare uno studente con una persona
comparsa dal nulla? Ero dietro la porta e osservavo tutto da una fessura nel
legno, pronto a intervenire al primo segnale di pericolo. Il gufo lo feci
mandare dal vicepreside dell’epoca.»
«Ah...»
Kaito tenne per sé che in ogni caso mandare
tre studenti allo sbaraglio in una missione temporale come aveva fatto l’anno
prima non gli era sembrato il massimo della responsabilità. Non era il punto principale
della discussione. Tornò a guardare suo padre e il giovane Lupin mentre
facevano amicizia. Ancora non riusciva ad accettare quello che stava vedendo
come realmente accaduto. Lo considerava né più né meno come un film ben
realizzato.
Silente continuò: «Ma alla fine tuo padre
era davvero chi diceva di essere. Il giorno successivo uno dei suoi professori
venne a prenderlo, facendomi mille scuse da parte del preside Nabe e di tutta Mahoutokoro e per qualche anno pensai che la storia fosse finita lì. Mi sbagliavo.»
«Cosa intende dire?»
Kaito non ebbe il tempo di finire la frase
che tutto intorno a loro cambiò. Le voci di Toichi e
Lupin si fecero remote; l’ufficio si stava dissolvendo come se fosse fatto di
fumo. Tutto sbiadiva, il ragazzo riusciva a distinguere solo i loro corpi,
tutto il resto era oscurità vorticante...
Pochi secondi dopo si ritrovò in un altro
ambiente. Era l’ingresso di Hogwarts, ed era sera. La pioggia battente
picchiettava alle finestre, confondendo il suo rumore con il crepitio del fuoco
nel camino. Kaito si guardò intorno. C’era nuovamente Silente, accompagnato da
alcuni professori, la maggior parte sconosciuti. Riconobbe giusto un Vitius molto più giovane.
Il suo accompagnatore intervenne: «Abbiamo
fatto un salto di quattro anni.»
«Cosa sta succedendo?»
«Stiamo attendendo una delegazione
straniera. Me lo ricordo bene, quell’anno, fu l’unico in cui tentammo un
esperimento innovativo, purtroppo mai rinnovato.»
«Di cosa si trattava?»
«Scambio interculturale di studenti. I più
meritevoli di ogni scuola potevano scegliere un altro istituto in terra
straniera in cui passare un intero anno scolastico. Io fui uno dei promotori
dell’iniziativa.»
Kaito sorrise nel vedere i baffi di Silente
fremere d’orgoglio.
«Quattro studenti di Hogwarts, uno per
Casa, frequentanti il sesto o settimo anno, partirono per l’estero. Il nostro
istituto accolse tre studenti, uno proveniente da Durmstrang,
uno dalla scuola di Uagadou, in Burkina Faso, e
l’ultimo...»
Le porte si spalancarono di colpo, facendo
trasalire Kaito dalla sorpresa. Quattro uomini entrarono con passo spedito ma
elegante, tanto che, avvolti nei loro larghi kimono e con quei alti cappelli,
simili a quelli dei sacerdoti nei templi shintoisti, sembravano fantasmi neri
che fluttuavano sul pavimento. Con un sincronismo perfetto, i quattro
s’inchinarono.
«La no mahō sukūru Mahoutokoro ringrazia sentitamente per l’onore che ci fate nell’ospitare
uno dei nostri studenti.»
Il Silente dei ricordi s’inchinò a sua
volta: «Siamo noi ad essere veramente onorati che uno dei vostri studenti abbia
scelto il nostro istituto.»
In una coreografia perfetta, i quattro
professori si aprirono a ventaglio rivelando uno studente ancora chino, prima
completamente coperto. A differenza degli altri, gocciolava un po’, segno che
aveva preso parte della pioggia che imperversava fuori. Silente attese che il
ragazzo si alzasse, ma quello rimase immobile. Uno degli insegnanti allora
intervenne: «La disciplina nella nostra scuola è molto rigida. Se lei non gli
darà il permesso di rialzarsi, lui non lo farà.»
Il preside, forse un po’ imbarazzato dalle
differenze culturali, disse: «Ti prego, alzati pure e presentati.»
Il ragazzo a quel punto ubbidì, rivelando
un sorriso familiare, un primo accenno di baffetti e un inglese decisamente più
sicuro: «Sono Toichi Kuroba, signore, e sono davvero
molto felice di rivederla.»
Il Silente al fianco di Kaito sorrise
intenerito: «Devo ammetterlo, non mi sarei aspettato di rivedere tuo padre e,
soprattutto, di rivederlo da studente. Fu una gradita sorpresa.»
Prima che Kaito potesse parlare, l’ambiente
cambiò ancora. Erano tornati nell’ufficio del preside. Ora c’erano solo lui e Toichi, vestito con la tipica divisa di Hogwarts.
«Questo incontro avvenne un paio di giorni
dopo. Nel frattempo tuo padre era stato Smistato, ovviamente, in un’apposita
cerimonia eccezionale. Era finito a Corvonero.»
Il giovane Silente si rivolse allo studente
che aveva di fronte: «Allora, Toichi, ti stai
ambientando ad Hogwarts?»
«Oh sì, la ringrazio. Sono stato davvero
felice di ritrovare Remus, dopo anni passati a
sentirci solo via gufo è stato bello vedersi di persona, anche se siamo in due
Case diverse.»
«Vedo che non hai mai dimenticato la tua
piccola avventura.»
Toichi scosse la testa: «Oh, neanche un po’.
Prima del mio... errore, non avevo
mai pensato che potessero esistere altre scuole oltre a Mahoutokoro. Quando sono tornato mi sono informato su
come funzionasse questa scuola e l’ho trovata davvero interessante. Quando ho
scoperto della possibilità di poter frequentare un anno qui, mi sono impegnato
al massimo per migliorare i miei voti e il mio inglese e poter tornare ad
Hogwarts, stavolta legalmente.»
«Hai poi indagato sulla tua misteriosa
Smaterializzazione?»
Il ragazzo fece una smorfia, abbassando lo
sguardo: «Non mi è stato permesso. Come forse avrà notato, la mia scuola è
piuttosto... intransigente. Esiste
una regola e tutti devono uniformarsi, altrimenti le pene sono severe. Per il
mio errore di qualche anno fa venni punito per tre mesi e da allora ho il
divieto assoluto di riprovarci. Mi venne ripetuto molte volte che avevo
disonorato l’intero istituto andando a disturbare addirittura una scuola
straniera.»
Silente sorrise: «Ma tu non hai disturbato
affatto, anzi.»
Toichi lo guardò sorpreso e il preside continuò:
«La tua apparizione mi ha dato l’occasione di fare qualche ricerca e di
scoprire cose molto interessanti.»
«Davvero?»
«Sai perché mi sono spaventato la prima
volta che ti ho visto, tanto da puntarti la bacchetta addosso?»
Il ragazzo scosse la testa e il professore
continuò: «In quasi tutte le scuole e i luoghi sensibili, e in questo edificio
in particolare, sono stati apposti incantesimi particolari per impedire a
chiunque di smaterializzarsi all’interno.»
«Davvero?»
«Eppure tu, se sei stato sincero la prima
volta che ci siamo visti, senza alcun impegno, limitandoti a girare su te
stesso, senza nemmeno tentare una vera e propria Smaterializzazione, ti sei
ritrovato qui, in questo ufficio, dall’altra parte del mondo, beffandoti dei
secolari incantesimi di protezione di Hogwarts.»
Toichi avvampò: «Mi... mi dispiace ancora.»
Silente ridacchiò: «Dispiacerti? Devi
esserne orgoglioso!»
«Eh?»
L’uomo si alzò e raggiunse l’altro lato
della scrivania, per poi mettere una mano sulla spalla del ragazzo: «Toichi, il tuo è un dono molto raro. Per trovarne traccia
ho dovuto consultare libri antichissimi, risalenti a secoli e secoli fa.»
Kaito si avvicinò, quasi senza rendersene
conto, e Silente lo lasciò fare. Si era ormai quasi immedesimato totalmente nel
ragazzino seduto che doveva essere suo padre, ed era impaziente di conoscere la
risposta alla domanda che lo tormentava da mesi.
«Ci sono maghi che, oltre a nascere dotati
di magia, hanno in sé dei doni speciali, come i Metamorfomagus,
che possono cambiare aspetto a loro piacimento, o i Rettilofoni,
in grado di parlare con i serpenti, tanto solo per citare i più famosi. Molte
altre capacità sono andate perdute nei secoli, tante persino cancellate dalla
memoria collettiva. In qualche antico manoscritto ho trovato traccia di persone
impossibili da imprigionare, in grado di smaterializzarsi e materializzarsi in
qualunque luogo, indipendentemente dagli incantesimi apposti.»
«Come... come ho fatto io?»
«Esatto. Parlavano anche di altre capacità
interessanti, come potersi materializzare da una persona conosciuta anche senza
sapere dove essa si trovi... ti è mai capitato?»
Toichi sembrava confuso: «No, non credo... non ci
ho più provato... ma non capisco. Che io sappia, nessuno nella mia famiglia ha
questa capacità.»
Silente gli sorrise: «Forse si è
risvegliata casualmente in te, dopo essere rimasta dormiente per secoli. Forse
potresti anche non essere il solo al mondo in grado di farlo, ma qua si entra
nel mondo delle mere supposizioni, perché non mi è giunta notizia di altre persone
con il tuo dono. Però, se accetti un consiglio da un povero vecchio mago...»
Il ragazzo lo guardò perplesso: «Povero
vecchio mago non direi! Da quel che so, il suo curriculum non è quello di un
uomo comune.»
Il preside ridacchiò: «I titoli non sono
nulla, credimi. Ma indipendentemente dal mio curriculum, il mio consiglio
spassionato è quello di esercitarti nella Smaterializzazione, magari
approfittando dell’ambiente... meno
rigido, se mi consenti la definizione, di questa scuola rispetto a Mahoutokoro. Se non ti senti abbastanza sicuro,
possiamo trovare chi possa aiutarti, nelle prime fasi. Non sei obbligato a
rispondermi subito, chiaramente.»
Toichi lo guardò sospettoso: «È solo per questo
che mi ha mandato a chiamare?»
«Assolutamente no, ci mancherebbe altro.
Puoi chiedere anche ai due studenti che sono venuti con te, anche loro si sono
seduti su quella sedia. Era il prossimo argomento che ero intenzionato ad
affrontare.»
Silente tornò a sedersi dietro la sua
scrivania. Kaito rimase dietro suo padre.
«Cercando, con qualche difficoltà, di farti
frequentare un anno che fosse corrispondente a quello che avresti frequentato a
Mahoutokoro, sei stato iscritto al settimo anno.
Normalmente, ad Hogwarts, gli ultimi due anni lo studente può scegliere di
concentrarsi solo su alcune materie che riterrà potranno essergli utili negli
anni a venire. Nonostante avessi avvertito i presidi di Durmstrang,
di Uagadou e di Mahoutokoro, gli altri due studenti stranieri non sapevano nulla di
questa eventualità e quindi hanno scelto i corsi da frequentare durante il
colloquio con il sottoscritto. Solo nel tuo caso ho ricevuto una lettera di
risposta con già segnati i corsi che avevi scelto.»
Silente mise sulla scrivania una lettera,
ma Toichi non alzò lo sguardo dalle ginocchia.
«Dimmi la verità, nemmeno tu eri stato
informato di questa possibilità, vero?»
Il ragazzo impiegò un po’ di tempo a
rispondere: «No, signore.»
«Quindi sono stati i tuoi professori a
scegliere per te.»
«Avranno fatto la scelta che ritenevano più
idonea alle mie capacità, signore.»
Kaito notò il cambiamento nel tono di voce
del padre. Era più basso, remissivo, un tono che non ricordava di avergli mai
udito, in vita. Inoltre, era passato quasi subitaneamente a un modo più formale
d’esprimersi, come se si fosse improvvisamente ricordato di essere di fronte a
un preside.
Davanti agli occhi stupiti di Toichi, Silente strappò la lettera.
«A me non interessa cosa vogliano i tuoi
professori per te. Io voglio sapere cosa tu
vuoi dalla tua vita.»
Il ragazzo guardò i pezzi di lettera con
occhi sbarrati: «Posso... posso scegliere? Davvero?»
Silente annuì: «Nella mia scuola tutti gli
studenti hanno le stesse possibilità. Dunque, se tutti possono scegliere, devi
poterlo fare anche tu.»
Il volto di Toichi
quasi s’illuminò e il professore continuò: «Visto che ti sei informato così
bene, saprai già qual è l’offerta formativa di quest’istituto. Quali sono le
materie che t’interessavano di più?»
Il ragazzo rispose quasi senza pensare:
«Incantesimi e Trasfigurazione, senza dubbio! E Pozioni, magari. Poi... no,
quelle materie non posso farle...»
«Spiegami qual è il problema.»
«Vede, avete due materie che nella mia
scuola non vengono insegnate. Tuttavia, è impensabile che possa iniziarle ora,
all’ultimo anno.»
«E perché mai? Anche lo studente di Uagadou non ha mai frequentato Erbologia,
eppure abbiamo trovato una soluzione che gli permettesse di affrontare la
materia da zero. Possiamo trovare un modo anche per te. Dimmi, Toichi, quali sono queste due materie?»
Il ragazzo era un po’ titubante: «Una è
Difesa contro le Arti Oscure.»
Silente sollevò un sopracciglio: «A Mahoutokoro non viene insegnata?»
«A noi insegnano direttamente le Arti
Oscure. La logica è che se veniamo attaccati con una maledizione, dobbiamo
difenderci usando altre maledizioni. Ma so che qui usate una logica
differente.»
«Infatti.»
«Vorrei provare un punto di vista diverso.
Vede... non sono molto bravo con le maledizioni, è un po’ il mio punto debole.
Forse il vostro metodo potrebbe essere più adatto a me.»
Il preside sospirò: «Come sono diverse le
culture... quello che da te è considerato un “punto debole”, come lo hai
definito tu, da noi sarebbe un punto di forza. Va bene, possiamo
tranquillamente trovare una soluzione per Difesa contro le Arti Oscure. L’altra
materia?»
«Se si può, mi piacerebbe vedere Babbanologia. Ho avuto modo, qualche anno fa, di vedere
come i Babbani considerano la magia e l’ho trovato
affascinante.»
Silente si mostrò curioso: «In che senso?»
«Mi è capitato di vedere per strada uno di
quelli che i Babbani chiamano “maghi”. Non hanno
ovviamente nulla di magico come lo intendiamo noi, sia chiaro, ma ho trovato
davvero fantastico come senza usare la magia facessero cose straordinarie!
L’estrazione del coniglio dal cilindro, in particolare... solo che da me è
considerato un disonore approfondire il mondo Babbano...»
Kaito si strinse con tutte le sue forze
alla sedia dov’era accomodato il padre. Fino a quel momento aveva pensato che
fosse uno strano scherzo ben architettato dal preside, ma per la prima volta in
quei ricordi ritrovava un dettaglio che quadrava con quello che conosceva di
suo padre e che in teoria Silente non poteva sapere. Non credeva, infatti, che
suo padre avesse raccontato a chicchessia l’episodio che gli aveva fatto
conoscere la prestidigitazione, l’incontro casuale per strada quand’era bambino
con un mago che aveva estratto un coniglio da un cilindro e glielo aveva fatto
accarezzare.
Il Silente del passato sorrise: «Non vedo
alcun problema. Il tempo di mettermi d’accordo con un paio di insegnanti e
potrai frequentare i corsi da te scelti.»
Toichi s’inchinò: «La ringrazio tantissimo,
professore. E per quanto riguarda la sua proposta... prometto che ci penserò.»
In quel momento Kaito si voltò verso il suo
Silente: «Un attimo! C’è una cosa che proprio non quadra!»
«Cosa?»
«I
tempi! Se quello è davvero mio padre, dovrebbe avere quasi la mia età, ma è
impossibile! Akako ha frequentato la scuola di magia prima!»
Silente annuì: «C’è stata una riforma
scolastica in Giappone, quindici anni fa. Attualmente Mahoutokoro è frequentata da bambini fra i cinque e i
dieci anni, ma all’epoca di tuo padre l’età andava dai tredici ai diciotto
anni.»
Kaito sembrava essere confuso: «Io... io
non so più cosa pensare. Si rende conto che lei sta cercando di cancellare
tutto quello che so su mio padre?»
«Lo so. Ma stasera avrai tutte le tue
risposte.»
Di nuovo vennero avvolti dall’oscurità, ma
quando essa si diradò l’ambiente non era cambiato. Il Silente dei ricordi era
sempre seduto alla sua scrivania.
Il Silente del presente invece disse:
«L’anno che Toichi trascorse ad Hogwarts gli mostrò
un mondo che lui non aveva neanche potuto immaginare. L’ambiente rigido e
tradizionale di Mahoutokoro prevedeva che i figli fossero addestrati
per svolgere il lavoro dei padri o, in caso di maghi di origine Babbana, il ruolo che fosse più utile alla società. Nella
nostra scuola imparò che c’era una possibilità di scelta per tutti, e credo che
fosse l’insegnamento più prezioso che si portò a casa. Tuttavia, non fu privo
di conseguenze, anche gravi. Alla fine dell’anno scolastico tornò in Giappone
per conseguire il suo diploma e pensai che non l’avrei rivisto più. Mi sbagliai
ancora.»
In quel momento qualcuno bussò alla porta.
Il giovane Silente trasalì. Impugnò la bacchetta e, tenendola nascosta sotto
gli abiti, rispose: «Avanti.»
L’uomo che aprì la porta era già
chiaramente riconoscibile come il Toichi Kuroba che
Kaito aveva conosciuto e amato. L’altezza e la corporatura erano già ben
definite, e i suoi tipici baffetti perfettamente a posto. Era vestito
elegantemente, con abiti che avrebbero tranquillamente potuto essere Babbani. Doveva avere all’incirca venticinque anni.
«È permesso?»
Silente lo guardò sorpreso: «Toichi! Toichi Kuroba!»
L’uomo sorrise: «Sì, sono io. Può mettere
via la bacchetta, non ha sentito scattare il gargoyle
di guardia perché mi sono permesso di smaterializzarmi direttamente sulla sua
porta.»
Il preside ubbidì, ancora sconvolto: «Non
mi aspettavo di rivederti ancora.»
«Nemmeno io, in realtà.»
Silente fece accomodare il suo ospite e gli
offrì della Burrobirra. Dopo essersi rinfrancato, Toichi si decise a spiegare il motivo della sua visita: «Mi
trovo nuovamente da lei per chiederle aiuto.»
«Non per la Smaterializzazione, vedo che
anche senza il mio supporto hai imparato benissimo ad utilizzarla.»
«Già, ormai è una cosa che mi viene
perfettamente naturale. No, vede... ho lasciato il Giappone. Credo per sempre.»
«Cosa?»
«Gliel’avevo detto che sono rimasto
affascinato dal mondo Babbano. Ho deciso di
trasferirmi nel loro mondo per poterli studiare meglio e per poter scrivere un
trattato di Babbanologia aggiornato, ma... mio padre
non ha preso bene la notizia. Per nulla. Ha detto che anche se a scuola ero uno
dei migliori, ero diventato il disonore della famiglia, e che non ero degno di
dividere la sua stessa aria e la sua stessa terra. L’ho preso in parola e mi
sono smaterializzato qui. Se cercassi di tornare indietro mi maledirebbe, come
minimo. Questa volta l’ho combinata un po’ grossa, nel mio Paese disobbedire in
questo modo ai genitori e alla tradizione è il peggiore dei disonori, punibile
anche con la morte. Ma io...»
Toichi si prese la testa fra le mani, sospirando:
«... io sono stufo di obbedire a bacchetta a tutti e sono stufo di queste
stupide tradizioni che ci trasciniamo dietro! Un mondo che non cambia è
destinato a morire, perché nessuno vuole capirlo? Voglio essere io ad avere le
redini della mia vita!»
Silente gli mise una mano sulla spalla: «È
un desiderio del tutto legittimo per un uomo. Per di più tu sei proprio
l’emblema del cambiamento.»
«Lei è l’unico che abbia mai capito questo
mio bisogno. Può aiutarmi in questo momento di transizione?»
La voce di Silente alle sue spalle fece
trasalire Kaito: «Lo aiutai. Ad Hogwarts avevamo una cattedra vacante, proprio
quella di Babbanologia. Gliela affidai. Fu un ottimo
professore, ma quasi nessuno oltre ai suoi studenti se lo ricorda, perché nei
corridoi lo si vide poco. Appena poteva si smaterializzava fra le strade di
Londra, a studiare i Babbani e, credo, in Giappone a
controllare segretamente le sorti dell’anziano padre, ma di questo non ebbi mai
la conferma. Un paio di anni dopo decise definitivamente di trasferirsi fra le
persone non dotate di poteri magici. Era diventato un ottimo prestigiatore e
aveva scoperto di poter vivere di quella professione. Mi lasciò il suo recapito
e per un po’ si trasferì in America ad esercitare il mestiere, promettendomi
che un giorno avrebbe saldato il suo debito verso di me. Un giorno fui
costretto a riscuotere quel favore.»
L’ambiente cambiò ancora. Si ritrovarono in
una casa che Kaito non conosceva, ma che era piena di oggetti da prestigiatore
che invece gli erano molto familiari. Toichi, in
piedi appoggiato a un muro, con le braccia incrociate, aveva un’aria
decisamente preoccupata nel rivolgersi a uno stanco Silente seduto su una
sedia.
«Voldemort,
dice? No, non l’ho mai sentito.»
«Un tempo si chiamava Tom Riddle. La sua fama non è ancora giunta fin qui, allora,
per fortuna.»
«Non è detto. Sono fuori dai giri magici da
molto tempo, ormai. Quasi non uso più la mia bacchetta di ciliegio.»
«In Inghilterra, invece, ha già un buon
numero di seguaci. Predica concetti come la purezza del sangue, la supremazia
dei maghi sui Babbani e...»
Toichi lo interruppe: «Penso di conoscere la solfa.
Molti di questi luoghi comuni sono alla base della tradizione magica
giapponese.»
«Spero che a Mahoutokoro non predicassero anche di sterminare i maghi di origine Babbana.»
L’uomo lo guardò impassibile: «No,
ovviamente no. La magia, in Giappone, è da rispettare in ogni sua forma.»
Silente lo guardò e sorrise tristemente:
«Sei cambiato, Toichi. Qualche anno fa ti saresti
scandalizzato per questa notizia.»
Il prestigiatore sorrise: «Oh, ma lo sono,
professore, e tremendamente. Solo ho imparato che spesso è meglio non far
trapelare troppo le proprie emozioni. Ha mai giocato a poker? Il mondo Babbano non è meno spietato di quello magico e giocare a
carte scoperte spesso può essere letale.»
Kaito sorrise, rassicurato. Vedere per
tutto quel tempo suo padre senza la sua faccia da poker era stato quasi un
piccolo shock.
Silente annuì: «D’accordo. Voldemort sta
creando un vero e proprio esercito parallelo per diffondere la propria
ideologia. Si fanno chiamare Mangiamorte e stanno
prendendo il controllo del Paese con ogni mezzo, lecito e soprattutto
illecito.»
«Se la conosco anche solo un pochino, lei
non è stato con le mani in mano.»
«Infatti. Sto creando a mia volta
un’organizzazione segreta, l’Ordine della Fenice.»
«Bel nome! I maghi che rinascono dalle loro
stesse ceneri...»
Silente sorrise: «In realtà ho adottato da
poco uno stupendo esemplare di fenice. Si chiama Fanny, una volta dovresti
proprio venire nel mio ufficio a vederla.»
«Non mancherò, ma ora immagino sia più
interessato al mio... raro dono, come
lo definì lei stesso anni fa. Non vedo altri motivi per cui avrebbe dovuto
raggiungermi fino in America.»
«In effetti sì. All’Ordine della Fenice un
dono come il tuo sarebbe molto utile.»
Toichi sorrise un po’ tristemente: «Temo di non
essermi sbagliato sul suo conto, molti anni fa...»
Con un sospiro, si alzò dal muro: «E va
bene, l’aiuterò, gliel’ho promesso, dopotutto. Ma questo non vuol dire che
rinuncerò alla vita che mi sono costruito qui.»
«Pensi di poterla gestire?»
L’uomo ridacchiò, schioccando le dita e
facendo apparire un giglio bianco: «Il
nuovo Toichi Kuroba è molto diverso da quello che ha
lasciato Hogwarts, vedrà.»
«Spero non troppo diverso, perché a me il
vecchio Toichi piaceva molto.»
«La base è sempre quella, può stare
tranquillo.»
«Bene, perché il primo piacere che ti devo
chiedere al vecchio Toichi non sarebbe dispiaciuto.»
Silente gli sorrise malinconico: «Puoi
aiutarmi a ritrovare un vecchio amico?»
L’uomo alle spalle di Kaito aggiunse: «Remus si era ritirato a vita privata, in isolamento per
essere sicuro di non aggredire nessuno durante le sue crisi di licantropia. Con
l’aiuto di Toichi lo ritrovammo e coinvolgemmo anche
lui nell’avventura dell’Ordine. Il suo dono poteva garantire al professor Lupin
di poter “sparire” in luoghi sicuri nei momenti più pericolosi, e di ritornare
subito dopo in attività. Remus poté così recuperare
la parvenza di una vita normale. Tuo padre, invece, non era un membro fisso.
Non partecipava a tutte le riunioni, in compenso era un’ottima spia. Aveva
imparato a cambiare perfettamente aspetto senza usare la pozione Polisucco e poteva sparire al primo segnale di pericolo.
Nessuno, nemmeno nell’Ordine, sapeva di quella sua particolarità, a parte me e Remus. Quel periodo fu anche uno dei più prolifici per la
sua carriera da prestigiatore. Divenne famoso, tanto che alla fine decise di
tornare a stabilirsi nella sua patria, il Giappone, ma rigorosamente nella
società Babbana. Era sparito per così tanto tempo dal
mondo magico che sembrava che nessuno si ricordasse di lui, e ne fu ben felice.
Fu in quel periodo che conobbe tua madre a Parigi, durante una tournee, e
iniziò la sua carriera come Kaito Kid.»
Silente rovistò un attimo nelle tasche,
fino a tirare fuori una vecchia fotografia Babbana,
perfettamente immobile. Kaito aveva visto spesso una copia di quell’immagine.
Era la foto del matrimonio dei suoi genitori. Adesso poteva riconoscere fra gli
invitati anche Lupin e Silente.
«Toichi non mi ha
mai spiegato esattamente perché si
fosse messo a fare il ladro. Io disapprovavo la sua scelta, ma l’unica cosa che
mi disse fu che era necessario per proteggere la sua amata, e che Kaito Kid
agiva solo per amore. Non so cosa potesse aver mai fatto Chikage
per spingerlo a comportarsi così, ma dovetti ammettere che erano una bella coppia.
Una donna fuori dagli schemi per un uomo che aveva completamente rivoluzionato
la sua vita pur di non farsi condizionare da niente e da nessuno.»
Kaito invece conosceva quella storia. Sua
madre, un tempo, era una famosa ladra conosciuta come Phantom
Lady. Incontrò suo padre durante un furto sulla Tour Eiffel e fu amore a prima
vista, tanto che lui, letteralmente, la rubò all’organizzazione che la
controllava. Per cercare di distrarre l’attenzione dalla figura di Phantom Lady e far andare in prescrizione i suoi reati,
inventò il personaggio di Kaito Kid usando come base quello che avrebbe dovuto
essere un costume di scena per un suo spettacolo e coinvolgendo il povero Jii, già all’epoca il suo assistente. Sua madre da allora,
che lui sapesse, era tornata a una vita onesta, mentre suo padre aveva
cominciato la sua carriera di ladro, che poi lui aveva ereditato. Ed era vero,
Kaito Kid agiva solo per amore, prima quello di Toichi
per Chikage, e poi quello di un figlio verso il
proprio padre. Quei dettagli, però, erano il più grande segreto della sua
famiglia. Il solo fatto che Silente ne fosse parzialmente a conoscenza diede a
Kaito la dolorosa prova che tutto quello che aveva visto, per quanto
incredibile, potesse essere vero.
«Nonostante fosse costantemente diviso fra
i suoi spettacoli, i furti, le missioni per l’Ordine e la vita coniugale, Toichi mi sembrava felice come mai in vita sua. Ma poi
tutto cambiò nuovamente...»
La scena si annebbiò ancora. Erano tornati
per l’ennesima volta nell’ufficio di Silente. Il preside era in piedi di fronte
al camino, e dava loro le spalle. Kaito si aspettò di sentire bussare alla
porta, ma questa volta essa venne spalancata brutalmente. Ad entrare fu un Toichi Kuroba totalmente fuori di sé, completamente
dimentico di qualunque faccia da poker.
«Silente! Silente! Le devo dare una
notizia!»
Il preside si voltò: «Anch’io.»
L’uomo era talmente eccitato da non fare
caso all’espressione a dir poco mesta del preside: «Oh, non ci crederà mai, è
una notizia fantastica! Ancora non ci credo!»
Silente gli rivolse un mezzo sorriso.
Qualunque cosa dovesse dirgli, Toichi era troppo
entusiasta per ascoltarlo.
«Dimmi.»
«Chikage... Chikage è incinta! Aspettiamo un bambino! Sarò padre!»
Kaito arrossì, rendendosi conto che si
stava parlando di lui, mentre, al contrario, Silente impallidì di colpo e Toichi lo guardò confuso: «Non... non è una notizia
magnifica?»
Il preside si lasciò cadere su una
poltrona: «Questa... questa è allo stesso tempo la migliore e la peggiore
notizia che potessi darmi.»
Solo a quel punto Toichi
sembrò rendersi conto della situazione e recuperò la sua faccia da poker:
«Cosa... cos’è successo?»
Silente lo guardò serio: «Ti hanno
scoperto.»
L’uomo sbarrò gli occhi: «Quando?»
«L’ultima volta al Ministero. Il punto da
cui sei scappato... per poco, per pochissimo, ma eri già entrato nella zona
interdetta alla Smaterializzazione.»
L’uomo sospirò e prese a sua volta una
sedia: «Conoscono già la mia identità?»
«Secondo i miei informatori no, ma è
questione di tempo. Hanno scoperto che esiste qualcuno in grado di
Smaterializzarsi ovunque e faranno di tutto per portarti dalla loro parte,
anche a costo di lanciarti un Imperius. Dopotutto, è
il metodo con il quale hanno preso il controllo di metà del Ministero. Per ora
a salvarti ci sono solo le tue abilità di trasformista, ma spero che bastino,
lo spero con tutto il cuore, per te... e per la tua famiglia, a questo punto.»
«Pensi che potrebbero prendere Chikage in ostaggio per farmi lavorare per loro?»
«Chikage e il bambino. Toichi...»
Silente si lasciò sfuggire un sospiro e
fissò dritto negli occhi l’uomo, con lo stesso sguardo con cui un padre
preoccupato si rivolge al figlio: «... hai mai pensato alla possibilità che tuo
figlio possa avere la tua stessa capacità?»
Toichi lo guardò sorpreso: «No... nessuno nella
mia famiglia ce l’ha, non ho mai creduto che potesse essere ereditaria... lei
sostiene che...»
«Non possiamo escludere questa possibilità.
Forse si è risvegliata con te e da questo punto in poi potrebbe essere
trasmissibile, chissà.... dopotutto, il Serpentese è
ereditario, per esempio.»
«E allora?»
Silente mise una mano sulla spalla di Toichi: «Dovremo essere ancora più prudenti. C’è molto,
moltissimo in gioco, ora.»
«C’è la vita di mio figlio.»
«Non solo. Nel malaugurato caso che
Voldemort riesca a portartelo via... c’è in gioco il destino dell’Inghilterra e
non solo.»
Lo sguardo di Toichi
s’indurì di colpo e l’ambiente cambiò ancora.
Si ritrovarono sempre ad Hogwarts, ma in un
corridoio nei dintorni del settimo piano. Il Silente dei ricordi stava parlando
con Gazza della pulizia dei sotterranei e quello reale commentò: «Non credo che
scorderò mai quel giorno di giugno di diciotto anni fa. L’anno scolastico si
era appena concluso e questa fu un’enorme fortuna per tutti. Credo che fu allo
stesso tempo il giorno più bello e più stressante della vita di tuo padre.»
Uno schiocco violento fece voltare tutti i
presenti, reali e ricordi. Toichi sosteneva a fatica Chikage, che, esausta, teneva una mano sul pancione.
«Silente! Ci hanno scoperti!»
Il preside guardava la coppia sconvolto: «Toichi... ma... Chikage non
può...»
Il prestigiatore era fuori di sé dalla
rabbia e urlò contro il preside agitando la bacchetta: «NON M’IMPORTA CHE MIA
MOGLIE SIA BABBANA E SE POSSA ENTRARE QUI O MENO! SILENTE, L’HANNO ATTACCATA!
HO VISTO CON I MIEI OCCHI I MANGIAMORTE LANCIARLE CONTRO LE CRUCIATUS! LE
CRUCIATUS CONTRO UNA DONNA VISIBILMENTE INCINTA, TI RENDI CONTO??? QUESTO ERA
L’UNICO POSTO DOVE NON POTEVANO RAGGIUNGERCI, PERCIÒ ME NE FREGO DELLE REGOLE DI HOGWARTS QUANDO C’È DI MEZZO LA VITA
DELLA MIA FAMIGLIA, CHIARO?»
Kaito sussultò sorpreso. Non aveva mai
visto il padre arrabbiato, neanche una volta. Anche a lui era capitato di
perdere le staffe qualche volta, ma mai a quei livelli. Si sentì sollevato, in
parte. Allora anche a lui poteva capitare di perdere la faccia da poker.
Il Silente dei ricordi decise di
soprassedere allo shock di avere una Babbana dentro i
confini di Hogwarts e cercò di calmare l’ex allievo: «D’accordo, Toichi, d’accordo. Sei sicuro che vi abbiano scoperti?»
«Quale altro motivo avrebbero avuto dei Mangiamorte inglesi di venirci ad attaccare a casa, in
Giappone?»
L’uomo annuì: «Va bene. Per fortuna la
scuola ora è libera, possiamo...»
Chikage, pallidissima e con gli occhi sbarrati, tirò
violentemente la manica del marito: «Tesoro?»
Toichi, seppur stressato, trovò la forza di
sorridere alla moglie: «Scusami, cara, non è il momento, è urgente?»
«Direi di sì, credo che in tutto quel
parapiglia si siano rotte le acque.»
Gli uomini presenti impiegarono quasi una
decina di secondi per afferrare il senso della frase.
«Cara, vuoi dire che...»
La donna annuì, sofferente: «Credo di
essere in travaglio.»
«Credi
o sei sicura?»
Chikage sbottò: «È il mio primo bambino, non ho
molta esperienza in proposito, ma i nove mesi sono quasi passati e inizio
veramente a sentirmi male, tu che ne pensi?»
Silente cercò di riprendere in mano la
situazione: «Gazza, vada a chiamare immediatamente Madama Chips, abbiamo
bisogno di lei il più presto possibile.»
Il prestigiatore prese la mano della
moglie: «Posso portarla io direttamente in infermeria!»
Il preside si oppose: «Toichi,
hai mai provato a Smaterializzare una donna in pieno travaglio prima d’ora?»
L’uomo si mostrò imbarazzato e interdetto:
«Ehm... no...»
«Allora è meglio che non rischiamo.»
«E la facciamo partorire qui?»
Silente mise un braccio intorno alle spalle
della donna: «Chikage, te la senti di camminare?
Dobbiamo arrivare solo dall’altra parte del corridoio.»
La donna trattenne a fatica un urlo: «Va bene,
ma muoviamoci! Credo che il piccolo abbia fretta di prendere una boccata
d’aria!»
Sostenuta da Toichi
da un lato e da Silente dall’altro, Chikage percorse
il corridoio fra grida strazianti, che attirarono l’attenzione dei fantasmi del
castello.
Il prestigiatore borbottò: «Spero solo che
non ci si metta anche Pix adesso, o questa volta lo
fatturo senza pensarci due volte.»
Nonostante la tragicità della situazione, a
Silente sfuggì un sorriso, poi disse: «Ecco, siamo arrivati.»
Toichi guardò una striscia di muro attonito, un
punto di fronte a un enorme arazzo che raffigurava lo sciocco tentativo di
Barnaba il Babbeo di insegnare la danza classica ai troll, davanti al quale era
passato un paio di volte da studente, per poi gridare al preside: «MA MI STAI
PRENDENDO IN GIRO? NON È PROPRIO IL MOMENTO!»
Silente mantenne la calma: «Nessuna presa
in giro. Cammina di fronte a questa parete per tre volte pensando intensamente
a ciò di cui hai bisogno.»
Toichi stava per replicare, ma alla fine fece
quanto gli era stato detto. Sotto lo sguardo attonito di Chikage
e di Kaito, una porta lucidissima con una maniglia di ottone era apparsa nella
parete.
Silente ordinò: «Aprila, Toichi.»
L’uomo ubbidì e si ritrovò in una piccola
sala parto, con un letto e tutto il necessario per la partoriente.
«Ma cosa...»
Silente l’aiutò a far salire Chikage sul letto: «Si chiama Stanza delle Necessità, al
bisogno diventa esattamente la cosa più utile a chi la sta cercando.»
In quel momento una giovane Madama Chips
fece capolino dalla porta aperta: «Ma cosa...»
Il preside la guardò serio: «Le spiegazioni
a dopo, Chips, per favore. Questa donna ha bisogno di aiuto, sta per
partorire.»
La donna cambiò espressione, assumendo un
tono risoluto: «Allora tutti fuori, subito. Abbiamo bisogno di tranquillità.»
I due uomini ubbidirono immediatamente e
l’infermiera chiuse la porta. Una volta fuori, Toichi
si sedette sul pavimento, mentre tutta la stanchezza della giornata sembrava
travolgerlo in un solo colpo.
«Forse... forse avrei dovuto accettare l’offerta
di protezione da parte dell’Ordine... ma non volevo far passare a Chikage i mesi della sua gravidanza da reclusa...»
«Nessuno ti biasimerà per questo, Toichi. Volevi solo il meglio per la tua famiglia.»
«Sarò... sarò in grado di essere padre?»
Silente gli sorrise: «Lo sei già.»
L’attesa sembrò infinita. Toichi passeggiò avanti e indietro per il corridoio decine
di volte, prima di sbottare: «Ma è normale che ci voglia così tanto?»
Silente gli sorrise paterno: «Dare la vita
non è lavoro di cinque minuti.»
«Giusto.»
Riprese a camminare ancora per un po’, per
poi sospirare.
«Mi scusi per prima, se l’ho aggredita
e...»
«No, hai fatto bene. Ogni tanto ho bisogno
di essere un po’ strigliato. E... prima mi hai dato del tu, continua a farlo.
Ormai non sei più un mio studente, no?»
L’uomo lo guardò sorpreso, per poi sedersi
nuovamente per terra. Stava quasi per rilassarsi, quando la porta si spalancò
violentemente, inondando i tranquilli corridoi con le grida di un neonato.
Madama Chips fece capolino dalla porta con
un gran sorriso: «Allora? Dov’è il padre?»
Toichi era così pallido che sembrava sul punto di
svenire da un momento all’altro: «S-sono io...»
La donna, senza troppe cerimonie, lo
trascinò dentro: «E allora venga! È un bel maschietto in buona salute!»
Chikage era nel letto, stringeva al petto un
piccolo frugoletto. Sorrise, il più bel sorriso che il marito le avesse mai
visto.
«Vieni a conoscere tuo figlio.»
L’uomo prese il neonato in braccio con
tutta la delicatezza di cui fu capace. Era sul punto di piangere.
Anche Madama Chips era emozionata, ma si
limitò a prendere un fazzoletto e a borbottare: «Però, preside, fare
l’ostetrica non rientrava nel contratto...»
Silente le mise una mano sulla spalla: «Ma
è stata comunque bravissima.»
Toichi cullò ancora un po’ il bambino, poi quando
sembrò nuovamente sul punto di piangere, lo rimise fra le braccia della madre,
dandogli ancora un bacio sulla fronte e una carezza: «Ciao, Kaito, benvenuto. È
stato un inizio un po’ burrascoso, ma ce l’abbiamo fatta, hai visto?»
Sì, Kaito aveva visto tutto e ringraziò la
presenza provvidenziale di una sedia che sembrava essere stata messa lì apposta
per lui, perché a tutte quelle emozioni le sue gambe non avevano retto. Tutto
si sarebbe aspettato, tranne che di poter assistere alla propria nascita.
Silente gli fu subito vicino.
«Io... sono nato qui?»
«Sì, Kaito. Che risulti dalle cronache, tu
sei l’unico bambino nato ad Hogwarts.»
Era semplicemente troppo. Aveva mille
domande che gli giravano in testa, ma non riusciva a esprimerne neanche una.
L’uomo lo prese delicatamente per un braccio, invitandolo ad alzarsi: «Spero
che tu ce la faccia ancora, Kaito, perché non abbiamo finito.»
«Ancora?»
L’uomo sospirò tristemente: «La parte più
difficile arriva ora.»
La scena cambiò nuovamente. Si ritrovarono
sulle scale che portavano all’ufficio di Silente, e davanti a loro c’erano Toichi e il preside.
«Questa volta abbiamo fatto solo un salto
di qualche ora. Tu e tua madre vi eravate addormentati e avevo invitato tuo
padre nel mio ufficio a festeggiare. Però...»
I due protagonisti del ricordo si fermarono
di scatto. Davanti alla porta dello studio c’era una signora anziana,
magrissima, con un abito blu scuro e uno scialle azzurro con le perline. Aveva
i capelli bianchi raccolti in uno chignon e un naso molto prominente su cui
erano poggiati un finissimo paio di occhiali d’argento. Dava l’aria di essere
molto anziana, ma anche molto attiva.
«Finalmente, Albus!
Iniziavo a disperare di vederti!»
«Scusami, Cassandra, hai tutte le ragioni
di questo mondo, ma vedi, è stata una giornata impegnativa e piena di
imprevisti.»
La donna annuì: «Immagino, non ti è mai
capitato di dimenticarti di me, prima d’ora...»
Il preside aprì la porta e fece accomodare
i suoi ospiti. Toichi indugiò sulla porta: «Se avevate
un appuntamento, io vi lascerei soli. Non sia mai che...»
La donna lo prese per la giacca e lo
trascinò dentro: «No, no, no, no... voglio sentire questa storia, ha l’aria di
essere interessante se ha costretto Silente a scordarsi di un appuntamento per la
prima volta in cinquant’anni!»
Il Silente accanto a Kaito rise e lo guardò
con aria complice: «Cassandra Cooman... era una donna
straordinariamente testarda, con un’idea tutta sua del mondo. Un po’ come tuo
padre, in un certo senso. Ma era vero, non avevo mai scordato un appuntamento
con lei prima d’allora. E meno male, era un tipetto piuttosto permaloso, sai?
Non si contano le fatture via lettera che ha inviato a chi riteneva averle
fatto un torto.»
Il ragazzo lo guardò sorpreso: «Cooman? Ma è...»
Silente si mise un dito sulla bocca: «Ci
stiamo per arrivare. Intanto, io e tuo padre le avevamo raccontato la
rocambolesca avventura della tua nascita e ci eravamo ritrovati tutti e tre a
brindare...»
Si voltarono nuovamente verso il trio, che
stava alzando tre calici: «Al piccolo Kaito Kuroba!»
Il Silente dei ricordi svuotò il suo
calice, per poi chiedere alla donna: «Dunque, Cassandra, cosa può fare per te
un povero vecchio preside?»
La donna gli fece un gesto stizzito con la
mano: «Togli quel vecchio, che ho cinque anni più di te!»
L’uomo alzò le mani in segno di resa e
Cassandra continuò: «Sono un po’ preoccupata per la mia ultima nipotina,
Sibilla... vorrei che tu la tenessi al sicuro, fra qualche anno. Ho avuto una
Visione che la riguarda.»
«Perché vieni a dirmelo ora?»
La donna ridacchiò: «Albus,
Albus... sai benissimo che non vivrò fino ad allora.
Io non sono destinata a rivedere la luce dopo questi tempi bui, lo so da
tempo.»
Kaito intervenne: «Parla sul serio?»
Silente annuì: «Cassandra Cooman era una vera Veggente, una delle migliori mai
esistite. Le sue Visioni sono sempre state esatte, e io non ho mai creduto
molto a queste cose. Ma la sua fama era rinomata e la mia amicizia con lei di
lunghissima data.»
Il preside dei ricordi si fece serio: «Cosa
hai visto?»
«Molto, ma purtroppo non posso dirti tutto.
Quello che posso dirti è che Sibilla segnerà a sua insaputa la fine della
guerra in corso e l’inizio di quella successiva. Ti prego, Albus,
posso fidarmi solo di te. Proteggila, quando sarà il momento. Lo capirai da
solo, puoi credermi.»
L’uomo annuì: «Ci penserò, promesso, ma non
ti assicuro nulla.»
Cassandra si alzò: «Bene, è ora per me di
andare. Buona fortuna, signor Kuroba.»
La donna mise una mano sul polso di Toichi, in segno di affetto, ma a quel punto qualcosa
cambiò. Cassandra s’irrigidì, la presa sul polso si fece pressante, quasi
dolorosa, ma la donna parve non sentire le proteste del prestigiatore. Il
contatto con Toichi sembrava essere l’unica cosa che
la trattenesse su questo mondo, e lei non era disposta a mollare la presa, a
costo di piantare le unghie affilate nella sua pelle e farlo sanguinare. Il suo
sguardo era perso e la bocca tremante. I suoi occhi si rovesciarono e la donna
iniziò a parlare con voce alta e dura.
«Il
figlio di Hogwarts è giunto col suo raro dono, perla ancor più rara di quella
che l’ha generato. Bianco, puro, come la sua anima, come la sua bacchetta, come
il suo destino, lui cambierà tutto. Dovrà soffrire. Dovrà combattere contro il
dolore della perdita più grave... il sangue del suo sangue, il sangue che gli
ha donato la vita e il potere, gli sarà strappato presto sotto i suoi stessi
occhi, lasciandolo solo. La Necessità ha segnato la sua venuta, la Necessità
segnerà il suo ritorno. Anche da lui dipenderà la prossima guerra: con chiunque
si schieri, quella fazione è già sulla via della vittoria...»
La testa le ricadde sul petto, mentre la
presa finalmente si allentava. La donna era immobile, sembrava non respirare
nemmeno.
Toichi provò a sfiorarla: «Signora Cassandra?»
La Cooman riprese
improvvisamente vita con un profondo respiro, come se fosse riemersa dopo
miglia percorse in apnea.
«Era da un po’ che non mi capitava una
Visione così nitida...»
La donna tornò a sedersi. Aveva l’aria di
non essersi ancora ripresa del tutto e Silente le porse qualcosa da bere. La
strega trangugiò il contenuto del calice in un solo fiato, poi si rivolse a Toichi: «Mi dispiace tanto...»
L’uomo la guardò serio: «Parlava di mio
figlio, vero? Di Kaito.»
Cassandra annuì: «Sì, esatto. Ho visto esattamente
quello che ho detto.»
La mente del prestigiatore correva veloce:
«Il figlio di Hogwarts... che io
sappia è l’unico nato fra queste mura, dev’essere Kaito per forza... il raro dono... Silente, penso che tu abbia
capito a cosa sto pensando... e se è così, per forza porterà un enorme
vantaggio a qualunque fazione si schieri! Entrambe potrebbero usufruire di
questo potere...»
Silente cercò di rassicurare l’uomo: «Toichi, calmati, per favore.»
«Ma l’hai sentita, vero? Kaito rimarrà da solo! Da solo!»
Il volto di Toichi
si fece scuro, come se gli fosse caduto il mondo addosso: «No... non è nato
neanche da un giorno... e dovrò già lasciarlo...»
«Non subito, ma sì, prima o poi dovrà
abbandonarlo. È scritto.»
L’uomo scosse la testa: «No, no... non deve
rimanere da solo o finirà nelle mani sbagliate. Non voglio che mio figlio
riceva un’educazione come la mia! Se finisce nelle mani di Mahoutokoro è perduto...»
Silente sospirò: «Temo che sia inevitabile.
Dal momento che Kaito è venuto al mondo gli è stata imposta la Traccia, come ad
ogni bambino nato al mondo. Al primo segno di magia sarà identificato come mago
e…»
Il volto di Toichi
s’illuminò: «No…»
«Come no?»
Il prestigiatore sembrava preda
dell’eccitazione, seguendo il filo dei suoi ragionamenti, iniziò a gironzolare
per la stanza: «E no, Silente, no… Kaito è nato qua, in Inghilterra… quindi
sarà questo Ministero ad imporre la
Traccia!»
Silente lo interruppe: «Sai… nemmeno. Credo che Kaito non abbia
proprio alcuna Traccia.»
Cassandra li guardò sorpresa: «Impossibile!
Sono secoli che ad ogni bambino nato viene imposta la Traccia! Solo se dopo
undici anni non rileva magia decade, ma a un neonato…»
Silente continuò: «Dove è nato Kaito?»
La donna lo guardò perplessa: «Qui, no?»
«No.
Nella Stanza delle Necessità, una stanza magica che nemmeno esiste in modo
continuo.»
Toichi iniziò ad afferrare l’idea: «E se non
esiste nessun Ministero sa della sua esistenza. È come se Kaito non fosse mai
nato.»
Silente ridacchiò: «Un’insperata fortuna,
direi.»
Cassandra scosse la testa: «Non è ancora al
sicuro. Se fosse visto mentre usa la magia, o peggio, se il piccolo Kaito
stesso si rendesse conto di poter fare cose “strane”, un Ministero se ne
potrebbe accorgere e potrebbe inserirlo manualmente nei registri, con Traccia e
tutto. Senza contare i problemi legali che ne deriverebbero…»
Toichi sorrise: «E allora basterà che non se ne
accorga nessuno, né Kaito stesso né il resto del mondo.»
«Stai sperando che sia un Magonò?»
«No, sto dicendo proprio di fare in modo
che nessuno se ne accorga! In fondo…»
Con un abile gioco di mani, Toichi fece apparire delle palline, le fece girare sopra la
testa e le fece scomparire nuovamente.
«… se fra mille trucchi finti scappasse una
magia vera, chi ci farebbe caso?»
Silente s’incupì: «Temo di aver capito cosa
vuoi fare e mi sembra una pessima idea.»
«E perché?»
«Vuoi toglierlo dal mondo magico senza
sapere il suo parere. È una follia.»
«Voglio difenderlo da un mondo, magico o
meno, che vorrebbe usarlo come un burattino. È davvero una follia così grande?»
«E come intendi fare?»
«Lo educheremo ad essere diffidente e
critico. Cercherò di trasmettergli il mio amore per la magia, di prepararlo il
più possibile per quando non ci sarò più. E se anche così non basterà per
tenerlo al sicuro dal mondo magico, prenderò ogni precauzione per proteggerlo.
Come questo.»
Toichi stese una mano: «Silente, ti chiedo di
fare un Voto Infrangibile con me, ora.»
«Non pensi che sarebbe meglio farlo fra un
pochino, a mente fresca? Ora sei troppo agitato e...»
Ma Cassandra si mise in mezzo a loro: «No, Albus, ha ragione lui. Dovete farlo ora.»
Silente sbarrò gli occhi: «Cassandra!»
«Il piano di questo padre è tutt’altro che
insensato, può funzionare. Se davvero riuscirà ad educare suo figlio come dice,
anche venendo in contatto con la vera magia troverà sempre spiegazioni
razionali e sarà al sicuro.»
«Ma vuole rendere un mago il peggiore e il
più cieco dei Babbani!»
Toichi scosse la testa: «No, Silente, mi hai
frainteso. Voglio insegnargli ad apprezzare la magia con tutto il cuore, ma
ogni tipo di magia, a cominciare da quella Babbana, e
solo dopo, più tardi, quella vera. Non è una soluzione che mi piaccia troppo,
ma devo proteggerlo, e la sua educazione, qualunque cosa possa succedere, non
potranno portagliela via.»
Il preside abbassò lo sguardo, sospirando:
«La scelta è tua.»
«Creerò per lui una barriera dal mondo
magico, fisica e psicologica. Ma se la guerra dovesse tornare e fosse
inevitabile, allora sì, avrà bisogno di un addestramento magico, e dovrai
darglielo tu, Silente.»
«Non sono io che scelgo gli studenti, Toichi. È la stessa Hogwarts a decidere i suoi allievi.»
Toichi lo guardò sereno: «Hogwarts non rifiuterà
chi è nato fra le sue stesse mura, ne sono sicuro.»
Cassandra si avvicinò: «Stringete il Voto.
Io sarò il vostro Suggello, e il vostro segreto verrà con me nella tomba, più
presto di quanto immaginiate. Se la mia visione è vera, Albus,
tu sarai l’unico a dover sostenere il peso della verità quando verrà il
momento.»
Toichi la guardò seria: «Se verrà.»
Cassandra gli sorrise intenerita: «Se verrà, d’accordo.»
Silente s’inginocchiò, mentre Toichi gli prendeva la mano destra. Cassandra prese la
propria bacchetta e la poggiò sulla loro stretta.
«Silente, vuoi tu proteggere Kaito Kuroba
facendo tutto ciò che sarà in tuo potere per fare in modo che, se e solo se sarai sicuro che la guerra stia
per ricominciare, il ragazzo parta da quella che considererà la sua casa e la
sua famiglia e venga a studiare qui, sotto la tua sorveglianza e
responsabilità, indipendentemente dall’età?»
«Lo voglio.»
Una lingua sottile di fiamma brillante
scivolò dalla bacchetta e si avvolse attorno alle loro mani come un filo
incandescente.
«Vuoi tu tenerlo all’oscuro di tutto ciò
che riguarda la mia vita magica e questo stesso patto fino all’età di diciotto
anni almeno, o comunque non appena si sarà ambientato come si deve al mondo
magico?»
Silente fu molto titubante a rispondere,
questa volta: «Lo voglio.»
Una seconda lingua di fiamma scaturì dalla
bacchetta e si intrecciò alla prima, formando una sottile catena ardente.
«E... se Kaito dovesse affrontare il suo
destino da solo... vuoi tu fare tutto
ciò che potrai per aiutarlo a difendersi dalle forze malvagie?»
«Lo voglio.»
Una terza lingua di fiamma esplose dalla
bacchetta, si aggiunse alle altre e si strinse attorno alle mani intrecciate,
come una fune, come un feroce serpente.
Cassandra sospirò: «E così sarà.»
Concluso il rito, la donna, stanca, salutò
educatamente facendo i suoi migliori auguri al prestigiatore e lasciò i due
uomini da soli.
Toichi sospirò: «E credo che con questo possa
ufficialmente rassegnare le mie dimissioni come spia dell'Ordine.»
«Come spia sì, sono d'accordo... ma forse
puoi ancora fare qualcosa per l'Ordine.»
Silente si rialzò, andò dietro la sua
scrivania e prese qualcosa dal cassetto.
«Vista la tua recente carriera di ladro,
forse potrai consigliarmi un modo sicuro per tenere i tuoi "colleghi"
lontani da quest'oggetto.»
Toichi fissò perplesso il pacchettino: «Di cosa
si tratta?»
«Di un manufatto affidatomi dal mio amico Nicolas
Flamel.»
Il prestigiatore sbarrò gli occhi: «Non
sarà mica... la Pietra Filosofale?»
Silente annuì: «Comprenderai perché è
nell'interesse di tutti che questo piccolo tesoro non finisca nelle mani di
Voldemort. Posso contare sulla tua discrezione?»
Toichi lo guardò serio: «Se non ti conoscessi,
direi che sei uno sciocco a mostrare una Pietra dell'immortalità a un uomo al
quale hanno appena predetto la morte.»
«Ti conosco, Toichi,
sei un uomo dai saldi principi e dalle ferree volontà e senso del dovere. Se
c'è qualcuno in grado di resistere alla tentazione di usare questa Pietra, sei
tu.»
«Forse hai troppa fiducia in me.»
Silente sorrise, massaggiandosi il polso:
«Non sono sicuro che tu ne abbia in me, però! Non pensi di aver esagerato con
le precauzioni?»
«Nulla è esagerato per mio figlio. E poi
anch’io ti conosco, Silente... sei una brava persona, ma sei capacissimo di
sacrificarne uno per il bene di
molti, e non voglio assolutamente che quell’uno
sia il mio Kaito.»
Silente lo guardò curioso: «E quando
saresti arrivato a questa conclusione?»
Toichi sorrise tristemente, agitando il
pacchetto: «Molti anni, fa quando mi convocasti per la prima volta nel tuo
ufficio. E ora ne ho la conferma.»
Mentre seguivano i due uomini fuori dalla
porta, il Silente accanto a Kaito prese la parola: «Affidai a tuo padre la
Pietra Filosofale e non mi deluse. Creò un nascondiglio molto particolare
unendo magia e prestidigitazione. Sinceramente, ancora non so come fece a
incastrarla all’interno di un vero gioiello...»
Kaito sbarrò gli occhi: «Pandora! Papà è il
creatore di Pandora!»
Il preside annuì: «Ne mise in giro di finte
e diffuse voci contrastanti a proposito... il nome lo scelse tua madre, sai?
Disse che quella Pietra, dopotutto, portava più guai che benefici, e che era solo
la curiosità dell’uomo ad averla creata...»
Con un gesto l’uomo indicò di fronte a sé.
Una giovane Chikage mostrava al piccolo Kaito ridente
il soffitto della Sala Grande.
«Vi ospitammo per tutti i mesi estivi, per
dare il tempo all’Ordine della Fenice di prepararvi una casa sicura in
Giappone, dopodiché vi trasferiste. Per essere ancora più sicuri, applicai l’Oblivion a tutti quelli che erano stati coinvolti nella tua
nascita, come Gazza e Madama Chips. Un vizio che non ho mai perso, visto che
l’ho fatto di recente anche con il signor Twycross e
con tutti gli studenti e gli elfi domestici che hanno assistito alla tua prima
Smaterializzazione.»
Kaito lo guardò sconvolto: «Cosa???»
«Il Voto Infrangibile m’imponeva di
proteggerti con ogni mezzo. Tuo padre era preoccupato per il Ministero
giapponese, ma io lo sono altrettanto di quello inglese e non potevo sapere
quali sarebbero state le loro reazioni. Le uniche persone che sanno del tuo
segreto siamo io, la professoressa McGranitt e Lupin. Oltre a quelle persone
che si sono dimostrate degne della tua fiducia e a cui tu hai deciso di
rivelare spontaneamente le tue doti, naturalmente.»
Kaito non sapeva cosa rispondere e Silente
continuò: «Non fu necessario tutto questo per Cassandra Cooman,
visto che morì quasi un anno dopo, mantenendo la sua promessa di portare il
nostro patto nella tomba. Io e Toichi partecipammo al
suo funerale insieme. Dopo quell’occasione ci vedemmo con meno frequenza, ma
venivo a trovarvi appena potevo. Qualche volta mi venivi a salutare e mi
mostravi i nuovi trucchi di prestigio che avevi imparato. Tuo padre, intanto,
nonostante la notizia della sconfitta di Voldemort da parte del piccolo Harry
Potter potesse tranquillizzarlo, non stette con le mani in mano, ma preparò
tutto quello che poteva servirti per il tuo eventuale ingresso nel mondo
magico. Fu lui a trovare, dopo anni di ricerche, il legno per la tua bacchetta
e a portarlo ad Olivander.»
La mano di Kaito scivolò verso la tasca, a
sfiorare il legno.
«E poi...»
Tutto svanì un’altra volta. Si ritrovarono
in un teatro. Kaito si guardò intorno con terrore, riconoscendo lo striscione,
il sipario, il pubblico...
«No, la prego! Tutto ma questo no! Non di
nuovo...»
Silente lo guardò serio: «Mi dispiace, ma è
necessario. Tra poco ci sarà l’unico ricordo che non mi appartiene e che
permetterà di fare luce su cosa è davvero successo quel giorno.»
Il ragazzo aveva gli occhi lucidi. Come... come poteva ancora...
Una risata di bambino attirò la sua
attenzione. Con orrore riconobbe se stesso e sua madre.
«Kaito! Non correre!»
Il bambino sbuffò: «Mamma, sei lenta! Papà
sta per cominciare!»
Si sedettero in prima fila, dietro a un
uomo dalla barba inconfondibile che Chikage salutò
con un cenno della testa.
«C’era... c’era anche lei!»
Silente annuì: «Sì, Kaito. Ero un amico
della vostra famiglia, dopotutto, e quando potevo assistevo con piacere agli
spettacoli di tuo padre.»
Il piccolo Kaito tirò fuori dalla tasca un
paio di carte, ma sua madre, con calma ma con fermezza, gli mise una mano sopra
le sue.
«Tesoro, per favore mettile via.»
«Perché?»
«Perché siamo qui per lo spettacolo di
papà, non per il tuo, no?»
Kaito mise il broncio, ma ubbidì: «Voglio
salire anch’io sul palco con papà.»
La mamma gli sorrise, guardando però con
complicità Silente: «Un giorno lo farai. Ma non ancora, devi diventare ancora
più bravo.»
Una voce familiare fece alzare a tutti lo
sguardo: «Signore e signori, buonasera.»
Il ragazzo sussurrò con voce strozzata:
«Papà...»
Silente gli mise una mano sulla spalla: «È
arrivato il momento più doloroso. Sarò qui con te, ma ricorda: non si può
cambiare il passato.»
La scena si oscurò ancora e si ritrovarono
dietro le quinte, verso la fine dello spettacolo.
«Questo è il ricordo che non mi
appartiene.»
Kaito si guardò intorno. Da piccolo non
poteva capirlo, ma ora gli era impossibile non notare che c’erano un po’ troppe
persone dietro il sipario.
«Dov’è Jii?»
Silente non rispose, indicando un angolo
buio. Là c’era l’assistente di suo padre, il suo fedele compagno che,
apparentemente sotto la minaccia di un uomo armato di bacchetta, stava...
«Sta manomettendo la gabbia!»
Il preside sospirò: «La Maledizione Imperius è implacabile, purtroppo, come dovresti aver
imparato dal professor Moody. Gli ho chiesto apposta
di mostrarvela. Solo Jii avrebbe saputo come
manomettere l’attrezzatura nel modo più opportuno, e loro lo sapevano. Gli ho cancellato io stesso la memoria, dopo, per
non farlo vivere col senso di colpa. Dopotutto, non era stata minimamente colpa
sua.»
Kaito annuì, poi chiese: «Chi è l’uomo con
la bacchetta?»
«Lo capirai presto.»
Jii coprì la teca con un telo, lo spinse sul
palco e quasi subito si sentì la voce di Toichi.
«E ora, signori, vi proporrò un numero
molto famoso! Vedo che qualcuno di voi l’ha già riconosciuto. È un numero
portato tristemente agli onori delle cronache da Henry Houdinì.
Ora io mi farò chiudere all’interno di questa teca, immobilizzato da manette e
lucchetti, dopodiché la vasca verrà riempita d’acqua e starà a me uscirne in
tempo. Vi va, dunque, di partecipare con me a questa scommessa?»
Kaito cercò di precipitarsi verso il padre:
«NO, PAPÀ, NON FARLO!»
Silente lo afferrò per un polso: «Sono solo
ricordi. Ricordi dolorosi, ma solo immagini. Non puoi fare nulla per lui.»
Fu forse l’esperienza più dolorosa della
vita di Kaito assistere alla preparazione della morte di suo padre senza
poterla fermare. La gola gli si strinse nel vedere la vasca riempirsi d’acqua,
nel ricordare l’occhiolino che suo padre gli stava facendo, mentre il sipario
lo celava alla vista...
E da lì in poi tutto cambiò. Mentre Jii, ancora sotto l’effetto dell’Imperius,
si allontanava, Toichi si liberò facilmente dalle
manette ai polsi, ma con quelle alle gambe iniziò ad avere qualche problema.
Cercò allora di togliere anche il coperchio della teca, ma senza riuscirci. Fu
a quel punto che qualcuno bussò al vetro.
«Qualche problema, Toichi
Kuroba?»
L’uomo cercò di voltarsi, ma senza
riuscirci. Le catene da cui si era già liberato gli stavano risalendo le gambe
e il petto, come serpenti sotto ipnosi. L’uomo che aveva parlato girò intorno
alla teca, per rendersi visibile dal suo ospite. Era un uomo che Kaito non
conosceva, ma era vestito di nero e impugnava una bacchetta con una mano, sul
cui polso era visibile un tatuaggio nero a forma di teschio.
Kaito sbarrò gli occhi: «L’ho visto sul
giornale! Al mondiale di Quidditch!»
Silente annuì: «Il simbolo dei Mangiamorte, i seguaci di Voldemort.»
Il ragazzo sbarrò gli occhi insieme a suo
padre, mentre l’uomo continuava: «O posso chiamarti Kaito Kid?»
Nella mente di Kaito iniziarono a farsi
largo una serie di associazioni: «Gli... gli assassini di mio padre... erano...
era... Voldemort?»
«Non lui. Erano già passati quattro anni
dalla sua sconfitta. No, erano gli uomini che gli erano rimasti fedeli, che
speravano di poterlo riportare indietro usando Pandora.»
Kaito protestò: «Ma io li ho affrontati!
Non erano maghi, ne sono sicuro! Snake non ha mai tirato fuori una bacchetta,
ma mi ha sempre solo sparato!»
«Gli uomini che tu conosci lavorano per
un’Organizzazione che funziona a più livelli. Ai piani più bassi ci sono
semplici Babbani, che funzionano né più né meno come
una banda della Yakuza. Il loro capo diretto è Snake,
ma a sua volta risponde a degli altri capi, che invece sono Mangiamorte.
Non so se lui sia o meno a conoscenza per chi lavora veramente.»
Il ragazzo completò la scala gerarchica: «E
a capo di tutto, volente o nolente, c’è Voldemort... un attimo! E lei come fa a
conoscere Snake?»
«Questi sono i suoi ricordi. È a lui che li
ho presi, per poi modificarglieli un pochino, quel tanto che bastava a
eliminare riferimenti espliciti alla tua esistenza e alla magia.»
L’uomo vestito di nero puntò la bacchetta
contro il vetro: «Allora? Dov’è Pandora?»
Toichi non si mosse.
«Avanti, so che puoi uscire di lì senza
problemi. Esci fuori e consegnami Pandora, o ti lancio un’Avada
Kedavra qui e ora. Chi sarà il più veloce?»
Da dentro la teca piena d’acqua, il
prestigiatore sorrise beffardo.
«Speri nell’aiuto di Silente? Oh, non qui,
non davanti a questo pubblico... Snake! Ora!»
L’uomo con cui anni dopo lo stesso Kaito si
sarebbe scontrato premette un interruttore e tutto saltò per aria, circondando
il palco dal fuoco.
Toichi sbarrò gli occhi e cercò di guardare
attraverso il sipario in fiamme. Vide la moglie correre verso di lui e il
piccolo Kaito seguirla, subito però agguantato da Silente, che lo portò via.
«È stato lei a impedirmi di raggiungere mio
padre!»
«Così m’imponeva il Voto.»
Toichi guardò per un po’ Chikage
che cercava di raggiungerlo attraverso le fiamme. La sentì urlare e la vide
cercare un estintore. Sorrise quando vide Silente rientrare e trascinare via
anche lei. Guardò ancora il suo aggressore e di tutta risposta gli fece una
linguaccia, per poi aprire la bocca.
L’ambiente si offuscò ancora. Kaito
riconobbe la sua casa. Sua madre era sul divano, in lacrime, con Silente al suo
fianco.
La donna sembrava non avere pace: «Perché?
Perché non si è Smaterializzato fuori? Poteva farlo, lo so, lo so benissimo! Se
voleva uscire, non lo avrebbero fermato le catene! E allora perché non l’ha fatto?»
L’uomo sospirò: «Credo... credo che l’abbia
fatto per voi.»
«Per noi?»
«Toichi era
terrorizzato dall’idea di lasciare Kaito da solo. La profezia non specificava
se dovesse essere solo lui a morire o anche tu... credo si sia lasciato
uccidere apposta, non appena è stato sicuro che tu fossi salva. Un ultimo,
coraggiosissimo atto d’amore...»
Chikage sollevò la testa dal fazzoletto: «E ora?
Ora come farò? Devo crescere mio figlio da sola, proteggerlo da minacce che Toichi non mi ha mai spiegato del tutto...»
«Non sarai sola. Ti aiuterò dal punto di
vista magico, tu dovrai solo pensare a crescerlo nei principi che Toichi vi ha lasciato.»
«Va bene.»
Silente si alzò dal divano: «Imporrò
incantesimi di protezione su di voi e su questa casa e controllerò la
situazione di tanto in tanto, ma non mi vedrete più.»
«A meno che lei non venga a portarmelo
via.»
L’uomo la guardò sorpreso e la donna gli
sorrise tristemente: «Non sono una sciocca, Toichi
non mi ha detto nulla, ma io conosco mio marito, l’ho capito.»
«Verrò solo se sarà inevitabile.»
Chikage si alzò, fiera, trattenendo le lacrime.
Lanciò sul tavolo una pietra preziosa: «Era tornato anche per questa, vero? Si
riprenda la sua Pandora e sparisca. Avevo ragione, questa pietra porta solo infelicità.»
Il preside la mise in tasca: «Non posso
darti torto.»
«E ora che i nostri conti sono chiusi,
addio, Silente. Spero, per il bene di Kaito, di non rivederla mai più.»
L’uomo annuì e l’ambiente si scurì ancora.
Era la stessa stanza, ma ora Chikage, in cucina a
tagliare una zucchina, era ormai uguale alla donna che Kaito conosceva.
Silente si Smaterializzò alle sue spalle e
lei, senza voltarsi, ma smettendo immediatamente di tagliare, disse:
«Buonasera, Silente.»
«Ti sei accorta subito di me.»
«Conosco quello schiocco. Un tempo riempiva
le mie giornate, ora riempie solo le mie malinconie.»
«Sai perché sono qui. L’eventualità che
temevamo è giunta.»
«Kaito ha accettato?»
«Mi ha concesso una possibilità.»
«Buon per lei.»
«Mi dispiace, Chikage.»
La donna sospirò: «Era la volontà di Toichi e io la rispetterò, non tema. Ma l’avverto...»
Si voltò di colpo, puntando il coltello che
stava maneggiando dritto verso Silente: « ... se succede qualcosa a mio figlio,
se per colpa del suo stupido mondo magico dovessi perdere anche Kaito, la
riterrò personalmente responsabile. Ho letto i libri di Toichi,
ormai conosco abbastanza bene il vostro mondo. Babbana
o meno, la troverò.»
Silente annuì, con gesto lento e grave:
«Non sottovaluterò la tua minaccia, Chikage. So che
sei in grado di farlo. Se non manterrò il mio Voto, tornerò spontaneamente
sotto questo coltello.»
«Sarà meglio.»
E poi tutto scomparve completamente. Kaito
e Silente si ritrovarono nuovamente nell’ufficio del preside, di fronte al
Pensatoio.
«Ecco, Kaito, ora sai.»
L’uomo prese il Pensatoio e lo ripose al
suo posto, per poi tornare dietro la scrivania. La sua mano indugiò per un
momento sulla maniglia di un cassetto, per poi ritrarsi non appena osservò
Kaito. Stava cercando con tutte le sue forze di mantenere la faccia da poker,
ma era pallidissimo, con il volto macchiato di lacrime. Era già stato troppo,
per lui, ma era stato necessario.
«Forse è meglio che tu vada a dormire, ora.
È tardi.»
Kaito annuì e, senza aggiungere altro, uscì
dalla stanza richiudendo dietro di sé la porta.
È fatta. Ancora non ci credo, ma ecco qua IL capitolo che tutti
stavate aspettando, probabilmente uno dei più lunghi dell’intera storia.
Moltissime delle domande che mi avevate fatto in questi mesi trovano una
risposta in queste trenta pagine molto impegnative, non solo per Kaito ma anche
per me. È stata una piccola grande impresa unire insieme gli elementi del manga
e quelli dei libri, e per farlo sono consapevole di aver dovuto fare in qualche
punto delle forzature che spero mi perdoniate, ma ho fatto del mio meglio per
inserirle tutte in un contesto credibile. Gli indizi su questo capitolo erano
numerosissimi all’interno della storia, per scommessa li ho contati e, fra
quelli espliciti e quelli veramente nascosti, dovrebbero essere una trentina che
si riferiscono solo a questo pezzo, dal primo al trentunesimo capitolo, esclusi
gli indizi messi per altri punti della trama venuti e da venire. Giusto per far
vedere che io non sono Kaito e non tiro fuori i conigli dal cilindro,
purtroppo.
Alcune note tecniche mi paiono necessarie, perché molti elementi
sono stati ripresi da fonti attendibili:
·
I nomi delle scuole, Mahoutokoro e Uagado,
sono ufficiali e sono tratti dalle informazioni inedite inserite dalla Rowling
stessa sul sito Pottermore (su cui mi sono iscritta
apposta per avere qualche informazione per questa storia). Le descrizioni su
come funzionino questi istituti, invece, sono completamente di mia invenzione.
·
La parte dedicata alla storia dei
genitori di Kaito è tratta dai capitoli del manga ancora inediti in Italia, ma
disponibili su internet e nella serie anime Magic Kaito. Ribadisco che in
questo caso ho scelto deliberatamente d’ignorare gli ultimi due capitoli di
recente pubblicazione, e quindi in questo caso non ci sono dubbi sulla morte di
Toichi Kuroba.
·
Sempre secondo le informazioni
disponibili su Pottermore, è Hogwarts a decidere i
suoi studenti tramite una penna e un libro incantati. Il preside non ha
controllo su questo processo. Il nome di Kaito Kuroba quindi è comparso
regolarmente sul libro, come aveva ipotizzato Toichi.
·
È stata mostrata nell’anime un
frammento dell’episodio della morte di Toichi
ambientato su una montagna russa del luna park. Mi dispiace, ma è stata
trasmessa dopo la pubblicazione del capitolo dove ne parlavo, e quindi mi sono
tenuta fedele a quanto avevo già scritto.
Per il resto... non crederete mica che la storia sia finita qui,
vero? Assolutamente no, per un mistero risolto ce ne sono molti, moltissimi
altri ancora da scoprire!
Ringrazio dunque NEON GENESIS KURAMA, Lunaby,
sophi33, _happy_04, mergana, _SayayMagicSuicune_
e la nuova arrivata SuorMaddy2012.
Dunque, nel prossimo capitolo vedremo come Kaito avrà preso
tutte queste informazioni. E già che d'informazioni si parla, vi annuncio che
ho finito la tesi, sto giusto aspettando la data della discussione, e quindi
dovrei avere più possibilità di scrivere, per non lasciarvi ancora tutti questi
mesi in sospeso.
Spero che l’attesa non sia stata vana o deludente e vi aspetto
al prossimo capitolo.
CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Hinata 92