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Autore: Amberle_Dubhe    03/11/2016    2 recensioni
“Puoi?” Le braccia di Shizuo stanno tremando per lo sforzo di trattenersi, e Izaya potrebbe non ricevere mai più l’onore di una tale umanità. “Puoi… Farcela. Dimmi che puoi farcela.”
Per tutta l’onesta violenza di Shizuo, Izaya è attirato da lui per ciò che riesce a vedere oltre a quella -Shizuo non è che, semplicemente e dolorosamente, un uomo. E’ questo ciò che lo rende il demone che è, e così Izaya si china in avanti, pericolosamente vicino, guarda Shizuo negli occhi. “Tu puoi?”
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Izaya Orihara, Shizuo Heiwajima | Coppie: Izaya/Shizuo
Note: Lime, Missing Moments, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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“Ci sono dei testi,” dice Izaya, “che sostengono che il concetto di anima umana o di vita eterna non esiste. I mortali non possono andare in paradiso.”

“Non ti fa arrabbiare?” Izaya lo guarda negli occhi quando un attimo prima lo aveva fatto a fatica, e distoglie lo sguardo. “Magari.”

La quantità di cose che Shizuo realizza all’improvviso lo scioccano per un secondo. La pioggia sembra farsi più fragorosa, la macchia umida dei capelli di Izaya sul cuscino più scura. Ovviamente è il genere di persona che vuole farsi la doccia subito dopo. Shizuo non sa perché abbia pensato diversamente. Dopo essersi lavato e con la pelle leggermente rinfrescata, non riesce a strofinarsi di dosso il devastante calore che lo scalda dall’interno dopo quello che hanno fatto.

Anche se in qualche modo lo ha sempre saputo, è sempre stato convinto che Izaya fosse l’unico essere umano che non sarebbe indietreggiato davanti alla sua rabbia o non si sarebbe spezzato sotto di essa; l’unico che ne gioisca ed eppure se ne allontana a passi di danza, cosa che può fare solo perché è a conoscenza di tutta la verità - che Shizuo lo inseguirà fino ai limiti della città per afferrarlo e fargli riconoscere il suo odio- così sicuro e conscio della passione di Shizuo, così capace di accoglierla senza bruciarsi da voler far ballare Shizuo sotto la punta delle sue dita prima di mettere alla prova quella capacità come ha appena fatto. Anche se in qualche modo lo ha sempre saputo, il suo corpo è ancora impietrito dalla realtà dei fatti. Non riesce a smettere di tremare, e gli viene stupidamente da piangere ogni volta che guarda Izaya.

Riesce a vederlo fra le ciglia, fili nel suo campo visivo come un velo fatto di ragnatele, e anche se ha pensato che solo Izaya sarebbe stato in grado di stare con lui, non ha mai creduto una sola volta che sarebbe effettivamente successo. Qui, stanotte, Izaya è di una bellezza che è ingannevole quanto fragile. Giace sul letto, tremando ogni volta che Shizuo passa il pollice sul suo sterno, come la copia di Dio: terribile, empireo, brucia gelido sotto il suo tocco.

“Non ho bisogno di andare in paradiso, per ora,” sente, quando ritorna a ciò che rimane di sè stesso. Accigliato, guarda Izaya, che sta fissando il soffitto. “Per ora,” ripete Izaya.

“Una volta mi hai detto che mi avresti mostrato come usare i tuoi coltelli.” Shizuo si appoggia su un gomito, guarda il percorso di una goccia d’acqua dalla fronte di Izaya fino alla tempia, dentro i suoi capelli.

“Ho detto che li avrei usati su di te e tu avresti guardato.”

“Allora usali.”

“Voglio aspettare,” dice Izaya, si gira su un fianco e gli sogghigna in faccia. “Non sono sufficientemente leale da perdermi l’occasione di ucciderti mentre dormi.”

“Piccolo ratto,” dice Shizuo, e la risata di Izaya viene soffocata dal braccio con cui Shizuo lo circonda per trascinarselo vicino. Non sa se ha il permesso di farlo, ridere con Izaya e stringerlo a sè, ma sa che Izaya non sarebbe in grado di farlo morire stanotte. E, beh, potrebbe prolungare quella temporanea assenza di istinti omicidi e baciarlo per un po’. E’ solo un essere umano, dopotutto, è solo un essere umano e la pelle di Izaya è liscia, le sue labbra sono morbide. Il suo cuore è il peggior tempio che Shizuo abbia mai venerato, ed è l’unico che non può spezzare.

La poesia è noiosa; preferirebbe camminare sotto la pioggia e urlare al cielo di aver accettato quanto sia fottuto. Izaya probabilmente non dormirà stanotte, ma Shizuo prende la sua minaccia come un invito che nessuno dei due vuole che sia e chiude gli occhi. Si dissuade dal prendere la mano di Izaya per baciargli il polso, si dissuade dal fare sette altre cose che vuole fare, incluso il rompergli la mascella qualora il suo sorriso diventasse troppo crudele. Ma poi, non può uccidere Izaya, non quando è così bello, ma nemmeno quando è brutto e crudele.

Ma se Izaya gli avesse mai permesso di percorrere in pace la strada che aveva stabilito, magari non sarebbero arrivati fin qui, tanto per cominciare. Quel crudele bastardo gli morsica il braccio, piano ma provocatorio, e Shizuo ringhia e si infiamma. Gli occhi di Izaya lo trafiggono nella luce della luna, il suo corpo flessuoso e pericoloso fra le braccia di Shizuo; la pelle del suo collo, quando Shizuo la assaggia di nuovo, è tanto amara quanto è dolce il gemito che gli sfugge. Viscerale e forte, il desiderio che esplode nel successivo incontro delle loro labbra lo spaventa. Izaya bacia come se avesse fatto pratica con gli uragani; violento ed egoista, inspira con tanta forza che Shizuo rimane senza fiato. Gli sanguinano le labbra ma non gli interessa, i polsi sono pieni di lividi ma non gli interessa, e Shizuo non ha mai incontrato nessuno che abbia così tanto disprezzo per sè stesso. Si sente come si potrebbe sentire se l’alcool avesse mai avuto effetto sul suo corpo mostruoso; la testa gli gira per il senso di libertà anche se non è reale; sorride per il controllo che esercita quando circonda la vita di Izaya con le mani perché è una scelta e non un timore. Dio, le cose che Izaya gli lascerebbe fare, le cose che lascerebbe fare ad Izaya; il modo in cui adesso morsica la clavicola di Izaya è nulla in confronto.

“Usali,” dice affannato contro il collo di Izaya. Lo bacia, ancora e ancora e ancora, tortura la pelle fra i denti fino a fargli male, la mano sulla mascella di Izaya, il pollice solleticato dallo sfarfallio sopraffatto delle ciglia di Izaya. “I coltelli.”

“Non ancora,” dice Izaya, ma Shizuo vuole così tante cose. E’ di nuovo arrabbiato, e innamorato, e dice Dio santo e Izaya dice infatti e Shizuo si infrange su di lui come un uragano che vorrebbe che Izaya non avesse ancora incontrato. Non sa più chi sia, riesce a definirsi solo in frasi spezzate e confronti con Izaya, e se solo potesse lasciarsi indietro questa rabbia e amare più debolmente, magari vivrebbe meglio. Ma è Izaya, ed è Shizuo, e non possono imparare a non odiarsi. Così trema, e odia le labbra di Izaya, e odia la fronte di Izaya, e odia tutto di Izaya, e odia e odia ancora un po’.

——

Izaya è sempre stato l’essere umano più contorto che Shizuo abbia mai incontrato, ma deve ammettere, immischiarsi con Akane è qualcosa che non si sarebbe mai aspettato nemmeno da un ratto come lui. Un uomo capace di tradire il proprio amante per esperimento può essere ben capace di ferire una bambina, ma forse Shizuo è solo uno stupido a voler credere di poter farlo capire a Izaya anche adesso, quando allora non ne era stato in grado.

Quando si incontrano, è passato un po’ di tempo dall’ultima volta. Anche durante quelle settimane in cui a volte litigavano ogni giorno, non aveva mai smesso di dare a Shizuo quella lieve sensazione di un pugno allo stomaco sotto la furia istantanea di vedere Izaya tutto d’un pezzo e intoccato e così bravo a fingere.

Si era levato di torno gli uomini di Shiki abbastanza facilmente, sapendo quanto avrebbe fatto arrabbiare Izaya, e lui vuole questo- vuole l’odio a malapena celato negli occhi scuri di Izaya. Vuole che uno di loro continui a provarlo perché adesso è stanco, è stanco di portarlo. Izaya è dieci volte più forte di Shizuo; potrebbe ingoiare un dolore del genere per colazione. Shizuo non ne è in grado. Riesce a malapena a mandare giù quei vini rossi amari di Izaya, porca puttana, non è fatto per questo. Non nello stesso modo di Izaya, per lo meno.

“Tu,” dice.

“Non ora, Shizu-chan” dice Izaya, quasi distratto. Sta guardando proprio Shizuo, però, dritto negli occhi come sempre. “Sono un po’ occupato.”

I pochi spettatori intorno sembrano nervosi, ma uno sguardo di Shizuo li fa fuggire via. Il parco è quasi vuoto, ma Izaya lo segue comunque nell’angolo appartato in cui Shizuo li conduce. Quella sicurezza lo fa incazzare; ha così tanta nostalgia che vorrebbe poter baciare Izaya e basta, perdonarlo, essere perdonato.

“Cerchi un po’ di sesso violento, Shizu-chan?” Ovviamente anche Izaya riesce a leggerlo oltre alle battute; e Shizuo ha quasi voglia di rispondere sì per vedere cosa succede. “Sono impressionato che tu sia riuscito a tirarti fuori dai guai oggi, comunque. Ma d’altronde, sei sempre stato astuto rispetto i tipi come te.”

A volte Shizuo vorrebbe dire Ho cucinato nella tua cucina, vorrebbe dire le tue mani erano fra i miei capelli, li hai accarezzati, strattonati, lisciati. Ma non cambierebbe una sola dannata cosa, e la frustrazione che comporta non si spegne mai. Questa umiliazione gli mette addosso voglia di uccidere.

Così, invece, lancia un’occhiataccia ad Izaya. “Ehi, non sei diventato… le tue stronzate non sono più sinistre, adesso?”

Il sorriso di Izaya si fa più freddo. “Ti stai montando la testa, Shizu-chan.” E Shizuo non ha mai sentito izaya dirgli la verità quando dice Shizu-chan. E questo lo rende dannatamente triste, perché tanto per cominciare non ha mai visto Izaya dire la verità poi così tante volte. Gli rende le ginocchia deboli. Gli fa venire voglia, anche dopo tutti questi anni, di appoggiarsi ad un muro e chiudere gli occhi e nascondersi il viso fra le mani.

“Qual è il tuo obiettivo?” Chiede. “Te l’ho detto, Izaya, devi stare lontano da qui.”

“Lo hai ripetuto per anni,” replica Izaya. “Il mio obiettivo è così fuori portata che non posso nemmeno vederlo ancora. La storia è appena iniziata.”

“Allora vattene e portala via con te.”

E Izaya cambia di nuovo, il sorriso che svanisce lentamente, e Shizuo si ricorda chi gli ha insegnato ad avere paura. Il fuoco in quegli occhi è tanto spaventoso quando si odiano quanto lo era quando bruciavano l’uno per l’altro.

“Non posso lasciarti da solo,” dice Izaya, sussurra, quasi, e quel suono intorno a quelle sillabe gli fa rizzare i capelli sulla nuca. La sua mano si allunga verso il polso di Izaya non appena Izaya infila la mano in tasca, e Shizuo indietreggia, soffoca un’imprecazione.

Izaya tesse con i fili elettrici scoperti, il rame che crepita intorno alle lame che lui chiama aghi. Da qualche parte in quel groviglio giace Shizuo, intrappolato nelle sue stesse spine.

——

Una volta, molto tempo dopo aver rovinato tutto, Namie gli domanda perché fa quello che fa. Non è che lei non glielo rinfacci con cattiveria ogni singolo giorno, ma è una di quelle mattine in cui non si sente abbastanza forte come al solito. La domanda lo ferisce più di quanto nessuno dei due intendeva, ma non lo lascia trasparire perché mostrare le proprie emozioni davanti a Namie è inutile.

“Mi piace dar fastidio a Shizu-chan,” dice. “Dargli fastidio mi rende felice.”

Namie sbuffa una risata, continua a digitare qualunque cosa sia quello che digita tutto il giorno. Izaya non ha mai finto di averla assunta per qualcosa di diverso dalla sua compagnia, e lei non cerca di nascondere i suoi oscuri impegni e le migliaia di foto di quel suo fratello sparse sulla scrivania del suo computer. E’ un accordo fra loro, di occupare lo stesso freddo appartamento con i loro diversi freddi demoni e di tirarli fuori solo in occasioni speciali, come questa. Sa che quel perché continui a comportarti così dal tono assente viene dalle occhiate dirette al suo occhio nero che lancia di tanto in tanto, il quale non è nemmeno un regalo di Shizu-chan ma di Simon. Essere lanciato contro un monumento a forma della parola LOVE dev’essere una coincidenza pianificata, ma ciò che Izaya ricorda, soprattutto, è di aver riso per ingoiare le stupide lacrime quando Simon gli ha detto la verità in così poche parole, come fa sempre.

Hai un complesso nei confronti di Shizuo, non è vero?

Se solo “complesso” potesse rappresentare tutto quanto.

A volte, in lampi di chiarezza, Izaya realizza di essere veramente incapace di vedere oltre Shizuo. Che il resto delle persone si mescola in una massa grigia con cui si può divertire finché non giunge il tempo in cui può stare nuovamente con Shizuo. Proprio come una lavoratore va in ufficio e pensa al suo giovane innamorato a casa, Izaya percorre la città a lunghi passi e fantastica tra i suoi impegni (anche adesso, molto tempo dopo aver rovinato tutto) e aspetta e aspetta finché non intercetta la figura di Shizuo, finché non ha la possibilità di tirare di nuovo fuori quella vecchia rabbia, quella che era per lui e nessun altro, vermiglia e calda e sua.

E’ solo. E’ solo, è sempre stato solo, e l’unica volta in cui ha veramente sentito la presenza di un altro essere vivente accanto a sè è stata una di quelle notti in cui Shizuo aveva giocato con le sue dita e riso della loro fragilità.

“Ti manca,” dice Namie, e questa volta lo sta guardando. “Parola mia, è disgustoso. Ce l’hai scritto in faccia. Non puoi vivere senza di lui.”

“Au contraire,” replica, ma si siede sulle scale, improvvisamente troppo stanco per recuperare il libro che stava cercando. “Sono assolutamente senza di lui, e sono assolutamente vivo. Guarda, non sono mai stato così vivo!”

“Sai, non esiste una sola persona al mondo che pensi davvero che tu stia dicendo la verità quando menti,” dice, girando la sedia per parlargli faccia a faccia. “Si bevono quello che dici perché ne hanno bisogno, ma non penso che esista qualcuno che ti creda davvero.”

“Mi guadagno da vivere perché le persona scelgono di credere alle mie bugie.” Izaya si china indietro, appoggia un gomito su un gradino più alto, sorride a Namie. “L’hai detto tu stessa, nessuno mi crede quando mento. E’ triste che nessuno mi creda quando dico la verità, però.”

“Mi riesce difficile credere che tu ci abbia messo tutti questi anni per capire il concetto di gridare ‘Al lupo!’,” sospira. “Dimmi, tu ami?”

Shizuo? “Cosa intendi dire?”

“Tu ami? Non tutti, non il mondo o Dio o che so io. Tu ami?”

“Io vivo perché amo, Namie-san.” Tutti, il mondo o Dio o che so io.

“Lui.”

“Prego?”

“Tu vivi perché ami lui. Tu ami perché ami lui. E’ così che sai cosa sia l’amore.” Ha, per un attimo, uno sguardo negli occhi che gli ricorda che lei pensa a Seiji ogni volta che pronuncia la parola amore, ma la sua comprensione del concetto, per quanto contorta possa essere, è sincera- e la sua accuratezza è terrificante.

“Devo amare ogni cosa,” dice. “Ho tantissimo amore. Più che a sufficienza. Più del dovuto.”

“Tutto quell’amore e nessuno su cui sprecarlo,” sogghigna Namie. “Che genere di pudore è questo?”

“Chi, dopotutto, ha il tempo di prendere la mano di un amante infuriato, Namie-san?”

E la coglie di sorpresa, guarda il suo sorriso sardonico scivolare via, lo sguardo che cambia in qualcosa che Izaya rifiuta di interpretare come gentilezza. Gentilezza è sinonimo di pietà, e non gli serve da lei, fra tutte le persone. Non quando spesso è lei quella a dare inizio ai loro errori notturni, cosa che sta facendo ora- spingendo indietro la sedia, camminando verso di lui, chinandosi su di lui con una mano sulla ringhiera.

Oggi, dopo tutto quello che si sono detti, non riesce nemmeno ad eccitarsi. Ed è anche peggio, perché sembra che lei lo sappia; tutto quello che fa è stare in piedi vicino a lui, guardarlo, cercando di formare una specie di banalità nella sua fredda, mente calcolatrice. E lui non ne ha bisogno. Non ne ha mai avuto.

——

Più tardi, dirà che c’era da aspettarselo, che da sempre era destinato a succedere, o che aveva fatto in modo che potesse succedere, ma nel momento in cui lo fa, si convince che questo sia l’unico evento che li abbia divisi.

Non è che Shizuo non abbia sempre saputo che Izaya avrebbe fatto una cosa del genere, è sempre stato estremamente palese; la base delle loro interazioni, la radice dei loro problemi, tutto giaceva nell’ossessione di Izaya per inganni e tradimenti. Non era la rabbia che stava cercando questa volta- piuttosto, aveva cercato qualcosa di diverso- sorpresa. La sorpresa è quello a cui ha mirato, e invece, qui, mentre sogghigna alla sagoma furibonda di Shizuo gettata contro la rete, che gli sputa addosso maledizioni, non vede e non prova nulla se non un’orrida, vuota delusione.

Sa che questa in particolare avrebbe ferito Shizuo, ha visto i suoi vestiti cambiare da maglietta e pantaloni alla stessa uniforme ogni giorno, ha visto il suo onnipresente sorriso quando parla di e con Kasuka. Izaya non è mai stato uno stupido; le sue osservazioni sono ciò che lo hanno spinto verso questo lavoro particolare, colpire dove fa male e vedere cosa succede ora che non si tratta solo di Izaya che lo sta colpendo da nemico.

Simon gli ha sempre detto che un giorno sarebbe stata esattamente quella perversa curiosità a condurlo alla sua fine, ma non ha mai preso l’uomo sul serio fino a quel momento. Odia quando Simon ha ragione, e dio, Simon ha sempre ragione. Ma non avrebbe mai potuto spiegarglielo, nemmeno quando aveva riso su quanto pericoloso diventasse il sesso con Shizuo, o nemmeno quando si era silenziosamente infuriato per un casuale commento di Shizuo che gli ricordava quanto strano fosse tutto questo, attraverso tutto quel raccontare, non avrebbe mai potuto spiegare a Simon il perché esattamente voleva fare quello che ha appena fatto -che non voleva far arrabbiare Shizuo, ma sorprenderlo, voleva che smettesse di aspettarsi che Izaya facesse quelle cose, voleva ferirlo in quanto suo amante e non farlo arrabbiare da nemesi.

Metterla in questi termini così semplici e concisi mentre si siede nel retro di una fredda macchina della  polizia, lo fa sembrare incredibilmente ovvio e semplice quanto uno dei suoi giocattoli umani. Vuole ridere di sè più che di Shizuo o della situazione, e ha sempre eccelso in quello ma non ha mai odiato l’occasione quanto oggi. Fuori, una moto passa facendo un rumore insopportabile, il rombo che sovrasta persino le gutturali promesse di Shizuo di ucciderlo.

Ci vogliono cinque uomini per trascinare Shizuo nella macchina vicina, e i suoi edenici sibili e ringhi non danno alcuna soddisfazione ad Izaya.

——

La prima volta che le loro strade si incrociano dopo che Shizuo  è uscito di prigione, Izaya riesce a malapena a guardarlo negli occhi. Si convince comunque a farlo, perché altrimenti tutti i suoi sforzi sarebbero stati vani.

Non ha mai visto un’espressione così misera su un uomo; occhi spenti, capelli sciupati, spalle ricurve. Ad essere sufficientemente sinceri, non ha mai voluto fare questo a Shizuo. Consumarlo, sì. Farlo eruttare ed esplodere e infuriare fino alla morte, sì, per godersi lo spettacolo. Non ha mai voluto vedere questo:

Shizuo non grida, non impreca, ancora non muove un dito. Al contrario lancia ad Izaya un’occhiataccia carica di una generica, offensiva rabbia, e questo riporta il vecchio, confortante sorriso di Izaya sulla sua faccia.

“E’ bello vederti”, dice, e Shizuo sferra il primo pugno. Izaya non lo schiva così può verificare l’assenza di forza, per un attimo chiude gli occhi contro la pelle calda di Shizuo, che lo tocca anche se l’intento è un altro. “Ti trovo bene, Shizu-chan.”

“Sparisci dalla mia vista,” sospira Shizuo. “Vattene da questo posto e basta, Izaya.” Mi hai ferito.

“Appartengo a questa città tanto quanto te,” dice, la mano che raggiunge la tasca, chiudendosi sul suo amato coltello. “Non dirmi che sei arrabbiato per quel piccolo appuntamento a sorpresa con gli sbirri.”

“Vattene.” Come hai potuto.

“Non penso che tu abbia-”

“Vattene.” Come hai potuto.

“Spero che Kasuka-”

“Ti stacco il collo a morsi di fronte a questo tizio,” ringhia Shizuo, allora, la voce così bassa che Izaya sente ogni pelo delle braccia rizzarsi. “Ti giuro che lo faccio, Izaya, se non la smetti con quel sorrisetto del cazzo.” Come hai potuto. E’ quello che vuole sentire, ma non dal suo stesso cervello, questo non era parte del piano, non è mai stato parte del piano. Mi hai ferito. Come hai potuto. Come hai potuto. Come hai potuto.

“Stai cercando di spaventarmi? Non riesci a farmi paura, Shizu-chan.”

“Stavi cercando di mettermi alla prova?” Improvvisamente, così improvvisamente, Shizuo sembra stanchissimo. Non lo ha mai sentito così, e ne ha paura. “Non mettiamo alla prova coloro che amiamo.”

Amore.

Izaya guarda Shizuo. Ripensandoci, saprà che fino a quel momento non aveva ancora sentito il suo cuore spezzarsi per davvero. Per ora, è troppo sbalordito per capire ciò che sta succedendo dentro e fuori di sè, le macchine che rallentano e le persone che accelerano, gli edifici che crollano, la città che si oscura così facilmente, il mondo in frantumi; frammenti di firmamento, schegge di ruggine, e un ronzio nelle sue orecchie che combacia con ciascun respiro di Shizuo che riesce ad ascoltare attraverso l’improvviso cosmo in mezzo a loro.

C’è stato un errore, vorrebbe dire. Aspetta.

Ma non vi è stato, e Shizuo lo capisce nello stesso momento- quell’apatia nei suoi occhi cambia, e impallidisce probabilmente quando capisce che Izaya- che Izaya non lo ha mai saputo. E’ ridicolo, perché Shizuo sembra uno sconvolto dal dover essere il primo a dare cattive notizie ad un amico, ed è così palesemente ridicolo, così ovvio, così ridicolo- Izaya lascia cadere il coltello. Mi dispiace così tanto. Pensavo che lo sapessi. Lo sguardo di Shizuo sfreccia dal terreno al petto di Izaya, ai suoi occhi, e poi di nuovo in basso.

“Dovresti lasciare la città,” dice, e non guarda Izaya. Guarda il coltello e dice, “Non tornare ad Ikebukuro.”

E Izaya torna la mattina seguente, sedendosi di fronte a Shizuo al sushi bar, e Shizuo dice sembra che tu sia rimasto in piedi tutta la notte a piangere per me, e Izaya dice sembri quello per cui sono in piedi tutta la notte a piangere. E’ l’ultima volta che Shizuo lo lascia rimanere ad Ikebukuro in pace, e l’ultima volta che a Izaya sembra di venirci in pace.

——

Shizuo non è mai stato un uomo coraggioso. Forte, sì, più forte praticamente di chiunque intorno a lui, se si parla della forza dei suoi pugni e del modo in cui non riesce a controllare la propria andatura pesante. Non è mai stato un uomo coraggioso perché non ha avuto occasione di provare la sua audacia o di testarla. Prima, quando poche cose lo spaventavano, non aveva mai pensato che si trattasse di audacia o coraggio. Aveva semplicemente creduto che fosse un modo di essere, sapere solo come andare avanti e distruggere cose per spianarsi la strada. In seguito, quando aveva sperimentato come fosse avere qualcosa di rotto diverso dal suo corpo, quando Izaya ci aveva conficcato le unghie e aveva creato cardini nelle sue costole dove non ci sarebbero dovuti essere, aveva realizzato che di fronte alle cose che gli davano la caccia adesso, non aveva alcuna possibilità.

Shizuo non aveva mai avuto paura di niente perché credeva di sapere come combattere. Aveva scoperto di essere terrorizzato da ciò a cui non avrebbe potuto provocare danni con le proprie mani: il calore del sushi bar di Simon, l’andatura infantile di Akane, il sorriso gentile di Tom; gli provocano più afflizione che felicità. Il suono della voce di Kasuka, limpida ed onesta. Il sapore del latte alle cinque del pomeriggio. Il ricordo del tocco di Izaya, che lo punge qua e là sul corpo come aghi in un modo che gli fa distorcere il viso in una smorfia- ci sono parti della sua vita che gli fanno molto più male di prima. L’assenza di Izaya, di tutte queste cose, è una bolla di nausea situata tra il petto e la gola, sono labbra arricciate verso il basso, una pulsazione nelle orecchie che gli fa salire le lacrime agli occhi.

Ingoiando queste cose come Izaya probabilmente fa ogni mattina, Shizuo fissa il pavimento piuttosto che il viso della donna di fronte a lui. E’ bellissima; Izaya deve amarla sicuramente. Quando finalmente alza lo sguardo, lei indossa un sorrisetto che lo conferma. Non crede di aver bisogno di dire qualcosa, e ha ragione; lei si limita a fare un passo di lato e lo lascia entrare.

Non ha mai avuto occasione di osservare per bene il nuovo (beh, relativamente) appartamento di Izaya, essendo comparso là solo in occasioni di furia cieca o desiderio. E’ raffinato quanto quello precedente, ma completamente privo della presenza di Shizuo, stavolta, quasi con un aspetto clinico, invece.

La donna lo conduce in cima alle scale, fino ad una porta accanto ad una libreria. “Si è addormentato un’ora fa,” dice, la voce abbastanza bassa per non svegliare Izaya ma abbastanza alta per mostrare che avrebbe preferito farlo.”Adesso io vado.”

Non è mai stato un uomo coraggioso, ma d’altro canto, Izaya sta dormendo e sono passati quindici giorni dall’ultima volta che Shizuo gli ha parlato e quattordici da quando è stato accoltellato, e il bisogno di stare con lui è peggiore di qualunque timore potrebbe avere. Il Paradiso non riuscirebbe a tenermi lontano da te. L’Inferno non ci deve nemmeno provare.

Annuisce, le mani già serrate in pugno, e lei si acciglia. “Senti, non che qualcuno lo creda veramente possibile, ma nel caso- cerca di non ucciderlo.”

Annuisce di nuovo, e la guarda andare via, e si gira verso l’entrata. Non può uccidere Izaya mentre dorme, in pace, non può ucciderlo nemmeno quando è sveglio. Non potrebbe mai; non ne sarà mai in grado-

Ma nel caso, pensa mentre cammina all’interno, sta controllando le sue opportunità. Tutto qui, vuole vedere di persona la ferita di Izaya, solo per vedere- solo per vedere. Lui odia Izaya, dopotutto, lo scarafaggio, il vampiro, il pallido fantasma argentato dei suoi sogni più tremendi, ed è quell’odio che lo trascina in avanti, lo porta vicino al grande letto su cui Izaya sembra così giovane, stanco, piccolo.

Izaya apre gli occhi lentamente, senza fretta, come se già sapesse chi sia. Nella dolce luce della sua camera da letto, il rosso è lavato via dal castano e sembra meno detestabile di quanto Shizuo lo abbia mai visto prima.

——

La parte peggiore del giorno del giudizio è che Izaya si era dimenticato che sarebbe arrivato per lui come arriva anche per gli altri. Questo è niente, lo sa, mentre si accascia a terra e storce le labbra alla sensazione del sangue che lascia il suo corpo. Questo è ancora niente, i grandi scontri sono ancora lontani, e la testa di Celty è ancora pacificamente addormentata nella sua gabbia di vetro. La possibilità della sua morte non è un problema fondamentale del grande schema delle cose; anche nell’immediato, il fidanzatino delle sue sorelle è più che in grado prendere il suo posto. No, non davvero il giorno del giudizio, ma se è questo l’ultimo giorno della sua vita allora lo è per lui.

Sto per morire, pensa. Sto per morire e non ho baciato Shizuo per anni.

Fa male. Il coltello ha eseguito bene il suo lavoro, conficcandosi esattamente a metà di potrebbe aver bisogno di un intervento chirurgico se sopravvive e di oh, oh, questo fa male. Il cemento è ruvido contro la sua faccia, e avrebbe voluto che l’uomo -Yodogiri, riflette- lo ha sottovalutato- fosse stato più accorto nella scelta del luogo. Magari un bell’ufficio pulito, l’atrio di un qualche edificio, il pianerottolo di Shizuo.

Probabilmente non è la morte che richiama i ricordi nella sua mente, ma piuttosto l’incombenza della morte. In questo momento non è in grado di valutare se sta davvero per morire, malgrado la litania che risuona nella sua testa, ma nonostante ciò l’idea gli riporta frammenti di immagini di momenti dalle multiple vite che ha vissuto in mezzo a questa. L’unica che risalta, la principale da cui si diramano tutte le altre, consiste nelle notti dopo notti e giorni dopo giorni che ha trascorso con Shizuo. Lottando o no, odiando o no, che sia il fantasma del tocco della sua sua presenza un tempo fisica o l’irritante cospicuità della sua assenza, il ricordo della sua risata, l’eco della sua voce liscia come mercurio- attraverso la sua iniziale delusione verso sè stesso e le proprie decisioni, e oltre, tutto quello a cui Izaya riesce a pensare è quella vita, quell’Heiwajima Shizuo. Umano, umano, umano, Umano, Shizuo, odio.

Se non altro, l’odio potrebbe tenerlo in vita. Anche in questo preciso momento, mentre lotta per tenere gli occhi aperti in queste frazioni di secondi che sembrano durare anni, proprio come è sembrato ogni momento dopo che Shizuo aveva lasciato un biglietto sul tavolo del loro sushi bar e se n’era andato senza una parola… anche in questo preciso momento, La sensazione più forte che prova per un’ultima volta non è altro che quell’oscura rabbia. Pur diluita dalla stanchezza fino a trasformarsi in irritazione, è molto più potente di qualsiasi altra sensazione fisica o emotiva che abbia provato e mai proverà. C’è qualcosa riguardo ad Heiwajima Shizuo, dopotutto, che non si estingue fino all’ultimo attimo cosciente di Izaya, vincendo senza fatica sulla debilitante paura di morire che ha sempre avuto. Come se Shizuo fosse l’antitesi non della bellezza, ma della morte, e del freddo, e di altre cose oscure. Non ha paura. Non ha più paura di morire di una morte più piccola di quelle a cui Shizuo lo conduceva con i suoi dolci respiri a notte fonda. Potrebbe morire senza vedere Shizuo e non ha paura.

Ma è il più orrendo dei cliché che proprio un attimo prima che la sua mente cada nel buio, abbia la visione chiara, mozzafiato del sorriso di Shizuo.

——

“O cielo,” dice, “Shizu-chan ha intenzione di prendere a calci un uomo indifeso?”

E poi Shizuo si accascia sul letto, non per il melodramma ma per la stanchezza. La sete viola delle lenzuola di Izaya è liscia sotto il suo palmo, e da questa distanza, vede ombre di uguale colore sotto gli occhi di Izaya. Nessuno di loro è destinato a vivere per invecchiare e quindi deve sapere perché, deve sapere perché e basta, per una volta. Quando lo scoprirà, se Izaya vuole, se ne andrà, lo farà- ma deve solo sapere perché ha di nuovo un groppo alla gola e perché i suoi occhi bruciano; sicuramente questa intimità sediziosa merita un ragionamento.

Izaya sorride. “Sembra che tu...”

“L’ho fatto,” dice Shizuo, proprio così, e si sta chinando in avanti, la fronte premuta contro quella di Izaya mentre cerca di controllare i respiri e le lacrime. “Usali, forza, tagliami la mano. Una linea sola.” Lascia che sia la mia fortuna. Lascia che sia la mia vita. “Cazzo, Dio solo sa se non ho bisogno di spaccarti il culo ogni domenica.”

E finalmente, Izaya solleva le mani per incorniciargli il viso, i polpastrelli che sfiorano delicatissimi la mascella, le tempie, che non riesce a credere che la distanza di quel sogno si stia rompendo di nuovo. “Perché ti preoccupi?” Mormora Izaya. “E’ solo un coltello.” Un coltello fra le costole non può fare nulla per cambiare il mio odio.

“Ti ucciderò, un giorno,” dice Shizuo soffocato, e Izaya  ride, e Shizuo odia. Odia, ma stavolta c’è di più, lui è di più, loro sono di più; tutto questo è di più- questo è qualcos’altro. Questi sono i polsi di Izaya, le sue mani, questi sono i suoi polpastrelli scolpiti da Dio. Li inseguirebbe fino alla fine del mondo.

——

Una mattina, si ritrovano in piedi su due edifici opposti, i petti pesanti, gli occhi quasi chiusi a causa del vento. Izaya è libero di venire ad Ikebukuro adesso, ma solamente. Con Shizuo, non è questione di ricostruire la fiducia o riattizzare il fuoco- è sempre stato là, alimentandosi semplicemente da solo. Mentre si fissano a vicenda, Izaya vede ogni singola fiamma che brilla negli occhi di Shizuo, più belle e attraenti di qualsiasi universo che esiste al di fuori di loro. Ricorda a malapena cosa ha fatto stavolta per farli finire quassù, ma non vede l’ora di perdere questa battaglia. Il ghigno di Shizuo è una minaccia, e il coltello di Izaya è a casa nella sua mano.

——

Non  ha mai conosciuto una gentilezza simile alla pressione delle labbra di Izaya sulle proprie, il modo in cui Izaya quasi si blocca; inspira, espira, trema, e il modo in cui lo fa ogni volta, come se fosse l’unica cosa al mondo di cui non è sicuro. E questo è divertente, perché è l’unica cosa al mondo di cui Shizuo è sicuro. Ma poi Izaya ride di nuovo, dolcemente, una cosa che non ha mai udito prima.

——

Izaya sorride, disinvolto. Izaya ama, crudelmente. Shizuo abbaia una risata, e poi salta.

——

“Vieni sotto le coperte,” dice, le labbra che sfiorano appena quelle di Shizuo. “Non riusciresti ad uccidermi se ci provassi, mio amore.”

 
 
 












 
 
 
 
 
 
 
 
 

NOTE

 

(((Sulla mia lapide incidete We don’t test the ones we love)))

 

Lascio qua un pezzo delle note alla fine della fic originale perché a me aveva fatto ridere troppo

 

[11/06/15 5:07:52 am] abhi: so what is this thing you're writing

[11/06/15 5:08:07 am] eren jack daniels: it’s like this really intense durarara fic

[11/06/15 5:08:17 am] eren jack daniels: remember that one ep you saw where one guy threw a vending machine at the other one

[11/06/15 5:08:29 am] abhi: vaguely

[11/06/15 5:08:33 am] eren jack daniels: it’s about them

[11/06/15 5:08:45 am] abhi: do they have sex in the vending machine

[11/06/15 5:08:50 am] eren jack daniels: I

[11/06/15 5:08:54 am] eren jack daniels: HARDLY THINK SO

[11/06/15 5:09:09 am] eren jack daniels: ITS MORE ABOUT…KIND OF PASSIONATE HATRED…NOT SEX IN VENDING MACHINES…

[11/06/15 5:09:23 am] abhi: lol, imagine someone puts in the money and a slip comes out saying "do not disturb ;)"

 

Questo parto trigemino lavoraccio finalmente è finito, mi sento tipo dissanguata. No giuro, c’erano pezzi che mi facevano piangere per, beh, il contenuto, e pezzi che mi facevano piangere perché “E MO COME CAZZO TI TRADUCO” e probabilmente certe frasi sono un aborto che ai miei occhi suona bene perché l’ho rilette troppe volte, perciò vi chiedo scusa, cercherò di migliorare.

Però sono contenta di averla tradotta, tengo veramente moltissimo a queste storia e non lo so, sentivo il bisogno di condividerla. Adesso posso finalmente agonizzare in pace.

Se c’è una cosa che odio di questa fanfiction è che mi lascia completamente senza parole, a parte djcsidocjdoiv o i piagnucolii di dolore, perciò ecco, è meglio se la smetto di prendere a testate la tastiera.

 

(AH, lo specifico perché io la prima volta mi sono presa  un mezzo infarto, Shizuo non è che si suicida quando salta, semplicemente sta raggiungendo Izaya sul suo stesso edificio. Sì, ecco, probabilmente non era necessario, ma adesso lo sapete con certezza.)

 

Se avete altre domande chiedete pure! Bye bye,

 

Amberle

   
 
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