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Autore: _Noodle    19/10/2016    3 recensioni
“Tokyo, diventata da pochi anni la capitale dell’Impero, rifulgeva di una nuova e folgorante bellezza, di un fascino meccanico e ricercato. […] Tuttavia, tra le novelle illuminazioni e le linee telegrafiche, tra il fumo grigio delle fabbriche e le stelle, qualche vecchia tradizione non si assopiva: le squallide osterie dei quartieri bassi continuavano a schiamazzare orgogliose, attirando l’attenzione di brutti ceffi e di povere donzelle. Luoghi di perdizione le taverne, luoghi poco seri e poco innovativi; antri oscuri composti di gente matta, chiassosa, sfrontata”.
Un re disperso, un mondo fluttuante ed indefinito, il Paese delle Meraviglie che Shouyou Hinata fu costretto ad esplorare.
“Noi siamo tutti matti qui.”
AliceInWonderland!AU
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Shouyou Hinata, Un po' tutti
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Boia, dacci un taglio!
 
 
 
 
 
Hinata, passo frettoloso e claudicante, iniziò a chiedersi perché la Regina di Cuori si chiamasse in tal modo. Una sovrana con l’opinabile vizio di mozzare teste e recidere giugulari avrebbe dovuto avere un nome più spaventoso, un appellativo degno di un assassino sanguinario. “Regina di Cuori” era tutt’altro che raccapricciante, al contrario evocava nella mente di Shouyou una figura materna pronta a dispensare amore e abbracci. Tuttavia, la truce ipotesi che il nome potesse essere dovuto alla collezione di cuori che la Regina ampliava in seguito alle decapitazioni lo punzecchiò irrefrenabilmente con brividi spinosi. Blu in volto dalla paura, il ragazzo non rallentò l’andatura instabile per il tremendo timore che il tempo potesse scadere. Il croquet della Regina sarebbe iniziato con il sorgere della luna piena e, dal momento che non aveva la minima intenzione di parteciparvi, avrebbe dovuto  intuire l’orario della sua epifania e la posizione del Re Bianco in fretta, anche se non sapeva né dove, né come.
 
“Fammi pensare, come faccio a trovare la strada per ritornare dalla Regina Bianca, come sono arrivato qui?”

Ma fu proprio nell’istante in cui pensò che la cosa migliore sarebbe stata tornare indietro che un giardino invaso da rovi di rose bianche si stagliò sterminato davanti ai suoi occhi.
<< Rose bianche? Forse ci siamo! Forse ce l’ho fatta, mi ricorda proprio il palazzo degli Scacchi! >>
Ricolmo di felicità e di letizia, Hinata iniziò a correre nell’ampio sentiero costeggiato da cespugli dai candidi fiori, saltellando e urlando a gran voce il nome della Regina Bianca.
<< Maestà! Maestà, ho trovato un indizio! Il Cappellaio Matto mi ha detto che gli scacchi della vostra corte sono pazzi, secondo me il colpevole potrebbe essere tra loro! >>
Il silenzio che avvolgeva le parole del ragazzo era profondo e atono, la sua voce rimbombava nell’aria fresca ferendo i vergini petali di rosa.
<< Maestà! Sono io, Shouyou! Sono tornato! >> continuò Hinata, rallentando il passo e abbassando il volume della voce, destabilizzato dall’immobilità che lo circondava.
 
<< Sssh! Ma sta’ zitto! >>
 
Un mormorio angosciato richiamò l’attenzione del garzone, che si voltò lentamente verso la sua sinistra. Avrebbe voluto far finta di niente, proseguire e zompettare direttamente dalla Regina, spaventato com’era dalla reputazione dei suoi seguaci, ma si fermò, ricercando con lo sguardo e con il corpo in torsione il volto di chi aveva parlato.
<< Dove sei? >> bisbigliò, sguardo saettante e inquieto.
<< Qua, dietro il cespuglio! Devi smetterla di urlare, o verrà qui! >>
Hinata mosse qualche passo verso il rovo parlante, sufficientemente alto da riuscire a nascondere una persona. Non appena scorse chi in realtà si celava dietro le foglie verdeggianti, un groppo in gola doloroso e soffocante gli mozzò il respiro; era quella la sensazione che provavano i colpevoli sotto l’ascia del boia?
<< Io… io non credo ai miei occhi… >> biascicò con lentezza, convinzioni e certezze spazzate via da un fiato funesto.
<< Che cosa ti stupisce, ragazzo? >>
<< Io credevo di trovarmi in un altro posto, pensavo che questo fosse il palazzo della Regina Bianca, la Regina degli Scacchi, e invece… e invece tu non sei uno scacco, sei una carta. >>
Il Quattro di Fiori, era lui che aveva parlato, era in tutto e per tutto una carta da gioco: il suo corpo, dello spessore di nemmeno due dita, era costituito interamente di cellulosa, decorato con i tipici fiori e numeri neri ad ogni angolo. Il suo volto, anch’esso spesso poco più di cinque millimetri, era coperto a livello dell’attaccatura dei capelli da un velo nero, che ricadeva sulle spalle dividendosi in due balze ricurve. Testa e velo evocavano il simbolo dei fiori che portava dipinto sulla sua veste. I piedi, avvolti in due scarpe nere, spuntavano dai lembi inferiori del suo corpo.
<< Come hai potuto confonderti? Se la Regina di Cuori lo venisse a sapere ne rimarrebbe profondamente offesa! >> commentò il Quattro di Fiori, alzando al cielo le manine nere.
<< Mi trovo nel palazzo della Regina di Cuori? >> i denti di Hinata incominciarono a ticchettare con la frequenza dei rintocchi di un orologio impazzito. Poi, vista diradata da un barlume di luce, intese ciò che si era domandato per tutto il tragitto.
<< Ora mi è tutto chiaro, ecco perchè si chiama Regina di Cuori, non è altro che una carta! >> esclamò senza ritegno, spalancando la bocca e afferrando i ciuffi di capelli rossi con stupore. Il Quattro lo guardò titubante, ondeggiando su se stesso con fare imbarazzato e confuso.
<< In realtà, lei non è come me, come noi… >> confessò, indicando alcuni colleghi che lavoravano a pochi metri da loro.
<< La Regina ha un corpo in carne ed ossa >> continuò bisbigliando nell’orecchio di Shouyou, atterrito dal fatto che Sua Maestà potesse sentire che la stava nominando invano.
<< Sì, ma è pur sempre una carta da gioco >> aggiunse il ragazzo, incredibilmente pragmatico nell’astrattismo della situazione.
<< E’ così, ma lei odia sentirselo dire! Poverina, è completamente svitata. Noi carte sappiamo bene che lei è in realtà il numero 12 e che il suo consorte è il numero 13, ma lei non vuole sentire ragioni. È la numero uno in tutto, qui dentro. E vuole sentirsi dire che è umana. Non chiamatela mai Vostra Cartità o qualcosa di simile, è più matta di quanto si possa pensare e di conseguenza ha fatto ammattire tutti noi! >> tremò il Quattro, afferrando le mani di Hinata e piegando il suo corpo a metà per riuscire nell’intento. Shouyou assistette al movimento con sgomento, realizzando solo in quel momento che l’entità con cui stava parlando non era che un oggetto inanimato, per lo meno nel suo mondo.
<< Tu perché sei qui, ragazzo? Ho sentito che parlavi di seguaci, di Regina Bianca, di Cappellaio Matto >> domandò la Carta, lasciando le mani di Shouyou e ritornando eretto.
<< Io… >> Hinata inspirò, soppesando mentalmente le parole che avrebbe pronunciato. Era rischioso parlare di una faccenda intricata quanto delicata con un suddito della famigerata Regina di Cuori, donna che non risplendeva né di una fama gloriosa, né di una clemenza invidiabile. Ma non appena il garzone incominciò a parlare, una voce squillante riecheggiò tra rose e spine, conficcandosi nel petto dei due individui con  una rapidità tale da far raggelare ad entrambi il sangue nelle arterie.
<< Beh? Chi sta parlando laggiù? >>
Hinata poteva sentire dei passi e uno scalpiccio di suole sulla ghiaia del viale. Qualcuno si stava avvicinando a loro e, data la mimica facciale del Quattro di Fiori, non poteva trattarsi che di Lei. La voce era virile, limpida ed altezzosa; Hinata si sarebbe giocato i vestiti che, come nel caso della Regina degli Scacchi, la Signora fosse in realtà un uomo.
<< Forza, vieni qui! >> sussurrò con veemenza il Quattro, trascinando il giovane alcuni cespugli più avanti.
<< Prendi questo pennello, immergilo nella vernice e inizia a pitturare le rose di rosso! >>
<< Pitturare le rose con la vernice? >>
<< Fa’ quello che ti dico, non discutere! >>
Shouyou era preoccupato che i bellissimi fiori potessero rovinarsi, profanati da una sostanza tanto corrosiva, ma prestò fiducia agli ordini della carta e iniziò a spennellare di qua e di là. Non ebbe il tempo di rifinire un solo fiore, che le Loro Maestà in persona, il Re e la Regina di Cuori, si fermarono a due passi dal cespuglio che Shouyou aveva usato come nascondiglio.
La corona d’oro massiccio e rubini romboidali poggiata sulla nuca della Regina di Cuori era di dimensioni ridotte rispetto alle corone canoniche. Se quella della Regina Bianca era a dodici punte e copriva interamente la superficie della sua testa, quella della Regina di Cuori occupava solo una piccola parte del suo cranio.
Troppo piccolo il diadema o troppo grande la capoccia?
Aveva cinque punte, cinque come i raggi delle stelle, cinque come le teste mozzate nell’arco di quella giornata.
Aveva i capelli castani. Erano di un color nocciola intenso, di una tonalità intermedia tra quella dei chicchi di caffè e del rame, metallo lucente e antico. Erano riposti ordinatamente sul suo volto ovale, vaporosi e accuratamente pettinati; qualche ciuffo distratto si discostava dalla composizione originariamente simmetrica, e uno in particolare ricadeva sull’ampia fronte costeggiando il sottile sopracciglio destro. Gli occhi, due zirconi rotondi color cioccolata, possedevano un taglio sagace, scaltro, intimidente. Tutto in quel volto, che pareva frutto del lavoro di un artista rinascimentale maledetto, sarebbe stato perfetto ed immacolato se non fosse stato per le labbra carnose e sfrontate, che sotto un lungo naso incipriato proferivano parole pungenti alternate a vezzeggiativi amorevoli. Solo chi veniva stimato dalla Regina di Cuori si meritava di essere chiamato con un dolce nomignolo, solo chi risultava gradevole al suo cospetto si meritava che quella bocca, dipinta con un cuore rosso, potesse dimostrarsi compassionevole.
Ogni muscolo, tendine e vena del suo corpo si confaceva al ruolo regale da lei ricoperto, le mani grandi e ruvide erano nate per stritolare lo scettro, i piedi affusolati per calzare stivali dalla pelle finemente conciata. Le unghie, spennellate con una tonalità rosso fuoco, spiccavano in contrasto con il candore della pelle, ricoperta da abiti di sartoria pregiata.
A custodire le imponenti spalle della Regina una giacca rosso sangue che scendeva fino a metà coscia, che rifiniva con estrema regalità e sensualità il fisico muscoloso. Due file di bottoni, e non i tipici bottoni rotondi, ma i semi stessi delle carte su cui regnava, erano cuciti su entrambi i lati della giacca. Le spalle a sbuffo, insolite per un abito di quel tipo, accentuavano la pomposità dell’individuo, circondato da un ego smisurato.
Sotto la giacca rossa vi era un panciotto dai bottoni dorati, nero come le picche, lucente come i fiori bagnati di rugiada; una camicia bianca dal colletto alto ed inamidato, coperto da un fazzoletto anch’esso rosso a ricami floreali neri, ad accarezzare la pelle tenera della Regina. A coprire le cosce scolpite un paio di pantaloni grigio scuro, tremendamente stretti ed eloquenti, che s’inserivano in un paio stivali bianchi alti fino a metà tibia.
Il suo sposo, il Re di Cuori, dallo sguardo profondo, concentrato e serioso, era il contr’altare della Regina, il numero dispari, il colore complementare, la forma ad incastro. Se la Regina esternava in modo altezzoso le sue richieste e i suoi capricci, il Re rifletteva prima di agire, sentenziava duramente solo in seguito ad una valutazione ponderata e richiamava spesso la moglie per i suoi atteggiamenti infantili. Sapeva ammaliare ed affascinare, la Regina di Cuori, con quel sorriso e quella strana e bambinesca abitudine di mimare con le dita il segno della pace in ogni occasione, lei che pacifica non era. “Cuoricino, fallo anche tu!” lo esortava in continuazione, ricevendo puntualmente una pacca sulla schiena.
Ma sebbene il Re non sopportasse questi atteggiamenti, sebbene fossero più frequenti le volte in cui doveva frenare gli impulsi omicidi della sua sposa più che quelle in cui poteva congratularsi con lei, silenziosamente restava al suo fianco, non smettendo di amarla, non smettendo di farla ragionare e sorridere, non smettendo di ricordare ogni giorno il perché le avesse concesso di portare per sempre il suo cuore alla gogna.
Il Re aveva i capelli neri e ispidi, appuntiti come le sommità delle lance usate in combattimento. Il suo abbigliamento era meno colorato e più austero rispetto a quello della Regina: portava una giacca di velluto grigio-nera con due file di bottoni argentati e dei merletti di pizzo rosso cuciti sulle maniche; sotto di essa una camicia nera e una fascia bianca che si estendeva diagonalmente dalla spalla sinistra al fianco destro, decorata con cuori stilizzati; il collo era circondato da un alto colletto in acciaio, quasi come un brandello di armatura. A ricoprire le gambe snelle e i polpacci definiti, dei pantaloni bianchi, anch’essi infilati in un paio di alti stivali neri.
<< Stai attento, Quattro, non vorrai insozzarmi tutto il vestito! >> commentò la Regina in prossimità delle carte, guardandole di sbieco.
<< E’ il Sette che non smette di schizzare con il pennello! >> si giustificò il Quattro di Fiori, lanciando occhiatine a Hinata nel tentativo di comunicargli di nascondersi. L’atteggiamento da temporeggiatore della Carta, tuttavia, non fece che attirare ancora di più l’attenzione della Regina.
<< Stai cercando di controbattere? La colpa è sempre degli altri, non è vero? Cuoricino, digli qualcosa! >> sbraitò in modo melenso e lagnoso la Regina, girandosi verso il suo compagno.
<< Cercate di non litigare. E voi, Carte, limitatevi a svolgere il vostro dovere >> sentenziò il Re, appoggiando una mano sulla spalla della consorte. 
<< Cuoricino, fermati un secondo. Non ti sembra diverso dalle altre carte quello lì? >> ricominciò la Regina puntando il dito verso Shouyou, trascinando il tono di voce verso una sfumatura più baritonale e profonda.
<< Certo, mia Regina, questo perché non è una carta! >>
Hinata, essendosi accorto che i due stavano parlando di lui, incominciò a tremare come un ossesso, seminando gocce di vernice ovunque. Non gli era mai capitato di avere tanta paura: al cospetto di Sua Maestà, persino il Brucaliffo risultava un esserino innocuo e piacevole.
<< Ehi, tu! Capelli rossi, palesati prima che ti tagli la testa! >> tuonò la Regina, dirigendosi verso Shouyou e dimenticandosi delle altre carte. Il Re la seguì di rimando.
<< Io.. io posso spiegare, stavo solo…s-stavo cercando d-di…>> balbettò, lasciando cadere il pennello zuppo di vernice a terra. La Regina lo fissava con occhi accusatori, un sorriso obliquo a rendere il tutto ancora più inquietante.
<< Smettila di tremare, nanerottolo. >>
<< Cosa ci fai qui? >> chiese il Re, braccia conserte sul petto.
<< Io veramente stavo cercando di… di tornare a casa! Ho sbagliato strada, con permesso! >>
Shouyou, sguardo basso e sfuggente, fece qualche passo dando le spalle ai due coniugi, ma fu prontamente afferrato per il colletto della camicia dalla stretta vigorosa della Regina.
<< Dove credi di andare? >> domandò lei, tirandolo verso di sé e facendolo ruzzolare a terra.
<< Qual è il tuo nome? >> incalzò il marito. Hinata si era rimesso in piedi e schiarito la voce.
<< Shouyou Hinata, Vostre Maestà. >>
La Regina, iniziò a passeggiare avanti e indietro, dita delle mani incrociate dietro la schiena e grandi falcate regali a calpestare la ghiaia luccicante. Hinata trovava al limite del grottesco l’espressione compiaciuta della Regina: in altre occasioni, probabilmente, avrebbe suscitato il riso, ma quel ghigno indecifrabile era più sgradevole che comico. Gli faceva terrore immaginare che cosa ci fosse nella sua mente di carta di carne, faceva ribrezzo pensare che quelle mani agghindate con smalto e anelli potessero aver puntato il dito un’infinità di volte e avessero ucciso innocenti e mal capitati.
<< Non nascondermi la verità, piccoletto, io so bene perché sei qui. Sei uno di quegli sciacalli schifosi che non vedono l’ora di intrufolarsi nella mia reggia per partecipare alla partita di croquet senza permesso! Li riconosco a pelle quelli come voi! >> bollì la Regina, gesticolando in maniera furiosa e dinoccolata.
Hinata trasse un respiro di sollievo, terrorizzato ma allo stesso tempo sollevato. Inizialmente pensò che avrebbe potuto incolparlo di qualche crimine inimmaginabile o, cosa peggiore, che conoscesse le sue vere intenzioni.
<< Avete ragione Maestà, sono uno sporco impiccione! Ma la prego, abbiate pietà, fatemi entrare nella vostra magione, ho percorso tanta strada per arrivare fin qui! >>
Che cos’altro avrebbe potuto dire? Mentire non era mai stato così difficile e rischioso: nascondere una verità e ricorrere all’inventiva poteva rivelarsi l’unico modo per proseguire e, magari, incontrare nuovamente lo Stregatto e il Coniglio Bianco, che erano stati invitati alla partita. Forse loro avrebbero potuto essere più chiari con lui, spiegargli perché il Cappellaio Matto avesse tentato in un modo piuttosto affrettato di fargli capire che il colpevole si nascondeva a corte della Regina Bianca. Non c’era più tempo.
<< Cuoricino, fai qualcosa perché potrei chiamare il Boia. >>
A quelle parole, ogni convinzione ricolma di coraggio si sciolse in una pozza di panico.
<< No, no, no! Non lo chiami, io me ne vado subito. Non dirò a nessuno che sono stato qui, le mie tracce scompariranno per sempre e… >>
<< Boia, dacci un taglio! Non sopporto i piagnucoloni. >>
Un uomo dal volto coperto, che sembrava aver atteso silenziosamente nascosto tra le siepi, comparve all’improvviso macchiando di nero l’etere bianco. Sì, il cielo nei giardini reali era diventato bianco, in contrasto con la crudele oscurità della gente che vi abitava.
<< Vi prego, Re di Cuori, almeno voi abbiate pietà! >> iniziò a piangere Hinata, trattenuto per le braccia dal Quattro e dal Sette di Fiori, che avevano risposto alle volontà della Regina senza opporre resistenza. Il Re si mosse in direzione del boia, allungando una mano davanti a lui in modo da fermare la sua funesta avanzata. Poi, dopo aver ordinato all’aguzzino di abbandonare le sue intenzioni, strinse entrambe le mani della moglie, più grandi delle sue.
<< Mia Regina, il ragazzo non ha fatto niente di male. La tua ira è ingiustificata. È un forestiero e potrebbe essere reale il fatto che abbia sentito parlare della nostra rinomata partita a croquet >> sussurrò paziente, cercando di trattenere la rabbia collerica della moglie.
<< La mia ira è sempre giustificata, Cuoricino! Non essere cattivo con me, che poi mi spezzo, lo sai! >> aggiunse lei, cercando di convincere il marito del contrario. Notando la cupa espressione dell’altro, la Regina intuì che ben presto una vigorosa pacca avrebbe colpito la sua gabbia toracica, perciò provò a contenersi, fulminando con lo sguardo il piccolo Shouyou imprigionato tra le carte. Gli si avvicinò, afferrandogli il mento con la mano destra e sollevandogli il viso, paonazzo e rigato di lacrime.
<< A pensarci bene, potrei darti ancora una possibilità >> decretò infine, gelida. La Regina avvicinò ancora di più il suo viso a quello di Hinata. Il suo modo di approcciarsi era crudele, ben diverso da quello ingenuo e scanzonato del Cappellaio Matto e della Lepre Marzonlina. Quella distanza non metteva in imbarazzo, metteva a disagio.
<< Questo vuol dire che potrò venire a giocare a croquet con voi? >> chiese sommesso, occhi bassi e infossati nella disperazione. Sua Maestà, a quella domanda, scoppiò in una fragorosa e subdola risata.
<< Ah! Ma cosa hai capito? Andrai a tenere compagnia ad un caro vecchio amico, giù nelle prigioni. >>
Fu in quel momento che Shouyou si domandò perché. Perché la Regina Bianca avesse ascoltato la profezia di una vecchia pazza, perché avesse scelto lui come garante della missione, perché non fosse riuscito a combinare ancora nulla di concreto, perché tutto dovesse finire dietro le sbarre di una prigione maleodorante in cui sarebbe morto di freddo e di stenti. Perché? Perché era finito lì, perché Kageyama aveva dovuto convincerlo a giocare a scacchi, perché nessuno di loro veniva a salvarlo? Che cosa aveva di speciale lui? Che cosa lo rendeva eroe o semplicemente predestinato? Era un semplice garzone che spazzava i pavimenti e serviva ai tavoli. Non aveva mai avuto ambizioni del genere nella vita. Non voleva la gloria, voleva solo una vita dignitosa e serena. Ma non sarebbe mai stato così, tutto sarebbe stato sempre maledettamente difficile. Si sentì morire, abbandonato e affranto.
<< P-Prigioni? No! No per favore lasciatemi andare, non voglio restare rinchiuso, farò tutto quello che volete ma non… >>
<< Zitto! Non può fare nulla per me, io ho già tutto! Goditi la partita dal sottosuolo, mi dispiace tu non possa ammirare le mie meravigliose giocate al chiaro di luna. Sono un vero talento, il migliore. >>
Hinata tentò di liberarsi dalla morsa dei due scagnozzi che avevano incominciato a trascinarlo in direzione del castello, ma la rassegnazione era troppo acuta per permettergli di reagire.
<< Voi non capite, io non posso, io ho bisogno di vedere la luna, ho bisogno di scoprire quando sorgerà! >> strillò, prosciugato di qualsiasi dignità. Le figure del Re e della Regina si allontanavano sempre di più, rimpicciolendosi a mano a mano che il castello si avvicinava.
<< Sarà per un’altra volta, microbo. Non mettere a dura prova la mia indulgenza, sono sempre pronto a chiamare il boia. >>
 
Scesero scale, sbloccarono serrature, scostarono chiavistelli. La cigolante porta della cella si chiuse alle spalle di Shouyou con un tonfo rimbombante e lui venne scaraventato al suolo con violenza e ribrezzo. Accovacciato, più simile ad un feto che ad un ragazzo, Hinata pianse per interi minuti, prostrato al cospetto del terribile dispotismo di colei che l’aveva reso prigioniero.
 
Ma non era finita e di tempo ne rimaneva quanto bastava.
Il Coniglio Bianco, sebbene sprovvisto di orologio, lo sapeva bene.
 

 
 
 
 
Angolo dell’autrice: sappiate che ho un’ansia infernale per questo capitolo : in primis perché è l’inizio dei capitoli realmente importanti e poi perché finalmente compare la Regina di Cuori tanto richiesta accompagnata dal suo fedele compagno, il Re. Spero di aver fatto capire chi sono i due, sia per la descrizione fisica che per quella caratteriale (soprattutto) e spero di non essere andata OOC. Sono due personaggi di Haikyuu che mi piacciono tanto ma su cui non avevo mai scritto prima, quindi spero di non aver deluso le aspettative. Sappiate che non sto nella pelle per i prossimi capitoli, succederanno cose che non immaginante –parte la risata diabolica e sadica-. Hinata è imprigionato, come farà a venirne fuori
Grazie a tutte quelle che leggono, seguono e recensiscono, vi giuro che siete dolcissime e che le vostre recensioni mi aiutano a scrivere meglio e a pretendere sempre di più da ogni capitolo. Per quanto riguarda i prossimi, saranno decisamente più impegnativi, quindi se non pubblicherò entro una settimana abbiate fede. Cercherò comunque di non dilungarmi troppo ^^ Grazie ancora a tutte, aspetto di sapere che cosa ne pensate di questo capitolo. Un bacione con stampo di rossetto <3
_Noodle
  
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