La leggenda di Camelot.
Atto
III – La Dama del Lago.
Si era resa conto di quanto Draco sarebbe stato
contrariato dal loro soggiorno al castello solo quando avevano attraversato il grande
portone di legno intarsiato ed una lunga schiera di servi in livrea scarlatta
si era inchinata davanti a loro.
Gli allievi di Avalon erano sacerdoti e
sacerdotesse, non avevano diritto al matrimonio.
«No» stava ripetendo lui, per l’ennesima volta,
dopo essersi infiltrato come un ladro nella camera che la serva le aveva
riservato ed aver iniziato a borbottare come una teiera sul fuoco. «Non mi
importa, non ho la minima intenzione di fingere di essere un tuo amico, Mezzosangue! Ero il tuo futuro
marito anche prima che potessimo anche solo sopportarci1,
non inizierò una commedia diversa proprio adesso» continuò, facendo i capricci
come un ragazzino ed imbronciando le labbra in una fedele imitazione di Teddy
Lupin davanti ai broccoli.
«Non essere sciocco, Draco, per favore» sbottò
allora lei, per l’ennesima volta,
sedendosi alla toletta all’angolo della stanza per potersi dare una
rinfrescata. Fortunatamente nessuno si era offerto di aiutarla, contando,
probabilmente, che la sua magia fosse più che sufficiente. «Dovremo restare qui
solo pochi giorni e tu hai già dimostrato di essere parecchio abile a sgusciare
in giro senza farti notare, non capisco quale sia il problema, davvero». Doveva davvero sistemarsi quei capelli,
sembrava avesse un nido d’aquila in testa. «Faresti bene a cambiare i tuoi
abiti, ti ho già dato il disegno delle divise usate ad Avalon nel periodo
arturiano, dobbiamo calarci nel ruolo».
Il grugnito con cui lui rispose valse più di mille
parole, ma, non pago, ricominciò a lamentarsi. «Vedrai, tutti i cavalieri non
ti toglieranno gli occhi di dosso ed io non potrò neppure schiantarli!» sbottò,
incrociando le braccia e lasciandosi cadere sul letto. «E quella tunica
disgustosa che mi hai fatto vedere di certo non la indosserò mai. Se Merlino
chiederà spiegazioni, gli racconterò che mi è stato concesso di vestire in modo
diverso per poter usare la spada».
«Un Mago non ha bisogno di una spada, Draco» gli
fece notare lei, accigliata. «Hai visto anche tu cos’è successo con la Manticora».
«Vallo a chiedere a Godric Grifondoro2,
se proprio non mi credi» sbottò lui, con un sorrisino divertito. «Mi sorprende
che proprio tu non lo sappia! Un tempo era normale
che i maghi indossassero armi comuni, nel caso in cui fossero stati costretti a
scontrarsi con dei babbani inconsapevoli della magia. Sì, so che a Camelot non
è mai successo, qui la magia era libera, ma noi abbiamo affrontato un lungo
viaggio, ergo…».
«D’accordo, puoi portare la spada per viaggiare,
ma questo non ti concede certo il diritto di-».
«Mezzosangue, io quella tunica non me la metto, mi
farebbe sentire come il vecchio preside della malora3». E con questo pose fine alla conversazione
sul vestiario. «Piuttosto, Goldstein.
L’hai chiamato per nome e non si è reso conto di nulla, esattamente com’è
successo fra la vecchia testimone ed il fratello che si crede Merlino. Mi
sembra piuttosto assurdo che sia sparito da mesi e nessuno l’abbia fatto
notare, soprattutto sua moglie».
Hermione annuì, finendo di intrecciarsi i capelli
con un colpo di bacchetta. «Ho incontrato Lord Fitzroy qualche settimana fa,
durante una delle mie visite di controllo al San Mungo4» mormorò,
accigliata. «Mi è sembrato piuttosto tranquillo, si era presentato in ospedale
per poter accompagnare uno dei suoi allievi che era rimasto ferito durante una
sessione d’allenamento. Quando mi ha riconosciuta ha voluto sapere per filo e
per segno dei dettagli sulla nostra ricerca».
Draco annuì, giocherellando con un filo scucito
del copriletto fatto a mano. «Io l’ho incontrato un mesetto fa, dopo il
matrimonio di sua figlia. Ci conosciamo da anni, i miei genitori sono stati
invitati alle nozze… mi ha detto che gli avrebbe fatto piacere avere anche noi
due, ma io ero in missione e-».
«E tu gli
hai detto che io non stavo ancora bene» gli sibilò contro Hermione,
balzando in piedi e puntandogli contro il dito. «Ecco perché tua madre è venuta
a trovarmi, prima di andare al matrimonio! Quando mi ha vista in perfetta
salute ha sbuffato e ha detto che sei un idiota… sapevo che c’era una ragione, sotto!» continuò ad invenire,
poggiandosi le mani sui fianchi in una fedelissima imitazione di Andromeda
Tonks con il nipotino. «Non puoi permetterti-».
«Hermione». Il fatto che lui avesse utilizzato il
suo nome, piuttosto che qualche altro appellativo, le impedì di continuare. Era
raro che succedesse e, generalmente, accadeva quando lei era pesantemente in
torto o lui riteneva di essere
totalmente nella ragione, spesso sbagliando a sua volta. «Saresti davvero
andata ad un matrimonio pieno di purosangue, molti dei quali spocchiosi o con
parenti spediti ad Azkaban per causa tua?
Oltretutto saresti stata costretta a passare il tuo tempo con i miei genitori,
venendo presentata come la loro futura
nuora. Davvero ci saresti andata? Davvero?»
le chiese, con il sopracciglio inarcato e l’aria da sarcastico principino
stampata in viso, così compiaciuta da far nascere nella strega l’irrefrenabile
impulso di spaccargli la faccia con un altro pugno.
Tuttavia, Draco aveva ragione.
«Per quale motivo avrebbe voluto invitare anche
noi? Capisco i tuoi genitori, dopotutto anche noi dovremo invitare tutta quella
gente spocchiosa5, ma…» corrugò le sopracciglia, tornando verso la
toletta. Ancora aveva il viso dello stesso colore del gesso, avrebbe fatto bene
a darsi una lieve sistemata, così da non sembrare un cadavere. Ed avrebbe dato
qualunque cosa pur di non dover fronteggiare lo sguardo vittorioso che lui le
avrebbe sicuramente lanciato.
Draco, che naturalmente
non sembrava disposto a negarle la sua occhiata compiaciuta, la raggiunse,
fermandosi alle sue spalle e prendendo ad accarezzarle la linea del collo con
la punta delle dita, sorridendo nel sentire la pelle d’oca di lei. «Io ed Ella
siamo amici da anni, abbiamo frequentato la stessa scuola privata, prima di
Hogwarts» spiegò, chinandosi per lasciarle un bacio sulla guancia,
improvvisamente rallegrato dal rossore che immediatamente la colorò. «Lei poi
ha studiato da privatista, ma siamo rimasti sempre in contatto. Sai, io c’ero
il giorno in cui lei ed Anthony ebbero il primo scontro… fu memorabile».
Hermione gli dedicò un’occhiata curiosa tramite il
riflesso nello specchio. «Memorabile nel senso colpo di fulmine? Dove si sono conosciuti, ad una qualche festa per
spocchiosi purosangue in cui parlate male di quelli come me e fate piani per la
conquista del mondo?» gli chiese, senza nascondere una punta di ironia. Le sue
frequenti battutine riguardo tutta la società da cui lui proveniva erano
all’ordine del giorno ed ormai avevano perso buona parte della iniziale cattiveria6.
Draco, senza quasi battere ciglio, trasfigurò una
rosa in un meraviglioso pendente a medaglione, che poi le passò intorno al
collo. «Qui potrai nascondere l’anello di fidanzamento, così potrai sempre
portartelo dietro» le comunicò, per poi scuotere il capo, con un sorrisino
divertito. «Quanto a quei due, mi dispiace deluderti ma il loro primo incontro
è stato ad una competizione nazionale, il Torneo
dei Tre Gigli7, che viene
organizzato in memoria del fondatore del Club dei Fitzroy. Anthony è arrivato
in finale, contro Ella… lei non ha preso bene il fatto di non averlo battuto
alla prima stoccata» il suo divertimento era evidente nel luccichio del suo
sguardo. «Lo ha sfidato nuovamente, allora, e questa volta è stato lui a vincere».
Hermione, cominciando a comprendere come dovevano
essersi evolute le cose, sorrise. «Allora lo ha sfidato di nuovo, perché non poteva accettare la sconfitta,
vero?» azzardò, ridacchiando quando lui annuì.
«Continuò a sfidarlo per mesi ed arrivarono al punto da non riuscire più a decretare un
vincitore. Poco più di quattro mesi fa, alla fine, Anthony ha scommesso che se
fosse riuscito a colpirla con una sola maledizione lei avrebbe accettato di
sposarlo».
«Riuscì a colpirla?».
Draco scosse il capo, esasperato. «Neppure per
sogno. A quel punto, però, è stata lei a dirgli che, se fosse riuscita a
colpirlo, lui si sarebbe dovuto
inginocchiare e farle una proposta come si deve» spiegò, ridacchiando
probabilmente al ricordo dell’evento in questione. «Secondo il racconto del mio
uccellino di fiducia, Anthony ha praticamente accolto lo Stupeficium a braccia aperte».
Hermione si accigliò. «Il tuo uccellino?».
«Blaise, ovviamente».
Il sorriso che si scambiarono avrebbe potuto far
saltare la loro copertura senza alcuna spiegazione aggiuntiva.
***
«Vostre Eccellenze, stavo venendo a chiamarvi».
La giovane cameriera li aveva raggiunti proprio
quando si erano decisi a lasciare le loro stanze per fare un giro esplorativo
per tutto il castello, ma Draco temeva che quell’eccentrica ragazzina fosse
sempre stata dietro l’angolo, troppo spaventata per pensare di avvicinarsi
immediatamente. Aveva dei piccoli occhietti scuri ed era leggermente
sovrappeso, ma il particolare più importante erano di certo i capelli, con un
taglio a spazzola e le punte azzurre. Con buone probabilità, era stata una
delle ultime persone colpite dal sortilegio. Il suo naso portava ancora i segni
evidentissimi di un disgustoso numero di piercing.
«Potevamo tranquillamente raggiungervi nella Sala
del Trono» si fece avanti Hermione, intenta a guardare i propri piedi per non
inciampare lungo le tortuose scale di pietra. Nonostante i sette anni trascorsi
ad Hogwarts indossando la divisa ed i mantelli, non riteneva d’essere capace di
muoversi indossando il vestito. Le sue vesti erano meravigliose,
incredibilmente simili a quelle che tante volte lui aveva visto indosso a
Morgana, nelle centinaia e centinaia di ritratti che affollavano le sale di
Hogwarts e di tantissime altre case. Il velluto blu sembrava morbidissimo, le
cadeva sui fianchi in un modo assolutamente delizioso. Se fossero stati soli,
avrebbe trovato il modo di farle sapere quanto
avesse apprezzato quella scelta di vestiario.
Ma gli
allievi di Avalon erano sacerdoti.
«Oh, no, Vostra Eccellenza, il Re temeva che
poteste perdervi» rispose ancora la cameriera, lanciando uno sguardo veloce
fuori da una piccola finestra. C’era una certa nostalgia, nel suo tono, e Draco
si chiese se forse una parte di lei
riuscisse a ricordare la vita di prima, quella che era stata costretta ad
abbandonare. Forse era una babbana che si era ritrovata improvvisamente non
soltanto immersa nel passato, ma addirittura in un passato popolato di creature
magiche, streghe e stregoni. «Il Castello è enorme, anche noi servi spesso ci
perdiamo. Se poi aveste imboccato le scale che vanno ai sotterranei,
probabilmente non sareste più tornati. I corridoi sembrano spostarsi, anche il
grande Merlino evita quel postaccio».
«Anche il Maestro li evita?» con il tono più cortese
di cui fosse in possesso, Draco chiese spiegazioni riguardo l’ultima
affermazione della loro accompagnatrice. Anche Hermione sembrava interessata,
tuttavia rimase in silenzio. Sapevano entrambi che sarebbe stato meglio
lasciare le sue competenze inquisitorie per i momenti di forte necessità8.
«Interessante, non trovi anche tu? Un maestro come Merlino, così competente…
per quale motivo potrebbe aver paura dei sotterranei?».
La cameriera si strinse nelle spalle, scendendo
gli ultimi gradini della piccola scalinata a chiocciola. Si trovarono quindi
nello stesso immenso salone in cui si erano ritrovati non appena arrivati al
Castello. Per l’ennesima volta, Draco si ritrovò abbagliato dalla meraviglia di
quelle altissime vetrate e dai meravigliosi stendardi rossi e argentati che
rappresentavano il leone della famiglia Pendragon9, la dinastia di
Re Artù. Le armature erano pulite, lucide, dei cavalieri si aggiravano per
l’altissima sala con una nonchalance che nessun attore avrebbe potuto mai
ottenere.
«Merlino sarà con il Re?» interrogò Hermione, non
più rapita dall’ambiente come invece era lui. «Vorremmo davvero incontrarlo,
siamo stati inviati qui per bearci della sua conoscenza» aggiunse, chinando il
capo in direzione di un cavaliere che, passando, si era profuso in una
elegantissima riverenza, accompagnata da uno sguardo interessato.
Draco sibilò in direzione dell’uomo, che tuttavia
non gli prestò grande attenzione, ormai vicino alla porta.
Che
stronzo.
«Naturalmente, Merlino non lascia mai il fianco del
Re, se non in poche circostanze» spiegò la cameriera, tranquilla,
accompagnandoli verso le grandi porte che si trovavano alla fine del corridoio
d’ingresso. La sala del Trono?
«Temiamo un attacco dalla Fata,
sapete. È preferibile che i Cavalieri ed il Maestro non lascino mai il fianco
di Sua Maestà, non vorremmo mai che la storia si ripetesse».
La storia.
Artù, che aveva inconsapevolmente giaciuto con la
sorella e dato i natali a Mordred, portatore della sua morte.
«Posso capire la vostra premura, naturalmente»
concordò Draco, annuendo leggermente. «Ma adesso possiamo continuare da soli,
non vogliamo certo occupare il tuo tempo» le disse dopo, con un tono che non
ammetteva alcun tipo di opposizione, aggiungendo anche un gesto elegante della
mano, obbligandola a congedarsi. Il suo atteggiamento da Lord si era dimostrato
nuovamente utile.
La cameriera, vagamente stizzita, si inchinò
velocemente e, dopo aver lanciato un’occhiata carica d’invidia ad Hermione,
sparì oltre una porta nascosta dietro un’armatura, probabilmente diretta alle
cucine.
«Non ha fatto altro che mangiarti con gli occhi»
fu la prima cosa che disse la sua futura moglie, afferrandolo per il braccio e
trascinandolo verso la Sala del Trono. «Tu credevi di dover difendere il mio onore, invece sono io a doverti
proteggere!» gli sibilò, fulminando una dama che, spaventata, si affrettò a
cambiare strada. «Avresti dovuto indossare la tunica, come ti avevo detto».
Draco si accigliò, senza riuscire a nascondere un
sorriso. «Sei forse gelosa, Mon Ange?»
le domandò, facendole l’occhiolino, per poi tornare a guardare davanti a sé. Se
si fosse lasciato prendere, avrebbe mandato al diavolo la loro copertura. «Hai
sentito? Merlino evita i sotterranei».
Lei annuì, tornando seria. «E non lascia il fianco
di Artù. Pensi potrebbe saperne qualcosa? Dopotutto, sappiamo che è un Mago. Se
avesse trovato Excalibur e ne avesse sfruttato il potere? Tu stesso hai
ripetuto più volte che nella società Purosangue il sogno di Camelot è radicato
nella vostra cultura».
«Probabile» concordò lui, preoccupato. «Se davvero
c’è un mago, dietro l’improvvisa presa di potere della spada, di sicuro avrebbe
scelto di essere Merlino, in questa nuova versione. Le foto fornite dalla
testimone antecedenti alla maledizione hanno mostrato che suo fratello fosse un
po’… scialbo» disse l’ultima parola
come se fosse stata il peggiore degli insulti, guadagnandosi un’occhiataccia
dalla Mezzosangue. «Voglio solo dire, mia cara, che avrebbe avuto tutte le ragioni
del mondo per lanciare la Maledizione e sfruttarla, diventando il mago più
potente della storia».
Anche se ancora accigliata, lei annuì. Ormai erano
arrivati sulle soglie della Sala del Trono e due valletti attendevano proprio
lì, sulla porta, con in mano una pergamena ed un lungo bastone con pomello. Li avrebbero annunciati? Lui aveva sempre
voluto essere annunciato.
«Occhi aperti e poche confidenze con Merlino, se
dovesse capire chi siamo, cosa probabile, dovremo fingere di non avere idea di cosa stia accadendo. Dovremo
comportarci come Anthony» si raccomandò lui, facendo un cenno ai due valletti,
che si inchinarono. «Lord Abraxas Morgerstern e Lady Margot Sinclair» disse
poi, osservando il valletto con il bastone precederli nella stanza.
«Stai vivendo il momento migliore della tua vita,
non è vero?» gli domandò Hermione, ridendo, mentre facevano il loro ingresso
trionfale, accolti da inchini ed applausi. «Devo ammettere che è piuttosto
interessante. Mi ricorda quando siamo arrivati al Ministero, quando sono stata
dimessa».
Era stato, in effetti, un ingresso a dir poco
meraviglioso, fra grandi onori, ma non poteva essere paragonato a quello. Qualcuno stava suonando delle
trombe, nella balconata sopra le loro teste, e la gente distoglieva lo sguardo
con timore riverenziale.
Si
sarebbe potuto abituare.
Davanti a loro, su di un trono che avrebbe fatto
invidia alla Regina Elisabetta, un uomo sulla trentina osservava quella scena
con un meraviglioso sorriso gentile. Quando Hermione si irrigidì, sorpresa, lui
non riuscì neppure a darle torto: era semplicemente magnifico. I suoi capelli splendevano come l’oro, incuteva rispetto
pur essendo comodamente seduto. Quando si rialzò dal Trono, le ginocchia di
Draco tremarono.
No, non poteva essere un comune cittadino
trasformato.
Era lui,
l’Eterno.
Inginocchiarsi fu quasi una reazione involontaria,
anche per lui. «Vostra Maestà» mormorò, osservando la Granger con la coda
dell’occhio e ritrovandola tutta persa nella contemplazione. Ovviamente. «Il mio nome è Abraxas
Morgerstern e questa è la mia sorella,
lady Margot Sinclair. Siamo umili sudditi di Vostra Maestà, giunti da lontano
per conoscere lo splendore e la magnificenza di Camelot e del Maestro Merlino».
Il Re sorrise, scendendo dal suo podio e facendo
loro cenno di alzarsi, porgendo la mano ad Hermione. «Benvenuti, cari ospiti,
alla Corte di Camelot» li salutò, con una voce ferma e tonante, adatta ad un
sovrano. «Sono certo che il Maestro Merlino sarà lieto di assistervi nelle
vostre ricerche e di aprirvi le porte della sua conoscenza» aggiunse,
occhieggiando alle sue spalle, dove un vecchietto con barba e capelli lunghi e
bianchi li osservava divertito ed apparentemente gentile. Indossava una veste
rossa, molto simile a quella che la strega aveva tentato di far indossare a
Draco, simbolo degli Stregoni di Avalon, ed aveva in mano un lungo bastone
bitorzoluto, probabilmente contenente la sua bacchetta.
Non somigliava affatto alla foto dell’uomo che la
testimone aveva lasciato al Ministro, sembrava avesse vissuto altri
sessant’anni condensati in una settimana. Anche il suo sguardo era antico,
tuttavia non riusciva a sembrare convincente come Artù.
Nessuno sarebbe potuto sembrare più convincente di
Artù.
«Mio Signore, vi siamo immensamente grati dell’ospitalità»
mormorò Hermione, arrossendo come una scolaretta. «Il nostro è stato un lungo
viaggio e siamo onorati di poter fare
la vostra conoscenza» continuò, occhieggiando finalmente al sedicente Merlino,
che aveva fatto dei passi nella loro direzione.
«L’onore è tutto nostro, non è vero, Merlino?».
«Naturalmente, Vostra Maestà» il vecchio si
inchinò davanti al suo Re, sorridendo ai due giovani allievi. «Aspettavo notizie da Avalon con grande impazienza, ho
mandato tantissimi gufi ma non ho ricevuto alcuna risposta da parte della
vostra direttrice».
Perché
Avalon non esiste, stronzo, e tu lo sai benissimo.
«Oh, la Magia che circonda l’Isola ci protegge da
qualunque contatto esterno» inventò, con nonchalance, la Mezzosangue,
sorridendo pacifica verso il vecchio. «Siamo totalmente isolati, poiché tanti
mali si aggirano per questo nuovo mondo e noi non possiamo permettere che i
giovani iniziati vengano distratti».
Merlino, colpito, annuì. «Naturalmente. Io ho
fatto un incantesimo simile sulla cittadella, per evitare invasioni esterne. Il
nostro nemico non è lontano, purtroppo, e noi non siamo abbastanza forti da
difenderci» si lamentò poi, scuotendo il capo sconsolato, indicando quindi le
grandi finestre sulla loro sinistra. «Ho sperato fino alla fine che Morgause9
mandasse qualcuno per aiutare me e Madame
nella difesa e, per fortuna, gli Dei mi hanno ascoltato».
Accigliato, Draco fissò il vecchio senza capire.
«Madame?».
«Naturalmente. Nimue, la Dama del Lago. Sono sicurissimo che lei sarà lieta di vedervi, ha
studiato a sua volta ad Avalon, condividere dei vecchi ricordi con voi non
potrà che farla felice».
Merlino sembrava aver atteso solo una scusa sufficientemente
credibile per correre nella torre più alta del castello, dove viveva reclusa la
Dama del Lago. Nel momento in cui Artù li aveva congedati, lui aveva aperto la
strada verso la zona Nord, quasi saltellando su per gli scalini in piena eccitazione.
Insieme a loro, come scorta, c’era anche Anthony Goldstein che, contrariamente
al mago, sembrava sul punto di fronteggiare la peggiore fra le disgrazie del
mondo. Il suo viso era tirato, gli occhi gelidi nella loro agonia.
Hermione, nel momento stesso in cui aveva avuto
modo di restare relativamente da sola con lui, non aveva perso tempo per
informarsi su cosa gli passasse per la testa. Non era un atteggiamento da
Anthony, quello.
«Sta bene, Sir Gawaine?» gli chiese, cercando di
darsi un contegno e senza sembrare troppo impicciona. Dopotutto, lui non aveva
idea di chi lei fosse, avrebbe potuto liquidarla velocemente, ritenendo che
volesse soltanto farsi gli affari suoi o sfruttare le sue debolezze. «Avete
un’espressione davvero molto cupa».
Il Cavaliere, sorpreso forse dalla tranquillità
nel suo tono, la osservò con curiosità, prima di sospirare. «Mi dispiace di
avervi indisposta, Vostra grazia» la tranquillizzò, cercando, con poco
successo, di dedicarle un sorriso gentile. «Sono sempre felice di poter fare da
scorta al Maestro Merlino, ma… non mi sento a mio agio nella torre» confessò,
con un sorriso imbarazzato. «La prego, non me ne chieda il motivo, dovrei venir
meno ai miei giuramenti ed il mio onore non mi permetterebbe di sopravvivere»
la supplicò poi, fulminandola con i suoi meravigliosi occhi blu.
Quegli stessi occhi che Hermione aveva sempre
ammirato con un sospiro lontano, negli anni in cui Ronald era solo un amico e
Draco non era altro che un presuntuoso con i capelli ricoperti di unto in una
splendida imitazione bionda di Severus Piton10. Anthony,
diversamente da loro, era sempre stato oltre
la realtà, la personificazione del principe azzurro delle fiabe. Essere
guardata in quel modo da lui riuscì a zittire qualunque sua domanda sconveniente.
«Perché la Dama è chiusa nella Torre? Non vuole
uscire?» gli domandò invece, cominciando a sentire la fatica di arrampicarsi su
quelle scale ripide con delle scarpe scomode e con un vestito a dir poco
ingombrante. Il cavaliere le offrì il braccio e lei accettò solo per cortesia,
consapevole che non avrebbe rappresentato un vero supporto. Probabilmente l’avrebbe rallentata ancora di più.
Dietro di lei, Draco mugugnò qualcosa di incomprensibile.
Anthony strinse le labbra, rendendo chiaro che
fosse proprio la strega rinchiusa la ragione del suo tormento e del suo essere
restio a recarsi in quel luogo. Osservò Merlino in modo tutt’altro che
amichevole, scuotendo leggermente il capo. «La Dama è posta sotto la custodia
del Maestro» spiegò, cupo. «Lui ritiene che lei debba essere preservata dai
mali, motivo per cui ha deciso che lei dovesse trascorrere la sua esistenza nel
luogo più protetto del castello».
«E scommetto» intervenne Draco, facendosi
leggermente avanti ed attirando la loro attenzione. «Che la Dama non ha voce in
capitolo, al riguardo» si voltò verso Hermione, a labbra strette. «La Dama del
Lago rappresenta più di una persona, ma una sua identità è quella di Nimue, la
donna amata follemente da Merlino ed artefice della sua morte. Stando al modo in
cui il vecchio è scappato via non appena ha avuto la possibilità di vederla,
immagino che questa volta voglia approfittare della sua nuova posizione per
costringerla».
«Costringerla a far cosa?» chiese Hermione,
accigliata, mentre, davanti a loro, una piccola porta di legno scuro veniva
spalancata da un fin troppo felice Merlino.
«Costringerla ad amarlo, Milady» fu la risposta
cadaverica che le riservò Anthony, facendole cenno di precederlo.
La stanza in cui entrarono aveva soffitti molto
alti e decorati con delle raffigurazioni mitologiche e volte stellate. Le
pareti erano ricoperte di libri, un enorme letto a baldacchino spiccava proprio
al centro dell’ambiente e, nel silenzio, il rumore di un vaso sbattuto a pochi
centimetri dalle loro teste fece trasalire un po’ tutti, ma non Merlino.
«Mia cara, cerca d’esser ragionevole, lo sai che
lo faccio solo per la tua sicurezza» stava dicendo il mago, pacifico, schivando
un libro ed un cuscino lanciati uno dopo l’altro con incredibile violenza.
«Nimue cara, ti sembra il modo di accogliere i nostri ospiti? Sono arrivati
direttamente da Avalon per parlare con noi!».
A quel punto, i lanci selvaggi d’oggetti si
interruppero ed un silenzio curioso li avvolse. Nascosta dietro il Mago ed il
Cavaliere, Hermione riuscì soltanto a scorgere l’espressione disperata di
quest’ultimo, simile a quella di un uomo perduto in mezzo al deserto costretto
ad osservare da lontano una fonte d’acqua zampillante. Draco, più alto di lei,
riuscì a dare un’occhiata all’occupante della stanza e, un attimo prima che i
due ostacoli si facessero da parte, lanciò un’imprecazione a dir poco
impressionante.
Davanti a loro, con addosso delle vesti dello
stesso colore del cielo, Druella Fitzroy-Goldstein li fissava con ancora in
mano un bicchiere di cristallo, parecchio sconvolta ed anche parecchio
cosciente.
«Ah, eccellente, eccellente, finalmente qualcosa
ha placato il tuo animo battagliero!» si rallegrò Merlino, facendosi avanti con
l’atteggiamento di un vecchio maniaco ed allargando le braccia come se avesse
avuto l’intenzione di stringere a sé la
Dama. Dietro di lui, Anthony strinse i denti ma non disse nulla,
meritandosi, tuttavia, un’occhiata triste da parte della donna.
«Lei forse si ricorda di noi,» mormorò Draco ad
Hermione, tenendola per il braccio, «ma lui non sta fingendo. Anthony è un uomo
estremamente orgoglioso, se qualcuno si fosse avvicinato a sua moglie in quel
modo, non sarebbe sopravvissuto abbastanza per raccontarlo, lo avrebbe sfidato
a duello prima ancora che avesse potuto formulare
un pensiero sconcio su di lei».
«Avvicinati di un altro passo, vecchio maniaco, e
giuro che ti darò in pasto ai cani» sibilò Druella, arretrando di un passo e
schiaffeggiando via la mano del Mago, dedicandogli uno sguardo a dir poco
crudele. «Vattene, ti ho già detto mille
volte che non ho intenzione di condividere neppure l’ossigeno con te! Se
non mi avessi tolto la bacchetta te l’avrei già dimostrato fin troppo bene».
Hermione sorrise, vagamente divertita, lanciando
un’occhiata storta al suo fidanzato. «Non credo che lei abbia bisogno d’aiuto»
gli fece notare, prima di schiarirsi rumorosamente la voce e farsi avanti, con
l’espressione più amabile di cui fosse in possesso. «Forse, Maestro, sarebbe
bene che noi restassimo soli con la sorella»
fece notare a Merlino, sorridendo. «Sua Grazia probabilmente è solo stanca,
l’esser rimasta chiusa qui, per il suo
bene, deve averla sfiancata. Sono certa che noi sapremo calmarla,
raccontandole qualche meraviglioso aneddoto sulla nostra scuola».
Le due donne si guardarono e ad Hermione sembrò
quasi di sentire la sua voce ringraziarla nella propria testa. Curioso.
«La sorella ha
ragione» insistette allora proprio lei, accennando un sorrisino stanco in
direzione di Merlino. «Sono stanca, vorrei rilassarmi parlando liberamente con
loro. Forse vorrò parlarti, dopo» lo rassicurò, assumendo una posizione
decisamente meno intimidatoria, per quanto una ragazza come lei – bionda,
pallida, magra, praticamente una fatina delle fiabe – potesse essere
minacciosa. Probabilmente essere l’ultima erede diretta di una stirpe di
duellanti professionisti l’aveva aiutata a sviluppare un’aura di timore
riverenziale capace di seguirla un po’ ovunque.
Messo con le spalle al muro, Merlino annuì,
voltandosi verso Draco con aria vagamente ansiosa. «Mi raccomando, non potrei
sopportare che qualcuno faccia male al mio tesoro. Te l’affido» si raccomandò,
torturandosi nervosamente le mani.
«Sono certo che Madame sappia benissimo difendersi
da sola» gli rispose lui, accigliato, alludendo platealmente al modo in cui
l’aveva rimesso al suo posto, non più di pochi istanti prima. Nel frattempo, il
mago aveva raggiunto la porta ed era rimasto a fissarlo, con un sorriso bonario
in viso.
«Oh, certo, perché le streghe sono capaci proprio quanto
i maghi» ribatté Merlino, con una risatina divertita ed ironica, alzando gli
occhi al cielo. «Andiamo, Gawaine, lasciamoli soli» aggiunse poi, civettuolo,
facendo un cenno imperioso al Cavaliere, che fino a quel momento era rimasto a
fissarlo come se gli avesse appena schiaffeggiato il cagnolino preferito. Lo
sdegno nei suoi occhi era evidente a chiunque, ma, evidentemente, non al
Maestro, ormai uscito dalla camera.
Sempre con quell’espressione, si voltò a guardare
prima la Dama e poi Hermione,
scuotendo il capo. «Per quello che vale, io vi ritengo forti quanto qualunque
uomo, forse anche di più» specificò, soffermandosi per un momento sulla bionda,
quasi lei gli avesse strappato via il cuore. Per un attimo sembrò anche sul
punto di dirle qualcosa, però si riprese e, scuotendo il capo, si inchinò ed
uscì, chiudendosi la porta alle spalle.
Con un sospiro plateale, Ella fissò tristemente il
pannello di legno, scuotendo il capo. «Quando tutto questo finirà, dovrai
andare in terapia, amore mio». Poi, cupa, si voltò verso i due ospiti, le
braccia incrociate al petto. «Era ora
che il Ministero mandasse qualcuno! Cosa aspettavate, per venire a salvarci?
Che la nuova Morgana portasse Excalibur al Ministero e ci trasformasse
tutti?».
»Marnie’s Corner
Bentrovati e bentornati, cari amici di EFP!
Prima di tutto, ho una pagina facebook! Seguitemi per futuri aggiornamenti!
Avvertenza: Questa fanfiction è un sequel/spin-off
della mia long: Lo Specchio delle Anime.
Merlino vecchio porco.
Grazie davvero per tutto il supporto che mi avete dato per questa storiella,
sono assolutamente entusiasta! Grazie per aver portato pazienza, ma ho dovuto
dare un esame che ha torturato tutta la mia povera estate quindi vi lascio
intendere quanto stressata io sia stata! Spero che questo piccolo capitolo di
“presentazione personaggi” sia stato di vostro gradimento.
Punti importanti:
» 1 – Riferimento alla mia long. Durante delle missioni sotto copertura,
Draco ed Hermione si sono spacciati per futuri sposi, motivo per cui lui fa questa
affermazione. Draco voleva essere il futuro signor Granger anche prima di
rendersene conto!
» 2 – Riferimento alla Spada di Grifondoro. Come fa Draco a sapere
della sua esistenza? È uno storico dell’arte magica, un Indiana Jones dei
maghi, se non lo sa lui allora chi?
» 3 – Hermione voleva farlo vestire
come Silente nei momenti d’oro. Una disgrazia, non trovate?
» 4 – Nella Long, Hermione è stata ricoverata in ospedale per più di un
mese, motivo per cui è stata costretta a tornare, dopo, per delle visite di
controllo. In una di queste ha incontrato Lord Fitzroy, che moriva dalla voglia
di scoprire qualcosa in più sulla loro missione. Milord non aveva mai
incontrato Hermione, ma, essendo un vecchio nobile, si è preso subito di
confidenza.
» 5 – Per chi non l’avesse capito, Draco ed Hermione dovranno sposarsi
entro qualche mese.
» 6 – Questa è una cosa che, secondo me, non viene sottolineata abbastanza
nelle Dramione. Draco è razzista, sì, ma neppure Hermione scherza. È un
razzismo inverso, un po’ quello che in generale tutti hanno verso i Serpeverde.
Draco è cambiato e si è aperto ai Babbani, ma anche Hermione si è aperta
all’alta società da cui lui proviene.
» 7 – Ho inventato io il torneo, naturalmente. Si tratta di una
competizione che esiste da secoli, qui si scontrano i migliori duellanti di
tutto il mondo e, da quando si ha memoria, un Fitzroy è arrivato quasi sempre
in finale. Quasi perché ci sono stati un paio di antenati di Druella che davvero non erano portati.
» 8 – Per chi non lo sapesse, Hermione qui è una Inquisitrice, una
sottospecie di PM babbano con competenze da detective. Una cosa troppo figa,
lei è la migliore con gli interrogatori.
» 9 – Pendragon si presume sia la famiglia di Re Artù, che potrebbe avere dei discendenti ancora
oggi, nella nobiltà inglese. Morgause si ritiene fosse sorella sia del re che
di Morgana, tuttavia entrambe non sono Pendragon.
»10 – Sì, insomma, Hermione aveva una cotta per Anthony. Un po’ tutte
avevano una cotta per Anthony.
» Merlino “vecchio porco” non è il vero Merlino. E di certo non era uno
capace di sottovalutare delle streghe come Hermione e Druella. Quel Merlino è soltanto la rivisitazione
del signor Miller. È la persona vera ad
essere un disgustoso viscido, di certo non Merlino. Sì, il vero Merlino era
innamorato di Nimue e da lei è stato ucciso, ma questa volontà di intrappolarla
non l’ha mai avuta.
Il prossimo capitolo dovrebbe arrivare in orario!
Per altre
comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!
Grazie ancora a
chiunque leggerà,
-Marnie