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Autore: charly    23/10/2016    1 recensioni
La giovane regina di Issa è arrivata alla capitale di Rakon, dove si unirà in matrimonio con l’imperatore secondo gli usi della sua gente. Zaron manterrà la promessa fatta alla sua sposa e al padre di lei? E come si adatterà Deja a vivere alla corte di suo marito, dove le donne non hanno nessun peso politico?
Deja ignorò i bisbigli della corte, scrutava il volto di Zaron e lo vide spalancare leggermente gli occhi per la sorpresa alla vista dei tatuaggi rossi che le decoravano le mani, gli avambracci e salivano appena più su dei suoi gomiti.
[…]
I tatuaggi salivano fino al ginocchio. Aveva mezza idea di urlare addosso a Perla e alle altre ragazze per averla ricoperta di disegni. […] La sua corte doveva essere convinta che lui fosse stato smanioso di giacere con lei, e le nozze affrettate dovevano solo aver rafforzato questa idea.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il cuore di un drago'
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NOTE INIZIALI: questo capitolo è più esplicito degli altri e tocca delle tematiche davvero delicate (rapporti con minori, non-con, incesto) ma, visto che ogni cosa è solo sottintesa e non descritta, ho deciso di mantenere il rating arancione. Ditemi se trovate la lettura offensiva o comunque non adatta agli occhi innocenti dei minori (scherzo, almeno su “occhi innocenti”: ho letto cose scritte da minorenni da far accapponare la pelle!) e passerò al rosso senza problemi.

V. UN PIANO BEN RIUSCITO

 
 
La sala da pranza comune era davvero grande e il tavolo a cui si sedette era stato concepito per ospitare molte più commensali. C’erano solo quattro delle concubine di Zaron e Deja si rese conto che mancava quella che la mattina prima era stata vestita d’azzurro pallido e aveva ironicamente definito Perla la dea dell’amore. Tallia, la donna si chiamava Tallia. Non c’era un coperto anche per lei così, mentre si sedeva a capotavola dietro invito della prima concubina, chiese per correttezza informazioni sulla donna mancante.
- Dobbiamo aspettare Tallia?
A risponderle con un sorriso rassicurante, che metteva in mostra le fossette sulle guance, fu Cara.
- No, sua figlia, che ha due anni, questa sera non voleva proprio lasciarla andare, quindi Tallia è rimasta con lei a mangiare e a metterla a letto.
Quello che Cara non disse fu che Perla, spalleggiata dalle altre, aveva detto a Tallia che se non era capace di stare zitta era meglio che non venisse. Tallia non era una donna cattiva, anzi. Rispettava Zaron e teneva a lui, come tutte le altre del resto, amava fieramente le sue “sorelle” ed era capace di difenderle con ferocia, ma non aveva peli sulla lingua, diceva tutto quello che pensava, senza badare a come potevano essere interpretate le sue parole, divertendosi a scioccare e a provocare il suo interlocutore. Solo lei era capace di suscitare la rabbia furiosa di Zaron e sempre lei sembrava l’unica in grado di gestirla quando questa scoppiava. Dato lo stato d’agitazione in cui era apparsa la ragazzina quel mattino, quando era passata di corsa per le stanze comuni e si era chiusa nei sui appartamenti, rifiutandosi di vedere chiunque, avevano ritenuto di comune accordo che la presenza di Tallia sarebbe stata dannosa e l’avrebbe agitata di più. Meglio introdurla alla concubina gradualmente, quando lei fosse stata più calma e la donna di umore giocoso e non battagliero: Tallia aveva detto cose parecchio crude su Deja e su quello che doveva essere capitato la notte prima per ridurla così. C’era stato un velo di pietà nei suoi occhi che tuttavia non aveva frenato le sue congetture. Alla fine lei e Perla avevano litigato, con la concubina anziana che aveva difeso urlando il carattere del loro uomo, affermando che Zaron non avrebbe mai e poi mai fatto del male a Deja e Tallia che invece sottolineava come gli uomini a volte diventassero insensibili al dolore che procuravano, quando si facevano prendere dalla loro lussuria, senza badare a nulla se non al loro soddisfacimento personale. L’atmosfera nell’ala femminile era stata tesa e anche le servitrici si erano mosse con prudenza, e solo quando la giovane regina aveva accettato il loro invito a cena si erano rilassate. Perla aveva mandato un messaggio a Zaron, chiedendogli di non venire e informandolo che lo avrebbe visitato più tardi, nei suoi appartamenti.
Ora valutavano cautamente l’umore della giovane che avevano accolto nel loro gruppo. Sembrava rilassata, molto diversa dalla ragazzina isterica che era parsa solo quel mattino. I loro sguardi erano inevitabilmente attratti dal grosso livido purpureo che aveva sul collo, un livido familiare, che Zaron aveva lasciato numerose volte sui loro corpi, in preda alla passione.
Deja si portò la mano alla gola, consapevole di quegli sguardi e poi, una volta che il primo piatto fu servito e le servitrici allontanate, si rivolse alle concubine parlando a voce bassa e arrossendo leggermente.
- Non è successo nulla. Questo me l’ha fatto al mattino, prima di andare via. Ha detto che era per salvare le apparenze.
Perla sembrò tirare un sospiro di sollievo e Mira si guardò intorno, con espressione trionfante.
- Ve l’avevo detto, io!
Sussurrò soddisfatta.
- Scusate mia signora,
La incalzò Cara.
- Ma questa mattina apparivate sconvolta, e noi…
Deja si coprì il viso, gemendo.
- Lo so cosa sembrava. Ero solo… agitata. Questa mattina, io… mi sono resa improvvisamente conto di quanto lontana fossi da casa, quanto diversa Halanda fosse da Issa e… non so cosa mi sia preso! Ho cominciato a piangere e non sono più riuscita a fermarmi.
Le concubine sorrisero e annuirono, come se riuscissero a capire.
- È l’età, mia signora, non si preoccupi. Mi ricordo quando mia sorella minore passò per questa fase. Gli sbalzi d’umore erano tremendi! Neanche nostro padre riusciva a gestirla, ed essendo la più piccola lei era la sua preferita! Era sempre stata un dolce angioletto, poi tutto d’un tratto ha cominciato a comportarsi come un’indemoniata: rispondeva male, si ribellava e l’attimo dopo piangeva e chiedeva scusa, cercando di farsi coccolare dalle sorelle, dalla madre e dalle altre concubine di nostro padre. Per fortuna si è calmata nel giro di un paio d’anni.
Disse Mira con un sospiro e una smorfia.
Oscia sbuffò.
- Io non mi ricordo di essermi mai comportata così!
- Io invece piangevo in continuazione, per un nonnulla.
Commentò Cara, serafica, cominciando a mangiare.
- Dipende dalla ragazza, suppongo, e dalla situazione.
Aggiunse la donna più giovane.
- Io e Mira abbiamo avuto una fanciullezza diversa della vostra, anche se quella di Mira è stata anche più riparata della mia essendo lei la figlia di un nobile. Forse questo ha influito.
A quel punto le concubine si lanciarono in racconti della loro infanzia e Deja si rilassò completamente, ridendo con loro e soffrendo privatamente perché a volte i loro racconti lasciavano intuire un passato difficile. Soprattutto le risultava penoso conciliare quelle donne eleganti e sofisticate, così garbate e sorridenti, con l’immagine che stavano presentando del loro passato. Due di loro erano cresciute in un bordello, essendo figlie di prostitute, e quando dicevano di aver cominciato a lavorare non parlavano di spazzare pavimenti e cambiare lenzuola. Deja decise fermamente di non soffermarsi su quello che Perla e Oscia dovevano aver subito ma di concentrarsi su come avessero brillantemente superato le prove a cui la vita le aveva costrette ed erano riuscite ad arrivare fin lì, compagne dell’uomo più potente dell’intero continente di Zabad. La storia di Cara era forse la più commovente: figlia di contadini era stata data a un importante generale appena quattordicenne per diventare la sua concubina in cambio di una grossa somma di denaro e aveva vissuto con lui tre anni prima che questi morisse. Non aveva potuto tornare a casa, in quanto per lei non c’era posto e non avrebbe più potuto trovare un marito nel villaggio in cui era nata, quindi si era spostata a Halana, con un’altra concubina dell’uomo con cui aveva vissuto e nel bordello da cui questa veniva. Cara le aveva assicurato che il posto in cui si era trasferita era stato estremamente ricercato, frequentato unicamente dagli uomini più ricchi della capitale e che comunque vi era rimasta davvero poco: l’anno dopo il proprietario del bordello l’aveva offerta al khan in dono e, dopo aver passato una selezione effettuata proprio da Perla, era stata scelta.
- Ed eccomi qui, la piccola della famiglia.
Commentò ironicamente la donna, alludendo al fatto che era la concubina più giovane.
- O almeno lo ero, finché non è arrivata lei, mia signora. È un sollievo cedere il titolo!
Concluse ridendo. Anche Deja sorrise e poi prese una decisione impulsiva.
- Signore, avendo sposato Zaron ritengo che ormai facciamo tutte noi parte di un’unica famiglia. Come ha sottolineato Cara sono la più giovane e anche l’ultima arrivata. Voi avete avuto anni per conoscervi ed è evidente, osservandovi, che non solo siete a vostro agio le une con le altre, ma siete amiche e io vorrei davvero che mi consideriate una di voi. Un’amica. Quindi voglio che smettiate di chiamarmi “mia signora” e mi diate del tu, chiamandomi semplicemente Deja.
Le donne sorrisero, dimostrando il loro entusiasmo, e Cara si allungò sul tavolo per stringerle la mano.
Parlarono ancora, dandosi del tu e chiamandosi per nome, e Perla le spiegò com’era strutturata l’ala femminile e come si svolgeva la giornata tipica delle donne che l’occupavano.
- Solitamente facciamo colazione nei nostri appartamenti, perché ci svegliamo quando vogliamo e quindi non ha senso incontrarci per la colazione. Il pranzo è servito solitamente qui, ma la presenza di tutte non è richiesta, soprattutto Oscia, Mira e Tallia in genere pranzano con le figlie nei loro appartamenti. Di giorno ci occupiamo ognuna di cose diverse, a seconda delle nostre inclinazioni e interessi, ma per cena cerchiamo sempre di riunirci.
Perla si astenne per il momento dal dire che a volte una di loro cenava con Zaron e poi passava con lui tutta la notte.
- Dopo cena in genere stiamo in compagnia, chiacchierando o giocando. Ti avviso che Cara cercherà di coinvolgerti in una partita di shah-mat e che è terribilmente abile al gioco. Solo Zaron riesce a batterla, e non sempre!
- In effetti,
Si intromise con aria di soddisfazione la donna in questione.
- In genere vinco io!
Poi Perla continuò a parlare.
- Solitamente Mira ci intrattiene suonandoci qualcosa, è davvero brava.
Deja si illuminò e si rivolse alla concubina.
- Zaron mi ha detto che suoni il sitar. Durante il banchetto di nozze una donna ha suonato per noi ed è stato fantastico! Non avevo mai udito un suono simile, mi farebbe molto piacere se tu volessi suonare qualcosa più tardi.
Mira sembrò estremamente compiaciuta e fece un solerte cenno d’assenso.
- Un’altra cosa, Deja. Abbiamo, forse sbagliando, incoraggiato le bambine a muoversi liberamente nei nostri appartamenti e a rivolgersi a noi come a delle zie. Potrebbe capitare che si avventurino nelle tue stanze non invitate e ti chiedano di giocare con loro.
E questa era principalmente la ragione per cui Zaron preferiva appartarsi con loro nei propri appartamenti: non c’era il rischio che una delle sue figlie li sorprendesse.
- Non è un problema.
Le rassicurò Deja.
- Anche se non sono abituata ad aver a che fare con i bambini. Non mi sono mai trovata veramente a mio agio con le mie coetanee, ho solo un’amica della mia età, le altre sono tutte più vecchie. A parte Anka, che conosco da tutta la vita, la mia migliore amica è Famira che ha diciannove anni. Famira sta viaggiando via terra insieme ad altri nobili e arriverà a Halanda in un paio di settimane; sua madre e sua sorella minore sono invece venute in aeronave da Issa, forse le avete viste.
Le ultime parole erano state rivolte a Cara e a Perla.
- Non abbiamo visto nessuno.
Rispose laconicamente la donna più anziana.
- E la tua amica viaggia per terra con il padre?
Chiese Mira.
- Be’ no. Il padre di Famira è morto. Lei viaggia con le altre lady e i lord che si uniranno a me qui.
Deja guardò perplessa gli sguardi stupiti che si scambiavano le concubine.
- Ci stai dicendo che la tua amica viaggia da sola, senza un familiare ad accompagnarla?
Deja rifletté un momento.
- Lord Sadij è suo cugino per parte di madre, quindi in effetti è accompagnata da un membro della famiglia. Perché tutto questo stupore?
- Perché,
Disse Perla.
- Qui a Rakon è sconveniente per una fanciulla di buona famiglia muoversi senza essere accompagnata dalla madre, dal fratello o dal padre. Una volta sposata invece i suoi movimenti non sono più così limitati. La tua amica è forse sposata?
Deja scosse il capo.
- Quindi viaggia da sola con numerosi uomini. Per un rakiano è… scandaloso.
Deja era interdetta.
- Ma non viaggia da sola con molti uomini! Ci sono le altre nobildonne con lei!
- Ma nessuna è sua madre.
Replicò Mira.
- Le nobili issiane allora hanno una maggiore libertà rispetto a quelle rakiane. L’unico limite è dovuto all’età: sotto i quindici anni alle ragazze, ma anche ai ragazzi, non è permesso spostarsi senza un adulto che li accompagni.
Concluse Deja.
- Eppure tu sei venuta qui a Halanda.
Osservò Mira. Deja sembrò spegnersi e abbassò lo sguardo.
- Questo perché ho sposato Zaron. A Issa è illegale contrarre matrimonio sotto i quindici anni. Legalmente parlando io sono considerata ancora una bambina e infatti mio padre è il mio tutore e l’ho nominato Lord Protettore del regno: con questo titolo può fare le mie veci, anche se io dovrò approvare tutte le decisioni da lui prese.
- Ti manca tuo padre, vero?
Chiese gentilmente Mira. Deja annuì e con fastidio sentì i suoi occhi inumidirsi. Batté velocemente le palpebre, per scacciare le lacrime. Rendendosi conto di averla rattristata Mira scattò in piedi con forzata giovialità.
- Allora, vi va bene se vi suono qualcosa?
Tutte annuirono e Mira corse a prendere il suo sitar mentre Deja e le concubine si spostavano in un’ampia sala dipinta di blu con cuscini e tavoli bassi sparsi un po’ ovunque. Mira tornò con il suo strumento, si sedette, con le concubine e la regina attorno, e cominciò a suonare una melodia dolce e struggente, a memoria.
Dopo un po’ Perla si alzò, scusandosi a bassa voce, e si allontanò dalla stanza.
 
La giornata di Zaron era iniziata bene. Dopo una pessima serata e una brutta notte Deja era sembrata più tranquilla, più sicura di sé e di lui e aveva acconsentito subito, e senza ritrarsi, ad aiutarlo a fabbricare le prove della consumazione del loro matrimonio. Era rimasto molto sorpreso per come lei avesse reagito al suo bacio, gli era sembrata quasi eccitata ma lui aveva scacciato con fastidio quel pensiero. Lei non poteva certo controllare le reazioni del suo corpo a certi stimoli, di sicuro sarebbe stata mortificata dal sapere come i suoi gemiti erano suonati alle orecchie di Zaron e di certo avrebbe avuto di nuovo paura, quindi si era ben guardato dal fare commenti. Poi lei gli aveva porto la mano perché gliela baciasse e gli aveva sorriso e a Zaron era sembrato che la crisi fosse stata superata e che fossero tornati all’atteggiamento amichevole che si era instaurato sull’aeronave. Aveva lasciato le sue stanze molto soddisfatto e aveva persino rivolto un sorriso compiaciuto alle guardie issiane che attendevano Deja.
Si era diretto ai giardini, verso quell’area che aveva fatto sistemare per i suoi allenamenti privati, e dopo aver sciolto i muscoli aveva passato l’intera mattinata a esercitarsi con la spada, duellando con le guardie che il maestro d’armi selezionava di settimana in settimana: cambiava spesso avversario perché non voleva abituarsi a un nemico abbastanza da memorizzare il suo stile di combattimento. Si era lavato e poi aveva mandato un messaggio a Deja, chiedendole se voleva pranzare con lui. Il servitore era tornato e gli aveva riferito che la regina non desiderava essere disturbata. Era stato il primo segno che qualcosa non andava ma Zaron, pur rimanendone interdetto, non vi aveva badato più di tanto, ritenendo che lei fosse impegnata a prendere possesso dei suoi appartamenti o a consultarsi con le nobili donne che si era portata appresso.
Nel pomeriggio aveva visto i suoi ministri, che gli avevano rinnovato le loro felicitazioni per il matrimonio e alcuni di loro lo avevano guardato in maniera obliqua e Zaron si era spazientito, ma non era riuscito a capire cosa quegli sguardi e mezzi sorrisi stessero insinuando.
Infine, verso sera l’aveva raggiunto il messaggio di Perla che gli chiedeva di non andare nell’ala femminile e di attenderla nei suoi appartamenti. Aveva cenato da solo, di pessimo umore, e aveva atteso l’arrivo della donna.
Quando un servitore bussò alla porta annunciando l’arrivo della concubina, Zaron era impegnato a lucidare i suoi pugnali da lancio. Poteva sembrare un’attività strana per un sovrano, ma Zaron a proposito delle armi che portava sulla propria persona era pignolo e non voleva lasciarne la cura a nessun altro.
Lei si tolse il velo che la copriva e gli sorrise con calore. Zaron invece corrucciò la fronte e poggiò con decisione le lame che stava maneggiando.
- Perla, cosa sta succedendo? Prima Deja non vuole vedermi e poi tu mi tieni fuori dalle vostre stanze. Persino la servitù mi ha guardato in maniera strana.
Lei si inginocchiò per terra, al suo fianco, poggiandogli il capo sulle ginocchia e guardandolo dal basso verso l’alto, attraverso le ciglia. Era una posa studiata per apparire fragile e sottomessa e al tempo stesso invitante e civettuola. Gli accarezzò una gamba.
- Nulla di preoccupante, solo una piccola incomprensione. Questa mattina la tua regina ha avuto una specie di crollo nervoso, nulla di grave, è solo nostalgia di casa che, aggiunta alla sua giovane età, le ha fatto venire una violenta crisi di pianto. Se ne è stata rintanata nelle sue stanze tutto il giorno, ma poi è uscita e ha cenato con noi. Sembrava tranquilla e rilassata quando l’ho lasciata, sono sicura che domani vorrà vederti.
Zaron sembrò interdetto e le carezzò i capelli, mentre rifletteva.
- Ma perché mi hai chiesto di stare lontano questa sera? Avrei volentieri cenato con voi.
Perla si lasciò sfuggire una smorfia desolata.
- Il fatto è che non sapevamo cosa avesse scatenato tutto quel trambusto. Era davvero sconvolta quando è uscita dalla tua camera, ha fatto una terribile impressione alla servitù. Mi hanno riferito che circolano… voci… sulla vostra prima notte assieme, voci che non ti dipingono in una luce favorevole.
Zaron aveva smesso di carezzarla e i suoi occhi si erano spalancati in un’espressione di incredulità.
- Cosa? Cosa si dice in giro?
Perla gli salì in grembo e gli circondò le spalle con le braccia tintinnanti di braccialetti, premendo il seno nudo contro il petto dell’uomo.
- Si sussurra che devi averla usata con violenza per farla scappare così dai tuo letto, si parla del sangue sulle tue lenzuola, del livido sulla sua gola e soprattutto dei graffi che lei ti ha lasciato sulla schiena, graffi da difesa.
Zaron poggiò mortificato la fronte sulla spalla di Perla, ricordando come si fosse cambiato la camicia intrisa di sudore al campo d’addestramento. Lo faceva sempre e il gesto era stato meccanico, non aveva neanche pensato alle ferite che aveva chiesto a Deja di infliggergli finché l’aria fresca non aveva fatto pizzicare i graffi ancora freschi.
- E lei, Deja, cos’ha detto?
- Deja si è affrettata a confermare che non l’hai toccata e ha detto che l’isteria che l’aveva colta era dovuta al fatto che si era trasferita definitivamente a Halanda, lontana dalla casa della sua infanzia e da suo padre. Ricordi? Anche Mira era triste all’inizio. Ti assicuro che la reazione di Deja è stata normale, solo che è avvenuta al momento sbagliato, facendo fiorire congetture e tirare conclusioni errate a tutti quelli che vi hanno assistito.
Perla gli baciò la nuca, usando le unghie per massaggiargli il cuoio capelluto e lo sentì irrigidirsi sotto di sé. Si lasciò sfuggire un sorriso compiaciuto quando Zaron cominciò a depositare baci bagnati sulla sua spalla e sul collo, accarezzandole la schiena e poi poggiandole una mano sul seno, sfiorando il capezzolo con il pollice.
- Devi aver avuto una giornata stressante, mio signore. Lascia che mi prenda cura di te.
La voce di Perla era bassa e roca e sollevò il mento dell’uomo per poterlo baciare appassionatamente sulla bocca.
- Pessima nottata, anche. Deja era così nervosa che ho dovuto dormire su una sedia.
Perla mugolò un poverino e poi si alzò, strusciandosi su di lui e lo prese per mano, conducendolo verso la camera da letto.
 
Il giorno seguente Deja fece colazione nelle sue stanze, servita da Larissa a cui poi disse di finire di disfare i bagagli, facendosi aiutare dalla servitù e le diede licenza di selezionare altre due ragazze che l’aiutassero in futuro nello svolgimento dei suoi compiti. Dopo mandò un messaggero presso Zaron, chiedendo di vederlo. Il messaggio di risposa la informava che il khan era lieto che lei quel giorno si sentisse meglio e che sarebbe presto passato a prenderla. Deja indossò uno dei suoi abiti da giorno più elaborati, contrariata perché era lo stesso che aveva indossato il giorno che aveva conosciuto suo marito. Mise poi una lunga collana di e la corona, dopo aver chiesto a Larissa di acconciarle i capelli in modo che le ricadessero sulla spalla sinistra, a coprire parzialmente il livido che ancora decorava la sua pelle. Mentre attendeva difronte alle porte dell’harem stava valutando l’utilità di farsi preparare degli abiti rakiani, perlomeno quando si accompagnava con suo marito per il Palazzo Reale.
Quando le porte si aprirono Zaron aveva un’espressione cupa, ma poi rispose senza esitazione al sorriso che Deja gli rivolse. Lei gli porse la mano destra e lui la baciò con deliberata lentezza, prima di portarsela all’incavo del braccio facendola camminare al suo fianco.
- Hai un aspetto radioso questa mattina, mia signora. Noto con piacere che qualunque cosa ti avesse adombrata ieri, oggi non ti disturba più.
Deja abbassò leggermente il capo, contrita dal velato rimprovero che lui le aveva rivolto.
- Una semplice indisposizione, mio signore, ti ringrazio per la tua preoccupazione. Spero di non aver disturbato i tuoi piani per la mattinata, chiedendoti di incontrarmi.
- Niente affatto, mia signora. La mattina la dedico solitamente agli esercizi con la spada, che ho interrotto senza problemi per il piacere della tua compagnia. Dimmi, c’è qualcosa in particolare di cui desideri parlarmi?
La regina annuì, guardandosi intorno. Stavano passeggiando lentamente e lei non aveva idea di dove Zaron la stesse portando. Per quanto ne sapeva stavano camminando in cerchio.
- Avevi accennato alla possibilità di fornirmi delle stanze in cui io potessi ricevere i miei nobili. Mi piacerebbe conferire con le lady issiane che mi hanno accompagnata quindi, se potessi mostrarmi quali sale avevi in mente…
Zaron aumentò il passo, ora che aveva una meta precisa, e le rivolse un sorriso sollecito.
- Ma certo, mia signora.
Le mostrò una serie di salette, spiegandole che venivano solitamente utilizzate per far attendere i suoi ospiti prima di conferire privatamente con lui, e poi un piccolo salone, che era quello in cui lui solitamente teneva le udienze private.
- Me ne posso facilmente privare, tanto non ho usato granché queste stanze negli ultimi anni. Pensi che possano andarti bene?
Deja annuì, mentre i soldati issiani che l’avevano scortata controllavano le porte e le finestre, riferendo poi a lord Ostin le eventuali criticità strategiche.
- Sì, ti ringrazio nuovamente per la tua sollecitudine e non ti trattengo oltre dai tuoi impegni.
Deja sfilò la mano dal suo braccio, dopo averlo stretto una volta, per segnalare che non intendeva essere scortese.
- Mia signora, pensavo che magari potresti pranzare con me e i miei ministri oggi, se non hai altri programmi.
Deja lo guardò incuriosita.
- Mi farebbe piacere. 
Zaron le rivolse un cenno col capo e poi la lasciò. Deja non si rese neppure conto di quante infrazioni al protocollo e alle tradizioni rakiane Zaron stesse facendo per lei: non solo l’aveva invitata a desinare in compagnia dei suoi ministri, che di certo non avrebbero portato con sé le mogli, facendo di Deja l’unica donna presente, ma l’aveva lasciata sola in compagnia degli uomini della sua scorta, senza nessuna donna, neanche una servitrice, a fare da garante per il suo onore. Quest’ultima concessione gli era costata un po’, era stato restio a lasciare sua moglie con quegli uomini, ma non solo si fidava di Deja, era anche moderatamente sicuro che nessun uomo issiano avrebbe guardato nella sua direzione con lussuria, data l’età della regina. Oltretutto aveva affidato loro la sua vita. Avrebbe dovuto affidargli anche il suo onore.
 
Il pranzo con i ministri di Zaron fu teso; gli uomini presenti, una ventina, erano gli stessi che avevano accolto il khan al suo rientro a Halanda, più alcuni che non avevano fatto in tempo quella sera a raggiungere il campo d’atterraggio. Furono visibilmente sorpresi dalla sua presenza, con la notevole eccezione del nobile Brafit che questa volta fu estremamente cortese e durante la conversazione si rivolse numerose volte a lei, chiedendo prima sempre il permesso al khan e attendendo immancabilmente il suo cenno d’assenso prima di guardarla e rivolgerle la parola, in un’apparente eccesso di cortesia che lasciò Deja confusa. Gli altri sembrarono preferire che il nobile cognato del loro sovrano cominciasse per primo e si limitarono ad osservare Brafit e Deja e come Zaron reagiva al fatto che lui stesse cercando di coinvolgerla nella conversazione. Deja trovò il marito di Sali quasi simpatico: sicuramente l’opinione che aveva di lui migliorò, dopo il loro poco educato primo incontro. Tuttavia ogni volta che Brafit chiedeva cortesemente a Zaron se poteva rivolgere una domanda alla sua regina, a Deja veniva in mente il viso illuminato di entusiasmo e d’amore della principessa mentre declamava la sua abilità amatoria e si sentiva terribilmente in imbarazzo. Il rossore, che di tanto in tanto le dipingeva delicatamente le guance, sembrò attirare gli sguardi ammirati dei nobili presenti che offrirono numerosi complimenti a Zaron, elogiando la sua bellezza. Deja si chiese se la ignoravano perché era una donna o perché pensavano che parlando con Zaron invece che direttamente a lei non ne avrebbero suscitato la gelosia.
Nel pomeriggio incontrò le donne della sua corte e, se pensava che quell’incontro sarebbe stato più facile che sedere a tavola con Zaron e i suoi ministri, si era gravemente sbagliata.
Ser Ostin era stato ostile e rigido per tutto il giorno e lady Pastis era rossa di rabbia quando finalmente raggiunse il Palazzo Reale e chiese di parlare con lei, privatamente. Quando furono sole esplose.
- So che mi aveva ordinato di mostrare rispetto per re Zaron, ma come posso? Quel-quel… quell’animale! Dopo che siamo state allontanate alla fine del banchetto ho visto come vi toccava, quel depravato! Lord Ostin mi ha riferito cos’è successo ieri! Oh, mia povera regina, dovete essere distrutta! Siete sicura di sentirvi bene? Non volete che lady Asill vi visiti?
Deja rimase sconcertata dalla veemenza della donna e dalla sua sincera preoccupazione. Lady Pastis le esaminava le braccia e i polsi e le scrutava con insistenza la gola e il livido che i capelli non riuscivano a coprire interamente. La regina sollevò gli occhi al cielo e quando parlò lo fece scandendo le parole con lentezza e decisione.
- Sto bene, mio marito, re Zaron, non mi ha fatto del male. Non riesco a immaginare cosa Ostin possa averti raccontato ma deve aver frainteso, perché io sono perfettamente in salute, non ho bisogno della guaritrice!
Lady Pastis parve interdetta ma poi proseguì.
- Mia regina, lord Ostin ci ha riferito come la mattina a seguito delle nozze voi siate fuggita correndo dalle stanze di vostro marito, visibilmente alterata e sconvolta e che lui vi aveva marchiata e lasciato dei lividi. Poi per tutto il giorno vi siete rifiutata di rispondere ai nostri messaggi e di vederci. Eravamo tutti molto preoccupati. So che deve essere doloroso per voi, dopo l’ordalia che dovete aver vissuto, ma vi scongiuro, non cercate di proteggerlo negando il suo aberrante comportamento.
Deja trasse un profondo respiro per non urlare.
- Come dicevo, lord Ostin ha frainteso la situazione. Io non fuggivo da mio marito, né da quello che è successo nell’intimità della sua camera. Lady Pastis, mi rendo conto che non sei sposata, ma ciò non giustifica la tua insistenza. Quello che succede tra moglie e marito è privato. Ti basti sapere che re Zaron non mi ha in alcun modo recato offesa. Mio marito è stato molto corretto nei miei riguardi. Per quanto riguarda i supposti lividi sono solo il segno evidente della passione del mio sposo. Sia ben chiaro che questa è l’ultima volta che tocco questo argomento. Guai a te se oserai nuovamente parlare male del tuo re o fare insinuazioni sul suo carattere che, ti assicuro, è estremamente onorevole.
Si allontanò dalla donna e irruppe nella sala dove si trovavano le altre tre lady, anche questa volta Aduna era stata lasciata a casa, e i soldati della sua scorta, tra i quali lord Ostin.
- Vi ordino di smetterla con quegli sguardi di pietà e orrore. Non so che idea vi siate fatte, ma è sbagliata. Mio marito non è stato violento con me e comunque la mia prima notte di nozze non è argomento di pettegolezzo! E tu …
Con il dito indicò il giovane soldato che aveva assunto un’espressione testarda.
- Tu ti tratterrai in futuro dallo spargere voci sul mio conto e infangare l’onore di mio marito, sono stata chiara?
Spostò uno sguardo oltraggiato e furioso su tutti i presenti che abbassarono gli occhi e si inchinarono, accettando il suo decreto.
Non ci furono altre insinuazioni, né sguardi pietosi, e Deja passò in relativa tranquillità i seguenti dodici giorni, prima dell’arrivo del contingente issiano a Halanda, impegnando il suo tempo a conoscere meglio le concubine e le adorabili figlie di Zaron e, una volta pronti gli abiti in foggia rakiana che aveva richiesto, cominciò a sedere al fianco del marito, mentre egli discuteva di leggi con i suoi ministri e dispensava giustizia. Gli unici incontri a cui Zaron le chiese di non partecipare furono quelli con i suoi generali, e questo in virtù del fatto che lei era la regina di un regno conquistato.
Solo due avvenimenti si distinsero in quelle prime settimane: l’incontro snervante con la sarcastica Tallia e la cena privata che ebbe con Zaron.
Ci mise giorni a incontrarsi da sola con Tallia e capitò mentre Deja esplorava il giardino privato dell’harem. La donna era in un angolo secluso, seduta su una panchina di pietra, a guardare la figlioletta che correva tra le aiuole, raccogliendo fiori.
La regina era rimasta in piedi, incerta se avvicinarsi o lasciarle da sole, ma Tallia si era voltata verso di lei, le aveva sorriso e con un gesto l’aveva invitata a sedere al suo fianco. Per un po’ erano rimaste a guardare la bambina che giocava: Elina aveva disposto sull’erba i fiori raccolti e li muoveva facendoli interagire gli uni con gli altri, come se fossero persone. Poi Tallia si volse verso di lei, fissando con insistenza il livido scuro che ancora faceva bella mostra di sé sulla gola della ragazzina e parlò a voce bassa.
- Zaron è un uomo passionale, vero? Cerca sempre di trattenersi ma quando si lascia prendere la mano dopo si scusa. E comunque non è mai violento, neanche nei suoi momenti peggiori. Credimi, io conosco la differenza tra un uomo che gode nell’infliggere dolore e uno che semplicemente si lascia trascinare dalla passione.
Deja aveva sgranato gli occhi, coprendosi con una mano la gola e poi guardando velocemente la bambina che giocava.
- Oh, non badare ad Elina, non ci sta ascoltando. E poi è troppo impegnata a regnare sul suo impero floreale per badare ai discorsi noiosi dei grandi.
Deja si era sentita a disagio difronte alle insinuazioni della donna.
- Lo sai che Zaron non mi ha toccata.
Tallia sbuffò.
- Quel livido della forma della sua bocca dice altrimenti.
- Be’, sì, mi ha morso il collo, ma… Lui non ha… Sai cosa intendo!
Tallia l’aveva guardata fissa, socchiudendo gli occhi, prima di aggiungere, dubbiosa.
- Se lo dici tu…
- Tallia, non ti fidi di Zaron?
L’espressione della concubina divenne cinica, la bocca si piegò in una smorfia crudele.
- Secondo la mia esperienza gli uomini non hanno nessuna capacità di controllo, non quando si trovano nel letto una ragazza che non può digli di no.
Deja era sobbalzata, inorridita, e difronte alla sua espressione Tallia si era leggermente ammorbidita.
- Scusa. Ma io non ho avuto esperienze positive con gli uomini.
- Ma… Zaron. Lui sicuramente…
Deja non sapeva come spiegarsi; Zaron doveva essere diverso, con lei si era comportato sempre onorevolmente, come poteva lo stesso uomo, elogiato anche dalle altre concubine, apparire diverso agli occhi di Tallia?
- È il padre di tua figlia, non ti fidi di lui? Non lo ami, almeno un poco?
Concluse la ragazza, indicando la bambina felice che giocava sull’erba. Tallia guardò sua figlia, prima di rispondere sussurrando.
- Fidarmi? Non mi fido di nessun uomo, non fino in fondo. Amarlo? Suppongo di essergli affezionata. Di certo gli sono grata per Elina.
Gli occhi della donna si riempirono di un amore incondizionato.
- La mia bambina… Sono felice che lui sia suo padre. So che non le farebbe mai del male.
La sua espressione si fece feroce e il suo sguardo si indurì.
- Se così non fosse potrei ucciderlo con le mie mani, nel sonno, con uno dei coltelli che ama tanto nascondere in giro per la camera da letto.
Si rivolse nuovamente a Deja, che ebbe timore di lei, perché il volto di Tallia era divenuto brutto, cattivo, e quando parlò nuovamente la voce era alterata.
- Sai perché io sono qui? Perché anche Zaron ha i suoi momenti di aggressività e io sono brava a gestire gli uomini rabbiosi. È raro che il khan abbia desiderio di sfogarsi e così il più delle volte sono io a provocarlo fino a far esplodere la sua violenza.
Tallia arricciò le labbra, mostrando tutti i denti in un ghigno. Sembrava orgogliosa della sua capacità.
- E comunque, anche nei suoi momenti peggiori, non mi ha mai picchiata né ha inteso farmi veramente male.
La donna si avvicinò a Deja, chinando il capo per sussurrare ancora più piano.
- Perla non ha voluto che parlassimo apertamente delle nostre esperienze con gli uomini il giorno del tuo matrimonio. Mira è stata l’unica a parlarne e tu sei quasi svenuta. Come avresti reagito se ti avessi parlato della mia prima volta?
Deja aveva scosso il capo, non voleva ascoltare, ma Tallia la ignorò, sembrava esaltata da come il volto della regina era impallidito.
- Zaron ha sempre rifiutato le ragazzine che gli venivano offerte, tu sei l’unica che abbia voluto.  Ha una regola: nessuna che sia di quindici anni più giovane di lui. È una regola saggia, a cui pochi uomini pensano*. Sai perché ce l’ha? Nel bordello dove sono cresciuta hanno venduto la mia verginità all’asta**. Avevo quattordici anni, anche se a quegli uomini dissero che ne avevo compiuti tredici da poco. Quando venne a sapere chi aveva vinto, offrendo la cifra più alta, mia madre protestò a gran voce con la proprietaria. Lei conosceva quell’uomo, era stato uno dei suoi clienti fissi quando era rimasta incinta di me e c’erano buone probabilità che fosse mio padre. Non l’ascoltarono, ovviamente. Anzi, le intimarono di tacere e anche a me ordinarono di tenere la bocca chiusa con lui. Non volevano scontentare un cliente così ricco e importante. Così non gli dissi niente. Quell’orribile uomo, quel disgustoso maiale!  A lui piaceva far del male, per questo cercava di accaparrarsi tutte le vergini del bordello. Ma io non emisi un fiato. Piansi, ma non urlai mai, non importava quanta violenza lui usasse. Da quel giorno cominciò a chiedere sempre di me e alla fine dovette pensare che derivassi piacere dal dolore che mi infliggeva. Mi feci una certa fama e i clienti… difficili… cominciarono a chiedere di me. Poi Perla mi ha prelevata dal bordello e mi ha fatto entrare a Palazzo. Sono qui per soddisfare i bisogni particolari di Zaron, ma lasciamelo dire: lui è il cliente più gentile e considerato che io abbia mai avuto.
Guardò la sua bambina e la sua espressione si svuotò da ogni cattiveria, il tono si fece flebile e sembrò, per un attimo, sperduta e confusa.
- Ed è anche un padre affettuoso e presente.
Volse nuovamente il capo verso Deja.
- Come deve esserlo stato il tuo, di padre. Scommetto che il tuo paparino non ti ha mai toccata dove non doveva, non ti ha mai allargato a forza le gambe…
Deja saltò in piedi, con lo stomaco in subbuglio e scappò correndo. Piangeva e singhiozzava apertamente quando rientrò nella zona comune, quasi scontrandosi con Mira.
- Cosa succede, Deja?
Mira era allarmata e aveva cercato di trattenerla. Deja si era divincolata, aveva farfugliato il nome di Tallia ed era scappata nei suoi appartamenti, dove aveva pianto fino a rimanere senza fiato. Le parole finali di Tallia l’avevano disgustata, ma ciò che l’aveva sconvolta di più era stato il resoconto della vita che la donna aveva vissuto, gli abusi che doveva aver subito.
Quando uscì dalle sue stanze lo fece perché attirata dalle urla. Le concubine avevano circondato Tallia che stava litigando con Perla la quale le chiedeva a gran voce cosa avesse fatto a Deja per farla piangere.
La regina si era intromessa, prendendo inaspettatamente le difese di Tallia.
- No Perla, basta. Io e Tallia abbiamo parlato in giardino e l’argomento è stato delicato e mi ha scossa nel profondo. Tallia, anche se cruda, è stata sincera e si è aperta a me, non deve essere rimproverata per questo.
Perla aveva chinato il capo, accettando le sue parole e si era rasserenata, abbracciando l’altra donna e chiedendole scusa. Tallia aveva risposto all’abbraccio e da sopra la spalla di Perla aveva guardato Deja con espressione indecifrabile, prima di farle un piccolo cenno con capo e un brevissimo sorriso. Ancora Deja non lo sapeva, ma ne aveva vinto la fiducia ed era entrata in quel limitato circolo che componeva le amicizie strette della donna.
Per contrasto la cena che aveva avuto con Zaron era stata piacevole e rilassata. Avevano cenato nella sala da pranzo privata di Zaron, all’interno dei suoi appartamenti, e avevano seduto vicini al basso tavolo quadrato. Lui l’aveva stupita, facendole servire i piatti che aveva preferito di più al banchetto di nozze, mentre per sé aveva ordinato del cibo fortemente speziato, confidandole che aveva sentito la mancanza del pepe, di difficile reperimento, durante le sue campagne militari. Deja, incuriosita, l’aveva voluto assaggiare ma se ne era presto pentita: la spezia le aveva bruciato la lingua e la gola, facendole lacrimare gli occhi e pizzicare violentemente il naso. Si era affrettata a bere dal suo calice, ma neanche quello aveva sembrato calmare il fuoco che le ardeva in bocca. Zaron, ridendo, le aveva messo in mano del pane, suggerendole di provare con quello che, per lo sorpresa di Deja, era riuscito a quietare il bruciore. Zaron rideva e rideva, piegato in due sul suo piatto e Deja, piccata, gli aveva tirato in testa un pezzo di mollica, prima di unirsi a lui. Era stato piacevole: la cena, lui e la sua risata e Deja si era sentita a suo agio, tutto il nervosismo e il terrore che aveva provato l’ultima volta che si era trovata lì completamente dimenticato.
- Volevo parlarti di una cosa, Deja.
Zaron le guardava l’abito rakiano verde acqua che indossava, i polsi nudi e il petto su cui era poggiato il pendente di zaffiro, l’unico gioiello che la ragazzina indossasse. Deja seguì il suo sguardo, confusa.
- C’è qualcosa che non va nel mio abbigliamento?
Lui scosse inizialmente il capo, poi fece una smorfia e annuì.
- C’è qualcosa che non va. Non indossi abbastanza gioielli.
- Come?
Deja aveva spalancato gli occhi per la sorpresa, cosa c’entravano i gioielli?
- Avrai notato il numero di braccialetti che indossano le mie concubine, le collane e gli orecchini. La quantità e la qualità dei gioielli indossati da una donna è un riflesso della ricchezza del marito, ed è anche un segno evidente che lui la favorisce. Per questo al nostro matrimonio ti ho messo tutti quei bracciali e cavigliere e tutte quelle collane e anelli. Ti farò avere degli scrigni con dei gioielli e vorrei che tu li indossassi, soprattutto i bracciali e le cavigliere dato che non puoi metterti gli orecchini. A questo proposito, potresti prendere in considerazione l’idea di farti forare i lobi?
Deja si era coperta entrambe le orecchie con le mani.
- Assolutamente no!
Poi, difronte all’espressione delusa di suo marito aveva concesso.
- Magari più avanti, magari un solo foro per lobo…
Lui le aveva sorriso.
- Mi basta che ci pensi, per adesso. Se non vuoi non sei costretta.
Lei aveva sospirato, rassegnata.
- Quanti braccialetti pensi che siano adeguati?
Lui vi aveva riflettuto sopra.
- Almeno tre in più di quelli che indossano Perla e le altre concubine che, noterai, portano lo stesso numero di bracciali e cavigliere. Non ho mai voluto che ci fossero ostentazioni di favoritismo.
- Ma vuoi che si pensi che favorisci me.
Aveva aggiunto esitante Deja.
- Tu sei mia moglie. È ovvio che io preferisca te.
Aveva replicato risolutamente Zaron. Poi aveva aggiunto, per placarla dato che lei era visibilmente scontenta.
- Ti chiedo di indossarli solo quando sei abbigliata alla maniera rakiana, non pretendo che tu li indossi quando vesti secondo gli usi della tua terra.
Deja aveva annuito, ancora svilita all’idea di essere appesantita da tutto quell’oro.
- Posso chiedere una cosa?
- Deja, tu mi puoi chiedere tutto.
Aveva replicato lui.
- Ho notato,
Aveva proseguito la ragazzina con fare pensoso.
- Che ci sono delle guardie che rimangono sempre a Palazzo, quando tu avevi detto che solo la famiglia reale e i servitori vi risiedono. E ho anche notato che le stesse guardie mi accompagnano quando esco dall’harem. Eppure mi era parso di capire che ci fosse una certa … ritrosia a lasciare delle donne in compagnia di uomini sconosciuti. La stessa cosa non dovrebbe valere per le guardie?
Zaron aveva poggiato la schiena contro la sedia sorridendo.
- Ma quelle sono guardie faliq. Sono speciali.
- In che senso?
Aveva chiesto perplessa Deja.
- I faliq sono una speciale divisione del mio esercito, vengono selezionati durante l’accademia o l’addestramento, quando dimostrano le loro… inclinazioni. Per quanto ne so non esiste nulla di simile in nessun esercito del mondo. Quando un uomo che ha intrapreso la carriera militare dimostra di preferire la compagnia degli altri uomini a quella delle donne, viene selezionato per entrare nel gruppo dei faliq. Sono guerrieri ben addestrati che vengono impiegati principalmente come guardie del corpo e per scortare le donne delle famiglie nobili. Nessun marito sarebbe geloso di loro, nessun padre li sospetterebbe di insidiare l’onore delle sue figlie. Per il semplice motivo che i faliq non sono attratti dalle femmine. Per questo i loro servigi sono molto richiesti e apprezzati.
Deja lo guardava a bocca aperta, arrossendo leggermente. Poi si schiarì la voce.
- Ci sono uomini del genere anche a Issa, ma vengono guardati con… disprezzo.
Lui scosse il capo sorridendo mesto.
- Solo i soldati faliq vengono trattati con onore a Rakon. Un uomo che non appartiene a quella falange ma che dimostra inclinazioni simili viene considerato con disprezzo anche qui, soprattutto se appartiene alla nobiltà, perché ci si aspetta che un nobile abbia molte concubine, una moglie e generi numerosi figli.
- Capisco.
Sussurrò Deja, ritenendo chiuso l’argomento.
Mangiarono in silenzio e dopo un po’, schiarendosi la voce, Zaron le porse una domanda che la stupì.
- Il tuo compleanno cade tra quattro mesi, giusto Deja?
Lei aveva annuito.
- Sì, tra quattro mesi e una settimana.
Lui aveva scosso la testa divertito da quella puntualizzazione.
- Che ne diresti di tornare a Issa, per festeggiare il tuo tredicesimo compleanno?
Deja si era impietrita, fissandolo a occhi spalancati e Zaron era parso esitante.
- Dici davvero?
Aveva chiesto lei con un filo di voce e Zaron aveva annuito.
- Sì, certo. Se ti fa piacere.
La ragazzina era esplosa in un gridolino di gioia, battendo le mani e poi, incapace di contenere la contentezza, si era alzata in ginocchio e si era sporta al di là dello spigolo che li divideva, buttando le braccia al collo di Zaron e gridando.
- Grazie! Grazie! Grazie!
Poi gli aveva rumorosamente baciato la guancia destra prima di tornare a sedere al proprio posto, un sorriso enorme a tenderle le labbra e gli occhi brillanti di felicità. Zaron si era toccato la guancia e aveva sollevato un sopracciglio, Deja era arrossita leggermente e poi aveva osservato, con tono difensivo.
- Le tue figlie ti baciano sempre sulla guancia! Non ti sarai offeso, spero?
Zaron aveva schiarito la gola e scosso il capo.
- Certo che no, mi hai solo sorpreso.
Deja sembrava persa in un mondo tutto suo e Zaron era stato restio a introdurre il seguente argomento, ma aveva dovuto.
- Ho pensato che sarebbe meglio se tu cenassi con me, nei miei appartamenti, almeno una volta al mese e poi, dalla prossima volta, non da oggi, dormissi qui.
Lei aveva fatto una smorfia e un po’ della sua felicità si era offuscata, ma poi aveva annuito.
- Deja…
Aveva continuato Zaron, parlando lentamente.
- Cerca di capire. Non posso continuare a dormire sulle sedie. Il letto è abbastanza grande, possiamo coricarvici entrambi comodamente senza toccarci.
Deja aveva roteato gli occhi.
- Sì, ho capito. Non ti preoccupare, non ho paura di te. Lo so che mantieni le tue promesse e che comunque non sei interessato a me. Per tornare a Issa viaggeremo via terra o prenderemo nuovamente l’aeronave?
Era ancora di buonumore, e sorridente, quando uscì dall’appartamento di Zaron e rientrando nell’harem incrociò una delle concubine che ne usciva, velata, per percorrere il cammino opposto al suo. Guardò la porta chiusa alle sue spalle, pensosa, e poi andò nell’area comune, in cerca di Perla.
- Rientrando ho incrociato Oscia. Stava andando da Zaron, vero?
Perla, che stava leggendo reclinata sui cuscini nella sala comune, l’aveva invitata a prendere posto a fianco a sé.
- Sì. Questa notte è il turno di Oscia.
Deja aveva assunto un’espressione perplessa e vagamente mortificata.
- Ha dei turni per vedere le sue concubine?
Perla era scoppiata a ridere, rovesciando la testa all’indietro.
- No, hai frainteso. Noi abbiamo una lista dei giorni! A meno che non richieda espressamente di una di noi, siamo noi a decidere con chi passerà la notte.
Poi aveva aggiunto, con espressione maliziosa.
- E cambiamo continuamente l’ordine, così che non sappia mai chi busserà alla sua porta!
Deja era rimasta a pensare, riflettendo sulla cosa prima di parlare nuovamente.
- A volte cena qui e gioca con le bambine e poi va via, accompagnato da una concubina…
Perla aveva annuito e poi aveva continuato.
- Ma altre volte siamo noi che ceniamo da lui e poi passiamo la notte nei suoi appartamenti.
- E lui non si ferma mai a dormire qui?
Aveva chiesto Deja, incuriosita.
- No, quasi mai. Le bambine possono essere indiscrete e così preferiamo tenere lontane certe attività dai loro occhi. Però a volte capita, e cerchiamo di essere riservati e non farci scoprire da loro.
Deja aveva annuito e poi si era ritirata, tornando a sorridere al pensiero di riabbracciare presto il padre.


* La regola dei 15 anni. Mi è venuto in mente guardando “Il trono di spade” (prima stagione, poi è diventato progressivamente troppo differente dai libri e ho smesso di guardarlo). Re Robert, il re che muore all’inizio, viene descritto come un donnaiolo impenitente che corre dietro a ogni sottana e che frequenta assiduamente i bordelli. Nel libro gli unici suoi bastardi che sfuggono all’epurazione di Cercei sono Gendry e la sua figlia bastarda primogenita (che, per quanto ne so, c’è solo nel libro) che è un’adulta. E pensando a lei mi sono chiesta: se durante le sue visite ai bordelli incontra una delle sue bastarde adulte, avrà la capacità di riconoscerla ed evitarla? La risposta che mi sono data è stata: non credo proprio. Quindi è nata questa idea. Avrei potuto dire 17 anni, ma ho preferito 15, un bel numero tondo.
** Venduta all’asta. Qui mi sono ispirata al film del 1996 “Moll Flanders” con Morgan Freeman, anche questo completamente diverso dal libro.
 
NOTE DEL’AUTRICE: Non riuscivo a trovare un titolo per questo capitolo e poi, improvvisamente, mi è balenata in testa l’immagine di Hannibal Smith (del telefilm anni ’80 “A-team”), che si porta il sigaro alla bocca e sorridendo afferma: mi piacciono i piani ben riusciti! In questo caso il piano di Zaron è riuscito anche troppo bene.
Deja sembra volubile in questo capitolo ma, come ho fatto dire alle concubine, è l’età. E sarà sempre peggio: la crescita (alla fine della storia guarderà Zaron dritto negli occhi), la maturazione sessuale e gli ormoni che ti fanno comportare come una che soffre di personalità bipolare e ti fanno urlare a pieni polmoni le cose più assurde e imbarazzanti. Oh, le gioie dell’adolescenza! Non ne sento minimamente la mancanza….
 
 

  
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