CHAPTER THREE
"Guilty"
Devo ammettere che questa stanza è
resa ancora più triste dall'assenza completa di finestre o di
semplicemente fonti di luce naturale. Niente di niente. So che è
mattina solo dall'orologio digitale appeso alla parete di vetro, ma
senza quello non saprei dire nemmeno a naso che ora sia. Sono sempre
stata abituata a godermi il cielo all'alba e al tramonto, ora non
posso più nemmeno mettere il naso fuori di qui e respirare ossigeno
per non impazzire. Non ho avuto notizie per tutta la notte, so solo
che tra poco Levi dovrebbe arrivare a prendermi per partire alla
ricerca di Cherice, non posso più aspettare per vedere Theo, Hunter
e Regan, ho bisogno di loro se non voglio far cazzate che possano
danneggiare me stessa all'interno di questo inferno.
"Buongiorno!"
La porta della stanza di fronte alla mia si apre di scatto
scivolando nella parete, mentre un certo damerino entra agitando la
mano. Guardandolo sembra che abbia fatto a pugni col cuscino
stanotte: non ha la tuta nera addosso, ha solo un normalissimo paio
di jeans e una maglietta a maniche corte verde - che tra l'altro
definirei 'verde vomito' ma che lo fa sembrare più normale di quanto
non sia, i capelli ancora più in disordine se è possibile e
un'andatura da sbandato.
"Alla buonora!" sbotto di
conseguenza, alzandomi finalmente dal letto. "Sono già le otto
e mezza, sei in ritardo."
"Ho avuto un contrattempo."
Levi apre la porta di vetro che ci separa inserendo il codice che
spero al più presto di vedere, facendomi cenno di uscire. Aspetta,
ma è fuori? La porta per uscire di qui è aperta, ci metterei un
attimo a scappare da lui. Esco dalla mia cella di vetro con cautela,
tenendolo osservato come lui tiene osservata me. Forse una mia mossa
azzardata se la sta proprio aspettando.
"Che genere di
contrattempo?" gli chiedo, sconfitta, abbandonando il mio ideale
di fuga. So che non conosco ancora tutto di lui, quindi prima di
tentare l'impossibile immagino di dover avere il quadro generale di
mister Levi Callaway. Non che mi interessi veramente sapere della sua
vita, ma voglio solo sapere cosa lo ha portato ad aumentare la mia
irritazione nei suoi confronti.
Lui, con nonchalance come al
solito, si toglie la maglietta con un colpo secco e mi guarda subito
dopo, sfoderando un sorrisetto saccente. Cos'è questo? Si spoglia
facendo il sex symbol e si aspetta forse che io spalanchi la bocca?
Gesù, che si alleni per il lavoro che fa si vede, okay, ma non c'è
possibilità che i miei occhi diventino due cazzo di cuori per lui.
"Anthony ha dato forfait, purtroppo è occupato in un altro
prelevamento e non può partire con noi." il signor sex symbol
davanti a me grazie a Dio si mette una maglietta addosso - credo una
maglia termica, procedendo poi a sfilare i pantaloni. Eh no, qui
stiamo esagerando.
"Ma non puoi andarti a cambiare in
bagno?!" sbotto, girandomi subito di spalle per non cadere in
tentazione e abbassare lo sguardo.
Come sempre lui sdrammatizza
tutto con una risata, mentre il suono della cintura mi dà non poco
fastidio: "Non hai mai visto un ragazzo in boxer?"
"Ti
dirò," trovo la forza di girarmi e di continuare a guardarlo
solo negli occhi, facendo una smorfia. "Guardo chi voglio
vedere, no?"
In tutta risposta, Levi ridacchia e scuote la
testa, infilando poi i pantaloni della tuta nera. Ora però mi sta
venendo un dubbio.
Mi rivolgo nuovamente a lui, non cercando
nemmeno mezzi termini per la mia domanda: "Levi è un nome
ebraico. Sei circonciso per caso?"
Il Topo di fogna scoppia a
ridere come mai gli ho sentito fare, tenendosi addirittura la pancia
dalle risate. Direi che ora sembra vagamente uno psicopatico.
Insomma, la mia domanda è lecita, è solo pura curiosità. Non gli
ho mica chiesto di mostrarmi qualcosa, no? La sua risata, comunque,
devo dire che un po' mi fa rivalutare la mia convinzione dell'assenza
di un suo lato da diciottenne. In effetti, la sua espressione allegra
ricorda tanto quella di un semplice ragazzo che, insieme ai suoi
amici, ride anche alle quattro di mattina dopo aver passato la notte
in riva al mare con una bottiglia di vino e un pacchetto di
sigarette. Quest'immagine di Levi mi piace molto di più di ciò che
ho veramente davanti, e la visione dura quel poco che basta per farmi
tornare con i piedi per terra e pensare che, in effetti, ho solo un
mostro di fronte.
"Ma che stai dicendo?" si rivolge a
me quasi con gli occhi lucidi, mentre io semplicemente lo guardo
confusa.
"Ho solo fatto un'ipotesi."
"Cristo,
fanne a meno." borbotta allegramente, scuotendo la testa
cercando difficilmente di ricomporsi. "Il fatto che mio padre
fosse ebreo ha influito sulla scelta del mio nome e di quello del mio
fratellastro, sebbene le madri fossero diverse lui ha avuto la meglio
in entrambi i casi e ha scelto i nomi. Ma, per rispondere alla tua
domanda, sappi che non credo nemmeno in una religione, perciò...no,
nessuno ha messo le mani sul mio amichetto."
Trattengo una
risatina solo per non dargli la soddisfazione di avermi fatto ridere,
rivolgendomi però a lui subito con un'altra osservazione: "Quindi
hai un fratello anche tu. Maggiore o minore?"
Lui annuisce,
finendo di vestirsi infilando la felpa: "Maggiore, ha due anni
in più di me. Verrà lui al posto di Anthony, ecco perché ero in
ritardo."
"Se hai un fratello allora dovresti capire
come io mi stia sentendo. Questo ti rende ancora più uno schifo ai
miei occhi."
"Addirittura?" mi squadra dall'alto al
basso con una smorfia. "La cosa non mi tocca."
Quanto
vorrei dimostrargli come invece uno schiaffo potrebbe toccarlo per
bene. Oh, guarda, avevi per caso detto che non ti toccava?
"Vado
a finire alcune questioni burocratiche." riprende, passandosi
una mano tra i capelli. "Il mio fratellastro sarà qui a momenti
e ti porterà lui, va bene?"
Alzo le spalle, ritornando nella
mia comodissima cella di vetro: "Anche se non andasse bene
sarebbe così comunque, quindi va bene."
"Vedo che stai
iniziando a farti addomesticare, complimenti."
"Addomesticare?!"
prima che possa chiudere la porta di vetro tiro addosso ad essa il
calcio più forte che posso, spalancandola nuovamente e facendo
indietreggiare il Topo di Fogna davanti a me. Ha proprio sbagliato
persona a cui rivolgere quel verbo. "Ti sei bevuto il cervello
per caso?" grido, avanzando di gran carriera verso di lui. "Vedi
di abbassare i toni, piccolo viscido verme inutile!"
"Sei
tu che dovresti abbassare i toni, Fuggitiva." risponde in tutta
calma, sorridendo come se avesse la situazione perfettamente sotto
controllo. "Chi è qui l'autorità?"
"Mi pareva di
essere stata chiara ieri, Topo di fogna. Non ti porto rispetto né ti
considero un'autorità, e come tale non ti permettere più di
parlarmi come se fossi un maledetto cane! L'unico da addomesticare
qui sei tu, che giochi con le vite umane così quando ti pare e come
ti gira, prima offendi e poi prendi a schiaffi per le reazioni che tu
stesso hai causato. Prova solo una volta in più a rivolgerti a me in
questo modo e giuro su Dio che, dovessi morire, ma te la faccio
pagare."
"Stai facendo lo stesso gioco che faccio io
senza lo stesso risultato, non te ne rendi conto?" Levi si
avvicina al mio viso, permettendosi di ridacchiare e di appoggiare la
sua mano sulla mia spalla. "Cerchi tanto di intimidirmi, ma se
ti guardassi un po' capiresti che sei solo una ragazzina da
diciassette anni rinchiusa in un istituto dove l'unica libertà che è
concessa è scegliere se respirare col naso o con la bocca. Sei una
marionetta nelle mie mani, quello che dico io per te e per chiunque
altro si trovi sotto di me è legge, e prima ti metti in testa questo
concetto, prima la nostra convivenza sarà sopportabile per
entrambi."
Okay, ha superato ogni limite concesso. Legge? Non
lo considero nemmeno degno di umanità, figuriamoci se mi metto pure
a prendere le sue parole come se fossero dettate dalla Bibbia. Un
cretino del genere non merita nemmeno di respirare la mia stessa
aria, e ora che si mette a sparare cazzate pure sulle mie libertà
direi che ha toccato il fondo e che sta per essere annegato. Anche se
so che non avrò il successo sperato, mi avvento su di lui con la
mano destra serrata a pugno, colpo che lui riesce facilmente a parare
e, anzi, a contraccambiare. Non usa la mia stessa modalità, con
molta più facilità lui spinge la mia schiena verso il basso con il
braccio sinistro e, nella traiettoria della mia caduta, alza di
fretta il ginocchio e mi colpisce dritta nello stomaco. Ammetto che
non è uno dei colpi più leggeri che io abbia mai ricevuto, anzi,
forse sta proprio al primo posto della classifica opposta. Non dico
che io mi senta male o che stia per perdere conoscenza, sento solo un
gran dolore allo stomaco che mi fa accasciare al suolo senza più la
forza di restituirgli almeno un colpo. Così non va bene, ora siamo
due a zero per lui, le cose non possono andare avanti in questo modo.
"Levi!" una voce che non conosco fa irruzione nella
stanza, dove il rumore dei passi sembra raggiungermi velocemente.
"Che cazzo le hai combinato? Idiota!"
Non ci credo, fate
santo chiunque ora stia cercando di mettermi seduta. Okay, forse
troppo veloce però.
"Ahi..." borbotto, portandomi una
mano allo stomaco senza nemmeno riuscire a vedere chiunque mi stia
aiutando. "Per favore, non alzarmi."
"Oh, scusami."
Vengo adagiata nuovamente a terra, sentendo forse la voglia di
vomitare. Non avevo mai incassato un colpo così doloroso, non
immaginavo che queste fossero le conseguenze.
Levi si accovaccia
di fronte a me, guardandomi con una smorfia dell'accidenti dipinta in
quel viso che prenderei a pugni: "Dici anche 'per favore',
adesso?"
"Dacci un taglio, Levi." di nuovo la voce
si fa valere, inginocchiandosi accanto alla causa di tutta questa
situazione.
Si tratta semplicemente di un ragazzo dagli occhi
verdi, i capelli marroni tenuti su in un codino un po' stupido e il
viso pieno di lentiggini. Non credo di averlo ancora visto
all'interno di questo istituto, ma la sua espressione mi piace
sicuramente di più rispetto a quella del Topo di fogna.
"Stai
bene?" mi chiede, appoggiando la mano sulla mia spalla. "Ci
vedi doppio?"
"No, ti vedo bene." mormoro,
accennando ad una risata. "Grazie."
"Figurati.
Spero che questo idiota non ti abbia fatto troppo male." dicendo
ciò, il mio nuovo amico si gira verso Levi per guardarlo veramente
male. "Come al solito, insomma."
"E smettila!"
il damerino dà un leggero schiaffo sul braccio dello sconosciuto,
alzandosi poi in piedi. Non sarà mica che...?
"Sono Ira."
mister-lentiggini mi sorride amichevolmente, stringendomi la mano di
conseguenza. "Sono il fratello di Levi."
Questa sì che
è bella. Da un lato abbiamo il lunatico, violento, sex symbol,
diciottenne Levi Callaway, mentre dall'altro abbiamo il simpatico,
lentigginoso, premuroso, ventenne Ira Callaway. A questo punto credo
che in comune questi due abbiano solo alcuni tratti della fisionomia,
ma del resto è palese che non siano fratelli al cento per cento.
Beh, sono comunque contenta che uno su due Callaway sia almeno
accettabile nel mio spazio vitale.
"Ma non dirmi."
ridacchio, cercando poi di rimettermi in piedi. Ho ancora il mio
orgoglio, sia ben chiaro. "Sei quello che sostituisce Anthony,
vero?"
Ira annuisce, guardandomi sollevato: "Esatto.
Stai meglio?"
Vorrei rispondergli con un'offesa indirizzata a
Levi, ma considerando che sto parlando al suo fratellastro sono
costretta a mordermi la lingua e a rispondere solamente con un
sorrisetto: "Certo, grazie."
"Per fortuna. Vuoi che
ti porti qualcosa da bere?"
Ma veramente, fate santo questo
ragazzo! Da dove spunta fuori un bipede così gentile in un ambiente
del genere?
"Ti ringrazio davvero tanto, ma mi riprendo da
sola. Devo solo respirare un po'."
Ira sorride, sfoderando
un'espressione probabilmente simile a quella di Levi se ogni tanto
sorridesse sul serio, facendo apparire due leggere fossette ai lati
delle guance: "Avvisa se hai bisogno, okay? Adesso vado a finire
alcune carte da firmare per partire con voi, poi si va."
Annuisco,
agitando la mano per salutarlo. Lui ricambia, ma non si dirige poi
alla porta, bensì verso Levi che, seduto sul divano, lo tiene
attentamente osservato.
"Tu," la voce di Ira cambia
repentinamente mentre parla al Topo di fogna, assumendo un tono
minaccioso che ringrazio il cielo non sia stato rivolto a me. "Ti
ho detto un milione di volte di darti una calmata. Sei solo un
moccioso con troppo potere in mano, perciò o ti decidi ad usarlo
responsabilmente o prima o poi intervengo io. Sai bene che non ti
conviene, no?"
Seguo la discussione senza però tenere
fissati i due per non sembrare indiscreta, ma sento chiaramente la
lingua di Levi fare uno schiocco prima di rispondere: "L'ho
detto io agli altri che era meglio chiamare qualcun altro, accidenti.
Pensa per te."
"Sta' attento, ragazzino." sbotta
nuovamente Ira. "Non è il caso di giocare. Lascia in pace
quella ragazza e qualsiasi altra povera anima affidata a te,
chiaro?"
Attendo la risposta di Levi, ma sorprendentemente
questa non arriva. Sento i passi del maggiore lasciare la stanza,
lasciandomi praticamente a bocca aperta: ha per caso zittito Levi?
Non credevo ci fossero persone in grado di riuscire in questa
impresa, specialmente poi con una maestria ammirabile. Dovrò
assolutamente chiedergli come fa.
Per tutto il percorso di
questo accidenti di corridoio infinito io e Levi non ci rivolgiamo
una sola parola, e quando finalmente la porta scorrevole di fronte a
noi si apre la mia giornata sembra improvvisamente migliorare. Regan,
Hunter e Theodore stanno dritti davanti a me, e né io né loro
esitiamo per correrci incontro e abbracciarci. Finalmente un senso
familiare. Non mi va di farmi vedere da Levi e dagli altri nella
condizione di nostalgia, ma ora come ora non ne riesco a fare a meno.
Sono stata distante più del dovuto dalla mia famiglia, ho in un
certo senso bisogno di sentirli vicini come mai ne ho sentito prima.
"Dimmi che stai bene, ti prego." Hunter afferra il mio
viso tra le sue mani, guardandomi dritta negli occhi come il suo
solito. "Almeno tu."
"Sto." rispondo, senza
precisare 'male' per la ginocchiata che ho appena ricevuto dritta
nello stomaco e tutto il resto. "Voi? Come state?"
"Come
se fossi qui dentro da una vita." Theodore si fa avanti,
sorridendomi quando mi arriva di fronte. "Regan ha quasi
picchiato Kalidas, stamattina."
Sto per rispondere notando il
sorrisetto soddisfatto di Regan, ma prima che le parole possano
uscirmi di bocca una mano si appoggia sulla mia spalla, e il mio
disgusto cresce non appena constato che è proprio quella di
Kalidas.
"Quasi picchiato." precisa lui, sorridendo a
tutti noi come se fosse un rappresentante di un prodotto alla fiera
di paese. Che immagine inquietante. "Ma ci siamo calmati subito,
no?"
La rossa lo guarda dapprima male, ma alla fine cede ad
una smorfia sollevata: "Ci siamo calmati."
Oh beh, sono
contenta che almeno loro si calmino subito a differenza di qualcuno
di cui non faccio nome. Insomma, non è normale che Levi sia...beh,
Levi. Avanti, sa solo provocare e approfittare delle reazioni altrui
per confermare a se stesso di essere meglio di qualsiasi altro essere
sulla Terra. Voglio proprio vedere quanto spiccato sia il suo grande
spirito di squadra, da uno come lui mi aspetto di tutto fuorché che
sappia collaborare con altre persone - che, tra l'altro, considera
suoi piccoli sudditi. Siamo nella Versailles di re Levi, inchiniamoci
al suo cospetto!
"Che carini." me ne esco, alla fine,
girandomi ad osservare per un istante Levi che, tranquillamente,
chiacchiera con Celia e Marlene. Che schifo di persona che è.
"Sostanzialmente ognuno di noi ha un supervisore personale."
Hunter fa un breve cenno con la testa verso Celia. "Io ho quella
lì, Theo ha Marlene e Regan ha Kalidas. Poi c'è il fatello di Levi,
ma lui fa solo da spalla credo. Non l'abbiamo ancora visto."
"Non
l'avete conosciuto?" gli chiedo, illuminandomi improvvisamente.
"Io credo di essermi innamorata."
Le facce che si
vengono a creare sui volti di Hunter, Theodore e Regan sono
semplicemente irripetibili: sono un misto tra lo schifato e il
divertito, mentre tutti e tre scoppiano automaticamente dalle risate.
E io che speravo che per una volta mi prendessero sul serio per
fargli uno scherzo.
"Tu, innamorata!" sbotta Regan,
forse a voce un po' troppo alta, ma comunque cercando di trattenersi.
Devo ammettere che vederli così allegri dopo averli visti a terra è
un grandissimo sollievo. "Ma quando mai!"
"Scusa se
non sono mia sorella!" ribatto, alzando le mani all'aria. "Oh,
a tal proposito. L'hai mai sentita, Theo?"
Il moro scuote la
testa, sbuffando: "Mmh, con queste tute è impossibile."
Ora,
non intendo dire 'sentita' come per telefono o altro, so che è
impossibile. Il fatto è che, avendo Theodore la capacità della
proiezione astrale, potrebbe capitare che durante il sonno lui riesca
in qualche modo a trovare Cherice e a trovare anche la sua posizione.
Sembra roba molto voodoo, devo ammetterlo, ma fa il suo certo
effetto.
"Cazzo." mi esibisco in uno sbuffo che farebbe
concorrenza a quello di un bambino in cerca del suo pupazzo
preferito, ma non riesco nemmeno a respirare completamente che, per
la seconda volta nel giro di troppo poco tempo, un'altra mano si
appoggia sulla mia spalla. Mi hanno forse scambiata per un poggiolo?
"Ehi, si può sapere-" mi giro di scatto, trovandomi il
viso di Levi incredibilmente vicino. "Oh."
"Oh?"
quest'ultimo mi fissa col suo solito sorrisetto che ambisco a
staccare a morsi. "Ira ci raggiunge fuori. Vogliamo andare,
madame?"
Ha-ha, veramente esilarante. Se pensa di
essere anche lontanamente simpatico è meglio che sappia che è
veramente sulla cattiva strada. Per non dire pessima.
Anche in
presenza di Hunter - che è morbosamente protettivo verso di me a
causa del divario, anche se non troppo grande, d'età - non mi
risparmio l'occhiataccia dritta al ragazzo che ho a pochi centimetri
dai miei occhi e il mio sorriso soddisfatto: "Dopo quello che mi
hai fatto prima, tu non devi più sognarti di toccarmi.
Chiaro?"
"Posso ricordarti che sei stata tu ad
iniziare?" ribatte lui col suo solito tono, e da qui capisco che
se non mi fermo prima litigheremo di nuovo.
"Stai dicendo che
avrei dovuto ringraziarti dopo che mi hai praticamente dato del
cane?"
"Non era il caso di scaldarsi, sto dicendo
questo." Levi si decide finalmente a staccare la sua manaccia da
me. "E poi, dai, eri in piedi due minuti dopo."
Okay,
inspira ed espira...se perdo di nuovo la calma sarà guerra a vita,
me lo sento.
Così, ignorando di nuovo tutto ciò che mi circonda
e prestando attenzione solo al mio bersaglio, assottiglio gli occhi e
lo guardo sempre peggio: "Questo è perché c'era tuo fratello
che mi ha aiutata. Se prendessi esempio da lui non sarebbe male, lo
sai? Un po' di umanità ti farebbe bene."
"Non dirmi
cosa devo fare con Ira, Fuggitiva. Mio fratello non rientra nel tuo
business, quindi smetti di scodinzolare per lui."
Di nuovo?
Volete dirmi che davvero non ha capito che certe parole con me non
devono essere usate nemmeno per scherzare?
E' un uomo morto - se
di uomo possiamo parlare.
"Vedi di non presentarti più
davanti ai miei occhi, Topo di fogna." borbotto, fissandolo
dritto in quegli accidenti di occhi cristallini che si ritrova. "Se
non capisci nemmeno le condizioni per non farmi saltare i nervi ogni
volta che apri quella cazzo di bocca io non ti porterò mai nemmeno
un briciolo del tanto rispetto che secondo te dovrei avere nei tuoi
confronti. E, anzi, ti dirò di più: non mi farò mai
'addomesticare' né da te né dai tre idioti che ti porti appresso e
continuerò a 'scodinzolare' per Ira solo per il gusto di farti
patire quanta più sofferenza io possa infliggerti dato che sembra
essere l'unico metodo per coesistere con un tale cretino come
te."
Non aspetto nemmeno la sua risposta e, dopo aver
fronteggiato le espressioni sconvolte di Hunter, Regan e Theodore
semplicemente vado dritta verso la porta che segna l'uscita
aspettando di trovare Cherice al più presto possibile. Levi vuole la
guerra? Se si diverte a far diventare matte le persone, beh, sappia
che ha proprio preso male la mira questa volta. Non sarà una
passeggiata avere a che fare con me e gli farò pentire fino alla
morte di quel singolo istante in cui chiese per essere il mio
supervisore, questa è una promessa.
Tutte le mie speranze sul
potermi finalmente sgranchire le gambe all'aria aperta sono andate a
farsi fottere nel momento in cui ho visto, appena fuori da questa
prigione, cinque macchine nere di ultima generazione: design
impeccabile, carrozzeria appena lucidata, pneumatici da fuoristrada e
interni in pelle. Questa si chiama classe.
Appena gli altri mi
raggiungono Regan alza immediatamente la mano, sgranando gli occhi:
"Soffro di mal d'auto!"
"Non ci sei mai andata."
ribatte Theodore, divertito, scuotendo la testa. "Non ci avevo
mai pensato, ma in effetti nessuno di noi è mai salito in una
macchina."
Hunter si fa avanti: "Io sì."
Tutti
noi ci giriamo a guardarlo, stranito, ma lui semplicemente alza le
spalle e sorride ironicamente: "Prima di conoscervi avevo una
famiglia anch'io, sapete? Quando avevo due o tre anni andavo in
macchina con i miei."
"E te lo ricordi ancora?"
Regan lo guarda confusa, come giustamente anche io e Theodore
facciamo.
"E' strano, ma sì. Da quando sono arrivato qui i
miei ricordi si fanno sempre più vividi, portandomi indietro di
troppi anni per essere normale." Hunter sospira, passandosi una
mano tra i capelli scuri. "Cristo, sono un ragazzo-padre che
ricorda di quando aveva un anno...se facessi un'audizione ad un circo
mi prenderebbero di sicuro."
Trattengo appena le risate per
la battuta di Hunter, ma pensandoci bene è davvero bizzarro. Com'è
possibile che improvvisamente qualcuno possa avere dei ricordi di
quando ancora non poteva parlare o camminare?
"Forse è
qualcosa che ci hanno dato." Regan prova a fare un'ipotesi,
portandosi l'indice sul mento. "Insomma, non si farebbero
scrupoli a somministrarci strani farmaci in qualsiasi forma
possibile. Magari abbiamo mangiato qualcosa senza sapere che dentro
c'era qualche veleno, che ne sappiamo noi?"
Theo annuisce:
"Non fa una piega. E' probabile."
Vado per aggiungere
qualcosa al discorso, ma un battito di mani e la fastidiosa voce di
Levi mi interrompono: "E' ora di salire in macchina, la squadra
è al completo. Ognuno col proprio supervisore!"
Mi giro di
scatto, se la squadra è al completo allora anche Ira è arrivato.
Infatti, poco distante da una delle cinque macchine, il moro se ne
sta dritto in piedi a guardare passivamente il suo fratellastro,
senza alcun genere di espressione. Solo quando si accorge del mio
sguardo sorride verso di me, infilando le mani in tasca e
raggiungendomi. Hunter, Theo e Regan mi guardano straniti per il
sorriso che ho appena fatto al loro sconosciuto, ma rimando le
spiegazioni a dopo e mi avvicino ad Ira senza prestare più
attenzione a Levi. Non che prima lo stessi facendo, sia chiaro.
"Sono
felice di vederti." appena la nostra distanza si limita a
qualche decimetro, Ira tira un sospiro di sollievo. "Con quel
cretino di Levi non si sa mai cosa possa succedere."
"Non
abbiamo più parlato, né interagito. Solo uno scambio di insulti e
stop."
"Mi dispiace che ti sia capitato lui." Ira
sbuffa, portandosi una mano dietro al collo. "E tutto il resto
della squadra. Non è una compagnia che amo, anche se questo non è
di certo il posto adatto per parlarne."
Improvvisamente mi
spunta una lampadina luminosa sopra la testa, e così sgranando gli
occhi per la splendida idea congiungo le mani in preghiera: "Posso
venire in macchina con te? Non voglio stare con Levi. Ti prego, non
dirmi di no."
E' assurdo che io stia pregando uno di loro per
poter stare in sua compagnia, ma è ancora più assurdo il sorriso
che spunta sul suo viso: "Non c'è problema. Però faresti
meglio a dirglielo, se glielo dico io poi fa storie perché dice che
metto sempre le mani nei suoi affari. Spero di non sembrarti un
codardo."
"Ho visto come gli hai parlato prima, non
potrei pensare che tu sia quel genere di persona." gli sorrido,
dirigendomi poi verso Levi per la prima volta di mia spontanea
volontà. Non ne ho tutta questa gran voglia, so di per certo che
finiremo di nuovo per insultarci in un modo o nell'altro, quindi
parto già rassegnata. "Ehi, Topo di fogna."
Occhi-azzuri
si gira verso di me, alzando entrambe le sopracciglia. Aspetta, ma
quando...?
"Che c'è?"
"Perché hai tre forcine
tra i capelli?"
Lui fa una strana smorfia: "Lo faccio
per guidare senza che i ciuffi cadano sugli occhi. Sei venuta qui
solo per questo?"
Scuoto la testa: "Andrò in macchina
con Ira."
"Non se ne parla." se ne esce con un
sorrisetto, mentre scuote animatamente la testa. "Non sei stata
assegnata a lui."
"Nemmeno a te, se è per questo."
ribatto, cercando però di mantenere i nervi saldi. "Sei stato
tu a chiedere di poter essere il mio supervisore...per quale motivo
poi non lo so, dato che il tuo unico scopo sia impedire la mia sanità
mentale. Detto questo, non mi interessa del tuo volere o meno, quindi
il mio era solo un avviso. Ci vediamo all'arrivo."
Mi giro
per dargli le spalle, ma la sua mano blocca bruscamente il mio
braccio. Devo stare più attenta ai suoi attacchi a sorpresa, possono
essere letali. Rivolgo così velocemente i suoi occhi verso di lui:
"Cosa c'è ora?"
"Non puoi fare così con me, non
ti è ancora chiaro?"
"Non mi interessa cosa posso o non
posso fare con te, non ti è ancora chiaro?" ripeto il suo tono
odioso, dimenandomi per cercare di scivolare via dalla sua presa. "E
tu non devi più permetterti di toccarmi. Hai già alzato le mani su
di me e non ho gradito, perciò evita. Se devi fare scena hai scelto
la persona sbagliata."
"Mi..." finalmente la sua
presa si allenta, fino a sparire del tutto. "...dispiace, okay?
Non volevo farti tanto male."
"Ah no, certo." lo
fisso con una smorfia. "Chi mai tirerebbe una ginocchiata nello
stomaco di una ragazza per fare tanto male? Pff! Ridicolo."
"Ho
solo perso il controllo." sta cercando di difendersi, ma non si
rende conto che non accetterò alcuna giustificazione al suo gesto.
Così scuoto la testa, abbassando il tono della voce sperando di
essere più diretta: "Sono in una prigione in cui l'unica
persona che dovrebbe cercare di non farmelo pesare alza le mani su di
me e cerca ogni pretesto per sopraffarmi. Non ho mai vissuto
all'interno di un edificio ed improvvisamente mi trovo in una scatola
di vetro senza la mia famiglia, senza i miei amici, solo con uno
sbruffone che non si preoccupa di niente e di nessuno, me per prima.
Non ci sto ad assecondarti, Levi. Puoi dispiacerti quanto ti pare e
piace, ma non accetterò più un tuo dito su di me."
"Forse
credi che il mio lavoro sia facile, vero? Facile giudicare quando
l'unica cosa che devi fare è stare ad ascoltare e fare ciò che ti
viene detto di fare." il suo tono cambia improvvisamente,
diventando acido. "Chi prende le decisioni, eh? Chi ha un
esaurimento nervoso praticamente tutti i giorni perché ha diciotto
anni e viene caricato come un uomo di quaranta? Chi ti ha fatto
l'iniezione per farti stare meglio e rimetterti in forze? E chi sta
cercando di scusarsi senza riuscirci per colpa del tuo
orgoglio?"
Sembra veramente esasperato, ma se non avesse
chiuso così forse avrei potuto restare zitta. Ma ha scelto un finale
sbagliato, purtroppo per lui. Infatti non mi perdo d'animo e lo fisso
negli occhi celesti: "Non è orgoglio, il mio. E' paura. Paura
che la situazione possa peggiorare ancora, che succeda qualcosa a mia
sorella, a mio nipote, che io vada fuori controllo e che tu possa
farmi male di nuovo. Sto vivendo nel terrore per colpa tua e ora che
ti chiedo un misero favore per alleggerire almeno un po' tutta la
vicenda tu ti metti a fare storie."
"Non sto cercando di
farti paura. Se tu ne hai non è un problema mio, stai solo
travisando le mie azioni. E se tanto ci tieni ad andare con Ira vai
pure, che sia! Tanto qui sembro solo il mostro cattivo. Divertitevi
insieme."
"Non avrei saputo trovarti una definizione
migliore." borbotto, non trovando però le forza di girare i
tacchi ed andarmene.
Lui, in tutta risposta, sorride e si sistema
un ciuffo dietro l'orecchio: "Cosa, mostro cattivo? E tu chi
saresti, sentiamo."
"La vittima, mi sembra
ovvio."
"A-ha." scuote l'indice davanti ai miei
occhi, negando tutto. "Sei carnefice quanto me."
"Non
dire cazzate."
"Senti." muove un passo in avanti,
facendo per prendermi la spalla ma ritraendo immediatamente la mano.
"Hai il mio consenso. Vattene da me."
Il mio istinto mi
dice di ribattere, ma finirei solo per rischiare che cambi idea. Così
non aggiungo altro, e anche se non piace rimanere zitta davanti a lui
mi dirigo verso Hunter, Regan e Theodore, ora impegnati a parlare con
Ira. Se ogni volta che tento di parlare con Levi deve finire così mi
sa che non faremo molta strada insieme, io e lui.
Un'ora,
sette minuti, nove secondi.
Questo viaggio sembra non finire mai e
non credo di essere nemmeno ad un quarto del percorso. La radio
continua a trasmettere notizie che non ascolto nemmeno, l'unica cosa
che mi interessa sono le quattro canzoni in croce che passano di
tanto in tanto. La guida di Ira è piuttosto lenta, ma nonostante
questo Levi non ci ha mai sorpassati e continua a starci dietro,
chiudendo la fila di macchine nere. Non mi sbatto tanto per cercare
di andargli incontro, se lui non muove qualche passo verso di me
allora io non ne muoverò verso di lui. In fondo non gli devo proprio
un bel niente, no?
"Non ti stanchi a guardare lo specchietto
retrovisore senza sbattere nemmeno le palpebre?" la voce di Ira
mi risveglia dallo stato di trance. "Levi non scappa da
lì."
"Cosa?" scuoto la testa, notando che
effettivamente il mio sguardo era incantato sullo specchio. "Non
dire cavolate, controllavo solo se lo specchio era messo bene."
Ira
ridacchia, ingranando la quarta marcia: "E' difficile andare
d'accordo con lui, vero?"
"Difficile?" ripeto,
allibita. "E' impossibile. Lui mi odia per il mio DNA, e io odio
lui perché è fondamentalmente uno stronzo. Non troveremo mai un
punto d'incontro, mi chiedo sinceramente come tu faccia a farti
ascoltare così da lui."
"Lo conosco da quando è nato.
Nostro padre ha fatto di tutto fin da subito per farci diventare
fatelli come se lo fossimo al cento per cento, e devo dire che ci è
riuscito."
"Non sembra che andiate così d'accordo,
però." ribatto, alludendo al tono duro che Ira ha mantenuto
costantemente nei confronti di Levi.
In tutta risposta, il moro
accanto a me scuote la testa: "E' proprio per il fatto contrario
che diamo questa impressione. Il punto è che io rispetto lui e lui
rispetta me, per questo non voglio che finisca per perdere la testa e
diventare come quelli che siamo costretti a seguire per il lavoro che
facciamo."
"Rispetto, eh?" rivolgo nuovamente lo
sguardo allo specchietto, vedendo Levi che, con le forcine tra i
capelli, guida con un gomito appoggiato al finestrino e solo la mano
destra sul volante. "Non ne ha verso di me, né io verso di
lui."
"Non credo sia così."
Mi giro velocemente
verso Ira, alzando entrambe le sopracciglia: "Mi prendi in giro?
Mi ha messo le mani addosso."
"Questo è perché non ha
ancora capito come usufruire correttamente dell'autorità che ha in
mano." alza le spalle, sospirando rassegnato. "Provo ogni
santo giorno ad insegnargli qualcosa, ma lui non sembra imparare."
A
questo punto, una domanda però mi sorge spontanea. In fondo Ira ha
solo due anni in più di Levi, quanta esperienza in più può avere
accumulato? Non sembra nemmeno un pezzo grosso all'interno della
gerarchia di quella prigione come il fratellastro, che sebbene sia
appunto più piccolo ha comunque controllo su molte più cose
rispetto a lui. Così mi giro nuovamente verso di lui: "E perché
sei convinto di potergli insegnare come si fa?"
Ira si volta
giusto un attimo verso di me, gli occhi verdi risaltano fin troppo in
mezzo a quel mare di lentiggini: "Non posso parlarne. C'è una
promessa di mezzo."
Annuisco, lasciando cadere l'argomento.
So com'è avere un fratello, e so come i patti d'onore sono
importanti. Perciò non aggiungo altro, solo alzo il volume della
radio e punto nuovamente i miei occhi allo specchietto. Levi se ne
sta lì, col gomito appoggiato al finestrino e lo sguardo dritto
davanti a sé. Non ha l'espressione arrabbiata, né infastidita, ora
come ora sembrerebbe un normale diciottenne in macchina per andare da
qualche amico. Cosa si nasconda veramente dietro quel ragazzo io non
riesco a capirlo, so solo che non è tutto ciò che dimostra di
essere. Non che voglia fare la psicologa e cercare di conoscerlo, ciò
di cui ho bisogno è solamente una persona che mi porti da Cherice.
Di sicuro, non mi causerò più problemi di quanti già ne abbia.
"Tu, invece?" Ira assume un tono più spensierato. "Hai
un buon rapporto con tua sorella?"
Sorrido spontaneamente,
sospirando: "Più che buono. Si è presa cura di me fin da
quando sono nata e ha fatto di tutto per farmi sentire a casa quando
dove vivevamo non era altro che un quartiere disabitato. Non sono
nemmeno riuscita a darle dell'incosciente quando mi ha detto di
essere incinta."
"Ti credo." Ira sorride,
ingranando finalmente la marcia permettendo alla macchina di
accelerare. "Dev'essere una cosa meravigliosa."
Scuoto
la testa, ritrovandomi a sbuffare come una bambina: "Non quando
sei come noi."
Il moro prende un respiro, esitando però a
rispondere: "Non è facile vivere così, vero?"
"Vivere
sapendo di essere colpevole di qualcosa che non hai scelto? Uno
schifo."
"Lo so." per un attimo i suoi occhi verdi
si spalancano, tornando però immediatamente normali mentre scoppia a
ridere senza motivo. "Nel senso, immagino. E' per questo che
provo ad essere diverso da tutti gli altri, non voglio essere visto
come il nemico."
"Ci riesci." riesco a sorridere
anch'io, sprofondando nel sedile. "Davvero, sembra che solo tu
capisca qualcosa qui in mezzo."
"Ci sono tante di quelle
cose che non capisco, in realtà..." Ira alza le spalle,
concludendo con una smorfia spensierata. "Immagino che questa
spassosa gita didattica ci aiuterà a capire qualcosa in più,
no?"
Annuisco, rassegnata: "Speriamo."
Sì, Siena e Levi non vanno molto d'accordo. Si era notato?
Puahaha.
Comunque grazie a tutti per essere passati e spero che questo terzo capitolo vi sia piaciuto!
Ale xx