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Autore: conlatestatralenuvole    05/11/2016    2 recensioni
Conosciamo tutti la storia del maghetto più famoso di tutti i tempi, ma qui non si parla del ragazzo che è sopravvissuto. Questa è la storia della strega più brillante della sua età, Hermione Jean Granger, da ciò che già sappiamo, come l'indissolubile amicizia con Harry Potter e Ronald Weasley, a ciò che non ci è stato dato sapere: il suo arrivo a Hogwarts, le sue conquiste, le sue emozioni e le sue insicurezze.
[...]Ma era proprio questo il punto: Hermione non era una persona "normale" [...]Il suo problema non era tanto quel bisogno di imparare a memoria tutti i libri prima ancora dell'inizio dell'anno scolastico, ma il fatto che senza volerlo, delle volte, faceva accadere cose strane; cose che proprio non si sapeva spiegare
Questa fanfiction è liberamente ispirata ai libri di Harry Potter, scritti da J.K. Rowling. La grande maggioranza dei personaggi è dunque di sua proprietà, così come la maggioranza dei temi e delle ambientazioni. Per ulteriori informazioni leggere la nota posta all'inizio del primo capitolo. Grazie.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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SCACCHI, CAMINI E SUCCO DI ZUCCA


Era ormai trascorsa già la prima settimana di agosto, e Hermione non avrebbe potuto essere più stanca. Non trovando nulla di meglio da fare, passava le giornate a studiare i suoi noiosi libri babbani. Ripreso il suo vecchio testo di storia, aveva quasi imparato a memoria non solo il capitolo dodici, ma anche tutti gli altri fino alla fine. Eppure non le interessava più capire le motivazioni dietro alla rivoluzione francese, o i cambiamenti apportati dalla nascita delle industrie moderne; avrebbe tanto preferito scoprire di più sulla storia dei maghi dell'Africa e del Nord America, o sulla regolazione dei rapporti tra il Ministero della Magia e il mondo dei babbani. Avrebbe persino riletto "Il Quidditch Attraverso i Secoli", se solo avesse potuto; ma se poteva o no, questo non lo sapeva ancora. I suoi genitori avevano preso le ferie, ma nonostante si trovassero di fatto tutti sotto lo stesso tetto, dopo le incomprensioni degli ultimi giorni di luglio, una continua atmosfera di tensione e imbarazzo aveva limitato i loro discorsi a brevi scambi di saluti la mattina e la sera. Si incontravano quasi solo per i pasti, e non appena entrava nella loro stessa stanza, la ragazza era sicura di sentirli smettere di bisbigliare di colpo e si sforzava a più non posso per far finta di non percepire i loro sguardi curiosi, a volte leggermente preoccupati.
   C'erano talmente tante cose che a Hermione mancavano in quel periodo: primo tra tutte era il libro "Storia di Hogwarts", che non le era ancora stato restituito. Le mancavano le chiacchierate con sua madre e suo padre, le visite al signor Fogg, le storie su Hogwarts, le dettagliate spiegazioni dei vari incantesimi. Forse, più di ogni altra cosa, le mancava quella certezza, quella sicurezza che l'aveva sempre accompagnata, anche nei momenti più confusi e difficoltosi. Quella settimana, invece, non era sicura di niente. Aveva miliardi di domande per la testa e non aveva ancora ricevuto risposte. Si sentiva così frustrata. Sapeva che i suoi genitori avrebbero dovuto comprendere da soli la situazione; le sue spiegazioni non sarebbero servite a nulla, e questa sua impotenza la rendeva ancora più incerta. Doveva solo aspettare. Era sempre stata una persona paziente, ma questa volta sentiva che le sarebbero saltati i nervi.
Sarebbe mai andata a Hogwarts?
   La noia di quell'attesa apparentemente infinita si spezzò improvvisamente una domenica sera quando, scendendo le scale per andare a cena, Hermione notò che una delle scacchiere era sparita dal mobile a parete nel salotto buono e che, dalla porta chiusa della cucina, proveniva una voce di troppo. Suo padre doveva aver invitato qualche amico del club di scacchi, pensò, ma la sorpresa fu enorme quando, seduto su una delle massicce sedie in legno, trovò niente meno che l'anziano mago che abitava di fronte a lei.
-Salve, signor Fogg.
Salutò in modo pacato e professionale, cercando di nascondere al meglio l'ansia, l'entusiasmo e il sorriso gigante che minacciava di attraversarle il viso da una parte all'altra.
Hermione non si era mai applicata troppo a fondo nel gioco degli scacchi, non lo considerava esattamente di suo gradimento, ma a giudicare dal numero di pedine rimaste in campo, era praticamente sicura che avrebbe vinto il signor Fogg.
-Ciao, Hermione, come te la passi?
Chiese lui cordialmente.
Mentre giocava, si guardava intorno con aria perplessa. La ragazza sorrise sotto ai baffi: avrebbe giurato che l'uomo non fosse così contento di trovarsi in una casa abitata da babbani. Lo si leggeva chiaro e tondo dal sorriso palesemente finto che ostentava davanti ai suoi genitori. Era teso, e forse anche un po' intimorito. Sembrò quasi sollevato che Hermione fosse finalmente arrivata.
-Torre in C10.
Disse, quasi come se stesse parlando alla scacchiera stessa.
Tenne lo sguardo fisso sulla pedina per qualche secondo, quasi si aspettasse che succedesse qualcosa, poi sembrò avere un'illuminazione e spostò la torre nella casella che aveva indicato. Dedicò al signor Granger un altro falso e impacciato sorriso a trentadue denti, per poi tornare a guardare serio i pezzi rimasti in campo.
-Che bei denti che ha, deve avere un ottimo dentista.
Trillò la signora Granger in modo decisamente inopportuno.
Anche lei era visibilmente tesa e imbarazzata. Non aveva mai avuto a cena un mago prima d'ora, e quella frase era la prima cosa che le fosse venuta in mente nel tentativo di avviare una conversazione. Il signor Fogg, ancora più confuso, tentò con un altro enorme sorriso, mentre lanciava ad Hermione silenziose richieste d'aiuto. La ragazza andò a sedersi e prese una manciata di noccioline dalla ciotolina mezza vuota posta al centro della tavola. Sospirò:
-Dubito che il signor Fogg sappia esattamente cos'è un dentista, mamma.
Era la frase più lunga che avesse pronunciato in tutta la settimana, e non stava succedendo niente di male. Si sentì immediatamente alleggerita da un grosso macigno che, fino a quel momento, non si era neanche resa conto di star portando sulle spalle.
-Noi siamo dentisti.
Aggiunse il signor Granger, anche lui decisamente poco a suo agio, come se quella risposta avrebbe fornito una spiegazione valida a tutte le domande filosofiche che l'uomo si fosse posto fino a quel momento.
Hermione alzò gli occhi al cielo.
-Nel mondo dei babbani sono dottori che curano i denti.
Il vecchio mago annuì lentamente, come se questa volta fosse stato lui a trovare la soluzione ai grandi problemi dell'universo.
-Gradirebbe avere la radio o la televisione accesa durante la cena?
Chiese la signora Granger.
Il signor Fogg lanciò un ennesimo sguardo interrogativo a Hermione, ma la ragazza stava iniziando ad averne abbastanza.
-Vorremmo iniziare ad affrontare la questione principale, per favore?
Domandò spazientita. Era più di una settimana che stava aspettando questo momento.
-Hogwarts, Hogwarts, hoggy warty Hogwarts...
Canticchiò il mago tra sé e sé in tutta riposta.
-Sì, beh, immagino che a questo punto dovremmo partire dal presupposto che tu sia una strega e che il nostro vicino sia un mago, giusto?
Chiese il signor Granger in tono pragmatico.
Il signor Fogg annuì; sarebbe stata una lunga cena, e tecnicamente non era ancora iniziata.
-È più difficile di quanto mi sarei aspettato.
Sbuffò il signor Granger.
-Ma non ci sarebbe una scuola più vicina di questa Hogwarts? E, se non ci è dato sapere dov'è, come faremo con le riunioni o i colloqui con i professori?
Il signor Fogg aggrottò le sopracciglia..
-Non sono previsti colloqui, e Hogwarts accoglie maghi e streghe da tutto il Regno Unito. Se anche ci fossero altre scuole sul territorio, sarebbe comunque la migliore.
-E una volta terminati gli studi a Hogwarts, come potranno materie quali Trasfigurazione e, ehm, Difesa contro le Arti Oscure tornarle utili nella vita reale?
Chiese la signora Granger leggendo da un taccuino. Lei e il marito si erano segnati punto per punto ogni domanda che avevano ritenuto necessaria, per un totale di quasi dieci pagine scritte fitte fitte. Se dovevano prendere in considerazione quest'idea bizzarra della scuola di magia, almeno lo avrebbero fatto con cognizione di causa.
-Nella vita reale?! Perché, non le sembro reale, io?
Si scaldò l'anziano mago.
Hermione gli lanciò un'occhiata di rimprovero, così l'uomo, sbuffando e sistemando sulla testa il cappello nero, uno dei più eleganti che aveva, cercò di parlare in tono più calmo.
-La vita "reale" di maghi e streghe prevede tante opportunità di lavoro per coloro che hanno completato gli studi a Hogwarts e anche per chi, come me, non l'ha fatto. Alcuni mestieri sono simili a quelli babbani solo che, ovviamente, si usa la magia.
Il signor Granger annuì pensieroso.
-Lei, per esempio, che lavoro faceva?
-Lavoravo in un vecchio pub giù a Godric's Hollow.
Si sistemò il cappello ancora una volta, agitato. Non avrebbe potuto sentirsi più nervoso e giudicato. Da una coppia di babbani, tra l'altro (!). Il suo mestiere non era un granché; se non fosse stato espulso, gli sarebbe piaciuto insegnare Pozioni. Come se non bastasse, dall'arredamento costoso e dal vestito elegante della padrona di casa, stava iniziando ad immaginare che, al contrario, il dentista era una professione di tutto rispetto trai babbani.
   Una volta che il pesce con le patate fu servito a tavola, le domande proseguirono per tutta la cena e oltre. Ad alcune rispondeva Hermione stessa ma, per lo più, il suo compito consisteva nel fulminare il signor Fogg con lo sguardo ogni due o tre domande, quando cominciava ad irritarsi e ad alzare un po' troppo la voce. Eccezionalmente, alle otto e trenta, la ragazza era ancora sveglia e la tavola non era ancora stata sparecchiata. I due uomini avevano iniziato una nuova partita di scacchi e Hermione stava disponendo su un vassoio finemente decorato biscotti, zuccheriera e tazzine, mentre la madre preparava il tè.
-Abbiamo letto l'elenco dei libri di testo e del materiale necessario.
disse il signor Granger muovendo un cavallo, che fu subito mangiato dalla regina nera.
Rimase imbambolato qualche secondo a fissare la scacchiera. Si poteva ritenere abbastanza bravo nel gioco degli scacchi, ma quell'uomo dal cappello a punta si comportava come un vero campione.
-Insomma,
continuò con le sopracciglia aggrottate,
-Un calderone in peltro, misura standard due, una bacchetta, "Guida Pratica alla Trasfigurazione per Principianti"... cos'è esattamente la Trasfigurazione?
Il signor Fogg mangiò anche l'altro cavallo bianco. Stava iniziando a imparare che dire il nome della casella in cui era diretto prima di muoversi non era poi così strettamente necessario.
-Consiste nel trasformare una cosa in un'altra.
Rispose, ma avrebbe preferito poterglielo dimostrare. Peccato non avesse più una bacchetta. Avrebbe potuto fare in modo che una di quelle sedie diventasse un divano in pelle verde petrolio, con tanto di cuscini di velluto argentato. Se lo figurò nella mente: sarebbe stato bene nella Sala Comune dei Serpeverde un divano così. Chissà se era cambiata tanto da quando lui era un ragazzino. Il signor Granger annuì e si schiarì la gola:
-Sì, ecco, insomma... Dove si potrebbero trovare tutte queste cose? Che io sappia a Londra non esistono negozi specializzati in magie e stregonerie.
Il mago alzò gli occhi dalla scacchiera. Finalmente stava arrivando la parte più interessante, quella che aveva atteso per tutta la serata. Sorrise, e questa volta non in modo troppo forzato.
-Non nella Londra babbana, naturalmente. Se avrò la vostra approvazione, mi occuperò io stesso di accompagnare questa streghetta a cercare l'occorrente per Hogwarts.
Hermione fece quasi cadere il vassoio con le tazzine per l'eccitazione. Si sbrigò a bere un sorso di tè bollente per evitare di mettersi a urlare di gioia. Arricciò le labbra. Aveva dimenticato di metterci lo zucchero.
-Allora domani, non so, potreste andare a prendere la bacchetta e... tutte quelle altre cose lì.
Sorrise il signor Granger dando un morso al suo biscotto. Questa faccenda di Hogwarts lo preoccupava, e non poco, ma si fidava di sua figlia. Era una ragazza responsabile e prudente. Sarebbero rimasti in contatto, senza ombra di dubbio, e se qualcosa non le fosse piaciuto era certo che sarebbe tornata subito a casa. Hermione corse ad abbracciarlo. Sarebbe andata a Hogwarts. Era molto più di quanto avesse mai osato anche solo sperare. Anche il signor Fogg stava sorridendo, ormai. Un sorriso vero. Si stava affezionando a quella ragazzina, anche se sapeva essere saccente e insopportabile; anche se proveniva da una famiglia di babbani.
   Quella notte, Hermione non riusciva proprio ad addormentarsi. Aveva coperto con un lenzuolo l'abat-jour sulla sua scrivania per renderne più fioca la luce e leggeva per la millesima volta il libro "Storia di Hogwarts", che le era stato finalmente restituito. Leggendo delle volte incantate, immaginò di entrare nella Sala Grande una mattina presto, all'alba, magari per ripassare un'ultima volta prima di un esame, e di restare meravigliata a fissare il soffitto dalle sfumature rosate, riflesso del sorgere del sole. Oppure pensò di attardarcisi a studiare la sera, dopo cena, in un cupo giorno di novembre, quando la pioggia sembrava battere incessante anche all'interno del castello. Eppure lei sarebbe rimasta all'asciutto e al caldo, stanca ma soddisfatta della giornata, a sfogliare le pagine ingiallite di un vecchio libro preso in biblioteca per completare un assegno, con in mano una tazza di tè o di cioccolata bollente. O, ancora, eccola che si rallegrava alla vista della neve bianca che per magia fioccava a mezz'aria durante la colazione. Vagando parecchio più in là con la mente, fece posare il pensiero sull'immagine di quando sarebbe diventata abbastanza brava, dopo anni e anni di studio, da incantare il soffitto della sua stessa stanza, così da avere l'impressione di dormire al chiarore delle stelle durante le miti e tranquille notti d'estate.

***

-Signor Fogg, come arriviamo a Diagon Alley?
Chiese Hermione al mago che frugava tutto baldanzoso trai cassetti di un mobile dall'aria pericolante.
La ragazza, troppo nervosa, per restare seduta sul divano tutto rattoppato, si sistemava meglio la camicetta di lino all'interno dei jeans un po' sbiaditi. Vicino a lei, il poster di Albus Silente le rivolgeva un dolce, incoraggiante sorriso ogni qual volta si girasse ad osservarlo.
-Con questa.
Rispose mostrandole un sacchetto di iuta sigillato con un fiocco di nastro scuro.
Ne tirò fuori una manciata di quella che sembrava una specie di cenere scintillante.
-Che cos'è?
-Oh... Ih! Ih! Ih!
Sogghignò il mago allegramente mentre si avviava verso il grande camino in pietra in fondo alla stanza.
-Questa, Hermione, è la metropolvere. Polvere volante. Collega tra di loro i camini magici di tutto il mondo. È semplice da utilizzare.
Aggiunse poi davanti allo sguardo confuso e sbigottito della ragazza.
-Ne prendi un pugno raso, la lanci nel camino, ci salti dentro e scandisci chiaramente dov'è che vuoi arrivare. Facile.
Gettò la polvere volante nel focolare e subito ne scaturì una gigantesca fiamma verde smeraldo. La giovane strega indietreggiò di qualche passo, ma doveva ammettere di esserne rimasta affascinata.
-Un piccolo consiglio: non inspirare dalla bocca prima di parlare; sai com'è, la fuliggine, ih! Ih! Ih!
Entrò, abbassandosi, nel camino e, al contrario di come aveva temuto la ragazza, non iniziò a bruciare. Sembrava, anzi, tranquillo e rilassato; e con quella stessa espressione serena in volto pronunciò:
-Diagon Alley!
E scomparve, inghiottito dal fuoco color della speranza.
Hermione, da ragazza diligente quale era, si preoccupò di controllare che il portone della casa fosse ben chiuso a chiave prima di gettare a sua volta un po' di quella polvere scintillante all'interno del camino. Ancora dubbiosa sulla sicurezza di un salto in mezzo alle fiamme, allungò prima un braccio per controllare la temperatura. Un piacevole tepore la accolse. Allora, facendosi coraggio, si lasciò avvolgere dal turbinio verde e scandì "Diagon Alley". Il moto repentino delle fiamme la risucchiò con tanta forza da farle chiudere gli occhi. La streghetta si ritrovò a vorticare freneticamente su se stessa. Si portò automaticamente le braccia al petto, sentendosi comprimere per la velocità. Una passeggiata fino al centro di Londra sarebbe stata sicuramente più facile e piacevole, pensò con lo stomaco in subbuglio, ma certamente non altrettanto divertente. Viaggiare con la metropolvere era un'esperienza del tutto diversa da quelle provate prima di allora, anche se aveva qualcosa in comune con le montagne russe. Le ricordava tanto quelle con il giro della morte che non aveva mai provato. Doveva essere più o meno così che ci si sentiva a salirci sopra, ma la metropolvere era sicuramente più... magica. Nell'arco di una ventina di secondi ebbe l'impressione che delle enormi mani la stessero spingendo verso il basso, e capì per istinto di essere quasi arrivata. Portò le mani in avanti e piegò leggermente le ginocchia come quando, dopo aver saltato troppo in alto sui tappeti elastici, sentiva venir meno l'equilibrio e non era sicura di come sarebbe atterrata. Neanche il tempo di dire "Hogwarts" e, con un gridolino di sorpresa, si ritrovò carponi su una superficie di pietra liscia.
   Con le ginocchia doloranti per la brusca caduta, liberò velocemente il passaggio per paura che qualcun altro arrivasse in quel preciso momento, finendole addosso. Il signor Fogg la tirò per un braccio aiutandola ad alzarsi in piedi. Davanti ai suoi occhi, si stagliava la sala principale di una vecchia locanda dall'arredamento rustico, affollata da decine di uomini e donne che indossavano cappelli a punta, presumibilmente maghi e streghe. I clienti del locale, che recitava su una tavoletta appesa a una trave in legno "Il Paiolo Magico", non sembrarono fare particolarmente caso ai due nuovi arrivati, come se per loro vedere qualcuno materializzarsi in un camino spento fosse normale tanto quanto lo era entrare dalla porta per un babbano. Nonostante la fioca e tetra luce proveniente dalle piccole finestrelle impolverate poste all'estremità superiore dell'altissimo soffitto e dalle innumerevoli candele appese a due grossi lampadari circolari e alle colonne tra un'arcata e l'altra, il Paiolo Magico aveva un'aria decisamente accogliente, non troppo diversa da quella di molte locande babbane. Dietro al grande bancone in legno scuro, una lavagna rettangolare recitava, oltre al listino prezzi, la strampalata scritta "servizio di prenotazione camere disponibile da mezzanotte al minuto dopo". Accanto agli strani o meno strani nomi di cibi e bevande, il simbolo della sterlina non compariva neanche una volta. Al suo posto, vicino alle varie cifre, erano scarabocchiati alcuni bizzarri segni. Il signor Fogg richiamò l'attenzione di una barista dal cappello pieno di paillette luccicanti.

-In che cosa posso aiutarvi?
Chiese quella gentilmente.
-Una burrobirra e un bicchiere di succo di zucca, grazie.
-Otto falci e ventidue zellini.
Prima ancora che Hermione potesse chiedersi cosa fossero falci e zellini, il mago tirò fuori dalla tasca del mantello un borsellino di cuoio che, oltre alle banconote che i suoi genitori gli avevano dato per comprare il materiale scolastico alla ragazza, conteneva tante monete d'oro, argento e bronzo. Facendo i conti con i soldi che l'uomo posò sul bancone, la giovane strega pensò che i falci dovessero essere quelli d'argento e gli zellini quelli in bronzo, molto simili ai centesimi babbani. I due cercarono un posto a sedere e il signor Fogg porse alla ragazza una coppa piena fino all'orlo di un liquido arancione. Poi bevve un lungo sorso dal suo boccale e, con il labbro superiore sporco di schiuma, sospirò soddisfatto.
-Che cos'è?
Chiese Hermione annusando il suo bicchiere. L'odore era intenso e appetitoso.
-Succo di zucca.
-Mi dispiace, ma la zucca non è esattamente uno dei miei ortaggi preferiti.
-Neanche il mio, ma questo è succo di zucca. Cosa c'entra con gli ortaggi?
Dubbiosa, la streghetta avvicinò la coppa alle labbra e prese un piccolo sorso. Era buonissimo. Il tempo di aver vuotato mezzo bicchiere, e il succo di zucca era salito primo in classifica tra le sue bevande preferite. Aveva un sapore fresco e zuccherino, ed era anche leggero e dissetante. Hermione immaginò se stessa in un giorno d'estate, poco prima degli esami finali a Hogwarts, seduta in riva al Lago Nero a ripassare Storia della Magia rinfrescandosi con un bicchiere di quel succo delizioso, dopo aver fatto levigare in aria una margherita e averla trasfigurata in un piccolo ventilatore. L'idea le fece spuntare un enorme sorriso. Forse tutto quel fantasticare era troppo infantile da parte sua, ma, accipicchia, sarebbe andata a Hogwarts! Come avrebbe potuto smettere di pensare alle meraviglie che la attendevano in quel magico luogo lassù in Scozia?
-Allora, Hermione, da cosa dobbiamo cominciare?
Chiese il signor Fogg dopo aver salutato un mago di sua conoscenza.
Non tirò neanche fuori dal mantello la lista con l'elenco del materiale da acquistare. Era sicuro che la ragazza se lo fosse imparato a memoria.
-Non so in che ordine siano disposti i negozi a Diagon Alley, ma io pensavo che sarebbe conveniente occuparsi prima della mia divisa scolastica. Dovranno prendermi le misure e, ovviamente, ci vorrà un po' più di tempo. I miei genitori sono contrari all'avere animali in casa, quindi non credo che ne prenderò uno. Naturalmente, non vedo l'ora di avere una bacchetta, ma temo proprio che dovrò aspettare. Per di più, non potremo comprare proprio un bel niente se prima non troviamo modo di cambiare le mie sterline in quelle strane monete. Spero di aver portato abbastanza soldi. Non credo che uno zellino valga quanto una sterlina, comunque. Come potrebbe? Avremmo pagato quattro sterline per un bicchiere di succo e mi sembrerebbe un tantino eccessivo.
Il vecchio mago scosse la testa. Ormai conosceva alla perfezione quel suo arrogante modo di parlare da saputella, soprattutto quando era nervosa o eccitata. Era combattuto. Da una parte lo trovava dolce e divertente, dall'altra avrebbe voluto farla tornare in sé buttandole addosso quel poco di burrobirra che gli rimaneva nel boccale.
-Con tutte quelle informazioni che ti ritrovi nella testa non mi stupirei se ti assegnassero a Corvonero.
Ridacchiò l'uomo raddrizzandosi il cappello bordeaux.
-Sarebbe un male finire in Corvonero?
-No, ragazzina. Non c'è una Casa a Hogwarts in cui sarebbe disdicevole capitare.
-Mi parli delle Case, per favore.
-Bene.
Iniziò il signor Fogg finendo l'ultimo goccio di burrobirra e posando il calice un po' di lato, di modo che tra lui e la giovane strega non ci fosse alcun ostacolo.
-Come già sai, sono quattro. Grifondoro, Serpeverde, Tassorosso e Corvonero. Ognuna di queste è caratterizzata da degli attributi che lo studente deve avere per farne parte. Attributi positivi e negativi. Non esiste quindi una Casa perfetta, né una malvagia. Sono tutte degne in egual misura. Serpeverde, la mia Casa, ospita maghi astuti ma spesso avidi. È la più discussa probabilmente. Ih! Ih! Ih! C'è chi loda la furbizia oltre misura, come la dote immancabile a qualsiasi uomo che voglia definirsi tale, ma anche chi è certo che non c'è mago cattivo che non provenga da lì. L'avidità, del resto, è anche ricerca del potere, della gloria, e chi li vuole veramente sarebbe disposto a perseguirli con ogni mezzo.
Un breve silenzio aleggiò tra di loro. Sapevano benissimo entrambi a chi si stessero riferendo.
-Poi c'è Tassorosso, la Casa dei buoni di cuore, ma anche degli ingenui, di quelli che si fidano troppo. Corvonero è la Casa dei curiosi, di quelli che cercano la conoscenza, ma che sono anche troppo presi da essa. Sono disponibili solo quando lo vogliono i Corvonero, solo quando non sono troppo presi da qualcosa di apparentemente inutile da cui però sono attratti all'inverosimile. Infine Grifondoro, a cui appartengono gli amici coraggiosi e leali, quelli che non si fermano davanti a nulla, specialmente non davanti alle regole. Sono imprudenti i Grifondoro. Ih! Ih! Ih! Quando ero giovane io arrivavano sempre ultimi nella classifica per la Coppa delle Case.
-Secondo lei a quale Casa verrò assegnata?
-Non è possibile dirlo. È una decisione che spetta al Cappello Parlante. Sicuramente non sarai una Tassorosso, però. Sei troppo scaltra. Sai come si spiegavano le quattro Case ai miei tempi? Se si mettesse ogni studente davanti a una porta chiusa, i Corvonero troverebbero le chiavi, i Serpeverde forzerebbero la serratura, i Tassorosso busserebbero e i Grifondoro butterebbero giù la porta a calci. Tu cosa pensi che faresti?
-Cercherei la chiave, ovviamente, ma se non la trovassi... beh, non lo so esattamente.
-Pensaci, allora. Però, vedi, non sei irrimediabilmente Corvonero, dopotutto. Ne conosco tanti io e, fidati, un vero Corvonero non metterebbe neanche in dubbio il fatto che troverà la soluzione. Lo farà e basta, a costo di metterci settimane. Ih! Ih! Ih!

Note dell'autrice

Sono certa che ormai lo sapete: tutto questo fantastico mondo pieno di succhi di zucca e burrobirre è della zia Rowling. Io prendo solo in prestito praticamente tutto, tranne il signor Fogg. Lui è il mio tessssoro. L'ultima spiegazione delle Case, quella degli studenti davanti alle porte chiuse a chiave l'ho letta da qualche parte su internet e, beh, non so chi l'abbia inventata, ma è la cosa più accurata di sempre.

Che ve ne pare di questo capitolo? Sta procedendo bene? Senza essermene neanche resa conto ho scritto quattro capitoli prima dell'arrivo a Diagon Alley! Mi sento realizzata ;)
Buona giornata e al prossimo capitolo. Conlatestatralenuvole
   
 
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