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Autore: HeyAM    07/12/2016    1 recensioni
Quando lo vide la prima volta, nella sua uniforme, il sangue le si gelò nelle vene. Non era il primo tedesco che vedeva, ma lui era tutta un'altra cosa, quel teschio sul copricapo urlava morte.
Ha dato lui l'ordine lui di uccidere la moglie, vive per l'ideologia di Adolf Hitler, l'uniforme lo ha divorato.
Per lei il rosso è il colore dell'amore, per lui quello del sangue, ma cosa succede se si incontrano?
Dal prologo:
E lui era lì, guardava con sguardo freddo ciò che accadeva attorno a lui, dava l'impressione di essere alto anche se era seduto, le mani erano coperte dai guanti di pelle nera. Gli occhi azzurri dell'uomo la congelarono, sentì una strana sensazione dentro di sé, le cose sarebbero cambiate.
Genere: Guerra, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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La prima cosa che videro gli occhi di Schwartz quando si svegliò fu una massa di capelli castani, gli ci volle un po' per ricordarsi della notte precedente ma appena lo fece si rialzò dal letto. 
Rimase qualche secondo ad osservare la ragazza che dormiva dove fino a qualche istante fa giaceva anche lui.
Indossava ancora la divisa che portava la notte prima, salvo per giacca e stivali che si era tolto prima di entrare nel letto con la ragazza, in realtà non era proprio la sua intenzione quella di addormentarsi con Elisabetta, ma il sonno lo aveva fatto capitolare.
Non si ricordava da quanto tempo non dormiva con una donna, certo aveva avuto delle avventure in quasi quattro anni di guerra in giro per l'Europa ma mai si era fermato con una di queste dopo aver soddisfatto i suoi bisogni.

Si ricordava perfettamente la nottata precedente, era ancora in ufficio quando avevano cominciato a intravedere i bombardamenti in lontananza, aveva dato l'ordine di contrattaccare con la contraerea. 
Più tardi, a allerta passata, si era recato con due dei suoi uomini a vedere se la ferrovia avesse subito danni, quando stava per rientrare uno dei suoi camerati lo aveva avvertito della presenza di una ragazza sul ciglio della strada e, a discapito dell'oscurità, l'aveva riconosciuta, non c'è bisogno di raccontare di nuovo cosa era successo poi.

Una volta che si fu composto scese le scale cercando di fare il minor rumore possibile, non voleva spiegare alla ragazza perché si trovava ancora a casa sua. 
Buttò un occhio all'orologio da polso, aveva ancora un po' di tempo per cambiarsi e farsi una doccia prima di dover rientrare in ufficio.
Chiusa così la porta della casa dei Colli dietro di sé si avviò, a piedi, verso quella che era divenuta la sua abitazione.





Nel suo letto era rimasto il profumo dell'uomo, quella stessa fragranza mista tra muschio e dopobarba che gli aveva sentito sulla pelle durante quel breve bacio nell'ufficio di lui.
Non si ricordava ogni particolare della notte precedente, o almeno non tutto da quando il tedesco la aveva raccolta da terra portandola in casa. 
Si risvegliò a fatica e come si aspettava l'ufficiale non era più con lei e ne fu sollevata, come aveva reagito durante la nottata non aveva nulla a che fare con il suo comportamento, era stata una situazione che non poteva aspettarsi, la sua reazione era stata dettata dal panico.



In mattinata si era occupata delle bestie e nel pomeriggio aveva deciso di recarsi in paese, aveva bisogno di distrarsi, di non pensare a quanto era accaduto la notte precedente, e la visita a qualche conoscente poteva essere un ottimo diversivo.

Nella piazza del paese aveva visto in lontananza la figura, purtroppo facilmente distinguibile, senza la gamba di Tobia.
Vedere l'amico del fratello l'aveva rallegrata, da quando era tornato dalla guerra era stato vicino alla sua famiglia e, sebbene tutti credevano che la perdita dell'arto lo avrebbe portato alla depressione, il ragazzo li aveva smentiti e aveva reagito in maniera completamente differente.

"Elisabetta." Esclamò lui vedendola arrivare, un accenno di sorriso si formò sul suo volto.
"Tobia" rispose cordiale. " come stai? È da un po' che non ti vedevo più in giro." Il giovane scosse le spalle.
"Non ti sei vista molto neanche te in giro, però ho parlato con tuo padre, sono contento che abbiate avuto notizie da Luciano." Elisabetta annuì, consapevole di quanto fossero stati fortunati.

In quel momento la quiete della piazza fu disturbata dal rumore di un veicolo motorizzato, entrambi i giovani si voltarono verso di questo e la jeep militare delle SS fece il suo ingresso.
A bordo c'erano tre soldati, uno di questi era Schwartz.

I due indugiarono su questo anche se il transito della macchina durò davvero poco.

"Non sai cosa si dice su quello..." sospirò Tobia, Elisabetta lo guardò perplessa sollevando il sopracciglio.
"Schwartz, l'ufficiale" continuò il ragazzo. "L'altro giorno sembra che qualcuno gli abbia riferito che in una fattoria a venti chilometri da qui la famiglia nascondeva alcuni della resistenza. Hanno trovato i partigiani, li hanno arrestati per interrogarli e Dio solo sa cosa ne sarà di loro. Ma la cosa peggiore è che hanno bloccato le porte della casa e le hanno dato fuoco con la famiglia dentro... Due donne e due bambini..." disse Tobia sospirando, Elisabetta lo guardò basita, fino a che punto potevano spingersi?

"Ed'è stato lui a dare l'ordine" e qui Elisabetta ebbe l'istinto di vomitare all'idea che il responsabile di tali atrocità fosse lo stesso che quella notte aveva dormito nel suo letto.

Rimase in trance guardando le sue scarpe, tanto che il ragazzo si preoccupò.

"Betta, tutto bene?" Chiese il ragazzo, lei scosse il capo.
"Non pensavo potessero fare cose del genere..." mormorò, non avrebbe mai svelato cosa era accaduto tra loro.
"Oh, loro fanno anche di peggio, non penso potrò mai dimenticare quanto ho visto in Russia con loro, ma non penso sia il caso che te lo racconti." Invece lei avrebbe voluto chiedergli di raccontarle tutto così da sapere cosa aspettarsi, ma l'idea poi di assistere ad altri racconti simili la fece desistere.
"No Tobia, preferisco non sapere..." ammise lei. Ancora non riusciva a capacitarsi della cosa, pensava all'uomo che ieri l'aveva raccolta dalla strada, medicata e che le era stato vicino quando aveva paura e che era lo stesso che si macchiava di tali crimini ingiustificabili.



Era sulla strada del ritorno dal paese verso casa quando, come la prima volta che parlò con Schwartz, venne affiancata dalla ormai nota jeep delle SS.
Questa di fermò accanto a lei ma Elisabetta non fece cenno di voltarsi, il racconto di Tobia l'aveva lasciata sconvolta, non voleva ritrovare quegli occhi azzurri.
"Elizabeth, ti accompagno a casa." Ed eccola, la sua voce, ormai aveva imparato a riconoscerla, era impossibile non distinguere quell'accento tedesco così marcato.
La jeep ripartì mentre l'ufficiale sostava in piedi accanto a lei.

"Tutto bene dopo ieri sera?" Chiese a questo punto l'uomo, ormai non poteva più evitarlo, si voltò verso di lui alzando lo sguardo nel tentativo di colmare quella enorme differenza di altezza tra loro.
Elisabetta non disse nulla abbassando lo sguardo e riprendendo a camminare.
"Mi ignori?" Riprese quindi lui seguendola. "Non mi aspetto un grazie per ieri ma almeno potresti considerarmi."
Elisabetta si girò di scatto verso di lui.
"Ti preoccupi per me e poi non ti fai problemi a uccidere una famiglia?" Era la prima volta che gli dava del tu, era la prima volta che si rivolgeva così a lui e l'ufficiale ne fu colpito.
"Cosa diamine stai dicendo?" La riprese lui tenendola per la spalla.
"Vieni qui, fai tanto il gentile con me e poi fai bruciare viva una famiglia. Sei un mostro..." sbottò lei guardandolo ora negli occhi.
Lui sospirò ricambiando lo sguardo.
"È la guerra..." disse solamente lasciandole  la spalla e riprendendo a camminare.
"Non può dire così..." ritornando a rivolgersi formalmente a lui.
"Ti sbagli, sono cose che succedono in guerra. Mi spiace ma non ho scelta, o si fa così o si fa così." 
Era colpita da quanto potesse essere incurante di uccidere delle persone e scuotendo il capo riprese a camminare.
"Ci saranno altri bombardamenti probabilmente." Disse lui, sempre accanto a lei. 
Non disse niente, continuando ad ignorarlo, l'idea dei bombardamenti la terrorizzava.
"Posso andare avanti da sola ora." Disse lei, Schwartz la guardò e fece spallucce, stavolta fu lui ad ignorarla e continuò a camminare accanto a lei.
  
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