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Autore: Master Chopper    13/11/2016    3 recensioni
Xian, divenuta folle per la rabbia, sfida Tengoku per decretare chi sarà degno del titolo di Boss dei Vongola. Vengono decisi degli scontri, ma a quanto pare, tra un rifiuto di Tsunayoshi e un'affermazione da parte di Xanxus, non si riesce ancora a capire la reale motivazione dei Bravi.
Perché mirare alle sconfitta di Ten, anche se consapevoli che non otterranno mai il titolo di Boss e Guardiani?
Cosa si nasconde dietro il silenzio dei Boss e le cicatrici della Figlia dell'Ira?
- STORY OF A FAMILY: SAGA DEI SETTE PECCATI CAPITALI -
E' obbligatoria la lettura di '[SoF] Saga della Nascita' per la comprensione delle vicende e degli avvenimenti trattati.
Genere: Azione, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Reborn, Sorpresa, Tsunayoshi Sawada, Xanxus
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Stories of a Family [SoF]'
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a cura di nekomata04 (ma quanto è bello l'avatar nuovo di Master fatto da lei?!)


Target Number 12: Grazie al tuo Lato Oscuro.

 

 

Il mio nome è Drake.

Nasco in Germania, in un ospedale non molto lontano dalla capitale, il 13 Settembre di diciassette anni fa.

 

Un anno dopo, arrivò anche la mia unica sorellina Azura, il 27 Ottobre.

Sin da quando eravamo piccoli, ho sentito molte volte ripetere quanto io e lei non ci assomigliassimo.

 

In effetti lei ha i capelli rossi, è più bassa di statura, ed è nata con problemi di costituzione che l’hanno trattenuta in incubatrice per più del dovuto.

 

Ma non vedo perché queste differenze possano impedirmi di volerle bene. Non so se lei tiene veramente a me come io tengo a lei, molto spesso mi fa intendere che io sia un ostacolo nella sua vita.

Forse lo sono davvero, un ostacolo per i suoi sogni e le sue ambizioni. Ho sempre voluto che per lei il mondo fosse un posto pieno di opportunità e speranza. Non mi importa del mio futuro.

 

Abbiamo vissuto in Germania per quasi sette anni, prima di trasferirci in Giappone, nella casa di persone che non conosco. So solo della loro presunta amicizia nei confronti della mia famiglia.

 

Nostro padre ha lavorato per tutta la sua vita, sin da quando era giovane, come bibliotecario. Nonostante fosse nato orfano, è riuscito a mettere da parte i soldi necessari per entrare all’Università.

Ed è lì che ha incontrato nostra madre.

Lei era una donna nata ricca, so solo questo. Figlia di banchieri, che fidandosi dell’educazione e del valore del ragazzo che sua figlia aveva sposato, passarono a lui una delle attuali più potenti banche nordeuropee.

 

In Germania abbiamo vissuto in una situazione economica molto sicura. I soldi, purtroppo, non hanno potuto comunque aiutarci a curare nostra madre dalla grave malattia celebrale di cui era afflitta.

 

Tre anni più tardi della sua morte per eutanasia, voluta da nostro padre, abbiamo scoperto che la causa della sua malattia era stata la dipendenza da droghe che aveva assunto per diverso tempo.

Non reggeva lo stress per il lavoro, ci dichiarò il medico, e nostro padre affermò di non averne mai saputo nulla.

 

Lei lavorava da sempre al suo fianco, spesso sostituendolo durante i suoi numerosi viaggi all’estero, e contemporaneamente badando a noi. Non abbiamo mai avuto domestici o balie, ha sempre voluto preoccuparsi personalmente e dell’ambiente in cui vivevamo e della nostra educazione.

 

 

Dopo la sua scomparsa, nostro padre abbandonò ogni rapporto con i genitori di nostra madre, diventando sempre più cupo e silenzioso. Arrivammo al punto che in casa ci faceva preparare da soli da mangiare, perché iniziava ad andare a dormire con una donna conosciuta in quel periodo.

Una donna che non era nostra madre, in una casa che non era la nostra.

 

Crebbi Azura completamente da solo, sebbene non ne avessi mai saputo niente di come fare, e senza che nessun parente si preoccupasse della nostra situazione.

Ad undici anni iniziai a fumare, nel tentativo di farmi notare da mio padre, ma smisi subito. In quel periodo giocavo a basket in una squadra cittadina, e capii in fretta che i soldi guadagnati non avrei dovuto buttarli per qualcosa di inutile, come il fumo.

 

Un giorno, quando ormai tutto sembrava andare per il meglio, e persino Azura iniziava a sorridere con degli amici che si era fatta nella sua scuola elementare, iniziò il lento degrado della mia vita.

 

Ragazzi e ragazze che riconobbi essere nostri cugini, diedero fuoco al nostro garage mentre stavamo per rientrare in casa. Ci insultarono, qualcuno mi picchiò, ma, forse per pietà, nessuno toccò Azura.

Le loro parole erano di gelosia, perché mi reputavano indegno di ricevere tutti i soldi dello stipendio di mio padre, affermando che sarei dovuto morire per lasciare il posto ad uno di loro.

 

Così capii. Mi rivelarono che io non ero veramente figlio di mio padre.

Semplicemente, quando nacqui,  mio padre voleva far ottenere a mia madre il congedo per maternità, forse perché avvertiva in lei già forti sintomi di stress.

Soltanto che, a causa del poco tempo che mio padre riusciva a trascorrere con lei in quel periodo, le consigliò di ricorrere all’inseminazione artificiale.

 

Sono un figlio della fecondazione assistita. Un cosiddetto ‘nato in provetta’.

 

Azura no. Lei ha i capelli rossi e gli occhi blu di mio padre. Io invece ho i capelli biondi e lisci di mia madre… e sicuramente molte altri geni di un qualcuno che non conosco.

 

Peter Heysel Schlmit, un nome così importante non avrebbe potuto mai far trapelare queste informazioni, soprattutto se riguardavano il suo unico figlio maschio.

All’epoca non lo capii, ma io sin dal giorno della mia nascita sotto il cognome degli Schlmit, sarei dovuto essere una pedina pronta a prendere il posto di successivo proprietario di quella banca.

 

Mio padre non volle sentire nessuna mia protesta, così ci mandò in Giappone.

 

Non ho mai smesso di preoccuparmi per Azura, perché nonostante non condividiamo gli stessi geni di qualsiasi altri fratelli normali, io le voglio bene.

È la mia sorellina, ed ha la priorità persino davanti a Xian, ai Vongola, e a qualsiasi altro contorto piano.

 

Questa era la mia storia.

 

Ed in questo momento, quando avverto in cuor mio che qualcuno sta venendo a reclamare delle mie spiegazioni in merito a quello che sta succedendo… mi rendo conto di esser diventato un uomo senza più alcun legame, proprio come mio padre.

 

 

 

 

Namimori. 17:15

 

Tengoku spiccò l’ennesimo balzo, spostandosi sul tetto di un altro palazzo. Non appena poggiò un solo piede sul suolo, continuò a slanciarsi in avanti, riprendendo la corsa.

Stava ripetendo quei movimenti da cinque minuti, non appena era riuscito a raggiungere la cima di un’abitazione.

Saltare tra alberi, semafori, tetti e muri era ormai diventato l’ordinario per lui.

 

Ma in quel momento non si stava allenando. Stava mettendo in pratica tutto ciò che aveva imparato, per la prima volta seguendo un suo obbiettivo.

 

Si sentiva egoista, in un remoto angolo di sé. Ma in realtà la fiducia nelle ragazze rimaneva, per cui sperava che anche loro si stessero dirigendo verso la sua direzione.

 

 

La periferia di Namimori, dove era cresciuto, era stata completamente evacuata anche da ogni forma di sorveglianza militare.

Non c’erano più rumori, auto, o edifici abitati in circolazione.

 

Fu proprio per questo fattore che il ragazzo avvertì a distanza, anche solo dopo poco tempo che aveva iniziato a spostarsi, una potente pressione atmosferica circondare una zona del ghetto, almeno ad un chilometro dalla sua destra. 

 

“ Drake !” senza nemmeno rendersene conto, sibilò quel nome tra le labbra, prima di virare a mezz’aria verso la fonte dello spostamento d’aria.

 

 

 

Anche il quartetto delle ragazze avvertì quella forte pressione,  scatenata immediatamente dopo un terribile suono di esplosioni.

 

Qualche minuto prima, dopo aver sconfitto Locusta, erano circa tre isolati più indietro.

Azura aveva concluso il suo attacco, riponendo il suo Steel Soul dopo che questo si era ritratto.

 

La rossa si era voltata verso le amiche, con un’espressione indecifrabile di durezza.

Poco dopo però, le sue labbra avevano tremato, come se stesse vacillando.

“ Dobbiamo raggiungere Tengoku …” Aveva sussurrato, un attimo prima di cadere in ginocchio, stremata.

 

Ora era sulle spalle di Akane, che senza il minimo sforzo correva mantenendo la sua normale velocità.

Dietro di lei, Akira e Momoka riuscivano a tenerle il passo, dimostrando una buona resistenza, forse anche spronata dall’adrenalina.

“ Cosa sta succedendo in questo posto ?!” Mentre il vento le scompigliava i capelli neri, e quelli rossi di Azura sulle sue spalle, Akane lanciò un’occhiata di frustrazione e ira al cielo.

Si era resa conto che quella loro missione era stata compromessa volontariamente da qualcuno.

 

Mentre sentiva quella frase, Akira, in coda al gruppo, vacillò. Vedendola, Momoka corse ad afferrarle un braccio, per impedirle di cadere.

Le due ragazze si guardarono negli occhi, e la bruna sembrò ricevere dalla presidente del consiglio studentesco uno sguardo di preoccupazione.

 

In un lasso di tempo che la ragazza non aveva saputo determinare, le si era palesata nuovamente una visione… o meglio, da quello che aveva capito, una percezione.

Aveva intravisto la sagoma di un uomo all’interno della tromba d’aria che spuntava dai tetti dei palazzi alla loro destra. Era evidente che quel fenomeno fosse stato generato da qualcuno, e il sol pensiero la inquietava.

 

In quel momento, il bagliore rosso si manifestò davanti ai loro occhi, sbarrando la strada.

I capelli di Kevin danzavano insieme all’aria bollente che vorticava attorno a lui.

 

In quel momento, nessun ostacolo sarebbe sembrato altrettanto insormontabile.

 

 

 

 

 

 

Diversi minuti dopo…

 

 

Il vento si era placato e nuovamente nella periferia di Namimori regnava il silenzio.

Le nuvole era state spazzate via dalla corrente , eliminando ogni ombra a protezione del caldo.

 

Il sole splendeva. Gli uccelli cantavano. Le foglie verdi cadevano dagli alberi.

Il giorno perfetto per commettere un’atrocità.

 

 

Tengoku emerse dalle fronde degli alberi, giungendo nella piazza circolare al centro del parco.

Individuò subito Drake. Era seduto su di una panchina, posto frontalmente alla direzione da cui era arrivato.

 

Il biondo sollevò la testa. Il suo sguardo cambiò diverse volte, mentre il bruno si avvicinava.

Lentamente, dalla sorpresa, sfumò alla malinconia, diventando infine vuoto e privo di emozioni.

 

“ Drake …” sussurrò Tengoku, con voce tremante. Il ragazzo volse i suoi occhi all’altro, mostrando un misto di tristezza e dolore.

 

Non era tanto complesso per Tengoku capire. Drake era lì, mentre tutti gli altri sembravano cercarlo.

Qualcosa stava accadendo, e il ragazzo capì dall’espressione del tedesco, che nemmeno lui sarebbe riuscito a fare qualcosa per il suo amico.

 

“ Ti prego, dimmi cosa sta succedendo.” Abbozzando un sorriso, Ten riprese a camminare verso l’altro.

Le sue mani tremavano come la sua voce. Doveva sapere cosa stava accadendo, altrimenti il dolore di vedere Drake in quelle condizioni lo avrebbe sopraffatto.

 

Ma, come forse si aspettava, il ragazzo si alzò dalla panchina, rimanendo in un silenzio ostile al tentativo di dialogo.

 

“ Vattene, adesso.”

Infine, fu proprio lui a parlare.

 

Tengoku si fermò.

“ Non posso spiegarti quello che sta succedendo, ma una volta per tutte voglio dirti quello che penso …”

Lo sguardo freddo del tedesco sembrò emanare nuovamente quella scintilla di paura e disperazione.

“ Io e Azura non siamo tenuti ad aiutarti in questioni che riguardano la tua famiglia, la mafia, o altri pericoli.”

Il tempo sembrò bloccarsi.

“ Io me ne vado.”

 

Quelle parole galleggiarono nell’aria per poi abbattersi con violenza sulle spalle del ragazzino, che venne assalito nello stesso istante da una scarica di brividi violentissima.

 

Energia negativa.

Fatalismo.

Rottura di un legame.

Apatia.

 

Come pioggia questi presentimenti, sensazioni, dubbi, paure e timori, sembravano cadere senza sosta.

 

Ma Drake parlava sul serio.

Non poteva continuare quel viaggio, inseguendo amori, amicizie e libertà.

Non era la sua strada, soprattutto perché facendolo avrebbe privato tutte le persone a lui care di questi beni.

 

“ Ti avverto: se non tornerai, anche a costo di doverti ferire, distruggerò tutto ciò a cui sei attaccato, lì dove ti trovi.”

Le parole pronunciate dal padre, le prime dopo anni in cui non lo sentiva.

Era vomitevole la sensazione di venir usati come pezzi di ricambio, sostituti o semplici pedine. Ma avrebbe preferito tutto quello, piuttosto che vivere con i sensi di colpa di aver ucciso i suoi amici.

 

Tu permetteresti tutto questo?

Una voce nella sua testa lo chiedeva di continuo. La domanda, seppur avesse molta spietatezza implicita, appariva sempre come una voce angelica, che cercava di rischiarare i suoi pensieri.

Era forse la voce di sua madre? Di Azura? Di Reborn?

 

Oppure, era soltanto un altro se stesso, che criticava la sua codardia, di cui si era macchiato innumerevoli volte.

Lui era un codardo, che temeva la morte, e che pensava che per nulla la mondo meritasse il sacrificio di una vita, o di un sogno.

Le persone muoiono, il tempo passa, e il mondo continua ad andare avanti nonostante questi cambiamenti.

 

Cosa ha veramente senso per te?

 

Un amicizia inaspettata, nata in una città qualsiasi nel mondo, temprata con un viaggio in un altro continente, e sopravvissuta a nemici spietati?

Sì. Quello aveva senso.

 

Per questo Drake avrebbe dovuto mentire ancora.

- Continua a mentire, Drake !- si diceva per farsi forza, per non trasformare quei pensieri in lacrime.

- Continua a farlo come hai sempre fatto con te stesso. Se puoi convincerti che tutto questo sia il modo migliore per andare avanti, puoi farlo anche con loro.-

Strinse i pugni, evitando di abbassare la testa, nonostante la voglia di sprofondare fosse troppa.

 

- Ma allora perché mi stai guardando così ?!-

 

Gli occhi di Tengoku erano sbarrati, puntati verso i suoi, ma emanavano un alone di pericolosità mai vista prima in quel ragazzo.

Il bruno mosse il suo prossimo passo.

 

Nuovamente, nella sua mente si era sovrapposta la voce di suo padre e il volto con cui lo aveva… cacciato.

VATTENE

 

“ Drake, tu non hai nessun diritto di dirmi questo !” esclamò Tengoku, facendo sussultare dalla sorpresa il tedesco.

“ Ah sì ?” rispose l’altro, notando che il suo corpo aveva incominciato a tremare per il nervosismo.

Vedere quel ragazzo alzare il tono di voce e lanciare quell’occhiata lo aveva scosso.

 

Ma, quando l’altro si fu avvicinato a sufficienza, poté notare un qualcosa di strano, esattamente contenuto in una fondina allacciata al fianco sinistro.

- Un coltello !-

 

Esclamò mentalmente, mentre il suo nervosismo gli esplodeva come una bomba in testa.

 

Agì di riflesso.

Tracciò una mezzaluna nell’aria con il suo braccio destro mentre scattava in avanti, andando a colpire con l’arto l’incavo del collo di Tengoku.

Questo si sbilanciò, scivolando verso destra.

 

Ma i suoi occhi non persero quella determinazione, e poggiando le mani per terra evitò di sbattere la testa, riuscendo anche a darsi uno slancio con le braccia per saltare.

Mentre era in volò, scalciò come se le sue gambe fossero diventate fruste.

 

Drake riuscì a parare almeno cinque calci indirizzati alla sua faccia, mentre successivamente osservava il ragazzo atterrare in piedi, poco distante.

 

È questa la strada che hai scelto? 

 

Ruggì tutta la sua disperazione, quasi fino a perdere la voce in una sola emissione di fiato.

Infine, senza dare una risposta a quella domanda, raggiunse con un salto il ragazzo, che non ebbe il tempo di schivare la sua carica.

 

Il biondo gli serrò il pungo sul collo della felpa, ma solo allora Tengoku riuscì a reagire: chiuse le braccia ad X su quello di lui, per poi dare un altro colpo di reni sufficiente ad alzarsi, e a sferrare un calcio verso la faccia di Drake.

 

Per la seconda volta, però, il Nindokai riuscì a prevedere lo Shadow Counter assassino.

Drake anticipò il calcio, afferrando anche la caviglia mentre manteneva la stretta attorno alla felpa di Tengoku. Infine, girandosi di centoottanta gradi, mosse entrambe le braccia dall’alto verso il basso.

 

Il ragazzino non venne scagliato questa volta, ma direttamente fatto cozzare contro la terra a meno di un metro da Drake.

 

Uno spruzzo di sangue macchiò il terreno quando la sua fronte rimbalzò sulle dure mattonelle del parco.

 

Forse Drake aveva appena dato una risposta alla domanda di prima.

Ma non lo sapeva. Non sapeva nemmeno cosa stesse facendo.

Gli stava piacendo? Provava piacere nel ferire uno dei suoi unici amici, il primo dopo tanti anni con cui si era confidato?

 

È tutto OK.

 

- Non è per niente OK !- Drake non sapeva più perché il suo corpo avesse iniziato  a muoversi di sua spontanea volontà.

Era come guardare un film, adesso. Poteva solo osservare le immagini muoversi davanti alla sua faccia, ma non sentiva più la sua stessa presenza.

 

Tengoku si stava rialzando dolorante quando lui gli si parò di fronte per la seconda volta, assestandogli un pugno in pieno volto.

Il ragazzo venne scosso come se fosse stato colpito da una bastonata, e l’impatto gli fece rotare il corpo in un giro quasi completo.

 

Questa rotazione, si interruppe però quando il bruno riuscì ad calciare con tutta la sua forza il viso di Drake.

Il naso del biondo si piegò sotto il calcio con il quale Tengoku aveva restituito il danno del suo pugno.

 

Rimasero entrambi immobili, prima che il dolore arrivasse al loro cervello, e il sangue gli bagnasse la bocca e le guance.

 

Non vedi che è tutto OK?

- Perché dici così ?-

Il dolore di Drake non era più solo fisico.

Stava morendo dentro, straziato da quella voce, dalla sua voce che diceva cose… che non avrebbe saputo definire come vere o false.

 

Tu hai chiamato questa sofferenza. Tu hai voluto tutto questo. I tuoi desideri sono stati avverati.

 

- NON SONO I MIEI DESIDERI !-

 

Entrambi i ragazzi scattarono l’uno verso l’altro, sferrando un pugno.

Avevano agito in totale sintonia, ma il colpo di Drake riuscì per primo a rompere la guardia dell’avversario.

 

Shadow Counter

 

Lo sentì arrivare.

Nuovamente la rotazione per incassare il danno stava portando ad un altro colpo.

Drake parò senza neanche voltarsi il manrovescio di Tengoku, come se l’avesse aspettato da sempre.

 

Non prestò attenzione alle emozioni che potevano essere lette nei suoi occhi, perché semplicemente tirò a sé il braccio, sbilanciando con una spazzata il ragazzo.

Vide che Ten stava provando a saltare come prima, così mosse l’altra mano, cercando di agguantargli il collo.

 

La mano del bruno però gli afferrò il polso… un secondo troppo presto per accorgersi che il tedesco aveva appena finto.

Drake riuscì così ad afferrargli anche il secondo braccio, sollevandolo leggermente da terra con uno strattone.

Infine, con un calcio in pieno stomaco lo scaraventò via a piena potenza.

 

Il corpo del ragazzino urtò contro una panchina, che nonostante l’urto gli impedì di cadere rovinosamente per terra.

 

Il dolore. Distruggere i tuoi legami. Veder bruciare ogni cosa che ti lega a questo mondo.

 È definitivamente quello che più agogni di veder realizzato.

 

Drake non rispose neanche. Non rispondeva più a quella voce, perché non la sentiva in una testa che gli appartenesse.

Semplicemente quella voce c’era. Esisteva. Diceva cose vere o cose false.

Ma esisteva anche Tengoku. Accasciato su di una panchina, con un rivolo di sangue che gli cola dalla bocca e dalla fronte.

Respira piano, ma ogni boccata d’aria è una lotta continua per rimanere cosciente.

 

Anche Tengoku l’ha attaccato. Quindi è un suo nemico?

Solo i nemici ti attaccato e ti sfidano.

 

 

Dall’altra parte, Tengoku Marco Sawada non respirava affatto affannosamente. E non lottava decisamente per sopravvivere e non soccombere.

Ogni colpo che prendeva, ogni volta che riusciva a scorgere un velo di tristezza negli occhi di Drake, la sua mente si faceva sempre più nitida.

Era come se le lacrime che piangeva interiormente stessero lavando via lo sporco che gli offuscava la vista.

La vista del suo cuore.

 

Il coltello era scivolato per terra, e adesso era davanti ai suoi piedi.

Come se le luci dei riflettori si fossero posati su quell’arma, l’attenzione venne rivolta verso quel punto.

Era come se anche i suoni e lo scorrere del tempo si fossero fermati ad assistere.

 

Una mano gelida, ma allo stesso tempo confortevole e soffice si posò sulla spalla del ragazzo.

“No.”

 

Un passo. Due passi. Tre passi. Quattro passi.

 

Il coltello era stato lasciato indietro, e così anche la figura fatta di ombra e luce, che ora osservava soltanto le spalle di Tengoku.

 

Il ragazzo dai capelli castani con una ciocca bianca, adesso voleva solo guardare Drake.

Un timido sorriso si dipinse sul suo volto, vacillando come se lo stesse conoscendo per la prima volta.

 

L’uno di fronte all’altro. Pochi mesi assieme, ma un silenzioso legame creato in delle stupide confessioni, aiuti reciproci e sorrisi di incoraggiamento.

Non si poteva costruire un’amicizia così. Ma forse perché loro non erano nemmeno normali amici.

 

La figura di tenebre e calore scomparve, emettendo un sibilo che non voleva assolutamente significare niente.

“… mio… mio.”

 

In quel momento, un’intensa vampata di calore sembrò silenziare la voce dentro Drake, ridonando per un istante soltanto la luce nei suoi occhi.

Il suo corpo si era riempito di una sensazione che lo bruciava dall’interno, in maniera quasi dolorosa dopo il freddo gelido che albergava dentro di lui.

 

Quando questa parvenza di calore scomparve, era rimasto soltanto il ricordo.

E Drake tenne stretto quel ricordo, prima che potesse piombare nell’oscurità come tutto il resto.

 

 

Un urlo si levò nel cielo.

In realtà erano state due voci ad emettere quel grido.

 

Tengoku lottava per poter provare nuovamente qualcosa.

Drake lottava per aspettare di nuovo quella sensazione.

 

Immediatamente lo scontrò riprese.

 

Il biondo si lanciò in una carica verso il ragazzo, che la schivò con un semplice salto per poi cercare di colpirlo al volo con una gomitata.

Ma il tedesco si era già lanciato verso il basso, evitando il gomito, per scivolare di pancia sul pavimento.

 

Con una rotazione si rialzò e, contemporaneamente, lanciò il coltello che aveva recuperato con quel tuffo.

Tengoku lo schivò mentre saltava in avanti, senza distogliere lo sguardo. La lama gli strappò il cappuccio della felpa che svolazzava nell’impeto della battaglia.

 

Quando atterrò, scatenò una raffica di calci e ginocchiate, sfruttando la differenza di altezza per cercare di colpire nel plettro solare dell’altro.

 

Ma Drake con una mano bloccò il ginocchio rivolto verso la sua zona sottostante all’addome, sferrando una gomitata verso il basso.

Simultaneamente sollevò il braccio destro, vibrando un manrovescio abbastanza debole a causa della vicinanza, ma che riuscì ad aprire un taglio nella guancia del bruno.

 

 

Così, Tengoku poté realizzare il piano che aveva ideato sin dalla sua prima mossa dopo la ripresa dello scontro.

 

Sollevando il braccio sinistro si aggrappò alla mano alzata di Drake, tenendola alzata in aria, mentre con il piede destro andava a scalciare sul ginocchio leggermente piegato dell’altro.

 

Sfruttando questo salto, fece forza sul suo appiglio, e con un’agilità inumana si girò in volo, riuscendo così a sedersi sulla spalla destra di Drake.

Il biondo non riuscì a seguire con gli occhi e con la mente i movimenti di Tengoku, che pareva star trascendendo ogni limite umano di elasticità muscolare e velocità.

 

Così il bruno avvolse la sua gamba sinistra attorno al collo dell’avversario, e tutte e due le sue braccia attorno a quello destro di lui.

Nel mentre la gamba destra passava sulla schiena di Drake, bloccando la sua spalla sinistra come un rampino.

 

Un simbolo dell’infinito aveva intrappolato la testa e il braccio destro di Drake come una gogna medievale, e lentamente questa morsa iniziò a flettere i due punti.

Il ragazzo urlò, ma tutto il suo fiato fuoriuscì soffocato e debole.

 

Un rumore di schiocco indicò che la sua spalla stava spostandosi un po’ troppo dal suo torace, ed i muscoli del collo si stavano stirando.

 

Il Boa constrictor è un serpente della famiglia dei Boidi che utilizza la forza schiacciante delle sue spire per soffocare il nemico.

La presa applicata da Tengoku è stata studiata personalmente da lui durante un lungo studio sui metodi di caccia e difesa animali.

Senza nemmeno immaginarlo, il risultato era pressoché identico alla Presa del Plettro Bianco: Haisangen, praticata da I-Pin, una dei più temuti killer della mafia al servizio dei Vongola.

Ma, come già detto lui non ne è conoscenza, per questo il nome dato alla tecnica è…

 

“ Boa Counter !”

 

- S-sto… soffocand… o!- La laringe di Drake stava venendo schiacciata in una morsa a tenaglia, tra la gamba e l’intero corpo del ragazzo.

Non potendo arrivare aria al cervello sarebbe collassato in poco tempo, se non avesse trovato un modo per liberarsi.

 

Così fece appello a tutte le sue forze, per poi spiccare un salto in avanti.

Fu un pensiero irrazionale, completamente campato per aria.

 

Ma in quell’istante di sospensione tra il vuoto, la terra e il cielo, Drake aprì gli occhi.

Gli sembrò di ritornare su quel paracadute.

 

Il paracadute con il quale era ritornato in Italia dopo gli allenamenti di Kaiman e Yukiteru in Germania.

 

“ Controlla la paura, Drake! Non puoi vincerla ma puoi controllarla, maledizione.”

Non era stata quella voce a parlare. Era lui!

 

Un secondo prima di schiantarsi per terra, Tengoku abbandono la presa e saltò via.

Drake, invece, come se nulla fosse successo eseguì una Mae Ukemi e atterrò indenne.

 

Il ragazzo dai capelli bruni si sollevò da terra, con uno sguardo impassibile.

Negli occhi del suo amico era ritornata quell’oscurità colma di paura e dubbi.

 

Si poteva chiaramente notare dal suo viso in tensione, come se stesse tremando mentre cercava di rimanere immobile.

Tutti quei ricordi, quelle emozioni, stavano di nuovo sprofondando nel buio.

 

Lasciati andare alla tua vera ragione.

- Uccidimi… Tengoku !- Una lacrima solitaria sfiorò il cuore di Drake, non potendo però raggiungere la superficie.

 

-Io non sono un assassino Drake. E soprattutto, se c’è un problema lo affronteremo insieme.

-Cosa?

 

Improvvisamente, mentre il ragazzino si avvicinava all’amico, le loro menti e i loro pensieri stavano entrando in contatto.

Anche attraverso gli occhi d due ragazzi che avevano affrontato la paura di un mondo più grande di loro.

 

-Ma se io sparissi tutti voi sareste al sicuro.

-No. Di te abbiamo bisogno fino alla fine, perché nessuno è come te, Drake.

 

-Io non sarei nemmeno dovuto nascere per gli scopi di mio padre.

-È insieme che riusciremo a risolvere i nostri problemi. Se uno di noi scapperà, scapperemo insieme. Se uno di noi combatterà, combatteremo insieme. Drake… se non posso fidarmi di te, allora non saprei proprio di chi farlo.

 

Negli occhi di Tengoku in quel momento erano riflesse le immagini che Drake visualizzava nei suoi pensieri: suo padre, la tomba di sua madre, Azura, la loro casa in Germania, il sangue, il denaro… la morte.

Come se si stessero riflettendo su di uno specchio d’acqua, che in realtà nasconde un fondale molto profondo ed oscuro.

 

 

“ Cos’è quindi… quella cosa di cui mi parlavi ?”

Yukiteru e Reborn ormai comunicavano attraverso una linea telefonica protetta.

 

Il Tutor si trovava a Namimori, nella zona periferica presidiata dai soldati che, in pochi minuti aveva abbattuto senza sforzo.

Osservava dall’alto di un palazzo la zona del parco dove i due ragazzi combattevano da almeno mezz’ora.

Dopo molto tempo un sorriso beffardo era tornato sul suo volto, mentre dall’altro capo Yukiteru diventava sempre più nervoso per i silenzi o le risatine del killer.

“ È una delle tante tecniche che Ten-baka ha inventato da solo, senza l’aiuto di nessuno, ma soltanto grazie alla conoscenza dei suoi stessi limiti.”

“ Cosa sarebbe ?” ripeté il vice-direttore della C.E.D.E.F, stavolta mordendosi il labbro inferiore per il nervosismo accumulato.

 

“ Una mossa talmente geniale che sono sicuro che migliaia di assassini pagherebbero il loro peso in oro per farsela insegnare. È … ”

 

 

“Amigdala Shock !”

 

In quel momento Drake non capì cosa successe. Non se ne rese nemmeno conto, perché davanti a lui quello che aveva fatto Tengoku esisteva e non esisteva allo stesso tempo.

 

Dopo il semplice schiocco di dita del ragazzo, le immagini proiettate negli occhi di entrambi sparirono in un lampo di luce.

La mente di Drake era stata completamente ripulita da ogni forma di dubbio e timore, esattamente come era successo a Tengoku poco prima.

 

 

L’Amigdala (dal greco Amygdala) è una parte del cervello che gestisce le emozioni, la memoria emozionale e, in particolar modo la paura. Il rilascio di adrenalina determinato dall’iperattività dell’amigdala può causare timidezza e un costante senso di paura, definito generalmente come paranoia.

Inoltre è la causa determinante degli istinti, in quanto reagisce prima che le informazioni arrivino alla corteccia cerebrale.

Tengoku è entrato in possesso delle capacità necessarie per poterne influenzare l’attività attraverso l’ipnosi.

 

Utilizzando un particolare modo di approcciarsi alla persona che ha di fronte, come fanno molti animali, a loro insaputa riesce a stabilizzare le loro emozioni, facendo concentrare tutti i pensieri sui suoi occhi.

A quel punto, un rumore non troppo forte come uno schiocco di dita riesce a far breccia nell’amigdala, impedendole di realizzare il cambiamento di situazione, e di conseguenza di causare un’emozione adatta.

Questo “blocco” dura pressoché una frazione di secondo, ma consente alla corteccia celebrale di poter interpretare le emozioni senza  i sintomi negativi sopra citati.

 

In questo modo, Drake è stato liberato dai rimorsi e dalla straziante tristezza… ma anche da un intruso inaspettato.

 

Infatti, quando il giovane tedesco si accasciò sulle proprie ginocchia, dalla sua testa fuoriuscì un minuscolo essere.

Era simile ad una zanzara, ma formata di energia viola e nera, palesemente malvagia.

 

Una volta fuoriuscita, però, si dissolse nell’etere con un sibilo di agonia.

 

 

 

Rimase soltanto il silenzio, mentre l’ombra delle nuvole si allontanava da quello spiazzo di cemento nel parco, ora macchiato di sangue.

Il freddo lasciò il posto a dei timidi raggi di sole, che fecero breccia tra le fronde degli alberi, disegnando un rosone sul pavimento con i motivi dei rami. Non un suono osava rompere quella calma irreale.

 

 

Ah, invece tu sei Tengoku! Ho sentito parlare di te.

 

Non mi importa per quale causa combatte la tua Famiglia. Se stavi per mettere in pericolo mio sorella, allora ti sbagliavi di grosso.

 

A quanto pare hai vinto, giusto moccioso? Sei abbastanza forte da proteggere mia sorella, è vero. Ma io mi oppongo se pretendi che suo fratello non possa scortarla insieme a voi. Nessun problema, vero? Hihihi!

 

Uhm… e poi… ti piace mia sorella, vero ?

 

“ Dannazione !!” tra una risata e un singhiozzo di pianto, Drake colpì con il suo pugno insanguinato il terreno.

Non si rendeva conto del perché di quel sorriso che si era dipinto sul suo volto, ora bagnato da lacrime copiose, ma non gli importava.

 

Una mano gli venne offerta, sopra la sua testa.

I due ragazzi si guardarono negli occhi, e senza dire nulla continuarono a sorridere.

Tengoku sia lasciò afferrare la mano, e il tedesco si alzò.

 

Ma alla fine, per pura casualità, entrambi s ritrovarono a sussurrare una parola nello stesso momento.

 

Danke …

 

 

 

“ Uff… per fortuna hanno risolto.” Yukiteru riattaccò la linea, sospirando profondamente mentre si infilava il telefono in tasca.

Era all’aeroporto del centro di Namimori, più precisamente nella sua macchina parcheggiata nei confini del cancello d’ingresso.

 

“ Yare yare daze! Ci hanno fatto prendere una bella paura, comunque. Maledetto fratellino …”

Al suo fianco, un ragazzo dai capelli rossi mossi e lunghi fino alla base del collo ridacchiò, per nulla indispettito nonostante le sue parole.

Indossava una piccola maschera rossa scarlatta a forma di ala che gli copriva il lato destro della faccia facendo soltanto intravedere dal foro, un occhio verde smeraldo.

L’altro, quello visibile, invece era rosso cremisi, con una runa visibile sopra la pupilla.

 

Vestiva due pantaloni larghi neri, sotto una pancera, e con delle strisce sulle estremità, poco sopra i genta tradizionali giapponesi che portava. Il dorso nudo era ricoperto da un mantello rosso dal collo a V, dove era ricamata un nome proprio.

 

Simon sogghignò, facendo schioccare le nocche di una mano, mentre con l’altra si appoggiava la sua nodachi sulla spalla. Buttò la testa all’indietro, rivolto alle due persone sedute alle sue spalle.

Erano Yuro Raiko, l’Undicesimo Guardiano della Foresta dei Simon, e Aris Chosen, l’Undicesimo Guardiano del Ghiacciaio dei Simon.

 

I due parevano abbastanza tranquilli, ma mantenevano un sorrisino che chiaramente voleva dire “ Te l’avevamo detto !”   

 

Yukiteru guardò con la coda nell’occhio i tre ragazzi appena arrivati dall’Italia in fretta e furia, e non poté fare a meno di sorridere, notando la forza del loro legame con Tengoku e i suoi amici.

 

Ma proprio quando il vice direttore della C.E.D.E.F stava per riaccendere l’auto, un sussulto proveniente da Simon lo spaventò.

 

“ Merda …” Il neo-Undicesimo Boss dei Simon aveva improvvisamente mutato espressione, mentre i suoi occhi erano puntati verso il cellulare che teneva nella mano libera.

Immediatamente i suoi Guardiani si sporsero preoccupati, così come Yukiteru, che voleva in tutti i casi sperare che non un altro problema sarebbe sorto dopo quello di Drake appena risolto.

 

Ma, sfortunatamente, presto appurò che i guai per loro avevano un pessimo, ma terribilmente preciso, tempismo.

 

Lentamente, come se fosse spaventato anche solo dalle sue parole, Simon sussurrò:

 

“ Zaffira ed Angelo hanno appena incontrato il Teschio in Italia …”

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo Autore:

WELCOME BACK!! (E lo scrivo in caps-lock perché avevo una voglia matta di urlarlo!)

FINALMENTE siamo tornati con Story of a Family, praticamente oltre la metà della Seconda Saga. Sì, ve l’ho spoilerato, tièh xD!

Con il prossimo capitolo concluderemo anche questa piccola mini-saga del Ritorno a Namimori, ma in questo capitolo sono successe molte cose di cui spero vivamente di parlare con voi nelle recensioni.

Inoltre, nel prossimo aggiornamento scopriremo anche cosa è successo durante lo scontro tra Drake e Ten, alle ragazze, a Kiiro e a Kevin in Berserker Mod.

Mi raccomando, fatevi sentire!

(Perché ogni volta che un ex-recensore abituario non recensisce più, un piccolo cucciolo di Master nel mondo viene costretto a studiare l’inglese da un giapponese con accento russo!)

 

Dico soltanto che con l’Amigdala Shock ho creato l’anticristo della psicanalisi, roba che praticamente Freud fatti da parte che è arrivato Tengoku madafaka!

Smettiamola con gli scleri, anche se sono giustificabili dato che non vedevo l’ora di aggiornare, e… vi lascio con dei piccoli omake (novità originalixxima!11!!) di fine capitolo.

Alla prossima, amigdalini!

P.S: Quanti vorrebbero il prossimo aggiornamento di Dicembre a Capodanno, esattamente come l’anno scorso?

 

 

Omake Numero Uno: Problemi di lingua.

 

E così Tengoku e Drake, finalmente riappacificati, si strinsero la mano.

 

“ Danke.” Sussurrò il biondo sorridendo.

“ Che cosa hai detto, scusa ?” domandò Tengoku, assumendo un’espressione sorpresa e confusa.

“ Ehm… vuol dire Grazie.”

“ In che lingua ?”

“ Tedesco. Ten, tu almeno sai che io sono tedesco ?” Drake parve insospettirsi, incrociando le braccia al petto e mollando la mano dell’altro.

“ Ma sì… bho, credo di sì. Ma scusa, perché non l’hai detto in giapponese ?” Anche Tengoku parve farsi qualche domanda, ma dopo quella frase un barlume di indecisione apparve negli occhi dell’altro.

 

“ Come giapponese? Ma noi… non stiamo appena parlando in italiano ?”

“ Drake… tu non sai l’italiano.” Esclamò Tengoku, spalancando gli occhi per la sorpresa.

 

“ NOOOOO! MALEDETTO AUTORE BASTARDO !!!” Il ragazzo biondo di accasciò al suolo, urlando tutta la sua frustrazione verso un autore che scriveva cose senza senso.

 

 

Omake Numero Due: I cellulari… i più grandi nemici dell’umanità.

 

“ E va bene, per fortuna è andato tutto per il meglio.” Finalmente Yukiteru, dopo essere stato in tensione per tutta la durata della telefonata, poté rasserenarsi.

“ Già. Senti, ma tu… ”domandò all’improvviso Reborn, con tono serio.

“ Dimmi…”

“ Siamo in chiamata da tipo un quarto d’ora, no ?”

“Uhm, sì. Quindi ?”

“ Hai cambiato scheda telefonica per non pagare di più all’estero?”

 

E fu in quel momento che Yukiteru realizzò di non essere più in Italia.

 

La telefonata si chiuse d’improvviso.

“ No, no, no, NO !” urlava disperato, mentre cercava di ricomporre il numero di Reborn.

 

Ma un terribile messaggio gli confermò il peggio.

“ Il suo credito residuo è insufficiente per effettuare la chiamata.”

 

“ AVEVO APPENA RICARICATO DIECI EURO!!! NOOOOOO !”

 

Fin.

 

 

 

 

 

   
 
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