UNA VISITA INDESIDERATA
Uscì dal locale
furibonda, i codini dalla rabbia le erano diventati elettrici. Non se
lo ricordava così insopportabile e in un istante tutti i bei
pensieri che aveva fatto su di lui, le sue lacrime cadute su quel
tavolo per quello sciocco di Ryan scomparvero. Come aveva potuto solo
pensare che gli era mancato. Cominciò a brontolare tra sé e sé, il
fumo che gli usciva da ogni dove, passi pesanti che la facevano
sembrare a Godzilla. Ci mancava poco e quei passi avrebbero lasciato
tracce evidenti del suo passaggio. Continuava a dire parole a caso,
neanche lei sapeva cosa stesse dicendo. L'unica cosa che le era
chiaro era l'oggetto di queste frasi prive di senso: Ryan Shirogane.
Senza accorgersene aveva addirittura superato la sua casa, tanto era
presa a inveire contro quel biondino da prendere a calci. Fece la
strada a ritroso, come fosse un gambero.
-sono tornata-
esclamò chiudendo la porta rumorosamente dietro di sé
-oh finalmente sei
tornata!- rispose la madre sporgendosi dal salotto tutta allegra
-perchè sei così
felice, mamma?
-c'è una sorpresa
per te!- esclamò allegra, abbracciando la figlia. La rabbia contro
Ryan era svanita tutto d'un tratto, come se un ciclone fosse passato
dentro di lei e non avesse più lasciato traccia del ragazzo.
Gioiosa, pensò che ad aspettarla in salotto ci fosse Lory, di
ritorno da Londra. O, anche meglio, Mark che le aveva fatto una
sorpresa. Ma certo, doveva essere per forza così. Lui le aveva dato
appuntamento, non si sarebbe presentato, l'avrebbe chiamata
inventandosi la scusa dell'emergenza e tutto questo per farsi trovare
a casa della ragazza, pronto per farle una sorpresa
-Strawberry sei un
genio!- si vantò da sola, con un sorriso sornione. Fece un balzo
leggiadro per raggiungere il salotto, gli occhi luminosi e le gote
rosse
-mio caro Mark,
che sorpresa!- disse stupita, adagiandosi sul pavimento. Ma cadde
subito. Un'espressione contratta le si disegnò sul volto nel vedere
quel viso. Si ritrovò in ginocchio con i lacrimoni agli occhi mentre
continuava ad osservare quella persona
-Ciao Bluberry!-
disse in modo snob la ragazza
La rossa si
pietrificò con la bocca spalancata
-mi chiamo
Strawberry!- urlò alzandosi in piedi e portandosi a pochi passi di
distanza dalla ragazza bionda
-fragola,
mirtillo, sempre un nome ridicolo hai!- continuò quell'antipatica
portandosi dietro a Strawberry la quale era immobile ancora a
guardare il luogo dove prima c'era la sua interlocutrice, gli occhi a
puntino e un'espressione ebete che le permeava il volto
-il mio non è un
nome ridicolo!- sbottò la rossa, agitandosi. Per poco non sputava
fuoco dalla bocca come fosse un drago
-bè nome
ridicolo, per una ragazza ridicola!
-questo è
troppo!!!!
-dai ragazze
smettetela-intervenne la madre della rossa -in fondo siete cugine
-me lo devi per
forza ricordare!?- domandò ironica Strawberry, guardando la madre
con un volto cupo che faceva invidia ad un fantasma
-sarebbe lei la
sorpresa?- continuò, indicandola goffamente e agitandosi tutta
-ma certo! È da
tanto che non vi vedete. E quello che ti farà più piacere è...
-non dirlo ti
prego- intervenne Strawberry
-...lei...
-no- e la ragazza
si faceva sempre più piccola, più disperata, più sudata
-...rimarrà qui
fino alla fine dell'anno. E molto probabilmente anche oltre
Strawberry non
poteva credere alle sue orecchie. Cominciò a sprofondare in una
voragine nera, le mani sulle guance, un urlo strozzato in gola. Era
la copia perfetta de “Il grido” di Munch. Rimase seduta in terra,
le gambe piegate, le mani appoggiate sul pavimento, la testa bassa
mentre, sconsolata, continuava a ripetersi che non era possibile. Era
da 6 anni circa che non vedeva sua cugina, quella snob, antipatica
dai capelli lunghi e biondi, gli occhi magnetici di un grigio
intenso. Non si erano mai digerite, i loro caratteri erano
incompatibili. Molto probabilmente sarebbe andata molto più
d'accordo con Mina. L'ultima volta che si erano viste era stato
quando la cugina era andata lì in Giappone per una vacanza con i
suoi genitori: sua madre era la sorella del padre di Strawberry e il
suo lavoro, quello di ricercatrice l'aveva costretta a lasciare la
sua madre terra per andare in America. Lì aveva conosciuto un uomo,
si erano innamorati e nel giro di qualche anno diedero alla luce sua
cugina, com'è che si chiamava? Ah si, Amy. Ogni anno tornavano in
Giappone in vacanza. L'ultima fu appunto sei anni prima. Maki, sua
zia, e suo padre avevano litigato come mai prima di allora. E la
donna aveva le sue ragioni.
-come mai l'onore
di questa visita, Amy?- domandò Strawberry, distolta momentaneamente
dai suoi pensieri
-parti dal
presupposto che mi chiamo Mya e non Amy- rispose acida, mentre la
rossa faceva un gesto con la mano per farla andare avanti a parlare
-e poi...- s'interruppe sgranando gli occhi -un semplice viaggio di
studio- continuò rapidamente, dileguandosi sulle scale
-hei dove vai tu!-
urlò Strawberry
-in camera mia
la rossa la seguì
avendo il sospetto che la camera di Mya fosse niente popò di meno
che...la SUA!! si mise le mani nei capelli al solo pensiero che
quella lì avrebbe invaso i suoi spazi. E per di più nel giro di
poche ore aveva ridotto la sua camera in modo che neanche lei
riusciva a riconoscerla
-ma io non credo
proprio te lo puoi scordare!- urlò Strawberry avvicinandosi
pericolosamente alla cugina, che la guardava con fare altezzoso,
senza una minima paura sul suo volto
-te lo puoi
scordare tu. Per adesso questa è camera mia, quindi smamma!
-non ti sopporto!
-il sentimento è
reciproco
così dicendo
chiuse la porta, lasciando Strawberry con l'indice alzato, pronta per
parlare e per far valere i suoi diritti, pietrificata ancora una
volta da quell'atteggiamento
-perchè tutti
devono prendersi gioco di me!?- urlò cominciando a scendere le scale
-Mina, Mya, Ryan!
Mya si appoggiò
alla porta, una mano sul cuore che aveva cominciato a palpitare. Si
lasciò scivolare fino a trovarsi seduta sul pavimento, un sorriso
lieve sulle labbra e le lacrime agli occhi.
la notte fu
costretta a passarla sul divano "il tempo di prendere un altro
lettuccio!"
aveva detto raggiante sua madre. Continuava a
rigirarsi su quell'aggeggio infernale che era di una scomodità
inaudita. Era quasi riuscita a prendere sonno quando...boom! Cadde a
terra prendendo una sonora testata sul pavimento.
-ahi!- piagnucolò
massaggiandosi la fronte. Un suono melodioso, però, la distolse
dalla caduta. Proveniva dal piano superiore. Lo raggiunse, aprì
leggermente la porta della sua stanza, vedendo Mya con i capelli
raccolti in una coda, non ancora vestita per la notte, che suonava il
violino davanti alla finestra. Una musica malinconica, dolorosa che
toccò nel profondo il cuore di Strawberry. Mya alzò l'archetto dal
violino, smettendo così di suonare. Rimase in quella posizione per
qualche secondo, poi fece scendere il braccio lungo il fianco e
sospirò, sospirò a lungo. Avrebbe dovuto rifarsi una vita, lì a
Tokyo, in una casa non sua, con una famiglia che non aveva mai
sopportato. Niente più baci di sua madre, niente più gelosie da
parte del padre, niente più naufragare nell'azzurro.
Strawberry tornò
sul quel regno della comodità ripensando a quelle note. Chiuse gli
occhi e immediatamente li riaprì. Sbiancò con la bocca spalancata.
L'orologio segnava già le otto meno dieci.
-SOOOOOONOOOO IN
RIIIITAAAAAAARDOOOOOOOO!!!- urlò alzandosi frettolosamente. Piombò
nella sua camera, vuota per fortuna, si mise la divisa, una
sciacquata veloce, i codini e poi di corsa fuori casa. Cominciò a
correre: non poteva arrivare in ritardo il primo giorno di scuola!
Aprì violentemente la porta con il fiatone e il sudore che le
imperlava la fronte. Alla cattedra non c'era nessuno. Fece il segno
di vittoria: l'aveva fatta in barba al professore. Cominciò a ridere
rumorosamente mentre andava a prendere posto
-buongiorno
signorina Momomiya- disse una voce autoritaria dietro di sé.
Strawberry girò la testa a scatti come se fosse un automa per
ritrovarsi il faccione occhialuto del professore vicino al suo
-pr-professore ma
che piacere rivederla!- ironizzò la ragazza alzando un braccio in
gesto di saluto
-cominciamo male
signorina!- continuò l'uomo portandosi vicino alla cattedra. La
rossa appoggiò la testa sul tavolo, pensando che l'anno non poteva
cominciare peggio di così. Ma i suoi pensieri furono subito
contraddetti: poteva eccome.
-vorrei
presentarvi la vostra nuova compagna di classe...- disse il
professore. La ragazza s'irrigidì. Non poteva essere
-lei è Mya Eliot-
continuò mentre la bionda entrò in classe -e viene dall'America
-ma allora mi
perseguiti!- sbottò Strawberry alzandosi in piedi e seguendo con lo
sguardo la cugina che si diresse nel banco dietro a quello della
rossa. Un chiacchiericcio si espanse per l'aula, tutti, soprattutto i
maschi, parlavano della nuova arrivata, di quanto fosse bella. Ma
quel vociferare si arrestò, tutto d'un tratto, a causa di un urlo
proveniente dal campo di calcio. La prima a vedere cosa stesse
succedendo fu Strawberry e vide che un mostro informe seminava il
panico tra gli studenti
-devo entrare in
azione- sussurrò. Mentre correva fuori dalla classe si accorse che
Mya era ancora seduta al suo posto, l'aria indifferente, mentre tutti
gli altri erano presi da quello che stava accadendo. Si nascose in un
bagno
-si ricomincia-
disse tirando fuori il ciondolo -Mewberry metamorfosi!
Dopo la
trasformazione si fiondò fuori, posizionandosi davanti a quel mostro
disgustoso che aveva tutta l'aria di essere stato fatto di fango.
-che cosa vuoi
tu!?- domandò con aria minacciosa -angeli protettori della terra
custodi, nou!
ebbe solo il tempo
di finire la frase, che il mostro cominciò ad attaccarla. La
battaglia si prospettò più difficile del previsto: era in grado di
aumentare e diminuire la sua massa, liquefarsi ed entrare nelle più
piccole fessure del terreno
-che osso duro!-
esclamò Mewberry saltando da una parte all'altra per evitare i
colpi. Ma quel mostro fu più scaltro di lei tanto che riuscì ad
inglobarla
“accidenti!”
pensò “possibile che sia già finita?” continuò mentre il fiato
le veniva meno
-fiocco...d'acqua!
-fiocco d'azione!
Questi due
attacchi combinati riuscirono a liberare la loro compagna. Le due
ragazze corsero verso Mewberry, inginocchiata a terra intenta a
riprendere fiato
-tocca a te-
dissero in coro
-fiocco del cuore-
disse richiamando la sua arma. Cominciò a fare la sua specie di
danza per sferrare il suo attacco
-fiocco di luce
massimo splendore
in un attimo quel
mostro scomparve, al posto suo una piccola luce che andò dritto al
cielo e una volta raggiunto l'apice esplose lasciando al suo posto un
lieve bagliore. Che cosa diavolo era?
-Lory sei
tornata!- esclamò Mewberry abbracciando l'amica. Ma lei non sapeva
che qualcuno sapeva il suo segreto.