Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Ellery    26/10/2016    3 recensioni
Francia, Marzo 1942 - Un piccolo caccia della Royal Air Force viene abbattuto nella campagna francese, lungo il Fronte Occidentale. Per i due piloti non c'è alcuna speranza: catturati da una brigata tedesca, torturati per informazioni su una importante azione militare degli Alleati. Allo spietato capitano Weilman si contrappone il Maggiore Erwin Smith, altrettanto desideroso di ottenere informazioni; almen fino a che qualcosa non scatterà nella mente del giovane ufficiale, portando alla luce vecchi debiti e promesse.
Aveva cercato in tutti i modi di tenere su l’aereo, tirando al massimo la cloche, sterzando ripetutamente per non costringere il piccolo caccia allo stallo, ma era stato tutto inutile: le ali non riuscivano a catturare correttamente l’aria, trapassate come erano, mentre dal motore usciva una scia di fumo nero.
La ff, a più capitoli, si propone di partecipare alla Challenge AU indetta sul forum da Donnie TZ. Prompt: Historical AU! IIWW = seconda guerra mondiale.
Genere: Guerra, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Farlan, Church, Hanji, Zoe, Irvin, Smith
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Violenza
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25. Il destino gli darà una mano


Marzo 1942. Territorio occupato, Nord della Francia. Moriers, dintorni di Orleans.
 

Konrad si schiarì la voce, montando agilmente sulla pila traballante di cassette. Erano giunti a Moriers soltanto quel mattino, seguendo le indicazioni fornite dai contadini francesi: nonostante la notte ed il buio, diverse persone si erano accorte di un camion che procedeva verso il paese e sembrava proveniente da Lumeau. Era curioso vedere un mezzo simile procedere a fari spenti, quasi non desiderasse farsi notare: il rumore del motore, però, lo aveva tradito. Inoltre, la pioggia aveva costretto l'autista ad accendere i fanali ad intermittenza, per non rischiare di finire fuori strada. Un comportamento che aveva destato sospetti e grazie a cui Weilman era riuscito a ricostruire il percorso dei due fuggiaschi. Tuttavia, una volta giunti a Moriers non avevano trovato il camion, né i due ricercati. Le tracce però portavano lì; il solco dei pneumatici era rimasto sulla strada e li aveva condotti fino alla piazza principale, devastata dal recente attacco alleato. Naturalmente, avevano ricevuto notizia del raid della Raf, ma Weilman non aveva voluto sentire ragione: che Moriers fosse raso al suolo non era importante; ciò che contava era soltanto la cattura di Smith e del suo sciocco compagno di viaggio.

Avevano bussato ad alcune porte, chiedendo informazioni, ma ben pochi si erano dimostrati disposti a collaborare: le divise nere, marchiate con la svastica, incutevano troppo timore a quei grezzi contadinotti. Il capitano si era, infine, spazientito: aveva fatto radunare la maggior parte dei cittadini nella piazza, disponendoli in file ordinate. Aveva montato un instabile palco di cassette, dove Konrad era stato costretto a salire.

«Traduci» gli aveva sussurrato in tedesco stretto, prima di attaccare il discorso.

Il soldato aveva fatto del proprio meglio, sforzandosi di non tralasciare alcuna parola e di creare un discorso fluido e armonioso:
«Cittadini» mormorò nuovamente, agitando le braccia per recuperare l'equilibrio «Conoscete ora il motivo della nostra visita: abbiamo ragione di credere che questi due pericolosi criminali abbiano trovato rifugio presso di voi. Senza dubbio siete stati ingannati: si spacciano per persone oneste e bravi lavoratori, ma rubano ed uccidono. Abbiamo già avuto prove della loro crudeltà» Weilman dettava ad una velocità incredibile, perso nella concitazione del momento. Konrad cercò di riallinearsi al suo parlare «Hanno massacrato due contadini nei pressi di Lachelle per rapinarli e scappare verso Parigi. Nella capitale hanno cercato di far perdere le loro tracce, ma li abbiamo immediatamente scovati: la loro fuga li ha condotti a Lumeau e poi qui. Sappiamo che avete perso molto, ieri. La vostra amata città è andata distrutta. Di chi è la colpa?» si accorse d'aver catturato la loro attenzione: uomini e donne lo stavano fissando, gli sguardi ancora roventi di rabbia e le mani chiuse a pugno «Non abbiamo voluto noi tutto questo. Gli Inglesi vi hanno bombardato! Hanno ucciso i vostri cari, distrutto le vostre case ed il raccolto. Voi li avete ospitati e rifocillati e come vi hanno ripagato? Condannandovi!»

Un brusio sommesso iniziò a diffondersi nella folla. Cenni d'assenso e sussurri concitati serpeggiarono per qualche attimo, prima che il silenzio tornasse a calare. Sollevò una mano, come a sottolineare quei semplici concetti:
«Non siamo vostri nemici. Non noi, ma loro!» l'indice si portò immediatamente al cielo terso «Ora avete visto di cosa sono capaci. Avete assaggiato il lato oscuro dell'alleanza Angloamericana. Volete ancora proteggerli? Volete nasconderli, mettendo a repentaglio le vostre vite?»

«No!» un coro quasi unanime, accompagnato dal sorriso bieco del capitano. Weilman aveva fatto centro, con il suo discorso. Ancora poco e quegli sciocchi contadini si sarebbero piegati spontaneamente alle loro richieste.

«Chi ha ospitato i due ricercati? Chi sa dove si sono diretti?»

I visi tornarono ad abbassarsi; gli abitanti erano visibilmente combattuti: rivelare una simile informazione poteva essere una terribile responsabilità. Chiunque l'avesse fatto, sarebbe rimasto marchiato come il traditore della famiglia Jaeger. Nessuno voleva dispiacere al medico e nemmeno alla sua adorabile consorte: Carla si era sempre dimostrata disponibile con tutti, pronta ad aiutare in qualunque lavoro. Consegnarli ai nazisti era un gesto ignobile: dopotutto, nemmeno gli Jaeger erano colpevoli, no? Erano stati ingannati, come tutti, da quei forestieri, ma... quella attenuante sarebbe bastata a salvarli dal castigo? Se gli Alleati non si facevano scrupolo di bombardare villaggi innocenti, i tedeschi non erano certo da meno: voci velate, rimbalzate di paese in paese, raccontavano di terribili punizioni per chiunque osasse sfidarli. Cosa sarebbe accaduto al dottore ed alla sua famiglia se fossero stati scoperti?

«Che succederà a coloro che li hanno ospitati?» una voce si levò dalla folla. Konrad incrociò lo sguardo di una donna minuta, che si stava facendo largo con spintoni e gomitate.

«Niente, se collaboreranno. Sappiamo che sono stati imbrogliati, come tutti voi» tradusse rapidamente, gettando un’occhiata all'ufficiale poco distante: Weilman sorrideva, visibilmente soddisfatto.

«Si sono rifugiati dal dottor Jaeger. Sono stata con loro durante il bombardamento, nella cantina di Carla. Sembravano brava gente, ma...»

«Come vi chiamate, signora?»

«Babette. Babette de la Roux»

«Grazie, signora. Ci ricorderemo, a tempo debito, del vostro aiuto»

Konrad fece per scendere dalla pila di cassette, ma qualcosa lo trattenne: la donna lo aveva afferrato un braccio.
«Sì?» domandò paziente.

«Non fate del male a Carla, vi prego. è mia amica.»

«Non avete nulla da temere. Non sarà torto un capello alla signora Jaeger»
 

***

 
Grisha schiuse l'uscio, osservando il volto arcigno dell'uomo oltre la soglia.
La divisa nera tradiva la nazionalità e sul petto vi erano appuntate delle mostrine da capitano.

«Buon giorno, dottore. Possiamo disturbarvi un istante?» il militare aveva un accento forte, troppo marcato perché la frase potesse risultare fluida «Mi hanno detto che parlate inglese. Mi permetta di presentarmi: capitano Weilman» una mano si tese nel vuoto, in attesa di una stretta riluttante «Le dispiace se mi accomodo?»

«Prego» fece un passo indietro, indicando lo studio oltre la minuta sala d'aspetto «Posso offrirvi qualcosa?»

«No, grazie. Sono solo di passaggio» due soldati entrarono al seguito dell'ufficiale, fermandosi nei pressi dell'ingresso.

Seguì il tedesco fino alla scrivania, scostando una seggiola:
«Volete sedervi?»

«Mh, no... sono solo incuriosito dal vostro lavoro. Avete molto da fare, qui?»

«Un po'. Di questi tempi le influenze sono all'ordine del giorno e la malnutrizione contribuisce allo sviluppo delle infezioni» si accomodò, fingendo di sistemare alcune carte. Recuperò una penna, scribacchiando con frettolosi appunti un paio di fogli bianchi «La mia professione vi interessa?»

«Sono sempre stato attratto dalla medicina. Avete anche un ricovero, qui?»

«Naturalmente.»

«Posso dare una occhiata?» Weilman si avvicinò ad una porta in legno chiaro, dove capeggiava una grossa croce rossa.

«Temo che la mia attuale paziente stia riposando. Potreste evitare...»

Herr Kapitan finse di non sentire: socchiuse l'uscio a sufficienza per poter far capolino oltre il battente. La stanza era piccola ed arredata con tre miseri letti, di cui solo il primo era occupato. I suoi occhi porcini incontrarono immediatamente quelli azzurri di una bambina bionda.

«Guten morgen, Fräulein» sorrise al vederla cercare rifugio sotto le coperte. Richiuse l'uscio, concentrandosi sul medico: Grisha lo stava fissando con malcelata irritazione. Non che la cosa lo turbasse: al contrario, stava per iniziare un piacevole gioco con quel dottoruncolo di provincia. Un gioco che, ne era certo, avrebbe tranquillamente vinto «Veniamo a noi, dunque. Mi hanno informato che avete dato rifugio a due uomini, nei giorni scorsi. è così?»

«C'è qualcosa di sbagliato nell'aiutare due disgraziati?»

«Se fossero disgraziati, come dite voi, ma... eravate al corrente che si trattava di pericolosi ricercati?»

«No, monsieur. Ci hanno detto essere francesi»

«Non mentite, signor Grisha»

«è la verità»

Affinò un leggero sorriso, mentre la destra scendeva ad armare la pistola:
«Divento suscettibile quando cercano di raggirarmi e perdo la pazienza. Il piccoletto, quello coi capelli neri... non parla francese. E sono sicuro che la graziosa Christa non gradirebbe un buco in fronte, che dite?» osservò l'espressione sconvolta del medico, godendo silenziosamente. Lo aveva già messo con le spalle al muro: vedeva nei lineamenti severi lo stesso terrore di un topo braccato da un abile felino «Ve l'hanno portata loro, vero? La bambina.»

«Sì»

«Perché li avete ospitati?»

«Ci avevano raccontato d'essere Inglesi in fuga. Abbiamo ingenuamente pensato d'offrirgli un riparo»

«Inglesi in fuga con una camionetta tedesca? Oltre ad essere nemici, questo faceva di loro dei ladri. Perché non li avete denunciati alle autorità?­»

«Non abbiamo fatto caso alla provenienza del camion, signore. Avevano salvato Christa e questo è bastato perché ci fidassimo di loro»

«Vi hanno raccontato come è stata ferita?»

«Il signor Smith mi ha accennato qualcosa, ieri mattina. Uno scontro finito male, suppongo»

Un cenno d'assenso, tornando a rinfoderare la pistola:
«E il signor Smith, ora... dove si trova?»

«Non lo so»

«Non mentite, Grisha. La mia pazienza è già agli sgoccioli»

«è la verità!» il medico si alzò di scatto, picchiando i pugni sulla scrivania. Quella improvvisa reazione spinse i due soldati ad affacciarsi sull'uscio dell'ufficio. «Se ne sono andati questa notte, col favore delle tenebre. Non sappiamo quale direzione abbiano preso!»

«Molto bene, allora. Vedremo se vostra moglie confermerà questa ipotesi.»

«Mia... No! Vi proibisco di recarvi a casa mia!» la voce si era sollevata, in uno stridulo grido.

Weilman non si scompose. Allungò la destra, sfiorando delicatamente le penne e le matite appoggiate sul legno lucido. Era davvero una bella scrivania, molto curata e dalle pregiate rifiniture: sarebbe stata benissimo nel suo ufficio.
«Verrete con noi, signor Jaeger e vostra moglie riceverà presto una visita. Potete considerarvi in stato di arresto, per aver dato asilo a due ricercati nemici della Germania. Ritenetevi fortunato, se non vi faccio fucilare subito» prese un fermacarte dorato, nascondendolo nella tasca del cappotto: anche quello sarebbe diventato parte del suo corredo per la imminente promozione «Sono molto tentato di impiccarvi da qualche parte nelle campagne, ma non desidero sollevare alcuna rivolta popolare. I vostri concittadini vi amano: non vivete isolati dal mondo, come i due contadinotti di qualche giorno fa; se così fosse, non avrei avuto pietà. Purtroppo il vostro titolo e la stima dei vostri compaesani sono un'ottima protezione e se vi ammazzassi, rischierei di perdere la loro fiducia, che ho già guadagnato.» un cenno verso gli aiutanti «Aspettatemi fuori» ordinò, prima di riprendere «Verrete con me senza opporre resistenza. Se lo farete, vostra moglie e vostro figlio reclameranno la vostra punizione. Se qualcuno dovesse fare domande, direte che dovete accompagnarci per soccorrere un nostro compagno ferito. Tutto chiaro?»

Ricevette un silenzioso assenso. Schiuse la porta, indicando l’uscio con una mano.

«Dopo di voi, dottore»
 

***
 

«Eren, va’ di sopra!»

Carla chiuse immediatamente le tende, spingendo il figlio su per le scale. L'auto nera aveva parcheggiato proprio nel loro cortile, seguita da una camionetta dagli inconfondibili colori militari.

«Ma…»

«Vai in camera tua e restaci!» ringhiò, raggiungendo immediatamente la porta d’ingresso. Non fece in tempo a serrare il chiavistello: un robusto soldato tedesco si palesò sulla porta.

«Bonjour Madame» un distintivo le penzolò sotto il naso: Konrad S. Meyer.

«A voi» mantenne la voce salda, rifiutandosi di abbassare lo sguardo.

«Possiamo accomodarci?» alle spalle dell’uomo si palesarono altri due nazisti, armati di pistole e fucili.

«Preferirei di no»

«Insisto»

Scivolò a destra, indicando il vicino soggiorno:
«Mettetevi lì e non toccate niente»

«Non siamo qui per rubare, signora» il tizio chiamato Konrad si avvicinò al caminetto, studiando i ritratti di famiglia «Desideriamo porvi alcune domande. Sappiamo che avete avuto contatti con due pericolosi ricercati. Il nome Smith vi dice nulla?»

«Naturalmente. Sarebbe sciocco negarlo. Ci hanno detto essere Inglesi e d’aver bisogno di aiuto. Avevano salvato una bambina, non ce la siamo sentita di scacciarli»

«Hanno tratto in inganno anche voi, dunque. Si fingono buoni samaritani, ma in realtà sono ladri ed assassini.»

«Stento a crederlo» si sforzò di mostrare un’espressione stupita, non fosse altro per compiacere lo zelante soldato: voleva che se ne andasse e voleva essere lasciata in pace. Non era mai consigliabile immischiarsi negli affari del Reich, grandi o piccoli che fossero. La voce, tuttavia, la stava tradendo: non era affatto perplessa, né intimorita, ma solo incredula. Era ovvio che non potesse che dubitare delle parole di Konrad. Questi, tuttavia, proseguì:

«Alcuni vostri concittadini ci hanno confermato d’avervi vista accompagnare i due fuggiaschi al camion ed averli lasciati ripartire. Dove sono diretti? Lo sapete?»

Scosse il capo: Erwin non aveva fatto cenno alla strada che avrebbero realmente preso, anche se le aveva chiesto informazioni per Le Blanc. Gli aveva consigliato di proseguire per Tours e deviare per Loches, scegliendo un tragitto meno conosciuto, per evitare posti di blocco.
«So che vogliono raggiungere la Repubblica di Vichy»

«Non sapete altro?»

Un nuovo cenno di dissenso:
«No, mi dispiace. Avete altre domande?»

«Solo una» Konrad passò l’indice sulla vicina cornice argentata: un oggetto carino, ma probabilmente di poco valore. L’argento era soltanto una patina di vernice per coprire del volgare stagno. Osservò attentamente il ritratto in bianco e nero: un bambino dagli occhi grandi e capelli arruffati stava orgogliosamente mostrando un cucciolo di gatto «Dov’è vostro figlio?»

«Non vedo come Eren c’entri con questa storia.»

«Non è quello che vi ho chiesto»

«Non è in casa. Sarà uscito a giocare con qualche am…» Carla non riuscì a terminare la frase. Un manrovescio si abbatté sulla sua guancia. Perse l’equilibrio, incespicando sul pavimento ruvido, prima di crollare al suolo.

«No! Bastardo! Lasciala stare» un grido dal piano superiore e dei piedini che scendevano velocemente le scale.

Eren si avventò su Konrad, i pugni alzati e lo sguardo stretto. Come osavano toccare sua madre? Perché se la prendevano con lei? Non aveva fatto nulla di male. Aveva solo mentito… mentito per proteggerlo! Quel pensiero lo fece infuriare: come si erano permessi quegli uomini di irrompere nella loro casa, di picchiare la mamma e… ridere? I due soldati accanto all’ingresso stavano sghignazzando, indicandolo con le tozze dita; parole in tedesco attraversavano la stanza, seguite risate e canzonature. Avvertiva il tono ilare, quasi sarcastico; vedeva i volti rossi e le labbra piegate in ghigni spregevoli. Konrad non sembrava affatto impressionato dalla grandine di pugni che si stava riversando sul suo addome e sulle gambe: come se non sentisse alcun dolore, ma solo un leggero fastidio; come se i colpi non fossero altro che deboli punture di zanzara.

Si sentì afferrare per i capelli. Konrad gli passò un braccio sul collo, costringendolo a ruotare sul posto, mentre con la sinistra gli accomodava le disordinate ciocche castane.

«Mamma…» la voce si spense quando il tedesco aumentò la stretta.

«No! Lascialo stare!» Carla si era rialzata, il volto pallido e sconvolto. Le mani si erano abbandonate lungo i fianchi, in un chiaro cenno di resa. Le lacrime sgorgavano dagli occhi; le labbra tremanti non potevano che ripetere quella supplica.

«So essere ragionevole signora Jaeger, ma desidero lo siate anche voi. Dove si sono diretti?»

«Non lo so! So soltanto che volevano raggiungere Limoges, ma passando per Le Blanc. Non so altro!»

«Che strada hanno preso?» la donna scorse il viso del figlio arrossarsi lentamente, mentre la bocca spalancata cercava avidamente l’aria.

«Non lo so!» cadde in ginocchio, coprendosi gli occhi con le dita «Mi hanno raccontato solo questo. Ho consigliato di seguire per Tours e poi girare in direzione Loches. Non ho detto altro! Non so che strada abbiano preso»

«Vi sono altre vie per Le Blanc?»

«Solo una, ma è impraticabile. Gli alleati hanno fatto saltare un ponte, qualche mese fa. È rimasta così da allora. Nessuno la usa più!»

«Quindi devono essere passati necessariamente per Tours?»

«Sì, almeno… credo di sì! Se non conoscono altre deviazioni, io… Lasciate andare Eren, lui non c’entra!»

«Ne siete assolutamente certa?»

Un cenno d’assenso:
«Sì, sì! Dannazione, prendete me! Eren…» non aveva il coraggio di rialzare lo sguardo: avrebbe incrociato quello del figlio e vi avrebbe letto soltanto una infinita paura.

«Da quanto sono partiti?»

«Sono andati via ieri sera.»

«Potrebbero essere già a destinazione?»

Scosse ancora il capo:
«Non lo so…»

Vide Konrad lasciare il bambino. Spalancò le braccia perché Eren vi trovasse rifugio. Lo strinse a sé, senza trovare la forza d’arrestare i singhiozzi.

«Grazie, Madame» il soldato aveva preso la vecchia cornice dal camino «La conserverò di ricordo. Non si sa mai, mi capite? Se dovessi riscontrare qualche imprecisione nel vostro racconto» lo scorse agitare piano il ritratto «Tornerò a salutare il ragazzo» una pausa, mentre un altro sorriso bieco si delineava sul viso squadrato «Non scomodatevi ad aspettare vostro marito. Verrà con noi»

«Grisha? No! Perché? Non c’entra… non è stato lui a…»

«Avete dato rifugio a due criminali; siete entrambi colpevoli, ma non ho intenzione di inimicarmi quegli straccioni dei vostri compaesani. Direte che il dottor Jaeger ci ha seguiti di sua spontanea volontà per curare alcuni nostri feriti; non farete menzione di quanto accaduto qui. Altrimenti…» la foto comparve nuovamente sul palmo del tedesco «… lo verrò a sapere»

«Ma…» Carla trovò infine la forza di risollevare gli occhi. Non si sforzò di celare l’odio, né la rabbia: quello che le avevano fatto era intollerabile. Prendere la sua famiglia in ostaggio per costringerla a parlare; minacciare Eren ed arrestare Grisha… non era sicura di poterlo sopportare «Che ne sarà di mio marito?»

Konrad, però, si era già avviato alla porta, pronto ad uscire nel cortile. Si voltò soltanto per rifilarle un ironico saluto:
«Chi lo sa.» sussurrò, infine «Forse il destino gli darà una mano…»


 

Angolino: Buon mercoledì! Ultimo aggiornamento per ora, almeno fino a settimana prossima. Poi spero di poter riprendere presto la ff; non manca moltissimo alla fine, immagino (il che è un bene, perchè sarete anche stufi XD): il viaggio  si avvia alla conclusione, anche se dovrà ancora succedere qualcosina prima. ^^
Anche qui, non ho grossi appunti da fare: ho solo cercato di far quadrare l'accaduto con l'arrivo di Weilman... spero d'esserci riuscita, almeno un pochetto.
Per il resto, vi ringrazio, come sempre, per aver letto fin qui: se avete appunti o pareri, mandatemeli tranquillamente *_*
Un grazie a Shige e AUriga per le correzioni...
ragazze, visto che vi ringrazio praticamente ad ogni capitolo, facciamo che... GSAPC sarà la nuova sigla di ringraziamento generico u.u
A presto ^^
  
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