La leggenda di Camelot.
Atto
VI – Il Re Eterno.
«È un
meraviglioso esemplare».
Newt Scamander era un
uomo anziano, tuttavia la meraviglia nei suoi occhi, quando lo avevano messo di
fronte a quell’esemplare di cucciolo di drago, apparteneva certamente ad un
ragazzo. Lo splendore che, dopo tutti quegli anni, non lasciava il suo animo ogni
qualvolta si trovasse ad una qualsiasi creatura fantastica era assolutamente
ammirevole. Hermione avrebbe dato qualunque cosa pur di provare quella stessa
estasi, seppur per un singolo istante.
Lei gli
sorrise, con gentilezza, tirando fuori dalla sua borsa la cartellina con le
informazioni sul caso che aveva appena risolto. Avevano chiesto a lei di
incontrare lo studioso perché ritenuta “interessante”. Tutti gli altri
colleghi, a quanto ne sapeva lei, erano stati immediatamente giudicati come
“noiosi” nelle rare occasioni in cui il consulto dello studioso era stato
richiesto. «Lo abbiamo trovato in un sotterraneo nel Derbyshire,
sappiamo che è un Nero delle Ebridi, però-».
«Cresciuto
in luogo buio e umido, sì…» la interruppe Scamander,
facendole cenno di avvicinarsi ed indicandole dapprima le ali raccolte dietro
la schiena e poi gli occhi aperti a fatica. «Vede, mia cara? Non aveva
abbastanza spazio per sgranchirsi le ossa… e gli occhi, è evidente che non sia abituato alla luce». Con un
colpo di bacchetta abbassò la fiamma delle torce accese dai Dragonologi
responsabili del piccolo. Un momento dopo, il vecchio sembrò accorgersi
nuovamente di lei. «Ma… non prende appunti?» le chiese, confuso.
Hermione
lo osservò con una certa curiosità. «Dovrei prendere appunti?».
«Lei è
una studiosa, ragazza mia, si vede dallo sguardo!» ribatté il vecchio,
scuotendo il capo ed avvicinandosi di qualche passo, puntandole l’indice contro
il viso. «Importa qualcosa che lei non sia una magizoologa?
Non bisogna mai perdere
l’occasione per imparare qualcosa! Anche se di un argomento totalmente estraneo
ai suoi interessi». Si avvicinò ancora, con uno sguardo da vecchio gufo curioso
che riuscì a non metterla a disagio. Nessuno riusciva a non metterla a disagio,
ormai. «Chi le assicura che un giorno non le verrà comodo sapere qualcosa in
più sui Neri delle Ebridi? Lei lo sa che soffrono incredibilmente il solletico
sotto le ali?1».
Col senno di poi, Hermione decise che avrebbe
mandato un bel mazzo di fiori ed un sacco pieno di cioccorane
a quel vecchio studioso tutto matto. Un sacco a lui ed un altro paio di sacchi
alla Riserva nelle Ebridi2, perché dopotutto era soprattutto grazie
a loro se aveva avuto la possibilità di tornare a far visita a quel minuscolo –
a quel punto non lo era più – esemplare di rettile.
«Non posso crederci… non posso crederci» sbottò ancora Draco, tenendosi stretto al ramo
su cui era riuscito a smaterializzarli mentre lei, con un sangue freddo che non
tirava fuori dall’ultima volta in cui aveva rischiato la vita, operava un Rictusempra sulla
cara bestiola, lasciandola boccheggiante a contorcersi su se stessa, giusto
pochi metri sotto di loro. L’incanto riusciva ancora a controllarlo, ma, era
piuttosto evidente dal progressivo ridursi dei suoi spasmi, non sarebbe durato
per sempre.
Naturalmente, una volta salvi avevano provato a
smaterializzarsi via, senza alcun successo. La maledetta bagascia – perché era così che Draco l’aveva chiamata, aggiungendo
anche un paio di epiteti che lei non avrebbe ripetuto per una questione di pura
decenza – aveva lanciato una maledizione su tutta la radura, impedendo le
smaterializzazioni o le materializzazioni.
Li aveva
intrappolati.
«Se riuscissimo a prendere Excalibur potremmo
porre fine all’incantesimo» rifletté Hermione ad alta voce, scacciando un ramo
a pochi millimetri dal suo naso. Aveva intravisto un ragno ad un pelo dai suoi
capelli, ma non aveva neppure intenzione di preoccuparsi della possibilità di
ritrovarsi una ragnatela in testa. Aveva delle priorità. «Basterebbe un Finite,
ma dovremmo quantomeno toccarla».
«Non so se l’hai notato, Mon Ange» la interruppe Draco, accigliato, indicando l’animale, «ma
prima di arrivare alla spada dobbiamo superare quel coso lì. E gli incantesimi non
funzionano! Sono sorpreso che il Rictusempra abbia avuto un minimo effetto! Come diavolo
facevi a saperlo? Non c’è scritto nei libri!» aggiunse, portandosi una mano al
cuore per riprendere fiato. Aveva i capelli tutti scompigliati e che gli
ricadevano sul viso, non era così disordinato
– fuori dalla camera da letto, naturalmente – da mesi.
«Me l’ha raccontato Newt
Scamander più di un anno fa» gli spiegò, passandosi
una mano sul viso per asciugare un po’ i sudori freddi che la paura e
l’adrenalina le stavano procurando. «Ha detto che soffrono il solletico e che
sono appassionati di Black Angus3».
Lui sbuffò, lanciando uno sguardo preoccupato al
drago sempre meno impegnato dai suoi contorcimenti. «Ah, bene a saperlo, magari
potremo fare una telefonata e farci portare un paio di bistecche» sbuffò,
sinceramente esasperato, guardandosi intorno con l’aria di qualcuno cui
avessero appena morso il fondoschiena.
Perché le
venivano in mente quei paragoni, in quel momento? L’ansia le faceva un pessimo
effetto.
«Scappare sarebbe inutile» continuò lui, con un
sospiro. «Il Nero è un abile cacciatore, quando sceglie una preda non la lascia
andare finché non gli ha fatto fare una bruttissima fine».
Hermione si allungò leggermente per dargli un
pugno sul braccio, fulminandolo. «Grazie, dottor
Alan Grant4, questa opinione da Dragonologo
specializzato era proprio ciò che ci serviva adesso, non so proprio come
ringraziarti» sbottò, dandogli le spalle per cercare un’altra via di fuga, naturalmente senza successo. «Se anche
riuscissimo ad arrivare ad Excalibur, non avremmo come scappare da quel coso».
«L’unica possibilità è provare a scappare»
convenne Draco, con un sospiro. «Potremmo andare nel piccolo lago e tentare la
fuga da lì» aggiunse, grattandosi distrattamente la guancia. Si era graffiato
durante la prima fuga, una goccia di sangue gli era colata dai capelli lungo
tutto il viso. «Se non sbaglio, dietro quella cascata dovrebbe esserci un
sentiero fra le rocce… lì potremmo nasconderci facilmente».
«Nasconderci...». Hermione fece una smorfia,
spostando leggermente il peso in avanti a causa della scomodità dello stupido
ramo su cui era seduta. Gli spasmi del drago stavano diminuendo in modo
piuttosto inquietante, ma lei non poteva più riavvicinarsi per colpirlo
nell’unica zona debole della sua scorza. Erano in trappola. «Non mi piace
l’idea di nascondermi dietro una pietra e pregare per il meglio, Draco».
«Non è che abbiamo molte possibilità, sai» le
rispose lui, acido. «Coraggio, non ho la minima intenzione di diventare un
antipastino per quel lucertolone, non credo che mio padre ne sarebbe
particolarmente felice e dubito che al piccolo Potter farebbe bene crescere
senza una figura responsabile vicino» aggiunse, con un sospiro, avvicinandosi
per poterle poggiare la mano sulla spalla. «Ci smaterializzeremo a pochi passi
dalla spada, spezzeremo l’incantesimo e ce la daremo a gambe levate, sono stato
chiaro, Mezzosangue?».
Parecchio stizzita, Hermione gli dedicò uno
sguardo contrariato. «Da quant’è che tu sei diventato il capo? Questa è una
relazione paritaria, Malfoy, non pensare di potermi dare ordini» mugugnò,
parecchio risentita, annuendo ed avvicinandosi, nonostante la sua ribellione.
«E da quant’è che ti sei eletto a figura
responsabile per James? Ti ho dovuto trascinare a vederlo, quando è nato!».
Draco inarcò le sopracciglia, sollevando la
bacchetta. «Tu sei la figura
responsabile, naturalmente. Io sarò il padrino consapevole che cercherà di
salvarlo da quel mare di sciocchezze e follia che è la sua famiglia.
Ovviamente, si tratta comunque di un Potter e la genetica non può essere
facilmente aggirata. Immagino che dovrò salvare il salvabile» spiegò, con una
smorfia. Rialzò lo sguardo in quello di lei, rafforzando la presa. «Al mio tre.
Uno, due, tre!».
Il pop
della smaterializzazione fu l’unico suono che Hermione riuscì a sentire un
momento prima di sparire nel nulla. La realizzazione di cosa significasse quel
silenzio arrivò un attimo prima che riapparissero, incespicando fra le erbacce
e cadendo a pochi passi da quello che era il loro obiettivo finale. La spada,
da vicino, sembrava brillare di luce propria.
Oppure
quella luce proveniva dalla fiammata appena sputata dal drago, evidentemente
libero dall’incantesimo del solletico e pronto a mangiarli in un sol boccone.
«Corri!» l’urlo di Draco le arrivò alle orecchie
come se fosse stato poco più di un sussurro, a causa del ruggito della bestia
che si contorceva follemente per potersi muovere nello spazio che aveva a
disposizione e poter arrivare ad essere muso a muso con loro. Lei, dal canto
suo, era talmente sconvolta da non riuscire quasi a muoversi: fu solo quando
lui la prese per il braccio e la tirò via con violenza che ricominciò a percepire ciò che la circondava.
«Hermione, corri!».
Si era fatta male alla gamba, se ne rese conto
solo una volta tornata in piedi. Era un dolore sordo, così forte da farle girare
la testa ed impedirle di stare in piedi. Era così forte che lei quasi non vi prestò attenzione, tanta era la
fretta. Confusa e spaventata dal ruggito proveniente dalle sue spalle, abbassò
lo sguardo per poter controllare cosa le stesse impedendo di alzarsi e ciò che
vide le fece venire un’ondata di nausea terrificante: quella piega assunta
dalla sua gamba era tutto fuorché normale.
«Oh, porca
puttana!» l’orrore nelle parole di Draco non fece che confermare il suo
atroce dubbio. Sentì distintamente le sue braccia stringersi intorno a lei e
spingendola a terra, un attimo prima che una fiamma terrificante si scagliasse
nel punto in cui, fino a pochi istanti prima, c’era stata la sua testa. «Non
muoverti, non muoverti» aggiunse poi lui, ansioso, con un tono di voce così
vicino all’isteria da farle quasi fermare il cuore per il terrore. Lei non
poteva muoversi, lui non poteva smaterializzarla. Il drago voleva mangiarli
entrambi.
«Draco»,
il modo in cui uscì la sua voce la spaventò. Era un pigolio, un sibilo
dolorante e spaventato che non le era mai appartenuto. Non era la prima volta
in cui si faceva del male, non era la prima volta in cui soffriva così tanto.
Era la prima volta, tuttavia, in cui era abbastanza matura da comprendere quanto avesse da perdere. «La spada…
prendi la spada» continuò, sentendo un’altra ondata di nausea colpirla allo
stomaco con inaudita violenza nel momento in cui tentò di strisciare via. Senza
poterne fare a meno, si vide costretta a piegarsi di lato e vomitare.
«Dobbiamo andare via da qui!» le urlò invece
Draco, schermandola con il suo corpo dalla polvere e dalle pietre che il drago
aveva smosso nel disperato tentativo di voltarsi e mangiarli. Le sue urla
selvagge sembravano riecheggiare come se fossero stati tutti chiusi in un’enorme
bolla di vetro. «Dammi la mano, dammi la
mano, posso creare una passaporta, quella forse
potrebbe farci uscire di qui… funziona ad Hogwarts, perché in questa stupida
radura no?». Il suo tono era così nevrotico, così sconvolto, che per un momento
lei temette fosse lui il vero ferito, in quella situazione.
«Prendi la
spada, Draco!» insistette Hermione, cominciando a sentire la testa girare
vorticosamente. Sarebbe svenuta, se non fosse stata già sdraiata. Il grosso
rettile era ormai riuscito a farsi abbastanza strada da fronteggiarli: a
separarli dai suoi denti erano solo pochi spuntoni di pietra ed alberi. Gli
spruzzi d’acqua di ciò che restava della cascata – distrutta con qualche colpo
di coda – cadevano su di loro come pioggia sporca, Hermione avrebbe voluto
pulirsi il viso ma temeva che muovendo anche solo un muscolo avrebbe
definitivamente perso i sensi. «Prendi la spada».
Il modo in cui lui la guardò, disperato, le fece
venire il magone. I suoi occhi di cristallo erano spalancati, il respiro corto:
non era mai stato così pallido. «Non ti lascio qui» esalò, spalancando gli
occhi quando un ramo delle dimensioni di un piccolo faggio passò sopra le loro
teste. «Protego!» urlò ancora lui, ansimando, cercando
di schermarli come meglio poteva. Lo scudo era una leggera aura azzurra su di
loro, così pallido da risultare quasi invisibile. Il drago non avrebbe
impiegato molto tempo a superarlo, con una delle sue fiammate inarrestabili.
Era così
che si sentivano le anime imprigionate all’Inferno? Con il calore della morte
tutt’intorno e nessuna speranza di salvezza?
La mente di Hermione, arrivata a quel punto,
guardava ben oltre la sua semplice esistenza: non c’era via per sopravvivere,
perché non morire facendo la cosa giusta? Aveva già sfidato l’Antica Magia5,
sei mesi prima, rischiando la sua vita come se non le fosse importato nulla.
Cosa le impediva di farlo ancora?
Poteva chiedere a Draco di sacrificarsi come avrebbe fatto lei, se avesse
potuto?
«La spada. Impediscile di rovinare tutto!».
Sì,
poteva.
Voleva che lui rinunciasse ad ogni speranza e
ponesse la parola fine alla loro vita insieme, nonostante non fosse ancora
davvero iniziata?
«Maledizione, Hermione! Non posso permettere che
tu muoia!».
No, non
voleva. Ma doveva farlo.
«Non abbiamo comunque alcuna speranza» provò a
dirgli, accennando un lieve sorriso. Si rese conto, in quel momento, di avere
il viso bagnato di lacrime. La sua bacchetta giaceva spezzata poco lontano da
dove erano caduti, una perfetta immagine del suo cuore in quel momento.
«Posso aggiustarti la gamba» annaspò lui, la sua
voce così lieve da essere quasi totalmente coperta dal rumore agghiacciante del
drago che scavava e scavava, intenzionato a ricavare abbastanza spazio da
potersi avvicinare e mangiarli. «Una volta sistemata, potremo scappare dietro
la roccia, quel bestione non potrà… non potrà girarsi di nuovo!» continuò,
allungando la mano per asciugarle le lacrime.
«Non puoi aggiustarmi la gamba senza togliere lo
scudo, Draco, lo sai. Ed abbiamo una sola bacchetta a disposizione» gli
rispose, sentendo un peso calarle sul cuore e poi sul resto del petto, come una
macchia d’inchiostro su una pergamena. «Va’ dalla spada. Ti ci vorranno pochi
secondi per-».
«Vuoi
smetterla di pensare a quella dannata spada?» il suo urlo isterico la fece
trasalire e la zittì. In un altro momento, gli avrebbe risposto per le rime,
ricordandogli chi fosse a capo della
missione, ma in quell’istante non ci riuscì. La macchia d’inchiostro aveva
risucchiato le sue corde vocali, il suo stomaco, tutto. «Lo so che
moriremo, ma non ho intenzione di morire lontano da te, senza aver neppure
provato a salvarti. Non me ne importa un
accidenti del resto del mondo, vuoi capirlo? Sei tu il mio mondo ed è te
che devo salvare, anche a costo di smaterializzarti via nei pochi secondi che
avremo a disposizione».
Si guardarono per due lunghissimi secondi, dopo
quelle parole. Paura e determinazione, speranza e rassegnazione, ancora una
volta la loro vita vedeva il contrapporsi di emozioni, tutte facce dello stesso
amore che, nuovamente, li stava accompagnando sull’orlo del precipizio.
Alla fine, fu lei a cedere, sorridendogli fra le
lacrime. «Tu non le sai riparare le ossa, Draco».
«E tu hai già provato a morire e lasciarmi
indietro, sappiamo entrambi che non permetterò che una eventualità simile si
ripeta6» gli rispose lui, pulendole il viso. «E sappiamo anche che
non potrei comunque interrompere l’incantesimo della spada, il drago ci
ucciderà entrambi prima».
«E una passaporta è
ancora più improbabile della smaterializzazione, con un incanto di protezione
su tutta la radura».
Una nuova emozione si affacciò ai loro occhi,
identica in ogni sfaccettatura: tristezza.
«Non reggerò ancora per molto» le disse poi Draco,
con un sospiro, avvicinandosi fino a potersi sedere al suo fianco. Che non
volesse più fronteggiarla era indicativo che la lite fosse bella che sepolta.
Avevano altro a cui pensare. «Almeno questa volta saremo insieme, non mi
lascerai da solo» continuò, passandole il braccio intorno alle spalle, per
attirarla di più contro il suo petto. Il buon profumo di cuoio e dopobarba era
sparito, sostituito dalla puzza di fumo e della terra umida su cui si erano
rotolati. «Sei pronta?».
La macchia d’inchiostro sul cuore di Hermione
aveva raggiunto le dimensioni della sua intera anima: l’assenza di un angolo
pulito, l’assenza di speranza nel futuro, l’avevano portata ad uno stato di
pacata rassegnazione, facendole accettare l’inevitabilità di quanto sarebbe
venuto. Era semplicemente felice che, in un modo o nell’altro, sarebbero stati
insieme. Il dolore alla gamba, la puzza di vomito ed il frastuono del drago
infuriato erano nulla, in quell’istante. Nulla davanti a loro.
«Ti amo, Draco».
Il modo in cui lui le sorrise avrebbe rischiarato
qualunque nube, scacciando anche il più tenace dei dissennatori. Quando le
sollevò leggermente il viso e si avvicinò, Hermione non riuscì a chiudere gli
occhi: non avrebbe perso neppure un istante di
lui.
«Ti amo, Hermione».
Quando si baciarono, l’incantesimo di protezione
crollò intorno a loro come una pioggia delicata e, con un boato, l’enorme
rettile spalancò le sue fauci infernali.
***
L’immenso calore che si era aspettato non era mai
giunto.
Aveva continuato a baciare la sua Hermione,
profondamente e con incredibile dolcezza, pronto a trascorrere i suoi ultimi
istanti fra le sue braccia, l’unico luogo in cui fosse mai stato davvero
felice. I pochi istanti, tuttavia, erano diventati i secondi ed i secondi erano
diventati un minuto. Il frastuono continuava, ma delle fiamme non c’era neppure
l’ombra.
«Sono immensamente spiacente di disturbarvi,»
esclamò una voce a pochi passi da loro, affaticata ma nonostante tutto
divertita, «tuttavia credo che dovreste affrettarvi, il mio è uno scudo
incantato, ma non è certo indistruttibile».
Davanti a loro, meraviglioso nella sua armatura
d’oro, Re Artù impugnava uno scudo magnificamente decorato, grande almeno il
doppio di quelli generalmente associati al suo periodo storico, ricoperto
interamente da antichissime rune celtiche che Draco era certo di aver già visto
in un antico manuale sugli incantesimi difensivi. Lo scudo, naturalmente
stregato, li aveva protetti tutti dalle spaventose fiamme della bestia,
respingendole verso il legittimo destinatario in un incredibile gioco di spruzzi infuocati.
Il mago sentì il proprio cuore esplodere a causa
di tutte le improvvise emozioni provate, Hermione, al suo fianco, esalò
un’imprecazione così colorita da meritare di essere incisa nel libro nero che Narcissa Malfoy conservava ancora al Manor.
A quel punto, la domanda da porre fu semplicemente
una.
«Lei cosa
cazzo ci fa qui?» sbottò lui, tentato di allargare le braccia per
dimostrare pienamente il suo sconvolgimento. «Come diavolo ha fatto a trovarci?
E quello che razza di scudo è? Non esiste un metallo capace di respingere il
fuoco del drago!».
Una risatina divertita scosse il re, nonostante
Draco l’avesse notata solo a causa del lieve tremore delle sue spalle. «Credevo
che voi maghi di Avalon conosceste le proprietà delle
armi forgiate dal fiato di drago» gli rispose, con tono stranamente leggero.
Naturalmente, Draco conosceva la leggenda
secondo cui l’acciaio forgiato dal fuoco di un drago fosse immune alle fiamme
del drago stesso, ma non aveva mai pensato che… «Quanto alla mia presenza qui,
credo lei debba ringraziare la sua fidanzata, sir Morgerstern.
O forse dovrei dire Malfoy?».
Lo shock nel suo sguardo avrebbe fatto sorridere
la sua fidanzata, lui ne era certo, ma in quel momento non ci fu modo di
lasciarsi andare a simili leggerezze. «Cosa gli hai rivelato, Mezzosangue?
Qualcosa delle parole “sotto copertura”
non ti era chiaro?» sbottò quindi, tentato di prenderla per le spalle ed
iniziare a scuoterla con violenza. Se non lo fece fu soprattutto a causa del
colorito verdastro assunto dal viso di lei, evidentemente prossima a perdere
definitivamente i sensi e quel poco sangue che le era rimasto. «Ah, accidenti, Vulnera Sanentur!».
Non era mai stato particolarmente bravo con gli
incantesimi di guarigione – c’era sempre stato Blaise
a rimetterlo in piedi, maledizione! – ma, fortunatamente, riuscì quantomeno a
fermare l’emorragia alla gamba. Il sollievo negli occhi di Hermione lo
ricompensò per lo spavento.
Il sollievo, però, venne presto sostituito da un
mix fra l’esasperazione ed il dolore per l’osso rotto. «Gli ho detto tutto
mentre ballavamo! Come avrei fatto a sgattaiolare via senza attirare
l’attenzione, altrimenti? Lui è Re Artù, non puoi nascondergli cose!» sbottò quindi, indicando con un cenno il
sovrano intento a respingere gli attacchi del drago ancora incastrato ma
parecchio furioso e, probabilmente, affamato.
Sembrava fin troppo magro rispetto la stazza dei suoi simili. «Come puoi notare
anche tu, ho fatto benissimo a dirgli
la verità!».
Draco avrebbe voluto porle milioni di domande, a
cominciare dal perché lui le avesse creduto fino al come avesse ritenuto saggio
rivelare la loro missione all’unica persona che, in effetti, avrebbe potuto
risentire tantissimo della fine dell’incantesimo. Dopotutto se davvero fosse stato il Sovrano redivivo,
avrebbe smesso di esistere nel momento in cui loro avessero completato la
missione7.
Aveva tante
domande per la testa, tuttavia preferì tenerle per se. Non era il momento di
distrarre il loro salvatore.
«Credete di impiegare ancora molto tempo nelle
vostre discussioni? Credo che la bestiola potrebbe liberarsi da un momento
all’altro ed io sono sprovvisto di armi per combatterlo» li interruppe proprio
Artù, senza perdere la sua leggerezza ma con un pizzico di preoccupazione in
più. A quel punto sembrava che si stesse sinceramente divertendo ad
intercettare le fiamme e bloccarle, guardando in faccia alla morte e ridendo
come un matto.
Oltre ad essere magnifico c’erano buone probabilità che fosse folle.
In quel momento, un costone di roccia si liberò
dalla Montagna ed il drago, con un ringhio feroce, riuscì finalmente a
liberarsi dalla trappola in cui era finito. Osservandolo da vicino, Draco notò
che fosse incatenato al suolo: Morgana gli aveva impedito di volare via,
tenendolo in quella fossa dimenticata dal mondo dal momento stesso in cui
dovesse esser riuscita ad intrappolarlo con la magia. Quell’animale non era più
libero di quanto non fossero loro.
«Non abbiamo il tempo di spezzare l’incantesimo
sulla spada» gemette Hermione, stringendogli la mano sul braccio per richiamare
la sua attenzione. «Se tu potessi evocare un nuovo scudo, il Re potrebbe
estrarre Excalibur e tenere a bada il bestione, così tu potresti cercare un
modo per intrappolarlo!» propose, guardandosi intorno con aria frenetica.
Individuato qualcosa fra gli alberi, glielo indicò: era l’origine della catena
che teneva la bestia incatenata al suolo. «Allunga quella e passagliela intorno
al corpo! Non voglio che muoia, ma dobbiamo assicurarci che non sia un
problema».
«Mi sembra un ottimo
piano, signorina Granger» si complimentò il Re,
facendo un balzo di lato giusto un attimo prima che, con una zampata, il
lucertolone lo togliesse di mezzo come se fosse stato una mosca fastidiosa.
«Signor Malfoy, se non le dispiace io avrei giusto un po’ di fretta».
Tutt’altro che convinto, Draco si voltò verso la
donna, guardandola interrogativo. «Sei sicura?».
«Quasi quanto sono certa che i miei figli non si
avvicineranno mai così tanto ad un
drago!8 Vai!».
Forse fu l’implicito riferimento al loro futuro,
forse fu la spinta con cui l’allontanò, ma meno di un paio di secondi dopo,
Draco era al fianco del re, la bacchetta alta e l’incantesimo già sulla punta
della lingua. Una nuova barriera azzurrognola si posizionò fra loro ed il drago
che, certamente non contento, ruggì tutto il suo disappunto e partì
all’attacco. Ogni colpo allo scudo era un colpo che il mago poteva percepire
direttamente nello stomaco, ma non si arrese, non finché una brezza leggera non
gli solleticò il viso, attirando inevitabilmente la sua attenzione.
A pochi passi di distanza, avvolta in un magico
alone d’oro e diamanti, Excalibur veniva estratta dalla roccia ed impugnata dal
suo unico e solo proprietario. Un silenzio innaturale e l’aria profumata
d’incenso accolsero la nuova ascesa di colui che era e che sarebbe tornato
ad essere il Re di ieri e di domani. Con la sicurezza e la forza che
nessuno avrebbe mai dimostrato, Re Artù si erse oltre la prigione della più
grande arma mai esistita, tornando ad attraversare le terre che un tempo gli
erano appartenute e che, prima o poi, sarebbero ancora tornate sotto il suo
dominio.
Draco, per la prima volta in tutta la sua vita,
provò l’inarrestabile istinto di inginocchiarsi. Hermione, poco lontano da lui,
aveva chiaramente gli occhi lucidi per l’emozione.
Il Re
Eterno.
«Adesso penserò io a lui» gli disse Artù, senza
più alcuna traccia di leggerezza nel tono di voce, una volta sceso dalla roccia
e raggiunto il posto che aveva inizialmente occupato. Con un cenno gli indicò
la roccia cui era incatenato il drago. «Va’, la prospettiva di uccidere una
creatura innocente e così antica non mi alletta minimamente».
Disobbedire era assolutamente fuori discussione,
Draco non era minimamente intenzionato a ribattere. Semplicemente, una volta
che lui gli fece un cenno di poter far cadere lo scudo, si limitò a correre a
perdifiato verso l’origine della catena, lanciando tuttavia uno sguardo
preoccupato ad Hermione, ancora nascosta all’ombra della roccia.
Non guardò il Re combattere, non ne ebbe il
coraggio. Oppure ebbe subito la
consapevolezza di non essere abbastanza
da potersi permettere di
osservare l’Eterno combattere per il suo popolo.
Era una visione riservata a pochi eletti, lo
sapeva. E lui non era fra quelli.
Allungò la catena più velocemente che poté, poi,
racimolando tutto il suo coraggio ed un semplice Wingardium Leviosa, diresse il frutto dei suoi
incantesimi verso la bestia.
Il tonfo che fece, quando gli venne sottratto
dapprima l’uso delle zampe e poi la possibilità di spalancare le fauci, fu lo
stesso che fece il cuore del mago nel notare il Re ancora perfettamente
integro, giusto leggermente sporco di polvere, a pochi metri da dove l’aveva
lasciato.
Nessun
mortale sarebbe potuto sopravvivere tanto.
Ma, dopotutto, lui non era un semplice mortale.
«Hermione!» ricordandosi improvvisamente di lei,
Draco si precipitò nella sua direzione, trovandola accasciata in un angolo,
probabilmente per ripararsi dai possibili colpi di coda dell’animale. Il Re,
per fortuna, aveva evitato che le fiamme potessero toccarla. «Stai bene? Sei
così pallida…» esalò, spostandole i capelli dal viso per poterla guardare. Era
così fragile.
«Sto bene, considerando la gamba rotta e i vari
litri di sangue persi per strada» gli rispose lei, cercando di mantenere un
tono quanto più pacato possibile. Il tremore era inevitabile, ma il suo sorriso
riusciva a stemperare un po’ l’angoscia. «Vostra Maestà, grazie per essere
venuto in nostro soccorso, nonostante io abbia tentato di dissuaderla in ogni
modo» disse poi, voltando gli occhi verso Artù, rimasto pochi passi indietro.
Il Re accennò una risata stanca, stringendosi
nelle spalle. «Non avevo intenzione di intervenire, in realtà. Ho imparato a
mie spese che interferire con la magia è qualcosa che io non posso permettermi
di fare» spiegò, intento a pulire Excalibur con un lembo del mantello. «Ho
dovuto rivedere le mie intenzioni quando ho visto Morgana al castello, però».
Attraversato da un brivido, Draco si voltò a
fissarlo. «Morgana era al castello? Perché?
Cos’ha fatto?» chiese, agitato, stringendo la presa della mano sulla spalla
della sua fidanzata, che fece un lamento indolenzito, spingendolo a mollare.
«Scusami, cara. Perché quella maledetta Banshee è al castello?».
Il Re fece una smorfia disgustata, rabbrividendo.
«Quando voi siete andati via, io ho fatto il possibile per impedire a Merlino
di raggiungere la torre, così che non scoprisse la fuga della Dama» spiegò,
arricciando il naso. «Sfortunatamente, però, dopo un po’ l’ho perso di vista,
così sono andato a cercarlo… quando l’ho trovato, era in dolce compagnia».
A fare una smorfia, a quel punto, fu Hermione.
«Immagino che voglia usarlo per ristabilire il suo controllo sul Regno»
convenne, disgustata. «Questo non spiega la sua presenza, tuttavia».
«Morgana ha detto qualcosa riguardo la spada e
l’eliminazione dei loro nemici… ho immaginato doveste essere voi. Miss Granger mi ha anche raccontato qualcosa della radura…»
allargò le braccia, indicando tutto ciò che avevano intorno. «Ho pensato fosse
saggio venire a controllare. Un buon Re non manda i suoi sudditi a fronteggiare
la morte, se egli stesso non è in prima linea».
Quello
era un ragionamento che Draco avrebbe voluto ripetere al buon, vecchio Caramell.
«Non possiamo che ringraziarla, allora» disse
proprio lui, infine, risollevandosi. «Adesso, tuttavia…» sentendosi in
difficoltà, Draco lanciò un’occhiata ad Hermione. Quanto era riuscita a
raccontargli?
«Vi serve la spada per spezzare la maledizione,
immagino» lo interruppe proprio Artù, con un sorriso gentile, facendosi avanti
con Excalibur in mano. «Naturalmente, naturalmente. Preferite che la
reinserisca nella Roccia oppure posso tenerla in mano?».
La tranquillità nel suo tono fece accigliare il
mago e la strega, che si lanciarono un’occhiata storta.
«Lei è consapevole delle conseguenze che ci
saranno, una volta che spezzato l’incantesimo?».
Il Re raddrizzò le spalle e sorrise, gentile.
«Sono consapevole di non essere ritornato in questo mondo per necessità ma per
mano di una egoista incantatrice. Questo non è ancora il mio tempo, signor
Malfoy. Non avete ancora bisogno di me» spiegò, tranquillo. «Non mi piace
l’idea di morire, ma mi piace ancora meno la prospettiva di restare e far in
modo che il mondo precipiti nel caos dei miei tempi. La signorina Granger mi ha illustrato i vantaggi di questo secolo ed io
non potrei mai togliere questi privilegi al mio popolo, neppure se questa
scelta mi costringesse a tornare nell’oblio per altri mille anni».
La sorpresa per la quantità di informazioni che
Hermione era riuscita a condensare nel suo necessariamente breve colloquio con
il re dovette soccombere all’inarrestabile istinto di inchinarsi davanti a
quell’uomo. In quel momento, proprio come quando aveva estratto la spada, la
sua gloria splendeva come se egli stesso fosse stato un meraviglioso astro
nascente.
«Vostra Maestà» disse allora Draco, il capo chino
in segno di rispetto, indicando con un cenno la roccia. «Credo che sarà
necessario riportarla nella sua condizione di sicurezza, così che io possa
procedere più speditamente» spiegò, facendo un passo indietro proprio mentre il
Re, con una tranquillità inumana, avanzava.
Un passo, un altro ed un altro ancora, il Re si
ritrovò nella stessa posizione di poco più di dieci minuti fa, immobile davanti
alla prigione della più grande arma mai esistita al mondo, il cui destino era
riportare pace e sicurezza nella società arrivata al suo collasso. Draco
osservò il Sovrano sollevare Excalibur con entrambe le mani, le braccia
contratte in vista dello sforzo di intrappolarla nuovamente nella roccia che
per tanto tempo l’aveva conservata.
Finché
Excalibur non venne violentemente strappata dalla sua presa, volando fra le
grinfie della strega.
«Scenetta commovente, davvero, ma credete sinceramente
che io vi lascerò mandare in aria il mio piano?» domandò la – non più – vecchia
Fitzroy, le eleganti sopracciglia bionde inarcate ed un sorriso perfetto sulle
labbra. Dietro di lei, Merlino ubriaco ridacchiava fra sé e sé, lanciando occhiatine
spaventate e divertite al povero drago incatenato.
Essendo l’unico armato, Draco si fece avanti.
«Lascia andare la spada, vecchia megera, non
ti appartiene» sibilò, pronto a combattere se si fosse rivelato necessario.
«E questo sei tu
a deciderlo, giovane Malfoy?» gli fece il verso lei, scoppiando a ridergli
in faccia. «Oppure è lui a deciderlo? Lui, un semplice effetto collaterale?»
aggiunse, indicando Artù con la punta della spada. «Se avessi saputo che
sarebbe ritornato dal Regno dei Morti, avrei provveduto immediatamente ad
ucciderlo ancora… usando proprio questo stuzzicadenti magico che tanto gli
piace».
«Sei mostruosa»
sibilò il sovrano, con un tono talmente sdegnato da far quasi commuovere
Malfoy. «Non sei mia sorella, tu non sei Morgana».
«No, non sono tua sorella» civettò ancora la nonna
Fitzroy, con la solita risatina inquietante. «Ma se vuoi possiamo comunque
passare una notte di sesso bollente… dimmi, l’incesto è davvero così
entusiasmante come si dice in giro? Non ho mai avuto queste pulsioni, ma immagino
che adesso dovrei accontentarmi…»8.
Artù impallidì, forse vergognandosi ancora del suo
passato, forse ricordando a chi aveva
condotto quell’unione maledetta.
Mordred. La sua morte.
«Posa la spada, ho detto! Posala e vattene, forse
eviteremo di condannarti a passare il resto della tua esistenza ad Azkaban»
propose allora Draco, cercando di mostrarsi più sicuro di quanto realmente non
fosse. Hermione, al suo fianco, fece un verso stizzito, come a sottolineare
che, se fosse dipeso da lei, avrebbero dovuto reintrodurre la pena capitale,
per quel mostro. «Posa la spada, Margaret».
«Non
chiamarmi in quel modo!» strillò la megera, in risposta, puntando contro di
loro la bacchetta magica. La bacchetta appartenuta a Druella, Draco ne era
assolutamente certo: era l’unica ad avere degli intarsi d’oro lungo tutto il
corpo, simbolo della vittoria consecutiva di tre campionati mondiali di duello
magico. Prima di lei, l’unico a ricevere un tale onore era stato il suo
bisnonno, il marito di Margaret. «Non puoi costringermi a fare un bel niente,
nessuno può!» aggiunse, con un sibilo furioso. «Ed ora voi morirete, niente potrà frapporsi a me ed al mio nuovo mondo!».
Il rumore di qualcosa – o meglio, qualcuno – che veniva schiantato
violentemente contro un tronco d’albero attirò l’attenzione di tutti i
presenti, che si voltarono verso il fitto degli alberi.
«Madre»,
disgustato, Lord Fitzroy emerse dal folto del bosco con ancora la bacchetta
alzata, superando con un certo disgusto il corpo incosciente di quella pessima
copia di Merlino. A qualche metro sulla destra da lui sbucò anche Anthony che,
tuttavia, ignorò completamente Morgana e concentrò il suo sguardo prima su
Draco e poi, immediatamente, su Hermione, verso la quale si precipitò.
Draco fece un sospiro di sollievo: nessuno meglio
di un Goldstein poteva riparare delle ossa rotte, la sua era una antica
famiglia di guaritori, non dubitava che, nonostante la carriera scelta fosse
diversa, lui sapesse bene come aiutare la sua fidanzata.
«Gerry caro»
sbottò Margaret, guardando il figlio con un cipiglio diviso fra il disgusto ed
il divertimento. «Sono felice che tu sia venuto ad assistere al mio trionfo.
Finalmente non dovrò stare un passo dietro a te o tuo padre, non è
fantastico?».
Lo sguardo che il vecchio Lord le dedicò chiarì
quanto trovasse fantastico quel suo
piano. «Posa quella spada e consegnati, non peggiorare la tua situazione» le
sibilò allora, facendo un altro passo avanti, la bacchetta ancora alta in
posizione difensiva. «Fa’ come ti è stato detto e, magari, provvederemo
affinché tu venga rinchiusa in una struttura adeguata alla tua veneranda età9, piuttosto che
ad Azkaban».
Margaret scoppiò a ridere, allargando le braccia.
«Guardami, Gerry! Io sono giovane,
non c’è nulla che possa fermarmi, adesso! Nulla e nessuno!» si rallegrò,
indicando con un cenno i due maghi rimasti indietro. Artù, a quel punto, era
troppo sconvolto per poter dire qualcosa. «Chi dovrebbe fermarmi, eh? Malfoy?
Guardalo, sta tremando come una fogliolina. Oppure quel guaritore mancato di
tuo nipote?» continuò, ridendo a più non posso. «Oppure tu, Gerry? Guardati, sei così vecchio che se
dovessi estrarre la bacchetta troppo velocemente rischieresti di spezzarti
qualcosa!».
Lord Fitzroy accolse quelle parole con un lieve
sorriso. «Hai ragione, Madre» le rispose, abbassando la bacchetta. «Infatti non
sarò io a fermarti» continuò, facendosi da parte per lasciar spazio a qualcun
altro. Qualcuno che Draco accolse con una gioia assolutamente indescrivibile.
Druella, con indosso gli abiti da competizione
della famiglia Fitzroy – un completo color granata con rifiniture d’argento –,
si fece avanti con una calma assolutamente innaturale, la bacchetta – a chi
apparteneva? Di certo non era la sua – ben alta e pronta all’attacco.
«Ah, la piccina»
si rallegrò Margaret, lasciando cadere Excalibur al proprio fianco. «Vuoi davvero umiliare la famiglia, non è
vero, Gerry? Sei pronto a lasciarmi uccidere anche la piccola Ella…» continuò,
con voce cantilenante, quasi stesse parlando con dei bambini.
La giovane non fece una piega, anzi, le dedicò un
lieve sorriso. «Sei molto sicura di te, nonna»
le fece notare soltanto, fronteggiandola alla distanza di sicurezza che,
Draco avrebbe scommesso qualunque cosa, era la stessa richiesta per le
competizioni internazionali. «Fatti avanti, allora. Sconfiggimi e vincerai,
cos’hai da perdere?».
Qualcosa, nel modo in cui lei si presentò a quello
scontro – forse la sua posizione? Forse il suo atteggiamento? –, fece
accigliare Draco. Era sbagliato.
Margaret ridacchiò, allegra. «Sei una così cara
ragazza… mi dispiace ucciderti10» disse, tranquilla, proferendosi in
un inchino che era tutta apparenza. Anche lei aveva gareggiato, prima di
sposarsi. Alcuni ritenevano che fosse anche più brava del leggendario marito.
Ella ricambiò il gesto, tranquilla. «A me dispiace
morire10… En garde!».
Lampi di luce si sprigionarono in successione
velocissima, impedendo a chiunque di tenere conto degli incantesimi sferrati e
respinti. Per la prima volta, Draco ebbe la reale percezione di quanto minima fosse la sua capacità nel duello
e di quanto banali fossero le sue tecniche: aveva assistito a mille e mille
scontri, ma nessuno aveva raggiunto quei livelli. Le due sfidanti si
fronteggiavano con agilità, nessuna delle due capace di sovrastare l’altra,
quantomeno non del tutto. Ella sembrava vagamente in difficoltà, mentre
Margaret stava dando il massimo della sua capacità. Lentamente sarebbe riuscita
a prevalere, soprattutto considerando la velocità terrificante con cui attacchi
e contrattacchi venivano sferrati.
«Maledizione, Ella, piantala!» sbottò Anthony,
ringhiando quelle parole mentre si occupava della gamba di Hermione. In
risposta, giunse la risatina di sua moglie, che fece interrompere
momentaneamente lo scontro.
Margaret, con il fiatone, lanciò un’occhiata
divertita alla nipote. «Sei già stanca, mia cara? Posso capirlo, davvero,
dopotutto hai dimostrato una bravura degna della tua stirpe» le fece notare,
vagamente ammirata. «Arrenditi, unisciti a me e ti insegnerò, ti renderò
migliore».
L’occhiata che Ella le dedicò fece aumentare il
suo sorriso e spaventare Draco, tuttavia la risatina di Anthony impedì che
l’ansia lo assalisse. Lui non avrebbe riso, se lei fosse stata sul punto di
arrendersi, no?
«Ti ringrazio per la proposta, davvero, e devo
ammettere che anche tu sei parecchio brava, abbastanza da superarmi, in questo
momento» le disse infatti la nipote, raddrizzando le spalle. «Ma c’è una cosa
che tu non sai» aggiunse, facendole l’occhiolino e giocherellando con la
bacchetta sconosciuta.
Margaret si accigliò, respirando ancora a fatica.
«Che cosa?».
Nell’istante stesso in cui Ella passò la bacchetta
dalla mano sinistra alla destra, Draco capì
perché fino a quel momento il suo comportamento gli fosse sembrato innaturale,
sbagliato.
Maledetta
bastarda.
«Io non sono mancina9, nonnina cara».
Quando lo scontro riprese non ci fu assolutamente
alcun metro di paragone fra le due sfidanti: due colpi, un passo avanti e
Morgana perse la presa sulla sua bacchetta, crollando in ginocchio sotto
l’effetto di un buon, vecchio incanto delle pastoie.
Il verso di apprezzamento che Hermione fece,
sconvolta da ciò cui aveva appena assistito, venne coperto dall’urlo feroce
della vecchia megera nel vedere la nipote tornare in possesso della sua
bacchetta riccamente decorata.
«Questa,
nonnina cara, è la mia» le disse,
avvicinandosi di qualche passo per sventolarle la bacchetta usata fino a quel
momento sotto al naso. «Mentre questa
apparteneva a tuo marito. Ancora una volta, sei stata sconfitta da un Fitzroy,
ma non potrai più dire che a decretare la tua sconfitta sia stato il
favoritismo di una società maschilista11».
Un applauso particolarmente convinto nacque da
Artù, estendendosi poi ad Anthony ed a Hermione, tornata miracolosamente in
piedi ed a pochi centimetri di distanza da Draco. Lord Fitzroy si fece avanti,
recuperando la bacchetta appartenuta a suo padre ed utilizzandola per
imbavagliare ed incatenare la madre. Poi, proprio lui si avvicinò ad Excalibur,
prendendola fra le mani ed allungandola, facendo qualche passo esitante, al
legittimo proprietario.
«Vostra Maestà, vogliate accettare le scuse della
mia famiglia. Siamo mortificati per il comportamento di mia madre e speriamo di
poter trovare un modo per togliere questa terribile onta dal nostro onore»
disse il vecchio, inchinandosi una volta giunto a destinazione, porgendo la
spada al Sovrano.
Artù non sorrise, nonostante i suoi occhi fossero
ancora buoni e gentili. «Avete già ripulito il vostro onore, Sir, grazie alle
prodezze della Dama- voglio dire, di vostra nipote» disse, accennando un
sorriso a Druella, che chinò il capo in segno di riconoscenza e rispetto. Presa
la spada, il Re si voltò verso Draco. «Immagino che adesso possiamo procedere,
signor Malfoy. Riportiamo questo mondo alle sue condizioni legittime».
Anthony fece una leggera smorfia, pulendosi le
mani sporche di sangue sui pantaloni. «Un po’ di giustizia in più non farebbe
male, in fondo. Magari possiamo trovare il modo di spezzare la Maledizione
della Spada senza rimandarla indietro, Maestà».
Artù arricciò il naso, facendo qualche passo
avanti fino a fronteggiare la roccia. Sollevò Excalibur tenendola per l’elsa e,
con un colpo deciso, la incastonò nella sua roccia. Dov’era giusto che fosse. Il bagliore che fino a quel momento
l’aveva circondato sembrò affievolirsi, senza tuttavia lasciarlo del tutto. Con o senza Excalibur, lui restava sempre il
Re Eterno. «Ancora il mio momento non è giunto, Sir» gli rispose allora,
voltandosi nella sua direzione con un sorriso gentile. «Quando toccherà a me,
allora farò il mio ritorno, ma non un attimo prima».
Comprendendo che fosse giunto il suo momento,
Draco si fece avanti.
«Il Re ha parlato. Spezziamo la Maledizione».
»Marnie’s Corner
Bentrovati e bentornati, cari amici di EFP!
Prima di tutto, ho una pagina facebook! Seguitemi per futuri
aggiornamenti!
Avvertenza: Questa fanfiction è
un sequel/spin-off della mia long: Lo Specchio delle Anime.
Mettere nello stesso capitolo Draco ed un
drago è stato snervante, ho dovuto ricontrollare dieci volte e temo di aver
perso qualche pezzo qui e lì, abbiate pietà.
Eccoci ancora con l’ultimo capitolo! Come ho già detto più volte, il
prossimo capitolo sarà l’epilogo, quindi, tecnicamente, la storia si è conclusa
adesso. È stata una parentesi
piacevole, nulla di esagerato o di impegnativo, ma spero abbia parzialmente
soddisfatto la vostra curiosità!
Siete andati a vedere Animali Fantastici? Se no, vi chiedo di farlo, è meraviglioso, assolutamente
meraviglioso. Newt Scamander
ha ridato dignità ai Tassorosso (ed essendo io per metà Tassa è una gran
soddisfazione) ed ha fatto vedere una parte del mondo magico che nei primi
sette libri/film non era stata mai analizzata. La magia adulta, finalmente.
Punti importanti:
» 1 – Ovviamente è una sciocchezza inventata dalla sottoscritta, nulla
di scientifico.
» 2 – La famiglia MacFusty gestisce la riserva
dedicata a questi draghi, nelle Ebridi. Hermione si è recata più volta a far
visita a quel piccolo esemplare esaminato con Newt Scamander. Naturalmente, non l’ha più visto da quando si
sono svolte le vicende raccontate ne “Lo Specchio delle Anime”.
» 3 – Black Angus è una razza di
mucche tipiche della Scozia. Carne eccellente, considerata particolarmente
gustosa e prelibata.
» 4 – Alan Grant è il protagonista di Jurassic Park. Hermione ha adorato
quel film!
» 5 – Nel prequel, Hermione ha affrontato uno Specchio che, essenzialmente,
è una manifestazione dell’Antica Magia esattamente come Excalibur.
» 6 – Sempre riferimento al prequel, Hermione essenzialmente si è
sacrificata, senza dire nulla a Draco e facendo in modo che lui la guardasse “morire”
senza poter dire nulla.
» 7 – La leggenda
ufficiale racconta che Re Artù tornerà dalla sua tomba su Avalon
quando il mondo ne avrà più bisogno. Il fatto che Margaret abbia
utilizzato Excalibur per creare la sua nuova Camelot – gettando il mondo nel
più assoluto terrore, di fatto – ha contribuito a svegliarlo prima del tempo.
Finita la crisi, lui scomparirà così come il castello e tutto il resto.
» 8 – Piccola nota divertente: il maggiore
fra i figli di Hermione svilupperà un amore viscerale per tutte le creature
magiche – draghi in particolare – e la sua ultimogenita passerà tutta l’infanzia
correndo per la riserva di Nonno Newt. La seconda, Rosemary, non avrà un amore viscerale
per le creature ma, comunque, passerà molto del suo tempo giocando con bestiole
di diversa natura.
» 9 – Facendo due calcoli, Margaret
dovrebbe avere circa 103 anni, nonostante ne dimostri meno di trenta.
» 10 – Citazioni prese direttamente da “La
storia fantastica”, che io adoro alla follia. Se non l’avete visto, fatelo. L’idea di Druella come Westley, apparentemente innocua ma in realtà una macchina
da guerra… non lo so, mi ha attirata subito. Anthony come Bottondoro,
però, è decisamente più divertente.
» 11 – Aneddoto sul passato di Margaret:
anche lei era un’abile duellante e, per evitare di sposare un uomo considerato “non
alla sua altezza”, aveva imposto a suo padre di farle sfidare tutti i
pretendenti e di sposare solo chi l’avesse sconfitta. Arrivato il turno del
bisnonno Fitzroy, lui riuscì a sconfiggerla in poche mosse, ma lei non l’accettò
mai. Lo sposò semplicemente perché aveva contratto un Voto Infrangibile e non
poteva più tirarsi indietro. Non perdonò mai al marito ed alla loro discendenza
di averla umiliata e messa da parte.
Siamo arrivati alla fine, signori. Vi aspetto la settimana prossima con l’Epilogo!
Potrebbe fare la sua comparsa un personaggio che io potrei aver ideato per qualcosina nel futuro.
A lunedì prossimo!
Per altre
comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!
Grazie ancora a
chiunque leggerà,
-Marnie