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Autore: Erin    24/10/2016    6 recensioni
A pochi mesi dall'inizio del sesto anno, Harry, Ron ed Hermione riprovano ad usare la Polisucco per trasformarsi in Blaise, Theodore e Astoria e ottenere informazioni circa la possibilità che Draco Malfoy sia divenuto già un Mangiamorte e quali, nel caso, siano i compiti a lui assegnati. Un inconveniente, non perfettamente previsto, metterà Hermione in una complicata situazione: Draco e Astoria hanno un flirt di cui - quasi - nessuno sapeva nulla. Che fare, ora? Stare al gioco pur di ottenere le informazioni tanto agognate? O scappare via e mandare tutto in frantumi? Hermione Granger, però, non si è mai tirata indietro davanti a nulla.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
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Intro: come promesso sono tornata prestissimo! Vi avevo lasciati in sospeso e non si fa u.u In più a breve sarò molto impegnata con il Lucca Comics (aiuto da standista degli amici che hanno una fumetteria) perciò non potrò postare altri cap per qualche settimana. Mi raccomando, fatemi sentire il vostro parere anche con una brevissima recensione: mi ispirate e scrivo più velocemente poi u.u

Un abbraccio!




POLISUCCO

e necessità vitali



« Dovevi tornare a casa quando eri ancora in tempo per farlo » mi sussurrò sulle labbra, appena i nostri nasi si sfiorarono. « Adesso è troppo tardi. »

La sua bocca si dischiuse e carezzò appena la mia, respirando il mio respiro. Le sue sopracciglia erano contratte e ma gli occhi erano spalancati, limpidi, liquidi; le sue mani mi tenevano stretta eppure si ancoravano a me, come se volessero mantenere un punto fisso per non crollare.

I miei indici erano ancora appoggiai agli angoli della sua bocca, tremanti. Volevo azzerare quella maledetta distanza che ci divideva da quasi un anno, volevo baciarlo con le mie labbra e non con quelle d'un altra. Volevo che mi divorasse, così come aveva detto, perché anch'io temevo che un solo bacio non mi sarebbe bastato.

Mi alzai appena sulle punte, quei pochi centimetri che mi permisero di premere completamente la mia bocca sulla sua. Lo baciai in un profondo respiro, prima di ritrarmi appena.

« Hermione » disse roco, contraendo la mascella.

« Non... trattenerti » sussurrai.

Mi afferrò il viso con le mani e ci fu un ultimo istante in cui si concesse di guardarmi provando a starmi lontano. Poi, mi tirò a sé. Mi baciò con l'impeto che mi ero aspettata, come se fosse qualcosa di necessario. Di vitale, come respirare. Come se fossimo stati chiusi sott'acqua troppo a lungo e ora avessimo bisogno d'ossigeno per sopravvivere.

I miei polpastrelli furono catturati dalla sua bocca insieme alle mie labbra; la sua lingua incontrò la mia, rovente. Strinse i miei capelli tra le dita, facendo sì che reclinassi la testa all'indietro; mi sovrastò con il suo corpo, così inarcai la schiena, mentre mi baciava ancora. Scese sul mento, poi sul collo, mentre le sue mani scivolavano di nuovo sui miei fianchi e lungo le gambe, infilandosi poi sotto l'abito.

Le mia dita si intrecciarono dietro la sua nuca, mentre Draco mi baciava la parte alta del seno, lasciata appena scoperta. Gemetti, guardai il soffitto senza vederlo; era tutto avvolto della nebbia per quanto mi riguardava.

Mi spinse all'indietro, facendomi camminare, finché non toccai qualcosa con le gambe; mi passò le mani sotto il sedere e mi sollevò, poggiandomi su quella che immaginai fosse la scrivania. Qualcosa cadde, facendo rumore, ma a nessuno dei due importava vedere cosa. Restai un attimo a guardarlo negli occhi, per la prima volta alla stessa altezza del suo sguardo: ascoltai i miei e i suoi respiri infranti, i desideri impellenti, il bruciore ardente che agitava la nostra pelle.

Mi osservava da sotto le sopracciglia arcuate, come un predatore; erano così chiare, eppure così espressive. Mossi esitanti le mani e le portai al primo bottone della sua camicia scura; senza distogliere gli occhi dai suoi, slacciai un bottone. Poi un altro, e un altro ancora, finché la camicia si aprì del tutto. La pelle scolpita e muscolosa del suo torace mi fece mancare un inspiro: mi era capitato di vedere Harry o Ron a torso nudo ma la vista non era nemmeno lontanamente paragonabile.

Infilai i polpastrelli sotto i lembi di stoffa e percorsi lentamente le linee muscolari, dai pettorali agli addominali in rilievo. Sentii poi le sue mani sulle mie gambe. Delicate ma sicure, entrambe, partirono dalle ginocchia ed arrivarono fino al bordo del mio abito di cotone; quindi, varcarono il confine. Si spostò sui lati e arrivò fino ai glutei, senza mai spostare gli occhi da me. Lì mi strinse la pelle e mi tirò in avanti, facendo sussultare, affinché aderissi a lui. Si abbassò su di me con una calma esasperante, tanto che mi sembrò di scoppiare.

« Il vestito » soffiò, poco prima che le sue labbra toccassero nuovamente le mie. Mi baciò, dischiudendo la mia bocca, cercando la mia lingua, stringendo tra le dita la mia pelle bollente. « Tu già sapevi » aggiunse, baciandomi ancora, mentre le sue dita s'infilavano sotto il bordo dei miei slip. « Sapevo... cosa? » dissi in un respiro rubato, quando mi baciò il collo, risalendo lungo l'orecchio. « Che avrei voluto metterci le mani sotto » mi sussurrò, baciandomi la spalla e facendo cadere con il naso la brellina dell'abito. « Che avrei voluto strappartelo via. »

« Continuo a provocarti » giocai, socchiudendo gli occhi.

« La tua sola presenza mi provoca » mi confessò, baciandomi le clavicole.

Le mie mani si mossero prima che potessi deciderlo razionalmente; le ritrovai sul bordo dei suoi pantaloni, in procinto di slacciare quell'unico bottone. Lo feci, senza rifletterci ulteriormente, avvertendo la sua erezione. Dischiusi le labbra per prendere fiato, ma non riuscii del tutto. Avevo il corpo di Draco tra le gambe, le sue spalle ampie a sovrastare il mio corpo esile e temevo, temevo realmente che le sensazioni che stavo provando potessero uccidermi.

Draco chiuse le dita sui lati dei miei slip e li tirò verso di sé, togliendomeli completamente. Abbassai appena i suoi pantaloni, poi l'intimo. Lo toccai e gemette sulla mia bocca, mordendomi appena il labbro.

Mi passò nuovamente le mani dietro il sedere e mi tirò verso di sé, finché le nostre intimità si toccarono.

Mi guardò negli occhi e lentamente spinse dentro di me. Aspettò che i miei muscoli si rilassassero, poi andò fino in fondo.

Mi parve di aver disimparato a respirare. Aprii la bocca ma non riuscii ad incamerare ossigeno. Mi strinsi a lui, aggrappandomi alla sua schiena, nascondendo il naso nel suo collo.

« Ti sto-»

« No, » lo bloccai con voce instabile, prima che potesse aggiungere altro. « Non voglio che ti fermi » aggiunsi contro la sua mascella.

Lentamente riprese a muoversi e il dolore scemò, ma il mio corpo continuava ad essere sconvolto dalla sua impetuosità. Appena mi rilassai lui se ne accorse, intensificando le spinte. Ogni spinta mi toglieva un respiro, ogni spinta mi faceva tremare, aumentando il piacere. Non avrei mai potuto immaginare una sensazione simile; era una cosa che, senza provarla, non si poteva capire né descrivere.

Ed io ne ero già assuefatta.


***


Il sole colorava la pelle di Hermione, rendeva i suoi occhi più chiari e s'intrufolava tra i suoi boccoli. Il suo seno si alzava e abbassava al ritmo dei suoi respiri affannati, il suo corpo tremava appena; ero disteso accanto a lei ad osservarla, abbandonati ancora ansanti su quella scrivania di legno duro che solo ora mi accorgevo di quanto fosse scomoda.

« Devo portarti via da qui » sussurrai dopo un tempo che mi parve interminabile.

Hermione voltò la testa e mi sorrise. « Lo so. »

Mi sollevai a sedere, passandomi la mano tra i capelli. La guardai sollevarsi, sistemarsi le bretelline dell'abito e riportare l'orlo alle ginocchia. Fece pressione sulle mani e scese giù con un piccolo saltello, rimettendo i piedi sul pavimento. La imitai. Poi le afferrai le mani, che frettolose si spazzolavano la gonna, e lei mi guardò stranita.

Me le portai alla bocca e le baciai, poi le depositai alla mia nuca e l'avvicinai a me, stringendola. Le lasciai alcuni baci sulla tempia destra, sugli zigomi, sul lato del naso. Restai per qualche istante a sentire il suo profumo.

« Vorrei restare così per sempre » mi disse e per un attimo credetti che a dirlo fosse stata la mia voce. Le sorrisi contro la pelle e la baciai un'ultima volta.

Mi allontanai, senza separarmi dalla sua mano sinistra, così la condussi oltre quella stanza, per il corridoio, infine passai per la sala da pranzo. Richiamai Hunni, dicendogli di togliere quei due piatti rimasti ancora sulla tavola – temevo che Voldemort potesse piombare lì in mia assenza e farsi qualche domanda.

Camminando, appellai il mantello con la bacchetta e uscii nei giardini, attraversandoli, fino a giungere al cancello.

Mi voltai a guardarla e senza lasciarla mi smaterializzai a Grimmauld place n°12. Le ore pigre del dopo pranzo avevano svuotato la strada. Tutto era immerso nel caldo e ovattato silenzio di quel momento sospeso.

« Vai dentro. Ti guardo entrare e vado via » le dissi.

Annuì debolmente, ripetutamente, ma restò ferma al suo posto. Mi abbassai appena e le sfiorai il naso con il mio, facendola sorridere.

« Non è un addio » le dissi.

Un rumore alla mia sinistra mi fece voltare e istintivamente le strinsi la mano, mettendomi appena davanti a lei.

Ronald Lenticchia Weasley mi guardava come se volesse uccidermi; non gli avevo mai visto uno sguardo simile, escludendo le volte in cui aveva cercato goffamente di offendermi.

Aggrottai le sopracciglia, più per confusione che per altro, quando lo vidi avanzare con la bacchetta sguainata. Presi di riflesso la mia e mi voltai completamente verso di lui.

« Vattene Malfoy, lasciala stare! »

« Weasley » cominciai, mentre continuava ad avanzare.

« Allontanati da lei! » urlò. « Non le farai più del male! »

« Ron, non capisci! » esclamò Hermione.

Io contrassi i muscoli del viso, senza perderlo d'occhio. « Io non... non le farei mai del male. » Bugia. Le avevo fatto del male, seppur l'intenzione fosse quella di proteggerla. E le avevo fatto del male, quando ancora non ricordavo tutto di lei. E le avrei fatto male, ancora, forse sempre.

« Tu sarai sempre uno schifoso Mangiamorte, ecco quello che sei! E questa cosa non cambierà mai! » continuò, fermandosi a qualche metro da me.

Aveva il volto contratto e rosso, deformato dalla rabbia; il braccio disteso tremava mentre teneva la bacchetta e la stringeva così forte da far sbiancare le nocche.

In quel momento vidi uscire anche Potter, che si affrettò a raggiungerlo, ma Lenticchia non sembrò accorgersi di quella nuova presenza.

« Tu non la meriti, potrai fare mille buone azioni ma niente cambierà lo schifo che sei! » mi urlò ancora contro.

Sorrisi, perdendo forza nella mano che stringevo ad Hermione.

« È vero. Hai detto cose sensate, Weasley. Un record per te. » Lo vidi irrigidirsi ancora di più, muovere un altro mezzo passo verso di me. « Io non la merito perché ho fatto solo scelte sbagliate nella mia vita. »

« Draco, non-»

« Ma la amo » le strinsi la mano, guardando ancora Weasley. « E non sto alzando la bacchetta contro di te solo ed esclusivamente per questo. »

« Non dire cazzate, Malfoy! Tu non sei capace di amare » ringhiò.

Strinsi tra le mani il legno sottile della mia bacchetta. Tutto ciò che diceva quel pezzente sembrava l'eco dei miei tormenti, resa vivida davanti ai miei occhi. La Verità era lì, come personificata da quell'essere, a parlami schiettamente e a voce alta, non più solo nei miei pensieri. Avrei potuto annientarlo, annientando così il mio dolore?

La mano di Hermione mi toccò la guancia e i miei occhi si aprirono; i muscoli si rilassarono, il respiro rallentò. Mi voltai a guardarla mentre lei avanzava e si parava davanti a me.

« Ronald, io ti giuro, ti giuro che se non chiudi quella bocca schifosa e non butti a terra quella maledetta bacchetta io ti faccio rimpiangere di essere nato! » esclamò stringendo i pugni lungo il corpo.

Potter, intanto, aveva afferrato il braccio di Weasley e l'aveva tirato a sé; quello aveva provato a divincolarsi ma teneva ancora gli occhi fissi su noi due.

« Tu non hai alcun diritto di continuare a tormentarmi perché ho scelto lui e non te! »

Il pezzente spalancò gli occhi e la bacchetta gli cadde da mano, emettendo due suoni sordi; Potter gliela raccolse e se la mise in tasca, lontana dalle sue mani tremanti.

Eravamo rimasti a fissarci ancora a lungo prima che l'amico decidesse di portarlo dentro - non prima di aver sorriso nella direzione di Hermione e annuito appena nella mia.

Rimanemmo soli e cercai lo sguardo di lei; era appena velato dalla tristezza e arrossato dall'impeto delle parole.

« Lui ha ragione, ma io non voglio lasciarti andare. Non più » dissi infine.

« Tu non sei così » scosse la testa, sussurrandomelo quasi, a pochi palmi dal viso. « Tu sei quello che ho conosciuto in questo ultimo anno, tu sei molto più di quello che pensi. »

La guardai, facendo scorrere le pupille nelle sue. « Nei tuoi occhi mi vedo come mi vedi tu. »

Era lei. Era sempre stata lei.


***


Una nuvola di fumo mi portò via Draco e il tramonto di quel pomeriggio mi portò via il sole.

Mi ero rintanata nella camera da letto, cercando di tenere insieme due sentimenti molto contrastanti: la gioia, per ciò che c'era stato tra me e Draco; la tristezza, per quello che c'era stato con Ronald.

Non era giusto. Non era giusto che io non potessi essere felice, che io mi dovessi sentire in colpa nei confronti di uno dei miei più cari amici, di una delle due persone a cui tenevo di più al mondo – ora che nemmeno i miei si ricordavano più della mia esistenza.

Era ingiusto che lui non volesse vedermi felice, che lui non capisse che io ero andata avanti anni luce rispetto al punto in cui ci eravamo lasciati; che tra noi non era cominciato niente e niente poteva accadere. Che le sue parole mi ferivano e ferivano la persona che amavo, che era ancora peggio.

« Hermione. »

Mi voltai verso la porta, trovando Ron. Non dissi nulla, mi limitai a guardarlo.

« Posso... cioè, possiamo parlare? »

« Dipende » deglutii, tenendo a bada il pianto. « Cosa vuoi dirmi? »

« Voglio scusarmi » esordì, con il volto abbandonato. « Non avevo capito niente. »

« Mi pare un buon inizio » concessi, indicando il materasso del letto a castello di fronte. « Siediti e continua. »

Ron si mosse lentamente e prese posto, intrecciando le mani e oscillando appena avanti e dietro con la schiena.

« Ho parlato con Harry, mi ha fatto capire la situazione. Io pensavo che lui ti manipolasse » disse d'un fiato.

Alzai un sopracciglio. « Che bella considerazione che hai di me! »

« No, aspetta, fammi finire » disse prontamente, sporgendosi un po' in avanti. « Non avevo capito che aveva recuperato i ricordi, non avevo capito che vi eravate... ritrovati. »

« E ti sei comunque sentito in diritto di fare quella sparata? Dire quelle cose orribili » scandii.

« Quello che ho detto... lo penso. Cioè, non so che opinione farmi di Malfoy al momento » continuò rapidamente.

« Ha tradito i suoi per aiutarci. Nonostante gli abbiano rimosso la memoria, è riuscito a tornare. Continua a collaborare con noi, facendo il doppio gioco. Cosa ti serve per capire che non è il Draco Malfoy che hai conosciuto ad Hogwarts? » sbottai, stringendo gli occhi.

Ronald scosse la testa. « Detto così... »

« È così » puntualizzai.

« Tu lo ami? »

Sbattei le palpebre e mi accorsi di stare completamente protesa in avanti, così tornai dritta. Lo dissi seriamente, eppure – mi accorsi – in maniera così naturale. « Sì, lo amo. »

Lui annuì, guardandosi i piedi. « Sì, era ovvio a questo punto. Non so se la supererò mai, ma ti prometto che non farò più certe sparate. »

« Mi andrebbe bene. Se riuscissi a rispettarmi » aggiunsi.

Ronald alzò gli occhi. « Certo! Io ti rispetto » disse concitato. « È lui che-»

« Ferendo lui, ferisci me » sottolineai e finalmente vidi la consapevolezza nei suoi occhi chiari.


***


Lord Voldemort sedeva sulla poltrona verde scuro del mio salone; Nagini stava dritta sollevata al suo fianco e mi fissava con i suoi occhi lunghi.

Il tramonto era terminato da un pezzo ma nessuno aveva ancora acceso i lampadari e la figura del Signore Oscuro mi pareva ancora più sinistra dato il biancore della sua pelle.

Le squame del suo animale riflettevano le uniche flebili luci che provenivano dai giardini, rendendolo ancora più inquietante. Prima di Nagini, avrei detto che mi piacevano i serpenti.

Mi sembrava così lontano il momento in cui avevo fatto l'amore con Hermione. Erano passate una manciata di ore eppure la felicità, l'eccitazione, la leggerezza, la passione, la tranquillità che lei era stata in grado di trasmettermi erano stati sostituiti da pura tensione.

Mi ero ritrovato Voldemort in casa, seduto su quella stessa poltrona, l'aria cupa e lo sguardo distante – molto diverso da quello esaltato e malvagio che esibiva con gli altri. Sembrava stanco. Sembrava spaventato. Non potevo chiedergli cosa avesse, non era quello il tipo di rapporto che lui creava con i suoi seguaci. E, in effetti, non era 'preoccupazione' quella che mi spingeva a chiedermi a cosa stesse pensando. Era curiosità. Poteva un uomo tanto potente avere dei dubbi?

« Draco. Ci sono delle cose a cui tengo, ad Hogwarts » disse lentamente, cominciando ad accarezzare il dorso rugoso del muso del serpente. « Cose che nessuno dovrà mai toccare » aggiunse, dopo un lungo silenzio.

Non era difficile capire a cosa stesse alludendo. Ma perché ora? Perché lo stava dicendo a me? A pensarci, era stato sempre molto diretto nei miei confronti. Forse, si fidava di me perché non ammetteva di poter fallire. Lo avevo capito da un po' a quella parte, ormai. Mi aveva manipolato personalmente affinché fossi completamente in sua malia, perciò parlare con me era come parlare con se stesso. Lo sentivo, senza bisogno che nessuno me lo spiegasse. Il potere che pensava di avere gli aveva ottenebrato il giudizio in più di un'occasione e lo stava facendo ancora, perché non si accorgeva di quanto fossi – di nuovo – cambiato. Severus era stato al suo fianco per tanti anni, continuava a farlo e Voldemort gli stava dando la guida di Hogwarts, laddove c'erano le cose che voleva proteggere.

« Voglio che anche tu vada ad Hogwarts. Non subito. E come studente. Anche lì ci saranno da reclutare seguaci... dall'interno » disse, quasi tra sé, così restai in silenzio, come ad ascoltare le farneticazioni di un pazzo. Ma andare ad Hogwarts significava perdere la mia indipendenza, la possibilità di spostarmi e smaterializzarmi dove e quando volevo, di restare in contatto con l'Ordine... di vederla.

« Non sono più utile qui, al vostro fianco? » domandai quindi.

Voldemort scosse la testa. « Ora è un momento delicato. Qui non c'è più niente da fare, il centro di tutto sarà Hogwarts. Deve cadere, deve crollare e schiacciarli sotto, vivi, prima che possano fiatare ancora. » Mi guardò profondamente negli occhi: il suo corpo era così immobile che sembrava non avesse bisogno di respirare. Come una statua di ceramica, fredda e scolpita in quell'istante. « Dopo il Ministero, anche Hogwarts si arrenderà a me. » Si portò le mani sotto il mento, guardando un punto imprecisato oltre la mia spalla. « E, allora, sarà fatta. »



  
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