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Autore: MaDeSt    21/10/2016    4 recensioni
Non è necessario leggere il prologo ma è caldamente consigliato.
Sei ragazzini provenienti da un villaggio sperduto, cresciuti in un piccolo paradiso, ignoranti dell'orrore che li circonda, si ritrovano ad avere tra le mani sei uova di drago, di cui poi diventeranno amici... e la loro leggenda ha così inizio.
Dovranno salvare il mondo, ecco ciò che ci si aspetta da loro. Ma ne saranno all'altezza? Riusciranno a capire chi è il loro vero nemico prima che questo li distrugga?
[Pubblicazione interrotta. Non aggiornerò più questa storia su EFP, non aggiornerò i capitoli all'ultima versione, pubblicherò solo in privato per chi realmente è interessato a seguire la storia a causa di plagi e ispirazioni non autorizzate non tutelati a discapito del regolamento apparentemente ferreo. Trattandosi della mia unica storia, a cui lavoro da anni e a cui sono affezionata, non vale la pena rischiare. Chi fosse interessato a capire come seguire la storia troverà tutte le informazioni nelle note all'inizio dell'ultimo capitolo pubblicato. Risponderò comunque alle recensioni qualora dovessi riceverne, ma potrei accorgermene con del ritardo.]
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dargovas'
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Il colore del titolo del capitolo corrisponde al colore della regione in cui la storia al momento si svolge, tenete d'occhio la mappa per sapere dove ci troviamo!

NEW EXPERIENCES

Affidandosi agli acuti sensi di Smeryld, Cedric era riuscito a cacciare una coppia di conigli, un giovane cervo e due poiane in tempo record; per gli uccelli e i conigli non c’erano problemi, non pesavano molto, ma il cervo era tutta un’altra storia.
Lo guardò perplesso, steso a terra con una freccia che gli trapassava il collo da parte a parte, lo indicò e disse: «E ora come lo porto via? Non avrei dovuto ucciderlo.»
Puoi sempre lasciarlo a noi ribatté il draghetto pregustandosi il pasto.
«Potrei, ma se torno indietro con questi mio padre avrà da ridire.» disse con un sospiro esasperato.
Lascia quelli a noi e prenditi il cervo!
«Il problema resta, pesa più di me.»
E di solito come fai?
«Di solito ho il cavallo con me.»
Lo porto io.
«No, sei pazzo? Lasceresti i segni dei tuoi denti! E forse nemmeno riusciresti, pesa molto.»
Dubiti della mia forza? domandò offeso guardandolo dritto negli occhi e agitando la coda infastidito.
Il ragazzo non rispose, ma alzò le spalle e fece un verso che stava a significare più un sì che un no. Smeryld ringhiò e quindi Cedric si affrettò ad aggiungere: «Almeno per ora. Sei ancora piccino.»
Pi... picci-cosa? domandò stortando la testa.
«Piccino. Sinonimo di piccolo.»
Ah... fece deluso, ma non la prese troppo sul personale e cambiò atteggiamento: Quindi cos’hai intenzione di fare?
«Non lo so... magari, se riesci...» un rumore lo interruppe, un rumore che Cedric conosceva bene e non avrebbe mai voluto sentire senza avere il cavallo con sé.
Un orso era nei paraggi, e pareva arrabbiato o affamato. Forse aveva fiutato l’odore di diverse prede, tra cui il ragazzo e il piccolo drago – anche se non era certo che un orso conoscesse l’odore di un drago – e il fatto che non fosse ancora andato in letargo poteva essere indice di grossi guai: se non era addormentato era ancora in cerca di cibo. Si diede dello stupido per aver dato per scontato che il bosco potesse essere relativamente sicuro, dato il clima rigido.
Che c’è? gli chiese Smeryld avvertendo la sua preoccupazione, si guardò intorno ma non vide nulla, anche se sentiva del movimento, e pareva essere un animale davvero pesante.
«Forse sarebbe meglio lasciargli il cervo, così avrà qualcosa a cui pensare e avremo il tempo di scappare.» sussurrò.
Scappare? Da cosa? domandò contrariato: un drago non scappava da nulla.
«Da un orso.»
Cos’è?
«Un animale davvero pericoloso, se preso per il verso sbagliato. Sbrigati, andiamocene.»
Fece per andarsene, ma proprio allora Smeryld vide qualcosa muoversi dietro la vegetazione e ringhiò dicendo: È lì! il corpo teso come la corda di un arco.
«Sì! E faremmo meglio a sparire!» disse in fretta, e mentre l’orso compariva da dietro una felce di notevoli dimensioni il ragazzo corse dalla parte opposta esclamando: «Sbrigati Smeryld, vieni via!»
Il draghetto fissò l’animale sconosciuto con occhi sgranati, era davvero enorme, dal folto pelo bruno, gli occhi gialli, lunghi artigli alle zampe. Ma aveva un’andatura goffa, non sembrava veloce né pericoloso e non capiva da dove arrivasse tutta quella paura da parte di Cedric. Era grosso, certo, ma anche i cavalli lo erano, eppure erano bestie mansuete.
Da parte sua, anche l’orso si fermò a osservare Smeryld e sembrò valutare i rischi di affrontare una bestia simile, di piccole dimensioni ma coperto dalla testa alla coda di armi capaci di uccidere. Annusò l’aria, poi si alzò sulle zampe posteriori e bramì con ferocia per intimorirlo.
Oh, sì, ha i denti... è davvero grosso... pensò Smeryld, sulle prime rimanendo pietrificato a fissare l’orso negli occhi.
Cedric sentì la voce dei suoi pensieri come se gli avesse parlato nell’orecchio, perciò si stupì quando guardandosi intorno non lo vide. Si fermò immediatamente e guardò indietro, vedendolo lì fermo dove l’aveva lasciato con le ali afflosciate a terra e la testa rivolta verso l’animale, che ora si avvicinava a lui.
«Smeryld cosa fai?! Vieni via!» gridò.
Vedendo che il draghetto non gli obbediva gettò all’aria ogni prudenza e tornò indietro incoccando una freccia mentre correva, e quando fu abbastanza vicino fece ciò che in circostanze normali non avrebbe mai osato fare: l’orso era poco distante da Smeryld, si alzò di nuovo sulle zampe posteriori e si preparò a colpirlo, ma il ragazzo fu più veloce, prese la mira e liberò la freccia che si andò a conficcare nella spalla dell’animale.
Quello ruggì furibondo e tornò a quattro zampe, ora guardando Cedric. Lasciò perdere il piccolo drago che pareva al momento innocuo, al contrario di quelle frecce, bramì la sua ira e corse verso il ragazzo.
Lui si lasciò sfuggire una sonora imprecazione e cominciò a correre dalla parte opposta, cercando intanto un albero su cui potersi arrampicare, e anche in fretta, perché l’orso era molto più veloce di lui e non aveva più di una manciata di secondi prima che fosse troppo tardi per arrampicarsi.
Fu vedendolo in pericolo che Smeryld si risvegliò, scosse la testa e si dimenticò dei lunghi denti e degli artigli dell’orso: li aveva anche lui. Non così lunghi e forti, ma li aveva, e li avrebbe usati fino a uccidere quella bestia se necessario, altrimenti quello avrebbe ucciso Cedric. Ruggì furente e cominciò a correre più veloce che poteva dietro all’orso, ben sapendo di non poterlo raggiungere a piedi, dunque spalancò le ali con forza e balzò, le sbatté per planare veloce tra gli alberi sebbene sapesse che era molto pericoloso, non avendo ancora imparato ad avere il controllo sul volo. Ma doveva rischiare, non poteva permettersi altri ritardi.
Non c’erano alberi sicuri e Cedric non tardò a notarlo, accettando di dover affrontare l’orso faccia a faccia. Si fermò e incoccò una freccia, poi si volse per prenderlo di mira e impallidì, perché l’orso era già dietro di lui, e anche lui si fermò per alzarsi sulle zampe posteriori, bramendo minaccioso e preparandosi a colpirlo.
Smeryld raggiunse l’orso e gli atterrò proprio sulla schiena, avvinghiandovisi con gli artigli più forte che poté, ruggì di nuovo e spalancò le fauci al limite per riuscire a morderlo dietro al collo. L’animale, colto dall’improvviso dolore, ruggì e lasciò perdere Cedric, cercando invece di capire cosa l’avesse colpito. Il draghetto era minuscolo a confronto, sembrava una lotta tra un cane e un elefante, ma il cane non aveva punti ciechi, e l’unico modo che ora l’orso aveva di sbarazzarsene era schiacciarlo contro un albero o rompergli qualcosa.
Il ragazzo non poteva aspettare che lo facesse, riprese il controllo dì sé e scagliò la freccia che prima aveva incoccato, colpendo l’orso dritto al collo.
L’animale di nuovo ruggì e si agitò, Smeryld non riuscì a tenere la presa né coi denti né con gli artigli, perché la bestia era troppo grande per lui. Rotolò a terra e per fortuna non andò a sbattere da nessuna parte, ma l’orso lo prese subito di mira e gli corse incontro senza lasciargli il tempo di rialzarsi.
Cedric lo colpì nuovamente, ma questa volta l’animale non rallentò la corsa e aggredì Smeryld afferrandolo tra le enormi fauci. Il draghetto emise un acuto verso strozzato, e il ragazzo si sentì come se l’orso avesse azzannato lui, scosse la testa e si affrettò a incoccare un’altra freccia, ma con sua sorpresa l’orso non aveva procurato più di qualche profondo solco tra le scaglie verdi.
Smeryld lo frustò con la piccola coda, ferendolo con le numerose piccole spine, lo graffiò coi piccoli artigli e lo morse sul muso. L’orso non sembrava risentire molto di quelle ferite, ma la persistenza del draghetto alla fine gli fece mollare la presa. Smeryld traballò sulle zampe lamentandosi del dolore di quel potente morso, Cedric liberò la quarta freccia e l’orso si allontanò dalla creatura verde scuotendo la testa, e dando al draghetto l’occasione di balzargli al collo.
Lo morse con forza alla gola scoperta, richiuse le fauci più che poté e tirò verso di sé, strappandogli pelliccia e tessuti, sentì il sapore del suo caldo sangue e ringhiò appagato, mentre l’orso lanciava un ruggito acuto, del tutto inappropriato per la sua mole e la sua fama di grande cacciatore. Lo morse ripetutamente e ogni volta strappò nuova carne, lacerandogli infine l’arteria e la trachea. Il grande orso bruno si accasciò a terra incapace di respirare e perdendo rapidamente sangue, senza più emettere un suono e agitando le pesanti zampe sempre più debolmente, finché alla fine il suo cuore cessò di battere e rimase immobile in una pozza di sangue che aveva tinto erba e neve di cremisi.
Smeryld scuoteva la coda orgoglioso, aveva appena scoperto l’esistenza di un altro potente e pericoloso cacciatore, ma lui l’aveva ucciso. Lui era il più forte. Lo annusò per rimembrarne l’odore, poi ruggì la sua vittoria alla volta della foresta.
Non era poi così pericoloso commentò quando ebbe finito, guardò Cedric chiedendosi perché ancora non avesse parlato e scoprì che era inginocchiato a terra e lo fissava a bocca aperta, quindi dedusse che le gambe lo avevano abbandonato o per la paura o per lo stupore: Qualcosa non va?
«No, io... come diamine... tu?» balbettò il ragazzo incredulo.
Ho ucciso questa possente bestia. Alla fine il punto più debole è lo stesso per tutti. Sarei riuscito anche senza il tuo aiuto disse con fare derisorio, mentre si puliva il muso come un gattino.
«Così piccolo... come hai fatto?»
Lo guardò intensamente negli occhi e gli rispose: L’ho fatto per proteggere te. Come tu hai cercato di ucciderlo per proteggere me. Ma le tue armi e le tue difese non erano adeguate, le mie sì. Non avevi alcuna speranza di ucciderlo. Perché gli sei corso incontro?
«Pensavo che ti avrebbe ucciso. Eri lì fermo a guardarlo!»
Forse non mi avrebbe ucciso, ma a quest’ora non sarei tutto intero. Ti ringrazio.
Cedric si strofinò il collo dove aveva provato la sensazione del morso. Guardandosi la mano non vide sangue e un poco più sollevato rispose con una scrollata di spalle: «Oh beh, figurati. Hai estinto il debito piuttosto in fretta.» a quelle parole Smeryld ridacchiò e fece quello strano verso simile alle fusa di un gatto, poi finalmente Cedric trovò la forza di rialzarsi e gli chiese: «Stai bene? Ti ha ferito, mi dispiace...»
Starò bene lo rassicurò il draghetto.
Indicò l’orso: «Direi che quello te lo puoi tenere come trofeo, ma sarà impossibile riportarlo alla tana. E prima che l’orso m’interrompesse, ti stavo proponendo di aiutarmi col cervo. Ora che ho visto coi miei occhi quanto sei forte credo tu possa portarlo almeno fuori dal bosco, dopodiché ci penserò io. Se causerai danni troppo evidenti ti terrai la parte danneggiata. Affare fatto?»
Affare fatto?
«È un modo per chiederti se sei d’accordo.» spiegò.
Allora sì, affare fatto rispose Smeryld, guardò l’orso ancora una volta, poi gli saltò addosso e ruggì: Mio! facendo ridere Cedric.
«Beh, dal momento che se tornassi con tutta questa roba in così poco tempo mio padre s’insospettirebbe, credo che avremo tutta questa notte e tutto domani per prendercela comoda e tornare a casa.»
Tuo padre sembra una creatura molto fastidiosa commentò il drago, accucciato sopra il corpo dell’orso stava giocherellando a soffiare sui lunghi peli scuri.
Il ragazzo di nuovo rise: «Sì, diciamo che è un fastidioso e violento piantagrane ficcanaso.» si zittì immediatamente scoprendosi quasi dispiaciuto di averlo detto, poi guardò Smeryld che col massimo dell’indifferenza ancora spazzava i peli col suo fiato, e si sentì felice e in qualche modo rincuorato di poter confessare al piccolo drago tutto ciò che voleva senza essere giudicato.
Credo sia meglio per me non conoscere il significato di quelle parole, vero?
«Cosa te lo fa pensare? Non vorresti?»
Da come ti sei pentito di averle usate sembravano un insulto.
«Non esattamente... di certo se lo sapesse non si congratulerebbe con me. Proprio no.» scosse la testa e decise di cambiare in fretta argomento: «Allora, come perdiamo il resto del nostro tempo fino a domani?»
Il tempo insieme a te non è mai perso. Dimmi, Cedric, cosa vuol dire ‘Piantagrane ficcanaso’?
Il ragazzo scoppiò a ridere tanto da sdraiarsi a terra e quasi lacrimare, incapace di contenersi immaginando il suo piccolo drago che ripeteva quelle parole guardando negli occhi il fabbro e, di conseguenza, immaginando la reazione di quest’ultimo non tanto per aver visto un giovane drago, quanto per ciò che la creatura gli aveva detto. Sotto lo sguardo divertito di Smeryld ritrovò un po’ di contegno e si mise seduto asciugandosi gli occhi col dorso di una mano, poi si rialzò per recuperare le frecce dal corpo dell’orso.
E tua madre dove pensa che passi il tuo tempo? Ametyst ci ha raccontato che la madre di Layla pensa che lei sia innamorata di qualcuno di noi. O di voi, forse.
Cedric smise immediatamente di ridere e perse l’aria divertita per una per metà triste e metà furente: «Non lo so.» tagliò corto, sperando di riuscire a tenergli nascosto quello che realmente pensava.
Perché non glielo chiedi? Sono curioso...
«Non ho intenzione di parlartene. Non c’è nulla di interessante da dire.» lo interruppe «Non voglio litigare con te, Smeryld...»
Nemmeno io ammise il draghetto, cercò di non mostrarsi triste per il suo atteggiamento, soprattutto quando sentì che piuttosto che parlarne avrebbe preferito chiudergli la mente. Ma non ne era ancora capace, e il piccolo drago si guardò bene dal carpire informazioni che non avrebbe voluto condividere, quindi abbassò la testa e guardò da un’altra parte senza insistere.
Dopo aver riflettuto diversi minuti per conto suo, senza che la creatura potesse ascoltare, Cedric riprese a camminare spingendosi ulteriormente a nord-est e Smeryld fu costretto ad abbandonare l’orso per seguirlo. Pensava che volesse recuperare le altre prede, ma il ragazzo non si fermò e proseguì ancora e lui non gli fece domande, limitandosi a trottargli dietro tenendo la coda sollevata per non lasciare quella strana traccia sulla neve, come Cedric gli aveva insegnato.
Smeryld cominciava a sospettare che il ragazzo sapesse esattamente dove stessero andando soltanto quando si accorse che non rallentava mai il passo e nemmeno si guardava intorno più di quanto gli bastasse per essere sicuro di stare seguendo la giusta direzione, ma ancora evitò di leggere i suoi pensieri per capire in anticipo dove lo stesse portando.
Cedric si fermò solamente quando giunsero in una radura dove gli alberi erano più grandi del normale e più distanti, segno che si stavano avvicinando alla Foresta, e il draghetto si fermò con lui studiando l’ambiente; non vedeva nulla di diverso al di fuori dei tronchi più alti e voluminosi.
«È qui.» sussurrò Cedric.
Smeryld lo guardò dal basso incuriosito: Cosa è qui?
L’altro si limitò a scuotere la testa avviandosi verso il centro della radura, dove si sedette senza rispondergli, e il draghetto di nuovo lo seguì sedendosi accanto a lui senza fare ulteriori domande.
Rimasero seduti in silenzio e Cedric si ritrovò a pensare, tra le altre cose, se il draghetto considerasse anche questo tempo non perso sebbene non stessero facendo assolutamente nulla. L’aveva portato nel luogo dove aveva visto morire sua madre per mano dei Krun e dove era tornato spesso: la prima volta per seppellire ciò che ne era rimasto; e ogni altra volta che era uscito per cacciare, per passare almeno una notte con lei e coi ricordi di lei che col passare degli anni sbiadivano sempre più.
Si sentì sul punto di piangere ma riuscì a trattenersi, non essendo sicuro di voler spiegare tutto al giovane drago; era ancora troppo piccolo, come minimo avrebbe voluto aspettare qualche altro mese. Ma l’avrebbe certamente evitato del tutto, se possibile, non c’era motivo che sapesse. Aveva già fatto un grande passo avanti portandolo lì con sé.
Guardò la giovane creatura di sottecchi per non farsi notare e vide che si stava guardando attentamente intorno per cogliere l’importanza di quel luogo senza chiederglielo direttamente, dunque Cedric capì che avvertiva il suo desiderio che rimanesse lontano dai suoi pensieri e tirò un sospiro di sollievo. Attirando lo sguardo del draghetto su di sé.
Si limitò a sorridergli debolmente senza dargli alcuna spiegazione per poi tornare a guardare dritto davanti a sé, e Smeryld lo imitò tornando a studiare la radura.
Riuscì a costringersi a rimanere sveglio e seduto anche dopo il tramonto nonostante al buio gli sembrasse di rivivere più chiaramente il ricordo del massacro che era avvenuto proprio poco più avanti, e si rialzarono per tornare a riprendersi le prede solo poco prima che sorgesse il sole. Il draghetto lo seguiva rimanendo distante solo pochi passi sempre rispettando il suo silenzio, ma qualcosa gli diceva che quell’esperienza, sebbene quasi del tutto muta, li avesse avvicinati.
Avevano ancora un’altra giornata da perdere – così diceva Cedric – ed era curioso di sapere cosa si sarebbe inventato il ragazzo dopo quella strana notte. Ma si limitò a dirgli di avere bisogno di dormire almeno qualche ora, quindi portarono tutte le loro prede dove avevano ucciso l’orso e Cedric si accoccolò accanto al grande animale morto per dormire. Smeryld ci mise poco più tempo a decidersi, ma alla fine si unì a lui trovando che fosse strano dormire di giorno.
E una volta che furono entrambi svegli non tornarono sugli argomenti della giornata precedente, piuttosto spesero tutto il dì a giocare; il ragazzo per la prima volta si mostrò davvero divertito e gl’insegnò come rotolarsi nella neve per disegnare diverse figure, cacciando un’altra coppia di piccoli animali nel frattempo.

  
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