CAPITOLO 36
‘’Tu non ci andrai.
‘’Mi meraviglio di te, Antonio, ad andarti a impelagare con
quella gente lì! Non ne hai avuto a sufficienza di tuo padre?! Guarda come si è
comportato nei nostri confronti, quell’infame. Non hai visto la sua prepotenza?
E tu ora vuoi correre tra le braccia di quelle persone che sono come lui, hanno
il suo stesso sangue… sul volto si mettono una maschera impeccabile, e poi ti accoltellano
da dietro!
‘’Ho sbagliato con te, non dovevo permetterti di gironzolare
così tanto ultimamente, senza controllare i tuoi spostamenti’’.
Mia madre, dopo che avevo deciso di vuotare il sacco sulla
mia casuale scoperta dei miei parenti paterni, era come se fosse diventata
pazza, e si stava sfogando con tutta sé stessa.
Io avevo atteso la sera di quel giorno nevoso per
parlargliene, quando Roberto era uscito in giardino a fumarsi una sigaretta e ci
aveva lasciato momentaneamente soli, prendendo la palla al balzo. La mamma mi
stava facendo la paternale, e anche se era rimasta ad ascoltare tutta la
vicenda riguardante me e i parenti, fin dagli albori e dal primo contatto,
avevo avuto come la netta impressione che non mi stesse affatto credendo.
Lei mi parlava con astio represso per anni, e con un’enfasi
tipica della rabbia, ma i suoi occhi mi fulminavano. Non credeva assolutamente
che io avessi avuto l’occasione di aver preso contatto con Melissa e i
familiari di mio padre in quel modo così innocente e casuale come le avevo
spiegato, ma in quegli istanti era follemente convinta che io fossi andato a
cercarli, quasi ad elemosinare la loro attenzione.
Il fatto che Melissa, tramite quel messaggio che mi aveva
mandato durante il pomeriggio, mi avesse invitato a festeggiare il Natale a
casa loro, mi aveva impedito di continuare a tenere nascoste le mie
frequentazioni e di raccontare tutto al mio unico genitore rimastomi, prima che
essa avesse potuto scoprirlo da sola.
La ragazza, la mia coetanea cugina, mi aveva detto di non
aver detto niente sulla mia reale identità con i suoi familiari, però le
avrebbe fatto tanto piacere avermi al loro tavolo durante il pranzo di Natale,
a cui ormai mancava solo una settimana scarsa, se non avessi avuto altri
impegni in famiglia.
Ma la verità era che, me ne stavo accorgendo solo in quel
momento, io di famiglie non ne avevo proprio.
Avevo passato ogni Santo Natale in estrema solitudine,
pranzando con mia madre, e nonostante lei si sforzasse tanto per prepararmi
buoni manicaretti e rivolgermi qualche attenzione in più, dopo la continua
assenza che la caratterizzava per tutto l’anno, restava un giorno buio e cupo,
nel quale dalle altre case potevo udire la felicità dei miei vicini, che
ridevano e passavano assieme quella festività riunendo le loro famiglie sotto
lo stesso tetto, e potevo percepire l’amore, o almeno l’apparenza di esso, che
si manifestava un po’ dappertutto.
Fintanto che c’erano stati anche i nonni, non c’era stato
malaccio, ma da quando io e mia madre eravamo rimasti soli al mondo, tutto era
diventato così deprimente da spingermi ad odiare il Natale. Mi chiedevo perché
io ero diverso dagli altri, mi domandavo perché nelle altre abitazioni tutti in
quel giorno si scambiavano auguri e attenzioni, mentre invece in casa mia
regnava una freddezza quasi da obitorio, una noia che durante quel giorno si
rendeva evidente talmente tanto da farmi sentire un marziano.
Col passare di qualche annetto, ho poi compreso che ciò
accadeva perché in fondo di me e di mia madre non importava davvero a nessuno.
Era come se fossimo solo persone in più, solo numeri e una sequenza di lettere,
e nient’altro.
Della nostra umana vita non se ne fregava nessuno.
In quegli attimi colmi di acuti ricordi mi venne da provare
un pizzico di rabbia profonda, non rivolta verso mia madre, bensì verso Melissa
stessa, e quelle oche delle sue cugine. Se a lei e alla sua famiglia fosse
importato qualcosa di noi, avrebbe potuto cercarci prima, oppure compiere un
qualsiasi passo avanti, e non aspettare che fosse il caso a spianare la strada.
Ero certo che pure a lei non fosse mai importato nulla di me
fino al nostro casuale incontro, e che non si fosse neppure mai chiesta se
fossi vivo o meno, pur essendo a conoscenza della mia esistenza.
Per una frazione di secondo fui in procinto di afferrare il
mio cellulare e di rispondere a quel gentile messaggio con un altro un po’ meno
gentile e più freddo e distaccato. Mi sembrava giusto farlo, come se così facendo
avessi potuto rivolgere una piccola ripicca a chi di me si era proprio
disinteressato da sempre.
Poi, però, rinsavii in fretta, riconoscendo che comunque
stavo ragionando da vero egoista. Melissa mi era sempre sembrata una ragazza
gentile e a posto con la testa, così come anche il nonno. Mi stavo quindi
facendo influenzare troppo dalle parole rancorose di mia madre, e dal ricordo che
avevo di mio padre.
La mamma era una donna ferita nell’orgoglio e nell’animo, e
come tale stava parlando, senza essere troppo razionale e trasportata solo
dalle sue emozioni travolgenti, e mio padre era semplicemente un uomo strano,
diverso, e non era di certo la fotocopia di suo padre o delle mie cugine. Io le
avevo conosciute, al contrario di mia madre, che stava parlando attaccandosi
solo ad alcune sue idee e a pregiudizi infondati, ed ero certo che non fossero
assolutamente così come voleva cercare di dipingermele lei.
Sospirando, quindi, riconobbi che quella volta la scelta
doveva essere tutta mia. Si trattava di una scelta importante per me, anche se
qualcuno estraneo alla vicenda avrebbe potuto crederlo solo marginalmente, ed
avrei dovuto decidere con la mia testa e seguendo il mio cuore, punto.
‘’Mamma, stai facendo un gran caos per niente. Ti giuro che
quelle ragazze le ho conosciute di persona, così come mio nonno, e non sono
come mio padre… riguardo all’invito, deciderò nei prossimi giorni se accettarlo
o no’’, dissi a mia madre, dopo aver riflettuto un po’ e cercando di mostrare
un briciolo di motivazione.
Ma Maria non aveva alcuna intenzione di credermi; era davvero
troppo agitata ed emozionata. Avevo come la vaga sensazione che non si sarebbe
mai attesa che quel momento potesse giungere tanto presto, e forse credeva che
non sarebbe giunto mai.
‘’Ti rendi conto di come stai parlando? Hai chiamato mio nonno una persona che non si è mai
importata di te! Un vecchio balordo che ha coperto il figlio a suo tempo, e che
non ti ha mai e poi mai cercato né voluto vedere!
‘’Ma tu accetta questo invito, sono io a questo punto a
spingerti ad accettare e ad andare là. Così, finalmente, potrai aprirti gli
occhi! Perché quelli non ti hanno invitato per nulla. Quando sarai lì, ne
approfitteranno del momento opportuno per svelare la tua identità, dato che mi
hai detto che solo una di loro sa, e per darti un calcio nel sedere e sbatterti
fuori. Resterai ferito, e quello che accadrà ti segnerà per tutta la vita, ma
almeno non potrai dirmi che sono stata io a privarti di un’opportunità così
importante per te. Accetta, dai’’, replicò mia madre, quasi sibilando.
‘’Mamma…’’, tentai di dire, troppo scosso dal comportamento
anomalo del mio genitore.
‘’Credevo di averti cresciuto nel miglior modo possibile, e
che il caso ti avesse preservato dal dolore di avere a che fare con certa
gente… ed invece, ecco la scoperta. Vai, vai da loro, dalla tua nuova e
ritrovata famiglia’’, sussurrò mia madre molto amaramente, per poi quasi
scoppiare a piangere.
Ad un tratto mi fu tutto più chiaro, e compresi un altro
motivo che la stava spingendo a comportarsi così; la paura di restare sola.
Lei aveva solo me, poteva contare solo su di me al mondo, non
aveva più nessun altro, e il timore che io potessi restare ferito da qualche
incontro oppure allontanarmi da lì la spaventava, lasciandola effettivamente e
totalmente immersa nella sua solitudine, in quel mondo fatto ormai solo di
fantasmi. Fantasmi di un amore adolescenziale che l’aveva portata a perdere i
suoi sogni, mandandoli in frantumi, fantasmi dei suoi genitori ormai defunti da
anni, eppure ancora in grado di rispecchiarsi nei miseri oggetti che erano
posizionati ovunque nella nostra dimora, e fantasmi di ricordi lontani e dalla
parvenza felici.
In quel momento compresi appieno mia madre e presi subito la
decisione definitiva, in modo rapidissimo.
La mamma mi aveva voluto bene, aveva accantonato i suoi sogni
per me, aveva risparmiato sui suoi beni necessari per sfamarmi, si spaccava da
quasi vent’anni la schiena per otto ore al giorno solo per me, e il tutto senza
sosta. Giustamente, non mi aveva mai chiesto nulla in cambio dei suoi immensi
sacrifici, ma capivo che quello era il momento mio di fare un sacrificio per
lei. D’altronde, quello forse era solo un mio capriccio.
‘’Mamma, smettila di disperarti e di fare così. Non ci andrò,
questa sera scrivo a Melissa per dirle che non mi aspetti, e che ho altri
progetti per il Natale’’, replicai, non appena la donna mi diede modo di
parlare.
Mi attesi che lei smettesse di disperarsi, e che fosse felice
di aver udito quelle mie parole, ma mi resi conto fin da subito che non era
così. Infatti, la mamma sembrò rabbuiarsi ancora di più, per poi scuotere la
testa con un cenno d’insicuro diniego e darmi le spalle, uscendo nel corridoio
e lasciandomi solo.
Mi morsi il labbro inferiore con rabbia, non capendo cosa
avessi sbagliato, ma sapevo che tutto, sul momento, pareva sempre più difficile
da capire e da comprendere a fondo e con attenzione. I sentimenti dentro di me
erano in subbuglio e non potevo venire in contatto con la mia parte più
razionale, quindi decisi mestamente di prepararmi una tisana calda e di restare
lì in cucina, a rimuginare e a tentare di calmarmi interiormente.
Avevo sempre avuto il timore di fare quella rivelazione, e a
quanto pareva non mi ero affatto sbagliato nella previsione.
A venire a risvegliare la mia razionalità fu Roberto, come al
solito.
Non so il perché, ma pare che quell’uomo sia sincronizzato
col mio animo, ed ogni volta che ho avuto bisogno di un sospiro filosofico e
ragionevole, lui è sempre comparso quasi all’improvviso, e devo ammettere che
ciò accade tutt’ora, e quasi per magia. Forse, da quando l’ho incontrato per la
prima volta, è diventato il mio angelo custode.
L’uomo fece il suo ingresso in cucina poco dopo quella sorta
di fuga di mia madre, e lì per lì manco avevo capito cosa l’avesse portata a
compiere quella scelta invece di continuare a stare con me a parlare
decentemente della vicenda, visto che finalmente mi ero deciso a vuotare il
sacco.
Roberto si diresse a passi stanchi verso di me, strisciando
con forza le mani sui vestiti che sul ventre si erano spiegazzati, per il fatto
che poco prima era stato fuori ed aveva indossato quel suo solito giubbotto che
pareva andargli un po’ stretto, e si accomodò su una sedia. Io restai
impassibile, mentre mettevo sui fornelli un tegamino con un po’ d’acqua.
‘’Ti va un po’ di tè?’’, gli chiesi dopo qualche attimo di
silenzio, cortesemente.
L’uomo mi rivolse uno sguardo provato ed annuì, restando
sempre in silenzio. Aggiunsi un po’ d’acqua a quella che stavo già scaldando.
‘’E’ dura la verità, eh?’’, m’interpellò all’improvviso,
rompendo il silenzio che ci sovrastava. Nel frattempo, l’unico rumore che le
mie orecchie potevano udire era proprio quello delle fiamme del fornello del
gas, che parevano flagellare l’acciaio del tegamino.
‘’Sì, direi proprio di sì. Ed il bello è che è sempre dura da
accettare, in ogni caso…’’, mormorai, continuando a stare sulle mie.
‘’Anche tu sei nei guai con tua madre… per una cosa un po’
futile. Mi dispiace che se la sia presa così, quando ne ha avuto la conferma’’.
‘’La… conferma di cosa?!’’, dissi, risvegliando
improvvisamente i miei sensi e non capendo.
‘’Che avevi avuto modo di conoscere e di frequentare la
famiglia di tuo padre’’.
Una sola frase, schiacciante e sconvolgente.
‘’Lei… lei non lo sapeva’’, mormorai, sbalordito. Ero
frastornato, sul serio.
‘’Un genitore le sa certe cose. Più o meno un mesetto fa le
hai chiesto il nome del fratello di tuo padre, ed hai iniziato ad indagare… poi
non hai lasciato trapelare più nulla, ed hai cominciato a prendere il treno.
Per andare dove, poi? Ma a Bologna, dai tuoi parenti. Su questo, tua madre non
aveva dubbi. Però, in cuor suo sperava che non fosse così, che il suo fosse
solo una di quelle certezze destinate ad essere sfatate. Ma non avevi altre
motivazioni logiche, secondo lei, per andare fin là’’.
‘’Ma tu queste cose come fai a saperle?!’’, dissi, ancora sorpreso
da quelle parole.
‘’Maria mi parla spesso di te. Ultimamente capita che ci
siamo trovati in casa assieme, tutti soli… e di cosa vuoi che parli, una madre
preoccupata? Ma di suo figlio, ovvio’’, mi rispose l’uomo, sorridendomi
bonariamente.
‘’Per fortuna non mi avete fatto pedinare. Oppure mia madre
ha pagato qualcuno per farlo, ma voglio sperare che non sia giunta a questo
punto. Però, devo riconoscere che, in ogni caso, è una brava detective’’,
risposi, scrollando la testa. Effettivamente, avevo lasciato dietro di me tanti
piccoli indizi, e la mamma li aveva saputi cogliere, confermando la certezza
che non fosse affatto una stupida.
‘’Sono brave persone, almeno, o è come sospetta lei?’’,
chiese poi Roberto, un po’ titubante.
Era di certo curioso, e questa sua curiosità per un attimo
m’infastidì, ma quando mi volsi a guardarlo mi venne quasi da sorridere,
riconoscendo che non lo faceva per farsi gli affari miei, ma semplicemente
perché era fatto così. Doveva preoccuparsi per tutti quelli che lo
circondavano.
‘’Potete stare tranquilli, sono persone a posto, o almeno
così mi è parso’’, risposi, con sincerità e dicendo la verità.
‘’Non è solo questione di questo, Antonio… è questione di
scelte. Guarda me e tua madre, ora; due adulti frustrati, emarginati dalla realtà
e dalla società. Ciò è accaduto in seguito ad alcune nostre scelte, anche se in
questo caso molto diverse dalle tue, ma volevo solo sottolinearti, in questo
momento, che ogni volta che compirai un passo in questo mondo dovrai stare
attento. Non ti consiglio di farti delle fobie, figurati, ma solo di prestare
attenzione a tutto e a tutti, quando necessario, e di non comportarti in modo
ingenuo o superficiale.
‘’Noi siamo due persone adulte, che vedendo in te un ragazzo
così giovane e retto, ma anche così fragile a volte, e desideriamo solo che tu
apra gli occhi e che cammini consciamente per la tua strada, stando attento ai
sassolini o ai massi che incontrerai. Stai sempre con gli occhi ben aperti’’,
disse il mio interlocutore, premurosamente.
Scossi nuovamente il capo.
‘’Non penso di aver commesso così tante scemenze, fino ad ora,
per meritarmi una sorta di paternale di questo genere…’’.
‘’No, allora non hai capito. Il mio era solo un consiglio,
che sarà per sempre valido, e non solo in questo frangente o a riguardo di ciò
che hai già fatto.
‘’Ricorda una cosa; come ti ho detto la sera scorsa, la vita
è un gioco, e in virtù di ciò va giocata. Ogni scelta, ogni incontro, ogni
giorno, ogni ora è come se fosse una grande, lunga ed avvincente partita, in
cui si deve cercare di far bene la propria parte. Ma, come in ogni gioco, non
importa solo la bravura e la sicurezza con cui affronti tutto, a volte serve
anche un pizzico di fortuna e di raziocinio.
‘’Non esistono vincitori o perdenti, alla fine di tutto, ma
l’importante è solo tenersi stretto il magico dono che è la vita stessa, e
stare sempre con gli occhi aperti. Anche quelli della mente’’.
E così dicendo, Roberto s’interruppe.
Rivolgendogli un altro sguardo, lo vidi smarrito e
sofferente, e molto probabilmente era ancora ferito per poco prima, ed io
stesso non riuscivo neppure a ricordare ciò che ci aveva narrato nell’oretta
precedente senza avere un brivido di panico. Quella era stata una giornata
davvero molto difficile per tutti.
Per fortuna, il tè era pronto. Lo servii con attenzione, ma
né io né l’uomo tentammo di intavolare un altro discorso, troppo persi nei
nostri pensieri per poter cercare di aggiungere altro a parole.
Pranzammo tutti in silenzio, sempre assorti nei nostri
pensieri. Pareva che le rivelazioni e gli eventi di quel lungo giorno avessero
lasciato un segno indelebile su di noi, rendendoci chiusi e statici in un modo
anormale.
Io, da parte mia, non avevo il coraggio di tornare a parlare
con la mia provata e scarmigliata madre, che, nonostante tutto, si era
impegnata ed aveva cucinato un buon pranzetto, anche se meno elaborato dei
precedenti. Roberto, poveretto, non aveva altro da dire, e quindi restammo in
risoluto silenzio fino alla fine del pasto, quando l’uomo prontamente si ritirò
in camera ed io ne approfittai per svignarmela e per tornare nella mia saletta,
da poco riconquistata.
Entrare al suo interno mi faceva un certo effetto; l’aria
aveva ancora quello strano odore di chiuso e di viziato che aveva regnato
ovunque fintanto che mio padre era restato a casa nostra, e mi pareva che tutto
ancora risuonasse delle sue parole, e di quelle di Federico, quando lì dentro
mi aveva preso per il collo e mi aveva fatto male, un paio di mesi prima.
Mi sembrava che ancora tutte quelle vicende si stessero
svolgendo all’interno di quelle quattro mura, in altre realtà parallele, poiché
ciò che stavo ricordando mi riportava alla mente un’infinità di ricordi, tutti
spiacevolmente collegati tra loro.
Non mi mossi subito verso il mio pianoforte, impolverato e
richiedente di pulizie e di cure, ma mi diressi dapprima verso la poltroncina
di mio padre, che da un lato della stanza pareva fissarmi con astio, quasi come
se fosse stata felice di ospitare per tante ore sopra di essa quell’uomo losco
che non sopportavo. Non so il perché, ma mi avvicinai a quell’oggetto con
infinita lentezza, e forse per un attimo fui tentato di sedermi lì, ma non lo
feci, ovviamente.
Però, quando stavo per tornare sui miei passi, qualcosa
attirò la mia attenzione.
Infatti, a terra e leggermente sporgente da sotto la
poltroncina, faceva capolino una parte di un segnalibro. Mi affrettai a
recuperarlo, e, con un tuffo al cuore, lo riconobbi; si trattava di quel
segnalibro verdognolo che mio padre portava sempre con sé, e che utilizzava per
tenere il segno in tutto ciò che leggeva. Riconobbi che doveva essergli
scivolato e caduto, e nella fretta notturna di sistemare le sue poche cose
doveva averlo dimenticato.
Sfiorai quell’oggetto che il mio genitore aveva tenuto
un’infinità di volte tra le sue grandi e forti mani, e che doveva aver vissuto
con lui tante avventure letterarie e non, seguendolo anche sul suo posto di
lavoro e nei momenti di relax a casa.
Quel segnalibro aveva conosciuto meglio di me mio padre, e
per un momento i miei occhi si offuscarono bruscamente. Mi veniva da piangere.
Dio solo era a conoscenza di quanto avrei voluto avere la
possibilità di conoscerlo meglio, di stare un po’ con lui, ma solo se si fosse
comportato in maniera più decente.
Sembrava che i ricordi brucianti di tutto quello che mi aveva
fatto sopportare fossero già infinitamente distanti, quando in realtà lo erano
solo di meno di dodici ore. Capii che, in fondo, la mia mente aveva già scelto
di voltare pagina, e che tutto era concluso, ma che essa non voleva terminare
la vicenda con odio e rancore, ma solo con quel retrogusto amarognolo tipico di
quelle vicende finite in modo brusco e non chiaro fino in fondo.
Mi resi conto improvvisamente che io avrei voluto essere quel
segnalibro, per poter saggiare le lontane attenzioni di un genitore troppo
freddo, troppo sbagliato. Ero geloso di un oggetto.
Avrei voluto distruggerlo, in un primo istante, per farne
mille pezzettini da gettare fuori dalla finestra, e da lasciar cadere su quel
ghiaccio infame che si estendeva dappertutto, ma alla fine non lo feci. Mi
limitai ad osservarne per qualche secondo le piccole pieghe che l’usatissimo
pezzettino di cartoncino aveva accumulato, leggendone la sbiadita e piccola
frase filosofica che gli era stata impressa sopra anni addietro, di cui tra
l’altro alcune parole si erano cancellate, e poi lo piegai e me lo misi in
tasca.
Decisi improvvisamente che l’avrei tenuto sempre con me.
Sapevo che mio padre non sarebbe mai più tornato a riprenderselo, e che forse
non l’avrei neppure più rivisto per anni e anni, ed io me lo sarei tenuto
stretto.
Quello sarebbe stato per me una sorta di trofeo, in grado di
ricordarmi sempre che anche se il nostro rapporto padre-figlio era andato a
rotoli, l’odio non aveva vinto all’ultima battuta. Nonostante tutto, non odiavo
nel profondo il mio genitore, anche se ne biasimavo tanti suoi atteggiamenti.
Se lui mi avesse odiato, sarebbe stato lui il perdente della
vicenda, senza aver compreso il senso della vita, ma ero certo che dall’alto
dei suoi sessant’anni avrebbe compreso, anche se il suo animo era in preda al
male.
Con un rapido slancio, andai a spalancare i vetri della finestra,
facendo subito entrare tanta aria fredda e pura, per ricambiare quella che,
all’interno della stanza, sapeva di ricordi amari. Era cominciata una nuova epoca,
mentre mio padre e i nemici Livia e Federico dovevano già essere molto distanti
da lì, e quella volta per sempre.
Era tutto finito, alla fine. Tutto era venuto a galla e tutto
era stato spiegato e motivato.
Mi appoggiai lentamente sul davanzale della finestra, col
vago intento di inspirare una boccata di quella tagliente aria gelida, ma
quella volta la mia attenzione fu attirata da una persona che si avvicinava a
casa mia, e che si accingeva a suonare il campanello. La conoscevo bene, si
trattava proprio di Stefania.
Allibito, mi chiesi se fosse stata lei a proseguire l’incubo
a cui ero stato sottoposto negli ultimi mesi, ma guardandola attentamente
compresi che no, non sarebbe stata lei. Pareva disperata, mentre con un gesto
tremolante si toglieva la sciarpa.
Mia madre l’aprì, e seppur con disappunto, la lasciò entrare,
ed udii distintamente i loro passi che si dirigevano verso la cucina, mentre la
più giovane delle due rivolgeva parole di scuse e chiedeva solo di essere
ascoltata. Maria doveva aver accettato di farlo.
Dopo qualche istante, non resistetti oltre e decisi, con la
mia solita e pestifera curiosità, di andare ad ascoltare ciò che aveva da dire
la ragazza. Immagino che se qualcuno avesse modo di leggere i miei pensieri, in
questo momento, penserebbe di certo che ero stato educato molto male; infatti,
ero un portento quando si trattava di cercare di ficcanasare e di origliare di
nascosto.
In realtà mi è sempre stato detto di badare agli affari miei,
ma a volte pensare solo a quelli mi annoiava assai, e rischiava di mandarmi in
cupa paranoia, così finivo sempre a cercare di origliare qualcosina. Però devo
riconoscere, a mia discolpa, che tuttavia non facevo nulla di male, e in fondo
quelle conversazioni che avevo origliato trattavano pur sempre di vicende che
coinvolgevano me, direttamente o indirettamente, proprio come quella volta che
mi sto accingendo a rimembrare con attenzione.
Infatti, mi mossi verso la cucina, raggiungendone la
prossimità della porta dopo solo quattro passi, e mi misi ad ascoltare la
conversazione tra le due donne, che aveva già avuto inizio.
Nessuna delle due, per fortuna, aveva badato al basso
tramestio prodotto da me mentre mi avvicinavo mestamente alla porta.
‘’Te l’ho detto, se n’è andato questa notte. Non tornerà mai
più qui, e se vorrai cercarlo potrai trovarlo nell’abitazione dove viveva prima
di tornare a piombare in questa casa. Penso proprio che sia tornato al suo covo,
ne sono quasi certa’’.
Mia madre si stava di certo riferendo a mio padre.
‘’E’ inutile che io continui a cercare di elemosinare da lui,
non mi darà mai nulla. Non vuole questo bambino e pensa solo a volermi
costringere a fare ciò che mi ordina, ma non sarà così. So che può sembrare
maleducato e sfacciato il fatto che io sia venuta a piangere e a chiedere
conforto in questa casa, dove vive la sua legittima moglie e il suo primo figlio,
ma davvero, io non so più come fare!
‘’Maria, la prego di capirmi. Sono giovanissima ed inesperta,
e non ho la più pallida idea di come rivolgermi a qualcuno che possa aiutarmi.
I miei genitori, dopo aver scoperto tutta la vicenda, siccome non potevo nasconderla
più se volevo ricevere un sostegno completo, non mi vogliono più vedere e mi
hanno praticamente sbattuto fuori dalla loro casa. Pensano che io abbia
spillato finora dei soldi a loro solo per venire a fare ciò che più mi pareva a
Bologna, e a fare la poco di buono con un vecchio pervertito… io sono
disperata!
‘’Un’amica non ce l’ho, i soldi da pagare l’affitto del
prossimo mese non li ho, un lavoretto non lo si trova manco a inventarselo,
l’università va malissimo ed ormai mi ritrovo solo a rimandare gli esami… e il
frigorifero dell’appartamento contiene viveri solo per meno di altri quattro
giorni. Ma tanto, tra meno di una settimana sarò sfrattata.
‘’A questo punto, non ho una soluzione! O abortisco, dato che
sono ancora in tempo, e corro tra le braccia di chi mi ha messo anche le mani
addosso, o mi ammazzo. Ma non ucciderò mai la mia creatura, sono disposta solo
a morire assieme ad essa, per scappare da questo mondo schifoso’’.
Ero allibito. Ancora quelle parole, in casa mia.
Stefania era scoppiata in un pianto violento, sincero e
profondamente disperato, e stavo per mettermi a piangere anch’io. Il suo
discorso effettivamente era stato veementemente fortissimo, e d’altro canto se
mi fossi trovato io nella sua situazione non avrei proprio saputo che fare.
‘’Io non voglio sentirli mai più questi discorsi, Stefania. Hai
ventitré anni se non ricordo male, e non si può parlare così alla tua età’’,
disse mia madre, dopo essere stata in silenzio per un po’ di tempo e in modo
serio.
La mia amata mamma aveva assolutamente ragione; la sua
interlocutrice era una ragazza ormai adulta ma ancora molto giovane, con
un’intera vita davanti, ed era una persona onesta che si era comportata in modo
un po’ disattento, ma che voleva bene al frutto di quel suo amore non
ricambiato.
Un brivido mi trafiggeva dalla testa ai piedi se pensavo che
quella creatura minuscola e in formazione era il mio fratellastro, sangue del
mio sangue, e per un certo verso non potevo sopportare l’idea che quella vita
innocente fosse spazzata via a causa delle stesse persone che l’avevano
concepita. Dall’altro però non potevo farci nulla, davvero nulla.
‘’Chiedo scusa se sono venuta qui, per l’ennesima volta, a
frignare come una bambina. Non tornerò mai più ad assillarla, e nel frattempo
la ringrazio per non avermi cacciata…’’.
Senza concludere la frase, e con imbarazzo, la ragazza si
mosse dalla sedia e fece per spostarla ed alzarsi. Però, a bloccarla
probabilmente fu mia madre. Anzi, sono certo che fu così.
‘’A me dispiace tantissimo per te. Hai fatto bene a venire
qui. Sai quante storie simili alla tua ho avuto modo di conoscere? Tante. Anche
la mia lo è. Sergio è un mostro… ma non devi più preoccuparti, perché mi sembri
sincera e questa volta ho deciso di aiutarti, basta che tu non me ne faccia
pentire di averlo fatto. Ma sono certa che non lo farai’’.
Ero tutt’orecchie. Mi pareva incredibile di aver sentito
quelle parole così premurosamente e cortesemente pronunciate. Anche Stefania
era rimasta ammutolita, mentre io mi comprimevo ancor di più contro al muro. La
porta della cucina era aperta e non avevo difficoltà ad ascoltare tutto,
tuttavia avevo il timore di essere scoperto e di interrompere così un momento
molto importante per la nostra ospite.
‘’Ho una stanza libera, in questa casa. I miei inquilini se
ne sono andati oggi, e non ne troverò di certo fino all’estate prossima. Sono
disposta ad ospitarti, quindi, e a darti vitto e alloggio fintanto che le cose
non andranno meglio, e miglioreranno, fidati. Nel frattempo, avrai un tetto
sicuro sulla testa’’.
‘’Signora! Signora! Lei sta scherzando… io non ho…’’.
‘’Non hai bisogno di nulla. Prima di essere sfrattata, porta
qui le tue cose, ma non farlo prima di due giorni, perché quel maiale
dell’inquilino che ha usufruito della stanza prima di te ha lasciato tutto a
soqquadro, e dovrò risistemare l’ambiente… e non preoccuparti di altro, né di
soldi né di disturbo, né di vitto né d’alloggio’’.
‘’Io… io non voglio essere in debito… non so quando potrò risarcire…
temo di disturbare…’’.
Stefania era sorpresa ed emozionata quanto me, in quel
momento. Giuro che pure io ero commosso di fronte alla bontà e alla generosità
della mia mamma.
‘’Non devi preoccuparti assolutamente di nulla, te l’ho
appena detto, al massimo se proprio ci tieni ne riparleremo in futuro. Ma
nell’immediato mi farebbe piacere darti una mano, e spero che tu accetti questo
aiuto che ti porgo proprio con tutto il mio cuore. Voglio davvero aiutarti.
‘’Inoltre, in seguito potremmo anche provare a rivolgerci a
qualche avvocato, assieme, e tentare di trovare una qualche soluzione a
riguardo di Sergio… io, fino ad ora, non l’ho mai fatto. Ma tu attendi un
figlio suo e lui deve prendersi le sue responsabilità; non certo di starti
accanto, ma almeno di versarti mensilmente un mantenimento. Non sono un’esperta
in vicende legali, ma penso che questa sia la scelta giusta… e poi, vorrei
anche cercare di ricontattarlo in qualche modo lecito e legale, senza che sia
lui poi a denunciarmi per qualcosa di assurdo, perché penso sia giunta l’ora di
divorziare e di lasciarmi finalmente libera…’’.
Avevo sentito abbastanza. Il mio cuore martellava dentro al
mio petto, e la dolcezza che stava mostrando mia madre era davvero talmente
tanto zuccherosa e calda da far sciogliere ogni mio sentimento.
Dovetti quindi tornare nella mia saletta, silenziosamente,
per lasciarmi andare ad un pianto liberatore, ma quella volta assolutamente
privo di dolore. Nonostante tutto quello che avevamo passato, mia madre si era
dimostrata una donna con la testa sulle spalle e lodevole, e in quel momento di
bisogno non si era mai piegata, anzi, cercava soluzioni. Anche lei era maturata
un po’ dopo quell’ennesima e lunga serie di disavventure familiari, e mi ero
finalmente ritrovato a fianco una persona rinata dalle sue ceneri.
Mamma Maria doveva essere un esempio per me, e la mia gioia
di avere una madre così era infinita. La vicenda riguardante Melissa e i
parenti era già praticamente dimenticata.
Mentre continuavo a piangere, ringraziavo il Cielo per avermi
fatto il dono di avermi fatto nascere da una donna così, e la prova di quel
giorno era la dimostrazione che avevo un genitore speciale. Almeno uno dei due
lo era, ed immensamente.
Quella sera, mentre ero a letto, mia madre entrò nella mia
stanza.
Il fascio di luce che colpì il mio volto, proveniente dal
corridoio, risvegliò subito i miei sensi, ma lasciai che fosse il mio genitore
a fare il suo primo passo avanti.
Ero un po’ stupito, poiché la mamma non si era mai comportata
così, e immaginai che avesse qualcosa d’importante da dirmi. Infatti, socchiuse
leggermente la porta e si avvicinò al mio letto.
‘’Sei sveglio?’’, sussurrò, mentre si sedeva delicatamente
sul bordo del mio giaciglio.
‘’Sì’’, le risposi, nonostante tutto.
‘’Volevo chiederti scusa per come mi sono comportata questa
mattina. Tu ormai sei grande ed hai il diritto di scegliere di fare ciò che
vuoi. Ad aver parlato è stata la mia materna gelosia, e la paura di vederti
ferito, ma se tu che hai conosciuto quelle persone mi dici che non hai nulla da
temere, e neppure io, sarò dalla tua parte’’, cominciò a dirmi, sempre a bassa
voce.
‘’Capisco’’.
‘’Non voglio che tu diventi un adulto frustrato come lo sono
io. Voglio solo il meglio per te, e vorrei proteggerti da ogni urto della vita,
ma non posso, non voglio e non devo impedirti di fare le tue esperienze,
giustamente. Quindi, davvero, te lo dico col cuore in mano; se tu te la senti,
e se lo vuoi, accetta quell’invito. Vacci’’.
Mia madre parlava con sincerità, e in quel momento non era
più arrabbiata. La sua voce bassissima e melodica quasi mi cullava.
‘’Non voglio lasciarti sola, mamma. Avevo capito fin dall’inizio
le tue intenzioni e perché mi parlavi in quel modo, ma poi mi sono anche reso
conto che, durante una festività speciale come il Natale, io ti avrei lasciato
sola. Tu non l’hai mai fatto con me, e non vedo perché dovrei farlo io,
soprattutto in favore di persone che non hanno nemmeno mai considerato la mia esistenza
fino a qualche settimana fa…’’.
‘’Non preoccuparti per me, io non sarò mai sola. Ho sempre il
tuo affetto di figlio, a camminare a mio fianco’’, m’interruppe, sorridendomi
nella semioscurità.
‘’Va bene mamma, domattina dirò a Melissa che andrò da lei,
allora. Però, un po’ mi sento in colpa’’, ammisi.
‘’Non farlo assolutamente, hai tutto il mio sostegno. E
ricorda che, anche se delle volte ti sgrido, oppure litighiamo, io non potrei
mai volerti male… sei mio figlio ed io ti sarò accanto per sempre. Anche quando
avrai cinquanta o sessant’anni, resterai per sempre il mio bambino, e non farò
mai nulla contro di te o per impedirti qualcosa con cattiveria’’, aggiunse mia
madre, sempre dolcemente.
Non riuscii a rispondere a quelle parole, ed ammetto che ero
parecchio emozionato. Preferii quindi starmene in silenzio ad ascoltare.
‘’Bene, discorso chiuso allora. Però, avrei da dirti un'altra
cosa…’’, aggiunse la mamma, notando il mio mutismo.
‘’Spara’’.
Immaginai mia madre leggermente divertita, dopo il mio invito
molto giovanile ed informale a proseguire.
‘’Ecco… è difficile da spiegare. Oggi pomeriggio, si è
presentata alla nostra porta Stefania, la ragazza… quella che è stata la
ragazza di tuo padre. Era disperata, mi ha raccontato tante cose molto forti…
ed ho deciso di darle ospitalità, poiché dopo che ha litigato con i genitori si
trova in grandi difficoltà.
‘’Avevo pensato di metterle a disposizione la stanza lasciata
vuota da Federico, dopo che avrò finito di risistemarla per bene. Questa mia
scelta… ti disturba?’’, tornò ad interloquirmi, con titubanza. Non mi aveva
spiegato la storia nei minimi dettagli, però io la conoscevo ugualmente.
Sorrisi nel buio e mi affrettai a rassicurarla.
‘’No, assolutamente no. E grazie…’’.
‘’Di cosa?’’.
‘’Per la tua umanità. Non è da tutti non essere gelosi come
lo sei tu, d’altronde quella è una ragazza che in grembo porta il frutto di tuo
marito…’’, dissi, questa volta titubando io, senza sapere come esprimermi per
bene.
‘’Non preoccuparti neppure di questo. Sergio non è mio marito
e non lo è mai realmente stato, e figurati se io sono gelosa di quella ragazza
e del piccolo innocente che porta dentro di sé.
‘’Sergio è stato la mia prima sorta di amore, e l’uomo con
cui ho concepito il dono più bello che la vita avesse mai potuto darmi, ovvero
un ragazzo sensibile, di buon cuore, sempre gentile. Ma con lui io non ho
davvero più nulla da spartire! È solo un estraneo qualsiasi, per il mio
cuore’’, aggiunse Maria, quasi facendomi imbarazzare con quelle parole.
La mia mamma di certo mi voleva molto bene, ed io ne volevo
molto a lei.
‘’Non c’è nessun problema, mamma. Ora però vorrei dormire…
sono stanchissimo’’, le dissi ad un certo punto, cercando di mettere fine a
quella serena discussione. Avevo trovato quel dibattito così idilliaco che
avevo paura anche solo al pensiero di doverlo continuare, correndo così il
rischio di pronunciare qualche parola fuori posto e di fare incrinare tutto
quanto.
‘’Certo. Buonanotte, allora’’.
E dopo avermi sfiorato una mano con la sua, caldissima tra
l’altro, la donna se ne andò mestamente così come si era presentata.
Ed io, rimasto solo e immerso nel buio completo, non potei
far altro che socchiudere le palpebre e sospirare, cercando di addormentarmi
mentre mettevo in ordine i miei pensieri e gli eventi di quell’ennesima
giornata dalla parvenza infinita.
NOTA DELL’AUTORE
Buongiorno a tutti, e grazie per continuare a seguire questo
racconto.
Sono molto affezionato a questo capitolo, e spero che vi sia
piaciuto.
Continuo a ringraziare tantissimo tutti i gentilissimi
recensori!
Grazie di cuore a tutti e per tutto, e buona giornata! A
lunedì prossimo.