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Autore: Red_Coat    20/11/2016    3 recensioni
Questa è la storia di un soldato, un rinnegato da due mondi. È la storia del viaggio ultimo del pianeta verso la sua terra promessa.
Questa è la storia di quando Cloud Strife fu sconfitto, e vennero le tenebre. E il silenzio.
Genere: Angst, Guerra, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Kadaj, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'allievo di Sephiroth'
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Un lunch bar del settore 6, uno qualsiasi dopo la lunga camminata quasi sempre sotto il sole dall'8.
Un grazioso localino in cui non ero mai stato, le pareti sulla strada in vetro temperato resistente agli urti e gli interni in linoleum e acciaio, arredati in uno stile industriale molto ordinato e funzionale.
Sono quasi le due quando ci fermiamo, sedendoci ad uno dei tanti tavolini all'esterno posti sotto la tettoia di tela di un verde acqua scuro, e la prima cosa che noto è ch'è abbastanza affollato come posto, a quest'ora, anche se la moltitudine di gente in fila che va e viene dal bancone forse fa più rumore e confusione dei clienti seduti, ugualmente numerosi.
Faccio scendere Keiichi dalle mie braccia e lascio che scelga per primo la sua sedia, poi accorro da Hikari, a spostarle la sua in modo che possa accomodarsi tranquillamente.
Lei mi sorride e annuisce, come a ringraziarmi, io le scocco un occhiolino e un sorriso complice e aspetto che sia seduta per sistemarmi accanto a lei.
Intanto, al chiacchiericcio confusionario della folla si unisce quello eccitato di Keiichi, che continua a parlare di quanto sia bella "Miggal" e così diversa dal suo lago.
Io e Hikari sorridiamo ascoltandolo, e finiamo di nuovo per tenerci per mano, intrecciando le dita l'una dell'altro.
Lo so che Midgar è bella, a modo suo. E so anche che non sarà mai come il lago che hanno lasciato. Ma adesso, col loro arrivo qui ... guardandoli è come se io fossi ancora lì sulle sue rive.
È strano, e confortevole. Sono riusciti a portare quella serenità nel bel mezzo di una metropoli opprimente, buia e cupa come Midgar.
Abbiamo parlato molto, durante questo primo giro turistico, tra una domanda e l'altra del nostro bambino.
Lei mi ha spiegato cosa significa il nome Keiichi, e ... non ho potuto fare a meno di avvertire una fitta al cuore mentre la vedevo commuoversi.
Non me lo ha fatto pesare, neanche un po'. Anzi mi ha dimostrato comprensione quando, a grandi linee, le ho spiegato cosa mi ha impedito di tornare.
Le ho detto ... che Zack non c'è più, e che dopo la sua morte sono stato davvero male. Poi c'è stata la dipendenza da Mako, quella vita orrenda da cui non riuscivo a uscire (anche se non le ho detto nulla degli incontri clandestini e di tutto il resto ad essi connesso) e infine... le mie paure.
Temevo che tornando l'avrei fatta soffrire, avrei scombussolato e confuso la sua vita ancora peggio di quando me ne sono andato e l'avrei messa in pericolo.
Per tutto il tempo è rimasta ad ascoltare con uno sguardo intenerito e una luce commossa negli occhi, ogni tanto - quando i miei si facevano troppo lucidi e la mia voce troppo incrinata - accarezzandomi piano il braccio e stringendomi di più.
Quello che non ho avuto il coraggio di dirle però... è che mi dispiace.
Mi dispiace di averli lasciati soli, di non esserci stato per Keichii e di non avergli dato un padre, in questi tre anni.
Perciò, quando del tutto inaspettatamente lui mi ha guardato e stringendosi al mio collo mi ha detto

<< No ti peoccupare papà. Ora sei qui co noi, e quetto che conta, no? >>

Sono rimasto sorpreso a fissare Hikari, e il suo sorriso commosso mentre lui continuava ad abbracciarmi aggrappandosi a me

<< No? >> ha ripetuto guardandomi, dopo qualche secondo di troppo senza risposta

Ed io ... non ho saputo contraddirlo.

<< Si. >> ho sorriso, cercando di non piangere << Solo questo. Hai ragione. >> lasciando per un attimo Hikari e stringendolo di più contro il mio petto, una mano sulla sua testa e il naso sprofondato nei suoi capelli

Hanno lo stesso profumo di quelli di sua madre. Mi sa proprio che da me non ha preso nulla, almeno nell'aspetto.
Forse ... nel carattere. O anche no. In questo caso meglio così.
Dopo quel breve attimo me lo sono sistemato a cavalcioni sulle spalle e tornando a prendere per mano Hikari abbiamo continuato il nostro giro, parlando del più e del meno e rispondendo a qualche sua domanda.
Così ho scoperto che gli piace imparare, che è affascinato da tutto ciò che lo circonda e che non ha paura del cambiamento se la sua famiglia è con lui. Come quando è voluto correre estasiato ad ammirare una vetrina di strumenti musicali che affacciava sul marciapiede che stavamo percorrendo.
Abbiamo passato un bel po' di tempo in quel negozio, un'ora circa. Ama la musica, specialmente quella classica, e per la prima volta oggi ha visto un pianoforte a coda dal vivo. Era eccitatissimo, talmente tanto che il negoziante intenerito ha deciso di insegnargli a strimpellare qualche nota, stupendosi e stupendo sia me che Hikari.
È bravo, accidenti. Molto bravo.
Chissà, magari a scuola farà progressi, molto meglio di quanto sono riuscito a fare io.
Ed ecco come ho saputo che mio figlio è un piccolo genio della musica.
E anche ... che Manimi non c'è più.
In realtà è successo subito dopo essere usciti dal negozio, mentre tornavo a poggiare Keiichi sulle mie spalle e lo sentivo eccitarsi per il mio piccolo primo regalo, un cd con le migliori sonate per pianoforte da ascoltare quando avrebbe voluto.
Sono stato io a chiedere di lei, in realtà, e da subito ho visto Hikari scurirsi in volto, e Keiichi interrompersi per qualche attimo per poi rispondere, al posto di sua madre

<< La nonna è motta, papà. È tonnata al pianeta. >> con una serenità che mi ha sconvolto.

È stato un altro ... un altro di quei momenti tesi.
Anche perché ho capito il motivo di quel mio strano cambio di umore della sera prima, e non ho potuto evitare di dirlo.

<< Lo sapevo ... >> ho mormorato, tristemente, attirandomi uno sguardo stupito e preoccupato di Hikari e anche uno di Keiichi

L'ho detto così, senza pensarci. Mi è letteralmente scappato di bocca, ma dopo non ho potuto sottrarmi dal continuare

<< Io ... l'ho sentito, Hikari. >> mi sono affrettato a spiegare << Nel momento in cui è successo ... mi è mancato il respiro, e ho cominciato a singhiozzare ... >>

Lei ha annuito, piano e quasi per niente impressionata, solo ... commossa forse? O ... triste.
Poi, come mi aspettavo, ha aggiunto: "Come quella volta al lago, con la morte di quel soldato?".
Ho sospirato, profondamente.
Angeal ...
Già. Come ...

<< Come quella volta. >> ho risposto, annuendo << Solo che stavolta non me lo aspettavo. >>

E allora, inevitabilmente Keiichi mi ha chiesto

<< Papà, ma allora tu riesci a vedello, quando quaccuno muore?>>

Semplice. Non sconvolto o affascinato, solo ... curioso.
Ho fatto un respiro profondo, e ho annuito con un mezzo sorriso nervoso. Questa è un'altra di quelle cose che non ho ancora detto.
Per questo mi sono limitato a rispondere

<< Quasi sempre ... si. >>

E a guardare angosciato i suoi occhi sgranarsi di sorpresa.
Hikari lo ha guardato in maniera ... strana. Non preoccupata, solo ... più seria. E prima che lui potesse chiedermi altro ho smorzato il tutto avanzando l'idea del bar.
È abbastanza tardi, ma non voglio ancora tornare a casa. Voglio passare un po' più di tempo con loro, conoscere mio figlio da solo e decidere come raccontarlo ai miei. E soprattutto ... voglio dirglielo. Almeno questo. Voglio dire ad Hikari ciò che ho scoperto su di me, o meglio su una parte di me.
Ordiniamo qualcosa da mangiare e da bere poi, mentre aspettiamo e io le stringo la mano e, ancora cercando di trovare un modo semplice per raccontare tutto quello che è accaduto, inizio, aggiungendo

<< E adesso, dopo quel viaggio ... so anche il perché. >>

Ora, tutti e due mi guardano attenti ed in aspettazione, e la mano di Hikari stringe di più la mia mentre con l'altra mima: "È ... una di quelle risposte che stavi cercando?".
Sorrido, e annuisco rapidamente un paio di volte

<< Si ... è una di quelle. >> stringendole la mano
<< Quali risposte, papà? >> protesta Keiichi guardandoci

Continuo a sorridere e dopo un sospiro decido. Ora o mai più.

<< Quando ero piccolo ... >> inizio, in tono dolce guardandolo negli occhi << C'erano cose che solo io sapevo, e altre impossibili per gli altri bambini ma per me facili da fare. >>

<< Per esempio? >> chiede allora lui

Sposto gli occhi verso le vette alte di alcuni grattacieli proprio di fronte a me, pensandoci su per qualche istante

<< Per esempio ... >> dico alla fine << Proprio questo. Sapere quando accadrà una disgrazia, vedere la gente andarsene o comunque sapere che qualcuno a cui ero legato ... non esiste più. >> mi fermo un secondo, ho un magone stretto in gola mentre Keichii non smette di guardarmi fino a che non concludo << Oppure difendermi con l'uso della magia, e avere una forza ... diversa, più grande di quella degli altri bambini. >>

<< Ma tu sei un soddier, papà. >> ribatte ingenuamente allora lui << Loro possono falle quette cose. >>

Sorrido. Beata innocenza.

<< Si. >> rispondo, annuendo a metà, per poi spiegare << Ma loro non nascono con queste doti ... le acquistano. Dopo qualche ... intervento speciale. >>

Si, diciamo così.

<< La loro forza deriva da quello, e non sono in grado, da sé, di usare la magia. Hanno bisogno di avere dei cristalli speciali, le materie, che la condensano e la tengono pronta all'uso per ogni volta in cui c'è n'è bisogno. >>
<< E tu ivvece puoi fallo senza usare le mateie? >>prosegue quindi lui

Annuisco, sospirando sollevato. Mi fa piacere che abbia capito subito, senza bisogno di ulteriori spiegazioni

<< Da quando ero piccolo come te. >> confermo, con un mezzo sorriso appena un po' nervoso << Per questo non ho avuto problemi a far carriera in SOLDIER, e sono diventato un 1st in metà del tempo. >>

Nonché allievo di Sephiroth, penso, ma evito di dirlo.

<< E allora come fai ad avere quetti poteri? Lo hai ccopetto? >>

Annuisco di nuovo, e ancora una volta traggo un respiro

<< L'ho scoperto, si ... >> replico

Poi guardo Hikari negli occhi, in quello sguardo che mi dà sicurezza e calma, e allora trovo il coraggio per dirlo.

<< È perché io ... sono un Antico. >>

Lo dico tutto d'un fiato, come se volessi togliermelo al più presto dal cuore, e poi prima di scrutare la loro espressione aggiungo, spiegandolo più a me stesso che a loro

<< Un Cetra, quella razza leggendaria di uomini in grado di connettersi al pianeta, e usarne la magia da esso derivata. Io ... sono uno di loro, anche se ... solo per metà. >> alzò di nuovo lo sguardo verso Hikari.

La sua espressione non è cambiata anzi, ora è anche più comprensiva di prima. I suoi occhi mi dimostrano che ha capito già da un pò il motivo di quella mia angoscia, anche se non aggiunge nulla e mi lascia libero di parlare.

<< Così almeno mi ha detto lo spettro che ho visto all'interno loro tempio. >> concludo scuotendo le spalle

Ed è allora che lei mi sorride, mi stringe la mano e accarezza il mio braccio con dolcezza, sporgendosi verso di me. Non ho bisogno di chiederle ciò che questo gesto significhi per me, lo leggo nei suoi occhi e nel suo sorriso: "Sono felice che finalmente tu abbia scoperto la verità".

Keiichi sgrana gli occhi affascinato

<< Ooooh! >> esclama << Quindi è pe quetto che iesci a sapere quando quaccuno muore? >> appena in tempo, perché subito dopo giunge alle mie spalle il cameriere con la nostra ordinazione.

Qualche finger-food di carne, un paio di ciotole con della verdura e delle tartine, più ovviamente le bibite, acqua per Keiichi e un paio di analcolici per noi due, completi di cannucce e ombrellini.
Aspetto che se ne vada per rispondere, mentre prendo in mano i due cocktail e ne porgo uno ad Hikari

<< Loro ... era una delle loro particolarità. >> spiego << Sapevano sempre quando qualcuno tornava al pianeta, proprio perché erano legati ad esso. >>

Keiichi corruccia la fronte e mi fissa pensieroso per qualche interminabile istante senza che Hikari provi a disturbarlo in qualsiasi modo. Anzi lei sembra rispettare questo suo momento, e decido di farlo anche io.
Mi chiedo però... a cosa stia pensando. Perché questo argomento gli interessa tanto? Solo curiosità? Non so ... forse. È possibile, si. Così com'è anche possibile che il castello che sto iniziando a costruirmi nella testa sia tutto un fiume di intuizioni fasulle e inutili.
Per questo alla fine decido di rompere il silenzio invitandolo a mangiare, e lui accoglie con un vivace sorriso quell'invito afferrando una tartina e mordendola con voracità, assaporandola con gusto per poi annuire espressivo, schioccando la lingua e appoggiando l'indice della mano destra sulla guanciotta piena di cibo, sghignazzante.
Sorrido, e vedo Hikari fare lo stesso. Decisamente è davvero un bel bambino, non c'è più alcun dubbio. Ma anche la dolcezza l'ha presa da lei.
Mi chiedo di nuovo cosa abbia di me, oltre agli occhi neri e i capelli. Spero ... non questo mio essere speciale. Perché è bello sì, ma difficile. E pericoloso.
Scacciando questo pensiero mi volto verso Hikari, che mi rivolge ancora uno sguardo pacifico pieno della sua solita luce

<< Hai fame? >> chiedo

Lei annuisce più volte, allegra, e mi porge il bicchiere semivuoto mentre il nostro bambino agguanta una di quelle succose polpettine di carne.
Lo prendo in consegna, poi le chiedo quale di quelle prelibatezze preferisca. Indica la ciotola con l'insalata di verdure.
Lo sapevo. La prendo con la mano destra e tenendola nel palmo semiaperto con la sinistra inforco le bacchette, prendo una manciata di cibo con esse e glielo porgo, tenendolo appena sotto il mento e sopra la ciotola.

<< Ora tocca a me. >> sussurro, scoccandole un altro occhiolino.

Sorride, e aprendo la bocca lascia che le depositi il cibo sulla lingua, prima di richiuderla e iniziare a masticare con la stessa espressione assorta di Keiichi.

<< Allora? >> chiedo << Com'è? >> dopo che ha appena mandato giù il boccone

Ci pensa su un attimo, poi risponde con un sorriso, annuendo divertita imitando il gesto di Keiichi di poco fa: "Buono, si."
Sghignazziamo insieme divertiti, incluso il piccolo.

<< Bene. >> ribatto io poi << Allora direi che lo autorizziamo a rimanere aperto dopo questa giornata. >>

Lei ride di nuovo, poi arrossisce fissando i miei occhi mentre torno ad imboccarla, fino a che la ciotola non è vuota. Di nuovo mi ringrazia, mi bacia sulla guancia e sporgendosi verso la ciotola delle polpettine me ne porge una, invitandomi ad aprire la bocca.
Sorrido, lo faccio e quindi mastico cercando di non mettermi sul serio a ridere stavolta. Mi sento ... felice. E finalmente so di essere dove dovrei, dopo tutto questo tempo di amarezza e confusione.
"Com'è?" mima alla fine, ripetendo la mia domanda.
Ma io, invece di risponderle seguo il mio istinto.
La guardo negli occhi, fino a farla arrossire di nuovo. Poi avvicino piano le mie labbra alle sue e - dopo aver guardato complice Keiichi che mi scocca un occhiolino facendo finta di continuare a mangiare - spengo il sorriso e la bacio, prendendole il viso tra le mani e assaporando le sue labbra, lentamente, pezzo dopo pezzo, in un bacio che le toglie il respiro e ci spinge a chiudere gli occhi, spegnendo il caos che ci ronza intorno e regalandoci un'emozione magica e bellissima, talmente tanto da far battere i nostri cuori più veloce, all'unisono.
Riesco a sentirlo. Se chiudo gli occhi e sfrutto quello che ho imparato in quell'atollo prima di giungere a Nibelheim, riesco a sentire chiaramente ogni singolo battito del suo cuore mentre affondo le mie labbra nelle sue, e le accarezzo senza pietà ma dolcemente, con fame.
Il suo respiro spezzato e lento, l'aumentare della temperatura e della pressione nel suo corpo. E, quando finisce e decido di lasciarla respirare, la vedo sospirare affannata e riaprire gli occhi, incatenandoli ai miei.
Torno a sorridere, e dopo qualche secondo d'incredulità anche lei lo fa, arrossendo e poggiando le mani sulle mie, che ancora le sfiorano le gote appena un pò accalorate. Sembra quasi ... commossa, mentre ad occhi lucidi mi sfiora il naso con il suo, e in un attimo ritorno a sentirmi finalmente pieno, e libero.
È il suo amore. Riesce a sanare le ferite e colmare tutti i vuoti, anche quello che da sempre mi accompagna e di cui credo non riuscirò mai a liberarmi.
Lei ... mi aiuta a non sentirlo.
E mentre la lascio andare e riacciuffo il cocktail, porgendoglielo e ricevendo il suo ennesimo grazie, mi accorgo di essere io, stavolta, ad avere gli occhi lucidi mentre prendo anche il mio bicchiere e bevo un sorso di analcolico, ingoiando un groppo di lacrime.
La prima parte della mia giornata finisce così, con un bacio e un drink in uno dei tanti bar a cielo aperto di Midgar.
Poi dopo aver chiacchierato un altro po' con entrambi ed aver finito di mangiare pago il conto, e prendendo di nuovo in braccio Keiichi e per mano Hikari ci avviamo verso casa, tornando ad ascoltare la vocina allegra di mio figlio che riprende a spiegarmi il suo mondo e decido che ora sono pronto.
È arrivato il momento di farli conoscere a mia madre e a mio padre, soprattutto. Non so come la prenderà, anzi a dir la verità non m'interessa neanche più di tanto saperlo.
Voglio solo ... che loro divengano parte della mia vita adesso, senza perdere più neanche un solo istante di tempo.
Tre anni sono stati ... già abbastanza sufficienti, direi.

\\\

<< Papà, ma cosa hai fatto ai tuoi capelli? >>

Sono le 17:15 del pomeriggio, manca solo qualche metro al nostro arrivo al portone di casa. Stiamo salendo le scale che dalla stazione portano su, verso la piazza della fontana, quando la domanda arriva inaspettata dalla vispa vocina di Keiichi, che come se non bastasse aggiunge, corrucciandosi e senza preoccuparsi di apparire forse troppo invadente

<< No erano così, pima. Cos'è successo, te li sei tinti? >>

Hikari arrossisce, sgranando gli occhi e nascondendo un sorriso imbarazzato coprendoselo con una mano e girando il volto mentre la guardo ghignando e aggrottando appena la fronte.
Allora se n'era accorta. Mi stavo giusto chiedendo quando l'avrebbe fatto.
Continuo a sorridere divertito, e per nulla infastidito replico

<< In realtà... >> sfiorandomi la ciocca con la mano destra coperta dal guanto << Questi sono un ... regalo di Sephiroth, diciamo così. >>

Sgrana gli occhi, affascinato e sorpreso, mentre Hikari mi ascolta attenta.

<< Sephiroth! >> esclama quindi, eccitato << Davvero papà? Quel Sephiroth! Quello che hai dipinto quanno eri a casa nottra, pima che nascessi io? >>

Sorrido, e rivolgo uno sguardo ad Hikari che arrossendo e abbassando gli occhi mi spiega:" Lui sa tutto di te, di quello che eri quando ci siamo conosciuti. Siamo stati io e nonna a raccontargli. Ho tenuto tutti i tuoi quadri e glieli ho mostrati mentre gli raccontavo quello che mi hai detto della tua vita, di SOLDIER e di

S.E.P.H.I.R.O.T.H."

Dio, quanto mi fa impazzire il suo modo di dipingere quel nome nell'aria! Vorrei baciarla di nuovo, ma mi trattengo anche se a fatica e torno a guardare Keichii, che sembra seguire molto bene il suo linguaggio mimato. Immagino abbia imparato anche questo da sua madre.

<< Quel Sephiroth. >> rispondo annuendo, poi aggiungo semplicemente, guardando anche Hikari << È stato lui a salvarmi ... l'ultima volta. E quando mi sono svegliato, questa ciocca era diventata così. >>

Hikari annuisce, poi muove le mani per dire qualcosa: "Per colpa della dipendenza da Mako? ".
La guardo improvvisamente serio e stupito, senza parlare. Lei ... lei come fa a sapere che ... ?
Le ho detto che ne ho sofferto, che stavo per morire, ma non come ne sono venuto fuori. Quindi, forse ... può darsi lo abbia immaginato. Si, è probabilissimo che sia stato così.
Ma ... non riesco ugualmente ad essere tranquillo.
È da un po' che l'ho notato, sembra quasi ne sappia più di quanto vuole farmi credere.
Comunque non ho più tempo per chiedergli spiegazioni, ormai sono di fronte casa e devo prepararmi all'inevitabile conversazione con mio padre, e alle loro domande.
Non so bene cosa aspettarmi, anche se lo immagino.

<< Si. >> rispondo soltanto, poi appoggio un secondo il bambino a terra e spingo in avanti il pesante portone
<< Ed è successa la tessa cosa anche co gli occhi? >> riprende Keiichi dopo essere tornato di nuovo in braccio a me.

Le sue domande sono interminabili, ma mi fanno piacere. Soprattutto perché mi facilitano il compito di raccontare tutte quelle novità che hanno stravolto la mia vita, da quando ho lasciato il lago per inseguire il mio sogno in SOLDIER.

<< Decisamente. >> rispondo, avvicinando ancora di più il mio viso al suo e guardandolo dritto nei suoi con le mie nuove pupille feline, che sono lì da quando mi sono svegliato.

I Suoi occhi.

<< Ti piacciono? >> chiedo in un sussurro, ammiccando

Lui si apre in un sorriso affascinato mentre senza paura li scruta attentamente a bocca aperta, per poi mormorare estasiato

<< Siii! >> in un tono così basso e roco che sembra quasi parodistico di uno più minaccioso e mistico, come quello che ho usato io fino a poco tempo addietro.

Per questo, subito dopo entrambi scoppiamo a ridere abbracciandoci e tenendoci stretti. È leggero. E avere le sue manine calde contro la mia pelle, il suo corpicino tra le mie braccia ... mi fa bene.
Anche Hikari si unisce al nostro buon'umore, la vedo sorridere con occhi ancora lucidi quando alzo gli occhi su di lei. Perdere sua nonna ... deve essere stato davvero un duro colpo.
Io ne so qualcosa.
Ma proprio per questo ora che sono qui con loro non lascerò che il dolore spenga quello splendido sorriso.
Finito il momento entriamo, tenendoci per mano, quindi saliamo insieme le scale e appena di fronte alla porta sollevo la sua mano verso la mia bocca e le stampo un bacio sul dorso, strappandole un altro sguardo rincuorato. Guardo Keiichi, poi di nuovo lei

<< Pronti? >> chiedo ad entrambi
E dopo averli visti annuire senza paura suono il campanello, traendo un ultimo respiro prima che la porta si apra, stranamente rapida, e sulla soglia appaia il viso radioso di mia madre, assieme a quello pacifico del dottor Fujita che attende appena dietro le sue spalle.
Lui?!
Che ci fa ... lui, qui?

***

Quando Yukio arrivò a casa Osaka era mezzogiorno passato, e Yoshi non era ancora tornato dal suo lavoro.
Appena suonò il campanello Erriet si trovò indaffarata a lavare le ultime stoviglie e riporle nell'apposito ripiano sopra al lavandino. Aveva trascorso la mattinata assorta nei lavori di casa, per non sentire l'ansia e l'emotività che crescevano sempre più dentro di lei. Inutile, era sempre stata così. Non riusciva a non far nulla, mentre aspettava.
E così alla fine aveva finito per spolverare, lavare i pavimenti e approfittarne per fare qualche pulizia extra come lavare le tende e sgrassare il marmo della cucina, tanto per tenere impegnata la mente e preparare la casa all'arrivo dei nuovi ospiti.
Ma adesso, guardandosi intorno mentre asciugava le mani sullo strofinaccio, come al solito si sentì ugualmente avvilita dall'aspetto del suo regno, che continuava ad apparirgli sempre poco adatto ad accogliere i nuovi ospiti. "Uff! " pensò asciugandosi la fronte con una mano ancora umida di acqua e sapone "Cosa penseranno adesso, vedendo il macello che c'è qui? ".
Comunque, ora non c'era più tempo per fare più nulla e lei dovette accontentarsi di quello, togliendosi il grembiule che le copriva tutto il vestito - uno con un variopinto e fresco motivo a fiori, lungo fino a coprirgli le ginocchia e stretto sui fianchi - e accorendo ad aprire.
Come si aspettava, il sorriso di Yukio la accolse sulla soglia, anche ... un pò stanco e triste. Lo accolse con un abbraccio caloroso che lui ricambiò, quindi lo invitò ad accomodarsi sul divano e richiudendo la porta andò a sedersi di fronte a lui, sulla poltrona, strofinando le mani sulle gambe e scrutandolo, con un sorriso impaziente.
Yukio sospirò pesantemente, buttando la testa all'indietro e dandosi qualche minuto, prima di riaprire gli occhi verso di lei.

<< Allora? >> gli chiese << Si sono incontrati? >>

Lui sorrise e annuì, sollevato

<< Si. >> disse, quindi dopo un altro breve attimo di silenzio aggiunse << E ... è andata anche meglio di come speravo. >>

Erriet si concesse un attimo di esultanza, battendo le mani ed esclamando felice un

<< Dio mio, grazie! Che bello! >> per poi chiedere << E ora sono insieme? >>

Il medico annuì di nuovo, poi chiese un caffè e le scusandosi per il momento di distrazione accorse a prepararlo, destreggiandosi nuovamente tra i fornelli.

<< E tua moglie, come sta? >> chiese ad un tratto nel frattempo, tornando a sedersi

Yukio chiuse di nuovo gli occhi, riuscendo a malapena a trattenere le lacrime.

<< Purtroppo, lei è ... >> iniziò, ma non ce la fece a finire la frase

Perciò ingoiando a fatica il rospo si limitò a scuotere rapido la testa, con espressione affranta. E da quella espressione Erriet capì ogni cosa.

<< Oh mio dio ... >> mormorò << Mi dispiace, Yukio. Davvero tanto, credimi. >> concluse affranta, sfiorandogli il braccio con una carezza fugace per poi precipitarsi a togliere il caffè dal fornello e portargline una tazzina, senza zucchero come preferiva lui.

Lui accettò il gesto senza ribattere, sorridendo appena tra le lacrime mentre prendeva in mano la tazza e se la portava tremante alla bocca, assoporandone l'aroma dolciastro e cercando di concentrarsi solo su ciò che sarebbe stato di lì a poco.

<< Yoshi? >> chiese quindi, cercando sostegno nella voce

Erriet tornò a sorridere

<< Oh, lui è uscito stamattina presto e credo starà fuori fino a stasera. Il lavoro non sta andando molto bene purtroppo, alcuni clienti non hanno pagato e quei soldi ci servono per le tasse. >>

<< Capisco ... >> commentò allora lui, senza sapere cos'altro aggiungere

Aveva la testa piena di ... confusione e dolore, e solo il dover tenere fede alla promessa fatta alla sua Manimi gli dava la forza per continuare a parlare. Stava davvero invecchiando anche lui, si disse.
Quindi, cercando di rimediare aggiunse semplicemente

<< Mi spiace ... >> per poi passare di nuovo alla questione veramente importante << Meglio così comunque, Victor e Hikari avranno molto da dirsi, credo ci metteranno parecchio prima di tornare a casa. >>

Erriet annuì continuando a sorridere, e si offrì di preparargli qualche altra cosa più sostanziosa, visto che a quanto pareva non aveva neanche mangiato a pranzo.
Lui accettò, ma a patto che non si fosse stancato troppo e gli avrebbe permesso di aiutarla, e così proseguirono la loro giornata, fino a quando, verso le sei della sera, il campanello non suonò di nuovo e la fase finale di quel ritorno a casa per la nuova famiglia Osaka fu pronta per iniziare.

\\\

<< Nonno! >>

Esclama Keiichi non appena mette i piedi per terra, andando incontro al dottor Fujita.
E mentre lo abbraccia tutti gli occhi sono puntati su di me, anche i suoi. Trattengo il fiato irrigidendomi, spengo il sorriso e lo guardo dritto dentro agli occhi mentre Hikari mi scruta preoccupata ed io ancora non riesco a credere a ciò che ho appena sentito.
Nonno? Questo significa che ...

<< Voi ... >> dico, confuso ma sicuro nella voce << vi conoscete? >> finendo per concludere di nuovo verso Hikari

Lei annuisce, sorridendo appena, e sta per parlare quando il medico la precede, posando nuovamente a terra Keiichi e iniziando a camminare verso di me fino a starmi davanti. Ascolto tutto ciò che ha da dirmi senza scompormi, ma ... penso si capisca molto bene dalla mia espressione seria che pretendo delle spiegazioni, il più chiare possibili.

<< Si, Victor. >> inizia << Noi ... Noi ci siamo conosciuti quando Hikari è rimasta incinta. L'ho seguita per tutto il periodo della gravidanza, e l'ho assistita nel parto. Io ... io e Manimi eravamo innamorati, in gioventù. Molto, proprio come voi due ... >> fa una pausa, perché la sua voce si è pericolosamente incrinata e per un attimo temo possa mettersi a piangere, ma per fortuna non succede e lui riprende, sorridendo commosso << Poi però la vita ci ha divisi, lei ha sposato il nonno di Hikari ed io sono tornato al mio lavoro. Fino a che, tre anni fa, non ho ricevuto una chiamata. Era Manimi, mi chiedeva se esercitavo ancora e se mi era possibile fare un salto lì, da loro, perché ... beh ... >> si ferma ancora per lanciare un'occhiata a Hikari, che ora stringe in braccio Keiichi e abbassa gli occhi arrossendo, commossa << Sua nipote aveva bisogno di un medico e lei non sapeva proprio a chi rivolgersi, vista la situazione delicata. >> riprende, tornando a guardarmi << Così ci siamo rivisti, e ... abbiamo deciso di darci una seconda possibilità. >>

Perfetto, chiaro il concetto, molto commovente e sono davvero contento per voi. Adesso però torniamo al nocciolo

<< Quindi tu lo sapevi, che Keiichi era mio figlio. >> ribatto, glaciale e perentorio

L'aria nella stanza si è fatta improvvisamente gelida, e tutti mi rivolgono occhiate preoccupate mentre attendo la risposta del dottore.
Mi ha mentito, su una cosa così importante. Voglio sapere perché, solo questo.
Lui sospira, e annuisce. Sembra quasi aver capito le mie intenzioni

<< All'inizio, se devo essere sincero, no. >> risponde << Non immaginavo fossi tu il padre, anche se Hikari e Manimi mi avevano detto che era un SOLDIER e che si chiamava Victor ma ... non ci arrivai, lo ammetto. Può sembrare assurdo, ma solo quando ho visto il ritratto nel tuo ciondolo ho capito. E i dipinti di Hikari mi hanno confermato che eri tu. >>
<< E perché non me lo hai detto? >> lo incalzo, inclemente, stringendo i pugni << Avrei potuto esserci molto prima di adesso, perché me lo hai nascosto? >> senza preoccuparmi della reazione di Hikari e Keiichi che intanto seguono col fiato sospeso la conversazione.

So quello che sto facendo. Voglio solo che riveli le sue vere intenzioni, perché sto cominciando a pensare di aver sbagliato a fidarmi di lui, e non vorrei proprio iniziare a farlo.

<< Victor ... >> mia madre prova a calmarmi, ma Yukio la blocca sollevando una mano e scuotendo la testa, come ha farle capire che non deve preoccuparsi
<< Per lo stesso motivo per cui tu non hai voluto farlo, appena tornato. >> risponde quindi << Ricordi cosa mi dicesti? >>

<< Non la merita, questa vita di merda. >>

<< Io e Manimi volevamo essere sicuri che tu ti rimettessi prima di ... >>

D'accordo, basta così! ... ho capito.
Non posso incolpare nessun altro fuorché SOLDIER e me stesso, per questa perdita di tempo.

<< Quindi ... >> lo interrompo, poi guardo Hikari e Keiichi e addolcendo un po' la mia espressione in una più triste chiedo, sinceramente arreso a conoscere la risposta << ... quello che mi hai detto l'altra sera, seduti sul bordo della fontana, era la verità? Era per questo? >> concludo tornando a guardarlo.

Lui sorride, e annuisce profondamente.

<< Assolutamente, solo verità. >>

Abbasso definitivamente le difese, i miei occhi si adombrano inumidendosi

<< E ... >> continuo << Ne sei ancora convinto? >> la voce tremula per l'emozione

Lui seguita a sorridere, poi solleva una mano e la appoggia sulla mia spalla. Con la coda dell'occhio vedo le espressioni sollevate e commosse degli altri, e il sorriso contento di Keiichi.

<< Adesso più di prima. >> è la sua risposta

Lo guardo con un'espressione sorpresa e con le prime lacrime che finiscono di colmare i miei occhi, e mentre trattengo il fiato per non cedere lui aggiunge, battendo un'altra pacca sulla mia spalla e scoccandomi un occhiolino

<< Anche Manimi lo era. È stato il suo ultimo desiderio che voi vi ricongiungeste. >>

Annuisco abbassando il volto per impedire che quella lacrima ribelle si noti, anche se credo non sia servito a un granché. "Allora " penso quindi tornando a guardare la mia nuova famiglia " Non posso proprio deluderla, stavolta. Non più. "
E, proprio in quel momento, dopo un breve e tranquillo rumore di chiavi che trafficano nella serratura la porta si apre, e la sagoma stanca di mio padre in jeans e camicia da lavoro appare sulla porta, bloccandosi all'istante nel vedere Hikari e soprattutto Keiichi, e quindi voltando lo sguardo serio e irrigidito verso di me in cerca di spiegazioni, proprio come io ho fatto col dottor Fujita pochi minuti fa.
È giusto, anche lui le merita stavolta.
Ma intanto nell'immediato non posso fare a meno d'imprecare dentro di me, preparandomi al peggio.

(Continua ...)

   
 
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