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Autore: The Writer Of The Stars    03/11/2016    1 recensioni
Konoha è la casa di chi vive la vita senza certezze, di chi non sa come sia fatto un vero teatro, di chi vede i propri padri gettare l'anima nell'oblio del gioco e le madri sottrarre pane alle proprie bocche per sfamare quelle dei figli. Konoha ha una scuola e un seminterrato che nascondono melodie infantili, prodigi musicali degni di mostrarsi al mondo. Shikamaru e Ino fanno parte di loro, bambini che con un violoncello in mano vogliono distuggere le catene che li tengono ancorati a quell'asfalto consumato. Ma la salvezza non è per tutti, e dieci anni dopo, una disgrazia avrà il coraggio di mostrare che Konoha non è "la città che muore" ma "la città che vuole vivere disperatamente."
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"Doveva odiarla. Lei lo aveva lasciato partire senza dire nulla. Lei non si era presentata all’audizione, lasciandolo a vivere il loro sogno da solo, un sogno a metà che valeva la metà della pena d’essere vissuto."
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AU! |ShikaIno|
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ino Yamanaka, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Shikamaru Nara | Coppie: Shikamaru/Ino
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Bolero

“Non importa se in fondo dovrò partire
è qui che sempre e per sempre sarò.”

 

Choji lo guardò male quando si accese la sigaretta e si lasciò andare a una smorfia delusa mentre si sedeva al suo fianco sui gradini all’ingresso della scuola.

“Così hai cominciato anche tu.” E lo sapeva che quell’ anche tu faceva rifermento ad Asuma, sapeva che c’era rimprovero nella sua voce, come a chiedergli perché lui che poteva ancora salvarsi aveva deciso di ammazzarsi così, lentamente e in maniera asfissiante. Shikamaru sapeva anche che un perché c’era, ma non poteva fare la figura del sentimentale rivelando che aveva cominciato tempo prima perché aveva nostalgia di Konoha e voleva sentirsi legato ad essa almeno in qualcosa, almeno con una persona di quel posto. Così gettò fuori una nuvoletta di fumo, esalando un atono “Già” mentre il catrame gli scivolava nei polmoni.
Ino apparve alle loro spalle silenziosa, ma non abbastanza perché lui non potesse accorgersene. Choji si voltò subito  a guardarla e le lanciò uno sguardo di conforto, ma un conforto triste, come a dire “lo so, siamo tutti nella stessa barca” e Ino gli sorrise talmente flebilmente che Choji non fu nemmeno certo di aver intravisto quell’increspatura delle sue labbra, e pensò razionalmente, mentre si alzava e rientrava nell’edificio, di esserselo solo immaginato. Shikamaru aspirò la quarta boccata di fumo mentre Ino si sedeva al suo fianco, proprio dove prima c’era Choji, e con la coda dell’occhio notò quella magliettina troppo leggera per il freddo di Novembre e un istinto premuroso e così insolito lo inondò in pieno.

“Prenderai un malanno, mendokouse.” Ino lasciò vagare gli occhioni azzurri verso l’asfalto consunto che si stagliava all’orizzonte, baciato dal freddo e sterile tramonto invernale. Sorrise, stavolta per davvero, anche se con una tristezza che avrebbe abbrancato il cuore di chiunque, perfino quello di Shikamaru, se solo si fosse volto a guardarla, e si accarezzò una ciocca di capelli talmente perfetti da non farla sembrare una ragazza di Konoha.

“E’ da tanto tempo che non sento quel nomignolo.” Sussurrò, forse più a se stessa che a lui. Shikamaru strizzò gli occhi lucidi, dando la colpa al fumo che nonostante tutto quel tempo continuava ancora a fargli quell’ orribile effetto, sentendo l’indignazione montargli dentro.

“Lo avresti sentito un po’ più spesso, se ti fossi degnata di presentarti all’audizione.” Era velenoso, ma Ino se lo aspettava e incassò il colpo con fierezza, evitando di guardarlo.

“Shika, per favore …”

“Cosa, per favore? Ti do tanto fastidio?”

“Non è questo!”

“E cos’è allora?” avevano alzato entrambi la voce, si erano accorti di come i toni si stessero scaldando dal modo in cui Ino evitava il più possibile il suo sguardo e dalla ferocia con cui Shikamaru inspirava gli ultimi tiri della sigaretta ormai ridotta a un mozzicone. Ino lo guardò e sbagliò a perdersi troppo tempo nelle iridi brucianti del ragazzo, il labbro tremolante che si lasciò sfuggire un “Io…” strozzato e avrebbe tanto voluto dirgli la verità, ma non in quel momento, non con la morte di Asuma e con i bambini che erano scappati lì per rifugiarsi tra gli strumenti musicali.

“Niente, non è niente.” Esalò, per la prima volta sconfitta. “Devo andare, i bambini mi aspettano.” Farfugliò frettolosamente, alzandosi in piedi e decisa ad allontanarsi il prima possibile da lì.

“Ci tieni tanto, eh?” e forse era una sua impressione, ma la voce di Shikamaru le era sembrata irritata, quasi sprezzante e la cosa la infastidiva e non poco.

“Sì, molto. La cosa ti crea problemi?” Shikamaru avrebbe quasi sorriso, se non si fossero trovati in quella dannata situazione: eccola, la Ino che conosceva, la sua Ino.

“Anche se fosse, non credo ti importerebbe molto ciò che penso.” Era stato gelido e tagliente, lo sapeva, ma sapeva anche che lui si meritava una maledettissima spiegazione, una sola, non la meritavano forse dieci anni di solitudine?

“Non sei cresciuto per niente.” E invece questa sua risposta non se la aspettava, non se la sarebbe davvero aspettata e evidentemente lei si era resa conto della sua sorpresa, perché non tardò molto ad aggiungere:

“Hai iniziato a fumare, ti sei diplomato a pieni voti nell’accademia di musica più importante del paese, sei già un grande violoncellista, eppure continui ad essere egoista come un tempo.” Scoppiò a ridere, Shikamaru, di una risata sprezzante, troppo amara e che aveva gelato il sangue persino a se stesso.

“Tu dai a me dell’egoista? Questa è davvero bella, Ino, complimenti!”

“Tu non sai cosa significa vivere qui!”

“Io ci sono nato qui, o te lo sei dimenticato?”

“Non ci sei stato per dieci anni, non hai idea di quello che abbiamo dovuto passare per andare avanti!”

“Non ci sono stato perché sono riuscito ad andarmene e tu saresti dovuta venire con me, o ti sei dimenticata anche questo?”

“Credi che possa essermi dimenticata di una cosa del genere?” Ormai erano faccia a faccia, in piedi l’uno di fronte all’altra e per la prima volta Ino poté constatare quanto Shikamaru fosse diventato alto, la sovrastava di almeno quindici centimetri eppure non provò la minima inquietudine dinanzi alla sua imponenza, anche se lui urlava, perché lei sapeva urlare più forte di lui.

“E allora per quale motivo non sei venuta con me?”

“Perché l’ho fatto per te, idiota!” Shikamaru sgranò gli occhi, osservando come le tremassero le spalle e avesse il respiro corto, come dopo una folle corsa, e forse era colpa del riflesso del sole, ma gli parve quasi di scorgere i suoi bellissimi occhioni azzurri annacquarsi lievemente. Rimase in silenzio per troppi secondi, tentando di metabolizzare ciò che gli aveva detto, di scomporlo e capirlo, ma Ino già stava scuotendo il capo e imprecava contro se stessa mentre si allontanava verso l’ingresso della scuola, lasciandolo con un misero “Senti, lascia stare” che gli fece arrovellare le meningi. Shikamaru osservò la lunga chioma di Ino sparire dietro il portone, e rabbrividendo per una folata di vento, gettò in terra il mozzicone ormai spento della sigaretta. Lo pestò con violenza, mettendoci tutta la rabbia che si portava dentro da dieci anni. Imprecò poi contro quella dannata città destinata a morire, deciso a chiamare Choji e chiedergli che fine avesse fatto.
 ****
 
La casa di Choji non era cambiata affatto. Shikamaru si era sorpreso perfino nello scoprire lo stesso numero di crepe sul muro, il che da una parte era una bene, almeno non rischiava di crollare tutto ora se non era successo in dieci anni. Il suo migliore amico lo aveva invitato a restare a cena e i genitori del ragazzo non avevano smesso un attimo di osannarlo come una divinità per i suoi risultati conseguiti, per il suo genio fuori dal comune e, soprattutto, per essere riuscito a scappare da lì. Shikamaru aveva risposto educatamente ed era stato felice di passare una serata a casa Akimichi come quando erano piccoli, ma quel discorso gli aveva inevitabilmente richiamato alla mente le parole di Ino e così, terminata la cena, lui e Choji si erano spostati in camera del ragazzo e qui gli aveva chiesto spiegazioni riguardo la situazione.

“Sono sicuro che tu sai qualcosa, Choji” lo aveva redarguito prima di qualsiasi obiezione, “E non mi interessa di eventuali promesse ad Ino o altro; voglio la verità.” Duro e diretto, il solito Shikamaru, e Choji non aveva potuto fare a meno di sospirare pesantemente, prima di iniziare a parlare.

“Senti, non so con precisione cosa sia successo quel giorno e posso assicurarti che Ino non mi ha mai detto nulla.” Aveva, però, nel tono di voce, qualcosa che indusse Shikamaru a credere che sapesse qualcosa, anche solo una minima cosa, e in effetti fu lieto di constatare che fosse la verità.

“Ma tempo fa io e il Maestro Asuma stavamo parlando di te e ci chiedevamo come te la passassi su all’accademia, e il maestro si è lasciato sfuggire un particolare.”

“Quale particolare?” domandò Shikamaru, avido di notizie, ormai pendendo completamente dalle labbra del ragazzo.

“Quando hai sostenuto l’audizione per la scuola di musica, vi era una sola borsa di studio disponibile.”

“Che cosa?”

“Tu e Ino avreste dovuto competere per averla.”

“Aspetta, aspetta, frena un attimo.” Esclamò Shikamaru, l’espressione sconvolta e nervosa ad adombrargli il viso.

“Mi stai dicendo che solo uno di noi sarebbe potuto partire comunque?” Choji annuì.

“Io credo che Ino fosse venuta a conoscenza del fatto.”

“E non si sarebbe presentata per lasciare il posto a me …?” concluse Shikamaru, incredulo. Choji rimase in silenzio, concordando con lui. Shika irruppe in una risata nervosa e sguaiata, incredula e un po’ tremolante, cercando di convincersi che no, non poteva essere possibile.

“Ma è assurdo! Andiamo, stiamo parlando di Ino, la conosci anche tu, è troppo egoista, non le è mai interessato di nessuno!” Choji rimase serio, osservando il proprio migliore amico e ponderando bene come esporre le sue seguenti parole.

“Ma di te sì.”

Shikamaru rimase immobile, portandosi una mano alle tempie come per scacciare un orribile mal di testa, che invece era la spiegazione che cercava da anni. Ino aveva rinunciato davvero al suo sogno per lui? Ino Yamanaka, quell’Ino Yamanaka?

“Credo che dovresti parlarne con lei.” Suggerì saggiamente Choji. “E comunque, posso assicurarti che Ino non è poi così egoista. In dieci anni cambiano tante cose.”

****
 
Il funerale del maestro Asuma fu celebrato nella chiesa del quartiere alle 11.15 del mattino seguente. Quel giorno Shikamaru si era alzato dopo aver trascorso la notte insonne, e come se non bastasse la sera prima, appena rientrato in casa, aveva subito litigato con suo padre. “Proprio come ai vecchi tempi” aveva pensato mestamente mentre sua madre cercava di dividerli e lui lo lasciava urlare, perché sapeva che era ubriaco e nonostante tutto era pur sempre suo padre e in fondo un po’ di bene ancora glielo voleva, sapeva che doveva volerglielo. Eppure non era stata quella la causa per cui non aveva chiuso occhio, lo sapeva perfettamente. Si trattava semplicemente di quel malsano dubbio che Choji aveva insinuato in lui e che ora sembrava la chiave di tutto l’arcano, perché se davvero Ino aveva rinunciato alla borsa di studio per lui, sarebbe cambiato tutto. Aveva un bisogno impellente di parlarle, ma mentre le campane rintoccavano lamentosamente si rese conto che qualunque cosa sarebbe successa, non sarebbe stata in grado di rendere quella giornata meno drammatica. Shikamaru si annodò la cravatta nera con gli occhi lucidi e uscì di casa con le mani sprofondate nelle tasche dei pantaloni scuri, camminando a testa bassa verso la chiesa. Ricordava ancora alla perfezione la strada, e decise che dopo la funzione avrebbe parlato con Ino.

La celebrazione durò un’ora spicciola; la chiesa era piena, ma era anche minuscola, perciò Shikamaru non fu in grado di dire cosa potesse significare. In prima fila, nell’ala destra riservata al coro, vide tutti i suoi vecchi compagni della scuola di musica e quasi si vergognava ad unirsi a loro, perché si sentiva come se non avesse nulla a che fare con quelle persone, che dieci anni lontano da lì erano bastati a renderlo un estraneo. Choji lo vide da lontano e lo invitò a raggiungerli con un cenno del capo, così si avvicino a loro, sentendosi forse meno in colpa perché invitato. Ino sedeva in prima fila, da sola; aveva lo sguardo perso nel vuoto dinanzi a sé, ma il capo era ritto e fiero come sempre e Shikamaru ebbe un fremito quando intravide, stretto tra le sue braccia, un violoncello. Ino avrebbe suonato un brano e a quella consapevolezza, nonostante la situazione, non poté fare a meno di provare una sorta d’eccitazione nel rivederla e sentirla al violoncello dopo tanti anni.

“Credo sia il caso di raggiungerla.” Bisbigliò  Choji, prendendolo poi per un braccio e conducendolo verso la panca semi vuota sotto gli occhi rattristati di tutti. Shikamaru tremò a quel gesto, ma quando giunse dinanzi ad Ino tentò di regolare il battito cardiaco. La ragazza lo squadrò per un attimo, con gli occhi già rossi eppure asciutti, e gli sembrò quasi un’implorazione quando chiese loro di sedersi con lei. Non esitò un solo istante e si sedette subito al suo fianco, cercando di mettere da parte il disagio e lottando con tutte le sue forze contro l’impulso di abbracciarla. Choji riapparve poco attimi con due violoncelli stretti tra le mani, porgendone uno a Shikamaru che lo osservò stranito.

“Credo che gli farebbe piacere sentirci suonare tutti insieme per l’ultima volta.” Spiegò con un sorriso tanto triste che contagiò anche lui, e sapeva che Ino stava trattenendo le lacrime con la sua solita fierezza, perché era orgogliosa e non voleva mostrarsi debole davanti a tutti. Shikamaru afferrò il violoncello proprio mentre il sacerdote dava il via alla funzione, e onestamente non comprese molto di ciò che disse, poiché era troppo preso a fissare la bara in legno di ciliegio dinanzi a lui. Non riusciva a realizzare né tantomeno razionalizzare che Asuma, il suo amato maestro Asuma, colui che era stato il padre che avrebbe meritato, ora era chiuso lì dentro, asfissiato in un completo nero ed elegante di quelli che tanto odiava. Forse lo avevano vestito con l’abito che aveva indossato al suo primo concerto, perché di certo ne sarebbe stato felice. Ricordò ancora una volta il suo volto sorridente e nerboruto, con quel mozzicone di sigaretta in bocca e non riusciva davvero ad immaginarlo senza vita, con gli occhi chiusi per sempre, la bocca libera e stirata in una linea dura per l’eternità. Voleva già piangere, ma d’un tratto ci fu un momento di silenzio e capì che stavano aspettando loro, perché Ino strinse il violoncello con talmente tanta forza che temette di vederlo frantumarsi sotto le sue piccole dita chiare e magre. Ma Ino invece iniziò a suonare e Shika comprese subito di quale brano si trattasse, perché il “Bolero” di Ravel non era forse il pezzo più adatto per un funerale, ma era il preferito di Asuma, e ricordava quante volte il maestro li avesse elogiati per la loro esecuzione di quella particolare melodia. Si unì poco dopo alla ragazza, abbassando le palpebre come sempre, perché era così che Asuma aveva insegnato loro a suonare, col cuore e non con gli occhi. Poco dopo udì anche il violoncello di Choji unirsi a loro, e mentre le dita correvano da sole sulle corde pensò che Ino era diventata eccezionale in quegli anni, che forse aveva addirittura più talento naturale di lui, perché è vero, Shika era il genio, ma Ino era stata la prima ad imparare a suonare ad occhi chiusi. Suonarono per almeno quindici minuti e per la chiesa piena non si udiva alcun rumore ad eccezione della loro melodia; alcuni trattennero addirittura i singhiozzi per evitare di disturbare e rovinare il momento.

Quando terminarono di suonare, Shikamaru aprì gli occhi e si volse verso Ino. La scoprì col volto basso e nascosto dietro al violoncello ancora stretto tra le braccia, e tremava talmente tanto che ebbe paura per lei. Così si avvicinò e la abbracciò impacciato, come facevano da piccoli, e insieme a Choji guardarono la bara del loro maestro per l’ultima volta. Anni prima, all’età di sette anni, avevano suonato quello stesso brano durante una festa di beneficienza organizzata nel quartiere e in quell’occasione avevano scattato loro una foto; Shikamaru, Ino e Choji sorridenti e Asuma dietro di loro che li abbracciava commosso.

Qualche sadico aveva poggiato quella fotografia sulla bara.

 
   
 
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