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Autore: conlatestatralenuvole    30/10/2016    2 recensioni
Conosciamo tutti la storia del maghetto più famoso di tutti i tempi, ma qui non si parla del ragazzo che è sopravvissuto. Questa è la storia della strega più brillante della sua età, Hermione Jean Granger, da ciò che già sappiamo, come l'indissolubile amicizia con Harry Potter e Ronald Weasley, a ciò che non ci è stato dato sapere: il suo arrivo a Hogwarts, le sue conquiste, le sue emozioni e le sue insicurezze.
[...]Ma era proprio questo il punto: Hermione non era una persona "normale" [...]Il suo problema non era tanto quel bisogno di imparare a memoria tutti i libri prima ancora dell'inizio dell'anno scolastico, ma il fatto che senza volerlo, delle volte, faceva accadere cose strane; cose che proprio non si sapeva spiegare
Questa fanfiction è liberamente ispirata ai libri di Harry Potter, scritti da J.K. Rowling. La grande maggioranza dei personaggi è dunque di sua proprietà, così come la maggioranza dei temi e delle ambientazioni. Per ulteriori informazioni leggere la nota posta all'inizio del primo capitolo. Grazie.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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LA DECISIONE PIÙ IMPORTANTE

Quando Hermione tornò a casa, dopo la lunga chiacchierata con il signor Fogg, era pomeriggio inoltrato, aveva saltato il pranzo e, nonostante il caldo afoso di luglio, non osò aprire le finestre per paura di Lord Voldemort. La ragazza, in effetti, non riusciva a smettere di pensare alla conversazione: alle strane materie citate dal suo dirimpettaio, al poster di Albus Silente, alle tragiche conseguenze di un'espulsione da Hogwarts – spezzavano la bacchetta a chi veniva cacciato dalla scuola; roba da matti – e a Bathilda Bagshot nella comunità magica di Godric's Hollow. Ma ciò che più di tutti l'aveva colpita, e a dir poco terrorizzata, era stato il terribile Signore Oscuro, Tu-Sai-Chi, come lo chiamava il signor Fogg. Hermione non si capacitava di tanta crudeltà. Si sentivano in continuazione notizie di ladri che rapinavano banche, di sicari e di maniaci che avevano assassinato i loro amici, la loro famiglia, i loro stessi parenti... ma Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato sembrava una persona intelligente, colta e totalmente consapevole delle sue azioni. Le ricordava Adolf Hitler durante la seconda guerra mondiale: amante del potere, assolutamente convinto della giustizia delle sue opere e, soprattutto, assetato del sangue di chi ostacolava il suo cammino e degli ebrei. Solo che, mentre lei non era ebrea, e non avrebbe avuto troppi problemi durante la guerra, era invece una mezzosangue. E i suoi genitori? Babbani. Se Tu-Sai-Chi si fosse trovato veramente a Londra, cosa sarebbe successo a lei e alla sua famiglia? Se i Potter erano una famiglia di maghi, ed erano stati uccisi così violentemente, che brutale tortura sarebbe toccata a quelli come lei, come sua madre e suo padre? Mezzosangue: sangue sporco, sangue lercio... La sola parola la faceva rabbrividire. Quella sera, Hermione, non si addormentò molto facilmente.
   Passarono i giorni, e l'unico motivo per cui i programmi giornalieri non erano più appesi nella sua cameretta, era che Hermione, di programma, ne aveva soltanto uno. Poco dopo essersi svegliata e vestita, infatti, preparava il tè, lo versava in due tazze separate, incartava qualche biscotto allo zenzero in un pezzetto di carta stagnola e portava la colazione dal signor Fogg. Il vecchio uomo, almeno inizialmente, sopportava a stento le visite della ragazza e la sua insaziabile curiosità. La definiva una bambinetta saccente che si vantava di tutto quello che imparava e che, per di più, era figlia di babbani, ma ciò che al mago dava enormemente fastidio, erano le continue domande sul Signore Oscuro, un argomento che non gli piaceva affrontare, ma di cui Hermione non sembrava mai averne abbastanza.
-Signor Fogg, ma se Voldemort era un mago, e possono già fare tutti gli incantesimi che vogliono i maghi, no? Insomma,

continuò Hermione tormentandosi le mani, il libro "Storia di Hogwarts" saldamente stretto tra le gambe,
-Per quale motivo voleva ancora più potere?
-Non c'è nessun vero motivo per desiderare il potere, ragazzina. Lo si vuole e basta. Potresti essere il mago o la strega più potente del mondo... stermineresti il mondo intero pur di non avere concorrenza. Tutti parlano del denaro, della fama; è il potere la vera droga di questo pianeta, ecco che penso io. Quel potere che spingerebbe un padre a maltrattare il figlio e il figlio ad assassinare il padre. Quello stesso potere che ti rende schiavo a tal punto da farti tradire tuo fratello o il tuo migliore amico.
Hermione rabbrividì.
-Ed è per questo che così tante persone si sono unite a lui? Per la sete di potere?
-Oh... Ih! Ih! Ih!
Un sorriso quasi malefico si allargò sul volto del signor Fogg. Aveva le folte sopracciglia inarcate e le palpebre rugose abbassate, nello sguardo di qualcuno che la sa molto lunga.
-Sì...
I suoi occhi sembrarono improvvisamente smarrirsi nel vuoto; l'espressione tornata seria e la bocca storta in una smorfia, come se avesse appena assaggiato qualcosa di amaro.
-...e no. Non era sempre così crudele, dopotutto, il Signore Oscuro. Nei suoi giorni buoni ti faceva scegliere: o ti univi a lui o ti torturava fino alla pazzia, anche se eri un mezzo gigante o un nato babbano.
Il cuore della ragazza cominciò a battere più freneticamente. Sentiva il sangue pulsarle nelle orecchie. Il signor Fogg si stava di nuovo arrabbiando.
-È per questo che me ne sono andato da Godric's Hollow, sai? Se fossi rimasto, a quest'ora, avrei un bel marchio nero tatuato sul braccio sinistro.
La sua voce diventava via via sempre più alta e veloce.
-Ero già stato minacciato dai mangiamorte. Ho dovuto riferire la posizione di quasi una decina di maghi e streghe; ho dovuto far assassinare il mio migliore amico. Era uno sciocco, buonissimo uomo che in tempi di guerra se ne andava in giro difendendo i diritti dei mezzosangue, nascondendoli, facendoli scappare all'estero. Ho dovuto dire dov'era il suo nascondiglio. L'hanno annegato nella vasca del suo stesso bagno dopo quasi due ore di torture, sotto l'effetto della maledizione Imperius, dopo avergli fatto assistere alla morte di tutti e cinque i nati babbani che teneva nascosti in casa.
Hermione fremeva dalla rabbia. Con le mani strette a pugno, si alzò di scatto dal divano, sentendosi montare dentro una furia sconosciuta. "Storia di Hogwarts" cadde a terra con un tonfo.
-Come ha potuto?
Urlò sull'orlo delle lacrime.
-Come ha potuto lasciare che così tante persone morissero per causa sua?
Il signor Fogg restò un attimo interdetto dall'improvvisa ira della ragazza.
-L'avresti fatto anche tu.
Mormorò poi, ma quasi con dolcezza, come se si pentisse anche lui amaramente delle scelte del passato.
-Mai!
Hermione scoppiò in lacrime. Era così infuriata con il suo vicino. Non aveva difeso quella gente, gente come lei; non avrebbe difeso neanche lei, era chiaro. Ed era al contempo così spaventata per quello che sarebbe potuto accadere se Voldemort fosse tornato.
Il signor Fogg, sospirando e con un'espressione triste in volto, si chinò a raccogliere il volume abbandonato e lo posò con delicatezza sul divano.
-Suvvia.
Sussurrò abbracciando Hermione e lasciandola singhiozzare sul suo petto. Erano anni che il signor Fogg non abbracciava qualcuno, si sentiva strano, come se non si ricordasse bene cosa avrebbe dovuto fare.
-Sei una ragazza brillante, Hermione Granger. Sei altruista, coraggiosa. Tutti coloro che ti hanno o che ti avranno vicino sono persone privilegiate. Ma io non ero come te. Ero giovane ed egoista. Chi mi è sempre rimasto accanto non è stato molto fortunato.
Con gli occhi ancora offuscati dalle lacrime, la ragazza ricambiò l'abbraccio del vecchio uomo. Provava pietà per lui, la stessa pietà che spesso aveva provato per se stessa. E fu in quel momento che Hermione prese la decisione più importante della sua vita: qualsiasi cosa sarebbe successo, che fosse nel mondo magico o in quello dei babbani, lei non si sarebbe tirata indietro. Si sarebbe fatta torturare pur di non tradire le persone che amava.
   Dopo quella discussione su Tu-Sai-Chi, la ragazza smise di insistere tanto sull'argomento, ma non fu solo per quello che quella loro singolare amicizia si andava rafforzando, giorno dopo giorno. Per quanto sempre burbero e scostante, l'anziano mago dagli stravaganti cappelli a punta salutava con entusiasmo la sua nuova amica quando arrivava con la colazione e, ogni tanto, sorrideva quando gli riempiva la testa di centinaia di domande prima ancora di aver varcato la soglia. Sebbene il vecchio uomo facesse ancora un po' paura alla ragazza, insomma, lei si era accorta di questi cambiamenti, e cercava di ricordarsene ogni qual volta lui le sbraitasse contro senza apparente motivo, o quando parlava male di babbani e mezzosangue quasi dimenticandosi che lei e i suoi genitori appartenessero proprio a quelle categorie. Il signor Fogg prestava alla giovane Hermione quasi un libro diverso ogni pomeriggio e, almeno la maggior parte delle volte, la ragazza glielo riconsegnava il giorno dopo e i due passavano il tempo a commentarlo. Le storie sui maghi e su Hogwarts si facevano sempre più interessanti. Il mago della porta accanto, come a Hermione piaceva definirlo, non senza che lui si irritasse, aveva addirittura acconsentito a prestarle "Storia della Magia". Sembrava detestare la materia in sé, ma mostrava nei confronti del volume di Bathilda Bagshot un comportamento simile alla venerazione; un'ammirazione forse ancora più forte di quella della ragazza per "Storia di Hogwarts". Hermione, in qualche modo lo capiva: non si sarebbe separata per nulla al mondo dal suo libro preferito, per cui lo ringraziò per una giornata intera quando finalmente riuscì a farselo prestare. Anzi, lo ringraziò così tanto, che alla fine il signor Fogg iniziò ad urlarle contro e la cacciò fuori casa mezz'ora prima del solito. Quando il giorno dopo la ragazza gli riportò "Storia della Magia" letto e studiato, però, il mago fu stranamente molto contento di discuterlo con lei, forse sorpreso di poter parlare con qualcuno che lo comprendesse di basilischi, rivolte dei goblin, elfi domestici e del famoso Statuto Internazionale di Segretezza del 1689.
   Hermione diveniva ogni giorno sempre più cosciente del fatto di far parte anche lei della comunità magica, almeno in piccola parte, e questo le provocava un'infinita serie di emozioni contrastanti. Le sue doti la spaventavano a morte, ma la rendevano fiera e orgogliosa. Era come se avesse sempre saputo di essere diversa da tutti i suoi coetanei, ma questa diversità adesso la eccitava e incuriosiva più che mai. Non le era mai piaciuto così tanto avere la casa tutta per sé e poter decidere cosa fare senza dover rendere conto a nessuno come in quelle lunghe giornate di mezza estate. Degli strampalati incontri con il suo dirimpettaio, non aveva ancora detto nulla ai suoi genitori. Non sapeva con esattezza il motivo. Forse era un po' preoccupata del loro giudizio, forse, semplicemente, considerava il mondo magico come qualcosa di personale, il suo piccolo segreto, e non era assolutamente pronta a condividerlo con qualcuno.
   Il mese di luglio stava quasi per giungere a termine quella mattina, e la giovane vicina del signor Fogg stava giusto per infilarsi le sue Mary Jane nere e uscire di casa, quando vide con la coda dell'occhio un gufo volare davanti all'ampia finestra dell'ingresso. Un gufo? Non aveva mai visto da vicino un gufo. Inoltre la sua "Enciclopedia delle Meraviglie della Natura volume 3 – passerotti, pettirossi e altri pennuti" parlava chiaro: i gufi erano animali notturni. Dormivano di giorno. Non c'era alcun motivo per cui un volatile del genere avrebbe dovuto... Hermione finì frettolosamente di allacciarsi la scarpa e scattò con un balzo verso la finestra. Il naso premuto contro il vetro, cercava con lo sguardo l'animale a destra e a sinistra, sperando di non averlo immaginato. I suoi respiri affannati creavano piccole nuvolette biancastre sulla finestra, appannandola fino al punto di non poterci più guardare attraverso. Con il cuore in gola e camminando lentamente, come se il rapace avesse potuto sentirla dall'altro lato dello spesso muro bianco e scappare spaventato, si avvicinò al portone d'ingresso. Forse, ma proprio forse, forse, forse, pensò la ragazza, quell'uccello non aveva mutato il suo ritmo sonno-veglia a causa del disboscamento, del buco dell'ozono o del riscaldamento globale. Forse, ma sempre e solo molto, molto forse, quel gufo non era come tutti quanti i suoi simili. Il signor Fogg parlava molto spesso dei gufi, e l'utilizzo di questi animali come postini era stato citato innumerevoli volte nei libri che le erano stati prestati, soprattutto in "Storia della Magia", dove un capitolo intero era dedicato all'incontro tra maghi e pennuti e al< corso del loro addestramento e inserimento nella comunità magica. Non era che forse...? Quasi tremando per l'eccitazione, Hermione guardò fuori dallo spioncino della porta. Nulla. Si vedeva solo la strada e la villetta del suo vicino preferito, entrambe storpiate dalla forma del tondino di vetro. Allora la ragazza, raccolto tutto il coraggio che aveva in corpo, girò per due volte la chiave nella serratura e aprì la porta molto lentamente, finché uno spiraglio di luce illuminò la soffice moquette color sabbia. Con estrema cautela, tirò il portone verso di sé, piano, piano; la striscetta di luce sul pavimento si faceva via via sempre più larga. Quando l'ingresso fu del tutto spalancato, Hermione si trovava ancora dietro alla porta, appiattita tra questa e il muro retrostante, trattenendo il fiato e allungando il collo verso l'uscio. Con le ginocchia che le tremavano, fu prima la sua gamba sinistra ad uscire da quel nascondiglio, seguita dal braccio, dal busto, dall'altra gamba, dall'altro braccio e, solo alla fine, dall'ammasso ingarbugliato di capelli cespugliosi; le palpebre talmente serrate, che le sembrava di vedere tante piccole stelline colorate. Ridusse adagio, adagio l'occhio destro a una fessura sottile. Per un attimo la sua vista si fece appannata e confusa ma, quando le immagini si mostrarono più nitide davanti a sé, Hermione la vide: una piccola lettera di pergamena giallastra. Con insopportabile lentezza, la ragazza si chinò sull'uscio, senza veramente uscire fuori di casa, e tese il braccio in avanti con la delicatezza e la precisione di un felino che, astuto e silenzioso, si avvicina alla preda, pronto a divorarla. Proprio come una ruggente tigre affamata, non appena il suo palmo si aprì del tutto pochi centimetri al di sopra della lettera, Hermione la acciuffò di colpo e la strinse forte a sé, quasi impaurita che se avesse aspettato ancora, o se la pesante busta di pergamena se ne fosse accorta, si sarebbe smaterializzata e sarebbe tornata indietro da dov'era venuta. Chiuse la porta con violenza e corse quanto più veloce poté su per le scale fino alla sua cameretta. Si sfilò le scarpe facendo scivolare le punte sui talloni e si buttò sul letto, non prima di aver afferrato in tutta fretta il libro "Storia di Hogwarts" dalla scrivania. Una lettera consegnata da un gufo; una lettera da un mago. Ancora non sapeva di chi fosse, e già sentiva una voglia matta di urlare di gioia. Non era mai stata così felice in vita sua; e l'allegria non fece che aumentare quando, letta l'intestazione scritta in eleganti caratteri di inchiostro verde e girata la pesante busta dall'altro lato, scoprì che sul sigillo di ceralacca color porpora, svettava imponente lo stemma di Hogwarts. Sarebbe potuta svenire. Senza scendere dal letto, si allungò pericolosamente verso la sua scrivania per avvicinare un portapenne, souvenir della vacanza ad Amsterdam del Natale precedente, e tirarne fuori un sottile tagliacarte d'argento, un cimelio di famiglia appartenente al suo bis-bisnonno paterno. Con la precisione di un cardiochirurgo mentre opera un paziente in fin di vita, Hermione Jean Granger aprì la busta, ben attenta a non rovinarla. All'interno, un foglio della stessa pergamena giallastra recitava in un sottile corsivo color smeraldo:

SCUOLA DI MAGIA E STREGONERIA
DI HOGWARTS

Preside: Albus Silente
(Ordine di Merlino, Prima Classe,
Grande Mago, Stregone Capo, Supremo Pezzo Grosso,
Confed. Internaz. dei Maghi)

Cara signorina Granger,
        siamo lieti di informarLa che Lei ha diritto a frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Qui accluso troverà l'elenco di tutti i libri di testo e delle attrezzature necessarie.
        L'anno scolastico avrà inizio il 1° settembre. Restiamo in attesa del Suo gufo entro e non oltre il 31 luglio p.v.
Distinti saluti,

Minerva McGranitt
Vicepreside

Hermione non ci poteva quasi credere. O meglio, aveva iniziato a sospettare che sarebbe arrivata la lettera anche a lei, ma non voleva crearsi false speranze. Quel giorno, correndo come una freccia dal signor Fogg, gli mostrò la lettera prima ancora che l'uomo finisse di aprire la porta di casa, e lui la festeggiò con un abbraccio enorme. Era così orgoglioso della sua piccola amica streghetta. Passarono il pomeriggio a tirar fuori da un vecchio scatolone in soffitta le vecchie foto di scuola dell'anziano mago. Nelle immagini, un giovane ragazzo con un cappello a punta e delle folte sopracciglia salutava allegramente la fotocamera, spesso facendo facce buffe con dei ragazzi della sua stessa casa. In una era abbracciato alla sua prima ragazza, e le sorrideva timidamente con sguardo innamorato. In un'altra, indossava la divisa della squadra di Quidditch di Serpeverde. Era un battitore, raccontò a Hermione. Giocò solo per qualche mese – iniziò proprio l'anno in cui fu espulso – ma era così fiero a cavallo della sua nuovissima Freccia d'Argento.
   Quando quella sera la famiglia Granger si riunì a tavola per la cena, la ragazza era tesa come una corda di violino, ma non stava più nella pelle.
-Mamma, papà, vorrei parlarvi di una cosa.
Iniziò mentre tagliava in pezzi sempre più piccoli il suo spezzatino. Era troppo agitata per mangiare.
-Dicci, cara.
Disse il signor Granger con la bocca ancora piena di carne e patate arrostite, guadagnandosi un'occhiataccia dalla moglie. Le porse uno sguardo di scuse e tornò a concentrarsi sulla figlia, i piedi della quale dondolavano nervosamente sotto il tavolo. Era proibito portare oggetti a tavola durante i pasti, ma quella volta Hermione stava infrangendo la regola: aveva bisogno del suo amato "Storia di Hogwarts" per infonderle coraggio, nonostante il signor Fogg l'avesse rassicurata dicendole che sarebbe andato tutto bene. Il libro giaceva nascosto sulla sedia, proprio sotto di lei. La ragazza abbassò un secondo la mano per toccarlo.
-Ho deciso di cambiare scuola quest'anno.
La signora Granger alzò gli occhi al cielo.
-Tesoro, ne abbiamo già parlato. So che non ti trovi molto bene con i tuoi compagni, ma la scuola è una delle migliori di Londra. E la nuova preside, la signora Scholdoog, è estremamente competente e ha assunto tutti gli insegnanti più qualificati della regione.
Questa volta fu Hermione ad alzare gli occhi al cielo.
-Sì, lo so, lo so. Ma andrei in una scuola altrettanto buona, anzi, addirittura migliore, soprattutto per me. Inoltre, da qualche anno a questa parte, la scuola è sotto l'amministrazione di Albus Percival Wulfric Brian Silente, uno dei migliori.
-Non ho mai sentito parlare di questo professore. Dove si troverebbe questa scuola?
La ragazza sospirò: qui sarebbe arrivata la parte difficile.
-Da qualche parte in Scozia.
Il signor Granger scoppiò a ridere.
-In Scozia? E perché mai vorresti andartene in Scozia?
-Sentite, so che può sembrarvi assurdo, ma è davvero la scuola che fa per me. Mi è già arrivata la lettera di ammissione e il Signor Fogg dice...
-Il signor Fogg?
La interruppe la madre.
-E da quand'è che frequenti il nostro vicino di casa?
-Vado spesso da lui... è lui che mi ha fatto capire che devo andare a Hogwarts.
La signora Granger trasse un lungo sospiro. Cercò di parlare nel modo più delicato possibile:
-Tesoro, il signor Fogg non ha una buona fama. Non che sia colpa sua, vedi, ma è una persona anziana ed è molto solo. Gli capita di parlare a vanvera. Dice parole senza senso, parla di magia, di fantasmi. Capisco che per una ragazzina come te deve essere molto affascinante ascoltare questi racconti grandiosi e singolari, e mi fa piacere che tu gli vada a fare compagnia ogni tanto, è molto gentile da parte tua, anche se avrei preferito che tu ci avessi chiesto il permesso prima, ma ciò che dice, per quanto interessante ti possa sembrare, non corrisponde alla verità.
-Non è così. Le cose magiche di cui lui parla esistono davvero. Devi credermi.
Insisté la ragazza.
-Guarda tu stessa.
Esclamò tirando fuori la lettera dalla tasca dei pantaloni. I suoi genitori si scambiavano occhiate tra il divertito e il preoccupato, man mano che la leggevano.
-Scuola di magia e stregoneria di Hogwarts?
Disse alla fine il signor Granger massaggiandosi le tempie.
-Tesoro, se vuoi imparare qualche trucchetto di magia possiamo comprarti un libro o iscriverti a qualche corso qui vicino. Non c'è bisogno che tu vada in Scozia per esercitarti in giochi di carte e altra roba da illusionisti.
-No, non avete capito?
Chiese Hermione alzandosi in piedi. Per quasi dodici anni non aveva chiesto praticamente niente ai suoi genitori. Ogni loro volere era un ordine che aveva piacere di rispettare, ma andare a Hogwarts era importante. Perché non volevano esaudire questo suo unico desiderio?
-Io sono una strega. Lo sono di già. Non ho bisogno di imparare trucchetti da quattro soldi. Per di più, so già fare alcuni piccolissimi incantesimi, e senza neanche una bacchetta. L'iscrizione non costa tanto, e non dovrete neanche comprarmi una scopa, tanto non credo che giocherò mai a Quidditch.
Anche il signor Granger si alzò in piedi, ma questa volta non c'era alcuna traccia di condiscendente divertimento sul suo volto. Era serio e accigliato, e la ragazza fece istintivamente un passo indietro, rischiando di andare a sbattere contro la sua stessa sedia.
-Hermione Jean Granger,
scandì lentamente l'uomo,
-Per oggi hai veramente esagerato. Non so per quale motivo tu abbia deciso di fare questa scenata. Non mi sembra che ti abbiamo mai fatto mancare niente, ma questa idea malsana della Scozia è un'assurdità. Ti reputo una ragazza intelligente, Hermione. Sai benissimo tu, quanto me, che la magia non esiste, e neanche i maghi, le streghe, gli orchi, o i fantasmi che ti pietrificano quando li guardi.
"Quelli sono i basilischi, e una leggenda narra che ce ne sia uno nascosto in una stanza segreta a Hogwarts, una stanza aperta da Salazar Serpeverde in persona" pensò Hermione, ma non si azzardò a proferir parola.
-Se credessimo ancora in queste sciocchezze saremmo rimasti tutti nel Medioevo. Adesso vai a letto, e non tirare mai più fuori la storia di questa scuola, chiaro? Inoltre, ti proibisco di vedere il signor Fogg senza di noi. Evidentemente il vecchio ha una cattiva influenza su di te. Capito?
La ragazza ne aveva abbastanza. Non le era mai capitato come in quegli ultimi giorni di perdere la pazienza in questo modo.
-Siete voi che non capite! Il signor Fogg non c'entra niente. Sapevo di essere una strega già da prima che lui me lo dicesse.
-Hermione, basta!
Urlò la signora Granger. Hermione non ci vedeva più dalla rabbia.
-Siete soltanto degli stupidi babbani!
Con un fracasso assordante, tutti i piattini da collezione della signora Granger, allineati su una piccola mensola in legno, raffiguranti un frutto ciascuno, si frantumarono come se qualcuno gli avesse dato una martellata al centro. Tutti e tre i litiganti, sobbalzarono spaventati. Sul volto di Hermione andava dipingendosi uno sguardo colpevole.
-A che giochetto stai giocando?
La ragazza si avvicinò ai cocci sparsi sul pavimento.
-Conosco l'incantesimo,
mormorò,
-Se solo avessi una bacchetta potrei ripararli uno per uno, mi dispiace.
Si rimise in piedi e guardò negli occhi i suoi genitori, che fissavano il disastro ammutoliti.
-È per questo che devo andare a Hogwarts. Lì mi insegnerebbero a padroneggiare la magia. Non è stata una mia scelta, e neanche una vostra, ma è quello che sono. Non potete impedirmelo. Ho già fatto mandare un gufo dal signor Fogg confermando la mia iscrizione. Lui mi istruirà su dove potrò comprare il materiale necessario a frequentare la scuola.
Tornò alla sua sedia e prese il libro "Storia di Hogwarts". Lo porse a suo padre.
-Leggete questo, se può aiutarvi. Io adesso sono molto stanca. Vado a dormire. Buonanotte.
E, senza, aspettare risposta, si avviò lenta e stremata verso la sua cameretta. Sperava avessero capito, altrimenti avrebbe insistito ancora e ancora, del tutto consapevole che non si sarebbe arresa così facilmente.

NOTE DELL'AUTRICE

Con un po' di ritardo, ecco il terzo capitolo. Devo dire che purtroppo non è uno dei miei preferiti, ma tutto ciò che accade è indispensabile per anticipare gli avvenimenti successivi.
Una domanda per i lettori, ma soprattutto per i recensori... Come vi siete immaginati la reazione dei signori Granger alla lettera per Hogwarts?

Solito disclaimer: non sono la Rowling, e la stragrande maggioranza dei nomi e dei personaggi di questo racconto appartengono a lei. Testo e descrizione della lettera per Hogwarts sono stati presi da “Harry Potter e la Pietra Filosofale”.

Grazie mille e un bacione a tutti quelli che ancora mi su(so)pportano.

Conlatestatralenuvole

   
 
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