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Autore: Heyale    24/11/2016    1 recensioni
A seguito delle armi nucleari che sono state usate nella Grande Guerra che ha scosso l'intero pianeta, le nuove generazioni nascono con delle mutazioni nei loro DNA: possono controllare i loro organismi e gli agenti esterni a loro piacimento. In questo nuovo e sconvolto mondo, la parte di ragazzi che non ha subìto cambiamenti non tollera questi individui e li rinchiude in istituti simili a prigioni. In questo contesto troviamo Siena Tanner, diciassettenne che, insieme al suo gruppo, rinuncia alla la sua libertà per la sorella incinta; e Levi Callaway, diciottenne in erba che non perdona i modificati e che nasconde molti segreti.
Prigioniera e supervisore, insieme ai rispettivi gruppi e rispettivi valori, affronteranno insieme un difficile percorso fatto di scontri per arrivare ad un risultato comune.
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Dal capitolo 6:
"E allora?" sorride svogliatamente, rivolgendo poi gli occhi al soffitto. "Pensi di potermi aiutare?"
"Penso che aiutarmi a capire, per te, sarebbe un buon modo per convivere civilmente."
"Sono stufo di tutte queste tue psicostronzate." sbotta duramente. Da quanto stava trattenendo questo pensiero? "Vuoi la verità?"
Non dimostro di essere ferita dal suo commento e alzo la testa verso di lui. "Sarebbe ora."
Genere: Commedia, Science-fiction, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
Capitoli:
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Interstellar cap.3
INTERSTELLAR
CHAPTER THREE
"Guilty"

Devo ammettere che questa stanza è resa ancora più triste dall'assenza completa di finestre o di semplicemente fonti di luce naturale. Niente di niente. So che è mattina solo dall'orologio digitale appeso alla parete di vetro, ma senza quello non saprei dire nemmeno a naso che ora sia. Sono sempre stata abituata a godermi il cielo all'alba e al tramonto, ora non posso più nemmeno mettere il naso fuori di qui e respirare ossigeno per non impazzire. Non ho avuto notizie per tutta la notte, so solo che tra poco Levi dovrebbe arrivare a prendermi per partire alla ricerca di Cherice, non posso più aspettare per vedere Theo, Hunter e Regan, ho bisogno di loro se non voglio far cazzate che possano danneggiare me stessa all'interno di questo inferno.
"Buongiorno!"
La porta della stanza di fronte alla mia si apre di scatto scivolando nella parete, mentre un certo damerino entra agitando la mano. Guardandolo sembra che abbia fatto a pugni col cuscino stanotte: non ha la tuta nera addosso, ha solo un normalissimo paio di jeans e una maglietta a maniche corte verde - che tra l'altro definirei 'verde vomito' ma che lo fa sembrare più normale di quanto non sia, i capelli ancora più in disordine se è possibile e un'andatura da sbandato.
"Alla buonora!" sbotto di conseguenza, alzandomi finalmente dal letto. "Sono già le otto e mezza, sei in ritardo."
"Ho avuto un contrattempo." Levi apre la porta di vetro che ci separa inserendo il codice che spero al più presto di vedere, facendomi cenno di uscire. Aspetta, ma è fuori? La porta per uscire di qui è aperta, ci metterei un attimo a scappare da lui. Esco dalla mia cella di vetro con cautela, tenendolo osservato come lui tiene osservata me. Forse una mia mossa azzardata se la sta proprio aspettando.
"Che genere di contrattempo?" gli chiedo, sconfitta, abbandonando il mio ideale di fuga. So che non conosco ancora tutto di lui, quindi prima di tentare l'impossibile immagino di dover avere il quadro generale di mister Levi Callaway. Non che mi interessi veramente sapere della sua vita, ma voglio solo sapere cosa lo ha portato ad aumentare la mia irritazione nei suoi confronti.
Lui, con nonchalance come al solito, si toglie la maglietta con un colpo secco e mi guarda subito dopo, sfoderando un sorrisetto saccente. Cos'è questo? Si spoglia facendo il sex symbol e si aspetta forse che io spalanchi la bocca? Gesù, che si alleni per il lavoro che fa si vede, okay, ma non c'è possibilità che i miei occhi diventino due cazzo di cuori per lui.
"Anthony ha dato forfait, purtroppo è occupato in un altro prelevamento e non può partire con noi." il signor sex symbol davanti a me grazie a Dio si mette una maglietta addosso - credo una maglia termica, procedendo poi a sfilare i pantaloni. Eh no, qui stiamo esagerando.
"Ma non puoi andarti a cambiare in bagno?!" sbotto, girandomi subito di spalle per non cadere in tentazione e abbassare lo sguardo.
Come sempre lui sdrammatizza tutto con una risata, mentre il suono della cintura mi dà non poco fastidio: "Non hai mai visto un ragazzo in boxer?"
"Ti dirò," trovo la forza di girarmi e di continuare a guardarlo solo negli occhi, facendo una smorfia. "Guardo chi voglio vedere, no?"
In tutta risposta, Levi ridacchia e scuote la testa, infilando poi i pantaloni della tuta nera. Ora però mi sta venendo un dubbio.
Mi rivolgo nuovamente a lui, non cercando nemmeno mezzi termini per la mia domanda: "Levi è un nome ebraico. Sei circonciso per caso?"
Il Topo di fogna scoppia a ridere come mai gli ho sentito fare, tenendosi addirittura la pancia dalle risate. Direi che ora sembra vagamente uno psicopatico. Insomma, la mia domanda è lecita, è solo pura curiosità. Non gli ho mica chiesto di mostrarmi qualcosa, no? La sua risata, comunque, devo dire che un po' mi fa rivalutare la mia convinzione dell'assenza di un suo lato da diciottenne. In effetti, la sua espressione allegra ricorda tanto quella di un semplice ragazzo che, insieme ai suoi amici, ride anche alle quattro di mattina dopo aver passato la notte in riva al mare con una bottiglia di vino e un pacchetto di sigarette. Quest'immagine di Levi mi piace molto di più di ciò che ho veramente davanti, e la visione dura quel poco che basta per farmi tornare con i piedi per terra e pensare che, in effetti, ho solo un mostro di fronte.
"Ma che stai dicendo?" si rivolge a me quasi con gli occhi lucidi, mentre io semplicemente lo guardo confusa.
"Ho solo fatto un'ipotesi."
"Cristo, fanne a meno." borbotta allegramente, scuotendo la testa cercando difficilmente di ricomporsi. "Il fatto che mio padre fosse ebreo ha influito sulla scelta del mio nome e di quello del mio fratellastro, sebbene le madri fossero diverse lui ha avuto la meglio in entrambi i casi e ha scelto i nomi. Ma, per rispondere alla tua domanda, sappi che non credo nemmeno in una religione, perciò...no, nessuno ha messo le mani sul mio amichetto."
Trattengo una risatina solo per non dargli la soddisfazione di avermi fatto ridere, rivolgendomi però a lui subito con un'altra osservazione: "Quindi hai un fratello anche tu. Maggiore o minore?"
Lui annuisce, finendo di vestirsi infilando la felpa: "Maggiore, ha due anni in più di me. Verrà lui al posto di Anthony, ecco perché ero in ritardo."
"Se hai un fratello allora dovresti capire come io mi stia sentendo. Questo ti rende ancora più uno schifo ai miei occhi."
"Addirittura?" mi squadra dall'alto al basso con una smorfia. "La cosa non mi tocca."
Quanto vorrei dimostrargli come invece uno schiaffo potrebbe toccarlo per bene. Oh, guarda, avevi per caso detto che non ti toccava?
"Vado a finire alcune questioni burocratiche." riprende, passandosi una mano tra i capelli. "Il mio fratellastro sarà qui a momenti e ti porterà lui, va bene?"
Alzo le spalle, ritornando nella mia comodissima cella di vetro: "Anche se non andasse bene sarebbe così comunque, quindi va bene."
"Vedo che stai iniziando a farti addomesticare, complimenti."
"Addomesticare?!" prima che possa chiudere la porta di vetro tiro addosso ad essa il calcio più forte che posso, spalancandola nuovamente e facendo indietreggiare il Topo di Fogna davanti a me. Ha proprio sbagliato persona a cui rivolgere quel verbo. "Ti sei bevuto il cervello per caso?" grido, avanzando di gran carriera verso di lui. "Vedi di abbassare i toni, piccolo viscido verme inutile!"
"Sei tu che dovresti abbassare i toni, Fuggitiva." risponde in tutta calma, sorridendo come se avesse la situazione perfettamente sotto controllo. "Chi è qui l'autorità?"
"Mi pareva di essere stata chiara ieri, Topo di fogna. Non ti porto rispetto né ti considero un'autorità, e come tale non ti permettere più di parlarmi come se fossi un maledetto cane! L'unico da addomesticare qui sei tu, che giochi con le vite umane così quando ti pare e come ti gira, prima offendi e poi prendi a schiaffi per le reazioni che tu stesso hai causato. Prova solo una volta in più a rivolgerti a me in questo modo e giuro su Dio che, dovessi morire, ma te la faccio pagare."
"Stai facendo lo stesso gioco che faccio io senza lo stesso risultato, non te ne rendi conto?" Levi si avvicina al mio viso, permettendosi di ridacchiare e di appoggiare la sua mano sulla mia spalla. "Cerchi tanto di intimidirmi, ma se ti guardassi un po' capiresti che sei solo una ragazzina da diciassette anni rinchiusa in un istituto dove l'unica libertà che è concessa è scegliere se respirare col naso o con la bocca. Sei una marionetta nelle mie mani, quello che dico io per te e per chiunque altro si trovi sotto di me è legge, e prima ti metti in testa questo concetto, prima la nostra convivenza sarà sopportabile per entrambi."
Okay, ha superato ogni limite concesso. Legge? Non lo considero nemmeno degno di umanità, figuriamoci se mi metto pure a prendere le sue parole come se fossero dettate dalla Bibbia. Un cretino del genere non merita nemmeno di respirare la mia stessa aria, e ora che si mette a sparare cazzate pure sulle mie libertà direi che ha toccato il fondo e che sta per essere annegato. Anche se so che non avrò il successo sperato, mi avvento su di lui con la mano destra serrata a pugno, colpo che lui riesce facilmente a parare e, anzi, a contraccambiare. Non usa la mia stessa modalità, con molta più facilità lui spinge la mia schiena verso il basso con il braccio sinistro e, nella traiettoria della mia caduta, alza di fretta il ginocchio e mi colpisce dritta nello stomaco. Ammetto che non è uno dei colpi più leggeri che io abbia mai ricevuto, anzi, forse sta proprio al primo posto della classifica opposta. Non dico che io mi senta male o che stia per perdere conoscenza, sento solo un gran dolore allo stomaco che mi fa accasciare al suolo senza più la forza di restituirgli almeno un colpo. Così non va bene, ora siamo due a zero per lui, le cose non possono andare avanti in questo modo.
"Levi!" una voce che non conosco fa irruzione nella stanza, dove il rumore dei passi sembra raggiungermi velocemente. "Che cazzo le hai combinato? Idiota!"
Non ci credo, fate santo chiunque ora stia cercando di mettermi seduta. Okay, forse troppo veloce però.
"Ahi..." borbotto, portandomi una mano allo stomaco senza nemmeno riuscire a vedere chiunque mi stia aiutando. "Per favore, non alzarmi."
"Oh, scusami."
Vengo adagiata nuovamente a terra, sentendo forse la voglia di vomitare. Non avevo mai incassato un colpo così doloroso, non immaginavo che queste fossero le conseguenze.
Levi si accovaccia di fronte a me, guardandomi con una smorfia dell'accidenti dipinta in quel viso che prenderei a pugni: "Dici anche 'per favore', adesso?"
"Dacci un taglio, Levi." di nuovo la voce si fa valere, inginocchiandosi accanto alla causa di tutta questa situazione.
Si tratta semplicemente di un ragazzo dagli occhi verdi, i capelli marroni tenuti su in un codino un po' stupido e il viso pieno di lentiggini. Non credo di averlo ancora visto all'interno di questo istituto, ma la sua espressione mi piace sicuramente di più rispetto a quella del Topo di fogna.
"Stai bene?" mi chiede, appoggiando la mano sulla mia spalla. "Ci vedi doppio?"
"No, ti vedo bene." mormoro, accennando ad una risata. "Grazie."
"Figurati. Spero che questo idiota non ti abbia fatto troppo male." dicendo ciò, il mio nuovo amico si gira verso Levi per guardarlo veramente male. "Come al solito, insomma."
"E smettila!" il damerino dà un leggero schiaffo sul braccio dello sconosciuto, alzandosi poi in piedi. Non sarà mica che...?
"Sono Ira." mister-lentiggini mi sorride amichevolmente, stringendomi la mano di conseguenza. "Sono il fratello di Levi."
Questa sì che è bella. Da un lato abbiamo il lunatico, violento, sex symbol, diciottenne Levi Callaway, mentre dall'altro abbiamo il simpatico, lentigginoso, premuroso, ventenne Ira Callaway. A questo punto credo che in comune questi due abbiano solo alcuni tratti della fisionomia, ma del resto è palese che non siano fratelli al cento per cento. Beh, sono comunque contenta che uno su due Callaway sia almeno accettabile nel mio spazio vitale.
"Ma non dirmi." ridacchio, cercando poi di rimettermi in piedi. Ho ancora il mio orgoglio, sia ben chiaro. "Sei quello che sostituisce Anthony, vero?"
Ira annuisce, guardandomi sollevato: "Esatto. Stai meglio?"
Vorrei rispondergli con un'offesa indirizzata a Levi, ma considerando che sto parlando al suo fratellastro sono costretta a mordermi la lingua e a rispondere solamente con un sorrisetto: "Certo, grazie."
"Per fortuna. Vuoi che ti porti qualcosa da bere?"
Ma veramente, fate santo questo ragazzo! Da dove spunta fuori un bipede così gentile in un ambiente del genere?
"Ti ringrazio davvero tanto, ma mi riprendo da sola. Devo solo respirare un po'."
Ira sorride, sfoderando un'espressione probabilmente simile a quella di Levi se ogni tanto sorridesse sul serio, facendo apparire due leggere fossette ai lati delle guance: "Avvisa se hai bisogno, okay? Adesso vado a finire alcune carte da firmare per partire con voi, poi si va."
Annuisco, agitando la mano per salutarlo. Lui ricambia, ma non si dirige poi alla porta, bensì verso Levi che, seduto sul divano, lo tiene attentamente osservato.
"Tu," la voce di Ira cambia repentinamente mentre parla al Topo di fogna, assumendo un tono minaccioso che ringrazio il cielo non sia stato rivolto a me. "Ti ho detto un milione di volte di darti una calmata. Sei solo un moccioso con troppo potere in mano, perciò o ti decidi ad usarlo responsabilmente o prima o poi intervengo io. Sai bene che non ti conviene, no?"
Seguo la discussione senza però tenere fissati i due per non sembrare indiscreta, ma sento chiaramente la lingua di Levi fare uno schiocco prima di rispondere: "L'ho detto io agli altri che era meglio chiamare qualcun altro, accidenti. Pensa per te."
"Sta' attento, ragazzino." sbotta nuovamente Ira. "Non è il caso di giocare. Lascia in pace quella ragazza e qualsiasi altra povera anima affidata a te, chiaro?"
Attendo la risposta di Levi, ma sorprendentemente questa non arriva. Sento i passi del maggiore lasciare la stanza, lasciandomi praticamente a bocca aperta: ha per caso zittito Levi? Non credevo ci fossero persone in grado di riuscire in questa impresa, specialmente poi con una maestria ammirabile. Dovrò assolutamente chiedergli come fa.


Per tutto il percorso di questo accidenti di corridoio infinito io e Levi non ci rivolgiamo una sola parola, e quando finalmente la porta scorrevole di fronte a noi si apre la mia giornata sembra improvvisamente migliorare. Regan, Hunter e Theodore stanno dritti davanti a me, e né io né loro esitiamo per correrci incontro e abbracciarci. Finalmente un senso familiare. Non mi va di farmi vedere da Levi e dagli altri nella condizione di nostalgia, ma ora come ora non ne riesco a fare a meno. Sono stata distante più del dovuto dalla mia famiglia, ho in un certo senso bisogno di sentirli vicini come mai ne ho sentito prima.
"Dimmi che stai bene, ti prego." Hunter afferra il mio viso tra le sue mani, guardandomi dritta negli occhi come il suo solito. "Almeno tu."
"Sto." rispondo, senza precisare 'male' per la ginocchiata che ho appena ricevuto dritta nello stomaco e tutto il resto. "Voi? Come state?"
"Come se fossi qui dentro da una vita." Theodore si fa avanti, sorridendomi quando mi arriva di fronte. "Regan ha quasi picchiato Kalidas, stamattina."
Sto per rispondere notando il sorrisetto soddisfatto di Regan, ma prima che le parole possano uscirmi di bocca una mano si appoggia sulla mia spalla, e il mio disgusto cresce non appena constato che è proprio quella di Kalidas.
"Quasi picchiato." precisa lui, sorridendo a tutti noi come se fosse un rappresentante di un prodotto alla fiera di paese. Che immagine inquietante. "Ma ci siamo calmati subito, no?"
La rossa lo guarda dapprima male, ma alla fine cede ad una smorfia sollevata: "Ci siamo calmati."
Oh beh, sono contenta che almeno loro si calmino subito a differenza di qualcuno di cui non faccio nome. Insomma, non è normale che Levi sia...beh, Levi. Avanti, sa solo provocare e approfittare delle reazioni altrui per confermare a se stesso di essere meglio di qualsiasi altro essere sulla Terra. Voglio proprio vedere quanto spiccato sia il suo grande spirito di squadra, da uno come lui mi aspetto di tutto fuorché che sappia collaborare con altre persone - che, tra l'altro, considera suoi piccoli sudditi. Siamo nella Versailles di re Levi, inchiniamoci al suo cospetto!
"Che carini." me ne esco, alla fine, girandomi ad osservare per un istante Levi che, tranquillamente, chiacchiera con Celia e Marlene. Che schifo di persona che è.
"Sostanzialmente ognuno di noi ha un supervisore personale." Hunter fa un breve cenno con la testa verso Celia. "Io ho quella lì, Theo ha Marlene e Regan ha Kalidas. Poi c'è il fatello di Levi, ma lui fa solo da spalla credo. Non l'abbiamo ancora visto."
"Non l'avete conosciuto?" gli chiedo, illuminandomi improvvisamente. "Io credo di essermi innamorata."
Le facce che si vengono a creare sui volti di Hunter, Theodore e Regan sono semplicemente irripetibili: sono un misto tra lo schifato e il divertito, mentre tutti e tre scoppiano automaticamente dalle risate. E io che speravo che per una volta mi prendessero sul serio per fargli uno scherzo.
"Tu, innamorata!" sbotta Regan, forse a voce un po' troppo alta, ma comunque cercando di trattenersi. Devo ammettere che vederli così allegri dopo averli visti a terra è un grandissimo sollievo. "Ma quando mai!"
"Scusa se non sono mia sorella!" ribatto, alzando le mani all'aria. "Oh, a tal proposito. L'hai mai sentita, Theo?"
Il moro scuote la testa, sbuffando: "Mmh, con queste tute è impossibile."
Ora, non intendo dire 'sentita' come per telefono o altro, so che è impossibile. Il fatto è che, avendo Theodore la capacità della proiezione astrale, potrebbe capitare che durante il sonno lui riesca in qualche modo a trovare Cherice e a trovare anche la sua posizione. Sembra roba molto voodoo, devo ammetterlo, ma fa il suo certo effetto.
"Cazzo." mi esibisco in uno sbuffo che farebbe concorrenza a quello di un bambino in cerca del suo pupazzo preferito, ma non riesco nemmeno a respirare completamente che, per la seconda volta nel giro di troppo poco tempo, un'altra mano si appoggia sulla mia spalla. Mi hanno forse scambiata per un poggiolo?
"Ehi, si può sapere-" mi giro di scatto, trovandomi il viso di Levi incredibilmente vicino. "Oh."
"Oh?" quest'ultimo mi fissa col suo solito sorrisetto che ambisco a staccare a morsi. "Ira ci raggiunge fuori. Vogliamo andare, madame?"
Ha-ha, veramente esilarante. Se pensa di essere anche lontanamente simpatico è meglio che sappia che è veramente sulla cattiva strada. Per non dire pessima.
Anche in presenza di Hunter - che è morbosamente protettivo verso di me a causa del divario, anche se non troppo grande, d'età - non mi risparmio l'occhiataccia dritta al ragazzo che ho a pochi centimetri dai miei occhi e il mio sorriso soddisfatto: "Dopo quello che mi hai fatto prima, tu non devi più sognarti di toccarmi. Chiaro?"
"Posso ricordarti che sei stata tu ad iniziare?" ribatte lui col suo solito tono, e da qui capisco che se non mi fermo prima litigheremo di nuovo.
"Stai dicendo che avrei dovuto ringraziarti dopo che mi hai praticamente dato del cane?"
"Non era il caso di scaldarsi, sto dicendo questo." Levi si decide finalmente a staccare la sua manaccia da me. "E poi, dai, eri in piedi due minuti dopo."
Okay, inspira ed espira...se perdo di nuovo la calma sarà guerra a vita, me lo sento.
Così, ignorando di nuovo tutto ciò che mi circonda e prestando attenzione solo al mio bersaglio, assottiglio gli occhi e lo guardo sempre peggio: "Questo è perché c'era tuo fratello che mi ha aiutata. Se prendessi esempio da lui non sarebbe male, lo sai? Un po' di umanità ti farebbe bene."
"Non dirmi cosa devo fare con Ira, Fuggitiva. Mio fratello non rientra nel tuo business, quindi smetti di scodinzolare per lui."
Di nuovo? Volete dirmi che davvero non ha capito che certe parole con me non devono essere usate nemmeno per scherzare?
E' un uomo morto - se di uomo possiamo parlare.
"Vedi di non presentarti più davanti ai miei occhi, Topo di fogna." borbotto, fissandolo dritto in quegli accidenti di occhi cristallini che si ritrova. "Se non capisci nemmeno le condizioni per non farmi saltare i nervi ogni volta che apri quella cazzo di bocca io non ti porterò mai nemmeno un briciolo del tanto rispetto che secondo te dovrei avere nei tuoi confronti. E, anzi, ti dirò di più: non mi farò mai 'addomesticare' né da te né dai tre idioti che ti porti appresso e continuerò a 'scodinzolare' per Ira solo per il gusto di farti patire quanta più sofferenza io possa infliggerti dato che sembra essere l'unico metodo per coesistere con un tale cretino come te."
Non aspetto nemmeno la sua risposta e, dopo aver fronteggiato le espressioni sconvolte di Hunter, Regan e Theodore semplicemente vado dritta verso la porta che segna l'uscita aspettando di trovare Cherice al più presto possibile. Levi vuole la guerra? Se si diverte a far diventare matte le persone, beh, sappia che ha proprio preso male la mira questa volta. Non sarà una passeggiata avere a che fare con me e gli farò pentire fino alla morte di quel singolo istante in cui chiese per essere il mio supervisore, questa è una promessa.

Tutte le mie speranze sul potermi finalmente sgranchire le gambe all'aria aperta sono andate a farsi fottere nel momento in cui ho visto, appena fuori da questa prigione, cinque macchine nere di ultima generazione: design impeccabile, carrozzeria appena lucidata, pneumatici da fuoristrada e interni in pelle. Questa si chiama classe.
Appena gli altri mi raggiungono Regan alza immediatamente la mano, sgranando gli occhi: "Soffro di mal d'auto!"
"Non ci sei mai andata." ribatte Theodore, divertito, scuotendo la testa. "Non ci avevo mai pensato, ma in effetti nessuno di noi è mai salito in una macchina."
Hunter si fa avanti: "Io sì."
Tutti noi ci giriamo a guardarlo, stranito, ma lui semplicemente alza le spalle e sorride ironicamente: "Prima di conoscervi avevo una famiglia anch'io, sapete? Quando avevo due o tre anni andavo in macchina con i miei."
"E te lo ricordi ancora?" Regan lo guarda confusa, come giustamente anche io e Theodore facciamo.
"E' strano, ma sì. Da quando sono arrivato qui i miei ricordi si fanno sempre più vividi, portandomi indietro di troppi anni per essere normale." Hunter sospira, passandosi una mano tra i capelli scuri. "Cristo, sono un ragazzo-padre che ricorda di quando aveva un anno...se facessi un'audizione ad un circo mi prenderebbero di sicuro."
Trattengo appena le risate per la battuta di Hunter, ma pensandoci bene è davvero bizzarro. Com'è possibile che improvvisamente qualcuno possa avere dei ricordi di quando ancora non poteva parlare o camminare?
"Forse è qualcosa che ci hanno dato." Regan prova a fare un'ipotesi, portandosi l'indice sul mento. "Insomma, non si farebbero scrupoli a somministrarci strani farmaci in qualsiasi forma possibile. Magari abbiamo mangiato qualcosa senza sapere che dentro c'era qualche veleno, che ne sappiamo noi?"
Theo annuisce: "Non fa una piega. E' probabile."
Vado per aggiungere qualcosa al discorso, ma un battito di mani e la fastidiosa voce di Levi mi interrompono: "E' ora di salire in macchina, la squadra è al completo. Ognuno col proprio supervisore!"
Mi giro di scatto, se la squadra è al completo allora anche Ira è arrivato. Infatti, poco distante da una delle cinque macchine, il moro se ne sta dritto in piedi a guardare passivamente il suo fratellastro, senza alcun genere di espressione. Solo quando si accorge del mio sguardo sorride verso di me, infilando le mani in tasca e raggiungendomi. Hunter, Theo e Regan mi guardano straniti per il sorriso che ho appena fatto al loro sconosciuto, ma rimando le spiegazioni a dopo e mi avvicino ad Ira senza prestare più attenzione a Levi. Non che prima lo stessi facendo, sia chiaro.
"Sono felice di vederti." appena la nostra distanza si limita a qualche decimetro, Ira tira un sospiro di sollievo. "Con quel cretino di Levi non si sa mai cosa possa succedere."
"Non abbiamo più parlato, né interagito. Solo uno scambio di insulti e stop."
"Mi dispiace che ti sia capitato lui." Ira sbuffa, portandosi una mano dietro al collo. "E tutto il resto della squadra. Non è una compagnia che amo, anche se questo non è di certo il posto adatto per parlarne."
Improvvisamente mi spunta una lampadina luminosa sopra la testa, e così sgranando gli occhi per la splendida idea congiungo le mani in preghiera: "Posso venire in macchina con te? Non voglio stare con Levi. Ti prego, non dirmi di no."
E' assurdo che io stia pregando uno di loro per poter stare in sua compagnia, ma è ancora più assurdo il sorriso che spunta sul suo viso: "Non c'è problema. Però faresti meglio a dirglielo, se glielo dico io poi fa storie perché dice che metto sempre le mani nei suoi affari. Spero di non sembrarti un codardo."
"Ho visto come gli hai parlato prima, non potrei pensare che tu sia quel genere di persona." gli sorrido, dirigendomi poi verso Levi per la prima volta di mia spontanea volontà. Non ne ho tutta questa gran voglia, so di per certo che finiremo di nuovo per insultarci in un modo o nell'altro, quindi parto già rassegnata. "Ehi, Topo di fogna."
Occhi-azzuri si gira verso di me, alzando entrambe le sopracciglia. Aspetta, ma quando...?
"Che c'è?"
"Perché hai tre forcine tra i capelli?"
Lui fa una strana smorfia: "Lo faccio per guidare senza che i ciuffi cadano sugli occhi. Sei venuta qui solo per questo?"
Scuoto la testa: "Andrò in macchina con Ira."
"Non se ne parla." se ne esce con un sorrisetto, mentre scuote animatamente la testa. "Non sei stata assegnata a lui."
"Nemmeno a te, se è per questo." ribatto, cercando però di mantenere i nervi saldi. "Sei stato tu a chiedere di poter essere il mio supervisore...per quale motivo poi non lo so, dato che il tuo unico scopo sia impedire la mia sanità mentale. Detto questo, non mi interessa del tuo volere o meno, quindi il mio era solo un avviso. Ci vediamo all'arrivo."
Mi giro per dargli le spalle, ma la sua mano blocca bruscamente il mio braccio. Devo stare più attenta ai suoi attacchi a sorpresa, possono essere letali. Rivolgo così velocemente i suoi occhi verso di lui: "Cosa c'è ora?"
"Non puoi fare così con me, non ti è ancora chiaro?"
"Non mi interessa cosa posso o non posso fare con te, non ti è ancora chiaro?" ripeto il suo tono odioso, dimenandomi per cercare di scivolare via dalla sua presa. "E tu non devi più permetterti di toccarmi. Hai già alzato le mani su di me e non ho gradito, perciò evita. Se devi fare scena hai scelto la persona sbagliata."
"Mi..." finalmente la sua presa si allenta, fino a sparire del tutto. "...dispiace, okay? Non volevo farti tanto male."
"Ah no, certo." lo fisso con una smorfia. "Chi mai tirerebbe una ginocchiata nello stomaco di una ragazza per fare tanto male? Pff! Ridicolo."
"Ho solo perso il controllo." sta cercando di difendersi, ma non si rende conto che non accetterò alcuna giustificazione al suo gesto.
Così scuoto la testa, abbassando il tono della voce sperando di essere più diretta: "Sono in una prigione in cui l'unica persona che dovrebbe cercare di non farmelo pesare alza le mani su di me e cerca ogni pretesto per sopraffarmi. Non ho mai vissuto all'interno di un edificio ed improvvisamente mi trovo in una scatola di vetro senza la mia famiglia, senza i miei amici, solo con uno sbruffone che non si preoccupa di niente e di nessuno, me per prima. Non ci sto ad assecondarti, Levi. Puoi dispiacerti quanto ti pare e piace, ma non accetterò più un tuo dito su di me."
"Forse credi che il mio lavoro sia facile, vero? Facile giudicare quando l'unica cosa che devi fare è stare ad ascoltare e fare ciò che ti viene detto di fare." il suo tono cambia improvvisamente, diventando acido. "Chi prende le decisioni, eh? Chi ha un esaurimento nervoso praticamente tutti i giorni perché ha diciotto anni e viene caricato come un uomo di quaranta? Chi ti ha fatto l'iniezione per farti stare meglio e rimetterti in forze? E chi sta cercando di scusarsi senza riuscirci per colpa del tuo orgoglio?"
Sembra veramente esasperato, ma se non avesse chiuso così forse avrei potuto restare zitta. Ma ha scelto un finale sbagliato, purtroppo per lui. Infatti non mi perdo d'animo e lo fisso negli occhi celesti: "Non è orgoglio, il mio. E' paura. Paura che la situazione possa peggiorare ancora, che succeda qualcosa a mia sorella, a mio nipote, che io vada fuori controllo e che tu possa farmi male di nuovo. Sto vivendo nel terrore per colpa tua e ora che ti chiedo un misero favore per alleggerire almeno un po' tutta la vicenda tu ti metti a fare storie."
"Non sto cercando di farti paura. Se tu ne hai non è un problema mio, stai solo travisando le mie azioni. E se tanto ci tieni ad andare con Ira vai pure, che sia! Tanto qui sembro solo il mostro cattivo. Divertitevi insieme."
"Non avrei saputo trovarti una definizione migliore." borbotto, non trovando però le forza di girare i tacchi ed andarmene.
Lui, in tutta risposta, sorride e si sistema un ciuffo dietro l'orecchio: "Cosa, mostro cattivo? E tu chi saresti, sentiamo."
"La vittima, mi sembra ovvio."
"A-ha." scuote l'indice davanti ai miei occhi, negando tutto. "Sei carnefice quanto me."
"Non dire cazzate."
"Senti." muove un passo in avanti, facendo per prendermi la spalla ma ritraendo immediatamente la mano. "Hai il mio consenso. Vattene da me."
Il mio istinto mi dice di ribattere, ma finirei solo per rischiare che cambi idea. Così non aggiungo altro, e anche se non piace rimanere zitta davanti a lui mi dirigo verso Hunter, Regan e Theodore, ora impegnati a parlare con Ira. Se ogni volta che tento di parlare con Levi deve finire così mi sa che non faremo molta strada insieme, io e lui.


Un'ora, sette minuti, nove secondi.
Questo viaggio sembra non finire mai e non credo di essere nemmeno ad un quarto del percorso. La radio continua a trasmettere notizie che non ascolto nemmeno, l'unica cosa che mi interessa sono le quattro canzoni in croce che passano di tanto in tanto. La guida di Ira è piuttosto lenta, ma nonostante questo Levi non ci ha mai sorpassati e continua a starci dietro, chiudendo la fila di macchine nere. Non mi sbatto tanto per cercare di andargli incontro, se lui non muove qualche passo verso di me allora io non ne muoverò verso di lui. In fondo non gli devo proprio un bel niente, no?
"Non ti stanchi a guardare lo specchietto retrovisore senza sbattere nemmeno le palpebre?" la voce di Ira mi risveglia dallo stato di trance. "Levi non scappa da lì."
"Cosa?" scuoto la testa, notando che effettivamente il mio sguardo era incantato sullo specchio. "Non dire cavolate, controllavo solo se lo specchio era messo bene."
Ira ridacchia, ingranando la quarta marcia: "E' difficile andare d'accordo con lui, vero?"
"Difficile?" ripeto, allibita. "E' impossibile. Lui mi odia per il mio DNA, e io odio lui perché è fondamentalmente uno stronzo. Non troveremo mai un punto d'incontro, mi chiedo sinceramente come tu faccia a farti ascoltare così da lui."
"Lo conosco da quando è nato. Nostro padre ha fatto di tutto fin da subito per farci diventare fatelli come se lo fossimo al cento per cento, e devo dire che ci è riuscito."
"Non sembra che andiate così d'accordo, però." ribatto, alludendo al tono duro che Ira ha mantenuto costantemente nei confronti di Levi.
In tutta risposta, il moro accanto a me scuote la testa: "E' proprio per il fatto contrario che diamo questa impressione. Il punto è che io rispetto lui e lui rispetta me, per questo non voglio che finisca per perdere la testa e diventare come quelli che siamo costretti a seguire per il lavoro che facciamo."
"Rispetto, eh?" rivolgo nuovamente lo sguardo allo specchietto, vedendo Levi che, con le forcine tra i capelli, guida con un gomito appoggiato al finestrino e solo la mano destra sul volante. "Non ne ha verso di me, né io verso di lui."
"Non credo sia così."
Mi giro velocemente verso Ira, alzando entrambe le sopracciglia: "Mi prendi in giro? Mi ha messo le mani addosso."
"Questo è perché non ha ancora capito come usufruire correttamente dell'autorità che ha in mano." alza le spalle, sospirando rassegnato. "Provo ogni santo giorno ad insegnargli qualcosa, ma lui non sembra imparare."
A questo punto, una domanda però mi sorge spontanea. In fondo Ira ha solo due anni in più di Levi, quanta esperienza in più può avere accumulato? Non sembra nemmeno un pezzo grosso all'interno della gerarchia di quella prigione come il fratellastro, che sebbene sia appunto più piccolo ha comunque controllo su molte più cose rispetto a lui. Così mi giro nuovamente verso di lui: "E perché sei convinto di potergli insegnare come si fa?"
Ira si volta giusto un attimo verso di me, gli occhi verdi risaltano fin troppo in mezzo a quel mare di lentiggini: "Non posso parlarne. C'è una promessa di mezzo."
Annuisco, lasciando cadere l'argomento.
So com'è avere un fratello, e so come i patti d'onore sono importanti. Perciò non aggiungo altro, solo alzo il volume della radio e punto nuovamente i miei occhi allo specchietto. Levi se ne sta lì, col gomito appoggiato al finestrino e lo sguardo dritto davanti a sé. Non ha l'espressione arrabbiata, né infastidita, ora come ora sembrerebbe un normale diciottenne in macchina per andare da qualche amico. Cosa si nasconda veramente dietro quel ragazzo io non riesco a capirlo, so solo che non è tutto ciò che dimostra di essere. Non che voglia fare la psicologa e cercare di conoscerlo, ciò di cui ho bisogno è solamente una persona che mi porti da Cherice. Di sicuro, non mi causerò più problemi di quanti già ne abbia.
"Tu, invece?" Ira assume un tono più spensierato. "Hai un buon rapporto con tua sorella?"
Sorrido spontaneamente, sospirando: "Più che buono. Si è presa cura di me fin da quando sono nata e ha fatto di tutto per farmi sentire a casa quando dove vivevamo non era altro che un quartiere disabitato. Non sono nemmeno riuscita a darle dell'incosciente quando mi ha detto di essere incinta."
"Ti credo." Ira sorride, ingranando finalmente la marcia permettendo alla macchina di accelerare. "Dev'essere una cosa meravigliosa."
Scuoto la testa, ritrovandomi a sbuffare come una bambina: "Non quando sei come noi."
Il moro prende un respiro, esitando però a rispondere: "Non è facile vivere così, vero?"
"Vivere sapendo di essere colpevole di qualcosa che non hai scelto? Uno schifo."
"Lo so." per un attimo i suoi occhi verdi si spalancano, tornando però immediatamente normali mentre scoppia a ridere senza motivo. "Nel senso, immagino. E' per questo che provo ad essere diverso da tutti gli altri, non voglio essere visto come il nemico."
"Ci riesci." riesco a sorridere anch'io, sprofondando nel sedile. "Davvero, sembra che solo tu capisca qualcosa qui in mezzo."
"Ci sono tante di quelle cose che non capisco, in realtà..." Ira alza le spalle, concludendo con una smorfia spensierata. "Immagino che questa spassosa gita didattica ci aiuterà a capire qualcosa in più, no?"
Annuisco, rassegnata: "Speriamo."

BACK AGAIN
Sì, Siena e Levi non vanno molto d'accordo. Si era notato?
Puahaha.
Comunque grazie a tutti per essere passati e spero che questo terzo capitolo vi sia piaciuto!

Ale xx
  
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