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Autore: Portgas xyz    17/11/2016    2 recensioni
Pugno di Fuoco é uno spirito libero. Nelle sue vene scorrono le fiamme e tutto il suo essere brucia più di mille soli. Ha la determinazione che serve per arrivare in alto e conquistarsi il suo giusto posto nel mondo e sa anche da dove vuole iniziare. La sua punta di diamante, infatti, sarà la testa di uno dei quattro Imperatori.
Solo che, all'inizio della sua avventura, non aveva immaginato che avrebbe dovuto passare buona parte del viaggio a stretto contatto con quello che aveva soprannominato nemico.
Mantenere a bada le fiamme non sarà di certo facile, ma farà ugualmente vedere a tutti quei pirati di cosa é capace.
Anche se ai loro occhi é solo una donna.
Attenzione, Fem!Ace.
Portgas xyz.
Genere: Avventura, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Barba bianca, Marco, Pirati di Barbanera, Portuguese D. Ace
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
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Whitebeard Pirates’ Flame.

 

6. Spegnimi.

 

Quel mattino Anne si era svegliata insolitamente di buon ora, quando il sole ancora doveva sorgere e l'alba stava accennando il suo imminente arrivo. 
Non era stanca, diversamente dalle altre volte in cui le capitava di scendere presto dal letto, ovvero prima di mezzogiorno, perché la sera precedente era crollata da qualche parte della nave, colta da un attacco di narcolessia, ma non ricordava come ci era finita poi nel suo letto.
Lasciando perdere tutto con una scrollata di spalle, uscì sul ponte, ritrovandosi a respirare a pieni polmoni quell'aria fresca che sapeva di cielo, mare e libertà. Il cuore batté persino più velocemente, tanto era contenta di poter assaporare quei momenti di pace che raramente si concedeva. 
Si diresse verso l'albero maestro, passando accanto alla cabina di Barbabianca, perfettamente intatta dopo che lei e Satch l'avevano ricostruita. Ci avevano messo circa un mese, allungando i tempi perché un paio di volte, colta dall'isteria, aveva bruciato qualche cosa. 
Ad ogni modo, era stata rimessa a nuovo e il vecchiardo aveva pure dato una festa in onore della sua nuova camera da letto alla quale lei si era rifiutata categoricamente di partecipare. Lei le distruggeva le cose, non faceva feste per averle ricostruite. 
La ignorò, superandola e stringendo i pugni. Il russare pesante si sentiva fino a fuori, ma non era in vena di tentare un altro attacco alla salute di Newgate perché, anche se odiava ammetterlo, la botta alla schiena che si era beccata la settimana prima le doleva ancora.
Forse aveva esagerato o forse aveva dato motivo agli altri di pensare che volesse fare una strage, ma la verità era che, dopo aver tentato un altro dei suoi assalti, non era riuscita a spegnere le fiamme. In quell’occasione si erano come rifiutate al suo volere e avevano continuato ad agitarsi anche quando Satch le si era avvicinato per calmarla col suo solito sorriso, rischiando di venire bruciato.
Anne aveva subito tentato si scusarsi, avvisandolo che non era lei che non andava, ma a quel punto poco era valso il suo tentativo di spiegarsi.
Era intervenuto il Primo Comandante, atterrando da chissà dove ad un passo da lei, sovrastandola con la sua altezza e guardandola come se fosse stata la cosa peggiore e più cattiva del mondo.
Non sapeva bene perché, ma le aveva fatto più male in quel modo che nel lato fisico. Sapeva di essere sbagliata, ma vederselo sbattere in faccia in quella maniera era stato... Brutto.
Marco l'aveva scagliata contro il parapetto in un secondo, facendo scricchiolare le assi di legno, e le sue vertebre, in modo sinistro, mentre sul ponte era calato il silenzio più tombale. 
Aveva tossito sangue, ma ormai non si impressionava più per così poco, perciò si era pulita la bocca con un polso e si era rialzata, barcollante, ma lo aveva fatto, senza ascoltare la voce della ragione che le aveva consigliato vivamente di arrendersi, mettendosi invece in posizione di attacco e lasciando che le fiamme le avvolgessero braccia e gambe. 
Se non era riuscita a spegnersi, si sarebbe fatta spegnere.
Aveva guardato Marco e lui l'aveva fissata a sua volta. Non si era mai soffermata a studiarlo bene, non sapeva come si muoveva e ogni volta che la mandava fuori bordo era troppo improvviso anche solo per percepirlo e assimilare il modo di combattere. Non sapeva niente di lui, né del suo potere e della sua forza, ma non importava. Conosceva se stessa abbastanza bene da sapere che non la spaventava e che non avrebbe abbassato la testa pe nessuna ragione. Poteva essere fortissimo, anche il migliore, ma lo era anche lei. Era lei che aveva dominato le acque fino all'Arcipelago Sabaody e nulla le avrebbe impedito di farlo anche nel Nuovo Mondo. 
Così si era lanciata all'attacco, colpendo Marco con calci e pugni infuocati, invocando barriere di fuoco e reti fiammeggianti per chiuderlo in uno spazio delimitato per lasciare fuori gli altri, tenendoli al sicuro. Non era riuscita a colpirlo nemmeno di striscio, ma non si era fermaa ugualmente. Aveva continuato ad attaccare senza sosta mentre lui schivava i colpi con facilità, cogliendo tutte le occasioni per colpirla l'attimo dopo che aveva sferrato un colpo, spingendola a terra, sbalzandola per qualche metro o semplicemente facendola incassare e chinarsi per attenuare un poco il dolore.
Ma Anne non si era fermata. Era stanca, spossata, i muscoli le dolevano e il respiro bruciava nei polmoni come se fosse stata piena di cenere, eppure le fiamme non si erano ancora spente e ardevano minacciose contro Marco che, impassibile, continuava a guardarla con quello sguardo impossibile da decifrare, anche se lei era certa che potesse solo disprezzarla od odiarla. Dopotutto, chi avrebbe potuto capirla? Aveva tentato fino al giorno prima di uccidere Barbabianca, perché avrebbero dovuto credere che non stesse tentando di farli fuori tutti? Lei però  voleva proteggerli, voleva evitare di compiere una carneficina che comprendesse anche i suoi uomini fidati, almeno era quello che si ripeteva per evitare di accettare il fatto che volesse salvare anche tutti gli altri. Se non poteva controllarsi, almeno il più forte lì a bordo l'avrebbe fatto al posto suo. Marco, però, non l'aveva ancora spedita ammollo e lei lo stava maledicendo per quello.
Era sfinita, ma doveva continuare ad attaccare per dargli un motivo per stenderla, anche se quello sembrava stare solo perdendo tempo e ciò le dava altamente fastidio.
Quindi aveva preso lo slancio e si era scaraventata addosso a lui, dirigendo il suo micidiale Pugno di Fuoco sul suo petto, contro il simbolo della ciurma che aveva tatuato e che sfoggiava con fierezza tenendo aperta la camicia. 
Marco dovette pararlo quello, facendosi scudo con le braccia e divaricando le gambe per non perdere l'equilibrio. Non aveva usato il potere del frutto, ma si era ricoperto di armatura per neutralizzare il fuoco, assimilando ogni dettaglio dell'attacco di Anne. Il fuoco, le fiamme, la disperazione.
-Spegnimi!- gli aveva detto la ragazza, un sussurro appena accennato che non era nemmeno certo di aver udito. Forse lo aveva solo immaginato, ma quegli occhi neri erano stati troppo sinceri per farlo dubitare e, per quanti guai avesse causato quella mina vagante da quando era arrivata, non poté fare a meno di ascoltarla, evitando il colpo successivo spostandosi di lato e facendo barcollare Anne in avanti che, trovando il vuoto, aveva perso l'equilibrio per la forza che aveva messo nel suo pugno. 
Poi era arrivata la fitta lancinante alla schiena e la sua visuale aveva vacillato fino a inquadrare il pavimento e le assi cotte da sole, ma tirate a lucido, solo più calde del previso per via del fuoco. Con fatica aveva sollevato una mano e, nonostante avesse sentito le forze venire meno, aveva resistito fino a che non aveva avuto conferma che le fiamme si erano effettivamente spente. Solo allora si era permessa di abbandonarsi alla stanchezza, sfinita, senza nemmeno un briciolo di energia o di scintille, vedendo le figure sempre più sfocate e sorridendo debolmente.
Si era spenta, alla fine.
Tirò un sospiro di sollievo ripensando a quel giorno, massaggiandosi distrattamente la parte bassa della schiena mentre ricordava il combattimento, se così poteva chiamarlo.
Aveva fatto schifo, doveva ammetterlo e ciò faceva ardere il suo orgoglio, ma era la verità. Non lo aveva colpito nemmeno una volta e si era resa conto che il suo modo si combattere aveva un sacco di falle. Troppo diretto e istintivo, non si fermava a pensare, a fare strategie, non studiava l'avversario, attaccava e basta, come un animale. Aveva funzionato fino ad allora, ma non andava più bene e, per quanto detestasse farsi un esame di coscienza, sapeva che doveva allenarsi e migliorare perché non era più abbastanza. Non riusciva a controllare nemmeno il suo potere, come avrebbe potuto quindi raggiungere i suoi obbiettivi? 
Stava rimuginando su tutte quelle cose, quando udì dei passi avvicinarsi con calma. 
Non si scompose a guardare chi fosse, un po' se lo immaginava e, a dirla tutta, se lo aspettava, perciò rimase a guardare l'orizzonte, godendosi quella poca tranquillità che si creava quando tutti dormivano ancora, attenuando per qualche ora il brusio concitato che c'era durante il giorno.
Marco la affiancò pochi istanti dopo, le mani nelle tasche dei pantaloni leggeri e azzurri come i suoi occhi, l'aria rilassata e i capelli ancora disastrati per il sonno. Lei, però, non era nessuno per giudicare perché era consapevole di avere l'aspetto di una stracciona, capelli aggrovigliati compresi.
Non si parlarono, non l'avevano mai fatto, ma lei non parlava con nessuno se non con i suoi uomini. E con Satch, ma lui la assillava per ore prima di intavolare una conversazione che la faceva dubitare della sanità mentale dell'uomo.
Aveva notato che, dalla scorsa settimana, Marco le si avvicinava spesso e apparentemente senza l'intenzione di raggiungerla, per esempio legando una cima o sistemando qualcosa giusto vicino a lei. All'inizio Anne non ci aveva fatto caso e aveva davvero pensato di trovarsi sempre in mezzo quando lui lavorava, poi si era accorta dell'occhiata che lanciava alla sua schiena e poi al suo viso e aveva capito la tacita domanda. Era un modo silenzioso e riservato di chiederle come stava e lei aveva preso ad annuire. 
Anche il quel momento di sentiva osservata e si godette per un attimo la sensazione. Non era male, nessuno mai la guardava con garbo e avrebbe potuto abituarsi alla cosa. 
Annuì, sorridendo distrattamente tra sé e pensando che le faceva ancora male quando si alzava dal letto, ma il dolore era diventato sopportabile e stava svanendo. Ci era andato giù proprio pesante con lei e la cosa invece che dispiacerle la faceva sentire forte, voleva dire che era stata un osso duro alla fine.
Come da copione, Marco se ne andò poco dopo a sbrigare le sue mansioni, lasciandola in pace senza opprimerla. Aveva capito che, se avesse avuto bisogno, si sarebbe fatta avanti in un modo o nell'altro, sperava però di non dover più ricorrere alla violenza e lei pregava tutti i Santi per non doversi più abbassare a chiedere aiuto.
Il sole sorse pigro, rischiarando l’acqua e la Moby Dick, illuminandola e facendole dare sfoggio di tutto il suo splendore. Come nave era davvero imponente, doveva ammetterlo, e in quanto a potenza non c’era dubbio che fosse indistruttibile.
Rimase a crogiolarsi sul parapetto con le gambe a penzoloni nel vuoto ancora un poco, rilassandosi a dovere e cercando la voglia di muoversi da lì e inventarsi qualcosa per la giornata. Si era annoiata in quel periodo senza tentativi di omicidio dovuti alla sua rianimazione anche se le distrazioni non erano mancate e rinunciarvi stava diventando molto difficile, soprattutto perché quei bastardi sapevano vendersi bene. Un giorno organizzavano gare di tirassegno; un altro mettevano su tornei di lotta libera; combattimenti con svariate armi che non aveva mai visto; battute di pesca; caccia ai mostri marini e altre svariate attività che moriva dalla voglia di provare, cimentandosi e facendo cose diverse dalle solite.
Forse uccidere il vecchio stava diventando noioso, o la sua volontà stava venendo meno, ad ogni modo non ci aveva ancora rinunciato e, conoscendosi, difficilmente l’avrebbe fatto. Come non si sarebbe unita a quegli idioti e ai loro stupidi giochetti, ecco perché si era sempre limitata ad osservarli da lontano, stringendo le ginocchia al petto e passando ore a seguire le gare e ad allungare il collo per intravvedere il vincitore.
Quella mattina, dopo colazione, la maggior parte della ciurma assieme ad alcuni Comandanti si era riunita per un'altra partita e lei, come al solito, aveva trovato un posticino all’ombra, non troppo vicino, ma neanche troppo distante, così da poterli guardare e ridere delle sfortune altrui, almeno quando non era lei a dover subire.
Satch dava sempre il meglio di sé per tormentare le persone, saltando da una parte all’altra addosso a tutti e facendo ridere più di qualcuno con le sue battute e la risata sguaiata e contagiosa. La maggior parte gli dava corda e solo pochi scuotevano il capo sconsolati. Lei, in situazioni differenti, avrebbe contribuito alla loro esasperazione, ma non era nella condizione di unirsi e preferiva rimanere a tenere il broncio con il suo orgoglio ferito standosene in disparte. Non era da lei, la sua natura bruciava rinchiusa in una gabbia, ma non poteva mandare tutto in malora per divertirsi con quella gente che non aveva mai fatto nulla per farla stare male, eccetto sbatterla fuori bordo quando tirava troppo la corda. Ridevano tutti quando accadeva, persino i suoi uomini e uccidere il vecchio era diventato una specie di teatrino che perdeva di significato ogni giorno che passava. Improvvisamente non le interessava più organizzare agguati nel dettaglio notte e giorno come faceva all’inizio, ma si trovava sempre più spesso curiosa di concentrarsi su altro, su tutto quello che la circondava perché, effettivamente, c’era del bello.
Sospirò combattuta, togliendosi il cappello dal capo e poggiandolo sul pavimento, tirandosi all’indietro la chioma corvina e indomata per vederci meglio e non avere troppo caldo, lasciando libero il viso e le lentiggini che spuntavano sul naso e le guance.
La presenza di Marco appoggiato alla parete a pochi passi da lei, intento pure lui a guardare cosa si stavano inventando i ragazzi quel giorno, fu quasi naturale, come se ci fosse sempre stato. Forse era lei che era andata a sedersi da quelle parti, o lui era apparso come faceva spesso senza che se ne rendesse veramente conto, in ogni caso erano lì a godersi le scenate sul ponte principale, nulla in particolare da dirsi, ma andava bene ad entrambi.
Anne aveva un sacco di cose su cui riflettere ed erano tutte troppo incasinate da comprendere al volo, soprattutto perché non era mai stata un tipo pensieroso o che rifletteva sul da farsi, ma sapeva che avrebbe dovuto affrontare il tutto, prima o dopo. In quel momento, però, svuotò la mente e lasciò che la vita di bordo la avvolgesse, prendendosi un momento per fingere di essere una persona normale con una vita altrettanto normale, senza odio e rancore, solo con tante aspettative e sogni nel cassetto, circondata da compagni.
E le piacque talmente tanto da fare male.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Eh si gente, sono tornato, prima del previsto questa volta, quindi mi scuso solo in parte, LOL. Dai, con l’università ora va meglio, ma il tempo è sempre poco e la real life mi fa andare fuori di testa a volte.
Comunque, nuovo capitolo dove troviamo Anne assorta nel ricordo del suo primo combattimento quasi serio contro Marco. Lei ha problemi a controllare ancora bene il potere del frutto e per salvare gli altri chiede aiuto al Primo Comandante di spegnerla dopo che era intervenuto in difesa di Satch.
E niente, Anne sta cambiando atteggiamenti e idee, perciò presto si troverà ad interagire più da vicino con tutti gli altri!
Alla prossima! (Spero prima di Natale)
 
Portgas
  
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