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Autore: Alaide    12/05/2009    1 recensioni
Seconda classificata al contest "Home sweet home", indetto da Writers Arena
La notizia che i nipoti dell’Egilda si sarebbero stabiliti al Podere delle due Noci è sulla bocca di tutti da una settimana e da una settimana si attende il loro arrivo. Le donne ne parlano al ritorno dai campi o davanti alla chiesa, gli uomini ne discutono davanti ad un bicchiere di vino, proprio qui sotto.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: L'Ottocento
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Capitolo III

La Fata Bema



Basilicanova, addì 27 marzo 1887


Mia amatissima Corinna,
vi scrivo ancor prima di ricevere una vostra risposta, ma non potevo fare altrimenti.
Devo ammettere che la mia preoccupazione per Erminia è centuplicata dopo la gita di oggi a Montechiarugolo. Ero convinto che potesse farle unicamente del bene, invece, quando siamo ritornati al Podere, mi è sembrata prostrata e come preoccupata per qualcosa che non sono riuscito a capire. Le sue gote erano ancora più pallide di quanto non le sia usuale. Spero che vostro marito possa darmi una spiegazione qualsiasi, una qualsiasi rassicurazione in proposito. Forse è unicamente la lunga camminata che abbiamo fatto ad averla stancata enormemente, ma quel pallore non avrebbe senso. Il volto avrebbe dovuto avere un bel colore rosato, essere arrossato dal sole primaverile... cosa sta accadendo ad Erminia? Perché pare peggiorare, quando non ha cantato, proprio come i medici hanno richiesto? Vi prego, sorella mia, chiedetene la motivazione a vostro marito.
Mi sorge anche il dubbio che possa essere rimasta impressionata da una leggenda che ci è stata narrata oggi, ma dubito che Erminia possa credere in queste storie popolari, affascinanti, sicuramente, ma ben lontane dalla realtà.
Questo mio pensiero, che pare a me stesso improbabile e assurdo, nasce dal fatto che nei giorni scorsi non ho notato nulla di particolarmente strano in lei, se non il suo consueto silenzio e la sua intima infelicità.
Voi non potete nemmeno immaginare, sorella mia, quanto sia per me difficoltoso e doloroso vedere il dolore di Erminia. Se soltanto io non l’avessi convinta a prendere lezioni di canto alcuni anni orsono, lei, in questo momento, sarebbe perfettamente felice e vitale. So che mi direte che non potevo sapere che nostra sorella avrebbe sofferto di una malattia che le avrebbe impedito di cantare, che non ero nemmeno in grado di prevedere che Erminia potesse costruire un legame così speciale con la musica. Alle volte, quando cantava ancora, mi sembrava quasi che fosse come posseduta, che in quel momento la sua anima non fosse più con noi, ma altrove, tanto pareva partecipe di ogni singola nota, di ogni singola parola.
Comprendo quindi il suo dolore infinito. A volte mi sembra che i suoi enormi occhi nocciola, divenendo all’improvviso vuoti e vacui, mi vogliano comunicare come ad Erminia manchi qualcosa di assolutamente vitale e prezioso.
Eppure non posso, in tutta coscienza, permetterle di cantare, di seguire quello che sono certo il suo cuore e la sua anima desiderano.
Ne morirebbe.
Ed io, sorella cara, non riuscirei mai a darmi pace se questo accadesse.
Ho scritto molte parole, Corinna, parole che voi già conoscete a memoria, ma non ho potuto fare altrimenti. Vi pregherei, però, di non angustiarvi per quello che vi ho detto. Non preoccupatevi per me. Soltanto Erminia deve essere al centro dei nostri pensieri.
Come vi dicevo, nei giorni scorsi non è accaduto nulla di particolare rilievo. Oggi, al contrario, è stata una giornata ben più pregnante. Sapete già delle mie preoccupazioni per Erminia, ma ho molto altro da farvi conoscere, mia cara sorella.
Come già vi avevo annunciato nell’altra mia lettera oggi ci siamo recati a Montechiarugolo. Zia Egilda non è potuta venire con noi. Credo, in realtà, che temesse di non riuscire a reggere tutta la lunga camminata.
Siamo partiti subito dopo la Santa Messa e questo ci ha risparmiato un po’ di strada. Dovete sapere, Corinna, che la chiesetta sorge oltre l’abitazione della zia. Più precisamente dopo aver percorso il viale alberato che porta alla casa della zia, si gira a sinistra e si percorre un tratto di strada sterrata che corre sempre dritta tra i campi. Sulla destra si trova un’altra casa padronale, più piccola di quella del defunto marito della zia, e poco dopo, sul lato opposto si incontra, un piccolo viottolo che porta al sagrato che sta davanti alla chiesa.
Ed è di qui che siamo partiti. Il tragitto è stato sicuramente piacevole e rimpiango sempre di non essere un pittore, soprattutto per il bel mulino che si trova poco dopo la chiesa sulla destra. Ci siamo fermati qualche istante sul ponticello che attraversa il canale per poter osservare la ruota del mulino girare. Una fanciulla era ferma poco distante intenta ad osservare l’acqua cadere sul legno. La signorina Adalgisa ha detto che era la figlia del mugnaio. Erminia ha lasciato partire uno strano sospiro che ha stupito la nostra accompagnatrice. Credo che anche voi possiate pensare quello che ho immaginato io.
Rammenterete sicuramente che, poco prima che i medici intuissero quale fosse la sua malattia, ci aveva allietati cantando Die schöne Müllerin di Schubert. Credo che la vista di una bella mugnaia le abbia fatto ricordare quel giorno. Ho notato, mentre ricominciavamo a camminare, che il suo sguardo non si era ancora staccato dall’edificio tinteggiato di giallo e soprattutto la strada che gli passa accanto, costeggiando il canale e la ruota di legno. Sono certo che in un giorno d’estate, con le finestre aperte, si vedrebbero perfettamente i macchinari che macinano il grano e lo trasformano in farina. Ma soprattutto ho notato che occhieggiava il corso d’acqua, quasi che stesse ripensando alla triste fine del protagonista del ciclo di poesie musicato da Schubert.
Prego con tutto me stesso che non possa pensare a togliersi la vita.
È stato un pensiero che mi ha attraversato la mente in quel momento, un pensiero angosciante e terribile, che anche ora mi perseguita, sebbene riesca a credere che Erminia non farebbe mai nulla del genere.
Sorella mia, credo che dovrei a questo punto chiedervi sinceramente perdono. Vi sto unicamente preoccupando e di certo non è questo il mio scopo. Dimenticate quindi, se possibile, i miei timori con ogni probabilità senza alcun fondamento reale.
Ben presto il mulino è scomparso alla vista, per lasciar posto ad un’alta siepe che ci impediva di vedere cosa vi fosse oltre. Soltanto quando siamo arrivati al cancello, ho potuto vedere una villa, che, secondo me, data alla fine del secolo scorso - ma non so dirvelo con certezza - imponente e dalle forme squadrate. Mi ha fatto l’impressione di qualcosa di assolutamente fuori posto rispetto al resto del paese. Persino la casa di zia Egilda, che pensavo stolidamente essere l’abitazione più grande del vicinato, pare rimpiccolirsi in confronto. La signorina Adalgisa ci ha detto che è la magione di non ricordo più che marchesi e che un tempo, al suo posto, sorgeva un castello. I servitori della villa dicono che nei sotterranei, a quel che sembra risalenti all’epoca della prima fondazione, si aggirino spiriti e fantasmi, come in ogni vecchia casa che si rispetti.
La strada prosegue poi attraverso altri campi. Ad un certo punto sulla destra si distacca un viottolo che porta verso un gruppuscolo di case chiamato Lovetta e poco dopo si arriva ad un altro incrocio che porta il nome non proprio rassicurante di Forca. So che si chiama così perché si trova all’incrocio di due strade, ma un bravo scrittore potrebbe inventarsi un racconto di paura giocando sul doppio senso del nome. Chissà, magari veramente un tempo, oltre all’incrocio, vi era un patibolo.
Immagino che adesso starete sorridendo, sorella mia. Alle volte emerge in me la fantasia spigliata che avevo da bambino. Ricorderete sicuramente quando deliziavo, anche se ho sempre avuto l’impressione che il loro apprezzamento fosse soltanto di facciata, i nostri genitori raccontando le storie che mi inventavo non so nemmeno io bene quando. La Forca è un incrocio sghembo. La strada che viene da Basilicanova (gli abitanti del posto dicono che già Lovetta non è più Basilicanova), prosegue non perfettamente in linea retta, ma spostata sulla sinistra, inerpicandosi appena su una piccola collinetta. Dritta invece appare l’altra strada che da Parma porta a Traversetolo.
Non vi starò a narrare tutto il percorso che ci ha condotti a Montechiarugolo, per quanto possa essere stato piacevole e per quanti scorci abbia notato. Credo che vi annoiereste soltanto.
Ben più interessante troverete il capoluogo del comune, un piccolo gruppo di case sulle quali giganteggia il castello che un tempo fu dei Torelli, un edificio imponente e turrito che a detta dell’oste che ci ha ospitati, guardando con aria quanto mai sospettosa Erminia e la signorina Adalgisa, possiede dall’altro lato, che guarda il torrente Enza, un loggiato di incredibile bellezza.
Quando ha capito che non v’era nulla di losco nel mio rapporto con le due giovani che erano con me, l’oste si è fatto improvvisamente ciarliero e ci ha narrato, bevendo con noi un bicchiere di vino rosso, la leggenda della fata Bema, che tenterò di riportarvi usando le sue stesse parole... vi dirò di più, sorella mia, tenterò di ricostruire l’intera nostra conversazione al riguardo.
«È un fatto accaduto sul serio. - ci ha assicurati l’oste prima di iniziare - C’è anche la data precisa. 1593, in settembre. Doveva venire a Montechiarugolo il duca Ranuccio primo Farnese. A nessuno andava bene la sua visita, ma non si poteva certo dirgli di starsene a Parma. Il Conte di Montechiarugolo, Pomponio Torelli, fece stare tutti a casa dai campi, come in un giorno di festa grande. E c’è chi dice che c’erano giocolieri, tornei... insomma tante belle cose. Ma c’era qualcosa che attirò l’attenzione di tutti. Una maga, un’indovina... la Bema per l’appunto, bellissima con i capelli neri lunghissimi. C’è chi dice che le arrivassero fino ai piedi, chi dice che erano ancora più lunghi.»
«Nessuna donna può avere capelli così lunghi, credetemi, signore.» ha detto la signorina Adalgisa con un lieve sorriso.
Erminia invece è rimasta muta e silenziosa, ma pareva ascoltare con attenzione quello che l’oste aveva da raccontare.
«In effetti... è quello che dice sempre anche mia moglie. La Bema predisse il futuro a molte persone quel giorno. Soprattutto lo predisse al figlio di Pomponio Torelli, Pio e a Barbara Sanseverino. La Bema non voleva dire cosa aveva visto, ma poi cedette. Predisse la visione di un lago di sangue, con diverse teste mozzate.»
Sono certo di aver sentito la signorina Adalgisa rabbrividire appena a questo punto della narrazione. Erminia invece era soltanto ferma e immobile, intenta ad ascoltare.
«La Bema però attirò anche l’attenzione di Ranuccio, che la fece imprigionare a Parma. La voleva sedurre, ma la donna resistette e alla fine riuscì a fuggire e a tornare a Montechiarugolo, dov’era protetta dai Torelli. Il giovane Pio si innamorò di lei e la Bema lo ricambiava, ma sapeva anche che un’indovina vagabonda e povera non poteva sposare il figlio di un Conte. Pomponio stesso si accorse dell’amore del figlio per la maga e per questo lo mandò a Parma, alla corte ducale, proprio per fargli dimenticare la Bema.»
«E la dimenticò?»
Vi posso assicurare, sorella mia, che sono quasi sobbalzato quando ho udito la voce di mia sorella. L’ho osservata per qualche istante con attenzione, forse per cogliere una qualche parvenza di vitalità in lei, ma pareva sempre la stessa. Ed i suoi occhi sembravano essere vuoti e distanti come al solito.
«Così parve all’inizio. Tornò infatti con una moglie, una certa Ginevra Bentivoglio, ma quando rivide la Bema capì di amarla sul serio. Anche la Bema lo amava ancora, ma non cedette mai al suo amore. Questo però non poteva saperlo Ginevra che, gelosa, accusò pubblicamente la Bema e la cacciò dal castello. La maga rimase scossa da questa sfuriata e iniziò a sembrare come pazza. Vagava per la campagna e il suo stato fece pentire Ginevra che la richiamò al castello. Però la Bema non era più la stessa e tra l’altro sapeva pure che i suoi giorni erano giunti alla fine. Nel 1612 i nobili del parmense fecero una congiura contro il duca che purtroppo scoprì la cospirazione e la soffocò nel sangue, decapitando i nobili. Tra questi ci fu anche Pio. Si avverava la profezia della Bema.»
L’oste ha fatto una pausa teatrale a questo punto. Sicuramente la signorina Adalgisa era molto compartecipe alla narrazione. Erminia mi è parsa per un istante più pallida del solito.
«La Bema impazzì completamente. Pio era morto e la sua mente, già provata, non resse. Andò a vivere in una casa contadina e si dedicò alla povera gente, fino alla sua morte. Da allora la Bema appare alla gente di Montechiarugolo e dei dintorni, ma nessuno la teme. Porta del bene e se vaga è solo per vedere i luoghi tanto amati e per amare e proteggere chi vive in quei luoghi.»
Ed eccovi, sorella mia, la leggenda della Bema. Devo ammettere che ha un suo fascino e sicuramente la figura della maga ha una sua originalità rispetto agli altri fantasmi che infestano i castelli della campagna parmense. E sembra quasi, sentendo parlare l’oste, che gli abitanti di Montechiarugolo credano veramente nella sua esistenza e che siano in un certo senso orgogliosi di avere un fantasma buono che li protegge.
Spero di poter aver presto vostre nuove e di potervi dare notizie rassicuranti sulla salute di Erminia.
Il vostro affezionato fratello,
Normanno.




[Dal diario di Adalgisa]

27 marzo 1887


Non riesco a comprendere per quale motivo la leggenda della Bema mi impressioni sempre così tanto. In fondo è una storia che conosco da quando sono nata, che mi hanno raccontato diverse volte. Eppure provo sempre una grande emozione e una grande partecipazione.
Mi commuovo, quasi.
Non sono riuscita a comprendere però se la signorina Erminia si sia commossa. È una persona strana. Se ne sta quasi sempre zitta. Ed è sempre così pallida. Secondo me ha qualche malattia.
Suo fratello invece sembra più aperto ed espansivo. E fa un mare di domande su quello che vede. Mi ha chiesto del mulino, della villa dei marchesi. Mi chiedo perché gli interessi tutto così tanto. Forse è perché viene dalla città.




[Dal diario di Erminia]


È da quando siamo tornati al Podere delle due Noci che sono ossessionata da un pensiero che non riesco a scacciare.
I capelli neri della Bema.
La storia della Bema.
La voce che mi ha tormentata per tutto il giorno, da che sono andata a Messa. E che mi tormenta tuttora.
Mi ha turbata immensamente la leggenda che l’oste di Montechiarugolo ci ha narrato oggi. Non riesco ad afferrarne completamente il motivo, ma qualcosa mi ha sconvolta.
La fata di Montechiarugolo aveva i capelli neri, come i miei, lunghissimi, come i miei. Mi chiedo se fosse anche così pallida e se sia impazzita solamente per la morte dell’amato Pio.
Forse anche lei sentiva una voce.
O la voce che io sento è la sua? La voce di un’anima tormentata per quanto di una donna buona.
Ogni volta che questi pensieri mi sfiorano la mente mi sento incredibilmente sciocca. Non esistono i fantasmi per quanto la gente ingenua di Montechiarugolo possa crederlo. Non è mai esistita nessuna Bema.
La sua storia è un semplice volo di fantasia, ricamata sopra un evento luttuoso della storia di Parma, nulla di più e nulla di diverso.
Eppure non riesco a non sentirmene ossessionata.
Ogni volta che ho provato a chiudere gli occhi in questa notte per ora, e credo per sempre, insonne, mi è apparsa davanti agli occhi: una figurina esile, vestita di bianco e con i capelli neri mossi dal vento.
Cosa mi sta accadendo?
Cosa?
Non si tratta nemmeno più del desiderio di cantare sempre presente nel mio animo. È qualcosa di differente. Forse è soltanto frutto della mia mente sovreccitata e troppo fantasiosa.




Ecco a voi un nuovo capitolo! Spero vi possa piacere:

Un grazie particolare a:

Thiliol: Sono felicissima che la storia ti stia prendendo come "la mia pace è perduta"! Sì, la storia si svolge nel paese dove vivo (ora è ben diverso a livello urbano da come appare dalla fic), e forse questo mi ha aiutata a capire le dinamiche di un piccolo paese che sono molto diverse da quelle di una città. Grazie mille ancora per i complimenti! Sappimi dire cosa ne pensi di questo capitolo!

  
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