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Autore: Bakagheiyama    23/10/2016    3 recensioni
[Bar!AU] OikawaxIwaizumi
La vita di Hajime Iwaizumi poteva anche essere considerata noiosa, ma a lui non importava. Il ragazzo odiava i cambiamenti quasi come le persone popolari e spocchiose e-per quanto ne dicesse-amava la sua vita tranquilla e poco movimentata.
Fino a Tooru Oikawa e a quel maledettissimo bar.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama, Tooru Oikawa, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Certe volte sento come se mi mancasse un pezzo della mia vita

 
I feel like I'm always searching for something, for someone.
-Your name



 
Hajime non si accorse di star trattenendo il fiato finché non ebbe l’urgenza di ricominciare a respirare. Tutti quei misteri che erano Oikawa, che lo formavano e che lo tormentavano – i sorrisi, il volto, i gesti – erano stati improvvisamente risolti, come fossero fili intrecciati tra loro in un gomitolo fittissimo. I pezzi del puzzle si erano incastrati per formare una storia ed Iwaizumi voleva scoppiare a piangere.
La sua perfezione, i suoi atteggiamenti, il suo dolore, le sue scuse – perché Oikawa trovava una scusa per tutti i suoi difetti, schermandosi dietro ad un velo di bugie a cui non credeva più neanche lui stesso. O forse, non ci aveva mai creduto. Ma Tooru puntava ad essere il migliore, e non poteva – non voleva togliersi quella sottile maschera che si portava dietro con tanto orgoglio e disperazione. Aveva deformato la sua intera personalità in modo da assecondare gli altri, e di conseguenza il suo immenso ego.
L’unica cosa che Iwaizumi poté fare fu tirare un bel pugno in testa al ragazzo che era raggomitolato vicino al muro in posizione fetale, il suo solito sorriso arrogante a contrastare le lacrime che scendevano copiose sul bel volto. Dopotutto, pensò Hajime, lui non conosceva altri metodi per consolare le persone.
 
“Rude! Rude, Iwa-chan, perché?!” uggiolò ferito l’ex alzatore, che nel frattempo aveva ricostruito la sua persona e ostentava uno sguardo fiero e per niente ferito. Si stava comportando proprio come se non fosse successo nulla, come se non avesse raccontato la sua vita proprio ad Hajime, il ragazzo più banale e noioso sulla faccia della terra. Si comportava come se non avesse ammesso di aver baciato quel ragazzo, Ushijima, di essere stato con lui e di aver sofferto anche per causa sua. Si ritrovò improvvisamente a pensare a quel prodigio della pallavolo, colui che aveva tanto interessato Tooru, il ragazzo che gli appariva complicato anche più di Oikawa. Con un sussulto si accorse che Ushijima era il tipo di persona che lui non avrebbe mai potuto essere: calmo, riflessivo, un talento, interessante, risoluto. Provò un misto di rispetto ed invidia per quell’essere così perfetto e, per la prima volta in vita sua, provò il desiderio di nascondersi da qualche parte e piangere, piangere, piangere, finché le sue lacrime non avessero avuto un senso. Da quando aveva conosciuto Oikawa la sua vita era stata piena di prime volte.
 
Oikawa. Si voltò di scatto verso la persona che, piano piano, si era rialzata da terra e ora stava di fronte a lui, cercando di asciugarsi le ultime lacrime sul volto. Con un’iniziativa che stupì lui stesso, Hajime tese una mano verso il viso di Tooru, tentando di stropicciare gli occhi al compagno con un gesto maldestro. Anche Tooru parve abbastanza sorpreso, perché i suoi lineamenti si aprirono in un’espressione di stupore e incredulità, una delle poche reazione vere che Hajime avesse mai visto in lui. Iwaizumi fu intenerito da quel viso bellissimo: non bello nel senso di attraente, perché Tooru era attraente di suo, ma bello come un viso che dopo il pianto riesce ad apparire luminoso. Forte. Fu solo un attimo, però, ed Iwaizumi ritrasse la mano rapidamente così come l’aveva tesa, rimproverandosi mentalmente. Diede le spalle ad Oikawa e si incamminò verso la porta, sentendo lo sguardo del ragazzo sulla sua schiena. Prima di uscire, si bloccò sull’uscio, incerto su cosa dire.
 
“Oikawa, io penso che tu abbia ragione. Non puoi cambiare una persona e trasformarla a tuo piacimento, semplicemente non è possibile” Hajime sentì Tooru trattenere il fiato, “ma penso anche che le persone creino dei legami, si affezionino alle altre proprio perché queste non cambieranno mai. Che te ne fai dell’amicizia di una persona che non ti accetta per come sei? Alla fin fine, sono le stesse persone che cambiano per gli altri, per vendetta, per amicizia o… per amore. Quindi, tu sei tu. Sei Oikawa. Non dovresti cambiare in base a ciò che vogliono gli altri, ma in base a ciò che vuoi tu.”
Il silenzio aleggiò nell’aria per qualche istante. ‘Forse ho parlato troppo’, pensò Hajime, e fece per andarsene, quando un sussurro lo immobilizzò sul posto.
“Tu… non sei per niente banale. Non lo sei.”
Hajime si decise ad uscire da quella stanzetta che tutto ad un tratto si era fatta troppo stretta per lui. Senza aggiungere altro, si ritrovò a correre per i corridoi del KaraCo come se stesse scappando da un mostro.

 


Non vide Oikawa fino a che la sua squadra non venne eliminata al torneo. Per la prima volta in tre anni, Hajime vide l’Aoba Johsai, la sua Aoba Johsai, arrivare al secondo giorno, e perdere ai quarti di finale. Non riuscirono a superare il muro del Dateko, nonostante fossero ben motivati e con l’umore alle stelle. Hajime credeva anche di sapere il perché: mentre giocava, vedeva Oikawa dappertutto. Lo vedeva in un’alzata perfetta, in una battuta micidiale, in un sorriso sfrontato dell’avversario e nel sudore che inondava Iwaizumi quando schiacciava con tutta la sua forza e faceva punto. Diagonale, parallela, pallonetto, appoggio, battuta, difesa, ricezione: Hajime si era sentito importante per la sua squadra, forse per la prima volta in vita sua, e si era sentito un capitano degno di questo nome.
 
 Quando il terzo set finì 25-23 per il Dateko, e Iwaizumi alzò la testa verso gli spalti da perdente, trovò i suoi compagni di scuola ad applaudirlo, insieme a professori, anziani signori mai incontrati e vecchiette del suo quartiere. Non pianse, non ne trovò il motivo: l’unica cosa che gli venne in mente fu qualcosa come ‘Aah, vorrei che Oikawa avesse alzato per me almeno una volta’. Non si stupì nemmeno che il suo primo pensiero dopo una partita fosse Tooru: aveva imparato a convivere con la presenza costante di quest’ultimo nella sua vita e nella sua mente, ormai. Per un attimo aveva intravisto degli occhi color cioccolato e si era ritrovato a sperare con tutto il cuore che Oikawa fosse lì, a guardarlo, e a tirarlo su di morale con le sue battute squallide ed il suo ego immenso. Iwaizumi non riuscì a vedere nient’altro, perché i suoi compagni lo trascinarono negli spogliati prima che potesse riconoscere il suo alzatore preferito.
 
“Stasera si beve! Annunciò Takahiro prendendo Issei per le mani e imitando con lui due passi di samba.
“BANZAII” rispose in coro la squadra, apparentemente non abbattuta dalla sconfitta subìta. Si erano così abituati alle sconfitte che avevano dimenticato il dolce piacere della vittoria, e del divertimento che comportava giocare a pallavolo, pensò Iwaizumi. Sorrise tra sé e sé, pensando che questo spirito avrebbe fatto bene ai ragazzi del secondo e primo anno, e si ripromise che l’anno seguente sarebbe tornato a vedere qualche loro partita. Il suo sorriso venne intercettato dai suoi compagni di squadra, che ammutolirono tutto d’un colpo e rivolsero gli sguardi al loro capitano. “Dis-cor-so” mimò Takahiro con le labbra, facendo l’occhiolino ad Iwaizumi, che nel frattempo era arrossito completamente, quasi a fare il cosplay di un pomodoro. Si schiarì la voce, chiaramente in imbarazzo.
 
“Ehm… allora… prima di iniziare questo stupido discorso, volevo far sapere a tutti che sono contento di aver giocato con voi in questo mio ultimo torneo come liceale” Iwaizumi fece una piccola pausa, conscio di star dicendo solo mezza verità: in realtà, c’era anche un’altra persona con cui avrebbe voluto giocare prima di finire il liceo. “Noi, la squadra con zero speranze, i ‘sono bravi, ma non troppo’, abbiamo superato tutti i muri di fronte a noi e abbiamo dimostrato di essere molto più che un team abituato alla sconfitta. La colpa per quest’ultima sconfitta è, maggiormente, mia per non avervi fatto allenare di più,” e qui Hajime fu ricoperto di fischi da parte dei suoi compagni, “ma ora sento finalmente di potervelo dire.” Il capitano guardò uno per uno i membri della sua squadra: erano tutti sudaticci, affannati e con uno sguardo rivolto prevalentemente verso il basso, non riuscendo ad alzare gli occhi. “Lo so benissimo. So che non importa quanto tu ti sia impegnato o quanto abbia giocato bene, la sconfitta è pur sempre sconfitta. Brucia, rode, ti irrita e ti fa venire da piangere, ti provoca sensi di colpa e ti fa sentire assolutamente impotente, debole, ti fa venir voglia di smettere di giocare.” Iwaizumi poteva sentire benissimo i versi frustrati dei suoi compagni e amici, alcuni erano perfino sull’orlo delle lacrime. ‘Per quanto volessero nascondere la propria rabbia e impotenza, sono pur sempre giocatori’ pensò il capitano, sentendo quell’emozione così sgradita e familiare salirgli su per la gola. Anche lui non era immune alla sconfitta, ma ignorò i suoi pensieri e continuò a parlare.
“Nonostante questo, è la sconfitta che fa la forza di un giocatore. Senza aver fallito non si può migliorare, giusto? E sono sicuro che d’ora in poi voi migliorerete tanto, tantissimo, e farete vedere al mondo che l’Aoba Johsai è molto più di una squadra mediocre!” Iwaizumi terminò il suo discorso quasi urlando, rivolgendo un ultimo sguardo a Takahiro e ad Issei. I suoi due amici d’infanzia avevano gli occhi lucidi, e senza nessuna esitazione si inchinarono di fronte ad Hajime nel tipico saluto giapponese*.
 
“Arigatou, Captain!” esclamarono in coro, seguiti da tutti i membri del Seijo. Uno dopo l’altro, tutti i ragazzi presenti nello spogliatoio si inchinarono, alcuni tirando su con il naso, altri gridando “CAPTAINNN”, altri ancora, come Kindaichi o Yahaba, piangendo senza ritegno. Iwaizumi si sentì così meravigliato da non riuscire a dire niente per qualche secondo: non si aspettava di certo una prova di gratitudine tanto grande. E, quando riuscì finalmente a riacquisire la parola, non allontanò da sé l’attenzione con qualche frase burbera alla Hajime, né sbuffò sonoramente come era solito fare. Semplicemente, il suo volto si aprì in un sorriso grandissimo e senza nessun tipo di finzione o dissimulazione, sentendosi veramente grato per tutto. Ripensò alle sue sconfitte nel corso degli anni, alle notti insonni e alle crisi di nervi, ad Oikawa e al KaraCo e ad Ushijima e alla pallavolo e decise che tutto quello che aveva fatto fino a quel momento ne era decisamente valso la pena.
 
Quando i ragazzi alzarono finalmente gli occhi sul loro capitano, lo trovarono a piangere e sorridere allo stesso tempo, con un’espressione radiosa in viso mai vista prima d’allora. Il silenzio aleggiò nell’aria per qualche altro istante, poi scoppiò il putiferio.
Mentre Kindaichi arrossiva violentemente, e Kunimi gli dava due pacche d’incoraggiamento sulla schiena, Takahiro si portò una mano alla bocca con fare stupefatto e balbettò qualcosa come “Ooh, qui ci starebbe bene un ‘s-s-senpai’”, contemporaneamente con Issei che esclamò un “Oikawa-kun ha fatto miracoli. Aah, l’amore”. Tra crolli di nervi, frasi sconnesse e pianti isterici Iwaizumi non ebbe neanche il tempo di picchiare sonoramente Hanamaki e Matsukawa che un tornado rosso lo travolse, letteralmente.
“Shoyo? Ma cosa ci fai qui? E poi, puoi davvero entrare…?” esclamò Hajime, mentre si scrollava di dosso il piccolo uragano. Shoyo non diede segni di volersi allontanare, anzi, iniziò a parlare a macchinetta nel suo modo buffo e parecchio strano. “Iwaizumi-san, sei stato BAAAM! Fantastico! Facevi PWAAAH, ed ogni palla che toccavi era una SWAAAM, così WOOOOM, davvero davvero davvero incredibile!” mentre Shoyo parlava, tutti i giocatori del Seijo guardavano la scenetta comica con un’espressione scioccata. Nell’aria aleggiavano parecchie domande esistenziali, come ‘È davvero Iwaizumi la persona che prima sorride facendo innamorare mezza squadra e poi si fa abbracciare senza problemi dal cameriere del KaraCo?!” e “Perché Shoyo ha la divisa del Karasuno?!”
Intanto il piccolo centrale continuava a parlare. “Oh, oh, e non è tutto! Tutti i membri del bar sono venuti a vedere la tua partita, eravamo così emozionati di vederti giocare! RAGAZZI, NON FATE I TIMIDONI, IWAIZUMI-SAN STAVA ANCHE SORRIDENDO! È DI BUON UMORE!”
A quelle parole Iwaizumi perse qualche anno della sua vita. Tutti significava tutti tutti e tutti tutti significava proprio tutti…
 
I suoi pensieri volti al suicidio immediato furono interrotti da una fiumana di gente che, come in una lenta processione, entrò nello spogliatoio in fila indiana. Ad aprire la fila c’era Daichi, che, con un sorriso di scuse, prese Shoyo per la collottola della divisa e lo rimise in riga. “Iwaizumi-san, mi scuso per questo tornado ma tra più o meno mezz’ora dobbiamo giocare e Shoyo ci teneva così tanto a vedervi che non ho saputo dire di no…” presto Daichi fu affiancato da Sugawara, Asahi, Nishinoya, Tanaka, Tsukishima, Yamaguchi, Ennoshita, e perfino dai ragazzi del Nekoma e del Fukurodani. “EHI EHI EHI! Le nostre qualificazioni iniziamo dopodomani, quindi siamo venuti a fare un salto!” esclamò a gran voce Bokuto, seguito da Akaashi e Kuroo, Lev, Kenma e Yaku, così da riempire completamente una stanza abbastanza grande. Per ultimo entrò Kageyama, che si fiondò vicino a Shoyo con un “salve” borbottato a bassa voce, mentre Iwaizumi si guardava intorno in cerca dell’ultimo membro mancate. Quando non vide entrare più nessuno, tirò un sospiro, non sapendo dire se fosse di sollievo o di tristezza.
“Scusate davvero l’intromissione! Volevamo dirvi che avete giocato benissimo, davvero. Saremmo davvero molto felici se un giorno di questi potessimo giocare un’amichevole contro di voi” dichiarò Sugawara, affabile e gentile come sempre. Il suo sorriso rassicurante fece rilassare immediatamente tutti i membri del Seijo, mentre Kuroo e Bokuto esclamavano in contemporanea: “Naturalmente questa amichevole comprende anche le nostre squadre, oh oh oh”. Una sonora risata si diffuse tra tutti i ragazzi, e Iwaizumi sorrise di nuovo. “Se continuo così, mi verranno le rughe per i troppi sorrisi” pensò distrattamente Hajime, mentre batteva le mani per richiamare all’ordine i ragazzi. Tanto valeva comportarsi da capitano fino all’ultimo, pensò.
“Grazie, Suga-san, Daichi, Shoyo, e tutti quelli che sono venuti oggi. Ehm, vediamo, prima Takahiro aveva proposto una bevuta stasera per festeggiare la nostra sconfitta, e visto che siete qui ed ogni giorno i miei ragazzi vengono a darvi fastidio al bar, che ne dite di venire con noi?” Iwaizumi sorrise cordialmente a tutti i presenti, sentendo la bocca quasi staccarsi per quell’espressione inusuale, mentre partiva un caloroso applauso come approvazione alla sua idea. Il capitano stava giusto per informare gli altri sull’ora dell’appuntamento, quando una voce estremamente familiare e irritante mandò in corto circuito il suo cervello e lo privò del dono della parola.
 
“Bevuta? Stasera? E aspettami per le uscite in grande stile, Iwa-chaaaan. Non vorrai liberarti di me?” Oikawa entrò nello spogliatoio in un silenzio quasi tombale, incatenando subito i suoi occhi a quelli di un Iwaizumi alquanto confuso e frastornato. Per alcuni secondi si sentirono solo le cicale frinire e gli uccellini cantare, poi Shoyo ruppe il silenzio con la sua parlantina veloce.
“Grande Re, Grande Re, dov’eri finito?” chiese il rosso, mimando una ‘O’ con le labbra. Tutti si irrigidirono all’istante, tutti tranne Oikawa e Iwaizumi – che al momento era impegnato a ricordarsi il suo nome-. Poi, d’un tratto, Hajime vide Oikawa sorridere, un sorriso se non vero, quantomeno reale. “Stavo salutando i miei vecchi compagni di squadra. E ora, vogliamo continuare il nostro discorso sulla bevuta? Tra poco i corvetti dovranno giocare.”
Iwaizumi non capì se, con quella frase, Oikawa volesse mettere una pietra sul suo passato oppure perdonarsi, ma sentì di essere improvvisamente felice. Per lui, per Tooru, per il Karasuno, che presto avrebbe vinto le finali e sarebbe arrivato alle nazionali, per i suoi compagni di squadra e per i suoi kohai, che l’anno successivo avrebbero avuto magari una maggiore affluenza di iscritti al club. Si sentì così felice che, stupendo perfino se stesso, si avvicinò ad Oikawa e scoppiò a ridere, cingendo le spalle del ragazzo più alto con un braccio e strattonandolo tutto. Aveva sempre odiato il contatto fisico con chiunque, specialmente se si trattava di Oikawa, e questo il barista lo sapeva bene. Per una volta, fu Tooru a rimanere senza parole, mentre Iwaizumi continuava a ridere come se niente e nessuno potesse portargli via tutta quella felicità.
“Benissimo! Allora ci vediamo tutti alle 10 davanti questa palestra, e prenotiamo per il locale qui vicino, quello dietro l’angolo. Va bene per tutti?” gli altri ragazzi, superato lo shock per l’allegria di Hajime, annuirono vigorosamente, facendosi trasportare dall’euforia del capitano.
 
Quando i ragazzi del Karasuno ebbero raggiunto il campo da gioco, liberando finalmente lo spogliatoio, Iwaizumi tirò un sospiro di sollievo, buttandosi di peso su una delle panche disponibili. I suoi kohai si erano fiondati nelle docce, impazienti di vedere il Karasuno giocare e di prepararsi per la serata. Nella stanza principale erano rimasti solo Hajime, Takahiro, Issei e Oikawa, che stava giusto andando a sedersi sugli spalti per vedere i suoi colleghi giocare. Si alzò dalla panca in un gesto teatrale, stiracchiandosi a dovere, e lanciò un’occhiata di traverso al ragazzo seduto affianco a lui. “Ci si vede stasera, Iwa-chan” Oikawa si diresse verso la porta, magari aspettandosi un’altra sorpresa da parte di Iwaizumi. Quest’ultimo, però, aveva esaurito sia iniziativa che assenza di pudore, e rimase come bloccato sulla sua panca. “Oikawa!” riuscì a sillabare, proprio quando Tooru stava uscendo dalla stanza. “G-g-grashie” borbottò infine, sentendosi un completo idiota e maledicendo tutta la sua sfrontatezza di qualche minuto prima, che si era come volatilizzata nel nulla. Il suo goffo tentativo di scuse, però, fece ridere gli occhi di Oikawa, che si illuminarono di colpo. Il ragazzo annuì con la testa, e uscì dalla stanza canticchiando qualcosa come ‘I used to rule the worlddo…’
In quel momento, Iwaizumi decise. Niente più maschere, niente più finzioni, e se questo avesse comportato prendere piena coscienza dei suoi sentimenti, bè, Hajime non si sarebbe tirato indietro. Almeno, così si ripeteva.
Perciò, quando sentì Hanamaki fare la sua solita battutina velata “E prendetevi una stanza…” non rispose. Restò immobile, con la testa rivolta verso il soffitto e gli occhi socchiusi, quasi a smaltire i residui di stanchezza degli ultimi giorni. Issei lo guardò attentamente per qualche secondo, poi, con serietà, disse solo: “L’amore fa miracoli.”
Iwaizumi non ribatté neanche questa volta.
 
*
Naturalmente, il Karasuno vinse la partita. Il giorno dopo la squadra dei corvi si sarebbe scontrata contro il DateKo, e Hajime sarebbe stato lì, sugli spalti, a tifare e urlare per Shoyo, Tobio e per gli altri membri del KaraCo. Prima della partita, però, ci sarebbe stato un altro piccolo ostacolo da superare: quella sera.
Passò metà del pomeriggio a spulciare il suo intero armadio per trovare qualcosa da mettere, e l’altra metà a decidere cosa potesse andare bene per una serata tra amici. “Amici, compagni di squadra, altri amici e persone moleste” aggiunse tra sé e sé, cambiandosi d’abito per l’ennesima volta. Aveva provato praticamente tutti i suoi vestiti a disposizione, e nel frattempo l’ora dell’appuntamento si avvicinava come una condanna a morte. Era tutto, tutto, tutto inutile: Iwaizumi non aveva mai amato spendere del tempo per vestirsi decentemente e non aveva mai creduto che sarebbe arrivato il giorno in cui avrebbe sentito la necessità di farlo. Hajime si sentiva umiliato, terribilmente umiliato e arrabbiato mentre scartava maglie su maglie davanti allo specchio della sua camera, proprio come una ragazzina al suo primo appuntamento.
Dov’è finita tutta la mia determinazione? Si chiese Hajime, scagliando l’ennesima povera camicia sul suo letto. Sospirando, cercò di rimettere in ordine la sua stanza (ed il suo cervello) pensando e ripensando a cosa avrebbe potuto indossare per quella stramaledetta serata.
E quando ormai tutte le sue speranze erano state schiacciate dalla disperazione e dal pessimismo, li trovò. Anzi, furono loro a trovare lui.
“Andrà bene così?” si domandò, mentre uno strano pensiero si faceva spazio nella sua mente. Arrossì violentemente, sperando che anni di pallavolo e sopportazione lo aiutassero in quell’impresa.
Ce la farò sicuramente, pensò.
Forse. Probabilmente. Speriamo.
 
*
 
Era talmente nervoso che si presentò venti minuti prima dell’appuntamento, arrivando nel luogo prestabilito senza rendersi conto del netto anticipo. Rimase così, vicino ad un palo della luce, per un tempo che gli sembrò infinito, pensando e ripensando ai suoi piani per la serata. Si era perfino scritto una scaletta, a casa, per evitare che l’ansia gli facesse dimenticare qualche particolare fondamentale per la vittoria, e alla fine aveva lasciato quello stesso foglietto sulla sua scrivania. Aveva dato la maggior parte della colpa al suo abbigliamento assolutamente scomodo che lo stava torturando da un po’, come se non bastasse la prospettiva disastrosa della serata nel caso in cui Iwaizumi avesse sbagliato qualcosa.
Hajime era sempre stato un tipo ansioso, ma non si era mai sentito così indifeso e soggetto alle paranoie. Si era maledetto mentalmente per la sua sbadataggine, ed aveva iniziato a recitare l’incriminata scaletta a mente, come una preghiera ad un qualche dio benevolo.
 
‘Punto uno: non.devi.assolutamente.bere. Hajime Iwaizumi, sai di non reggere bene l’alcool e se ti lasci abbindolare da un sake* tutti i tuoi sforzi andranno perduti per niente! Punto due: non farti prendere dall’ansia, o dal panico. Parla lentamente e scandisci le parole, così da non dover ripetere le frasi imbarazzanti due volte. Punto tre: non ti lasciare sfuggire niente di inappropriato o troppo personale, o sconvolgente, altrimenti Crappykawa lo userà contro di te. Ci scommetto i suoi poster su Star Wars.’
Finito il suo soliloquio, vide delle figure spuntare dall’ombra e avvicinarsi lentamente alla palestra: Hajime si staccò dal palo della luce, ormai suo compagno fidato, e fece un sospiro di sollievo quando riconobbe Shoyo, Tobio e il resto del Karasuno. Sorrise, ringraziando per il tempismo del gamberetto e della squadra dei miracoli, mentre un po’ delle sue preoccupazioni svanivano davanti all’espressione allegra di Shoyo.
“Iwaizumi-saaan!” gridò quest’ultimo, ricevendo un pugno ben assestato da Kageyama. Iwaizumi scoppiò a ridere, seguito a ruota dai membri del Karasuno – tutti, eccetto Kei. Kei stava immobile vicino a Yamaguchi, e sospirava sonoramente, mentre Tadashi lo guardava come un cieco guarda per la prima volta il tramonto. Iwaizumi si ritrovò a sorridere senza volerlo, facendo segretamente il tifo per quel ragazzo timido e così riservato, chiedendosi se anche lui un giorno avrebbe avuto qualcuno che lo guardasse così.
 
A distoglierlo dai suoi pensieri furono i fischi di Takahiro e Issei, che nel frattempo erano spuntati alle spalle del povero Hajime. Gli saltarono addosso come se fosse un avversario di box da mandare al tappeto, ma Iwaizumi riuscì a tenerli entrambi prima che il trio crollasse dolorosamente a terra.
“Idioti! Cos…” il capitano non fece neanche in tempo a finire la frase, che i due suoi amici d’infanzia iniziarono a dare voce ai loro pensieri.
“Haajime! Come mai tutto ad un tratto ti vesti bene?” cinguettò Takahiro. “Stai m-e-r-a-v-i-g-l-i-o-s-a-m-e-n-t-e! Sembri un modello di una rivista! Guarda quei muscoli messi in risalto dalla camicia!” aggiunse Issei.
A loro, si unirono i cori insistenti dei suoi compagni di squadra e quelli del Karasuno, che a quanto pare avevano trovato un argomento abbastanza interessante da trattare.
“Hanno ragione! Iwaizumi-san, stai benissimo così! Sembri perfino più alto, tipo qualcosa come UAAAA!”
“I-i-i-waizumi-senpai! S-s-stai benissimo!”
“Ohi, Iwaizumi, per chi ti sei messo così stasera, eh?”
“OOOH, RYUU! Hai ragione! Iwaizumi-san. C’è qualche ragione dietro al tuo cambiamento improvviso?”
“Hajiimee, fammi toccare i muscoli!”
“Iwaizumi, facciamo una gara a braccio di ferro!”
“Iwaizumi-senpai, ma tu non odiavi i pantaloni stretti? Se non sbaglio, avevi anche detto di detestare quelli color beige…”
“FINITELA TUTTI, GRAZIE!” sbottò il diretto interessato, vedendo che anche il Nekoma ed il Fukurodani si erano aggiunti alla battaglia per commentare il suo abbigliamento. Si mise una mano sulla faccia, sospirando. ‘Lo sapevo’, pensò, ‘lo sapevo che vestirmi così sarebbe stato un enorme, scocciante casino! Non sono a mio agio e, dopotutto, sembro stran-’ fece appena in tempo ad alzare lo sguardo, tra tutte le risate contagiose degli altri ragazzi, per vedere un paio di bellissimi occhi castani che lo stavano fissando. Ebbe l’impressione di arrossire fino alla punta delle orecchie, fino a qualunque parte del corpo che potesse arrossire. Distolse lo sguardo, concentrandosi sulla risata di Shoyo e sul sorrisino soddisfatto che pareva avere Kageyama mentre fissava il piccolo centrale. Ad Hajime tornò il sorriso, mentre pensava alle piccole cotte dei giocatori del Karasuno. Sperò con tutto il suo cuore che Tobio potesse, un giorno, trasmettere i suoi sentimenti al piccolo Shoyo, rendendosi conto in un secondo momento che anche lui doveva trasmettere qualcosa a qualcuno. Alzò di nuovo lo sguardo, in cerca del suo bersaglio, non accorgendosi del fatto che da predatore era diventato preda.
Si rese conto della brutta situazione in cui si era andato a cacciare solo quando un paio di braccia forti e muscolose, ma allo stesso tempo lunghe e flessuose, lo abbracciarono da dietro, bloccando ogni suo possibile movimento.
E bloccando anche il movimento del suo cuore.
 
“Iiiwa-chan! Cos’è questo cambiamento improvviso? Ah, ma ti sta davvero bene! Dico sul serio, non capisco perché non hai mai messo in mostra tutto questo ben di dio…” Oikawa fece scivolare pericolosamente le mani lungo i pettorali di Hajime, provocando al capitano un qualche migliaio di brividi e due infarti.
“Shittykawa, toccami ancora e ti cambio i connotati di cui vai tanto fiero” Iwaizumi si irrigidì, maledicendo le sue maniere rudi e il suo tilt al sistema nervoso. Ma probabilmente Oikawa non si aspettava nessun cambiamento significativo nelle sue maniere, o lo preferiva così com’era, perché scoppiò a ridere melodrammaticamente.
“Va bene, va bene, ragazzi! Iniziamo ad avviarci per raggiungere il locale!” gridò Daichi, sovrastando le altre voci che si zittirono all’istante. Soddisfatto del suo operato, Sawamura si incamminò verso il locale dove erano diretti, un po’ più a sud della palestra,  poco prima della casa di Oikawa.
Iwaizumi fece per muoversi, ma venne bloccato preventivamente dal sopracitato Tooru, che si attaccò al suo fianco, sovrastandolo dai suoi 185 centimentri.
E mentre tutte le squadre si allontanavano, lasciando i due indietro, vide distrattamente Takahiro fargli un occhiolino. Dopo l’accettazione dei suoi sentimenti ed emozioni, o, come la chiamava Hajime, ‘la dura e incredibile ma sopportabile verità’ ogni tocco di Oikawa, ogni sua parola, ogni suo gesto era una stilettata al cuore.
Tooru, da rispettabile esper, si strinse un po’ di più al fianco di Hajime, ridacchiando sonoramente.
Iwaizumi rabbrividì.
 
*
Oikawa Tooru era quel tipo di persona scaltra che otteneva sempre tutto ciò che si prefissava. Nonostante la sua vita non fosse stata delle più facili, aveva sempre avuto qualche obbiettivo che l’aveva fatto andare avanti, e avanti, e ancora avanti, fino al raggiungimento di tutti i suoi desideri. Certo, il suo corpo aveva pagato le spese della sua testardaggine, ma Oikawa si poteva definire soddisfatto della sua tenacia. Oltre alla tenacia, era stato dotato di un viso fantastico, un corpo atletico e un carattere affascinante, e per tutti questi motivi Oikawa aveva imparato a non mollare mai la presa sui suoi obbiettivi. Si era sempre immaginato come un predatore che si avventa voracemente sulla preda, ed escluso Ushijima, le sue prende erano sempre cadute ai suoi piedi.
 
Poi era arrivato Hajime e aveva trovato un avversario peggiore perfino di Ushijima: Hajime era testardo, sempre arrabbiato, e inconsapevole di quanto fosse bello. La bellezza di Hajime era qualcosa di completamente opposto a quella di Tooru: se Oikawa aveva quella bellezza eterea e ammaliante di un fiore velenoso, Hajime era una quercia maestosa che vinceva su tutto, su tutti, anche sull’immensità del cielo. Oikawa vedeva gli sguardi che le ragazze rivolgevano al suo Iwa-chan, e vedeva anche quelli dei ragazzi, e non capiva perché fosse così interessato alle attenzioni che la gente rivolgeva a qualcuno che non fosse lui medesimo. O perché giorno dopo giorno, aveva scoperto di non poter fare più a meno della presenza di Iwaizumi: al bar, dopo il suo turno, mentre facevano la strada insieme, ormai ruotava tutto intorno alla presenza di Iwa-chan. Non aveva mai avuto una relazione così importante con nessuno, tranne che… con Ushijima. E quando aveva realizzato cosa significasse tutto quello per lui, aveva avuto paura: una paura irrazionale e terribile, un enorme dejà-vù che l’aveva completamente annichilito. Poi, dopo la crisi, aveva capito che il suo rapporto con Iwa-chan era completamente diverso da quello con Ushijima: quando era con Iwaizumi, aveva come l’impressione di ritrovare un tassello mancante della sua esistenza, una persona che, in una vita parallela, gli sarebbe stato affianco in tutto e per tutti, fino alla fine dei giorni.
 
Il suo Iwaizumi era, però, praticamente impossibile da conquistare, ammaliare o accattivare: perciò, era diventato la preda di Oikawa. E quando aveva saputo della serata al ristorante, Tooru aveva gioito come mai prima d’ora: era la sua occasione perfetta per far cadere finalmente Iwa-chan ai suoi piedi.
O almeno, così pensava prima di vedere Iwaizumi in camicia sportiva e pantaloni stretti.
“Oikawa, e mollami” inveì per l’ennesima volta la sua malcapitata preda, cercando chiaramente di nascondere l’imbarazzo. Oikawa ridacchiò, pensando a quanto fosse carino Hajime quando fingeva di essere arrabbiato per nasconderel’imbarazzo.
“Rude, Iwa-chan! Ti ho sempre toccato così e non mi hai mai detto niente!” Oikawa schivò per un soffio il poderoso pugno di Hajime, diretto alla sua testa. Si girò intorno, capendo il perché del nervosismo del ragazzo: gli altri ragazzi erano andati avanti in cerca del ristorante, lasciando loro indietro e, soprattutto, soli. Sorrise, grato agli artefici di quella buona azione, sicuro che dietro il piccolo aiuto ci fossero Hanamaki e Matsukawa. Lui, in ogni caso, sapeva l’ubicazione del ristorante – dopotutto, era situato vicino casa sua- e nessuno si sarebbe preoccupato se lui ed Iwa-chan avessero fatto solo un po’ di ritardo.
 
“Iwa-chan, mi sarebbe piaciuto vederti giocare contro il Karasuno” disse improvvisamente Oikawa. Certo, i suoi piani malefici comprendevano il capire innanzitutto cosa era quel ragazzo scontroso per lui, e poi, se necessario, avventarsi sulla sua preda. Non era da lui desiderare così fortemente qualcosa o qualcuno, ma Iwaizumi gli aveva donato tantissime prime volte: aveva raccontato di Ushijima a qualcuno per la prima volta, aveva pianto senza freni per la prima volta, era stato capito e ascoltato per la prima volta, si era sentito libero dalle catene del suo passato per la prima volta- tanto da andare a vedere i suoi ex compagni di squadra giocare e vincere, vincere, vincere.
In quel momento, però, il suo Iwa-chan aveva appena perso la sua ultima partita da liceale. Sapeva quanto potesse essere amara e devastante quel tipo di sconfitta e, per la prima volta, diede spazio ai desideri di un’altra persona invece che ai suoi.
Sentì Iwaizumi irrigidirsi al suo fianco, e si sentì un po’ in colpa. ‘Forse non avrei dovuto parlare della pallavolo subito dopo la sua ultima partita…’ pensò, ma dopo pochi secondi Iwaizumi si rilassò completamente, ed il suo viso si aprì un piccolo accenno di sorriso. Oikawa perse due o tre battiti, ma, essendo molto bravo a non lasciar trapelare le emozioni, Iwaizumi non si accorse di niente.
“Anche io avrei voluto continuare a giocare, fino a sconfiggere il Karasuno, o la squadra di Ushijima. Avrei voluto provare le stesse tue emozioni sul campo, sentire che tu avevi giocato con e contro quelle squadre, come me. Ma sono davvero, davvero felice di aver giocato con i miei compagni, oggi, credendo fino all’ultimo che avremmo potuto vincere. Credo che, prima di incontrarti, mi fossi ormai rassegnato a perdere, perdere, perdere, e che nel mio futuro ci fosse solo la sconfitta. Non so come tu abbia fatto a convincermi del contrario, ma a quanto pare ci sei riuscito. Per questo ti devo ringraziare. Ho davvero solo un rammarico, per oggi…” Oikawa deglutì, cercando di riprendere in mano la situazione. No, no, no, no, no, lui non si sarebbe trasformato da predatore a preda, di nuovo.
“Quale?” chiese semplicemente. Iwaizumi sbuffò, distogliendo lo sguardo.
“Avrei voluto schiacciare su una tua alzata almeno una volta.” Il tempo di assimilare la frase di Iwaizumi, che Oikawa si bloccò di colpo. Erano arrivati.
 
“Su, Bakakawa, è questo il posto, no?” Iwaizumi cercò con lo sguardo i suoi compagni di classe, dentro il locale. Questi gli fecero segno di entrare, mentre Oikawa stava ancora cercando di assimilare le parole dell’altro.
“Shittykawa, guarda che ti lasciamo fuori la saletta privata, eh” Iwaizumi gli sventolò una mano davanti al viso, e Oikawa trasalì di colpo. ‘Ohi, Tooru!?’ Si rimproverò mentalmente. ‘Ricordati il piano, la preda, il predatore e il piano… preda? Tooru!’
Non era assolutamente da lui confondersi e andare in tilt così. Si diede platealmente uno schiaffo in faccia – piano, però, per non rovinare il suo bellissimo viso- davanti ad un Iwaizumi alquanto sconvolto. ‘Non bastano due paroline dolci per confondere Oikawa Tooru!” si disse, e poi si sforzò di sorridere allegramente.
 
“Rude, troppo rude, Iwa-chan… sei tu quello che non si muove” e con quest’ultima palese bugia, prese Hajme per mano, entrando con nochalance dentro la saletta privata, con i fischi dei vari ragazzi in sottofondo. Prima che Iwaizumi potesse protestare, andò dritto in fondo alla tavolata, e fece sedere Hajime proprio accanto a sé. Si rese conto troppo tardi delle persone che stavano sedute vicino a loro: a destra, Tobio-chan e il piccolo uragano rosso, a sinistra, quel gattaccio di Kuroo insieme a Tsukishima, Bokuto, Kenma e Yamaguchi. Poco più in là  Mattsun sorrise sornione ad Oikawa, mentre Makki gli fece l’occhiolino.
‘Non bastano delle persone estremamente fastidiose ed intrattabili a fermare Oikawa Tooru!’ si disse di nuovo, certo che quella serata sarebbe stata più impegnativa del previsto. 

 


Non so davvero come scusarmi per, ehm, i tre mesi di ritardo. Il fatto è che in estate mi era completamente sparita l'ispirazione, (riapparsa magicamente agli inizi di ottobre) ed eccomi qui, con il sesto capitolo. Spero che vi piaccia, e spero che apprezzerete anche il piccolo pezzo in terza perona dal punto di vista di Oikawa: mi è servito soprattutto a chiarire che l'ansia di Iwaizumi corrisponde esattamente a quella del nostro Tooru, ma mi sono divertita tanto a scrivere dal suo punto di vista anche perchè, *coff coff* io e Oikawa siamo davvero agli antipodi come persone, e non so se sono riuscita a trasmettervi tutta la bellezza di questo personaggio.
In ogni caso, grazie per essere qui a leggere la mia storia, e grazie per tutte le recensioni e per i vostri apprezzamenti! Siete la ragione per cui non mi stancherò mai di scrivere di questi pulcini <3
ORA RITORNO A VEDERE LA TERZA STAGIONE DI HAIKYU E SEMI EITA, ADIOS

 
   
 
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