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Autore: Marianna 73    26/10/2016    13 recensioni
Scelte che uniscono, trascinano, separano e ricongiungono. Scelte che condizionano un'esistenza ma che spesso poco possono contro l'amore.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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All’ultimo istante

Avanti, ancora ed ancora, senza pensare a niente. 
Non alla schiena che duole come se dovesse spezzarsi da un momento all’altro, non ai muscoli induriti delle gambe che sembrano avvolti dal fuoco, non alla stanchezza, un morso impietoso alle reni e alla testa che pare sempre sul punto di poterlo vincere, e trascinarlo giù dalla sella in ogni istante.
A niente se non al proposito di arrivare in tempo, stavolta, a tutti i costi.
A niente se non all’angoscia infinita che lo avvolge da quando la voce di Girodel lo ha informato della partenza di Oscar e che lo sta spronando a resistere, e a tentare l’impossibile, oltre ogni ragionevolezza.
Da quel preciso momento non c’era più  stato spazio per altro, nella sua mente, se non per quella crudele evidenza: non era arrivato in tempo per fermarla ed Oscar stava andando incontro al pericolo, inesorabilmente.
Per un attimo, sulla soglia di quel grande ufficio luminoso in cui tutto parlava ancora di lei, aveva vacillato, gli occhi pieni dell’immagine del suo corpo bianco riverso a terra, il sangue a sporcare i capelli biondi, gli occhi serrati per sempre a quell’amore che non era stato capace di salvarla, egoista e testardo come si era rivelato, nel pretenderla soltanto per poi abbandonarla a sé stessa.
Lo aveva richiamato il tono preoccupato di Girodel, ed il suo sguardo costernato: “André, ti senti bene?”
Il respiro gli aveva graffiato la gola, dolente per lo sforzo di trattenere i singhiozzi che avevano minacciato di squassarlo, ed era faticosamente tornato in sé.
“Si, sto bene” aveva risposto “Ma ditemi vi prego, l’itinerario del corteo. Forse c’è ancora una possibilità di riuscire ad avvisarla, ma non posso perdere neppure un istante…”
Era ripartito un’ora dopo, le forze un poco ritemprate dal rinfresco fatto portare da Girodel ed il miglior cavallo delle scuderie della Guardia Reale a sua disposizione.
L’itinerario che avrebbero intrapreso Oscar ed il corteo al seguito dell’ambasciatore era tortuoso e prevedeva svariate soste: se avesse percorso a ritroso il cammino che lo aveva portato così velocemente a Versailles  cambiando direzione all’altezza di Hameau (1) avrebbe potuto avvicinarli frontalmente, e magari intercettare per primo gli aggressori.
Sapeva di non poter far molto da solo, ma piombando come una furia in mezzo ad un eventuale imboscata sperava di creare almeno lo scompiglio necessario a mettere in allarme l’avanguardia del corteo. 
Era rischioso, certo, c’era la possibilità che i potenziali aggressori lo sopraffacessero, se li avesse scoperti o che le sentinelle predisposte dal Oscar a protezione dei convogli facessero fuoco scambiando lui per un potenziale pericolo ma era forse la sola cosa che si potesse fare, visto il pochissimo tempo a disposizione, ne aveva convenuto anche Girodel.
Doveva solo correre, correre a perdifiato, a costo di uccidersi, sbalzato di sella dalla troppa furia del galoppo.
Correre e sperare che, per una volta, il destino giocasse a suo favore.
 
***  ***  ***
 
“Trotier, Laval, Ansermin, con me! Voi, Bernadier, disponete il resto della guardia a protezione delle carrozze.”
Non vi è  alcun tono di incertezza, nella voce di Oscar, mentre impartisce gli ordini, le redini di Cesar strette tra le dita, a governare saldamente il nervosismo con cui il cavallo reagisce alla tensione di chi gli sta in sella.
“Noi andremo in avanscoperta, per accertarci che sia tutto a posto…" dice al suo secondo che le si è avvicinato. " Voi ci seguirete, procedendo lentamente e con la massima attenzione!”
Ciò detto rivolge un cenno ai tre soldati che ha chiamato per perlustrare il tratto che li separa da Montpellier e si avvia mettendo il cavallo al passo, il mantello drappeggiato sulla  nuova uniforme blu ed oro, i colori di famiglia del Conte di Peynard, a ripararla dalla nebbiolina insidiosa che si abbarbica alle chiome ormai quasi spoglie degli alberi, ad evocare il pericolo di non poter vedere qualcosa che si nasconde per colpire, a raccontare un’insidia celata e quindi ancor più letale.
Ricorda con precisione la mappa che ha studiato nel suo ufficio, insieme a Girodel, l’ultima sera a Versailles.
Avevano individuato almeno un paio di luoghi ideali per un agguato e il primo di questi si trova ora a meno di mezzo miglio di distanza, in quel tratto di percorso appena prima di Hameau, da compiere interamente in mezzo ad una folta vegetazione.
“Occhi aperti, mi raccomando” ripete agli uomini che la seguono, “non trascurate nessun particolare… se qualcuno ha intenzione di tenderci un’imboscata questi sono il luogo ed il momento giusto…”
Vede le spalle dei soldati irrigidirsi e la tensione accendere i loro  sguardi… la stessa, potente scarica che sente attraversarle ogni muscolo e sciogliere il senso di frustata impotenza che l’ha attanagliata dal momento in cui hanno lasciato Parigi, quasi cinque giorni prima…
Era stato un viaggio lento e costellato di intoppi e fermate impreviste. Carri che perdevano parte delle tante masserizie stipate, ruote che cedevano per il troppo peso del carico, dame che lamentavano problemi di ogni tipo, dagli scossoni, al bisogno continuo di sostare per ogni genere di necessita, all’umidità  che si infiltrava nelle carrozze e  danneggiava abiti ed acconciature. I tempi di percorrenza non erano stati minimamente rispettati e le giornate necessarie per raggiungere Monpellier erano state quasi il doppio di quelle preventivate. 
Oscar scuote piano il capo, nel ricordo e una ciocca bionda e ribelle sfugge dalla coda spessa che le scende sulla schiena, insofferente alla costrizione del laccio così come lei si era scoperta insofferente all’inutilità di quel presente.
Decisamente non era abituata a quel tipo di viaggi, ed alle centinaia di piccoli problemi che lo spostarsi con un gruppo cosi eterogeneo di persone comportava.
L’ultima volta che aveva svolto un simile incarico era stato quando aveva accompagnato il corteo reale in occasione dell’incoronazione delle loro maestà.
Malgrado la tensione che la percorre il cuore le si stringe in una fitta dolorosa: c’era stato Andrè al suo fianco, allora, ed il loro amore appena sbocciato a scaldare ogni passo di quel percorso.
Era stato un tempo magico e irripetibile, in cui si era sentita invincibile, pronta a vivere una vita difficile senza farsene schiacciare e, anzi, fermamente intenzionata a piegarla al suo volere.
Per un attimo il freddo cupo ed opprimente della vegetazione che la circonda scompare per far posto al caldo di quel maggio assolato, il cuore a battere impazzito nel petto per il saperlo un  passo dietro le sue spalle, in  bocca ancora il sapore del bacio che le ha strappato, prepotente e temerario, in un istante folle, dietro un muretto a secco dove  l’ha richiamata con una scusa...
Dio, quanto tempo era passato, da allora…
Quante cose erano successe e quanti errori aveva commesso, a ricordarle, tutti, che non era invincibile, e che di tutto ciò che aveva preteso non le era rimasto quasi nulla…
“È il nostro amore, la sola cosa che vale….” Quante volte glielo aveva ripetuto André? Le aveva ritrovate mille volte quelle parole e la sua voce, calda come il più spesso dei velluti…. L’aveva risentita all’infinito e se la era ritrovata dentro nei momenti più disparati, come ora, che le sembra di sentirla riverberare nel gracchio lontano di un corvo e nel frullare d’ali spaventato di un gruppo di germani che si alzano in volo.
È quell’agitazione improvvisa a riscuoterla, insieme alla sensazione, fortissima, che qualcosa, intorno a lei sia mutato. Forse il vociare degli uccelli che si è fatto più forte, quasi un susseguirsi di grida spaventate che però non basta a nascondere un trapestio agitato di rami spezzati e foglie schiacciate.
Fa cenno con la mano ai suoi soldati di fermarsi, lo sguardo al tronco che sbarra il sentiero poco oltre la piccola curva che stanno per affrontare, gli occhi fissi su quel legno, incongruamente disgiunto dal resto del sottobosco, troppo millimetricamente disposto al centro del passaggio, per essere caduto in modo naturale.
Apre la bocca per urlare ai soldati di fuggire ma è già  troppo tardi, e lo sa.
Ci riesce Ansermin, l’ultimo in fondo, che percepito il primo movimento oltre lo sbarramento, volta lesto il cavallo e parte al galoppo, la voce del suo Comandante che lo raggiunge mentre già sta correndo
“Dai l’allarme, presto!”
Poi non ha più  tempo che per pensare a difendersi, le figure intabarrate di grigio ed il volto celato che sciamano dal sottobosco come api impazzite, le spade già  pronte ed una volontà  ferrea a sopraffarli, loro, tre soltanto contro non riesce a contare quanti.
In un attimo quell’angolo tranquillo si trasforma in uno scenario feroce di lotta e sopraffazione,  ed il cozzare delle armi ed il nitrito spaventato dei cavalli si sovrappongono alle urla di chi attacca, feroce e spietato, e di chi trova nell’urlare a pieni polmoni il coraggio per provare a difendersi, disperato, se pur in una situazione che sembra non lasciare scampo. 
“Resistete!” riesce a gridare Oscar, la gola spezzata da quell’urlo che vuole essere sprone e conforto per i due uomini che sembrano cedere sotto i colpi sferzanti degli assalitori, poi deve chiamare a raccolta le forze per difendere sé stessa, mentre sente due mani di ferro artigliarle le caviglie e strattonare per farla cadere da cavallo. Si oppone con tutte le sue forze ma il risuonare sinistro di uno sparo seguito da un  grido straziante di dolore la deconcentra. Sbalzata violentemente di sella si ritrova di colpo ad urtare il terreno durissimo e freddo, una spalla a raccogliere tutto il peso del suo corpo ed un dolore, lancinante, a pervaderla tutta.
***  ***  ***

Si è immesso sulla strada principale che porta a Montepellier già da qualche miglio e continua a galoppare incurante di tutto, a sorreggerlo solo la determinazione a farcela, stavolta, a qualsiasi costo.
Non riesce a scinderli subito dal battere furioso degli zoccoli del cavallo, quei suoni lontani.
Non riesce a comprenderli per ciò  che sono, urla e metallo che stride e sbatte furioso a raccontare di una lotta feroce. È lo sparo a rendergli le viscere fuoco liquido e a fargli capire di colpo che cosa vedrà  tra poco.
Incita ancora il cavallo, la gola serrata di paura ed ogni fibra del suo essere a ripetere il suo nome: “Oscar, Oscar, Oscar….”
Quasi non riesce a distinguerla nella scena di lotta che gli si para davanti, ma è  ancora una volta l’istinto a guidarlo, quando smontato da cavallo, si slancia verso i tre uomini che si stanno accanendo contro una figura inguainata di blu, a terra ed in difficoltà ma impavida nel difendersi.
In un attimo il suo sguardo avvolge ogni cosa, dalla figura immota di uno dei militari  che giace scomposta ai margini della strada, all’altro soldato che ancora resiste sino a distinguere, lucenti come un raggio di sole sul fango grigio del sottobosco, un guizzare di capelli biondi.
È allo stremo, e sofferente, lo intuisce e si slancia con tutte le sue forze verso di lei urlando il suo nome nell’attimo esatto in cui, il cuore divenuto ghiaccio, vede uno degli aggressori raccogliere un grosso ramo nodoso ed alzarlo, preparandosi a colpire.
***  ***  ***
 
Il dolore alla spalla, lingue pungenti di fuoco bianco, l’ha aggredita non appena ha toccato malamente terra, ma prova disperatamente a continuare  lottare, la spada usata con la sinistra a guisa di scudo, le gambe protese a sferrare calci furiosi per tentare di mantenere due dei suoi aggressori a distanza.
Non si avvede del terzo e del grosso pezzo di legno col quale si predispone a colpirla se non quando è troppo tardi e non può più far nulla, se non provare a schivare, di pochissimo, il colpo.
Sente la corteccia rugosa graffiarle la guancia, poi un abbattersi impietoso alla base del collo, che tutto spegne…solo, quasi irreale tra le ciglia fattesi di colpo pesanti, l’immagine di un uomo con i capelli neri ed un viso uguale a quello di André correre verso di loro e l’illusione di sentirlo urlare il suo nome. Come una piuma, quel nome, e quella voce… una culla soffice e calda cui abbandonarsi.
Poi più nulla.

Continua…


(1)  Questa località non esiste. Mi serviva semplicemente un nome da attribuire ad un luogo, e mi sono limitata a “tradurre” quello del posto in cui vivo.


Si sono incontrati, visto? Anche se, temo, non esattamente come qualcuna di voi immaginava e sperava. A chi caldeggia il lieto fine chiedo ancora un po’ di pazienza…qualcosina ancora deve succedere ma vi posso assicurare che alla conclusione ormai non manca molto. Come sempre vi ringrazio stringendovi, tutte, ma proprio tutte, nel più caloroso dei miei abbracci. Siete nel mio cuore. 
   
 
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