Capitolo 4) La Tana di Tassorosso
Nathan dormiva.
Disteso sul grande letto, con una mano che penzolava dal bordo e
oscillava lentamente, continuava a muoversi nel sonno.
Dentro la sua testa, una donna piangeva, singhiozzando come una
forsennata.
'Chi sei?', chiese Nathan alla figura che non poteva vedere.
'P-perché stai piangendo?'
Ma in tutta risposta, la donna semplicemente continuò a
piangere, senza rispondere.
'Perché...perché stai piangendo?' chiese
nuovamente Nathan mentre un orologio, da qualche parte in lontananza,
batteva la mezzanotte.
La donna singhiozzò più forte, in un lamento
acuto, e Nathan si svegliò all'improvviso, alzandosi a
sedere di colpo e ansimando spaventato.
'Di nuovo un sogno?' domandò
la voce familiare dentro la sua testa.
-Non...non lo so...un sogno, un incubo...forse un ricordo- rispose
Nathan con tono confuso. -Ho sentito qualcuno piangere...ho sentito un
orologio, un grande orologio...dai rintocchi doveva essere mezzanotte-.
'Mezzanotte?
Perché mai saresti dovuto essere in giro a mezzanotte?'
-Non ne ho idea...ma perché qualcuno stava
piangendo?- chiese Nathan scostando le coperte di lato e alzandosi. -Ma
soprattutto, chi è che piangeva a mezzanotte?-
-
Tassorosso.
Il nome rimbombava ancora nelle mie orecchie quando mi alzai dallo
sgabello.
La McGranitt dietro di me arrotolò la pergamena e si
allontanò con il cappello
parlante, mentre io mi dirigevo verso il tavolo dei tassorosso.
Non potei fare a meno di sorridere quando una miriade di facce
sorridenti mi
accolsero stringendomi la mano e dandomi il benvenuto nella famiglia.
Sam mi fece un cenno con la mano, indicandomi un posto libero sulla
panca, e io
andai a sedermi di fianco a lui.
-Oh, che fortuna essere capitati insieme!-, mi disse lui raggiante
mentre si
guardava intorno, ancora preda del fascino della Sala Grande.
Io annuii senza troppo entusiasmo, e alzai lo sguardo verso il tavolo
dei
Corvonero.
Incontrai gli occhi di John, il quale fece un sorriso triste e si
strinse nelle
spalle come per dire ‘E’ andata così,
amico’.
Io annuii a mia volta, e gli feci un cenno d’assenso alzando
i pollici, prima
che lui si voltasse verso uno dei suoi nuovi compagni.
-Non ti preoccupare, avrai un sacco di occasioni per stare con il tuo
amico,
anche se siete in case diverse-, disse una voce calda alla mia destra.
Mi voltai di scatto, e mi ritrovai davanti un ragazzo del terzo, forse
quarto
anno.
-Come hai?...-, cominciai a chiedergli io, ma lui ma battè
sul tempo.
-Ci sono passato anche io quando fui smistato, il mio migliore amico
finì in
Grifondoro. Avevo la tua stessa espressione, e probabilmente anche gli
stessi
pensieri. Ma non preoccuparti, la maggior parte delle ore di lezione si
fanno
sempre in coppia con un’altra casa, quindi avrete modo di
vedervi-, mi disse
tutto sorridente.
Rimasi per un attimo colpito dall’immediatezza della
risposta, e non seppi cosa
dire sul momento, ma per fortuna in quell’istante il preside
si alzò in piedi e
si rivolse alla sala.
-Benvenuti!-, disse. -Benvenuti al nuovo anno scolastico di Hogwarts!
Prima di
dare inizio al nostro banchetto, vorrei dire qualche parola. E
cioè: pigna,
pizzicotto, manicotto, tigre! Grazie!-, e detto ciò, torno a
sedersi.
Io lo guardai confuso, ma attorno a me tutti battevano le mani e
gridavano
entusiasti.
-E’ qualche vostro strano rituale da maghi?-, mi chiese Sam
sottovoce.
-Non ne ho la più pallida idea-, risposi semplicemente io.
Ma in un battibaleno, le parole di Silente furono dimenticate: di
colpo, i
piatti davanti a me si erano riempiti di pietanze: pollo arrosto,
braciole di
maiale e di agnello, roast beef, salsicce, bacon e bistecche, patate
lesse,
patate arrosto, patatine fritte, Yorkshire pudding, piselli, carote,
ragù,
salsa ketchup e una varietà di dolci che spazziavano dalle
torte, ai
pasticcini, ai gelati multigusto.
Ero intento a riempire il mio piatto con salsiccie e patate arrosto,
quando il
tavolo attorno a me esplose in un boato.
Mi guardai attorno cercando di capire il perché di tanta
confusione, e notai
che tutti fissavano l’estremità del nostro tavolo,
dove il fantasma del Frate
Grasso fluttuava a mezz’aria.
-Avanti Frate, fai vedere ai nuovi arrivati di cosa sei capace!-,
urlò una
voce,e il Frate accolse l’invito con un leggero inchino.
Si levò in alto, e con uno scatto improvviso si
lanciò sul tavolo, scivolando
velocissimo sul grande pancione e
ridendo come un matto. Arrivato all’altro capo,
volò via dalla superficie di
legno e si librò in aria con una leggere capriola.
Tutti i Tassorosso scoppiarono in uno scroscio di applausi e fischi di
ammirazione, e anche io mi unii a loro divertito.
Il Frate tornò volteggiando verso di noi, e si sedette al
centro del tavolo
incrociando le gambe e infilando le mani nelle grandi maniche del suo
saio.
-Passata un’estate tranquilla, Frate?-, chiese una ragazza
prendendo una coscia
di pollo attraverso la gamba del fantasma.
-Deliziosa Anette, davvero deliziosa. Io, Gulliver e Merwyn abbiamo
messo su
una piccola orchestra e ci siamo divertiti a dilettare gli altri
fantasmi per
tutto agosto. Molti hanno apprezzato, ma il Barone Sanguinario si
è lamentato
del fatto che eravamo ‘troppo allegri’. Ora stiamo
cercando di convincere
alcune suore malinconiche a unirsi come coro del gruppo, ma non stiamo
avendo
molti successi-, rispose lui un po’ cupo.
-Ma allora, dovete assolutamente venire a suonare alla prima festa
nella Tana!-,
scattò il ragazzo alla mia destra.
-Oh-oh, dice sul serio, mastro Cedric?-, chiese il frate, illuminandosi
tutto
d’un tratto.
-Ma assolutamente! Così per una volta non dovremo ascoltare
quella robaccia di
Radio Strega Network-, esclamò un ragazzo dai capelli rasati.
-Hey, se la mia non ti va bene, la prossima volta infiltrala te una
radio
nascondendola a Gazza. Voglio proprio vederti dove te la infili per non
farti
beccare-, rispose un altro, e tutto il tavolo scoppiò a
ridere.
-Oh, farò di meglio, inviterò Gazza ad una
romantica cena a lume di candela,
con Celestina Warbeck che canta di sottofondo-, il ragazzo con i
capelli rasati
impugnò una coscia di pollo a mo di microfono.
-‘Vieni con me su un manico di scopa per
guardare le stelle lassù
E
io ti darò, caro, un
calderone pieno di forte amor bollente’!-
Tutti scoppiarono nuovamente a ridere, mentre
l’amico si univa in un duetto
ed entrambi si alzavano in piedi cantando a squarciagola. Nel giro di
un
attimo, tutto il tavolo si era unito in un grande coro, e io stesso mi
ritrovai
a cantare con loro.
Notai che gli altri tavoli ci guardavano divertiti, come se episodi del
genere
fossero del tutto normale.
E con ‘ridammi, ti prego, il mio cuore innamorato’,
la canzone si concluse in
un’unica, lunga nota acuta, al termine del quale tutto il
tavolo di Tassorosso
scoppiò in un grande applauso a cui si unirono anche molti
Grionfodoro e
qualche Corvonero.
Sorridendo, non potei fare a meno di notare che per quanto anche agli
altri
tavoli aleggiasse un’atmosfera allegra, nessuno sembrava
divertirsi come noi.
Incitato dagli altri, il Frate tirò fuori dal nulla una
piccola chitarra a
quattro corde. Iniziò ad intonare un motivetto in latino, di
cui non capivo
mezza parola, ma che però risuonava gradevole e allegro.
Notando gli altri fantasmi attorno ai tavoli, mi stupii di come il
Frate
risultasse incredibilmente allegro rispetto a loro. Mi girai verso il
ragazzo
alla mia destra, quello che mi aveva parlato del suo smistamento, e
feci per
chiederglielo, quando mi resi conto che non gli avevo nemmeno chiesto
il nome.
-Ehmm, scusa, tu sei?...-chiesi un po’ in imbarazzo.
-Cedric, Cedric Diggory-, si presentò lui ufficialmente,
tendendomi la mano.
-Nathan Zeller-, risposi stringendola, e in quel momento lui
aggrottò la
fronte.
-Allora non avevo sentito male. Sei per caso fratello di Tom Zeller?-.
-Ehm, sì-, risposi io, un po’ colpito dal suo
improvviso cambio di tono.
-Perdonami se te lo dico, ma tuo fratello non mi sta particolarmente
simpatico.
Ha delle idee strane, ed è particolarmente testardo-,
rispose infilzando una
salsiccia.
-Oh, non dirlo a me, lo so bene. Mai fare l’errore di
contraddirlo, secondo lui
la sua parola è legge-, dissi io sbuffando.
-Sì, diciamo che ne so qualcosa. L’ultima volta
che l’ho fatto, ne è uscito
fuori un bel duello-, disse lui casualmente.
A me quasi andò di traverso il succo di zucca.
-Hai combattuto contro mio fratello?- chiesi io, non credendo alle mie
orecchie.
-Si, l’anno scorso. Non te lo ha detto?-
-No, mio fratello non mi dice praticamente mai nulla di quello che fa-.
-Ahh, allora non credo stia a me informartene, forse è
meglio così-, disse
infine con un sorriso, tornando al suo piatto,e io non feci ulteriori
domande.
Morivo dalla voglia di sapere cosa fosse successo tra i due, ma mi
rendevo
conto che in fondo non erano affari miei. Non sapevo motlo su di
Cedric, ma mi
era sembrato un tipo a posto, e conoscendo il carattere di Tom, non era
molto
difficile supporre chi tra i due era dalla parte del torto. Ma chi lo
sa, forse
mi sbagliavo.
Ero immerso nei miei pensieri, quando anche gli ultimi dolci
scomparvero, e il
professor Silente si alzò nuovamente in piedi,e nella sala
scese immediatamente
il silenzio.
-Ehm... solo poche parole ancora, adesso che siamo tutti sazi di cibo e
di
bevande. Ho da darvi alcuni annunci di inizio anno. Gli studenti del
primo anno
devono ricordare che l'accesso alla foresta qui intorno è
proibito a tutti gli
alunni. E alcuni degli studenti più anziani farebbero bene a
ricordarlo anche
loro.-
Sam mi guardò con fare interrogativo, ma io gli feci cenno
che gli avrei
spiegato più tardi.
- Inoltre, il signor Gazza, il guardiano, mi ha
chiesto di
ricordare a voi tutti che è vietato fare gare di magia tra
classi nei corridoi-,
il ragazzo con i capelli rasati e il suo compagno si guardarono con un
ghigno
divertito.
-Le prove di Quidditch si terranno durante la seconda settimana
dell'anno
scolastico. Chiunque sia interessato a giocare per la squadra del suo
dormitorio è pregato di contattare Madama Bumb. E infine,
devo avvertirvi che
da quest'anno è vietato l'accesso al corridoio del terzo
piano a destra, a meno
che non desideriate fare una fine molto dolorosa-.
Di nuovo Sam mi guardò, ma questa volta anche io ero
confuso. Nessuno mi aveva
mai parlato di un corridoio proibito.
- E ora, prima di andare a letto, intoniamo l'inno
della scuola!’-,
gridò Silente, e notai come in quel momento tutti gli
insegnanti avessero
assunto un’espressione particolarmente imbarazzata.
Il preside diede un colpo di bacchetta, e della punta
fuoriuscì un grande
nastro dorato che si sollevo per aria, cominciando a contorcersi e
piegarsi
assumendo la forma delle parole.
-Ognuna scelga il motivetto che preferisce-, disse silente. -Via!-.
Tutta la scuola intonò:
‘Hogwarts, Hogwarts del nostro cuore,
te ne preghiamo, insegnaci bene
giovani, vecchi, o del Pleistocene,
la nostra testa tu sola riempi
con tante cose
interessanti.
Perché
ora è vuota e piena di venti,
di mosche morte e idee deliranti.
Insegnaci dunque quel che è richiesto,
dalla memoria cancella l'oblio
fai del tuo meglio, a noi spetta il resto
finché al cervello daremo l'addio.’
Ognuno nella sala finì la canzone in tempi diversi, e verso
la fine erano
rimasti solo due gemelli di Grifondoro che stavano intonando una lenta
marcia
funebre.
Quando tutti ebbero finito, Silente applaudì fragorosamente.
-Ah, la musica!- disse asciugandosi gli occhi. -Una magia che supera
tutte
quelle che noi facciamo qui! E adesso, è ora di andare a
letto. Via di corsa!-.
Ci fu un baccano incredibile quando le panche raschiarono contro il
pavimento
della sala, mentre gli studenti si alzavano e cominciavano a parlare
tutti
insieme.
-Andiamo ragazzi, vecchi e nuovi che voi siate!-, disse un Tassorosso
dai
lunghi capelli neri che portava al petto la spilla da Prefetto.
Si fece strada nella fiumana di gente, e noi lo seguimmo. Mentre
passavamo
notai Tom davanti a noi, intendo a sua volta a svolgere il suo ruolo da
Prefetto
scortando gli studenti di Corvonero. Tra di essi vidi anche John, e ci
salutammo con un rapido cenno della testa.
Uscimmo dalla sala comune, e imboccammo la grande scalinata in marmo
che avevo
visto entrando. Sbucammo in una grande sala che si innalzava per molti
piani,
con decine di scale che collegavano i vari piani. Qui gli studendi di
Grifondoro e Corvonero presero a salire verso le torri più
alte, mentre noi e i
Serpeverde imbucammo la scala che portava verso il basso. Le serpi
svoltarono
in un corriodio laterale, e sparirono subito dalla vista, mentre noi
invece
continuammo per un corridoio di pietra illuminato da decine di torce.
-A differenza dei sotterannei, il seminterrato ha meno spifferi, e
molto più
accogliente, ospiale quasi-, spiegò il nostro Prefetto, che
avevo appreso si
chiamasse Martin, indicando le molte torce appese ai muri,glii arazzi
colorati
e i dipinti disseminati qua e la. C’erano quadri di nature
morte, un paesaggio
di campagna, un ritratto di un vecchio mago, uno che rappresentava un
cesto
pieno di frutta e molti altri.
All’improvviso il gruppo si fermò, e notai che
tutti stavano fissando dei
barili enormi impilati contro il muro di pietra del corridoio.
Martin individuò la seconda botte dal basso, nel mezzo della
seconda fila, e
cominciò a colpirla seguendo un preciso ritmo.
Un’istante dopo, il grande coperchio del barile si
aprì verso l’esterno come
una grande porta rotonda, rivelando un altro piccolo corridoio che
sembrava
proseguire all’interno della botte.
Chi piegato, chi strinsciando carponi, entrammo uno ad uno dentro la
botte, e
quando anche l’ultimo di noi fu dentro, questa semplicemente
si richiuse senza
far alcun rumore.
-Oh, niente di che, il tappo del barile che avete colpito
salterà in aria innondandovi
di aceto-, rispose Martin da davanti. -E in quel caso, vi sconsiglio
vivamente
di entrare dentro prima di esservi tuffati nel Lago Nero-.
Qualcuno ridacchiò, e all’improvviso una luce si
allargò davanti a me mentre
emergevo dal tunnel.
-Vecchi e nuovi compagni, benvenuti e bentornarti, alla Tana di
Tassorosso-,
esclamò Martin allungando un braccio in segno di saluto.
Mi ritrovai in una grande e accogliente sala rotonda, dal soffitto
basso, che
ricordava vagamente la tana di un tasso. La stanza era decoranta nei
toni
allegri del nero e del giallo, enfatizzati ulteriormente dalle liscie
superfici
del legno color miele di cui erano fatti i tavoli e le porte rotonde
che
portavano ai dormitori. Un profumo colorato di piante e fiori aleggiava
ovunque
nell’aria, creando un’atmosfera particolarmente
rilassante e allegra. Numerosi
piccoli arbusti erano disposti ordinati sulle file degli scaffali a
ridosso
delle mura, che apparivano leggermente incurvati per adattarsi alla
forma del
muro, e salutavano gli studenti agitando i rami e le foglie al loro
passaggio.
Dal soffitto pendevano dei piccoli contenitori bronzei, da cui lunghi
viticci
di felci ed edere oscillavano tranquilli accarezzandoti la testa quando
ci
passavi sotto.
Sulla mensola lignea del camino era appeso un grande quadro, la cui
cornice era
stata finimente intagliata con tanti piccoli tassi danzanti. Al suo
interno,
una sorridente Tosca Tassorosso salutava gli studenti, brindando a loro
innalzando una piccola coppa dorata a due manici.
Lungo le mura correvano una serie di piccole finestre rotonde, che
davano sul
livello del terreno e attraverso le quali si poteva scorgere il prato
immerso
nell’oscurità.
Rimasi per qualche minuto incantanto ad osservare ogni minuscolo
dettaglio
attorno a me, come rapito da ogni singola cosa.
Non potei fare a meno di pensare che quel luogo sembrasse un posto
incredibilmente comodo.
Martin apparve all’improvviso di fianco al nostro gruppetto
del primo anno,
riportandomi alla realtà.
-Se i ragazzi del primo anno vorrano seguirmi, vi mostrerò
il vostro dormitoio.
Le ragazze possono seguire...oh dove diavolo è finita
adesso?-, alzò il collo
cercando qualcuno fra la folla. -Helga, avrete tutta la sera per
raccontarvi
l’estate, ora potresti adempiere ai tuoi doveri sociali? O
devo entrare io, di
nuovo, nel dormitorio femminile?-, chiese con un sorriso malizioso ad
un
gruppetto di ragazze più grandi.
-Oh, vorrei solo che ci provassi...-,
rispose alzandosi una ragazza bassa dai capelli corvini, e
venendo verso
di noi.
-E’ una sfida?-, chiese Martin, ergendosi in tutta la sua
altezza e
torreggiando su di lei.
Nonostante il ragazzo fosse di qualche spanna più alta di
lei, Helga non battè
ciglio e anzi, piccola come era, sembrava ancora più
minacciosa.
-A tuo rischio, e, pericolo-, scandì lentamente tracciando
una piccola X sul suo
petto. -Andiamo ragazze, é arrivato il momento che voi
vediate il posto che
veramente merita qui dentro-, e accompagnata dal gruppetto delle
ragazze,
scomparvero attraverso una delle tante porte rotonde.
Martin la guardò sparire con il sorriso sulle labbra, mentre
scuoteva il capo.
Poi si girò, e condusse anche noi attraverso
un’altra delle porte rotonde,
attraverso uno stretto corridoio.
-Bene ragazzi, troverete la vostra roba già al suo posto,
fatevi comodi e
quando volete tornate di la-, e con questo ci concedò
sparendo.
Anche questa stanza, come tutte le altre, era circolare e dal soffitto
basso.
Disposti a cerchio attorno ad una piccola stufa, c’erano
cinque letti in legno ricoperte
da delle soffici coperte patchwork, ovviamente di colore giallo-nero, e
tra
ogni letto ed un altro c’era una piccola finestra.
I bauli con i nostri nomi erano già posizionati oguno di
fianco ad un letto, e
io mi dirissi subito verso il mio. Lo aprii, e tirando fuori qualche
vestito
che era d’intralcio, recuperai finalmente la mia bacchetta e
la infilai nella
tasca dei pantaloni.
Sentii un tonfo ovattato, seguito da un ‘ohhh’ di
sollievo. Mi girai, e vidi
Sam disteso a braccia e gambe divaricate sul suo letto.
-E tipo la cosa più comoda su cui io mi sia mai poggiato-,
rispose con la
faccia immersa nella coperta.
Mi sedetti anche io sul bordo del mio, e mi sentii affondare
leggeremente in un
soffice mare di piume.
Notai che tutti gli altri avevano fatto la stessa cosa, e che ora ci
guardavamo
tutti a vicenda.
Oltre a me e Sam, c’erano anche Ernie, che avevo
già avuto modo di conoscere
sul treno, un ragazzo dalla grossa mascella e dal viso rotondo, che da
quel che
ricordavo dallo smistamento mi pareva si chiamasse Justin, e infine un
ragazzo
basso e un paffuto che non avevo notato prima.
-Beh, facciamo un giro di nomi?-, chiese Ernie. -Io sono Ernest
MacMillan, ma
potete chiamarmi Ernie-.
-Nathan Zeller-.
-Samuel Edge-
-Justin
-Herman Cronk-, concluse infine il ragazzo paffuto.
Per qualche istante nessuno aggiunse niente, poi Sam si alzò
e propose di
tornare nella sala comune.
Uscimmo in fila dalla stanza, e ritornammo nel salone principale, dove
nel
frattempo tutti si erano messi comodi.
Chi sedeva ai tavoli a giocare a gobbiglie, chi sulle grandi portone
imbottite
davanti al fuoco a chiacchierare, chi semplicemente per terra, distesi
sul
grande tappeto.
Sulla mensola del camino, una piccola radio magica sparava a tutto
volume un brano
delle Sorelle Stravagarie.
Due ragazzi del quarto anno si rincorrevano tra i tavoli, passandosi
una sfera
galleggiante di acqua con le bacchette, uno la lanciava in alto,
l’altro
correva e la catturava nel flusso della sua bacchetta.
Io e Sam prendemmo posto su un divanetto a lato della mensola, e
guardammo
estasiati quella tranquilla frenesia. Dopo un po’ Ernie si
unì a noi e ci
spostammo ad un tavolo per fare una partita di carte. Ci misi un
po’ a spiegare
le regole a Sam, che tra l’altro continuava a farsi distrarre
dal mazzo che si
mischiava da solo.
Eravamo nel corso della quarta partita, quando uno scoppio e un
esplosione di
luce violetta fece sobbalzare tutta la Tana.
Dal dormitorio delle ragazze emerse il prefetto Martin, con una lunga
proboscide viola che gli penzolava dalla faccia arrivandogli al petto.
-Oooooh, molto maturo da parte tua Helga-, disse lui tra un barrito e
l’altro,
mentre tutti nella sala si piegavano dalle risate.
-Così la prossima volta ti risulterà
più facile ficcare il naso dove non ti
spetta, non trovi, mio caro?-, rispose Helga con il sorriso sulle
labbra.
-Un applauso a Martin che è riuscito a guadagnarsi la prima
visita da Madama
Chips in cosa, neanche un’ora?-, chiese sarcastico il ragazzo
pelato che aveva
cantato al banchetto. -Credo sia un nuovo record!-.
-Oh, stai zitto Simon, o giuro che il prossimo anno ti faccio crescere
un culo
in fronte ancora prima di scendere dall’espresso per
Hogwarts-, borbottò
Martin.
-Non credo che cambierebbe molto!-, urlò una voce in
sottofondo, e tutti
scoppiarono di nuovo a ridere.
Alla fine Helga (che a quanto pare, era particolarmente portata per la
trasfigurazione), decise che non era il caso di far uscire Martin di
notte, e
con un semplice colpo di bacchetta gli fece tornare il naso normale.
-Bene ragazzi, è tardino e siamo tutti stanchi, io
consiglierei di filare a
letto, avremo tutto il tempo domani per le cazzate-, disse il prefetto
con un
sonoro sbadiglio. -E Helga, stai certa che questa me la paghi-.
Io e gli altri ritornammo al nostro dormitorio, e mentre ci infilavamo
i pigiami,
chiacchierammo ancora un po’ di tutte le cose pazze che erano
successe solo nel
giro di una serata. Sam era molto curioso, e non la smetteva di fare
domande su
cose che a noi altri apparivano assolutamente normali.
-E poi voglio dire, i quadri si muovono! E le piante danzano! E quella
cosa che
facevano con le sfere d’acqua quei due, non vedo
l’ora di poterlo fare anche
io!-.
Capimmo che si era addormentato quando finalmente scese il silenzio.
Mi infilai a letto, e voltandomi da un lato, guardai il castello che si
ergeva
come un gigante silenzioso oltre la finestra del dormitorio.
Non vedevo l’ora che fosse mattina per poter iniziare le
prime lezioni, e
imparare i primi incantesimi, per poter fare anche io tutte quelle cose
che
avevo visto fare ai ragazzi più grandi. Pensando a quanto
sembrasse surreale
essere finalmente ad Hogwarts, mi addormentai dolcemente, sprofondando
in un
sogno che sarebbe continuato a mattina inoltrata.