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Autore: M4RT1    24/11/2016    2 recensioni
Aveva trovato il covo degli Asticelli due giorni prima, al limitare della Foresta Proibita. Li aveva osservati e tornando al Dormitorio se ne era ritrovato uno in tasca. E siccome la sua tasca era chiusa con due bottoni e l'Asticello era comunque riuscito ad entrarci, l'aveva chiamato Pickett e se l'era tenuto in un cassetto, al caldo tra un paio di calzini puliti e un borsello vuoto.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Newt Scamandro, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto, Dai Fondatori alla I guerra
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Chapter 1


 

Le urla squarciavano il silenzio. Nascosto dalle tenebre, Newt era appena cosciente delle gocce di pioggia, della paura, del gelo. Tutto quello che sentiva era il suo cuore battere, e tutto quello che vedeva erano le ombre dell'uomo e di Johnatan. Il bambino gridava. Anche lui avrebbe voluto urlare, ma non trovava la voce. Non trovava le parole, né la forza, né il coraggio di frapporsi tra il suo migliore amico e quel signore e gridare di smetterla, che non avevano fatto nulla di male, che non c'era bisogno di usare più quel fulice e picchiarli. Che volevano solo osservare i cavalli da vicino.

Se ne stava lì e basta. Al buio, tra il fango e l'erba. E tutto quello che vedeva davvero erano gli occhi dell'uomo. Non che riuscisse a scorgerli del tutto: ne coglieva il bagliore, una scintilla folle, la rabbia. Prima che cominciassero la loro corsa folle, si era reso conto che erano castani, di un bel color cioccolato, e perfino gentili. In quel momento, però, gli parvero solo folli.

Era quasi l'alba quando le urla cessarono.

 




October 24. 1913

 

Anche quella sera, l'aceto partì prima che Newt riuscisse a tirar fuori la bacchetta. C'erano stati giorni, soprattutto quando era ancora ai primi anni e non comprendeva appieno i meccanismi di difesa che regolavano le botti, in cui aveva tentato di fuggire ed era finito con lo scivolare lungo il corridoio e – in casi estremi – col risvegliarsi in Infermieria. Quel giorno preferì evitare e si limitò a serrare le palpebre nella speranza che, almeno, gli occhi sarebbero stati salvati da quell'onda maleodorante che gli arrivava in contro. Fortunatamente riuscì nel suo intento.

Per qualche secondo si sentì annegare, come se si trovasse sotto una crudele doccia bollente che aveva il solo scopo di impregnarlo a vita. L'aceto sembrò avvolgerlo tutto, gli entrò nelle scarpe, gli infradiciò cravatta e calzini, i capelli gli si incollarono alla fronte. Poi tutto finì: l'onda si ritirò nelle botti e il silenzio piombò sul suo ennesimo errore di combinazione.

Quando riprese a vedere, il corriodio era vuoto, eccezion fatta per due Elfi Domestici dall'aria scontenta. Erano un maschio e una femmina.

— Gabry! Sally! — li salutò Newt, sforzandosi di non dare di stomaco per l'odore. Le due Creature rimasero immobili sulla soglia delle cucine.

— Il padroncino ha sporcato di nuovo il corridoio— esclamarono all'unisono, scuotendo le loro grosse teste. Newt abbozzò un sorriso.

— Non preoccupatevi, ora sistemo tutto — si scusò. L'Elfa di nome Sally assottigliò gli occhi in una smorfia che le fece scivolare sul grugno un cappellino sferruzzato a mano da chissà chi.

— Oh, no, il padroncino non deve! — esclamò. — Lui sa che noi Elfi siamo addetti alle pulizie!

Newt sospirò. — Lo so, Sally, ma sporco questo corridoio praticamente ogni giorno. Non è giusto che dobbiate pulire voi, e comunque io sono piuttosto bravo con questo incantesimo, ecco —.

Infilò una mano sotto la toga zuppa e si tastò il petto alla ricerca della bacchetta, che puntò sul pavimento di pietra. — Gratta e netta — ordinò. I due Elfi sembrarono meno entusiasti di non dover pulire che del contrario.

— Grazie, padroncino Newt — borbottò Gabry, le braccia scheletriche strette attorno a un grembiule bianco. — Noi apprezziamo molto questo gesto — aggiunse, inchinandosi.

La prima volta che l'aveva fatto, Newt ne era rimasto sorpreso. Aveva provato a convincerlo che non ce n'era bisogno, davvero, e che era stato un suo errore a sporcare tutto, ma sia Gabry che gli altri erano irremovibili su quel punto, così lasciava che si inchinassero ogni qualvolta ne avessero voglia. Piuttosto spesso, a dire il vero.

Attese con pazienza che si raddrizzassero e, intanto, strizzò la cravatta nel tentativo di ridurne la puzza. Un lavoro piuttosto inutile, considerando che i capelli gli gocciolavano aceto sul naso e perfino il più sottile respiro peggiorava la situazione.

— Mi piacerebbe entrare a salutare gli altri — disse all'indirizzo dei due. — Solo che, come potete vedere, sono un po' sporco. Non vorrei peggiorare le cose, quindi vado a cambiarmi d'abito. Buon lavoro — si congedò. Attese che un ulteriore inchino terminasse e si accomiatò.

A dire il vero, aveva appena ricominciato a toccare le botti, sforzandosi di riconoscere quelle giuste, quando una voce lo distrasse nuovamente. Si bloccò, attento a non colpire posti sbagliati, e si voltò lentamente: una ragazza dai capelli scuri gli veniva in contro.

— Leta! — esclamò.

— Newt! Ancora impegnato a non affogare nell'aceto? — lo salutò lei. — Ma dico, che tipo di combinazione segreta è? Se fossi un mago solo leggermente più capace riusciresti a bloccare le botti prima di inzupparti e puzzare come un cetriolino, oltretutto.

Scherzava spesso a quel modo. All'inizio Newt non era sicuro di quanto fosse ironica e quanto no, poi ci aveva fatto l'abitudine. Così abbozzò un sorriso.

— Ne ho sbagliata solo una — la informò. Lei ammiccò.

— Okay, ti credo. Merlino, puzzi in una maniera terribile! — si lamentò, allontanandosi. — Non avete le doccie, voi Tassorosso?

— Ci stavo giusto andando.

Sorrisero entrambi. Leta aveva i capelli legati in una treccia corvina dall'aria complessa, come se nessuno a parte lei sarebbe mai stato in grado di scioglierla, e profumava dell'odore del loro laboratorio segreto. Era un miscuglio di muffa, umido e ingredienti per pozioni, qualcosa che a nessuno a parte loro sarebbe andato a genio. A Newt, però, ricordava le loro nottate trascorse a studiare un modo per estrarre l'essenza di Purvincolo senza fare del male alla Creatura, gli spuntini chiesti gentilmente a Gabry, le dormite appoggiati l'uno alle spalle dell'altra.

— Newt? Sei ancora tra noi? Signor Scamander?

Leta gli stava agitando una mano davanti agli occhi quando si rese conto di star fissando un'armatura arrugginita da qualche minuto.

— Secondo te è colpa mia se è in quello stato? — chiese, fissando il rosso che lentamente ricopriva l'argento. — L'aceto protrebbe aver corroso-

— L'unica cosa che l'aceto sta corrodendo è il tuo cervello — lo fermò Leta. — Va' a fare una doccia, ci vediamo in Sala Grande tra venti minuti. Ho un'idea.

Si allontanò prima che Newt potesse spiegarle che ci sarebbero voluti ben più di venti minuti per ripulirsi dall'aceto.

 

  
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