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Autore: Mel_mel98    21/11/2016    6 recensioni
Si torna su questo fandom dopo quasi un anno di assenza, con una novità. Tra tutte le Drarry e Dramione che spopolano ovunque, io vado controcorrente, e voglio contribuire scrivendo la storia di Draco e... Astoria.
Hope you like it!
Dal testo:
[Quella volta, al culmine del piacere, Draco aveva pronunciato il suo nome come non aveva mai fatto. Le lettere gli erano rimbombate dalla cassa toracica fino alle orecchie, e spaventato lui stesso si era ritrovato a stringerla più forte. “Io ho scelto, Draco. Ora tocca a te” gli aveva detto lei, mentre si rivestiva, poco dopo. Era la terza volta che lo facevano. Non più caso, non coincidenza. Semplice e pura volontà.]
|Storia partecipante al contest Give me love indetto da Starsfallinglikerain sul forum di Efp|
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy | Coppie: Draco/Astoria
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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-Suvvia Draco, non puoi nasconderti sotto le coperte ogni volta che tuo padre ti rimprovera!
-Posso chiedervi una cosa, madre?
-Ma certamente.
-Ad Hogwarts, la scuola di magia… è lì che avete conosciuto mio padre, vero?
-Proprio così.
-Ma c’erano anche altri ragazzi, giusto?
-Ovviamente.
-E cosa vi ha portata a scegliere proprio lui?
-Oh, non c’è stato alcun bisogno di scegliere, tesoro.
 

 
Draco Malfoy, nonostante tutto quello che si potesse pensare, non era mai stato particolarmente bravo con le scelte.
Nonostante l’apparenza potesse farlo sembrare testardo, deciso e senza peli sulla lingua, la realtà era che di scelte aveva potuto farne davvero poche, in vita sua.
Non aveva scelto di essere l’unico figlio di una coppia di maghi Purosangue, era semplicemente nato. Non aveva scelto di andare nei Serpeverde, perché ad undici anni non pensava si potesse effettivamente chiedere al Cappello Parlante, cosa che aveva fatto invece il famoso Harry Potter. Non aveva scelto a sedici di diventare un Mangiamorte, perché qualcun altro lo aveva fatto per lui. Qualcun altro che amava, qualcuno le cui scelte non potevano essere altro che condivise, da parte sua.

L’unica cosa su cui Draco Malfoy era sempre stato effettivamente libero di decidere per conto proprio era come gestire la sua vita all’interno delle mura del castello di Hogwarts. Aveva scelto lui di fare lo stronzo con Harry, perché quel ragazzino occhialuto incarnava tutto ciò che lui non era e che non sarebbe mai stato. L’invidia lo aveva guidato in tutti gli scherzi e frecciatine che aveva rivolto a Potter in circa sette anni di scuola.
Aveva scelto lui i suoi confidenti, la necessità di sentirsi potente e protetto lo aveva portato a scegliere come migliori amici gli individui più forti e stupidi che avesse mai incontrato. E aveva scelto lui anche tutte le ragazze che, nelle notti più silenziose e vuote, aveva portato nel suo letto.

Una notte, non si ricordava neppure più in seguito a quali precise circostanze, si era ritrovato a fare sesso (senza amore, solo bisogno fisico e umano desiderio) nella Stanza delle Necessità con Astoria Greengrass, un anno più piccola di lui, sorella di Daphne, sua coetanea. Si erano baciati nel corridoio vuoto del settimo piano, anzi, era stata lei a baciarlo. Lo aveva afferrato per un braccio e con una naturalezza disarmante si era avvicinata alle sue labbra. E Draco non si era ritratto, non aveva voluto scostarsi da quel candido gesto. Anche in quel caso, lui si era soltanto limitato a ricambiare con naturalezza.

Anche se, a dirla tutta, Astoria Greengrass non era certo definibile come la classica ragazza “casta e pura”.
Lei, al contrario di Malfoy, sapeva cosa vuol dire scegliere. In silenzio, per anni aveva osservato la sua famiglia, incamerando informazioni, elaborando giudizi, senza mai rivelarsi a nessuno. Aveva molti segreti, Astoria Greengrass. Quegli occhi grandi e verdi celavano decine di piccoli “misfatti” ai suoi genitori. A casa, infatti, era una rispettabile figlia di Purosangue, ma a scuola era quella sfrontata che lanciava incantesimi in corridoio e accettava i duelli clandestini, che prendeva a male parole chi la definiva “stupida ragazzina”, che baciava i ragazzi con foga e passione, che fossero l’ultimo dei Tassorosso o il primo dei Serpeverde. Che fossero più grandi o più giovani di lei.
Astoria non si faceva problemi a scegliere ciò che la attirava e la intrigava maggiormente, anche si trattasse di qualcosa di proibito. O forse, era proprio il proibito, ad affascinarla. C’erano troppe cose innocue ma vietate da sempre, e Astoria odiava chi pretendeva di decidere per lei. Sapeva come vivere la sua vita, lei, ma più importante, sapeva come sopravvivere. Nessuna voce sul suo conto aveva mai lasciato le mura del castello di Hogwarts, sedata da minacce, incantesimi, o ulteriori baci.
Ed era proprio per questo che quella notte, nella Stanza delle Necessità, Draco mentre appagava il suo desiderio e la sua ardente passione, da tempo piuttosto sopita, aveva scoperto, non senza una certa sorpresa, che la ragazza non era nuova a quel genere di situazioni.

Dopo quell’incontro, la vita del giovane Malfoy non era cambiata in modo evidente. Aveva continuato ad intrattenere relazioni con un altro paio di ragazze, tutte della sua casa, che periodicamente si presentavano al suo “cospetto” in cerca di attenzioni. Attenzioni che faceva più fatica a negare che a concedere, obiettivamente. Aveva baciato Astoria una seconda volta, e se la prima lo avevano fatto per caso, il secondo bacio e tutto ciò che ne conseguì furono una coincidenza. E al levar del sole entrambi parevano essersi dimenticati le rispettive identità. Astoria era tornata a ribellarsi alla vita inseguendo una vana e presunta libertà, mentre Draco ad affogare la frustrazione per un’esistenza su cui era impotente, nella bocca delle sue amanti.
Tutti sapevano cosa faceva il sabato sera nella serra, nessuno ne parlava, nessuno giudicava, perché tutti avrebbero voluto essere al suo posto. Tranne lui, a dirla tutta. Che continuava a pensare alla Stanza delle Necessità.
E c’era tornato alla fine, poco prima dell’irruzione dei Mangiamorte ad Hogwarts.

La Greengrass lo aveva trovato, chissà come aveva fatto, in mezzo a tutte quelle cianfrusaglie e le era bastato uno sguardo, per innescare in lui un assoluto desiderio, un completo bisogno di lei. Quella volta, al culmine del piacere, Draco aveva pronunciato il suo nome come non aveva mai fatto. Le lettere gli erano rimbombate dalla cassa toracica fino alle orecchie, e spaventato lui stesso si era ritrovato a stringerla più forte. “Io ho scelto, Draco. Ora tocca a te” gli aveva detto lei, mentre si rivestiva, poco dopo. Era la terza volta che lo facevano. Non più caso, non coincidenza. Semplice e pura volontà.

Dopo la morte di Silente, qualche attimo prima di scappare seguendo gli altri Mangiamorte, Draco aveva cercato Astoria, che incredula osservava il corpo esanime del preside appoggiata ad una colonna del portico. L’aveva guardata come sentiva di non aver mai guardato nessuno. Le chiedeva al tempo stesso perdonami, dimenticami, seguimi. Perché non sapeva decidere quale sarebbe stata la richiesta più legittima, in quell’occasione. “Se non sai cosa scegliere forse non è ancora il momento di scegliere, ma non scegliere me se poi continui a scegliere anche tutto il resto” aveva sussurrato lei, portando le labbra all’orecchio del ragazzo. Poi se n’era andata, il cuore in fiamme e gli occhi lucidi.
 
***
 
Carissima madre mia,

vi penso ogni giorno, dalla notte della mia fuga. Penso ai vostri occhi chiari, sempre lucidi di pianto, che sia gioia o profonda tristezza. Penso alla vostra bocca sottile, ai vostri baci tra i miei capelli. Penso alle vostre mani, pallide e costantemente fredde; e mi mancate, è inutile negarlo.
Sono felice qua. Vivo tra i Babbani, faccio cose da Babbani, e nonostante tutti i vostri innumerevoli dubbi ve lo assicuro, sto davvero bene. Mi sento bene, mi sento viva. Ma non riesco a non sentire la vostra mancanza.

Mi dispiaccio di tanti sbagli che ho fatto nella mia vita. Ne ho fatti tanti, forse troppi dal vostro punto di vista. Ma da piccola ho sempre avuto la sensazione che la libertà fosse assecondare ogni proprio desiderio. Sciocca ero, piccola sciocca e testarda. Spero di essere riuscita a migliorare me stessa in questi anni, ma le cicatrici lasciate dagli errori restano, ben visibili, incancellabili.
Sono fuggita, quando ho capito che lui sapeva. Che lui aveva scoperto ogni mio più piccolo ed insignificante segreto, e che la reclusione a vita in Greengrass Hall sarebbe stata la mia condanna. Sono fuggita senza lasciarvi uno straccio di spiegazione, ma cos’altro potevo fare?
Non avrei mai permesso a mio padre di precludermi per sempre la vista del mondo esterno. Perché, madre, qua, nel mondo esterno, c’è l’errore più grande che abbia mai fatto, l’unico che mi abbia mai segnata davvero nel profondo.

Potrei rinnegare la mia intera esistenza ad Hogwarts, se voi me lo chiedeste. Con i vostri occhi lucidi, tenendomi le mani strette nelle vostre mani. Potrei dimenticare ogni incantesimo proibito, ogni rissa intrapresa con le altre studentesse, ogni notte passata fuori dal mio letto. Rinnegherei per amore vostro. E se invece le mani di mio padre si alzassero su di me, sul mio corpo, rinnegherei il mio passato con il cuore gonfio di terrore e dolore. Tutti quegli sbagli... Ma tra questi ce n’è uno, uno che non riuscirei mai a rimediare. Anche volendo, non potrei, quindi tanto vale andarne fieri.
Ho sbagliato così tanto, madre, che mi sono innamorata di uno dei miei sbagli. Ed è un amore grande almeno quanto quello che provo per voi, almeno due volte più forte del terrore che mi provoca mio padre.

Io lo amo, e lui, lui ama me. Il mio sbaglio mi ama davvero, perché nonostante discenda da una famiglia di Purosangue due giorni fa si è presentato davanti alla mia porta. Una porta Babbana, di una casa Babbana, in una cittadina Babbana fino al midollo. Era lì, nonostante tutto, nonostante tutti. “Adesso, adesso posso scegliere. Posso scegliere te, Astoria” mi ha detto.

Mi dispiace di non poter più godere dei vostri baci fra i capelli, madre. Ma io non posso fare a meno di questa vita.
Lontana dalla magia, che sempre meno mi appartiene, e così vicina a quelli che sono errori solo agli occhi di un osservatore distratto. Perché ho imparato che gli amori più belli, ogni tanto, vengono fuori dalla piega segreta di ciò che in apparenza può sembrarci uno sbaglio.
Mi pento di tutto, tranne che di essere scappata dalla casa in cui mio padre mi aveva rinchiusa, per prendermi quel poco d’amore che spetta a tutti, e donare il mio alla sola persona che ha mostrato di meritarlo.
Mai più vostra,
Astoria
  
***
 
“Che cosa dice Lucius?”
“Niente.”
“Quindi mi vorresti dire che ti ha parlato per mezza giornata di niente?”
Draco sospirò profondamente, abbandonando il cappotto scuro sull’attaccapanni e voltandosi verso sua moglie. “Sì. Ci siamo guardati negli occhi per ore senza dire una parola. Attività padre-figlio di ordinaria amministrazione.”
Astoria, distesa sul divano, coperta da un plaid rosso, sorrise arricciando appena le labbra. Quello era decisamente sarcasmo. E il sarcasmo di suo marito non poteva che voler dire una cosa: preoccupazione.

“Vieni qua” disse la donna, allungando le braccia fuori dalla coperta verso di lui, che a quel richiamo le si avvicinò percorrendo i pochi passi che li separavano. Si chinò su di lei e come sempre da quando l’aveva conosciuta, Astoria fu la più veloce dei due. Gli cinse il collo con le braccia e lo baciò poggiando le labbra leggermente screpolate sulle sue, chiare e sottili, ma perfettamente intatte.
“Non mi inganni Draco Malfoy. Sputa il rospo.”
Draco si sbottonò i primi bottoni della camicia bianca e poi si distese al suo fianco, circondandole la vita con un braccio. “Non mi piace, quando dici il mio nome in quel modo.”
Astoria rise forte, allentando così per un attimo la tensione. “E perché mai?”
“Mi fa paura, il modo in cui lo dici” rispose Draco, sovrappensiero, la fronte segnata da una piega di stanchezza e indecisione.
“Ma smettila… so che tutte le volte che ti chiamo ti innamori un po’ di più di me” mormorò lei con fare sensuale, sfiorandogli il lobo dell’orecchio con le labbra, gesto a cui l’uomo rispose aumentando la pressione delle sue dita attorno ai suoi fianchi, quasi a voler accertarsi della sua effettiva presenza lì, in quel preciso istante, in quel preciso luogo.
“Appunto. Proprio questo mi spaventa.”
 
“Mio padre… vuole un nipote.”
“Direi che è la prima volta in cui mi trovo totalmente favorevole ad una sua proposta. Anche io voglio un figlio, Draco.”
“Io no” replicò categorico lui, portandola ancora più vicina a sé. Adesso era a pochi millimetri di distanza da quegli occhi verdi che lo scrutavano senza pietà, ma di cui sentiva un bisogno quasi fisico. Per quanto sarebbero rimasti lì, quegli occhi? Draco non poteva evitare di domandarselo, non senza un certo dolore.
“Non ti credo. Anche tu lo vuoi, in fondo” ribatté Astoria, senza perdere il sorriso. Non era certo un discorso nuovo quello, in casa loro. Tante volte aveva proposto a suo marito di allargare il nucleo familiare, ricevendo sempre risposte negative, ma mai sinceramente giustificate.
“Io non voglio diventare padre, se significa perdere te.”
Draco deglutì, scacciando l’ennesimo brutto pensiero suscitato da quel genere di dialoghi. La paura che provava ogni volta che Astoria lo sfiorava, lo baciava, lo chiamava per nome, era del tutto infondata. Perché ormai era chiaro anche a lui stesso quanto il danno fosse stato fatto, e quanto fosse irrimediabile.

Sarebbe stato tutto più facile se avesse resistito, se non si fosse innamorato. Ma lui la amava. La amava in silenzio, la amava davvero.
Non come quando era andato a cercarla in quella casa Babbana dopo la fine della seconda guerra magica. A quei giorni stava ancora giocando, cercando di capire cosa effettivamente dipendesse dalle sue proprie scelte. Aveva scelto lei, e nonostante qualcuno avesse obiettato che beh, non è che avesse avuto poi tutta questa scelta, o lei o nessuna, visti i suoi trascorsi durante la guerra, a Draco non sembrò mai una scelta obbligata.
L’amava perfino di più del giorno in cui l’aveva sposata, nel salone, addobbato a festa, del Malfoy Manor, guardandola negli occhi e giurandole fedeltà eterna. In quel momento aveva davvero creduto nell’eternità, di avere a disposizione un tempo illimitato da passare con lei.
Era stato folle come tutti gli innamorati, in quell’esatto momento.

Era diventato un saggio amante solo quando aveva visto l’eternità frantumarsi davanti ai suoi occhi. “Perché non usi la magia per fare le pulizie? Non penso che questi babbani si mettano a spiarci dalla finestra!” le aveva detto una sera, quando l’aveva vista pulire il pavimento con il fiatone. “Non sono più molto in grado di controllare la magia… non vorrei fare danni” era stata la sua risposta.
Entrambi sapevano della maledizione. Entrambi sapevano che presto o tardi Astoria avrebbe dovuto smettere di praticare la magia, per sicurezza propria e di chi le era vicino. Che avrebbe dovuto prestare attenzione ad ogni minimo segnale del suo corpo, senza sottovalutare nessun piccolo dolore. Perché sarebbe diventata debole, nel fisico e nell’animo magico. Dover ammettere l’inizio del suo declino fu un colpo per entrambi. Ma se quella consapevolezza lo aveva reso saggio, allo stesso tempo lo aveva privato del buon senso.

In quel preciso istante, Malfoy  aveva capito di non poter neanche lontanamente sopportare l’idea di vedere sua moglie spegnersi di fronte ai suoi occhi. L’aveva abbracciata d’istinto, facendole scivolare di mano lo straccio. “Va tutto bene, Draco… va tutto bene, tranquillo, non è niente di grave” gli aveva sussurrato a mezza voce.
E allora, allora aveva ceduto. E aveva capito che quella paura di innamorarsi, era già amore di per sé.
 
“Draco…”
“No, Draco niente. Non mi interessa della discendenza maschile, del cognome e tutte quelle fesserie che dice mio padre. Io non lo voglio un erede, se per averlo devo perdere te, Astoria.”
“Mi perderai comunque” mormorò lei, stringendosi al corpo del marito, con le lacrime agli occhi. “E cosa farai quando io non ci sarò più, eh? Con chi dividerai le tue giornate, a chi racconterai di me, di noi?! Come fai a non capire!”
Astoria piangeva, tremava, e Draco con lei. “Fammi lasciare il mio ricordo in un’altra persona, Draco. Ti prego. Non penso all’eredità, al sangue puro, al cognome. Penso a te. Penso a noi. Penso che in questi tre anni non abbiamo mai fatto ancora niente per essere davvero felici. Non voglio sopravvivere, anche se al tuo fianco. Io voglio essere felice, insieme a te. Soli in questa casa è bello… ma in tre sarebbe anche meglio.”
Lasciarono quelle parole sospese nella stanza, a sbattere contro le pareti, a intasare i loro cervelli di immagini di gioia tremenda. Perché, semplicemente, era tutto vero. Ed ammetterlo era troppo difficile, troppo doloroso.
 
“Facevo bene ad avere paura” disse alla fine Draco.
“Perché?”
“Perché è andata a finire che ti amo, Astoria. Ti amo davvero, e…voglio scegliere te, non per te. Voglio solo godere di te quanto più mi è possibile.”
Lei sorrise, gli occhi ancora lucidi, il cuore a mille nel petto. Quella volta, Astoria lasciò che Draco la baciasse per primo, che le dimostrasse che adesso la voleva quanto lei lo aveva sempre voluto.
***
 
Astoria Malfoy, moglie da ventidue anni di Draco Lucius Malfoy, madre di Scorpius Hyperion Malfoy da quattordici, morì in un assolato pomeriggio di fine estate, mentre il sole splendeva alto nel cielo e si prendeva beatamente gioco della sua misera condizione.
Astoria Malfoy, che quando ancora faceva Greengrass di cognome aveva baciato per la prima volta quello spocchioso di Draco forse solo per sbaglio, morì stringendo forte le dita pallide e affusolate di suo marito, guardandolo negli occhi, sussurrandogli con la voce spezzata che, anche in quell’occasione, sarebbe andato tutto bene, lei se ne stava andando ma lui non sarebbe mai rimasto solo.

Draco Malfoy aveva sempre avuto tanto da perdere in vita sua, e alle sconfitte c’era abituato, nonostante non gli piacesse ammetterlo. Ma in quell’assolato pomeriggio d’estate perse più che durante la seconda guerra magica.
Draco Malfoy stette con la mano chiusa tra le dita di sua moglie per ore, senza mai muoversi, senza mai piangere. Ma anche senza parlare. Ascoltò il suo respiro sempre più irregolare farsi fievole e insufficiente, guardò il colore delle sue guance avvicinarsi sempre di più a quello delle lenzuola candide su cui giaceva. E pianse solo quando lei, ormai legata dal mondo dei vivi solo dalla stretta delle loro mani, gli sussurrò “Non siamo fatti per stare da soli, Draco. Non dimenticarlo, capito?”

Scorpius Malfoy, perennemente in conflitto con suo padre come tutti gli adolescenti, in un assolato pomeriggio di fine estate vide la salute di sua madre peggiorare nel peggior modo possibile. Vide sua madre morire, così vicina a suo padre, così lontana da lui.
Scorpius Malfoy era un Malfoy diverso, più umano di suo padre, gli aveva detto il suo migliore amico, che suo padre neanche lo conosceva. Ma lui stesso doveva ammettere di aver pensato spesso che in Draco ci fosse una sorta di aggeggio meccanico, al posto del cuore. Così freddo, così distante. Ma quel giorno, Scorpius vide suo padre piangere contro il corpo esanime di Astoria, lo sentì chiaramente pronunciare le parole “Lo so. Ma nemmeno per stare con chiunque, sai, Astoria?” baciandole delicatamente lo zigomo.

Astoria morì rassegnata davanti al suo destino, triste solo al pensiero di non poter più vivere quella vita familiare degli ultimi anni che tanto aveva adorato. Morì senza combattere, senza forze, prosciugata dall’interno da quella maledizione che dopo così tanto tempo aveva deciso di ripresentarsi nel suo sangue.
Astoria spirò con lo sguardo rivolto a suo marito piangente e con il pensiero rivolto a suo figlio, fermo in piedi sulla soglia della stanza da letto.
Non lo aveva voluto lì con lei, a stringerle la mano in un ultimo, disperato tentativo di fermare l’inevitabile, nonostante lo avesse amato come non aveva mai amato nessun altro, fin dal primo momento in cui se l’era ritrovato tra le braccia.
Non aveva voluto che la vedesse in quello stato, distrutta in ogni senso possibile, priva di forza e speranza. Voleva andarsene accanto a qualcuno che l’avesse vista nei suoi momenti migliori: senza veli nella Stanza delle Necessità, coperta di polvere nella battaglia di Hogwarts, in pigiama sul divano di casa.
 
Scorpius, nel momento esatto in cui era giunto nella stanza dei suoi genitori aveva capito che quel pomeriggio non se lo sarebbe mai più dimenticato. Suo padre la mattina lo aveva spedito fuori casa, gli aveva detto di uscire, di fare un salto a Diagon Alley per comprare il necessario per il nuovo anno scolastico. Evento più unico che raro, dato che per i tre anni precedenti al suo corredo aveva sempre provveduto Narcissa, sua nonna paterna, che il pomeriggio del trenta agosto si presentava alla loro porta carica di pacchi e piccoli doni, dando luogo così, ad una sorta di “Natale anticipato”.
Aveva pensato con rammarico che forse la nonna quell’anno avesse avuto qualche problema, che non sarebbe venuta ad augurargli buona fortuna come le volte scorse. Aveva avvertito una sorta di pericolo in agguato, un problema incombente. Ma non era riuscito a comprenderlo, finché non si era avvicinato alla porta della camera da letto dei suoi genitori.
Dopo un attimo di paralisi, pensò che l’unica cosa da fare di fronte ad una tale tragedia fosse… correre. Corse fuori, corse in giardino, maledicendo quel sole splendente che non si degnava di spegnersi neppure di fronte ad una disgrazia del genere.

Draco avrebbe soltanto voluto chiudere tutto il mondo fuori e rimanere da solo con quel turbine di pensieri e sentimenti che gli vorticavano nel petto. È finita. L’ho persa. L’ho persa davvero. Eppure quando vide Scorpius correre via non poté non seguirlo. Mentre la consapevolezza che no, non era finita per niente faceva a botte con la sua voglia di liberarsi di quella sua vita così evidentemente inutile senza lei a darle un senso, Draco scelse di lasciare la mano di Astoria e seguire quello che era… suo figlio.
Lo raggiunse in giardino, trovandolo chinato tra i roseti, le guance candide a pochi millimetri dalle spine. Si avvicinò fino a posargli una mano sulle spalle, la stessa mano che sua moglie aveva stretto fino a pochi secondi prima. “Non è giusto” furono le parole che il figlio disse girandosi verso di lui e gettandosi tra le sue braccia. E Draco pensò di aver sbagliato qualcosa come padre, se suo figlio era costretto ad affrontare una tortura del genere, una simile perdita, una simile sconfitta. “Non è giusto” ripeté semplicemente.
 

 
-Parlavi di me? Sono io quel chiunque?
-No, Scorpius, non dire sciocchezze.
-Allora… allora cosa intendevi?
-Intendevo che, ad un certo punto, ti trovi costretto a scegliere con chi passare il resto della tua vita. Perché non si può stare sempre da soli, al sicuro.
Ed io… io non sono mai stato bravo a scegliere. Ma quando scelsi tua madre, quando scelsi lei ed abbandonai il resto, presi la decisione giusta. Perché, dopo più di venti anni ne sono certo, non sarei potuto stare accanto a nessun altro.
-Ed io… sono per caso “nessun altro”?
-No, Scorpius. Tu sei, semplicemente, mio figlio.


 
 
 Specchietto specchietto delle mie brame...
 
Nickname su Efp: Mel_mel98
Nickname sul Forum: Mel_mel98
Link della fanfic: //
Titolo: Scegliere
Pairing: Draco&Astoria
Frase scelta: “Se non sai cosa scegliere forse non è ancora il momento di scegliere, ma non scegliere me se poi continui a scegliere anche tutto il resto.” [citazioni e riferimenti anche a “Gli amori più belli, ogni tanto, vengono fuori dalla piega segreta di ciò che in apparenza può sembrarci uno sbaglio.” e “Aver paura d'innamorarsi di qualcuno ogni tanto è già un po' amore silenzioso.” e “Non siamo fatti per stare da soli, ma nemmeno per stare con chiunque.”
Oneshot/Longfic (in caso di long, indicare anche quanti capitoli): Oneshot
Note dell'autore: che dire, è la prima volta che scrivo di Draco, e la prima volta a distanza di un intero anno che scrivo sul fandom di Harry Potter. Ed è stato bello ricominciare, tornare indietro e poi andare sempre più avanti. Mi sono divertita ad utilizzare tutti gli spunti che le frasi del contest suggerivano, ad utilizzare tutti gli stili di scrittura possibili, alternando alla classica narrazione lettere e dialoghi. Ho addirittura citato il copione dell’ultima rappresentazione teatrale (senza la quale probabilmente non avrei trovato l’ispirazione per scrivere una storia del genere). E niente, spero solo che con tutti gli spunti e citazioni che sono concorse alla realizzazione di questa fanfiction, sia uscito fuori qualcosa di apprezzabile.

Per chi desiderasse dare una sbirciatina, qui il link del contest -> http://www.freeforumzone.com/d/11306685/Give-me-love-/discussione.aspx

Mel
   
 
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