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Autore: charly    30/10/2016    1 recensioni
La giovane regina di Issa è arrivata alla capitale di Rakon, dove si unirà in matrimonio con l’imperatore secondo gli usi della sua gente. Zaron manterrà la promessa fatta alla sua sposa e al padre di lei? E come si adatterà Deja a vivere alla corte di suo marito, dove le donne non hanno nessun peso politico?
Deja ignorò i bisbigli della corte, scrutava il volto di Zaron e lo vide spalancare leggermente gli occhi per la sorpresa alla vista dei tatuaggi rossi che le decoravano le mani, gli avambracci e salivano appena più su dei suoi gomiti.
[…]
I tatuaggi salivano fino al ginocchio. Aveva mezza idea di urlare addosso a Perla e alle altre ragazze per averla ricoperta di disegni. […] La sua corte doveva essere convinta che lui fosse stato smanioso di giacere con lei, e le nozze affrettate dovevano solo aver rafforzato questa idea.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il cuore di un drago'
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NOTE INIZIALI: Anche qui, come nel capitolo precedente, mi tocca avvisarvi che ci sono una scena in cui è sottinteso un rapporto sessuale violento, anche se perfettamente consensuale, e che qualcuno ci lascia anche le penne e in maniera cruenta per di più. Quindi, se trovate che il capitolo sia “troppo” per il rating arancione, ditemelo.

VI. PICCOLI I PASSI, LUNGA LA VIA

 
 
Sedici giorni dopo l’arrivo in aeronave di Deja, fece il suo ingresso a Halanda il gruppo di nobili e soldati issiani. Cinquanta uomini con i colori blu di Issa scortavano una trentina di nobili, in maggioranza donne. Accompagnati da un numero anche maggiore di soldati rakiani avevano attraversato la Città Nuova, dove la scorta issiana aveva dovuto fermarsi, e poi si erano inerpicati per la pendice del vulcano, fino alla Città Vecchia e al palazzo riservato a loro, dove i nobili si fermarono giusto per rinfrescarsi prima di andare subito al Palazzo Reale, per presentarsi alla loro regina.
Deja dovette forzarsi a trattenere le lacrime davanti a quelle persone così familiari che riempivano la stanza che fungeva da sala delle udienze. La regina e suo padre avevano personalmente selezionato coloro che avrebbero seguito Deja a Halanda, per la loro vicinanza alla famiglia reale e per la mancanza di legami a Issa, non volendo dividere fidanzati o genitori da figli giovani. Soprattutto Aborn aveva chiesto alle famiglie nobili issiane di privarsi delle loro figlie più giovani, perché Deja potesse avere con sé delle persone più vicine alla sua età. Questo faceva sì che solo otto delle lady giunte nella capitale rakiana fossero sposate mentre le altre erano per la maggior parte tra i sedici e i vent’anni, così come erano giovani o non sposati sette dei lord che completavano il gruppo. A parte lady Pastis, erano giunti anche tre lord che avevano composto il consiglio del padre di Deja e che da tempo ormai si erano ritirati dal servizio pubblico ma che avevano accettato di seguire la giovane regina per aiutarla a gestire in remoto le attività del regno.
Il principale problema che emerse fu la disponibilità di accomodazioni adeguate e la mancanza di spazio. Oltre al palazzo dei dignitari stranieri, che ormai non era più in grado di contenere adeguatamente il gruppo proveniente da Issa, Zaron aveva messo a disposizione altri due palazzi nella Città Vecchia che erano recentemente entrati in possesso della corona rakiana e aveva suggerito l’acquisto o la costruzione di edifici nel quartiere mercantile della Città Nuova.
- Se le signore sono d’accordo io suggerirei di spostarvi in uno dei palazzi forniti da re Zaron, in modo da lasciare libero il palazzo dei dignitari stranieri. Quelli di voi che sono sposati invece potrebbero trasferirsi nella Città Nuova e comprare delle sistemazioni adeguate. Lo stesso per i lord non sposati, a meno che non vogliate condividere il secondo palazzo qui nella Città Vecchia.
L’anziano lord Fasil si fece avanti.
- Mia regina, io, lord Gurvin e lord Bodin saremo lieti di condividere una collocazione che ci permetta di rimanere vicini al Palazzo Reale e di fare il minor numero di volte possibile quell’infernale salita.
Lord Sadij si rivolse alla regina e ai tre nobili anziani.
- Se i miei signori mi accettano, gradirei rimanere anch’io nella Città Vecchia, per rimanere vicino a mia zia e alle mie cugine.
I tre lord avevano annuito. Durante il viaggio i lord e le lady che non avevano mai avuto veramente modo di socializzare alla corte issiana, si erano conosciuti più a fondo e avevano deciso di formare un gruppo stretto e di rimanere vicini durante la loro permanenza nella capitale straniera.
- Bene. Vedrò di parlarne con mio marito e di far sistemare il prima possibile i due palazzi qui nella Città Vecchia. Per quanti di voi che lo desiderino posso mettervi in contatto con Rispra, il ciambellano di corte, che sono sicura vi potrà consigliare come procedere per il trasferimento nella Città Nuova. Ora, vorrei parlare con voi della questione della sicurezza…
Così uno dei palazzi aveva finito per ospitare dodici nobildonne più due coppie sposate che non avevano voluto affrontare la Città Nuova e prese il nome di palazzo azzurro per la processione di nobili scortate dai soldati issiani che ogni giorno si recavano al Palazzo Reale. L’altro invece, dove avevano trovato alloggio tutti i nobili non ammogliati, aveva finito per essere scherzosamente soprannominato dalla popolazione il palazzo degli scapoli. Le restanti sei coppie avevano affittato delle modeste residenze nella Città Nuova e poi avevano acquistato il terreno per costruire delle abitazioni adeguate al loro status e alle loro esigenze e soprattutto secondo lo stile issiano. Ci sarebbe voluto più tempo, perché avrebbero dovuto far venire degli ingegneri e architetti da Issa, per non parlare delle rifiniture, anche quelle importate, ma il risultato sarebbe stato un angolo di Issa a Halanda. Con il tempo anche i giovani lord non sposati si sarebbero trasferiti nella Città Nuova, imitando quelli che li avevano preceduti e facendosi costruire delle abitazioni in stile issiano, finendo per suscitare la curiosità e il desiderio di emulazione nei loro ricchi vicini rakiani, che negli anni avrebbero modificato le loro residenze per seguire la nuova moda, facendo ribattezzare una parte del quartiere dei mercanti in quartiere issiano.
 
Deja era stata molto felice di riabbracciare Famira e il giorno dopo il suo arrivo l’aveva voluta vedere privatamente. Avevano passeggiato sottobraccio per uno dei giardini del Palazzo Reale aperti al pubblico, scortate da tre soldati issiani e due rakiani e Famira le aveva dettagliatamente raccontato tutti i momenti più buffi e divertenti del viaggio.
- … e allora lord Bodin ha esclamato: ma quella non è mia moglie!
La ragazza più grande si piegò quasi in due dalle risate, mentre Deja si limitò a sorridere debolmente.
- Ci pensi? Lord Bodin e lady Karre? Lui potrebbe essere suo nonno! Anzi, bisnonno!! Dovevi vedere che faccia ha fatto quel locandiere!
Famira si volse verso la ragazza più giovane e smise di ridere quando si accorse che lei non rideva.
- Non lo trovi divertente?
Chiese confusa.
- A Rakon non è poi così strano, Famira. Quando Bodin ha detto che Karre non era sua moglie il locandiere deve aver pensato che fosse la sua concubina…
Famira fece una faccia disgustata, come se avesse messo in bocca un limone intero.
- Scherzi, vero?
- Affatto.
Deja sospirò.
- A quanto pare molte donne rakiane si sposano giovani e i nobili, come anche gli uomini ricchi, hanno numerose concubine.
Famira si chinò su Deja, che era più bassa di lei, e le parlò piano.
- Anche l’imperatore ha delle concubine giusto?
Lei annuì e non disse nulla. Famira guardò le guardie che le scortavano da vicino e poi disse a voce alta.
- Ma è proprio necessario essere seguite così? Siamo nel Palazzo Reale, non si può avere un po’ di riservatezza?
Deja si voltò verso gli uomini armati e fece loro gesto di allontanarsi ulteriormente di alcuni passi.
- Sì, ha cinque concubine e sono anche poche. Il marito di sua sorella, il nobile Brafit, ne ha dodici.
Famira fremeva di curiosità.
- E come funziona? Stanno in un harem, giusto? È così esotico!
Deja questa volta rise davvero, difronte all’espressione curiosa della sua amica.
Famira era sempre apparsa strana agli altri e aveva avuto poche amiche prima della principessa Deja; era molto alta e dinoccolata, con lunghi capelli scuri e ricci e occhi neri ereditati da chissà quale antenato straniero che la distinguevano da tutte le sue sorelle, che avevano capelli lisci e castani e gli occhi chiari degli issiani. Si erano conosciute quasi un anno e mezzo prima, a una festa danzante a palazzo. Deja aveva aperto le danze con suo padre e ne era stata molto orgogliosa perché era la prima volta che partecipava a una di quelle feste e che danzava in pubblico, ma l’unico ballerino con cui poteva accompagnarsi era suo padre, quindi finito il primo ballo aveva girato un po’ tra i nobili, annoiandosi e finendo per avventurarsi all’esterno, incappando, per suo enorme imbarazzo, in una coppia impegnata a baciarsi con passione. I due giovani non l’avevano vista e lei, arretrando lentamente per non disturbarli, era andata a sbattere contro Famira. La ragazza più grande le aveva sorriso e fatto cenno con la mano di seguirla. Si erano allontanate un po’ e poi lei si era rivolta a Deja.
- Disgustosi, vero?
Aveva ridacchiato difronte all’espressione mortificata della bambina.
- Sono mia sorella Giasi e il suo fidanzato. Io dovrei restare con lei ma tanto si sposeranno tra tre mesi, e io non ho voglia di fare da cane da guardia.
Le aveva porto la mano, come se fossero tra uomini.
- Io sono Famira, tu come ti chiami?
Deja le aveva sorriso e stretto la mano.
- Io sono Deja, piacere di conoscerti.
La ragazza si era impietrita ed era poi sprofondata in una riverenza.
- Mi dispiace, altezza! Non l’avevo riconosciuta! Oh, mia madre mi ucciderà!
Deja aveva riso forte.
- Non preoccuparti, se tu non glielo dici, io non glielo dirò! Non mi avevi vista aprire le danze con mio padre, re Aborn?
La ragazza aveva scosso il capo e si era giustificata, con voce sarcastica.
- No, appena arrivati mia sorella si è precipitata all’appuntamento galante che aveva con il fidanzato.
Famira si era tappata la bocca con entrambe le mani e spalancato gli occhi scuri, inorridita.
- Possiamo dimenticare quello che ho appena detto?
Deja aveva riso ancora più forte.
- Il suo segreto è al sicuro con me! Visto che stai cercando di svicolare ai tuoi doveri da cane da guardia, ti va di tenermi compagnia? Così se tua madre lo viene a sapere puoi sempre dirle che non potevi sottrarti a un ordine regale.
Famira le aveva rivelato che era finita a far da guardia a sua sorella perché tanto nessuno la invitava mai a ballare, visto che era più alta di quasi tutti i ragazzi, e che lei aveva accettato perché odiava essere relegata a fare da tappezzeria assieme alle lady anziane che non facevano che parlare dei loro malanni, dei tempi d’oro quando erano loro a ballare e che la subissavano di frecciatine e critiche dato che non riusciva a trovare un cavaliere.
- Mi annoio anch’io.
Aveva confidato Deja.
- Pensavo che le feste fossero più divertenti. È il primo anno che posso partecipare e devo ammettere di essere un po’ delusa. Sono rimasta vicino a mio padre, ma nessuno parla di argomenti interessanti: solo di matrimoni e pettegolezzi.
- Almeno tu hai potuto ballare.
Aveva commentato con voce carica di rimpianto Famira.
- Mio padre è morto e non ho fratelli che posso costringere a ballare con me! Solo sei inutili sorelle. E quelle sposate non mi prestano i loro mariti neanche se le imploro!
- Mi dispiace per tuo padre. E comunque a me non interessa tanto ballare.
Aveva fatto una smorfia.
- Sono contenta di dover fare solo il primo ballo e che nessuno può invitarmi a danzare!
Avevano riso insieme e passato insieme il resto della festa e il giorno dopo Famira aveva ricevuto un invito per trascorrere il pomeriggio a palazzo, con la principessa. Deja le aveva presentato Anka e loro tre, nonostante la differenza d’età, erano divenute amiche.
Quindi Deja non si fece problemi a parlarle dell’harem di Zaron, rivelandole che c’era ben poco di scandaloso dato che ci vivevano anche le sue tre bambine e poi, giusto per stuzzicarla, aggiunse.
- L’unica cosa strana è che le concubine, quando sono chiuse nell’ala femminile, in genere sono a seno scoperto.
Famira emise un verso strozzato e le sue orecchie divennero rosso fuoco.
- Vuoi dire che sono nude?
Deja rise, rovesciando indietro la testa.
- No! L’abito tradizionale rakiano comprende una gonna con dei pantaloni al di sotto; a coprire il torso c’è il blouse, una specie di camicia molto stretta e corta che nell’ala femminile, dove nessun uomo tranne il padrone di casa è ammesso, non indossano. Non ti dico come sono rimasta io, quando ho visto quelle donne seminude!
Le due ragazze continuarono a lungo a sghignazzare, mentre Deja descriveva gli usi di Rakon e riferiva a Famira come le concubine di Zaron fossero rimaste scandalizzate dal fatto che la ragazza più grande avesse viaggiato non accompagnata da un parente maschio o dalla madre.
Passeggiando giunsero in vista del campo d’addestramento privato di Zaron. L’imperatore stava duellando con una guardia e anche da lontano potevano vedere la concentrazione e l’abilità con cui maneggiava la spada, come se fosse un vero duello e le lame non fossero spuntate e arrotondate per non arrecare lesioni gravi. Nonostante ciò, quando Zaron riuscì a colpire il suo avversario allo stomaco di piatto, decretandone la sconfitta, aveva un sottile graffio rosso sul braccio dove la spada dell’altro lo aveva ferito di striscio. Zaron era sudato ma fece cenno a un altro avversario di farsi subito avanti, senza darsi il tempo di riposare, senza neppure tamponarsi la leggera ferita, rivolgendo appena uno sguardo alla moglie in compagnia dell’amica, ferme al limitare dell’area. Mentre il duello incominciava Famira parlò con voce grave, senza staccare gli occhi dal re.
- E così quello è tuo marito. Mi è spiaciuto tanto che mia madre non mi abbia permesso di partecipare al tuo matrimonio, ma lei ha avuto una crisi isterica e a me è toccato badare ad Aduna. Eravamo tutte spaventate, lo sai? Pensavamo che saremmo morte quando la città è caduta. Ma poi non è successo nulla. Niente saccheggi, niente stragi, niente edifici dati alle fiamme. Abbiamo tirato un sospiro di sollievo quando è stata annunciata l’annessione di Issa all’impero e non la sua conquista. Abbiamo pensato di averla scampata. Abbiamo creduto che re Aborn in qualche modo ci avesse salvati tutti.
La voce di Famira si fece rabbiosa e due lacrime le sfuggirono prima che lei le asciugasse con stizza.
- Ma non lo aveva fatto, vero? Non è stato tuo padre a salvarci. Sei stata tu. Hai accettato di sposare lui e lui ci ha risparmiati. Tu ti sei sacrificata e noi ci siamo salvati. Non è giusto Deja, non è giusto!
Deja strinse forte una mano dell’amica.
- Non devi preoccuparti per me, Famira. Re Zaron… lui non è un cattivo marito.
Famira rivolse il viso pieno d’angoscia verso la sua amica e parlò a voce bassa, muovendo appena le labbra.
- Mi madre mi ha parlato del vostro matrimonio, dopo che Aduna era andata a dormire, e di quello che è successo il giorno dopo.
Deja aveva sollevato gli occhi al cielo, esasperata.
- Ti prego, non mettertici anche tu! Pensavo che l’argomento fosse stato chiuso. Il mio comportamento è stato frainteso da una guardia del corpo troppo zelante e da quella impicciona di lady Pastis! Lui non è un cattivo marito.  Ti prego, non dirlo in giro, ma lui è … simpatico, galante, mi fa ridere e … le circostanze non sono terribili come sembrano. Ti prego, Famira, fidati di me e non parliamo più di questa cosa. So come può apparire, dall’esterno. Ma il mio matrimonio non si è rivelato terribile come anche io avevo creduto all’inizio. Come ti ho detto non è strano che le ragazze a Rakon si sposino giovani, anche se di solito non giovani come me. Mio marito è un uomo d’onore e mi ha sempre trattata bene.
Famira aveva annuito, anche se c’era stata un’ombra di dubbio nei suoi occhi.
- Come vuoi.
Aveva concesso.
- Andiamo adesso, non mi piace come ci stanno fissando. Se continuano così, giuro che gli mostro la lingua.
Deja guardò gli uomini che si trovavano nel capo d’addestramento. Erano militari, per la maggior parte, che concentravano la loro attenzione sul khan e sul duello e se guardavano la loro regina e la ragazza che l’accompagnava con tale familiarità, non lo facevano apertamente; a fissare invece erano una decina di nobili che però, notò Deja, stavano ben attenti a non incrociare mai il suo sguardo, preferendo riservare il loro interesse per Famira. Improvvisamente si sentì a disagio e trascinò l’amica sulla strada del ritorno.  
 
Una settimana dopo l’arrivo dei nobili issiani a Palazzo Reale si tenne una festa per introdurli alla corte rakiana. Gli uomini furono invitati nel primo pomeriggio ad assistere a uno spettacolo equestre e scandalizzarono la corte rakiana portando con sé le loro mogli. Anche Zaron si era fatto accompagnare dalla sua regina, che per l’occasione aveva indossato una abito rakiano in seta azzurra. Si sentiva ancora leggermente a disagio con il ventre e parte della schiena scoperti e il blouse era così attillato che la faceva sentire seminuda quindi, aiutata da Mira, aveva drappeggiato la stola in modo da coprire il più possibile il torso e principalmente il petto, lasciando al velo e ai capelli sciolti sulle spalle il compito di coprirle la schiena. L’unica concessione che aveva fatto alla terra natia erano stati i gioielli, tutti issiani, con la collana con zaffiro al cui fianco spiccava il vistoso sigillo reale, in bella vista sopra la stola, e la corona di platino che portava sopra il velo. Almeno l’abito rakiano le consentiva di poter comodamente montare a cavallo: Deja non era stata molto entusiasta all’idea, dato che era una cavallerizza a malapena adeguata, ma Zaron le aveva suggerito di provare ad andare a cavallo alla maniera rakiana e Deja aveva scoperto che montare ad arcione invece che all’amazzone era infinitamente più semplice e che il pomo della sella le permetteva di aggrapparsi nelle salite e nelle discese, rendendo possibile anche a lei percorrere la strada che portava alla Città Nuova e al campo d’addestramento dell’accademia militare dove si sarebbero svolte le manifestazioni.
I cavallerizzi rakiani erano dei virtuosi e a esibirsi erano i cadetti più abili. Ci furono gare di velocità, giochi in cui due squadre si contendevano come premio un fagotto di stracci, delle battaglie simulate e persino una corsa ad ostacoli. Zaron le rimase vicino tutto il tempo, sfiorandole spesso la schiena e prendendola per mano, spiegandole i vari giochi e indicandole le differenze tra i cavalli: quelli usati nelle battaglie simulate erano più alti e massicci e addestrati a muoversi nel caos scatenato da uno scontro armato; quelli invece utilizzati nelle gare di velocità e destrezza erano più piccoli ed eleganti e la razza era stata selezionata per grazia e velocità.
Deja si era sentita a suo agio con lui, appoggiandosi al suo braccio e sfiorandogli con un dito la mano, quando voleva attirare la sua attenzione, consapevole che i nobili delle due corti osservavano con interesse ogni loro interazione.
Nessuno dei suoi aveva osato parlare del suo matrimonio con Zaron, solo Famira lo aveva fatto, in grazia dell’amicizia che le legava, e Deja era lieta di non aver dovuto nuovamente difendere suo marito e le sue azioni. Sapeva che questo non avrebbe impedito loro di ipotizzare il peggio e di vedere nel tocco più innocente un indizio di perversione, ma non le importava più di tanto. Lei sapeva cosa succedeva dietro le porte chiuse dei loro appartamenti e se lei non dimostrava paura o ribrezzo al tocco dell’imperatore forse presto tutte le speculazioni odiose, che sicuramente ancora venivano fatte nei loro riguardi, sarebbero cessate.
L’altra faccia della medaglia erano i nobili rakiani che notavano come il loro khan mostrasse un riguardo verso la sua giovane regina straniera contrario alle loro tradizioni, permettendole di accompagnarlo in ogni dove, anche alle riunioni di governo, toccandola spesso in pubblico, facendola camminare al suo fianco e consentendo praticamente a chiunque di guardarla e di parlarle direttamente. Guardavano il loro khan con la sua regina e i nobili issiani con le loro mogli e riconoscevano l’atteggiamento come simile. Chi aveva accompagnato il khan a Issa aveva riferito di come le nobildonne issiane sedessero a tavola accanto ai loro mariti, gomito a gomito con altri uomini e di come persino le donne non sposate partecipassero alla vita di corte. Ma quelli erano stati racconti su una terra lontana e diversa dalla loro; vedere con i proprio occhi un simile accadimento era tutt’altra cosa. Zaron vedeva come li guardavano, vedeva gli sguardi scandalizzati, ma soprattutto nelle settimane precedenti aveva fatto attenzione alle espressioni pensose e calcolatrici che erano comparse sui visi dei suoi cortigiani più ambiziosi e scaltri. I suoi nobili avevano preso nota del favore di cui godeva sua moglie e di come lui stesse adottato alcuni degli usi di lei, soprattutto nelle libertà che la incoraggiava a prendersi. L’unico limite che le avesse imposto era stato quello di movimento, non aveva voluto che uscisse dai confini del Palazzo Reale senza che lui l’accompagnasse: se voleva vedere qualcuno avrebbe dovuto chiamarlo presso di sé.  In effetti quella era la prima volta che Deja usciva da Palazzo. La precedente regina, la nobile Ingis, non ne era mai uscita negli anni di matrimonio con suo padre e aveva lasciato l’harem solo per partecipare ai banchetti e alle feste in cui erano presenti anche le mogli della nobiltà.  
Alla fine dello spettacolo, quando fu ora di rientrare a Palazzo Reale per il banchetto, Deja fu molto grata per i pantaloni che indossava guardando le nobildonne issiane entrare nelle soffocanti carrozze chiuse. Almeno avevano seguito il suo consiglio e avevano indossato abiti moderni invece di quelli tradizionali, più maestosi ma molto più scomodi.
A tavola i mariti furono invitati a sedersi al tavolo degli uomini e lasciarono andare a malincuore le loro mogli, a cui si erano unite anche le altre nobildonne, e si sedettero assieme agli altri nobili issiani al centro della tavola riservata agli uomini.
Tradizionalmente il khan avrebbe dovuto sedere a capo della tavola riservata ai nobili e la sua regina a quello del tavolo riservato alle nobildonne, ma Zaron aveva fatto preparare un tavolo a parte, tra i due, per sé e Deja, proprio come al banchetto del matrimonio. Sarebbe stato meglio lasciarle fare la conoscenza delle nobili rakiane, ma aveva voluto essere egoista e tenerla per sé: aveva trovato gradevole la sua compagnia a tavola, più di quella dei suoi stessi nobili, ed era stato restio a privarsene.  
Le nobili issiane questa volta erano state distribuite in modo uniforme lungo la tavola, così che potessero conversare con il maggior numero di donne rakiane. Come in occasione dell’ultimo banchetto lady Asill fu al centro dell’attenzione quando divenne noto il suo ruolo di guaritrice e, dopo numerose domande e richieste di consigli su come affrontare le gravidanze e la cura dei neonati, lady Asill aveva dovuto chiarire che non era una levatrice, non avendo una specializzazione in quel campo, ma una guaritrice generica che si occupava principalmente di malattie comuni, ossa rotte e malanni stagionali. E che no, non si faceva pagare per le sue prestazioni ma svolgeva la sua opera gratuitamente, per vocazione, perché la sua professione non era la sua fonte di reddito, dato che la sua famiglia era più che benestante e le entrate derivanti dalla compagnia ereditata da sua madre erano ingenti.
- Sua madre apparteneva a una famiglia mercantile, dunque?
Volle sapere la donna che sedeva alla sua destra.
- No, mia madre, lady Lahera, era di nobile nascita. La compagnia commerciale di cui parlo apparteneva alla famiglia da generazioni. Praticamente ogni famiglia nobile è proprietaria o socia di un’attività commerciale di qualche tipo. Issa vive di commercio, i nostri cantieri navali sono i migliori del continente. Perché, la sua famiglia di cosa si occupa?
La donna che le aveva posto la domanda rimase interdetta.
- Mio padre possedeva dei terreni nelle montagne di Kahshir, mio marito è il proprietario di alcune miniere che si trovavano nei paraggi, credo. Ha chiesto le terre di mio padre come dote e adesso vi estrae metalli preziosi.
- E allora,
Proseguì pazientemente lady Asill.
- Anche la vostra famiglia ha un’attività commerciale.
Al che la donna alla sua sinistra ribatté.
- Sì, ma la nobile Hilsa non si occupa in prima persona degli affari di suo marito. Mi corregga se sbaglio, ma lei ha detto che l’attività commerciale era di proprietà di sua madre. Non è entrata in possesso di suo padre, quando si sono sposati?
- No, certo che no. Le proprietà di mia madre sono rimaste di mia madre, quelle di mio padre di proprietà di mio padre. Lui si occupa di tutt’altro. La compagnia di mia madre fa commerci via mare, trasportando qualsiasi cosa per conto terzi, mio padre invece ha un fiorente commercio di tessuti. Ha numerose tintorie e rivende le stoffe per tutto il continente. Visto che in famiglia ci siamo solo io e mio fratello minore e che io ho preferito diventare guaritrice, l’attività di mia madre è andata a me, dato che si manda avanti da sola una volta scelto il giusto amministratore, mentre mio fratello lavora con mio padre e ne è l’erede. 
- E lei non è sposata?
Chiese nuovamente la donna alla sua destra, la nobile Hilsa.
- No, non ancora. Non so se mi sposerò mai, a questo punto: ho ventisei anni e non ho più molte occasioni di conoscere giovani lord che possano piacermi.
- Uno dei miei fratelli minori non è ancora sposato. Si chiama Fuldir, ha trent’anni ed è il terzo figlio maschio. Lo so che non ha molte prospettive, non essendo attratto dalla carriera militare, ma ama leggere e scrive poesie. È anche portato per i numeri e nostro padre e i suoi fratelli lo stimano molto e ha buone prospettive di ottenere un posto prestigioso nel governo della regione di Maadun, che se non mi sbaglio è una penisola con molti porti centrali per il commercio via mare.
La nobile Hilsa aveva uno sguardo estremamente soddisfatto e lady Asill si lasciò sfuggire un mugolio di disperazione. 
La maggior parte della curiosità era suscitata dalle ragazze non sposate che avevano affrontato un così lungo viaggio per seguire la loro regina. A essere al centro di numerose domande erano anche lady Jodina e sua figlia Famira che erano state sedute una a fianco dell’altra, vicino al capo del tavolo dove era seduta anche la principessa Sali, la quale aveva nuovamente il dubbio piacere di avere come vicina lady Pastis.
Le donne sedute attorno a madre e figlia erano molto incuriosite dal fatto che la giovane avesse viaggiato da sola via terra mentre sua madre e sua sorella avevano preso l’aeronave.
- E dov’è l’altra sua figlia, nobile Jodina?
Chiese un’anziana donna.
- Mia figlia Aduna è ancora troppo piccola: ha solo quattordici anni. Le fanciulle di nobile nascita a Issa vengono introdotte in società solo al compimento dei quindici anni.
A quell’affermazione numerosi occhi si spostarono verso il tavolo dove il khan e sua moglie stavano chiacchierando.
- La regina Deja è un caso particolare: lei è l’unica figlia di re Aborn e in quanto tale la sua unica erede. Accompagna suo padre nelle sue funzioni da quando aveva dieci anni. E poi è molto seria e intelligente, tutta Issa è sempre stata molto orgogliosa di lei.
Sia lady Jodina che sua figlia si erano irrigidite e l’espressione chiusa che avevano entrambe assunto aveva fatto capire alle loro interlocutrici che quello era un argomento delicato e di cui non avevano piacere a parlare.
- Avete anche figli?
Chiese una donna più giovane alla sua sinistra.
- No, solo figlie femmine, sette per la precisione. Io e mio marito abbiamo cercato a lungo un maschio ma non è stato destino…
Famira sbuffò divertita.
- Ma se padre diceva sempre che ero io il suo figlio maschio mancato!
Sua madre cercò di zittirla, mortificata.
- Dovete scusarla, suo padre in effetti la preferiva e le lasciava passare di tutto, rendendomi impossibile educarla come si conviene a una giovane di buona famiglia!
Le nobili rakiane sorrisero comprensive.
- È normale che un padre vizi le sue figlie. Quando poi manca un figlio maschio… Deve essere stato terribile per voi… Come avete fatto quando il vostro nobile marito è venuto meno?
Prima che la madre si lasciasse andare nelle solite lamentele di quanto fosse difficile essere vedova e trovare da sola dei mariti per le figlie non ancora sposate, Famira decise di rispondere per lei.
- Mia sorella Kile, la primogenita, ha ereditato il titolo e la maggior parte dei beni di famiglia. Suo marito è un uomo abile e sa gestire bene le proprietà di mia sorella, che dal canto suo è senza speranze. È una persona veramente a modo, si è dato da fare per occuparsi di mia madre e delle mie sorelle fino a che non si sono sposate tutte. Manchiamo solo io e Aduna. Per mia madre è molto importante che facciamo buoni matrimoni, visto che siamo le più giovani e che per lei la famiglia è molto importante.
Le sue parole lasciarono interdette le nobili rakiane che le avevano ascoltate con attento interesse.
- La figlia primogenita ha ereditato il titolo e i beni?
- E così state cercando un marito per le vostre figlie più giovani?
Le domande vennero da più fronti e mentre lady Jodina si voltava entusiasticamente a rispondere alla donna che aveva parlato di matrimoni, Famira si rivolse verso l’altra, non prima di aver intonato a sua madre con voce minacciosa.
- Sette mesi madre, ricorda, ancora sette mesi e poi…
Poi con un sorriso rispose alla domanda che le era stata posta.
- In mancanza di un figlio maschio è la primogenita femmina a ereditare. Comunque la questione dell’eredità è parecchio flessibile. I genitori possono decidere di destinare alcuni beni ai figli che preferiscono, così che può capitare che ad alcuni vada una parte di eredità maggiore anche se non sono gli eredi principali. Solo il titolo nobiliare è necessariamente del primogenito, maschio se c’è, altrimenti femmina, come nel caso di mia sorella, lady Kile. Dato che suo marito è il quarto figlio maschio e quindi non è l’erede della sua casata, i loro figli portano il nome di mia sorella, per proseguire la casata di mio padre.
- Ma se voi vi sposaste portereste il nome di vostro marito, visto che non siete l’erede di vostro padre, giusto?
Famira digrignò i denti: non aveva inteso riportare l’argomento sul matrimonio.
- Sì.
Rispose concisamente. La sua interlocutrice sembrò capire.
- Cosa intendevate dire alla vostra nobile madre prima, quando avete detto ancora sette mesi?
- Ho diciannove anni, quando ne avrò venti mia madre dovrà arrendersi e smettere di cercarmi un marito.
L’altra donna aprì la bocca per porre l’ennesima domanda ma Famira la precedette, immaginando cosa volesse chiedere.
- A Issa sotto i vent’anni serve il consenso dei genitori per sposarsi e tutte le richieste di matrimonio passano attraverso di loro anche se il diretto interessato ha ovviamente il diritto di veto sulle richieste sgradite. Dopo, un eventuale pretendente dovrà chiedere a me la mia mano. E io avrò il potere di accettare e rifiutare chi voglio, senza l’autorizzazione di mia madre!
- Chiunque, dice? Senza chiedere il permesso alla sua famiglia?
Famira annuì.
Dirimpetto a loro, ai nobili lord issiani non andava molto meglio. Sorprendentemente gli argomenti toccati dai nobili rakiani non erano di molto dissimili da quelli delle loro mogli. Erano interessati al rapporto tra moglie e marito a Issa, all’autonomia che una moglie poteva avere e al fatto che fosse lecito per fanciulle nobili non sposate fare così liberamente la conoscenza di altri uomini al di fuori dell’ambiente domestico. Le domande rivolte dagli uomini erano solo più schiette di quelle che le loro mogli stavano facendo.
- Quindi le fanciulle issiane sono più, come dire, …libere… nel loro affetto?
La domanda era stata rivolta a lord Sadij che inizialmente non capì, ma poi si imporporò di rabbia quando intese cosa venisse implicato.
- La virtù delle donne issiane è al di là di ogni sospetto, le assicuro, nobile Varkis! Nessun uomo degno di questo nome si permetterebbe mai di infangare con azioni o insinuazioni l’onore di una fanciulla! Le occasioni in cui è concesso socializzare sono strettamente controllate e l’etichetta è rigidamente seguita, nessuna fanciulla verrebbe mai lasciata da sola con un corteggiatore.
Il nobile Varkis alzò le mani.
- Pace, non intendevo mancare di rispetto. È solo che a noi appare davvero strano. Io non lascerei mai mia figlia uscire di casa se non accompagnata da me o da sua madre, non mi fiderei neppure di lasciarla con i suoi fratelli, perché si sa che i giovani si distraggono facilmente. Invece molte nobili issiane hanno viaggiato fino a qui senza la supervisione dei genitori e senza essere sposate. Una simile circostanza potrebbe essere interpretata come l’occasione di approfittare dell’ingenuità e dell’inesperienza di una fanciulla.
Lord Sadij si calmò, difronte alle scuse offerte dall’anziano nobiluomo.
- Dimentichi, nobile Varkis, che non viaggiavano da sole, ma in gruppo. Se una ragazza sola può apparire come una preda facile a un uomo di pochi scrupoli, un gruppo di ragazze che serra i ranghi è un bastione impenetrabile.
Il rakiano parve riflettere sull’argomentazione presentata.
- Non ci avevo mai pensato, questo perché le donne rakiane non viaggiano mai in gruppo, ma sempre con i mariti o i genitori. Ora che mi ci fai pensare,
Concluse con un sorriso.
- Ricordo quando ero giovane e mia madre sedeva all’altro tavolo. Quanto nervoso solevo diventare vedendola conversare con altre nobili signore che avevano giovani figlie nubili da ammogliare! Parlavano tra di loro e ogni tanto si giravano tutte insieme a fissarmi. Hai perfettamente ragione, mio nobile amico issiano, un gruppo di donne determinate è pericoloso quanto uno squadrone di soldati armati e assetati di sangue!
Lord Sadij annuì, soddisfatto di essersi fatto capire, e mise in bocca un generoso boccone del pasticcio che si trovava nel suo piatto.
- Certo, anche le mie concubine, quando decidono di essere cocciute e di allearsi contro di me sono una forza formidabile! Sono sicuro che sai cosa intendo. Io, oltre a mia moglie - la vedi quell’adorabile fiorellino seduto lì che porta in grembo il nostro primo figlio? - ho sette concubine, tutte giovani puledre dal sangue caldo. Tu quante concubine hai?
Lord Sadij quasi si strozzò quando il pasticcio gli andò di traverso. Il nobile Varkis gli batté bonariamente sulla schiena.
- Oh, dimentica la mia domanda sulle concubine. Tua cugina invece, pare abbia la confidenza della regina. È già fidanzata?
Lord Sadij divenne violaceo per lo sforzo di cercare di respirare.
Dal loro tavolo la coppia reale guardava di sottecchi i nobili delle due corti interagire.
- Mi sembra stia andando piuttosto bene.
Commentò Deja, osservando il tavolo femminile.
- Almeno non è ancora morto nessuno.
Replicò Zaron divertito dallo spettacolo offerto dal vecchio Varkis e dalla sua sfortunata vittima.
- Oh, dai! Non scherzare!
Deja gli appoggiò la spalla contro il braccio e gli rivolse un mezzo sorriso.
- Perché dovrebbe morire qualcuno?
Zaron si fece serio.
- È facile che nascano incomprensioni, dato che le nostre culture sono così diverse. La mia speranza è che sia la curiosità a predominare. I rakiani si offendono facilmente e sono veloci a richiedere un duello se pensano che il loro onore sia stato impugnato.
- Duello?
Replicò Deja sollevando un sopracciglio, pensando che lui stesse ancora scherzando.
- È barbarico. Davvero i tuoi nobili ostentano ancora simili atteggiamenti?
- Sono serio Deja. I nobili rakiani sfidano a un duello con i coltelli i loro pari. La legge prevede che siano duelli al primo sangue e non fino alla morte, ma a volte qualcuno ci rimette la vita.
Deja ne fu turbata.
- Spero che nessuno sfidi i miei nobili. Come il tuo esercito ha avuto modo di appurare, non siamo portati per l’uso delle armi.
- Non preoccuparti,
Le disse, poggiandole brevemente una mano sulla spalla.
- Se dovesse capitare vedrò di intervenire, rendendo palesemente manifesto il mio disappunto. Chissà che sia l’occasione buona di bandire una pratica così sciocca.
Lei annuì lentamente, riflettendo.
- Potresti mettere una multa molto salata e stabilire un risarcimento per la parte offesa, non serve che sia monetario, possono essere pubbliche scuse, o qualcosa di simile.
Lui le sorrise, deliziato dalla sua inventiva.
- Sai? È un’ottima idea.
 
I mesi che separarono Deja dal suo ritorno a casa sembrarono volare. Quando Zaron le aveva dato la lieta notizia, aveva pensato che il tempo si sarebbe trascinato pigro e invece la sua agenda piena di impegni le tenne la mente così occupata che i giorni passarono rapidi, quasi in sordina. Il fatto che cominciarono ad arrivare con un flusso costante i rapporti delle sedute di governo tenute da suo padre aiutò: Deja passava le mattine ad analizzare le trascrizioni, discutendone con i suoi consiglieri, e a valutare le decisioni paterne che approvò con poche eccezioni. I pomeriggi invece li trascorreva con Zaron, a seguire le sue sedute di governo. Il tardo pomeriggio lo spendeva nei suoi appartamenti, con un libro e preparandosi per la cena. Iniziava ogni giornata con una passeggiata nei giardini del Palazzo Reale, accompagnata dalle nobildonne issiane. Nel corso dei mesi alcune nobili rakiane si unirono a loro, prima la principessa Sali e poi, timidamente, altre. All’inizio le conversazioni vergevano sulle differenze tra Issa e Rakon, poi cominciarono a spostarsi su argomenti che interessavano entrambi i gruppi, man mano che le donne cominciavano a conoscersi e scoprivano di avere cose in comune. Capitarono incomprensioni che provocarono divisioni e la nascita di antipatie, ma Deja cercava di mediare, sforzandosi di non mostrare preferenze per le sue connazionali, così da mantenere un atteggiamento cordiale e disteso. I lord non furono così fortunati e un litigio in cui volarono insulti particolarmente spregevoli, nato dal fatto che uno dei lord anziani aveva scambiato la moglie adolescente di un nobile rakiano per sua figlia e la figlia adulta per sua moglie*, sfociò in una sfida a duello, che tuttavia non si tenne, per l’intervento di Zaron. Le due parti si scusarono pubblicamente a vicenda per il malinteso e per la reazione esagerata che entrambi avevano avuto e il lord issiano fece dono a quello rakiano di una pesante collana a maglie dorate.
Avvenne anche un fatto di sangue, di cui Deja non venne mai a sapere.
Zaron era preoccupato per la sicurezza della sua regina, sapendo con che fatica la nobiltà avesse accettato la sua presenza a corte, e quindi aveva incaricato il suo maestro delle spie di vigilare con particolare attenzione. Non tutti i nobili avevano accolto con curiosità e spirito d’avventura i cambiamenti alle tradizioni permessi da Zaron e implementati più o meno inconsapevolmente da Deja e un gruppetto di nobili aveva cominciato a esprimere ad alta voce il proprio disappunto per le scandalose usanze corruttrici della morale che gli issiani stavano introducendo a Halanda. Quei nobili avevano cominciato a riunirsi in casa del più facinoroso del gruppo, con la scusa di cenare tra amici, e si lamentavano di Zaron ma soprattutto di Deja. Quando gli furono riferite le oltraggiose insinuazioni e gli epiteti che venivano usati per descrivere la sua piccola regina, come aveva cominciato a soprannominarla con affetto crescente Zaron, il khan si ritrovò quasi a schiumare di rabbia. 
Intimò al nobile Gutor di essere il suo avversario in uno dei suoi allenamenti mattutini, invitando i suoi “amici” ad assistere. Il nobile Gutor sudava pieno d’ansia sotto la leggera armatura di cuoio e, mentre il suo sovrano usava l’allenamento come scusa per riempirlo di lividi e contusioni, rompendogli persino un dente con l’elsa della spada, lo implorava di avere pietà perché erano anni ormai che non impugnava un’arma e che comunque non sarebbe mai stato all’altezza del suo khan. 
- Nobile Gutor,
Disse con tono piacevole Zaron, prima di assestargli un calcio nello stomaco.
- Bisogna sempre essere pronti a difendere quello che ci appartiene, non trovi?
Con cattiveria lo colpì al ginocchio, godendo del rumore della cartilagine che si frantumava e dell’urlo agonizzante dell’uomo che cadeva sul ginocchio sano.
- Io sono sempre pronto a difendere ciò che è mio. E tu, nobile Gutor, sei morto.
Con queste parole calò la spada d’addestramento con tutta la forza che aveva sulla nuca indifesa del suo avversario, con la lama di taglio invece che di piatto. Con un rumore sordo la lama, pur non affilata, si piantò nella sua spina dorsale e con un gorgoglio bagnato il nobile Gutor crollò faccia a terra, morto.
- Che peccato: è morto sul serio. Che terribile incidente…
Commentò seraficamente il khan. Poi si voltò a guardare, uno a uno, i nobili presenti.
- Qualcun altro desidera incrociare le lame con me?
Gli uomini presenti avevano scosso convulsamente il capo e si erano chinati portandosi entrambe le mani sul cuore.
- No, mio khan.
Avevano detto in coro.
- Spero che la lezione sia stata educativa. Andate adesso.
Aveva concluso con disgusto Zaron.
Nessuno di quegli uomini aveva più osato parlare male della regina, ma Zaron aveva comunque dato ordine di non rilassare la sorveglianza, perché anche se non esprimevano più a voce il loro disaccordo con la politica di rinnovamento culturale che aveva iniziato, non voleva dire che avessero cambiato idea o che non avrebbero agito, se gliene fosse stata presentata l’occasione.
Zaron quella sera chiese espressamente di Tallia. Non lo faceva spesso ma era ancora così agitato e arrabbiato, pur avendo ucciso Gutor, che aveva bisogno di sfogarsi e Tallia amava litigare con lui. Non avevano neanche cenato: vedendo la sua espressione di furia a malapena repressa Tallia, sorridendo piena di anticipazione, lo aveva salutato con una parola volgare. Ne era seguita una gara di insulti in cui entrambi avevano urlato parole irripetibili e Zaron si era con sollievo lasciato andare, usando termini e frasi che aveva imparato una vita prima, tra i bastardi dell’accademia, e che non pensava avrebbe più utilizzato. Alla fine Tallia lo aveva addirittura schiaffeggiato e Zaron aveva rovesciato con un ringhio la tavola, ancora imbandita. Si era poi rivolto verso Tallia, con un ennesimo insulto sulle labbra, ma la donna gli era balzata tra le braccia, baciandolo e lui l’aveva portata in braccio in camera da letto. Non vi era stato nulla di tenero in quello che ne era seguito e alla fine, madido di sudore e più calmo, Zaron aveva accarezzato con dolcezza il corpo della sua concubina, vagamente allibito dai segni sulle braccia che cominciavano a comparire.
- Mi dispiace così tanto, Tallia. Non avevo intenzione… Ti ho fatto male?
Lei aveva riso sguaiatamente e lo aveva colpito sulla fronte con l’indice.
- No, stupido.
Poi aveva socchiuso gli occhi, minacciosa.
- Vedi di farti sparire quell’espressione dispiaciuta dalla faccia! Lo sai che non ho problemi a dirti quello che penso. Se tu mi avessi fatto male te l’avrei detto. Ti assicuro che avrei anche protestato, veementemente.
Era il loro accordo: Zaron si permetteva di avere la mano pesante con lei, ma in cambio Tallia gli aveva dovuto giurare che se qualcosa che lui le faceva non le andava bene, o voleva che lui si fermasse, glielo avrebbe detto immediatamente.
Zaron si coprì il viso con le mani.
- Cosa è successo, Zaron?
Gli chiese seriamente la concubina.
- Non dirlo alle altre, soprattutto Deja non lo deve sapere.
Aveva replicato lui e Tallia si era sollevata a sedere.
- Lo sai che quello che succede, e si dice, tra di noi rimane tra di noi.
Lui aveva sospirato.
- Ho scoperto dei … dissidenti, chiamiamoli così. Non ancora congiurati, non hanno avuto il tempo di divenire tali. Ho tagliato la testa del serpente prima che facesse danni, ma ha sputato veleno, Tallia. È solo l’inizio.
- Una congiura? Contro di te?
Aveva chiesto confusa la donna. Era già capitato ma Zaron non aveva mai reagito con tale collera.
- No, contro Deja. Le cose orribili che hanno detto di lei… Simili a quelle che ho detto contro di te poco fa.
Le prese la mano e gliela baciò con delicatezza.
- Scusami ancora. Lo sai che non le pensavo veramente.
Lei sbuffò divertita.
- Come io non penso davvero che tu sia il figlio bastardo di una prostituta ubriaca e di una capra puzzolente e molto confusa.
Replicò con dolcezza Tallia. Zaron rise e tutta la tensione lasciò le sue membra.
- Grazie Tallia, per essere te stessa.
- Lo sai che vivo per compiacerti, mio signore!
Lui aveva sorriso al suo tono falsamente dolce e affettato.
- Non esagerare, adesso.
Poi l’aveva attirata su di sé, baciandola con dolcezza e le aveva dato il piacere che prima le aveva negato, pensando solo a sé stesso.
 
Con l’avvicinarsi della data della partenza si stabilì anche chi avrebbe viaggiato fino a Issa con la coppia reale. Una manciata di nobili issiane vollero cogliere l’occasione per tornare brevemente a casa e riabbracciare le famiglie, dal canto suo Zaron ricevette dalla sorella una cortese richiesta di invitare suo marito. Oltre al nobile Brafit, Zaron chiese al suo consiglio chi desiderava accompagnarlo e quasi metà accettò, il primo a esprimere il desiderio di viaggiare fu l’anziano lord Varkis, che da pochi mesi era divenuto l’orgoglioso padre dell’ennesimo figlio maschio e che si era lamentato, quando non sprizzava orgoglio, e di come i polmoni possenti del suo nuovo rampollo non lo lasciassero dormire. Tra le sue concubine solo Perla lo avrebbe seguito, dato che progettava di stare via poco tempo, un paio di settimane al massimo. Zaron notò qualcosa di strano comparire sul viso di Deja quando le riferì la sua decisione, un velo di tristezza e un qualcosa che non seppe decifrare e che finì per attribuire alla pianificata brevità della visita.
Infine la tanto agognata mattina della partenza arrivò, a sette giorni dal suo tredicesimo compleanno Deja salì sulla passerella dell’aeronave al braccio di suo marito, ma il mezzo su cui salirono non era lo stesso dell’andata. Come le aveva annunciato Zaron, non tutte le aeronavi issiane erano state modificate e quella su cui si imbarcarono era ancora un sontuoso palazzo volante, con una cabina riservata a Deja che, pur non essendo ampia, era comunque lussuosa, con una stanzetta per la sua cameriera che non avrebbe dovuto dormire sul pavimento e un angolo per desinare in tutta tranquillità. Zaron e Perla avevano stanze simili ed erano gli unici a viaggiare con lei, nonostante ci fosse spazio. Questa volta il khan aveva preferito così, per cui quando si staccarono dal suolo del campo di addestramento lo fecero con altre tre aeronavi che si alzarono assieme alla loro e partirono alla volta di Issa.

 
 
 
* Scambia la moglie per la figlia e la figlia per la moglie: mi sembra di ricordare vagamente la pubblicità di una commedia in tv in cui il protagonista faceva una figuraccia salutando la figlia del suo ospite scambiandola per la moglie e poi presupponendo che la sua giovane moglie ne fosse la figlia. Alla fine si rivolge alla piccola nipotina e le dice una cosa tipo “e tu sarai la nonna, vero?”. Non ricordo che film fosse! Qualcuno lo conosce?
 
NOTE DELL’AUTRICE: Yeah! L’ultimo capitolo! Inizialmente avevo voluto includere in questo libro la visita a Issa, visto che poi progettavo un balzo avanti temporale, ma poi ho cambiato idea. Ho pensato al parallelo di finire il primo libro con i protagonisti che lasciano Issa e di finire il secondo con loro che vi fanno ritorno. La permanenza a Issa sarà descritta nei primi capitoli del terzo libro: “Il cuore di un drago” che è anche il titolo della triologia. Potete immaginarvi quanto lieto sarà il padre di Deja del fatto che Zaron dividerà gli appartamenti reali (dove prima stava lui), con la sua bambina… l’idea lo entusiasmerà quanto la prospettiva di una colonscopia… 
Forse vi starete chiedendo: perché tanti vedovi (che si risposano con ragazze giovani) e poche vedove? In mancanza di una sanità adeguata (vedi moderna), l’attività più a rischio per una donna è sicuramente il parto (e anche al giorno d’oggi capita che per ragioni assurde e inspiegabili una donna muoia in sala parto), quindi è più facile che un uomo rimanga vedovo e si risposi. Mi ricordo, in una visita guidata che feci in un castello francese, la guida che si soffermò davanti al ritratto del padrone di casa e di sua moglie e ci disse che il ritratto non era realistico perché lei era stata molto più giovane di lui, tipo molto più giovane, anche se nel ritratto li avevano fatti apparire coetanei. La guida aveva maliziosamente detto che lei probabilmente pensava di rimanere vedova presto e di godersi la fortuna del marito e che invece era morta giovane e che il suo anziano vedovo si era pure risposato!
Spero non odiate Zaron per come si è comportato in questo capitolo, prima uccidendo un uomo e poi per la sua esplosione di violenza con Tallia. Posso solo dirvi che questa sarà l’ultima volta. Succederà di nuovo che lui sia così arrabbiato, ma quando Tallia gli offrirà una facile valvola di sfogo lui le dirà di no.
Al prossimo libro!
  
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