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Autore: Thresh    31/10/2016    8 recensioni
STORIA INTERATTIVA | ISCRIZIONI CHIUSE
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LA STORIA PUÒ ESSERE SEGUITA ANCHE DA CHI NON PARTECIPA!
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-Cari cittadini di Panem, è la vostra Presidentessa che vi parla, Cecilia Snow. Insieme abbiamo superato grandi difficoltà e, sempre insieme, siamo riusciti a resistere alla ribellione dei distretti traditori e a ristabilire il potere supremo ci Capital in tutta Panem. E ora, sei anni dopo la morte di mio zio, sono lieta di annunciarvi una nuova edizione dei giochi, la 77esima. Nonostante i distretti 8 e 12 siano stati rasi al suolo, i partecipanti saranno sempre ventiquattro: venti dai distretti superstiti, due dal distretto 13 e due da Capitol City. Felici Hunger Games, e che possa la fortuna essere sempre a vostro favore! -
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Nipote di Snow, Sorpresa, Tributi di Fanfiction Interattive
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Tecna Pixard, distretto 3
Mi strofino gli occhi, sentendoli particolarmente stanchi e arrossati. Cos’altro potevo aspettarmi? È ovvio che stare ore e ore a lavorare sotto la debole luce di una lampadina non fa bene. Osservo minuziosamente il mio lavoro, un macchingegno alquanto complicato commissionatomi dal sindaco, un drone che servirebbe per controllare i confini del distretto, per proteggerlo meglio. Non ho ancora finito, però devo dire che lavoro sta uscendo davvero bene, credo che possa funzionare. Mi alzo a fatica, sgranchiandomi le gambe, per poi alzare le tapparelle facendo entrare un po’di luce nella mia piccola stanza. La mia casa si affaccia alla via principale del distretto e per questo posso vedere tutti i miei coetanei diretti verso la piazza. Sono tutti agitati e impauriti ma loro, adifferenza mia, almeno possono godere del sostegno dei loro amici. Mi volto di scatto, sentendomi inumidire gli occhi.
Non piangere, non piangere.
Me li asciugo con la manica del maglione, per poi sistemarmi i capelli cortissimi color fucsia, il mio colore preferito. Decido di mettermi una camicetta bianca elegante: sono pur sempre la studentessa migliore del 3, non posso presentami trasandata. Esco dalla camera, attraversando il lungo corridoio decorato con tutti i miei trofei vinti nelle gare matematiche, fino a raggiungere la cucina, dove i miei stanno facendo colazione.
-Ciao campionessa! – mi saluta con tono dolce la mamma. Le sorrido nervosamente, sedendomi accanto a lei.
-È normale che tu sia preoccupata, tesoro, è la tua prima volta. Lo eravamo anche noi, vero Jack? – continua rivolgendosi a papà. Lui chiude il giornale per poi togliersi gli occhiali da vista creati da me.
-Sappiamo tutti e tre che non andrai a Capitol, sei il gioiello del distretto, non possono rischiare di perderti. – afferma serio fissandomi negli occhi. Ce li abbiamo dello stesso colore, lo stesso verde scuro, non me ne ero mai accorta. Annuisco con la testa, anche se non ne sono così sicuro. Mi da fastidio il fatto che tutti siano convinti che io debba ricevere un trattamento speciale solo perchè sono ritenuta la più intelligente della scuola, anche se in questo caso sarebbe davvero comodo.
-Che poi anche se venissi estratta torneresti a casa, i favoriti sono tutti stupidi come capre. – continua papà riprendendo a leggere il giornale.
-Scusate ma oggi non ho fame... – affermo alzandomi, per poi dirigermi alla porta.
-Tec, ci vediamo in piazza. Qualunque cosa succeda, sappi che io e papà ti vogliamo bene. –
Esco senza rispondere, limitandomi a sorriderle dolcemente. Spero che non ci sia rimasta male, deluderla è l’ultima cosa che voglio.
Mi unisco alla lunga dei miei coetanei, diretti verso la morte. Sono tutti uniti in piccoli gruppetti a parlare e scherzare, cercando di rallegrarsi  avicenda, mentre io mi sento incredibilmente sola, abbandonata al mio destino. Accanto a me cammina un gruppo di ragazzi vestiti con abiti neri e truccati con lo stesso colore: se non sbaglio, dovrebbero essere degli emo. Ok, ce la posso fare, magari se mi conoscono potrei starli simpatica e potremmo diventare amici... Infondo non siamo così diversi, siamo entrambi tristi oggi. Mi avvicino a loro, cercando di assumere l’espressione più triste possibile.
-La vita fa schifo. – annuncio con tono depresso.
Loro si voltano squadrandomi con fare interrogativo. Credo che il colore vivace dei miei capelli non mi aiuti affatto.
-Già, fa schifo. – Risponde uno di loro in modo quasi apatico. Mi unisco al loro gruppo e, senza dirci neanche una parola, raggiungiamo la piazza. Dopo il prelievo del sangue, decido di separarmi da loro: sono talmente depprimenti che quasi qausi mi fanno paura. La mietitrice è già sul palco e sta ci sta mopstrando il video. È nuovo, totalmente diverso da quello di qualche anno fa: questo mostra la storia dei giochi con un focus particolare sugli ultimi. Mostra l’edizione di Katniss e Peeta, condannando le azioni dei dei due amanti, per poi passare direttamente alla vittoria della presidentessa Snow. Penso che sia una scelta alquanto intelligente aver saltato l’edizione della memoria, è chiaro che Capitol vuole cancellare il fallimento di quell’anno dall’immaginario collettivo.
I capelli della mietitrice, quest’anno, sno fucsia, proprio come i miei. Fantastico, condividiamo gli stessi gusti, forse potremmo diventare buone amiche...
-E ora passiamo all’estrazione! – esclama felice la donna, -Come sempre, prima le signore! – Infila la mano nella boccia, schiarendosi poi la voce.
-La fortunata di quest’anno è... Tecna Pixard! –
Eh? No, non può essere, tutto questo non è vero. Ci sono più di quattromila ragazze in questa piazza, ci dovrà pur essere qualcun’altro con questo nome... Si girano tutti verso di me, a quanto pare, nonostante non abbia amici, mi conoscono in molti nel distretto. Inizio a camminare, anche se questo sembra un movimento involontario, le mie gambe si stanno movendo da sole. In pochi secondi arrivo sul palco.
-Vieni cara! – continua la capitolina, -E ora passiamo al tributo maschile. Il fortunato di quest’anno è... Henry Tate! –
Tra la folla si fa avanti con non più di tredici anni dai capelli biondi e gli occhi blu. Non credo di averlo mai visto prima, probabilmente frequenta un’altra scuola. Tra la folla una donna inizia ad urlare disperata, cercando di raggiungere il figlio. La mia attenzione, però, è concentrata su altre due figure, i miei genitori. Entrambi sono composti e apparentemente tranquilli, anche se la mamma ha gli occhi evidentemente lucidi. Mi sorridono orgogliosi in modo alquanto forzato, probabilmente cercando di non farmi preoccupare.
Tranquilli che non vi deluderò.



Garnet Miller, distretto 1
Mi siedo al tavolo della cucina, avvicinando alla bocca il caffé. Non ho dormito stanotte e la mancanza di sonno gioca sempre brutti scherzi con me. Mi specchio nel tavolo nero lucidissimo su cui poggia la mia tazza, notando con delusione delle pesanti borse sotto i miei occhi azzurri. Sorrido nel vedere che, anche oggi, il ciuffo gode di vita propria e, a quanto pare, ha deciso di fare il ribelle. Tiro fuori dalla tasca una molletta coloratissima, per poi sistemare i capelli, anche se credo che non basti neanche lei. Perfetto, significa che mi devo mettere un cappello, cosa che non mi dispiace affatto.
Inizio a chiedermi se il caffé sia stata una scelta saggia: già ho non ho dormito per l'ansia per la mietitura, spero solo che il caffé non peggiori a situzione. È la mia prima mietitura, la prima dopo otto anni dall'edizione degli innamorati del distretto 12. Era stata indimenticabile, davvero. Ricordo ancora ora la gioia di mamma e di papá quando Katniss e Peeta vinsero i giochi e quando guidarono la ribellione. Peccato peró che sia stata solo una felicità effimera, durata per qualche mese.
Nonostante l'ansia, decido di fare la cosa che mi riesce meglio: musica. Mi dirigo verso il pianoforte che si trova dall'altra parte della stanza, per poi sedermi sul seggiolino lì accanto. Posiziono le mani sulla tastiera, vedendo le mie dita prendere vita, sguizzando da una parte all'altra sui tasti bianchi e neri. Mi concentro sulle note, che si alternano mantenendo un ritmo lento e costante, per poi aumentare rapidamente. Sto improvvisando, è vero, però nonostante ciò la musica che ne esce è molto piacevole. Di colpo non percepisco piú l'ambiente che ho intorno, il piacevole caldo del sole di maggio, il profumo di biscotti appena sfornati e il freddo del tavolo di prima. Per me ora esistiamo solo io e il pianoforte, il pianoforte e io. Sembra quasi che siamo una cosa sola, io, lui e la mamma. Stop, eh?
Torno bruscamente alla realtá, notando con dispiacere che la mamma è entrata da poco nella stanza e che, con il suo solito fare da prima donna, intona il brano che stavo suonando.
-Mamma, non sei sul palco. E casa nostra non é un teatro. - la fermo bruscamente. Lei smette di cantare, per poi assumere un'espressione infastidita, quasi offesa. È quasi affascinante il modo in cui  le assomiglio: stessi occhi azzurri, stesso viso ricoperto da lentiggini e, soprattutto, stessa passione per la musica. Nonostante tutte queste affinità, purtroppo non andiamo sempre daccordo. Mi chiedo sempre se sia colpa mia dei nostri battibecchi, anche se credo che sia più lei la causa, con il suo carattere un po’troppo orgoglioso. E se fossi stata troppo dura con lei? E se ci fosse rimasta male per una reazione del genere? Povera donna, cercava solo di sollevarmi il morale. Devo rimediare.
-É quindi confermato il concerto di stasera? - le chiedo con un tono decisamente piú dolce.
-Certo, cara. Le stelle non dormono mai! - Borbotta mordendo una fetta di torta al cioccolato. Penso che debba proprio smetterla di rinpinzarsi cosí, o rischia seriamente di diventare una palla. -Cara, - aggiunge, -vai a vestirti che tra meno di un'ora c'é l'estrazione. -
Ah, giusto, la mietitura. Mi alzo di scatto, dirigendomi in camera mia. Oltrepasso i vari trofei e coppe vinte nei concorsi musicali, per poi aprire l’armadio. Sono indecisa tra una camicetta bianca abbinata con una gonna particolarmente elegante e una maglietta in puro stile punk, anche se alla fine opto per la seconda opzione: si sà, il nero va bene per ogni occasione. In dieci minuti sono pronta. Saluto i miei con un bacio sulla guancia, cercando di qualche modo per tranquilizzarli. Nonostante viviamo in un distretto ricco, l’idea dei giochi non ci ha mai entusiasmato.
Esco fuori dall’abitazione, notando subito Dake tra la folla di ragazzi che si dirigono verso la piazza. È impossibile non notarlo: ha i capelli dorati, acconciati in una palla enorme sulla sua testa, che contrastano con delle lunghissime ciglia finte azzurre.
-Sobrio, come sempre. – lo stuzzico con un tono scherzoso. Lui si mette a ridere, anche se credo di averlo messo in imbarazzo.
-Cara, ti adoro! – urla ridendo. Ci scambiamo qualche battuta, per fare tutta la strada in silenzio. Arriviamo alla piazza senza dirci una parola, decisamnete troppo preoccupati per iniziare un dialogo. Abbiamo entrambi la possibilità di uscire, credo che lo capisca bene anche lui. Lo abbraccio calorosamente, per poi lasciarlo per poi dirigerci verso il gruppo di ragazze del mio distretto. Mi chiedo se ci sarà qualcuno ad offrirsi quest’anno: nessuno di noi si è mai allenato in un vero e proprio centro d’addestramento, inquanto è stato chiuso subito dopo la ribellione, vietato per legge dal nostro sindaco. Nonostante ciò ne sono nati alcuni illegali, gruppi di ragazzi che si uniscono qualche volta a settimana per allenarsi. Io stessa ho partecipato ad alcuni allenamenti di nascosto, inquanto i miei sono stati sempre contrari ai giochi. Spero solo che qualcuno si faccia avanti.
La mietitrice è ormai salita sul palco e la sua mano è inserita nella boccia con i nomi delle ragazze. Ne pesca una, per poi schiarirsi la voce.
Incrocio le dita, ho un brutto presentimento.
-Garnet Miller. –



Gary Sentinel, distretto 2
Entro nella Sala Grande del centro d’addestramento, coprendomi gli occhi a causa della forte luce proveniente dal lucernario. Nonostante frequenti il centro da più di quattro anni, non c’ero mai stato, inquanto è permesso entrarci solo agli allenatori. È un’enorme e sfarzosa sala ovale dominata dal bianco, illuminata da un lucernario che costituisce tutto il soffitto. Al centro della stanza vi è un tavolo rotondo di vetro, circondato da numerose poltroncine, mentre lungo le pareti in marmo sono appesi tutti i ritratti dei diciotto vincitori degli Hunger Games provenienti dal nostro distretto. Li riconosco tutti, da Brutus ad Achille Pelide, fino a Brittany Desk.
Ora che ci penso, però, questo posto non è molto diverso dalla mia camera da letto...
-Accomodati pure, Gary. – mi invita Enobaria, seduta al tavolo insieme a Doroty, la mia compagna di allenamento. Mi avvicino di corsa, per poi sedermi diffronte a loro. Spero solo di non essere arrivato in ritardo.
-Finalmente sei qui, ti stamo aspettando da più di un quart d’ora. Se continui così non durerai più di un giorno. – continua la donna, mentre io mi mordo il labbro per l’imbarazzo. -Come ben sapete le mietiure inizieranno tra meno di mezz’ora, volevo solo controllare se avete a mente il piano. –
-Io vengo estratta, mentre Gary si offre, blablabla. – la interrompe Doroty accennndo ad un sorriso, decisa come sempre. Incredibile, nonostante la conosca da anni, la sua sfacciatezza e il suo coraggio riescono sempre a stupirmi. Enobaria la fulmina con lo sguardo, per poi puntarle alla gola il coltello con cui stava giocherellando.
-Senti, cara. Se non fosse per me tu non riusciresti mai a partecipare ai giochi. Sappiamo tutti e tre che lì fuori, nella paizza, ci sono decine di ragazzi pronti a prendere il vostro posto e partire per l’arena. Voi siete qui grazie a me. –
-Non lo faresti mai, ammettilo. Noi siamo qui perchè siamo i migliori, abbiamo sicuramnete più possibilità di portare a casa la vittoria rispetto a quei  falliti dei nostri compagni di allenamento. No, Gary? – mi chiede  con tono calmo la ragazza se neanche guardarmi. Entrambe si voltano verso di me, impazienti di sentire la mia risposta. È decisamente una situazione scomoda, non voglio mettermi contro nessuna delle due. So bene quanto possano essere pericolose, meglio cambiare discorso.
-Io mi faccio avanti non appena la mietitrice chiede se ci sono volontari, Doroty aspetta di essere chiamata, - ribatto facendo un ampio sorriso. Enobaria si appoggia allo schienale della poltroncina, appoggiando il coltello sul tavolo, mentre la bionda sbuffa rumorosamente.
-Come faccio ad essere sicura di essere estratta? –
-Ci ho pensato io, in quella boccia ci sono più di quattrocento biglietti  con il tuo nome, cara. Se per caso ne uscisse uno diverso, sai già cosa fare. – Risponde Enobaria facendo un occhiolino.
Mi chiedo davvero quale delle due strategie sia più efficace. Io mi mostrerò come il tipico favorito, cosa che sogno da anni, mentre Doroty vuole puntare sull’effetto a sorpresa: vuole apparire impreparata e indifesa, per poi sbalordire tutti con lo svilupparsi dei giochi. So quanto è forte e so anche che la sua bravura potrà essere un bel problema nell’arena. La vedo pronta, proprio come lo sono io, abbiamo aspettato questo giorno da quando eravamo bambini. Siamo cresciuti insieme, la conosco come sennun’altro e riesco a fidarmi ciecamente di lei. Mi chiedo solo se ciò sia un bene.
-Perfetto, andate a prepararvi, manca davvero poco,– annuncia Enobaria alzandosi dalla sedia –ci vediamo sul treno. –
Rimaniamo soli nella sala, e ciò non mi dispiace. Doroty si alza dalla poltroncina avvicinandosi a me. Si sposta i capelli dorati, per poi sistemarsi il top color blu mare. Mi fissa per qualche secondo e mi porge la mano per aiutarmi ad alzarmi. Accetto il suo aiuto, per poi abbracciarla calorosamente.
-È arrivato il nostr turno, Gary, l’anno prossimo Enobaria non sarà più sola. – Mi sussurra all’orecchio. Non l’ho mai vista così raggiante, pare davvero un’altra persona. Sembra che momentaneamente abbia abbandonato i suoi soliti modi duri e prepotenti  e che si sia lasciata alla gentilezza. La sua positività dura ben poco, inquanto lascia l’abbraccio e, abbassando lo sguardo, afferma solenne che dobbiamo muoverci.
In pochi minuti raggiungiamo la piazza, fremita di ragazzi di ogni età che emozionati si chiedono se quell’anno saranno proprio loro a partecipare ai giochi della gloria. Poveri illusi, non sanno che la loro presenza qui è ormai inutile. Io e Doroty ci dividiamo e, mentre lei raggiunge i suoi genitori orgogliosi come non mai, io mi dirigo verso Jay. Il mio amico mi saluta entusiasta, per poi augurarmi buona fortuna.  Lo vedo orgoglioso e speranzoso, anche se so che il suo sogno non si avvererà quest’anno. Quasi mi dispiace, però securamente non potevo rifiutare la proposta di Enobaria. Ce l’aveva presentato come “il fine di tutto il tempo speso ad allenarmi, l’occasione per portare gloria al nostro distretto”, anche se infondo so che ci sta usando solo per riacquisire la sua fama trai capitolini. Ora è seduta sul palco mentre, con aria vaga, osserva non curante la mietitrice.
La donna  infila la mano nell’ampolla, per poi estrarne un bigliettino.
-Doroty Logan. –
Perfetto, sta tutto andando secondo i piani. Vedo la mia alleata salire fiera sul palco, sorridendo in modo enigmatico alle telecamere. Quando la capitolina chiede se ci sono volontari non risponde nessuno, tutti a conoscenza della brutta fine che farebbero se dovessere farsi avanti.
Doroty accena ad un sorriso, facendomi un cenno con la testa.
Ora tocca a me.



Matt Noble, distretto 7
Apro gli occhi.
Ok, dove sono?  Sono completamente nudo,  sdraiato in quella che sembra una vasca da bagno, anche se dubito di essere a casa mia, inquanto il cielo è nascosto dalle folte chiome degli alberi del mio distretto. Sento la testa particolarmente pesante, devo aver esagerato con l’alcol anche ieri sera. Mi sollevo a fatica, stupendomi del panorama che mi si presenta: persone addormentate in giro sotto gli alberi, bottiglie di alcolici vuote dovunque, una capra che mi lecca la guancia.
-Matt! Matt! –
Mi giro a fatica, vedendo Jeff corrermi incontro.
-Amico, è stata una festa da sballo! Wow, la migliore! – esclama entusiasta.
-Già... – Rispondo senza neanche fingermi tanto convinto. Perchè sinceramente, non ricordo niente. So che dopo cena mi sono avviato con la gang dal picchio, il quale, come al solito, ci ha venduto l’alcol per qualche pezzo di salvaggina. Dopo, se non sbaglio, abbiamo chiamato un po’di gente del distretto e ci siamo recati nella valle della quercia. Poi buio.
-Mi alzo a fatica, uscendo dalla vasca da bagno i cui, a quanto pare, ho dormito.
-Questa come ci è finita qua? – Li chiedo ridendo.
-Ammetto di non averne la più pallida. Però vestiti, ti assicuro che non sei un bello spettacolo. – Mi risponde lanciandomi un asciugamano. Mi copro decisamente imbarazzato, anche se so benissimo che probabilmente tutto il distretto mi ha già visto almeno una volta nudo, basta pensare a quante scommesse che prevedevano fare qualcosa senza vestiti ho vinto.
-La capra, invece? –
-Una tua idea, - risponde Bryan, -ce n’erano altre due, però non ho la più pallida idea di dove possano essere finite. Le abbiamo cavalcate e abbiamo fatto delle gare di velocità. –
-Un classico – sorrido ripensando a tutte le volte che l’ho fatto. Mi vesto in fretta con una camicia a quadri e dei pantaloni strappati al livello delle ginocchia, entrambi trovati sopra un albero.
-Svegliamo gli altri? – mi chiede Bryan indicandomi i gli altri membri della gang del bosco.
-Ma così non è divertente... – Prendo un pennarello nero trovato nella vasca da bagno e mi avvicino ai miei amici ancore addormentati. Apro la mia arma, per poi inginocchiarmi vicino al viso di uno. Ci disegno sopra delle forme ambigue, accompagnate da delle scritte altrettanto compromettenti. Ripetiamo l’operazione con tutti i presenti, sperando che nessuno di loro si svegli.
-Scappiamo prima che ci uccidano! -  sussurra Bryan prima di lanciare prima di iniziare a correre. Guardo soddisfatto la mia opera, per poi raggiungere il mio amico.
In pochi minuti raggiungiamo la recinzione del nostro distretto. La scxavalchiamo facilmente in un punto in cui la corrente elettrica non passa. Alterniamo la corsa ad un passo veloce finchè non raggiungiamo il centro del distretto.
-Uuh, l’infermiera sexy... – esclama Bryan dandomi una leggera gommitata e indicando una ragazza alquanto attraente. Credo che si chiami Claudy, so solo che ha un anno in meno rispetto a me e che i suoi sono entrambi medici. La vedo sempre mentre aiutai senzatetto e i malati curandoli vicino a casa mia. È probabilmente una delle ragazze più carine del distretto, anche se non mi dà l’idea di essere particolarmente sveglia-
-Hei, bambola! – la saluto facendole un’occhiolino e fissandole il seno. Lei si gira di scatto tirandomi un ceffone.
-Idiota. – sbuffa rumorosamente cambiando strada.
Mi massaggio la guancia con la mano, sentendola più calda e dolorante che mai. Di schieffi ne ho presi tanti, però il suo è più doloroso deglia altri. Si vede che è ormai abituata...
-È una tipa difficile. – mi fa notare Bryan, decisamente divertito dalla scena. –e tu non sai provarci! –
Decido di ignorare la sua battutina, anche perchè intravedo Bhetany tra la folla. È bellissima, come sempre daltronde. Mi sistemo i capellie assumo l’espressione più provocante che ho.
-Hei! – la saluto con un tono alquanto sexy, ricevendo però in cambio una sonora risata.
-Idiota. – esclama divertita, dandomi un bacio sulla guancia. Perfetto, è la seconda ragazza che me lo dice oggi. Forse Bryan ha ragione, magari dovrei affinare le mie tecniche di seduzione...
Io e Bryan ci avviamo verso la parte della piazza occupata dai ragazzi, continuando a parlare di tipe. La mietitura mi preoccupa sicuramente, però preferisco non pensarci, affidsandomi alla fortuna. Daltronde c’è solo un biglietto con il mio nome in quella boccia...
-Claudy Hope! – esclama la mietitrice. Vedo la ragazza salire sul palco con un espressione di puro terrore stampata sul volto. Quando qualcuno tral pubblico inizi a fischiare e gridarle dei complimenti, lei arrossisce, sembra alquanto imbarazzata e a disagio.
-Guarda alla tua destra. – mi ordina Bryan. Mi giro lentamente, notando con dispiacere che il nostro vicino ha dei strani segni sul volto.
-Cazzo. – borbotto tra me e me, mentre i ragazzo, avendoci riconosciuti si sta avvicinando a noi.
-Ciao Matt! – sussurra sorridendo.
-Hai dormito bene? Vedo che hai le occhiaie. – rispondo con tono malizioso, facendoli notare le borse sotto gli occhi disegnati da me.
-Ami dormito meglio, te l’assicuro... –
-Ho notato che il nero ti dona, cara. – sussurro facendoli un’occhiolino. Lui smette di sorridere, evidentemente offesso dalla mia battuta. Vedo i suoi occhi riempirsi di ira, mentre mi pesta violentemente il piede. Sento un dolore accuto diffondersi in tutta la gamba, mentre le lacrime mi bagnano gli occhi.
-AHHH! –il mio urlo rompe il silenzio della piazza e cattura l’attenzione di tutti.
Vedo la mietitrice sorridermi, mentre saltella entusianta.
-Oh, che bello! Abbiamo un volontario! – esclama euforica –Come ti chiami caro? –
Eh? Io? Due pacificatori mi prendono per le braccie, trascinandomi verso il palco.
-No, avete capito male! Io non voglio offrirmi, lasciatemi! – cerco di liberarmi dalla loro presa, anche se sembra inutile.
-Ma va, caro! – esulta la mietitrice, -una volta che ci si offre non si può più tornare indietro. Come ti chiami, tesoro? –
La fisso senza risponderle, se non sanno il mio nome non possono prendermi.
-Matt Noble! – urla il ragazzo che mi ha pestato il piede.
­-Perfetto! Vi presento Claudy Hope e Matt Noble, i tributi del distretto 7! –
Mi giro verso Claudy, la quale mi guarda con un espressione persa, quasi disperata, ripetendomi con il labiale: “idiota”.





Angolo dell'autore:)
Heii:)
Ed eccomi finalmente qua con la prima parte delle mietiture! Spero davvero di aver fatto un lavoro decente e di non aver deluso le vostre aspettative... In questo capitolo vediamo le mietiture dei distretti 1, 2, 3 e 7, con un focus particolare su Tecna, Garnt, Gary e Matt. Cosa ne pensate? Io trovo che siano dei tributi molto interessanti, ciascuno per dei motivi diversi!
Vi ringrazio tutti per la vostra puntualità e per le schede, tutte ben curate e interessanti.
Mi scuso per gli errori grammaticali (e non solo), so che ce ne saranno a palate!
Per ora è tutto! Ah, aggiornerò tra circa una settimana...
Alla prossima,
Thresh
   
 
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