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Autore: happy ending    14/11/2016    2 recensioni
Missing moment tratto dal capitolo 22 di "Harry Potter e l'Ordine della fenice", in cui i fratelli Weasley, Harry e Sirirus si ritrovano da soli ad aspettare notizie sul Signor Weasley dopo l'attacco del serpente.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Famiglia Weasley, Harry Potter, Sirius Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
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SULLA STESSA BARCA (Lotta contro il capitolo 22)
Angolino dell’autrice
Ciao a tutti!
Vorrei fare una piccola premessa prima di lasciarvi leggere in pace...
In questa brevissima one-shot ho deciso di riprendere una parte del ventiduesimo capitolo di “Harry Potter e l’Ordine della fenice”: "L'ospedale San Mungo per Malattie e Ferite Magiche". Si tratta di quasi due paginette che, ogni volta che decido di rileggere il libro, sono solita saltare. Qualche anno fa ho passato una nottata infinita ad aspettare notizie riguardo a mio padre, dopo averlo trovato a terra in preda a un ictus... Da quel giorno rileggere quel capitolo mi fa stare male, perché la paura dei fratelli Weasley la sento ancora forte. Di recente sono sorti altri problemi di salute in casa, ed ho passato un’altra nottata infinita ad aspettare terrorizzata. Ho pensato a questa fanfiction come a una sorta di sfida al capitolo 22, alle mie paure che ora più che mai non mi lasciano proprio andare.
Nella mia vita, così come nel libro, c’è una famiglia straordinaria, dei fratelli meravigliosi, che hanno sempre saputo sorreggermi in ogni momento. Sono la mia ancora e li rivedo parecchio nei Weasley, per  questo si è creata un sorta di parallelismo mentre scrivevo. So che non è granché, né per il contenuto che per il modo in cui è scritta, ma prendetela come un mio sfogo personale :)
Spero comunque che vi piaccia almeno un po’ :)
Vi abbraccio forte... E ricordatevi di cercare le cose belle e di crederci anche quando va tutto male.
Buona lettura :)

Dal capitolo 22: L'ospedale San Mungo per Malattie e Ferite Magiche

    Posò la bottiglia più forte di quanto volesse, e un po’ di Burrobirra traboccò sul tavolo. Nessuno ci badò. Poi una lingua di fuoco a mezz’aria illuminò i piatti sporchi di fronte a loro, e tra esclamazioni di sorpresa un rotolo di pergamena cadde sul tavolo, insieme a una piuma dorata di fenice.
    «Fanny!» esclamò Sirius, afferrando la pergamena. «Non è la scrittura di Silente… dev’essere un messaggio di vostra madre… tieni…»
    Lanciò la lettera tra le mani di George, che la aprì e lesse ad alta voce: «Papà è ancora vivo. Sto andando al San Mungo. Restate dove siete. Vi darò notizie appena posso. Mamma».
    George guardò gli altri.
    «Ancora vivo…» ripeté lentamente. «Ma se dice così…»
    Non finì la frase. Anche a Harry parve che il signor Weasley fosse sospeso tra la vita e la morte. Sempre straordinariamente pallido, Ron fissava il retro della lettera come se gli potesse sussurrare parole di conforto. Fred sfilò la pergamena dalle mani di George e la rilesse da solo, poi guardò Harry, che sentì la mano tremare di nuovo e la strinse più forte attorno alla bottiglia.
    Se Harry aveva mai passato una notte più lunga di quella, non lo ricordava. Sirius a un certo punto suggerì, senza la minima convinzione, che andassero tutti a letto, ma gli sguardi disgustati dei Weasley furono una risposta sufficiente. Rimasero seduti attorno al tavolo in silenzio, a guardare lo stoppino della candela affondare sempre più nella cera liquida, avvicinando di tanto in tanto le bottiglie alle labbra, parlando solo per chiedere l’ora, per chiedersi ad alta voce che cosa stava succedendo, e per rassicurarsi a vicenda che se ci fossero state brutte notizie le avrebbero sapute, perché la signora Weasley doveva essere già arrivata al San Mungo da un pezzo.
    Fred si appisolò, con la testa che ciondolava sulla spalla. Ginny era acciambellata sulla sedia come un gatto, ma non dormiva; Harry vedeva il fuoco riflesso nei suoi occhi. Ron era seduto con il capo fra le mani; impossibile dire se fosse sveglio o no. Harry e Sirius si guardavano di tanto in tanto, sentendosi degli intrusi nel dolore della famiglia… e aspettavano, aspettavano…


Era trascorsa solo un’ora dall’arrivo del messaggio della signora Weasley e sembrava essere passata un’eternità.
Ginny alzò la testa e diede una rapida occhiata ai suoi fratelli. Cercò in particolare lo sguardo di George, sperando facesse una delle sue battute stupide, ma lui si limitò a rivolgerle uno stanco, debole, striminzito sorriso. Solitamente, quando uno di loro si trovava in una situazione difficile, i fratelli tentavano in qualsiasi modo di tirarlo su; eppure, in questo caso, erano tutti sulla stessa barca... E non è facile provare a non lasciare affondare sia gli altri che se stessi. Cercò di dire qualcosa, avrebbe solo voluto riuscire a calmarli un pochino, ma c’era quel dannato nodo in gola che le impediva di parlare e questo le fece venire ancora più voglia di piangere.
Si alzò lentamente, un po’ indolenzita per la posizione mantenuta troppo a lungo, e si diresse verso il bagno. Sentì gli sguardi di Harry e Sirius su di lei e pregò mentalmente che non la seguissero: aveva bisogno di stare sola per qualche istante.
Appena entrò in bagno, si intravide nel grande specchio appeso alla parete: viso tremendamente pallido, occhi stralunati, capelli spettinati; le venne quasi da ridere davanti a quello “spettacolo”... Eppure pianse. Pianse come non faceva da quando era  bambina, singhiozzando.
 “Papà è ancora vivo”.
Le parole di sua madre rimbombavano simili a pugni nella testa. Non aveva mai pensato alla possibilità di perdere un membro della propria famiglia... E di certo non aveva mai provato una paura così forte da farle perdere il controllo. Non era lei la ragazza nello specchio, non quell’esserino dall’aria intontita, stanca, confusa, persa.
Si dette qualche schiaffetto sulle guance, poi si lasciò cadere sul pavimento, con la schiena appoggiata alla superficie ghiacciata della vasca.
Non è assurdo come tutto possa stravolgersi in un secondo? Un attimo prima si è in un comodo letto a sognare ippogrifi, mentre quello dopo ci si ritrova in una casa grigia, cupa, estranea, a pregare che il proprio padre non muoia. Provava un potentissimo bisogno di correre da lui al S. Mungo, fare qualcosa, qualsiasi cosa, anche solo accertarsi che i Guaritori stessero prendendo il problema seriamente... Tuttavia, aveva anche paura di vederlo e rendersi conto di quanto quell’uomo tanto buffo, pieno di energie e curiosità, che da piccola la faceva volare in aria e la riprendeva, fosse fragile e distruttibile proprio come tutti gli altri esseri umani.
“La verità - pensò Ginny tra sé - è che certe cose non crediamo mai che possano accadere a noi... Succedono sempre tutte a qualcun altro”.
E poi ci si ritrova spiazzati, svuotati, travolti da una paralizzante sensazione di panico, incapaci di agire.
All’improvviso, sentì una risata rauca dal piano di sotto e intuì che provenisse da Ron; l’effetto che questa ebbe su di lei fu simile a una candela accese nel buio più opprimente. Si alzò di scatto e si sciacquò abbondantemente il viso, come a voler eliminare ogni pensiero, poi tornò nella cucina insieme agli altri.
Trovò Fred con addosso un mantello nero vecchio di chissà quanti anni, che si cimentava in un’egregia imitazione del professor Piton; era in piedi sul tavolo e sfilava avanti e indietro, fermandosi solo ogni tanto per guardare male Harry e maledirlo con la sua petulante parlantina.
George e Sirius gli lanciavano contro i tappi delle burrobirre, mentre Harry e Ron ridevano divertiti.
Quando quest’ultimo si accorse della presenza della sorella, le si avvicinò e le avvolse le spalle con un braccio. Lei lo guardò un po’ smarrita.
“Che fate?” chiese.
“Cose da Weasley” le rispose lui, scompigliandole ancora di più i capelli con un piccolo sorriso.
“Papà...?”
“Starà bene, ora cerchiamo di tenerci su... Ok?”
Ginny li guardò mentre ancora facevano gli sciocchi e si sentì la persona più fortunata dell’universo. Era vero che si trovavano tutti sulla stessa barca... E proprio per questo si sarebbero salvati sicuramente. Era come se il tempo si fosse fermato, come se si fosse creato un universo parallelo: loro in quella piccola stanza grigia, a combattere la paura e la rabbia, mentre il resto del mondo, ignaro dell'accaduto, fuori a vivere.
Fece un lungo sospiro, poi esordì con un : “Ehm ehm”, che fece voltare tutti di scatto con sguardo terrorizzato.
   
 
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