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Autore: Marne    21/11/2016    3 recensioni
| Spin Off della long-fic "Lo Specchio delle Anime" |
Draco Malfoy ed Hermione Granger sembrano aver appena ottenuto la tanto agognata pace, dopo aver affrontato delle sfide particolarmente dure e dopo aver finalmente ritrovato un equilibrio con i propri demoni interiori. L'aver risolto la prima missione, sei mesi prima, ha tuttavia evidenziato le loro capacità nel risolvere misteri ed il Ministero, ancora una volta, ha bisogno del loro aiuto.
In un villaggio sperduto vicino Chester, un incantesimo si è abbattuto sulla popolazione e sembra proprio che Re Artù e la sua corte abbiano ripreso a calpestare la terra dei vivi, mettendo a rischio l'equilibrio fra passato, presente e futuro. Una spada - Excalibur - sembra essere responsabile di questo incantesimo e Draco ed Hermione sono gli unici a poterla recuperare prima che sia troppo tardi.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mirror Universe'
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Lleggenda di Camelot.

 

 

  

 

Atto VI – Il Re Eterno.

 

 

 

«È un meraviglioso esemplare».

Newt Scamander era un uomo anziano, tuttavia la meraviglia nei suoi occhi, quando lo avevano messo di fronte a quell’esemplare di cucciolo di drago, apparteneva certamente ad un ragazzo. Lo splendore che, dopo tutti quegli anni, non lasciava il suo animo ogni qualvolta si trovasse ad una qualsiasi creatura fantastica era assolutamente ammirevole. Hermione avrebbe dato qualunque cosa pur di provare quella stessa estasi, seppur per un singolo istante.

Lei gli sorrise, con gentilezza, tirando fuori dalla sua borsa la cartellina con le informazioni sul caso che aveva appena risolto. Avevano chiesto a lei di incontrare lo studioso perché ritenuta “interessante”. Tutti gli altri colleghi, a quanto ne sapeva lei, erano stati immediatamente giudicati come “noiosi” nelle rare occasioni in cui il consulto dello studioso era stato richiesto. «Lo abbiamo trovato in un sotterraneo nel Derbyshire, sappiamo che è un Nero delle Ebridi, però-».

«Cresciuto in luogo buio e umido, sì…» la interruppe Scamander, facendole cenno di avvicinarsi ed indicandole dapprima le ali raccolte dietro la schiena e poi gli occhi aperti a fatica. «Vede, mia cara? Non aveva abbastanza spazio per sgranchirsi le ossa… e gli occhi, è evidente che non sia abituato alla luce». Con un colpo di bacchetta abbassò la fiamma delle torce accese dai Dragonologi responsabili del piccolo. Un momento dopo, il vecchio sembrò accorgersi nuovamente di lei. «Ma… non prende appunti?» le chiese, confuso.

Hermione lo osservò con una certa curiosità. «Dovrei prendere appunti?».

«Lei è una studiosa, ragazza mia, si vede dallo sguardo!» ribatté il vecchio, scuotendo il capo ed avvicinandosi di qualche passo, puntandole l’indice contro il viso. «Importa qualcosa che lei non sia una magizoologa? Non bisogna mai perdere l’occasione per imparare qualcosa! Anche se di un argomento totalmente estraneo ai suoi interessi». Si avvicinò ancora, con uno sguardo da vecchio gufo curioso che riuscì a non metterla a disagio. Nessuno riusciva a non metterla a disagio, ormai. «Chi le assicura che un giorno non le verrà comodo sapere qualcosa in più sui Neri delle Ebridi? Lei lo sa che soffrono incredibilmente il solletico sotto le ali?1».

 

Col senno di poi, Hermione decise che avrebbe mandato un bel mazzo di fiori ed un sacco pieno di cioccorane a quel vecchio studioso tutto matto. Un sacco a lui ed un altro paio di sacchi alla Riserva nelle Ebridi2, perché dopotutto era soprattutto grazie a loro se aveva avuto la possibilità di tornare a far visita a quel minuscolo – a quel punto non lo era più – esemplare di rettile.

«Non posso crederci… non posso crederci» sbottò ancora Draco, tenendosi stretto al ramo su cui era riuscito a smaterializzarli mentre lei, con un sangue freddo che non tirava fuori dall’ultima volta in cui aveva rischiato la vita, operava un Rictusempra sulla cara bestiola, lasciandola boccheggiante a contorcersi su se stessa, giusto pochi metri sotto di loro. L’incanto riusciva ancora a controllarlo, ma, era piuttosto evidente dal progressivo ridursi dei suoi spasmi, non sarebbe durato per sempre.

Naturalmente, una volta salvi avevano provato a smaterializzarsi via, senza alcun successo. La maledetta bagascia – perché era così che Draco l’aveva chiamata, aggiungendo anche un paio di epiteti che lei non avrebbe ripetuto per una questione di pura decenza – aveva lanciato una maledizione su tutta la radura, impedendo le smaterializzazioni o le materializzazioni.

Li aveva intrappolati.

«Se riuscissimo a prendere Excalibur potremmo porre fine all’incantesimo» rifletté Hermione ad alta voce, scacciando un ramo a pochi millimetri dal suo naso. Aveva intravisto un ragno ad un pelo dai suoi capelli, ma non aveva neppure intenzione di preoccuparsi della possibilità di ritrovarsi una ragnatela in testa. Aveva delle priorità. «Basterebbe un Finite, ma dovremmo quantomeno toccarla».

«Non so se l’hai notato, Mon Ange» la interruppe Draco, accigliato, indicando l’animale, «ma prima di arrivare alla spada dobbiamo superare quel coso lì. E gli incantesimi non funzionano! Sono sorpreso che il Rictusempra abbia avuto un minimo effetto! Come diavolo facevi a saperlo? Non c’è scritto nei libri!» aggiunse, portandosi una mano al cuore per riprendere fiato. Aveva i capelli tutti scompigliati e che gli ricadevano sul viso, non era così disordinato – fuori dalla camera da letto, naturalmente – da mesi.

«Me l’ha raccontato Newt Scamander più di un anno fa» gli spiegò, passandosi una mano sul viso per asciugare un po’ i sudori freddi che la paura e l’adrenalina le stavano procurando. «Ha detto che soffrono il solletico e che sono appassionati di Black Angus3».

Lui sbuffò, lanciando uno sguardo preoccupato al drago sempre meno impegnato dai suoi contorcimenti. «Ah, bene a saperlo, magari potremo fare una telefonata e farci portare un paio di bistecche» sbuffò, sinceramente esasperato, guardandosi intorno con l’aria di qualcuno cui avessero appena morso il fondoschiena.

Perché le venivano in mente quei paragoni, in quel momento? L’ansia le faceva un pessimo effetto.

«Scappare sarebbe inutile» continuò lui, con un sospiro. «Il Nero è un abile cacciatore, quando sceglie una preda non la lascia andare finché non gli ha fatto fare una bruttissima fine».

Hermione si allungò leggermente per dargli un pugno sul braccio, fulminandolo. «Grazie, dottor Alan Grant4, questa opinione da Dragonologo specializzato era proprio ciò che ci serviva adesso, non so proprio come ringraziarti» sbottò, dandogli le spalle per cercare un’altra via di fuga, naturalmente senza successo. «Se anche riuscissimo ad arrivare ad Excalibur, non avremmo come scappare da quel coso».

«L’unica possibilità è provare a scappare» convenne Draco, con un sospiro. «Potremmo andare nel piccolo lago e tentare la fuga da lì» aggiunse, grattandosi distrattamente la guancia. Si era graffiato durante la prima fuga, una goccia di sangue gli era colata dai capelli lungo tutto il viso. «Se non sbaglio, dietro quella cascata dovrebbe esserci un sentiero fra le rocce… lì potremmo nasconderci facilmente».

«Nasconderci...». Hermione fece una smorfia, spostando leggermente il peso in avanti a causa della scomodità dello stupido ramo su cui era seduta. Gli spasmi del drago stavano diminuendo in modo piuttosto inquietante, ma lei non poteva più riavvicinarsi per colpirlo nell’unica zona debole della sua scorza. Erano in trappola. «Non mi piace l’idea di nascondermi dietro una pietra e pregare per il meglio, Draco».

«Non è che abbiamo molte possibilità, sai» le rispose lui, acido. «Coraggio, non ho la minima intenzione di diventare un antipastino per quel lucertolone, non credo che mio padre ne sarebbe particolarmente felice e dubito che al piccolo Potter farebbe bene crescere senza una figura responsabile vicino» aggiunse, con un sospiro, avvicinandosi per poterle poggiare la mano sulla spalla. «Ci smaterializzeremo a pochi passi dalla spada, spezzeremo l’incantesimo e ce la daremo a gambe levate, sono stato chiaro, Mezzosangue?».

Parecchio stizzita, Hermione gli dedicò uno sguardo contrariato. «Da quant’è che tu sei diventato il capo? Questa è una relazione paritaria, Malfoy, non pensare di potermi dare ordini» mugugnò, parecchio risentita, annuendo ed avvicinandosi, nonostante la sua ribellione. «E da quant’è che ti sei eletto a figura responsabile per James? Ti ho dovuto trascinare a vederlo, quando è nato!».

Draco inarcò le sopracciglia, sollevando la bacchetta. «Tu sei la figura responsabile, naturalmente. Io sarò il padrino consapevole che cercherà di salvarlo da quel mare di sciocchezze e follia che è la sua famiglia. Ovviamente, si tratta comunque di un Potter e la genetica non può essere facilmente aggirata. Immagino che dovrò salvare il salvabile» spiegò, con una smorfia. Rialzò lo sguardo in quello di lei, rafforzando la presa. «Al mio tre. Uno, due, tre!».

Il pop della smaterializzazione fu l’unico suono che Hermione riuscì a sentire un momento prima di sparire nel nulla. La realizzazione di cosa significasse quel silenzio arrivò un attimo prima che riapparissero, incespicando fra le erbacce e cadendo a pochi passi da quello che era il loro obiettivo finale. La spada, da vicino, sembrava brillare di luce propria.

Oppure quella luce proveniva dalla fiammata appena sputata dal drago, evidentemente libero dall’incantesimo del solletico e pronto a mangiarli in un sol boccone.

«Corri!» l’urlo di Draco le arrivò alle orecchie come se fosse stato poco più di un sussurro, a causa del ruggito della bestia che si contorceva follemente per potersi muovere nello spazio che aveva a disposizione e poter arrivare ad essere muso a muso con loro. Lei, dal canto suo, era talmente sconvolta da non riuscire quasi a muoversi: fu solo quando lui la prese per il braccio e la tirò via con violenza che ricominciò a percepire ciò che la circondava. «Hermione, corri!».

Si era fatta male alla gamba, se ne rese conto solo una volta tornata in piedi. Era un dolore sordo, così forte da farle girare la testa ed impedirle di stare in piedi. Era così forte che lei quasi non vi prestò attenzione, tanta era la fretta. Confusa e spaventata dal ruggito proveniente dalle sue spalle, abbassò lo sguardo per poter controllare cosa le stesse impedendo di alzarsi e ciò che vide le fece venire un’ondata di nausea terrificante: quella piega assunta dalla sua gamba era tutto fuorché normale.

«Oh, porca puttana!» l’orrore nelle parole di Draco non fece che confermare il suo atroce dubbio. Sentì distintamente le sue braccia stringersi intorno a lei e spingendola a terra, un attimo prima che una fiamma terrificante si scagliasse nel punto in cui, fino a pochi istanti prima, c’era stata la sua testa. «Non muoverti, non muoverti» aggiunse poi lui, ansioso, con un tono di voce così vicino all’isteria da farle quasi fermare il cuore per il terrore. Lei non poteva muoversi, lui non poteva smaterializzarla. Il drago voleva mangiarli entrambi.

«Draco», il modo in cui uscì la sua voce la spaventò. Era un pigolio, un sibilo dolorante e spaventato che non le era mai appartenuto. Non era la prima volta in cui si faceva del male, non era la prima volta in cui soffriva così tanto. Era la prima volta, tuttavia, in cui era abbastanza matura da comprendere quanto avesse da perdere. «La spada… prendi la spada» continuò, sentendo un’altra ondata di nausea colpirla allo stomaco con inaudita violenza nel momento in cui tentò di strisciare via. Senza poterne fare a meno, si vide costretta a piegarsi di lato e vomitare.

«Dobbiamo andare via da qui!» le urlò invece Draco, schermandola con il suo corpo dalla polvere e dalle pietre che il drago aveva smosso nel disperato tentativo di voltarsi e mangiarli. Le sue urla selvagge sembravano riecheggiare come se fossero stati tutti chiusi in un’enorme bolla di vetro. «Dammi la mano, dammi la mano, posso creare una passaporta, quella forse potrebbe farci uscire di qui… funziona ad Hogwarts, perché in questa stupida radura no?». Il suo tono era così nevrotico, così sconvolto, che per un momento lei temette fosse lui il vero ferito, in quella situazione.

«Prendi la spada, Draco!» insistette Hermione, cominciando a sentire la testa girare vorticosamente. Sarebbe svenuta, se non fosse stata già sdraiata. Il grosso rettile era ormai riuscito a farsi abbastanza strada da fronteggiarli: a separarli dai suoi denti erano solo pochi spuntoni di pietra ed alberi. Gli spruzzi d’acqua di ciò che restava della cascata – distrutta con qualche colpo di coda – cadevano su di loro come pioggia sporca, Hermione avrebbe voluto pulirsi il viso ma temeva che muovendo anche solo un muscolo avrebbe definitivamente perso i sensi. «Prendi la spada».

Il modo in cui lui la guardò, disperato, le fece venire il magone. I suoi occhi di cristallo erano spalancati, il respiro corto: non era mai stato così pallido. «Non ti lascio qui» esalò, spalancando gli occhi quando un ramo delle dimensioni di un piccolo faggio passò sopra le loro teste. «Protegourlò ancora lui, ansimando, cercando di schermarli come meglio poteva. Lo scudo era una leggera aura azzurra su di loro, così pallido da risultare quasi invisibile. Il drago non avrebbe impiegato molto tempo a superarlo, con una delle sue fiammate inarrestabili.

Era così che si sentivano le anime imprigionate all’Inferno? Con il calore della morte tutt’intorno e nessuna speranza di salvezza?

La mente di Hermione, arrivata a quel punto, guardava ben oltre la sua semplice esistenza: non c’era via per sopravvivere, perché non morire facendo la cosa giusta? Aveva già sfidato l’Antica Magia5, sei mesi prima, rischiando la sua vita come se non le fosse importato nulla. Cosa le impediva di farlo ancora? Poteva chiedere a Draco di sacrificarsi come avrebbe fatto lei, se avesse potuto?

«La spada. Impediscile di rovinare tutto!».

Sì, poteva.

Voleva che lui rinunciasse ad ogni speranza e ponesse la parola fine alla loro vita insieme, nonostante non fosse ancora davvero iniziata?

«Maledizione, Hermione! Non posso permettere che tu muoia!».

No, non voleva. Ma doveva farlo.

«Non abbiamo comunque alcuna speranza» provò a dirgli, accennando un lieve sorriso. Si rese conto, in quel momento, di avere il viso bagnato di lacrime. La sua bacchetta giaceva spezzata poco lontano da dove erano caduti, una perfetta immagine del suo cuore in quel momento.

«Posso aggiustarti la gamba» annaspò lui, la sua voce così lieve da essere quasi totalmente coperta dal rumore agghiacciante del drago che scavava e scavava, intenzionato a ricavare abbastanza spazio da potersi avvicinare e mangiarli. «Una volta sistemata, potremo scappare dietro la roccia, quel bestione non potrà… non potrà girarsi di nuovo!» continuò, allungando la mano per asciugarle le lacrime.

«Non puoi aggiustarmi la gamba senza togliere lo scudo, Draco, lo sai. Ed abbiamo una sola bacchetta a disposizione» gli rispose, sentendo un peso calarle sul cuore e poi sul resto del petto, come una macchia d’inchiostro su una pergamena. «Va’ dalla spada. Ti ci vorranno pochi secondi per-».

«Vuoi smetterla di pensare a quella dannata spada?» il suo urlo isterico la fece trasalire e la zittì. In un altro momento, gli avrebbe risposto per le rime, ricordandogli chi fosse a capo della missione, ma in quell’istante non ci riuscì. La macchia d’inchiostro aveva risucchiato le sue corde vocali, il suo stomaco, tutto. «Lo so che moriremo, ma non ho intenzione di morire lontano da te, senza aver neppure provato a salvarti. Non me ne importa un accidenti del resto del mondo, vuoi capirlo? Sei tu il mio mondo ed è te che devo salvare, anche a costo di smaterializzarti via nei pochi secondi che avremo a disposizione».

Si guardarono per due lunghissimi secondi, dopo quelle parole. Paura e determinazione, speranza e rassegnazione, ancora una volta la loro vita vedeva il contrapporsi di emozioni, tutte facce dello stesso amore che, nuovamente, li stava accompagnando sull’orlo del precipizio.

Alla fine, fu lei a cedere, sorridendogli fra le lacrime. «Tu non le sai riparare le ossa, Draco».

«E tu hai già provato a morire e lasciarmi indietro, sappiamo entrambi che non permetterò che una eventualità simile si ripeta6» gli rispose lui, pulendole il viso. «E sappiamo anche che non potrei comunque interrompere l’incantesimo della spada, il drago ci ucciderà entrambi prima».

«E una passaporta è ancora più improbabile della smaterializzazione, con un incanto di protezione su tutta la radura».

Una nuova emozione si affacciò ai loro occhi, identica in ogni sfaccettatura: tristezza.

«Non reggerò ancora per molto» le disse poi Draco, con un sospiro, avvicinandosi fino a potersi sedere al suo fianco. Che non volesse più fronteggiarla era indicativo che la lite fosse bella che sepolta. Avevano altro a cui pensare. «Almeno questa volta saremo insieme, non mi lascerai da solo» continuò, passandole il braccio intorno alle spalle, per attirarla di più contro il suo petto. Il buon profumo di cuoio e dopobarba era sparito, sostituito dalla puzza di fumo e della terra umida su cui si erano rotolati. «Sei pronta?».

La macchia d’inchiostro sul cuore di Hermione aveva raggiunto le dimensioni della sua intera anima: l’assenza di un angolo pulito, l’assenza di speranza nel futuro, l’avevano portata ad uno stato di pacata rassegnazione, facendole accettare l’inevitabilità di quanto sarebbe venuto. Era semplicemente felice che, in un modo o nell’altro, sarebbero stati insieme. Il dolore alla gamba, la puzza di vomito ed il frastuono del drago infuriato erano nulla, in quell’istante. Nulla davanti a loro.

«Ti amo, Draco».

Il modo in cui lui le sorrise avrebbe rischiarato qualunque nube, scacciando anche il più tenace dei dissennatori. Quando le sollevò leggermente il viso e si avvicinò, Hermione non riuscì a chiudere gli occhi: non avrebbe perso neppure un istante di lui.

«Ti amo, Hermione».

Quando si baciarono, l’incantesimo di protezione crollò intorno a loro come una pioggia delicata e, con un boato, l’enorme rettile spalancò le sue fauci infernali.

 

***

 

L’immenso calore che si era aspettato non era mai giunto.

Aveva continuato a baciare la sua Hermione, profondamente e con incredibile dolcezza, pronto a trascorrere i suoi ultimi istanti fra le sue braccia, l’unico luogo in cui fosse mai stato davvero felice. I pochi istanti, tuttavia, erano diventati i secondi ed i secondi erano diventati un minuto. Il frastuono continuava, ma delle fiamme non c’era neppure l’ombra.

«Sono immensamente spiacente di disturbarvi,» esclamò una voce a pochi passi da loro, affaticata ma nonostante tutto divertita, «tuttavia credo che dovreste affrettarvi, il mio è uno scudo incantato, ma non è certo indistruttibile».

Davanti a loro, meraviglioso nella sua armatura d’oro, Re Artù impugnava uno scudo magnificamente decorato, grande almeno il doppio di quelli generalmente associati al suo periodo storico, ricoperto interamente da antichissime rune celtiche che Draco era certo di aver già visto in un antico manuale sugli incantesimi difensivi. Lo scudo, naturalmente stregato, li aveva protetti tutti dalle spaventose fiamme della bestia, respingendole verso il legittimo destinatario in un incredibile gioco di spruzzi infuocati.

Il mago sentì il proprio cuore esplodere a causa di tutte le improvvise emozioni provate, Hermione, al suo fianco, esalò un’imprecazione così colorita da meritare di essere incisa nel libro nero che Narcissa Malfoy conservava ancora al Manor.

A quel punto, la domanda da porre fu semplicemente una.

«Lei cosa cazzo ci fa qui?» sbottò lui, tentato di allargare le braccia per dimostrare pienamente il suo sconvolgimento. «Come diavolo ha fatto a trovarci? E quello che razza di scudo è? Non esiste un metallo capace di respingere il fuoco del drago!».

Una risatina divertita scosse il re, nonostante Draco l’avesse notata solo a causa del lieve tremore delle sue spalle. «Credevo che voi maghi di Avalon conosceste le proprietà delle armi forgiate dal fiato di drago» gli rispose, con tono stranamente leggero. Naturalmente, Draco conosceva la leggenda secondo cui l’acciaio forgiato dal fuoco di un drago fosse immune alle fiamme del drago stesso, ma non aveva mai pensato che… «Quanto alla mia presenza qui, credo lei debba ringraziare la sua fidanzata, sir Morgerstern. O forse dovrei dire Malfoy?».

Lo shock nel suo sguardo avrebbe fatto sorridere la sua fidanzata, lui ne era certo, ma in quel momento non ci fu modo di lasciarsi andare a simili leggerezze. «Cosa gli hai rivelato, Mezzosangue? Qualcosa delle parole “sotto copertura” non ti era chiaro?» sbottò quindi, tentato di prenderla per le spalle ed iniziare a scuoterla con violenza. Se non lo fece fu soprattutto a causa del colorito verdastro assunto dal viso di lei, evidentemente prossima a perdere definitivamente i sensi e quel poco sangue che le era rimasto. «Ah, accidenti, Vulnera Sanentur.

Non era mai stato particolarmente bravo con gli incantesimi di guarigione – c’era sempre stato Blaise a rimetterlo in piedi, maledizione! – ma, fortunatamente, riuscì quantomeno a fermare l’emorragia alla gamba. Il sollievo negli occhi di Hermione lo ricompensò per lo spavento.

Il sollievo, però, venne presto sostituito da un mix fra l’esasperazione ed il dolore per l’osso rotto. «Gli ho detto tutto mentre ballavamo! Come avrei fatto a sgattaiolare via senza attirare l’attenzione, altrimenti? Lui è Re Artù, non puoi nascondergli cose!» sbottò quindi, indicando con un cenno il sovrano intento a respingere gli attacchi del drago ancora incastrato ma parecchio furioso e, probabilmente, affamato. Sembrava fin troppo magro rispetto la stazza dei suoi simili. «Come puoi notare anche tu, ho fatto benissimo a dirgli la verità!».

Draco avrebbe voluto porle milioni di domande, a cominciare dal perché lui le avesse creduto fino al come avesse ritenuto saggio rivelare la loro missione all’unica persona che, in effetti, avrebbe potuto risentire tantissimo della fine dell’incantesimo. Dopotutto se davvero fosse stato il Sovrano redivivo, avrebbe smesso di esistere nel momento in cui loro avessero completato la missione7.

Aveva tante domande per la testa, tuttavia preferì tenerle per se. Non era il momento di distrarre il loro salvatore.

«Credete di impiegare ancora molto tempo nelle vostre discussioni? Credo che la bestiola potrebbe liberarsi da un momento all’altro ed io sono sprovvisto di armi per combatterlo» li interruppe proprio Artù, senza perdere la sua leggerezza ma con un pizzico di preoccupazione in più. A quel punto sembrava che si stesse sinceramente divertendo ad intercettare le fiamme e bloccarle, guardando in faccia alla morte e ridendo come un matto.

Oltre ad essere magnifico c’erano buone probabilità che fosse folle.

In quel momento, un costone di roccia si liberò dalla Montagna ed il drago, con un ringhio feroce, riuscì finalmente a liberarsi dalla trappola in cui era finito. Osservandolo da vicino, Draco notò che fosse incatenato al suolo: Morgana gli aveva impedito di volare via, tenendolo in quella fossa dimenticata dal mondo dal momento stesso in cui dovesse esser riuscita ad intrappolarlo con la magia. Quell’animale non era più libero di quanto non fossero loro. 

«Non abbiamo il tempo di spezzare l’incantesimo sulla spada» gemette Hermione, stringendogli la mano sul braccio per richiamare la sua attenzione. «Se tu potessi evocare un nuovo scudo, il Re potrebbe estrarre Excalibur e tenere a bada il bestione, così tu potresti cercare un modo per intrappolarlo!» propose, guardandosi intorno con aria frenetica. Individuato qualcosa fra gli alberi, glielo indicò: era l’origine della catena che teneva la bestia incatenata al suolo. «Allunga quella e passagliela intorno al corpo! Non voglio che muoia, ma dobbiamo assicurarci che non sia un problema».

«Mi sembra un ottimo piano, signorina Granger» si complimentò il Re, facendo un balzo di lato giusto un attimo prima che, con una zampata, il lucertolone lo togliesse di mezzo come se fosse stato una mosca fastidiosa. «Signor Malfoy, se non le dispiace io avrei giusto un po’ di fretta».

Tutt’altro che convinto, Draco si voltò verso la donna, guardandola interrogativo. «Sei sicura?».

«Quasi quanto sono certa che i miei figli non si avvicineranno mai così tanto ad un drago!8 Vai!».

Forse fu l’implicito riferimento al loro futuro, forse fu la spinta con cui l’allontanò, ma meno di un paio di secondi dopo, Draco era al fianco del re, la bacchetta alta e l’incantesimo già sulla punta della lingua. Una nuova barriera azzurrognola si posizionò fra loro ed il drago che, certamente non contento, ruggì tutto il suo disappunto e partì all’attacco. Ogni colpo allo scudo era un colpo che il mago poteva percepire direttamente nello stomaco, ma non si arrese, non finché una brezza leggera non gli solleticò il viso, attirando inevitabilmente la sua attenzione.

A pochi passi di distanza, avvolta in un magico alone d’oro e diamanti, Excalibur veniva estratta dalla roccia ed impugnata dal suo unico e solo proprietario. Un silenzio innaturale e l’aria profumata d’incenso accolsero la nuova ascesa di colui che era e che sarebbe tornato ad essere il Re di ieri e di domani. Con la sicurezza e la forza che nessuno avrebbe mai dimostrato, Re Artù si erse oltre la prigione della più grande arma mai esistita, tornando ad attraversare le terre che un tempo gli erano appartenute e che, prima o poi, sarebbero ancora tornate sotto il suo dominio.

Draco, per la prima volta in tutta la sua vita, provò l’inarrestabile istinto di inginocchiarsi. Hermione, poco lontano da lui, aveva chiaramente gli occhi lucidi per l’emozione.

Il Re Eterno.

«Adesso penserò io a lui» gli disse Artù, senza più alcuna traccia di leggerezza nel tono di voce, una volta sceso dalla roccia e raggiunto il posto che aveva inizialmente occupato. Con un cenno gli indicò la roccia cui era incatenato il drago. «Va’, la prospettiva di uccidere una creatura innocente e così antica non mi alletta minimamente».

Disobbedire era assolutamente fuori discussione, Draco non era minimamente intenzionato a ribattere. Semplicemente, una volta che lui gli fece un cenno di poter far cadere lo scudo, si limitò a correre a perdifiato verso l’origine della catena, lanciando tuttavia uno sguardo preoccupato ad Hermione, ancora nascosta all’ombra della roccia.

Non guardò il Re combattere, non ne ebbe il coraggio. Oppure ebbe subito la consapevolezza di non essere abbastanza da potersi permettere di osservare l’Eterno combattere per il suo popolo.

Era una visione riservata a pochi eletti, lo sapeva. E lui non era fra quelli.

Allungò la catena più velocemente che poté, poi, racimolando tutto il suo coraggio ed un semplice Wingardium Leviosa, diresse il frutto dei suoi incantesimi verso la bestia.

Il tonfo che fece, quando gli venne sottratto dapprima l’uso delle zampe e poi la possibilità di spalancare le fauci, fu lo stesso che fece il cuore del mago nel notare il Re ancora perfettamente integro, giusto leggermente sporco di polvere, a pochi metri da dove l’aveva lasciato.

Nessun mortale sarebbe potuto sopravvivere tanto.

Ma, dopotutto, lui non era un semplice mortale.

«Hermione!» ricordandosi improvvisamente di lei, Draco si precipitò nella sua direzione, trovandola accasciata in un angolo, probabilmente per ripararsi dai possibili colpi di coda dell’animale. Il Re, per fortuna, aveva evitato che le fiamme potessero toccarla. «Stai bene? Sei così pallida…» esalò, spostandole i capelli dal viso per poterla guardare. Era così fragile.

«Sto bene, considerando la gamba rotta e i vari litri di sangue persi per strada» gli rispose lei, cercando di mantenere un tono quanto più pacato possibile. Il tremore era inevitabile, ma il suo sorriso riusciva a stemperare un po’ l’angoscia. «Vostra Maestà, grazie per essere venuto in nostro soccorso, nonostante io abbia tentato di dissuaderla in ogni modo» disse poi, voltando gli occhi verso Artù, rimasto pochi passi indietro.

Il Re accennò una risata stanca, stringendosi nelle spalle. «Non avevo intenzione di intervenire, in realtà. Ho imparato a mie spese che interferire con la magia è qualcosa che io non posso permettermi di fare» spiegò, intento a pulire Excalibur con un lembo del mantello. «Ho dovuto rivedere le mie intenzioni quando ho visto Morgana al castello, però».

Attraversato da un brivido, Draco si voltò a fissarlo. «Morgana era al castello? Perché? Cos’ha fatto?» chiese, agitato, stringendo la presa della mano sulla spalla della sua fidanzata, che fece un lamento indolenzito, spingendolo a mollare. «Scusami, cara. Perché quella maledetta Banshee è al castello?».

Il Re fece una smorfia disgustata, rabbrividendo. «Quando voi siete andati via, io ho fatto il possibile per impedire a Merlino di raggiungere la torre, così che non scoprisse la fuga della Dama» spiegò, arricciando il naso. «Sfortunatamente, però, dopo un po’ l’ho perso di vista, così sono andato a cercarlo… quando l’ho trovato, era in dolce compagnia».

A fare una smorfia, a quel punto, fu Hermione. «Immagino che voglia usarlo per ristabilire il suo controllo sul Regno» convenne, disgustata. «Questo non spiega la sua presenza, tuttavia».

«Morgana ha detto qualcosa riguardo la spada e l’eliminazione dei loro nemici… ho immaginato doveste essere voi. Miss Granger mi ha anche raccontato qualcosa della radura…» allargò le braccia, indicando tutto ciò che avevano intorno. «Ho pensato fosse saggio venire a controllare. Un buon Re non manda i suoi sudditi a fronteggiare la morte, se egli stesso non è in prima linea».

Quello era un ragionamento che Draco avrebbe voluto ripetere al buon, vecchio Caramell.

«Non possiamo che ringraziarla, allora» disse proprio lui, infine, risollevandosi. «Adesso, tuttavia…» sentendosi in difficoltà, Draco lanciò un’occhiata ad Hermione. Quanto era riuscita a raccontargli?

«Vi serve la spada per spezzare la maledizione, immagino» lo interruppe proprio Artù, con un sorriso gentile, facendosi avanti con Excalibur in mano. «Naturalmente, naturalmente. Preferite che la reinserisca nella Roccia oppure posso tenerla in mano?».

La tranquillità nel suo tono fece accigliare il mago e la strega, che si lanciarono un’occhiata storta.

«Lei è consapevole delle conseguenze che ci saranno, una volta che spezzato l’incantesimo?».

Il Re raddrizzò le spalle e sorrise, gentile. «Sono consapevole di non essere ritornato in questo mondo per necessità ma per mano di una egoista incantatrice. Questo non è ancora il mio tempo, signor Malfoy. Non avete ancora bisogno di me» spiegò, tranquillo. «Non mi piace l’idea di morire, ma mi piace ancora meno la prospettiva di restare e far in modo che il mondo precipiti nel caos dei miei tempi. La signorina Granger mi ha illustrato i vantaggi di questo secolo ed io non potrei mai togliere questi privilegi al mio popolo, neppure se questa scelta mi costringesse a tornare nell’oblio per altri mille anni».

La sorpresa per la quantità di informazioni che Hermione era riuscita a condensare nel suo necessariamente breve colloquio con il re dovette soccombere all’inarrestabile istinto di inchinarsi davanti a quell’uomo. In quel momento, proprio come quando aveva estratto la spada, la sua gloria splendeva come se egli stesso fosse stato un meraviglioso astro nascente.

«Vostra Maestà» disse allora Draco, il capo chino in segno di rispetto, indicando con un cenno la roccia. «Credo che sarà necessario riportarla nella sua condizione di sicurezza, così che io possa procedere più speditamente» spiegò, facendo un passo indietro proprio mentre il Re, con una tranquillità inumana, avanzava.

Un passo, un altro ed un altro ancora, il Re si ritrovò nella stessa posizione di poco più di dieci minuti fa, immobile davanti alla prigione della più grande arma mai esistita al mondo, il cui destino era riportare pace e sicurezza nella società arrivata al suo collasso. Draco osservò il Sovrano sollevare Excalibur con entrambe le mani, le braccia contratte in vista dello sforzo di intrappolarla nuovamente nella roccia che per tanto tempo l’aveva conservata.

Finché Excalibur non venne violentemente strappata dalla sua presa, volando fra le grinfie della strega.

«Scenetta commovente, davvero, ma credete sinceramente che io vi lascerò mandare in aria il mio piano?» domandò la – non più – vecchia Fitzroy, le eleganti sopracciglia bionde inarcate ed un sorriso perfetto sulle labbra. Dietro di lei, Merlino ubriaco ridacchiava fra sé e sé, lanciando occhiatine spaventate e divertite al povero drago incatenato.

Essendo l’unico armato, Draco si fece avanti. «Lascia andare la spada, vecchia megera, non ti appartiene» sibilò, pronto a combattere se si fosse rivelato necessario.

«E questo sei tu a deciderlo, giovane Malfoy?» gli fece il verso lei, scoppiando a ridergli in faccia. «Oppure è lui a deciderlo? Lui, un semplice effetto collaterale?» aggiunse, indicando Artù con la punta della spada. «Se avessi saputo che sarebbe ritornato dal Regno dei Morti, avrei provveduto immediatamente ad ucciderlo ancora… usando proprio questo stuzzicadenti magico che tanto gli piace».

«Sei mostruosa» sibilò il sovrano, con un tono talmente sdegnato da far quasi commuovere Malfoy. «Non sei mia sorella, tu non sei Morgana».

«No, non sono tua sorella» civettò ancora la nonna Fitzroy, con la solita risatina inquietante. «Ma se vuoi possiamo comunque passare una notte di sesso bollente… dimmi, l’incesto è davvero così entusiasmante come si dice in giro? Non ho mai avuto queste pulsioni, ma immagino che adesso dovrei accontentarmi…»8.

Artù impallidì, forse vergognandosi ancora del suo passato, forse ricordando a chi aveva condotto quell’unione maledetta.

Mordred. La sua morte.

«Posa la spada, ho detto! Posala e vattene, forse eviteremo di condannarti a passare il resto della tua esistenza ad Azkaban» propose allora Draco, cercando di mostrarsi più sicuro di quanto realmente non fosse. Hermione, al suo fianco, fece un verso stizzito, come a sottolineare che, se fosse dipeso da lei, avrebbero dovuto reintrodurre la pena capitale, per quel mostro. «Posa la spada, Margaret».

«Non chiamarmi in quel modo!» strillò la megera, in risposta, puntando contro di loro la bacchetta magica. La bacchetta appartenuta a Druella, Draco ne era assolutamente certo: era l’unica ad avere degli intarsi d’oro lungo tutto il corpo, simbolo della vittoria consecutiva di tre campionati mondiali di duello magico. Prima di lei, l’unico a ricevere un tale onore era stato il suo bisnonno, il marito di Margaret. «Non puoi costringermi a fare un bel niente, nessuno può!» aggiunse, con un sibilo furioso. «Ed ora voi morirete, niente potrà frapporsi a me ed al mio nuovo mondo!».

Il rumore di qualcosa – o meglio, qualcuno – che veniva schiantato violentemente contro un tronco d’albero attirò l’attenzione di tutti i presenti, che si voltarono verso il fitto degli alberi.

«Madre», disgustato, Lord Fitzroy emerse dal folto del bosco con ancora la bacchetta alzata, superando con un certo disgusto il corpo incosciente di quella pessima copia di Merlino. A qualche metro sulla destra da lui sbucò anche Anthony che, tuttavia, ignorò completamente Morgana e concentrò il suo sguardo prima su Draco e poi, immediatamente, su Hermione, verso la quale si precipitò.

Draco fece un sospiro di sollievo: nessuno meglio di un Goldstein poteva riparare delle ossa rotte, la sua era una antica famiglia di guaritori, non dubitava che, nonostante la carriera scelta fosse diversa, lui sapesse bene come aiutare la sua fidanzata.

«Gerry caro» sbottò Margaret, guardando il figlio con un cipiglio diviso fra il disgusto ed il divertimento. «Sono felice che tu sia venuto ad assistere al mio trionfo. Finalmente non dovrò stare un passo dietro a te o tuo padre, non è fantastico?».

Lo sguardo che il vecchio Lord le dedicò chiarì quanto trovasse fantastico quel suo piano. «Posa quella spada e consegnati, non peggiorare la tua situazione» le sibilò allora, facendo un altro passo avanti, la bacchetta ancora alta in posizione difensiva. «Fa’ come ti è stato detto e, magari, provvederemo affinché tu venga rinchiusa in una struttura adeguata alla tua veneranda età9, piuttosto che ad Azkaban».

Margaret scoppiò a ridere, allargando le braccia. «Guardami, Gerry! Io sono giovane, non c’è nulla che possa fermarmi, adesso! Nulla e nessuno!» si rallegrò, indicando con un cenno i due maghi rimasti indietro. Artù, a quel punto, era troppo sconvolto per poter dire qualcosa. «Chi dovrebbe fermarmi, eh? Malfoy? Guardalo, sta tremando come una fogliolina. Oppure quel guaritore mancato di tuo nipote?» continuò, ridendo a più non posso. «Oppure tu, Gerry? Guardati, sei così vecchio che se dovessi estrarre la bacchetta troppo velocemente rischieresti di spezzarti qualcosa!».

Lord Fitzroy accolse quelle parole con un lieve sorriso. «Hai ragione, Madre» le rispose, abbassando la bacchetta. «Infatti non sarò io a fermarti» continuò, facendosi da parte per lasciar spazio a qualcun altro. Qualcuno che Draco accolse con una gioia assolutamente indescrivibile.

Druella, con indosso gli abiti da competizione della famiglia Fitzroy – un completo color granata con rifiniture d’argento –, si fece avanti con una calma assolutamente innaturale, la bacchetta – a chi apparteneva? Di certo non era la sua – ben alta e pronta all’attacco.

«Ah, la piccina» si rallegrò Margaret, lasciando cadere Excalibur al proprio fianco. «Vuoi davvero umiliare la famiglia, non è vero, Gerry? Sei pronto a lasciarmi uccidere anche la piccola Ella…» continuò, con voce cantilenante, quasi stesse parlando con dei bambini.

La giovane non fece una piega, anzi, le dedicò un lieve sorriso. «Sei molto sicura di te, nonna» le fece notare soltanto, fronteggiandola alla distanza di sicurezza che, Draco avrebbe scommesso qualunque cosa, era la stessa richiesta per le competizioni internazionali. «Fatti avanti, allora. Sconfiggimi e vincerai, cos’hai da perdere?».

Qualcosa, nel modo in cui lei si presentò a quello scontro – forse la sua posizione? Forse il suo atteggiamento? –, fece accigliare Draco. Era sbagliato.

Margaret ridacchiò, allegra. «Sei una così cara ragazza… mi dispiace ucciderti10» disse, tranquilla, proferendosi in un inchino che era tutta apparenza. Anche lei aveva gareggiato, prima di sposarsi. Alcuni ritenevano che fosse anche più brava del leggendario marito.

Ella ricambiò il gesto, tranquilla. «A me dispiace morire10En garde!».

Lampi di luce si sprigionarono in successione velocissima, impedendo a chiunque di tenere conto degli incantesimi sferrati e respinti. Per la prima volta, Draco ebbe la reale percezione di quanto minima fosse la sua capacità nel duello e di quanto banali fossero le sue tecniche: aveva assistito a mille e mille scontri, ma nessuno aveva raggiunto quei livelli. Le due sfidanti si fronteggiavano con agilità, nessuna delle due capace di sovrastare l’altra, quantomeno non del tutto. Ella sembrava vagamente in difficoltà, mentre Margaret stava dando il massimo della sua capacità. Lentamente sarebbe riuscita a prevalere, soprattutto considerando la velocità terrificante con cui attacchi e contrattacchi venivano sferrati.

«Maledizione, Ella, piantala!» sbottò Anthony, ringhiando quelle parole mentre si occupava della gamba di Hermione. In risposta, giunse la risatina di sua moglie, che fece interrompere momentaneamente lo scontro.

Margaret, con il fiatone, lanciò un’occhiata divertita alla nipote. «Sei già stanca, mia cara? Posso capirlo, davvero, dopotutto hai dimostrato una bravura degna della tua stirpe» le fece notare, vagamente ammirata. «Arrenditi, unisciti a me e ti insegnerò, ti renderò migliore».

L’occhiata che Ella le dedicò fece aumentare il suo sorriso e spaventare Draco, tuttavia la risatina di Anthony impedì che l’ansia lo assalisse. Lui non avrebbe riso, se lei fosse stata sul punto di arrendersi, no?

«Ti ringrazio per la proposta, davvero, e devo ammettere che anche tu sei parecchio brava, abbastanza da superarmi, in questo momento» le disse infatti la nipote, raddrizzando le spalle. «Ma c’è una cosa che tu non sai» aggiunse, facendole l’occhiolino e giocherellando con la bacchetta sconosciuta.

Margaret si accigliò, respirando ancora a fatica. «Che cosa?».

Nell’istante stesso in cui Ella passò la bacchetta dalla mano sinistra alla destra, Draco capì perché fino a quel momento il suo comportamento gli fosse sembrato innaturale, sbagliato.

Maledetta bastarda.

«Io non sono mancina9, nonnina cara».

Quando lo scontro riprese non ci fu assolutamente alcun metro di paragone fra le due sfidanti: due colpi, un passo avanti e Morgana perse la presa sulla sua bacchetta, crollando in ginocchio sotto l’effetto di un buon, vecchio incanto delle pastoie.

Il verso di apprezzamento che Hermione fece, sconvolta da ciò cui aveva appena assistito, venne coperto dall’urlo feroce della vecchia megera nel vedere la nipote tornare in possesso della sua bacchetta riccamente decorata.

«Questa, nonnina cara, è la mia» le disse, avvicinandosi di qualche passo per sventolarle la bacchetta usata fino a quel momento sotto al naso. «Mentre questa apparteneva a tuo marito. Ancora una volta, sei stata sconfitta da un Fitzroy, ma non potrai più dire che a decretare la tua sconfitta sia stato il favoritismo di una società maschilista11».

Un applauso particolarmente convinto nacque da Artù, estendendosi poi ad Anthony ed a Hermione, tornata miracolosamente in piedi ed a pochi centimetri di distanza da Draco. Lord Fitzroy si fece avanti, recuperando la bacchetta appartenuta a suo padre ed utilizzandola per imbavagliare ed incatenare la madre. Poi, proprio lui si avvicinò ad Excalibur, prendendola fra le mani ed allungandola, facendo qualche passo esitante, al legittimo proprietario.

«Vostra Maestà, vogliate accettare le scuse della mia famiglia. Siamo mortificati per il comportamento di mia madre e speriamo di poter trovare un modo per togliere questa terribile onta dal nostro onore» disse il vecchio, inchinandosi una volta giunto a destinazione, porgendo la spada al Sovrano.

Artù non sorrise, nonostante i suoi occhi fossero ancora buoni e gentili. «Avete già ripulito il vostro onore, Sir, grazie alle prodezze della Dama- voglio dire, di vostra nipote» disse, accennando un sorriso a Druella, che chinò il capo in segno di riconoscenza e rispetto. Presa la spada, il Re si voltò verso Draco. «Immagino che adesso possiamo procedere, signor Malfoy. Riportiamo questo mondo alle sue condizioni legittime».

Anthony fece una leggera smorfia, pulendosi le mani sporche di sangue sui pantaloni. «Un po’ di giustizia in più non farebbe male, in fondo. Magari possiamo trovare il modo di spezzare la Maledizione della Spada senza rimandarla indietro, Maestà».

Artù arricciò il naso, facendo qualche passo avanti fino a fronteggiare la roccia. Sollevò Excalibur tenendola per l’elsa e, con un colpo deciso, la incastonò nella sua roccia. Dov’era giusto che fosse. Il bagliore che fino a quel momento l’aveva circondato sembrò affievolirsi, senza tuttavia lasciarlo del tutto. Con o senza Excalibur, lui restava sempre il Re Eterno. «Ancora il mio momento non è giunto, Sir» gli rispose allora, voltandosi nella sua direzione con un sorriso gentile. «Quando toccherà a me, allora farò il mio ritorno, ma non un attimo prima».

Comprendendo che fosse giunto il suo momento, Draco si fece avanti.

«Il Re ha parlato. Spezziamo la Maledizione».

 

 

 

 

»Marnie’s Corner

 

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Avvertenza: Questa fanfiction è un sequel/spin-off della mia long: Lo Specchio delle Anime.

 

 

Mettere nello stesso capitolo Draco ed un drago è stato snervante, ho dovuto ricontrollare dieci volte e temo di aver perso qualche pezzo qui e lì, abbiate pietà.

 

Eccoci ancora con l’ultimo capitolo! Come ho già detto più volte, il prossimo capitolo sarà l’epilogo, quindi, tecnicamente, la storia si è conclusa adesso. È stata una parentesi piacevole, nulla di esagerato o di impegnativo, ma spero abbia parzialmente soddisfatto la vostra curiosità!  

 

Siete andati a vedere Animali Fantastici? Se no, vi chiedo di farlo, è meraviglioso, assolutamente meraviglioso. Newt Scamander ha ridato dignità ai Tassorosso (ed essendo io per metà Tassa è una gran soddisfazione) ed ha fatto vedere una parte del mondo magico che nei primi sette libri/film non era stata mai analizzata. La magia adulta, finalmente. 

 

 

Punti importanti:

 

» 1 – Ovviamente è una sciocchezza inventata dalla sottoscritta, nulla di scientifico.

 

» 2 – La famiglia MacFusty gestisce la riserva dedicata a questi draghi, nelle Ebridi. Hermione si è recata più volta a far visita a quel piccolo esemplare esaminato con Newt Scamander. Naturalmente, non l’ha più visto da quando si sono svolte le vicende raccontate ne “Lo Specchio delle Anime”.

 

» 3 – Black Angus è una razza di mucche tipiche della Scozia. Carne eccellente, considerata particolarmente gustosa e prelibata.

 

» 4 – Alan Grant è il protagonista di Jurassic Park. Hermione ha adorato quel film!

 

» 5 – Nel prequel, Hermione ha affrontato uno Specchio che, essenzialmente, è una manifestazione dell’Antica Magia esattamente come Excalibur.

 

» 6 – Sempre riferimento al prequel, Hermione essenzialmente si è sacrificata, senza dire nulla a Draco e facendo in modo che lui la guardasse “morire” senza poter dire nulla.

 

» 7 – La leggenda ufficiale racconta che Re Artù tornerà dalla sua tomba su Avalon quando il mondo ne avrà più bisogno. Il fatto che Margaret abbia utilizzato Excalibur per creare la sua nuova Camelot – gettando il mondo nel più assoluto terrore, di fatto – ha contribuito a svegliarlo prima del tempo. Finita la crisi, lui scomparirà così come il castello e tutto il resto.

 

» 8 – Piccola nota divertente: il maggiore fra i figli di Hermione svilupperà un amore viscerale per tutte le creature magiche – draghi in particolare – e la sua ultimogenita passerà tutta l’infanzia correndo per la riserva di Nonno Newt. La seconda, Rosemary, non avrà un amore viscerale per le creature ma, comunque, passerà molto del suo tempo giocando con bestiole di diversa natura.

 

» 9 – Facendo due calcoli, Margaret dovrebbe avere circa 103 anni, nonostante ne dimostri meno di trenta.

 

» 10 – Citazioni prese direttamente da “La storia fantastica”, che io adoro alla follia. Se non l’avete visto, fatelo. L’idea di Druella come Westley, apparentemente innocua ma in realtà una macchina da guerra… non lo so, mi ha attirata subito. Anthony come Bottondoro, però, è decisamente più divertente.

 

» 11 – Aneddoto sul passato di Margaret: anche lei era un’abile duellante e, per evitare di sposare un uomo considerato “non alla sua altezza”, aveva imposto a suo padre di farle sfidare tutti i pretendenti e di sposare solo chi l’avesse sconfitta. Arrivato il turno del bisnonno Fitzroy, lui riuscì a sconfiggerla in poche mosse, ma lei non l’accettò mai. Lo sposò semplicemente perché aveva contratto un Voto Infrangibile e non poteva più tirarsi indietro. Non perdonò mai al marito ed alla loro discendenza di averla umiliata e messa da parte.

 

Siamo arrivati alla fine, signori. Vi aspetto la settimana prossima con l’Epilogo! Potrebbe fare la sua comparsa un personaggio che io potrei aver ideato per qualcosina nel futuro.

 

A lunedì prossimo!  

 

Per altre comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!

 

Grazie ancora a chiunque leggerà,

-Marnie

 

   
 
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