Una SasuSaku triste che mi è passata in mente così per caso…
Incentrata sul
rapporto che lega Sakura a Tsunade e logicamente a Sasuke.
Spero sia di
vostro gradimento!
È la mia prima one-shot su Naruto!Siate clementi!
Buona lettura!
.::LACRIME::.
Se
per un attimo la pioggia si fosse fermata molte cose sarebbero state più
chiare.
Forse
Sasuke avrebbe potuto vedere quelle gocce salate che
le colavano sul viso, scorrendo inarrestabili fino a cadere per terra ai suoi
piedi, mentre la sua anima si sgretolava piano.
Il
viso fermo della kunochi indugiava sulla sua figura a
pochi metri di distanza, così cambiata dall’ultima volta che l’aveva vista, la
figura di un uomo che di Sasuke Uchiha
aveva solo il vago ricordo.
Gli
occhi smeraldini erano immobili, la pupilla dilatata osservava la stessa
persona che molti anni prima le aveva fatto battere il cuore che poi aveva
calpestato senza nessun ritegno e che per l’ennesima volta era riuscito a
colpire.
La
mandibola contratta era l’unica crepa in quel volto perfetto, segno che
qualcosa dentro di lei era successo, forse per la prima volta Sakura aveva
aperto veramente gli occhi.
La
pupilla indugiò leggermente verso il basso, osservando quello che era stata la
sua maestra ormai raggomitolata come un fagotto senza vita ai piedi del suo
compagno di team.
La
figura dell’Hokage di Konoha
era immersa nel fango,i capelli biondi come il grano
giacevano scompostamente sul viso della donna deturpato dai colpi che le erano
stati inferti; per la prima volta Sakura vedeva la sua maestra per la donna di
cinquant’anni che era veramente e nonostante tutto non riusciva a non pensare
che fosse veramente bella.
Si
morse convulsamente il labbro inferiore tanto da farlo sanguinare, sentendo il
gusto ferroso arrivarle in bocca si lasciò scappare un flebile singhiozzo,
complice dalla fatto che la pioggia avrebbe spazzato
anche quel suo segno di dolore e che nulla sarebbe arrivato alle orecchie del mukenin.
L’ Uchiha se ne stava immobile
sotto la pioggia, in attesa, forse stupito dal fatto che Sakura non avesse
ancora proferito parola, avrebbe immaginato qualunque reazione da quella
ragazzina, ma mai il silenzio, perché Sakura nel suo cuore era e sarebbe
rimasta sempre la stessa ragazzina noiosa che gli ronzava attorno ai tempi
dell’accademia.
<<
Tsunade-okasan >> un flebile lamento scivolò
dalle labbra ormai arrossate dalla pioggia, che incessante continuava a voler
appesantire maggiormente l’atmosfera
Sakura
avanzò lentamente, barcollando, verso la sagoma che stava riversa in mezzo alle
pozzanghere dei fango sul terreno, ogni passo sembrava estremamente
difficile da dirigere, producendo un’avanzata lenta e dolorosa, sapeva che
quando avrebbe cercato il battito della sua maestra, non trovandolo, tutto
sarebbe cambiato.
Le
pupille ormai ridotte a due puntini erano tenuti fissi verso la persona che le
aveva funto da maestra, amica e madre, le palpebre avevano smesso di battere,
inumidite dalla pioggia che ormai l’aveva bagnata completamente.
I
capelli ormai cresciuti cadevano scomposti attaccati ai vestiti mentre la
frangia le ricopriva il viso come una seconda pelle, la tuta da Jonin per metà strappata le aderiva completamente con il
corpo producendo un leggero fruscio a ogni suo movimento.
Il
coprifronte della foglia, simbolo di quello che era diventata
dopo lunghi anni di duro allenamento giaceva abbandonato nel campo di
battaglia, da cui provenivano ancora i rumori dello scontro tutt’ora in atto,
lasciato lì nella fretta di correre al cospetto della sua maestra, colta da
un’inspiegabile brutto presentimento, che aveva scoperto solo ora rivelarsi
esatto.
L’ Uchiha assisteva alla scena
immobile osservando fisso quella ragazza tanto allegra che aveva conosciuto,
trascinarsi verso il corpo esamine dell’Hokaghe, come
una bambola vuota, senza vita che avanzava rischiando di inciampare a ogni
passo verso di lui.
La
pioggia continuava a scendere incessante, come a voler pagare pegno per la
perdita di una leggenda quale Tsunade-hime,il cielo totalmente coperto era avvolta d uno strato di
nuvoloni scuri, era
Barcollò
ancora per qualche passo, giunta ormai in prossimità del corpo della stessa
donna che l’aveva aiutata a crescere,a voltare pagina;
spostò la pupilla sul viso della donna, gli occhi verdi, ormai spenti
rimanevano semichiusi, mentre le ciglia imbrattate di schizzi di fango
sembravano aver perso la loro vitalità, percorse con lo sguardo il viso della
sua maestra, dalle labbra fuoriusciva un rivolo di sangue che andava a
macchiare il seno della donna.
Ad
un tratto le ginocchia non ressero più e la kunochi
si trovò seduta per terra in mezzo al fango, lo stesso che ormai aveva
imbrattato le vesti della donna che le giaceva di fronte supina.
Allungò
la mano, nel tentativo di afferrarla, di salvarla, di fare qualcosa, qualunque
cosa ma rimase lì immobile, con la mano sospesa a mezz’aria protesa verso
quella donna che era sempre stata onnipresente nella sua vita, rimase lì con la
mano sospesa, come in attesa di un suo aiuto, che non sarebbe mai arrivato.
Tsunade-sama giaceva al suolo senza vita.
Abbassò
leggermente la mano fino a posarla sui filamenti dorati che sembravano
nascondere il viso della donna, si stupì di quanto fossero setosi al tatto,
prese una ciocca e con le dita l’accompagnò dietro all’orecchio in modo da
poterle vedere il viso.
<< Tsunade-hime, voi assomigliate a un fiore di loto >>
si lasciò sfuggire senza esserci accorta di aver dato voce ai suoi pensieri.
La donna di tutta
risposta la guardò dubbiosa, inarcando un sopraciglio senza darsi troppi
problemi di tralasciare il suo stupore, ormai Sakura per lei era diventata come
una figlia, quella che non aveva mai avuto; si rivedeva molto in lei; molti
aspetti del suo carattere le facevano ricordare la ragazza che era stata un
tempo, prima che il suo grande amore Dan morisse insieme a suo fratello Nawaki.
Forse era per quello che
Tsunade-sama l’aveva accolta come sua allieva, Sakura
non era altro che l’ombra di quello che era stata lei un tempo, prima di
diventare il famoso ninja leggendario conosciuto in tutte le cinque terre.
Solo che a differenza
sua Sakura aveva ancora una speranza seppur vana, per questo aveva
deciso di accoglierla e insegnarli tutto quello che sapeva; con il
desiderio che magari se quella ragazza un giorno fosse riuscita a salvare il
suo grande amore,tale Sasuke Uchiha,
magari anche lei in qualche modo avrebbe potuto, in parte, riscattarsi.
Sakura avvampò
improvvisamente, si era persa nella contemplazione della sua maestra, intenta
ormai da qualche minuto a miscelate un antidoto per
curare il veleno di una falena molto rara, e senza che se ne rendesse conto
aveva parlato dando voce a un pensiero che poteva a mala pena essere
considerato frivolo.
La kunochi
lanciò uno sguardo di sottecchi alla sua maestra pronta a essere rimproverata
per aver mostrato poca attenzione a una sua lezione ,
ma quel che vide la lasciò sconvolta; Tsunade-sama
teneva il dito indice posato sul labbro inferiore di colore rosa pallido e
teneva lo sguardo nel vuoto mentre dalle sue labbra usciva un mugugno
decifrabile come –fiore di loto mmm…-
L’Hokaghe
spostò lo sguardo allusivo verso l’allieva che cercava di farsi piccola piccola, nella speranza di
scomparire dal suo cospetto, il viso duro che l’aveva sempre caratterizzata
sembrò sciogliersi e le sue labbra si incresparono in un sorriso << perché mi paragoni a un fiore di loto? >>
domandò criptica ma soave nella voce.
Sakura prese la domanda
come un’ancora di salvezza, forse per quella volta le sarebbe stata risparmiata
la ramanzina, quindi optò per dar voce completa ai suoi pensieri; dopo aver
tirato un sospiro liberatorio le labbra della kunochi
si incurvarono in un delizioso sorriso ,di una ragazza
in fase di diventare donna, abbassò lo sguardo e iniziò a fissarsi i sandali
mentre sul colorito roseo del suo viso si disegnava un velo di puro rispetto e
ammirazione verso la sua maestra.
<< i fiori di loto
sono fiori estremamente belli e colorati…ma allo stesso tempo resistenti e
simbolo di importanza…proprio come voi, Tsunade-hime
>> esclamò la giovane kunochi tutto d’un fiato,
consapevole che se si fosse fermata non avrebbe più avuto il coraggio e il
temperamento di riprendere la sua constatazione.
Nonostante tutto Sakura
con Tsunade non poteva mentire, la maschera di ragazza-spaccatutto con lei non funzionava, l’unico momento
in cui Sakura poteva essere sé stessa era nei pochi momenti in cui rimaneva
sola con la donna, alla quale sentiva di non poter mentire, nonostante il
cambiamento esterno la kunochi all’interno rimaneva
ancora la ragazzina dall’animo buono e questo la rendeva capace di frivolezze
come quella che aveva appena detto.
Tsunade-hime si ergeva in tutto il suo splendore nella stanza, l’aspetto
immutato che l’aveva fatta conoscere negli anni era solo l’involucro,
facilmente smascherabile dagli occhi di profonda saggezza che la
caratterizzavano, quegli occhi infatti erano l’unico
sua aspetto che invecchiava con la sua anima, l’unico aspetto di lei che con la
tecnica di Rinascita non ringiovaniva.
Ma quella volta gli
occhi di Tsunade sembrarono brillare di una luce
nuova, la stessa luce che brillava negli occhi di Sakura, quando l’aveva conosciuta
e che con lo scorrere del tempo si era fatta più opaca; la donna sembrò
riflettere attentamente sulle parole dell’allieva, come un giudice prima del
verdetto, un verdetto rivelatosi positivo nello stesso momento che l’Hokaghe aveva sorriso per poi lasciarsi trasportare in una
risata frizzantina.
Sakura guardava la sua
maestra in quello strano atteggiamento che per quella donna sembrava così
inconsueto, mai aveva visto Tsunade-sama ridere.
Guardava la sua maestra
tenersi una mano sul grembo mentre dalle sue labbra sgorgava una risata
frizzantina e contagiosa, non poté fare a meno di sorridere, anche se adesso le
avrebbe fatto la ramanzina Sakura non se ne sarebbe dispiaciuta, almeno poteva
dire di aver visto l’erede del famoso clan Senju
ridere, per la prima volta dopo tre anni che era diventata la sua sensei.
Tsunade-hime lentamente smise di ridere e riprese facilmente il contegno
con cui era conosciuta nelle cinque terre, ma sul suo volto rimase un sorriso
sghembo segno che stava per parlare.
<< tu invece
Sakura assomigli a un fiore di ciliegio, estremamente delicato e dolce >>
Sakura la guardò
incuriosita, lei assomigliava a un fiore di ciliegio? Aggrotto le sopraciglia e
si morse il labbro inferiore, i fiori di ciliegio si spezzavano al primo colpo
di vento più potente, i fiori di Ciliegio non erano per nulla belli.
Abbassò lo sguardo e
sospirò affranta, in fondo se lo era andata a cercare.
Fu in quel momento che Tsunade-sama le posò la mano sulla testa scompigliandole
dolcemente i capelli << sai, Sakura, i fiori di ciliegio fioriscono ogni
anno più belli di prima e assumono moltissime sfumature dal rosa al
bianco, non vedrai mai un fiore di ciliegio nascere due volte uguale ma
soprattutto questi fiori non appassiscono mai; il fiore di loto per quante
volte possa sbocciare rimarrà sempre uguale e alla fina appassirà per non
sbocciare più >>
Sakura sollevò
lentamente lo sguardo, in fondo Tsunade-hime aveva
ragione i fiori di ciliegio erano bellissimi, sorrise beatamente all’idea che un
giorno anche lei magari sarebbe sbocciata la rendeva felice.
E
come se la realtà l’avesse presa a schiaffi in faccia, Sakura realizzò che mai più avrebbe visto Tsunade-hime
sorriderle, mai più avrebbe trovato parole di consolazione giungerle all’orecchio,
mai più avrebbe sentito le sue urla rimproverarla per aver messo una dose
sbagliata nell’antidoto.
Tsunade-hime era appassita.
Le
lacrime iniziarono a scendere copiose sul viso della kunochi andando a mischiarsi
con le lacrime che il cielo continuava a versare per poi scivolare giù, tra il
fango, tra i detriti, tra le macerie e finire disperse in quello che restava di
Konoha.
Sasuke guardava la scena dall’alto della sua
posizione, immobile, etero come era sempre stato, incapace di trapelare la
minima emozione, la sua vendetta era compiuta, Konoha
aveva pagato;suo fratello, sua madre, suo padre, il
suo clan era stato finalmente vendicato.
Il
mukenin guardava il corpo privo di vita di quello che
era stato l’hokaghe della Foglia, la stessa donna che
anni prima lo aveva curato quando si trovava in un letto d’ospedale con le ossa
rotte.
L’Uchiha distese il volto, consapevole per la prima volta
dopo tanti anni di tormento la sua dannazione era terminata, che ora finalmente
sarebbe potuto tornare a vivere, e che magari un giorno avrebbe potuto vedere
il suo clan tornare agli antichi splendori.
E
finalmente dopo molti anni, un sorriso vero, liberatorio si distese sul volto
del giovane Uchiha mentre il suo corpo ferito veniva
avvolto da quella pioggia che sembrava avere il dono di cancellare i suoi
problemi e giustificare le sue colpe.
Sakura
tremava, il corpo martoriato di Tsunade-hime portava
i segni della morte e del dolore, la sua maestra aveva lottato, fino alla fine,
con ogni sua forza ma ora giaceva al suolo, esanime.
La
kunochi spostò lo sguardo vuoto verso il petto della
donna, non sarebbe servito a nulla controllare,sapeva
già che non batteva; lì, dove il kimono era strappato, proprio dove doveva
trovarsi il cuore, giaceva ancora la katana a infilzarla.
<< Tsunade-hime mi dica la prego, è
vero? >> aveva sbattuto la porta facendo irruzione nella stanza dell’Hokaghe, non erano servite a nulla le suppliche di Shizune di non entrare, Sakura aveva serrato i denti, aveva
spinto Shizune in parte e era entrata nella stanza di
Tsunade-sama.
Lo sguardo determinato,
la mascella serrata e il cuore che batteva troppo forte, e non per via della
corsa che l’aveva spinta defilata a correre dalla sua maestra a chiedere
conferma delle voci che giravano tra i ninja di Konoha
già dal suo ritorno.
L’Hokaghe
la guardò dapprima infastidita dall’irruzione ma poi sospirò, e afflitta chinò
il capo.
Si.
La kunochi
perse un battito,le gambe le cedettero e finì lì a
carponi sulla stanza dell’Hokaghe che non trovava la
forza di guardarla negli occhi.
Shizune stava appoggiata allo stipite della porta,colpevole
mentre stringeva con impeto la mano destra a pugno.
Tsunade fece cenno a Shizune di uscire e
richiudersi a porta alle spalle, consapevole che tutte le scartoffie di Konoha potevano aspettare.
La donna si inginocchiò
di fronte alla sua allieva prediletta posandole una mano sulla spalla, cercando
di darle forza, ma consapevole che qualunque parola,
qualunque gesto non avrebbero fatto cambiare le cose e questo lei lo sapeva fin
troppo bene.
Sakura si lasciò
sfuggire un singhiozzo soffocato mentre il suo corpo
tremava per la rabbia, strinse i pugni con forza fino a conficcarsi le unghie
sulla carne mentre il suo corpo diventava pesante, si morse il labbro a sangue
ma il dolore sembrava non smettere.
Il ninja leggendario le
sollevò con forza il capo costringendola a specchiare i suoi occhi nei propri e fu in quel momento
che Tsunade-sama per la prima volta dopo la morte di
Dan e Nawaki si sentì vacillare.
Due pozze verdi la
guardavano vuote, lo splendore delle iridi smeraldine della sua allieva
sembrava essere scomparso del tutto;aveva visto la kunochi cambiare giorno per giorno, farsi più forte e più
desiderosa di sapere, l’aveva vista assumere un atteggiamento morboso verso lo
studio al solo scopo di non potersi concentrare su altro, di non lasciarsi
andare, ma alla fine neppure lo studio, le lezioni, le missioni, nulla era più
bastato;aveva visto la luce degli occhi di Sakura spegnersi piano piano insieme alla sua speranza; ma senza mai spegnersi del
tutto, cosa che purtroppo era appena successo.
Sakura singhiozzava
rumorosamente mentre copiose lacrime le inondavano il viso, fino a scendere giù
a bagnarle la maglietta, si sentiva morire, sprofondare piano piano; mentre qualcosa dentro di lei si crepava,
nuovamente.
Sasuke Uchiha si era unito
all’Akatsuki.
Sakura
sprofondò con una mano nel fango bagnato dalla pioggia e dalle sue lacrime, cercò di
concentrare le sue forze, non era ferita ma il corpo sembrava non volerle rispondere,drizzò
il braccio ormai completamente imbrattato e fece leva per alzarsi; il suo corpo
barcollò per il disappunto ma non cedette.
Sakura
teneva gli occhi puntati al corpo della sua maestra, lo sguardo basso, la testa
sembrava staccata dal corpo, come se un genjutsu di
grande potenza l’avesse avvolta.
<<
Tsunade-hime perdonatemi >> un flebile sussurro
uscì dalle labbra ormai violacee della kunochi come
se lei sperasse che la sua maestra potesse ancora sentirla.
Sasuke Uchiha non si era
mosso di un passo da quando la sua katana era andata a infilzare il cuore dell’Hokaghe di Konoha, aveva visto la
donna esalare l’ultimo respiro mentre cercava di dire qualcosa ma la sua mente
era altrove e lui non aveva sentito il flebile sussurro di colei che decretava
la fine di un altro Clan.
Con
la morte di Tsunade-sama il clan Senju
era scomparso.
Il
mukenin era rimasto immobile, sotto la pioggia, senza
sapere bene il perché fino a quando aveva visto Sakura, la ragazzina petulante
correre nella sua direzione senza neppure prendere fiato fino a quando non si
era fermata di botto.
Il
portatore dello Sharingan aveva visto le iridi
smeraldine della sua vecchia compagna di team guardarlo esterrefatta per poi portare
lo sguardo più in basso ai suoi piedi dove giaceva l’ormai defunto Hokaghe di Konoha; aveva visto lo
sguardo della ragazzina noiosa
cambiare, svuotarsi e per la prima volta aveva desiderato che quelle iridi
fossero solo per lui; era rimasto a guardare la scena curioso o semplicemente
incapace di andarsene, come se qualcosa lo tenesse a quel luogo, come se
sentisse dentro di sé il bisogno di restare.
Sakura
alzò lentamente lo sguardo, timorosa di staccarlo dalla sua maestra, come se
qualcuno avesse potuto portarla via, come se quel distacco avesse voluto sancire
la realtà dei fatti; fino a portare le sue iridi smeraldine posarsi sulla
figura dell’uomo che si innalzava d’innanzi a lei.
<<
Sas’ke >> un flebile
sussurro scivolò dalle labbra della Kunochi per
arrivare udibilissimo alle orecchie dell’Uchiha.
Sasuke osservò attentamente la figura della giovane
donna rivolta a lui, Sakura era cambiata, almeno esteticamente, si era fatta
più matura, era diventata una donna, le forme pronunciate, l’esile corpo, le
labbra piene e i capelli tornati finalmente lo splendore di un tempo, seppur
fradici.
Sakura
era sbocciata, e Sasuke se ne era appena reso conto.
Tsunade-sama aveva apposta preso la mattinata libera mentre sfilava per
le strade di Konoha seguita dalla sua allieva
prediletta; il popolo la salutava, per loro lei era l’Hokaghe,
la donna più forte del villaggio, colei che gli avrebbe protetti con la sua
stessa vita.
Il rispetto che si
poteva leggere negli occhi della popolazione che acclamava l’Hokaghe al suo passaggio non era nulla in confronto di
quello che si leggeva negli occhi della Kunochi che
la seguiva a testa alta.
Sakura era fiera di
essere diventata allieva dell’Hokaghe, rispettava Tsunade-hime sia come ninja che come donna, e le volte che
succedeva che qualcuno la paragonasse alla sua maestra lei non poteva che
compiacersi della cosa, arrossendo e sminuendo le sue potenzialità rispetto
alla sua insegnante.
Tsunade-sama e Sakura Haruno erano legate tra
loro da un sottile filo del destino che le accomunava proprio come era successo
con Naruto e Jiraya.
Più passavano i giorni
più la povera Shizune era preoccupata del destino di
Sakura, ogni giorno che la vedeva assomigliava sempre di più nel carattere e
nel modo di comportarsi della sua maestra; Tsunade-sama
era soddisfatta dal continuo cambiamento di Sakura e vedeva in lei la stessa
ragazza che era stata lei un tempo, desiderosa che per
Sakura il destino avesse riservato un finale migliore.
Tsunade-sama non l’aveva mai detto a nessuno, ma era convinta che Sakura
nel giro di un paio d’anni l’avrebbe superata proprio come era successo a Jiraya con Naruto.
Sakura seguiva la sua
maestra per le strade soleggiate di Konoha, ignorando
totalmente la meta a cui sarebbe giunta, si fidava della sua maestra.
<< Sakura, voglio
presentarti un persona.. >> esclamò la giovane
donna mentre sul suo volto si dipinse un sorriso dolce-amaro.
Sakura annuì e continuò
a seguire la sua maestra che si stava dirigendo verso il fitto del bosco, non
era mai stata da quelle parti, neppure con Kakashi e
il vecchio Team 7, fu proprio perché troppo presa dai suoi pensieri che si
scontrò addosso alla schiena di Tsunade che si era
fermata ai piedi di un enorme albero.
Sakura bofonchiò uno
–scusa- per poi staccarsi dalla schiena della maestra e massaggiarsi il naso
indolenzito; fu così che la kunochi scorse due lisce
pietre di marmo bianco ai piedi dell’albero proprio di fronte a lei; non fu
difficili capire di chi cosa si trattasse e del perché la sua maestra l’avesse
portata in quel luogo.
Tsunade-hime annuì con la testa sentendo lo sguardo della sua allieva
solleticarle la nuca.
<< sono sepolti
qui, Dan e Nawaki… >> boccheggiò l’Hokaghe
Sakura posò lo sguardo
sulle due pietre di marmo lastricato, non c’erano scritte solo due copri fronte
erano deposti ai piedi di ciascuna lapide, segno che le due persone sepolte in
quel luogo erano ninja.
Tsunade-hime sforzò un sorriso carico di amarezza mentre spostava lo
sguardo dalle lapidi alla sua allieva che la osservava incapace di pronunciare
una sola sillaba.
<< ti ho portato qui Sakura
perché volevo condividere con te la cosa più preziosa che ho…Dan è stato il mio
grande amore, quello che per te è l’Uciha >>
pronunciò quel cognome con astio.
Tsunade-sama odiava Sasuke Uchiha
perché era colpa di quel ragazzo se ora la persona più importante della sua
vita non era felice e forse non lo sarebbe mai stata.
Sakura trattenne il
respiro, vedere le lapidi di Dan e Nawaki le aveva
fatto crescere nel cuore un terribile dolore e la consapevolezza che forse lo
stesso dolore che provava Tsunade-hime un giorno
avrebbe potuto provarlo anche lei; un velo di amarezza e dolore tinse il viso
della Kunochi che colpita in fallo abbassò lo sguardo tremendamente colpita da quella possibilità.
<< non succederà
>> fu il lieve sussurro che Tsunade-sama pronunciò
prima di posarle una mano sulla spalla facendole alzare il viso ormai al limite
di riempirsi di lacrime.
Tsunade-hime guardava la sua allieva negli occhi e un ghigno beffardo le
si dipinse sul viso.
<< sei forte
Sakura,devi solo credere in te stessa e non fallirai
>> esclamò il quinto Hokaghe dando una forte
pacca sulle spalle alla kunochi che sotto la forza di
quel colpo si trovò inginocchiata per terra.
<<
Sakura… >> al voce del mukenin
si sollevò nell’aria, fredda affilata
come una lama
La
kunochi non rispose, intenta a studiare gli occhi
neri come la pece dell’Uciha, quegli occhi che al
tempo dell’accademia l’avevano fatta innamorare e per cui aveva fatto sforza
sovraumani, gli stessi oggi che ora sembravano essere tornati a palpitare e che
lei non poteva farne a meno.
Sakura
fece qualche passo incerta verso il suo ex compagno di
team ma questo non emise un solo movimento, fu quando la ragazzina petulante
scavalcò il corpo senza vita dell’Hokaghe che il viso
di Sasuke parve ricomporsi dallo stato di trance in
cui era caduto.
Le
labbra dell’erede dell’antichissimo Clan si incurvarono in un sorriso dolce, il
primo vero sorriso che quel volto sembrava esibire dal giorno della dannata
giornata dove la sua vita aveva preso una piega inaspettata; il giorno in cui
il piccolo Sasuke Uchiha
aveva giurato vendetta verso suo fratello e che ora finalmente uomo aveva
compiuto verso il villaggio dove aveva abitato.
Nello
stesso momento in cui l’Hokaghe di Konoha aveva esalato l’ultimo respiro il cuore di Sasuke aveva scandito un battito più forte degli alti, Sasuke Uciha era finalmente
tornato libero di vivere; e proprio in quel momento era apparsa lei, come se il
destino non stesse aspettando altro e pure il cuore di Sakura aveva preso un
battito diverso.
Nello
stesso momento in cui Sasuke Uchiha
aveva iniziato a vivere Sakura Haruno aveva smesso.
<<
Sas’ke >> sussurrò la
kunochi mentre le sue iridi smeraldine avevano
incominciato a risplendere e la fiammella che sembrava essersi spenta era
tornata divampare nei suoi occhi, per lui.
Il
mukenin allungò una mano verso la giovane donna che
si trovava d’innanzi e le accarezzò dolcemente il viso scostandole dalla pelle
arrossata gocce trasparenti di pioggia [lacrime];
Sakura socchiuse gli occhi per gustare al massimo di quel contatto che tanto
aveva desiderato e che ogni giorno che trascorreva sembrava sempre più
utopistico.
Sakura
avvicinò maggiormente il suo corpo a quello del ragazzo che non si ritrasse
neppure quando lei socchiuse gli occhi e avvicinò le proprie labbra alle sue.
Un
bacio dolce/amaro che valeva più di mille parole,desiderato
nei sogni più segreti di entrambi, sperato per molti anni ogni volta che lo
incontrava, agoniato perché avevano dovuto soffrire
entrambi per arrivare a quel giorno, snobbato perché lui era Sasuke Uchiha e non pensava a
certe cose.
Ma
quel giorno sotto la pioggia, tutto sembrava possibile.
<<
perdonami >> sussurrò la kunochi mentre
staccava leggermente il volto del giovane Uchiha dal
suo ma continuando a tenere il suo Sas’ke stretto in un abbraccio
molto più simile a una morsa.
Fu
nello stesso momento in cui la Katana lacerava la carne del portatore dello Sharingan; per poi passare oltre e infilzare la ragazzina
petulante, che si stringeva in un morsa serata al
compagno per non ritrarsi al fendente ; che Sasuke
capì che quelle che coprivano il volto della ragazza non erano gocce di pioggia
ma lacrime.
Tsunade-sama intanto dal fango assisteva alla scena, unica
spettatrice oltre il cielo a partecipare alla fine di tutto, mentre i corpi dei
due giovani scivolavano a terra,tra il fango, l’acqua,
le lacrime e il sangue; privi di vita.
Decisamente
non c’è lieto fine..ma spero sia piaciuta lo stesso…
Perché l’ho
scritta?
Sarò sincera è
da un po’ ch mi passa per la zucca un finale del genere…
La morte di Tsunade,la crescita improvvisa di
Sakura…
Parole al
vento spero…
Lasciatemi un messaggino
così deduco che è bene che mi dia all’ippica o che ci provi ancora a scrivere qualcosina!
PetaloDiCiliegio