Anime & Manga > Yuri on Ice
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Autore: R e d_V a m p i r e     24/11/2016    1 recensioni
[Cinque incontri + uno per la nascita di una strana amicizia che si evolve nel tempo e nella lontananza, diventando pian piano qualcosa di più. Perché alle volte non serve vedersi tutti i giorni per sapere di tenere a qualcuno || Pitchuri(o)]
Yuri non ha la più pallida idea di chi sia Phichit Chulanont. Per la verità non riuscirebbe neppure a pronunciare correttamente il suo nome, figurarsi ricordare la sua faccia.
E' vero, lo ha visto in televisione durante le qualificazioni per la Coppa Cina, ma era troppo occupato a seguire maniacalmente l'altro Yuri e i suoi programmi per far caso al thailandese. O chiunque degli altri inetti sfidanti in generale, a dirla tutta.
Così quando se lo ritrova davanti tutto occhi scuri brillanti e un grosso sorrisone, che agita il suo cellulare con un'assurda cover a tema di piccoli criceti cartoonizzati chiedendo di fare una foto insieme, si limita a scoccargli una delle sue celebri occhiatacce e smorfiare.
«Non ho tempo per le foto o gli autografi»
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Phichit Chulanont, Yuri Plisetsky
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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« Shall we skate? - Agape Rhapsody.  




Third Meeting - more or less.


Come siano finiti a passare dall'insultarsi su Instagram a, beh, insultarsi su Skype è una dinamica ancora poco chiara ad entrambi.
Fatto sta che dopo aver iniziato una sorta di strana battaglia fatta di commenti e like sotto le foto l'uno dell'altro (Mila ha commentato con un «Guardali come flirtano, che carini!» ottenendo di vedersi lanciato in piena fronte il cellulare) è stato il thailandese a chiedere se avesse quell'applicazione, di certo molto più comoda per poter comunicare di quanto non lo sia un social.
E Yuri ha detto di sì senza neanche pensarci, nonostante quasi non sapesse neppure di che stesse parlando l'altro, facendo una breve ricerca - chiedere aiuto a qualcuno sarebbe stato impensabile - e finendo poi per scaricarsi il programma e crearsi un account in tutta fretta. Fingendosi scocciato nel dare il proprio nick all'altro, quasi gli stesse facendo un enorme favore; nessuno, del resto, saprà mai niente di quella storia.

E il russo non ammetterebbe neanche sotto tortura che aspetta la sera, quando finisce gli allenamenti e cena di malavoglia insieme agli altri membri del team, per vedere l'iconcina blu illuminarsi di arancione e sapere che il maggiore ha appena inziato la sua pausa pranzo ed avranno un paio di ore prima che lui crolli addormentato e Phichit riprenda con le sue sessioni di allenamento.
Come ogni sera, però, aspetta una decina di minuti buoni prima di aprire la conversazione e rispondergli. Sia mai che dia l'idea di ritenerla una cosa importante o, Dio non voglia, che attenda quel momento con ansia.
Non è assolutamente vero, ecco. Semplicemente è un modo per passare il tempo, tutto qui.
Però, quella sera, passano i minuti e non arriva alcun messaggio.
Yuri fissa lo schermo del pc, sdraiato su un fianco sul suo letto, guardando pigramente l'immagine di una mamma tigre circondata dai suoi cuccioli che ha messo come sfondo qualche giorno fa - gliel'ha mandata il thailandese, con un commento tutto cuoricini sul fatto che lui fosse carino proprio come quei tigrotti. L'ha mandato a quel paese e ha chiuso la conversazione, ovviamente, eppure si è ritrovato poi a cambiare la vecchia immagine dopo aver decretato che, suo malgrado, fosse davvero molto tenera.
Non tiene mai aperta la pagina di Skype. Aspetta distraendosi con giochini stupidi o guardando video su youtube finché l'occhio non cade sul lampeggiare in basso ed un sorrisetto spunta senza che lo voglia nel constatare la puntualità dell'altro ragazzo.
Chulanont lo contatta sempre alle ventuno e dieci spaccate - non un minuto prima, né uno dopo - da circa un mese a quella parte. L'ha trovato strano, irritante, ridicolo. L'ha accusato persino di avere una sorta di disturbo ossessivo compulsivo, o qualcosa del genere;  eppure con il passare dei giorni ha finito per trovare quell'abitudine stranamente confortante. Un punto fermo, una stravagante sicurezza.
Sicurezza che adesso è venuta meno visto che sono le ventuno e trentadue e di lui non c'è ancora la minima traccia.
Il giovane pattinatore nasconde il viso contro il cuscino, che tiene stretto contro il corpo e stritola quasi fosse stato lui a fargli grave torto, sentendo montare dentro la rabbia.
Si sente tradito, in un modo che non riesce e non vuole neppure concepire, e sotto sotto deluso. Che sciocco è stato a credere in quella piccola illusione, a poter pensare che il coglione thailandese fosse diverso dagli altri e non avrebbe mai mancato a quel patto fra di loro che in realtà non è mai stato pronunciato.
Serra gli occhi con forza e affonda i denti nella fodera, maledicendosi per star provando queste cose. Sono sentimenti familiari ed al contempo del tutto estranei e non vuole che gli appartengano in alcun modo. Quel tizio non è niente, se non un divertente passatempo ed un modo per sfogarsi, e non sarà mai null'altro. Cosa importa se si è dimenticato di lui? Se ha preferito far altro piuttosto che sprecare preziose ore del suo tempo che potrebbe usare per riposarsi invece di star dietro ad un ragazzino che vive dall'altra parte del mondo e non vede praticamente mai.
In un moto di nervosismo allunga la mano verso il computer e abbassa con forza lo schermo per chiuderlo, così da non essere più preso in giro da quella stupida icona che rimane immobile nel suo fastidioso azzurro e bianco.
«Stupido, stupido coglione idiota» borbotta fra sé e sé, rotolando sulla schiena e fissando il soffitto «Tanto chi ha bisogno di stare a sentire le sue cazzate? Perlomeno passerò finalmente una serata in santa pace, ah!»
Sorride vittorioso ed annuisce, convinto, spalancando le braccia e chiudendo gli occhi nel tentativo di rilassarsi. Ma passano i minuti ed il fastidioso ticchettio della sveglia sul comodino, unito alle gocce di pioggia che battono contro il vetro della finestra, non fanno altro che far crescere la vocina che gli sussurra che potrebbe essere successo qualcosa. Cerca di zittirla ed ignorarla ma è piuttosto insistente e non aiuta a diminuire l'ansia che pian piano monta nel petto e gli ruba il respiro, tanto da credere che anche il semplice cuscino che abbraccia lo stia soffocando.
«Merda...» non si cura di dove va a finire il suddetto cuscino quando lo lancia via, gettandosi su di un fianco ed afferrando il computer per riaprirlo di tutta fretta.
Non è preoccupato, no. Niente affatto. E' solo questione di principio.
E nonostante il simbolino accanto al nome dell'asiatico sia bianco, una volta che ha avviato di nuovo Skype - non c'è neanche bisogno di cercarlo nell'elenco, è praticamente il suo unico contatto, non si fa troppi problemi ad aprire la conversazione e digitare con dita tremanti (per la rabbia, ovviamente) ignorando il saluto della sera prima che si fa beffe di lui proprio in cima alla pagina.

»p i c h i t chu:
Buonanotte anche a te. Fai bei sogni, mi raccomando. Ci sentiamo domani, ok? E' una promessa!

_______________________Oggi_________________

                                                                                                                                           yuri_plisetski:
               Promessa un paio di palle. Sei inciampato sui tuoi stupidi criceti e  finito a Narnia, mudak?!
Vaffanculo.


Si morde un labbro, in febbrile attesa. Ma il contatto continua a rimanere non online e il bianco non passa mai a verde.

                                                                                                                                           yuri_plisetski:
 Sai una cosa? Abbiamo chiuso. Tutta questa grandissima stronzata del chiaccherare come se fossimo  amici. Non contattarmi più. E vai affanculo.

Annuisce fra sé e sé, soddisfatto, lasciandosi di nuovo cadere sulla schiena e osservando distrattamente i poster di felini che riempiono il suo armadio. Lo sguardo scivola poi alla bacheca dove ha appeso tutte le medaglie vinte fino a quel momento ma non prova alcuna gioia nel riflettersi negli ori e negli argenti che ammiccano dalla penombra.
La pioggia continua a cadere e la sveglia ticchettare, facendogli venir voglia di buttarla a terra e romperla, e così torna a guardare lo schermo del portatile.
«Le dodici meno un quarto» mormora socchiudendo gli occhi, perché li sente bruciare e pizzicare fastidiosamente. E di Phichit nessuna traccia.
Fa mente locale, riflettendo sul fatto che a Detroit saranno le cinque meno un quarto o giù di lì. Dovrebbe aver ripreso con i suoi allenamenti, in ogni caso, quindi non c'è alcuna speranza che si faccia vivo da lì a poco. E si sente così stanco...
Sbadiglia allungando per l'ultima volta la mano sulla tastiera. Inizia già a non mettere più a fuoco le lettere.

                                                                                                                                           yuri_plisetski:
                                                                                                                                          Stai bene, vero?



Mila è fastidiosamente di buon umore, quella mattina. Sta davanti alla tv sorseggiando il suo schifosissimo beverone energetico e giocherella con il telecomando tamburellando con la pianta del piede sinistro per terra.
Yuri che non ha dormito bene e ha l'aria un po' sconvolta, con i capelli ancora arruffati per il cuscino e delle leggere occhiaie, la trova così irritante che vorrebbe tornarsene nella sua stanza - o, in alternativa, sperare che si strozzi con quello che sta bevendo.
«Cos'hai da essere così contenta all'alba?» borbotta, trascinando la sedia per terra e facendo volutamente rumore prima di mollare la propria tazza sul tavolo e sedersi scompostamente. E' ancora nervoso per la sera prima (e perché non ha trovato risposta, quando si è svegliato... non che la cosa lo interessasse così tanto)e la mano trema un po' mentre versa il latte e poi lo seppellisce sotto una cascata di cereali al miele.
La Babicheva gli scocca un'occhiataccia, arricciando il naso.
«Non è l'alba. Sono le otto» precisa, per poi tornare a guardare la tv «Non hai sentito?»
«No» borbotta a denti stretti il più piccolo, masticando ferocemente «Cosa avrei dovuto sentire?»
La rossa alza il volume del servizio, indicandogli lo schermo con il telecomando «Quel pattinatore thailandese con cui ti senti. Il tuo fidanzatino virtuale. Ha avuto un incidente ieri durante le prove del suo programma libero»
Yuri rimane bloccato col cucchiaio a mezz'aria e la guarda scocciato, rispondendo meccanicamente «Non è il mio fidanzatino, stupida vecchiaccia».
Ci vuole qualche secondo perché si renda conto delle parole della compagna e metta a fuoco la televisione, dove è stato mandato in onda un video preso da youtube sulle recenti competizioni del Grand Prix. Rimane a fissare il primo piano di un Chulanont sorridente che mostra la sua medaglia d'oro e fa segno di vittoria e il cucchiaio gli cade con un tonfo nella tazza, schizzando il tavolo di latte e cereali.
«Cosa si è fatto? Sta bene? Perché diavolo non lo dicono invece di far vedere stupidi video inutili?!»
Mila ridacchia dietro il bicchiere, deliziata dall'aria smarrita e preoccupata sul viso del più piccolo. Anche infervorata, è arrossito sulle guance a chiazze sebbene per il resto sia sbiancato pur essendosi alzato di scatto e aver battuto le mani sul tavolo provocando un ulteriore disastro con la sua colazione.
«E poi dici che non è il tuo ragazzo... sta bene, comunque. Beh, più o meno. Ha preso una storta alla caviglia sinistra e dovrà stare a riposo per un po'. Pare l'abbiano portato subito al pronto soccorso, quando hanno capito che era una cosa seria»
Plisetsky sgrana gli occhi, ancora fissi sull'immagine del pattinatore più grande sullo schermo del televisore, e si sente sollevato ed agitato allo stesso momento. Quel coglione non ha dimenticato il loro appuntamento... ma aveva ragione a pensare che gli fosse successo qualcosa.
«Forse salterà la prossima gara! Non è un colpo di fortuna, eh Yuri?» la pattinatrice ridacchia, abbassando il volume «Yuri?»
Non avendo ottenuto risposta si volta, ritrovandosi a contemplare un posto vuoto. Del biondino non c'è più traccia.
«Dove diavolo si sarà cacciato adesso...?»



«Cosa vuol dire che è a Detroit?!»
Yakov è talmente rosso in faccia che potrebbe seriamente prendergli un colpo.
Mila non si stupirebbe di vederlo collassare ma si limita a fare spallucce e mostrargli il proprio cellulare, aperto su Instagram, dove fa bella mostra di sé una foto del ragazzino biondo che fa la linguaccia davanti ad un cartello che recita chiaramente ''Detroit Metropolitan Airport'' - ha una nuova maglietta con la stampa di un ghepardo, suppone, o qualcosa del genere.
«Credo sia andato a trovare il suo fidanzato» trilla, contenta.
Ma suppone che il coach sia ormai andato e non abbia sentito quell'ultima parte. Poco male.



«Y-yuri? Che ci fai tu qui?»
Phichit sgrana gli occhi, incredulo. Era appoggiato al muretto che delimita alla pista per assistere alle prove dei suoi compagni, dato che non può posare il piede per terra ma stare seduto iniziava ad annoiarlo e poi non vedeva niente. E, all'improvviso, è sbucata quella piccola furia russa che neppure gli altri ragazzi sono riusciti a trattenere per impedirgli di raggiungerlo - o quantomeno chiedergli che volesse e chi fosse.
Il ragazzino ha il cappuccio della felpa tirato su e un'aria omicida che il thailandese può percepire tranquillamente come se fosse una cosa viva e visibile; una sorta di nefasta aura nera come quella degli anime, ecco.
«Sei un grandissimo coglione. Infortunarsi prima di una gara in modo così stupido, poi... il toe-loop è da lattanti»
Se possibile Chulanont è ancora più sorpreso. Boccheggia senza sapere che dire, incerto se indietreggiare zoppiccando per allontanarsi da lui (sembra proprio voglia saltargli alla gola e azzannarlo) o correre (sempre zoppicando) ad abbracciarlo. Opta per una via di mezzo e gli regala uno dei suoi sorrisi brillanti.
«Eri preoccupato per me»
«Tch. Non hai rispettato la promessa, chi se ne fotte del motivo. Dovrei pestarti»
Il thailandese sospira, l'espressione che si addolcisce mentre recupera la stampella per farsi vicino al più piccolo. Yuri sembra confuso ma non si allontana, tiene i pugni stretti nella giacca e lo fissa con la sua solita aria truce da cucciolo selvatico pronto a morderti.
«Mi dispiace. Avrei dovuto avvisarti. Puoi perdonarmi?» ed allunga persino una mano, passandola con un coraggio invidiabile - o incoscienza - sotto il cappuccio fino a farglielo cadere e scompigliargli i capelli.
Gli occhi del russo sono grandi e azzurri, le gote rosse per l'imbarazzo, le labbra rosee socchiuse ed una delicata aria di meraviglia rende più fragile e dolce la sua espressione. Trattiene persino il respiro e Phichit avverte l'assurdo desiderio di baciarlo.
Ma non lo fa. Getta la stampella e gli passa il braccio libero attorno alle spalle, stringendolo ed appoggiandosi contemporaneamente a lui, nascondendo il viso fra i suoi capelli mentre chiude gli occhi. Sorride ancora, non ha smesso di farlo per un attimo.
«Sono contento che tu sia venuto, Fairy. Prometto che non ti farò preoccupare più... e questa volta non tradirò la promessa»
Plisetsky rimane immobile per qualche istante e poi ricambia timidamente l'abbraccio, stringendo i pugni sulla sua felpa ed abbassando il viso contro la sua spalla - solo per evitare che cadano entrambi, ovviamente. Non perché vuole farlo o è preoccupato che la caviglia gli faccia male.
«Sarà meglio per te, mudak»

A conti fatti è solo la seconda volta che sono faccia a faccia, nello stesso continente. Ma è come se non avessero fatto altro per mesi e, dopotutto, va bene così.
   
 
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