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Autore: Lady R Of Rage    18/10/2016    5 recensioni
Ci sono cose che, per quanto ci impegniamo, non riusciamo a capire.
Sans non capisce perché lui e Papyrus non possono entrare nel ristorante di pasta che suo fratello desiderava tanto provare.
Undyne non capisce perché i genitori del suo ammiratore numero uno siano stati uccisi a sangue freddo per strada senza aver fatto nulla per meritarlo.
Mettaton non capisce perché tre uomini col passamontagna siano entrati nel MTT Resort con in mano delle mitragliatrici e abbiamo fucilato senza pietà chiunque gli capitasse a tiro.
Alphys non capisce perché è rinchiusa da due giorni in una stanza piena di polvere, con i polsi stretti da catene e il corpo pieno di ferite causate da coltelli e bastoni.
E Frisk non capisce cosa stia succedendo ai suoi amici, per quale motivo siano costretti a soffrire in questo modo.
Non capisce perché l'umanità, a volte, sappia essere così poco umana.
Genere: Angst, Generale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Alphys, Mettaton, Papyrus, Sans, Undyne
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Il Cartello

-Grazie per avermi accompagnato, fratello.-
-Figurati, fratello. E’ un piacere.-
Quella sera, Sans era di ottimo umore. Da quando la Barriera era stata frantumata, molte cose erano cambiate. Il lavoro burocratico alla neonata Ambasciata dei Mostri pressi gli Umani era duro, ma aveva un senso di appagamento. Di solito, ad occuparsene erano Asgore, Toriel e Undyne; tuttavia a Sans piaceva trascorrere del tempo coi suoi amici, persino se se si trattava di svolgere un lavoro per il quale, dopotutto, poteva sempre mettersi in pausa per qualche ora.
Ma quella sera non c’era nulla di cui preoccuparsi. C’era soltanto l’attesa prima di una bella serata tra fratelli.
Quando la piccola Frisk aveva rivelato a Papyrus che c’erano, sulla Superficie, dei ristoranti dedicati solamente al servire pasta, aveva dovuto immaginare che suo fratello l’avrebbe presa in quel modo. Dal momento in cui erano ascesi sulla superficie, lo scheletro alto non aveva fatto altro che insistere di andare a provare, il prima possibile, tutte le magnifiche specialità di pasta che l’Umanità aveva da offrire. E finalmente, in occasione del suo compleanno, Sans lo aveva accontentato.
“Il cibo umani è meglio se servito e preparato secondo le tradizioni umane, nyeh!” aveva sentenziato Papyrus con aria fiera, mentre lui rideva di gusto di fronte a quello che, per lui, non era che un modo in più per far felice il suo adorato fratellino.
Per l’occasione, Papyrus si era persino tolto il corpo da battaglia, che indossava sempre ogni giorno anche sulla terra, e lo aveva sostituito con un frac preso dal fondo dell’armadio, con tanto di fascia e cilindro, un completo assolutamente improbabile che aveva strappato risate sonore a Toriel nel momento in cui li aveva visti uscire.
Sans si era limitato a indossare una camicia pulita e un paio di pantaloni di velluto larghi e comodi. Aveva prenotato un’automobile per portare suo fratello in tranquillità, e un posto a sedere con vista sulla piazza del centro; era stata una fatica quasi insormontabile, ma ne era andato fiero: suo fratello era eccitato come un bambino davanti al suo supereroe preferito.
A un tavolo all’ingresso era seduto un umano sulla ventina, annoiato, con corti capelli marroni.
-Oh, Sans…- pigolò Papyrus stringendo le mani guantate tra di loro. -Non vedo l’ora! La pasta ci attende!-
Sans sorrise sornione:-Sei pronto, frasteggiato?-
-Il Grande Papyrus è sempre pronto, nyeh!- rispose l’altro, saltellando sui propri piedi. 
-Voglio provare carbonara, amatriciana, nero di seppia, persino quella con quel nome bruttissimo, quella che iniziava per P.-
Era così eccitato da ignorare persino la terribile battuta, e accortosene Sans si sentì arrossire di tenerezza.
Si avvicinò al ragazzo della reception, appoggiandosi al tavolo con i gomiti.
-Ho prenotato per due, a nome Gaster.- disse. -Per le nove. Vista sulla piazza.- 
Il ragazzo lo guardò, alzando un sopracciglio con aria scettica. 
-Eravate voi?- domandò, come se Sans avesse chiesto dove potesse comprare un elefante domestico.
-Sissignore. Abbiamo prenotato. E’ il compleanno di mio fratello, e lui desiderava tantissimo provare la pasta.- rispose Sans, cercando di mantenere intatto il proprio sorriso. C’era qualcosa di terribilmente irritante in quell’umano: non sapeva se fosse il suo sguardo, le sue movenze meccaniche, o i suoi generici capelli tagliati corti. 
Il ragazzo squadrò i due scheletri con uno sguardo traboccante di disprezzo:
-Non vuol dire niente.- disse. -Qui non potete entrare.-
Alle sue spalle, Sans percepì Papyrus irrigidirsi, e capì che qualunque cosa avesse in mente quello spocchioso umano, non gli avrebbe mai permesso di infastidire il suo adorato fratellino.
-Spiegati meglio.- sibilò. L’umano alzò le spalle.
-Non hai visto il cartello, sgorbio? Questo locale è interdetto ai mostri.-
Sans dilatò le orbite, trasalendo. Una goccia di sudore freddo scivolò rapida lungo la sua colonna vertebrale.
-Papyrus.- disse, prendendo per mano il fratello. -Vieni con me.-
Lo scheletro alto annuì timidamente. Sans lo guidò verso l’esterno del locale, senza dire una parola. E così fu: un grosso cartello bianco, incollato alla porta a vetri con dei pezzi di nastro adesivo, esibiva la scritta in grossi caratteri stampatelli “VIETATO L’INGRESSO AI MOSTRI”.
Sans strinse istintivamente le nocche. Sentì l’occhio destro palpitare di rabbia, e guardò Papyrus: l’espressione di suo fratello era confusa, disorientata, come un Gyftrot preso dai fanali di un’automobile, la mascella aperta e le pupille fisse nel vuoto.
-Che significa, Sans?- domandò stringendosi con l’ulna attorno al corpo.
-Lo vedremo.- rispose lui. Senza aggiungere altro si voltò verso la porta a vetri e la varcò sbattendola con una violenza inaspettata.
Il ragazzo all’ingresso sobbalzò tanto da far cadere la matita mangiucchiata che teneva in mano. 
-Devo ripeterlo un’altra volta?- domandò, squadrando Sans con sufficienza. Lo superava di almeno mezzo metro. -Qui i mostri non possono entrare.-
-Mio fratello vorrebbe provare la pasta per il suo compleanno.- rispose Sans senza scomporsi. -Abbiamo denaro in abbondanza. Non vedo perché non potremmo entrare.-
-Perché non potete.- la voce proveniva da una donna sulla quarantina seduta a un tavolo, assieme a un uomo e quattro adolescenti.
-In questo locale i mostri non possono entrare. E’ vietato. Quindi andatevene via, sgorbi che non siete altro.-
-Helen…- l’uomo grasso seduto a capotavola cercò di afferrarla per il braccio, ma lei non fu intaccata. 
-Vi avverto: non porterò più i miei figli a mangiare qui se non cacciate subito fuori ‘sti due scheletri.-
-La signora ha ragione.- imprecò un uomo stempiato da un altro tavolo. -Fateli subito uscire.-
-Mandateli via!- gridò un altro uomo.
-Mandateli via! Mandateli via! Mandateli via!- . Le grida dei presenti si facevano sempre più forti. Li circondavano da ogni lato come api infuriate. Sans si avvicinò al fratello, prendendolo per mano. Non riusciva a capire cosa stesse succedendo.
Poi, un ragazzo afferrò il suo piatto di rigatoni alla carbonara e lo lanciò verso di loro. Papyrus urlò di sorpresa mentre la pasta lo ricopriva. Se avesse potuto impallidire, Sans era certo che l’avrebbero fatto.
Anche gli altri ragazzi dello stesso tavolo lanciarono la loro pasta: paccheri all’arrabbiata, penne al pomodoro, spaghetti alle vongole e linguine al pesto volarono nella loro direzione, illuminati con forza dalle luci giallognole del locale.
Papyrus liberò la mano dalla stretta del fratello e fece un passo indietro. Fu una decisione infausta: il ragazzo che aveva lanciato la pasta sollevò il piede e lo fece inciampare.
Cadde sull’osso sacro, facendo cadere a terra il cilindro, tra le ovazioni e gli applausi degli altri clienti.
-Quello è il vostro posto.- ruggì l’uomo dell’ingresso. -Fuori, dovete andare. Fuori.-
Fu allora che Sans non ci vide più.
-Lasciatelo stare.- la voce dello scheletro basso era un ruggito. Il suo occhio palpitò nuovamente: in un guizzo di nocche, cinque grossi Gaster Blaster presero forma sospesi sopra i tavoli.
Il terrore dei presenti fu come un tonico per la sua rabbia. Le dita si mossero appena, l’occhio pulsò di eccitazione. Anche i Gaster Blaster pulsavano, illuminati dall’interno dei laser che in qualunque momento avrebbero potuto scagliare.
-State per passare un brutto momento.- sogghignò Sans, salendo sul tavolo dell’ingresso, sotto il quale si era rifugiato, tremante, il ragazzo che li aveva scacciati.
Prese un profondo respiro, inspirando il terrore che appesantiva l’aria nella stanza del ristorante. Il suo occhio luminoso squadrò la stanza in cerca di un obbiettivo.
-Sans! Fermati!-
All’udire la voce del fratello minore, la furia di Sans traballò. Papyrus si era inginocchiato ai piedi del tavolo, giungendo le mani verso il fratello, gli occhi illuminati da una luce arancione fredda e traballante.
-Ti prego, basta.- implorò ancora Papyrus. Lacrime arancio iniziavano a formarsi nelle sue orbite.
-Non mi da fastidio. Andiamo via, ti prego. Non fare del male agli umani.-
Sans abbassò la mano e lasciò spegnere i Gaster Blaster con rassegnazione. Scese dal tavolo, senza dire nulla, e preso per mano il fratello si diresse verso l’uscita. 
Tornarono alla macchina senza dire alcuna parola, e si sedettero fianco a fianco ai sedili posteriori. Papyrus si accoccolò fra le braccia del fratello, piangendo fiocamente. Sans gli accarezzò il teschio con le dita e gli asciugò gli occhi con delicatezza.
-Mi dispiace tanto.- disse in tono mesto. -Ti ho rovinato il compleanno.-
-Non è colpa tua, fratellone.- rispose lui singhiozzando piano. -Sono stati loro… gli umani… sono stati cattivi… ci hanno buttato fuori… ma perché?-
-Non lo so, Pap. Mi dispiace davvero.- disse Sans gravemente. Lasciò che suo fratello si sdraiasse fra le sue braccia, stringendolo a sé con gentilezza. Non riusciva a smettere di pensare a ciò che era appena accaduto, ed era sicuro che anche lui non vi riusciva.
-Io non capisco.- mormorò Papyrus. -Proprio non capisco.-
Sans sospirò con tristezza, stringendo suo fratello ancora di più a sé. 
-Nemmeno io.-

Angolo della Lady:
Non so perché, e da come, mi sia venuta l'idea di raccontare storie di pregiudizio e razzismo nel mondo di Undertale. 
Mi è venuta un'idea così, di botto, e in un attimo avevo già pronti tutti i punti di trama.
Questa storia sarà una raccolta da cinque capitoli, ognuno con una storia a sé stante, ma accomunate da una tematica: appunto, scene di pregiudizio e violenza razziale ai danni dei mostri.
Nel secondo capitolo avremo la storia di Undyne e Monster Kid; nel terzo quella di Mettaton; nel quarto quella di Alphys, nella quale faranno una comparsata anche altri due personaggi che per ora non anticipo. Il quinto capitolo sarà una storia con protagonista Frisk, che farà da chiusura a tutte le altre storie.
La forza della tematica aumenterà di capitolo in capitolo. Già nel secondo, direi che è palese, ci scapperà il morto.
Per la scena del ristorante ho preso ispirazione da questa scena di The Butler - Un Maggiordomo Alla Casa Bianca, pregevolissimo film biografico di qualche anno fa. Per chi non l'avesse visto, la scena riguarda uno dei figli del protagonista, un uomo di colore che serve alla Casa Bianca di Washington come maggiordomo dalla gioventù alla vecchiaia, assistendo ad anni ed anni di storia americana, che assieme alla sua ragazza (anch'essa nera) e ad altri ragazzi compiono una protesta pacifica mettendosi a sedere in un ristorante negli anni 70 nei posti riservati ai bianchi, mentre il padre e gli altri maggiordomi preparano una grossa cena dal presidente. Verso la metà della scena arriva un gruppo di estremisti arrabbiatissimi, che picchiano e umiliano in ogni modo i ragazzi di colore, fino a che la polizia non li conduce via in manette.
Una scena a mio parere bellissima, molto forte. Ve la linko qui in inglese: https://www.youtube.com/watch?v=5aAhGGY6Dec

Ci vediamo presto, con la storia di Undyne.
Lady R
  
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