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Autore: Losiliel    09/12/2016    6 recensioni
Il salvataggio di Maedhros da parte di Fingon in chiave moderna.
Una Russingon modern-AU.
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Celegorm, Curufin, Figli di Fëanor, Fingon, Maedhros
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'First Age Daydream'
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CAPITOLO 3

dove i Fëanorion si riuniscono e Fingon va a lezione

 

 

 

– Le cose stanno così – disse Curufin dalla sua postazione.

La sua postazione era una poltrona girevole di pelle nera dietro una scrivania ad angolo su cui c'erano il monitor di un computer, un notebook, un tablet e un gran numero di marchingegni elettronici di cui Fingon non riusciva nemmeno a immaginare l'utilità.

Il fratello di Celegorm invece sembrava trovarsi a suo agio come un pesce nell'acqua. Vestito in maniera impeccabile, con una camicia cucita su misura, un maglione scollato a V dell’esatto colore dei suoi occhi e dei pantaloni di lana che sembravano appena usciti da una lavanderia, aveva il potere di far sentire tutti gli altri, in normalissimi jeans e pullover, come se fossero vestiti a sproposito.

L'abbigliamento riusciva anche a farlo sembrare molto più grande dei suoi diciassette anni. O era quello, o il fatto che tre dei suoi sei fratelli, tutti maggiori di lui, aspettavano al suo cospetto in rispettoso silenzio in attesa di ciò che avrebbe avuto da dire.

Prima di continuare, Curufin lanciò una breve occhiata a Fingon e si rivolse a Celegorm.

– Rispiegami il motivo della sua presenza.

Cominciamo bene. Fingon odiava quando parlavano di lui come se non fosse presente.

– Te l'ho detto – disse con calma Celegorm dalla sedia sulla quale stava a cavalcioni, con le braccia incrociate sullo schienale, a destra della scrivania. – Aveva il diritto di sapere.

Fingon ringraziò il cielo che si fosse fermato lì, e non avesse aggiunto qualcosa del tipo "per quello che c'è stato tra loro". Era in quella stanza da cinque minuti e già rimpiangeva la sua decisione.

– E poi è uno che non molla mai, ci sarà utile. 

– Non ho mai sentito dei motivi meno validi – protestò Curufin, che considerava un affronto personale il fatto che ora a capo della Tirion ci fosse Fingolfin, il padre di Fingon. Poi aggiunse, per essere ancora più chiaro: – Non c'è posto per un Nolofinwion tra i nostri affari.

Dal letto su cui sedeva a gambe incrociate, Caranthir si allontanò dagli occhi un ciuffo di capelli scuri che gli nascondeva quasi del tutto il viso spruzzato di lentiggini, e puntando l'indice verso Curufin commentò: – Io do ragione a junior.

– Chiamami ancora una volta junior e ti avveleno i corn flakes – la caustica risposta del diretto interessato aveva tutta l'aria di non essere una vuota minaccia.

– Se mi uccidi anche solo in sogno è meglio che ti svegli e mi chiedi scusa – ribatté Caranthir, che aveva preso il vizio di esprimersi con frasi di vecchi film, per nulla intimorito dal fratello minore.

– Se io dico che Fingon resta, Fingon resta – tagliò corto Celegorm.

– Ok, ok… la presenza del Nolofinwion è approvata – acconsentì Curufin, cedendo in modo sospetto all'imposizione del fratello, – a patto che non si azzardi ad aprire bocca.

Fingon fece per ribattere, ma proprio in quel momento Maglor, il maggiore tra loro, che fino ad allora era rimasto in piedi presso la porta senza intervenire, decise che era arrivato il momento di farsi sentire.

– Scusate, ma che cosa ha il diritto di sapere? Volete spiegarmi che diavolo sta succedendo?

Era un bel ragazzo, con un'aureola di boccoli castani, i lineamenti regolari, gli occhi grigio-verdi e giusto un tocco di quell'aria da poeta maledetto che gli assicurava sempre il successo tra il pubblico femminile. Adesso però appariva sciupato e le sue dita mostravano che aveva ripreso a mangiarsi le unghie. Estrasse un pacchetto di sigarette dalla tasca posteriore dei jeans. Bastò uno sguardo di Curufin per farglielo rimettere via all'istante.

– Vuoi spiegarci perché siamo qui? – domandò ancora.

Curufin sistemò una matita allineandola con molta cura al blocco che teneva di fronte a sé, poi sollevò il mento e disse: – Forse non sapevi che Maedhros stava lavorando con papà.

Il fratello maggiore corrugò le sopracciglia e, chiaramente preso alla sprovvista da quell'affermazione, constatò: – Papà è morto due anni fa.

A quelle parole, la temperatura della stanza sembrò calare di qualche grado, e un silenzio teso si protrasse per un lungo momento.

Celegorm aveva raccontato a Fingon che nessuno si era più ripreso da quel dramma, che dal terribile giorno in cui Fëanor era stato ucciso, investito da un pirata della strada, tutto era cambiato in casa loro.

Di Maedhros evitava di parlare, ma gli aveva detto che Maglor aveva abbandonato la facoltà, come se, ora che il padre non c'era più, non ci fosse più alcun motivo di continuare una carriera che lui aveva sempre dichiarato di odiare, mentre Caranthir al contrario si era buttato negli studi con una tenacia che non aveva mai dimostrato prima. La madre, che passava molto tempo all’estero a causa del suo lavoro, aveva preso una lunga aspettativa per stare accanto ai figli, soprattutto ai minori, che andavano ancora a scuola.

Ma il fratello per cui Celegorm era più preoccupato era Curufin, che fin da piccolo aveva vissuto in una specie di simbiosi col padre. Il suo comportamento era stato il più inaspettato di tutti: Curufin non aveva mostrato reazione alcuna.

Fingon si ricordava ancora i suoi occhi asciutti al funerale.

Anche adesso riprese a parlare con voce ferma.

– Papà e Maedhros non ne avevano parlato con nessuno, ma stavano portando avanti delle indagini per conto loro, da quando il caso era stato archiviato.

Non c'era bisogno di spiegare a quale caso si riferiva. Anche la perdita del nonno aveva lasciato un grande vuoto.

– Sospettavano della Gothmog, ovviamente. 

– Ovviamente – borbottò Fingon, che si stava chiedendo quanto ci sarebbe voluto perché saltasse fuori la teoria del complotto. Dal suo punto di vista, l'unico errore commesso dalla Gothmog era stato quello di insistere nel tentativo di comprare la Tirion, quando era chiaro che né il nonno prima, né i suoi figli poi, pur tra tutte le loro divergenze, avrebbero mai ceduto alle strepitose offerte per l'acquisizione.

Curufin lo ignorò: – Quando me ne sono accorto ho cominciato a seguire da vicino le mosse della multinazionale, e di recente ho avuto la conferma che stanno partendo con la produzione di qualcosa di nuovo.

Fece una pausa, come se fosse superfluo pronunciare a voce alta la conclusione.

Poi alzò gli occhi al cielo davanti alla lentezza di quelle che lui considerava senza dubbio menti inferiori, e precisò: –  Si sono messi a lavorare sui progetti che hanno rubato a casa nostra.

– Come fai ad esserne sicuro? – domandò Maglor.

– Ci metterei due mesi a spiegarlo a te – disse Curufin, con la voce carica di quell'arroganza che non si curava mai di dissimulare, – ti basti sapere che quei progetti riguardavano lo sviluppo di un generatore di luce a consumo quasi nullo. Non ne esiste al mondo uno di uguale. La sua fabbricazione richiede materie prime particolari, un impianto di produzione completamente nuovo... non possono restare nascoste certe cose, a uno che sa dove guardare.

– E anche se fosse?

Curufin sospirò, esasperato, ma continuò la sua spiegazione: – Se riuscissimo ad accedere ai loro progetti, avremmo la prova che stanno lavorando all'invenzione di papà e potremmo accusarli di furto! E dato che gli originali erano custoditi nella cassaforte che hanno fatto saltare la notte in cui hanno ucciso il nonno, forse anche di omicidio. In ogni caso la Gothmog sarebbe spacciata.

– Perché non dire tutto alla polizia, allora? – lo incalzò Maglor.

Caranthir si intromise, con un sorriso ironico sulle sue labbra: – Sulla base di cosa, delle intuizioni di un diciassettenne sociopatico? Senza offesa, eh? – aggiunse in direzione di Curufin, forse temendo per i suoi corn flakes.

– E la mamma cosa ne pensa? – obiettò il maggiore.

Fu di nuovo Caranthir a rispondere: – La mamma? Ti sei bevuto il cervello? Ci manca solo che la carichiamo anche di questo peso!

– La mamma è fuori fino a lunedì – tagliò corto Curufin, – ha portato i gemelli in montagna.

– E ti ha lasciato qui da solo?

– Ehi! – esclamò Celegorm, – e io chi sono?

Maglor alzò gli occhi al cielo. – Ancora non capisco – disse, e Fingon gli fu grato di essere tornato al punto in questione, – hai mandato Maedhros a… a perquisire la Gothmog?

– Maedhros ha dodici anni più di me, è ovvio che non ce l'ho mandato – disse Curufin, ormai visibilmente spazientito. – È stata una sua idea.

– Cosa?!

– È stato lui a venirmi a chiedere aiuto. Dopo la morte di papà aveva continuato a lavorarci da solo ed era arrivato alle mie stesse conclusioni. Conosceva già anche il luogo dove venivano custoditi i progetti – aggiunse, non riuscendo a mascherare un certo rispetto.

– Ma come ha fatto a entrare? – domandò il maggiore.

– Caranthir ha corrotto uno degli addetti alle pulizie, si è fatto vendere le chiavi e una tessera magnetica – intervenne Celegorm.

– Ma che diavolo? – sbottò Maglor, – ero io l'unico a non sapere niente?

– Maedhros non voleva farti preoccupare – disse Celegorm, a bassa voce.

Maglor si prese la testa tra le mani – non ci posso credere – esalò, – dopo tutti questi anni, sempre la stessa storia!

Poi tornò a guardare Curufin e ordinò: – Avanti, dimmi tutto.

L'altro riprese con la consueta efficienza: – La rete di computer della Gothmog su cui tengono i loro file segreti non è connessa a internet…

– Significa che non può accedervi hackerando il sistema via web, come fa di solito – precisò Caranthir a un sempre più sbalordito Maglor.

– Bisogna accedere a una delle loro macchine per farlo – continuò Curufin, ignorando l'interruzione. – Maedhros doveva entrare nell'edificio, infilare un hard-disk che gli avevo preparato io in uno dei loro computer, attendere il tempo necessario al programma di sottrarre i dati, e uscire.

Fingon non riuscì più a trattenersi e a rischio di farsi buttare fuori esclamò: – ma voi siete fuori di testa!

Nessuno lo degnò di uno sguardo. In casa Fëanorion la follia era quasi un'abitudine, niente di cui scandalizzarsi.

Maglor gemette: – Cos'è andato storto?

– Ho perso il contatto con Maedhros – rispose Curufin senza perdere un briciolo della sua impassibilità. – So che è riuscito a entrare, che il programma ha fatto il suo dovere… ha detto "sto tornando a casa" e poi non l'ho più sentito.

Maglor impallidì. – Qual era il piano B? – mormorò avanzando lentamente nella stanza. Raggiunse la scrivania e vi si appoggiò con entrambe le mani, chinandosi in avanti con sguardo minaccioso. Celegorm si portò a fianco del fratello maggiore, forse per trattenerlo nel caso avesse tentato di scagliarsi contro Curufin. Quest'ultimo non si mosse di un millimetro.

– Qual era lo stramaledetto piano B?! – gli gridò in faccia Maglor e, a questo punto, Curufin rispose.

– Non c'era un piano B. Ha detto che avrebbe improvvisato.

Fingon imprecò. La situazione era peggiore di quanto si fosse aspettato e, se fino a qualche istante prima aveva nutrito ancora una debole speranza di poter uscire da quella casa per tornare alla sua vita, ora realizzò che non aveva altra scelta se non fare del suo meglio per aiutare quei folli cugini.

Si domandò se l'avesse mai avuta, una scelta, e gli tornò in mente un pomeriggio di aprile di tanti anni prima, quando si era ritrovato ad accettare un accordo che non aveva avuto alcuna intenzione di accettare, senza neanche sapere come fosse accaduto.
 

 

*******
 

 

Un attimo prima stava pensando a un vinile che doveva procurarsi per completare la sua collezione, con la brezza primaverile che gli dava sollievo dopo la sessione quotidiana di esercizi, e un attimo dopo suo cugino, che non vedeva da circa sei anni, era lì davanti a lui e il ricordo di una festa di compleanno di suo nonno era emerso dal passato e aveva cancellato ogni cosa.

 

Un pomeriggio estivo, una villa in campagna, un prato immenso poco distante dal porticato allestito come luogo di ristoro per gli invitati.

Lui e Celegorm, due quattordicenni costretti in abiti formali, gettate a terra le giacche, tiravano calci a un pallone. La palla era finita addosso a Caranthir, il suo gelato era caduto a terra, il ragazzino si era scagliato sul fratello maggiore. Maglor era intervenuto per sedare gli animi e si era beccato un calcio negli stinchi. La lite si era trasformata in zuffa e Curufin era corso a chiamare il padre.

Invece era arrivato Maedhros.

Era venuto avanti senza fare un gesto, ma i fratelli si erano separati di fronte al suo incedere. Non aveva alzato la voce, ma tutti si erano tesi comunque in ascolto. 

Aveva spiegato a Caranthir che chi perdeva un gelato aveva diritto ad averne altri due in risarcimento, aveva scambiato una battuta scherzosa con Celegorm e uno sguardo d'intesa con Maglor. Aveva sorriso a Fingon, come per scusarsi del comportamento dei fratelli.

Per quando era arrivato il padre, con Curufin per mano, tutto era già risolto. Maedhros aveva detto qualche parola a Fëanor in una lingua che Fingon non conosceva, il padre gli aveva sorriso, gli aveva stretto per un attimo il braccio in un gesto carico di orgoglio ed era tornato da dove era venuto senza mai lasciare la mano del piccolo.

Fingon aveva ripreso il gioco con Celegorm, ma ogni tanto era tornato con lo sguardo nella direzione in cui Maedhros si era allontanato.

Era rimasto molto colpito da ciò che era accaduto. Era rimasto colpito dal comportamento del cugino, da ciò che era riuscito a fare, dalla sua autorevolezza.

Ma c'era qualcosa di più. Qualcosa di nuovo, di insolito.

Era rimasto colpito anche dal suo aspetto, dal fisico alto e slanciato, valorizzato dall'abito elegante, dagli occhi chiari, che sembravano brillare come argento, dai capelli bruno-ramati, di cui riusciva a ricordare ogni singola sfumatura.

Confuso e sorpreso, come chi sta per affacciarsi sull'adolescenza, aveva avuto per la prima volta un'intuizione di quelle che sarebbero state le preferenze del suo cuore. 

 

E adesso, dopo tutti quegli anni, Maedhros era lì, nella sua stanza disordinata, a due passi da lui.

Per nulla diverso da come se lo ricordava, anche se aveva i capelli più corti e i tratti del viso più asciutti. Vestiva una polo scolorita dall'uso e un paio di jeans scuri, che su di lui facevano lo stesso effetto dell'abito che aveva indossato quel giorno.

All'improvviso, Fingon si rese conto delle proprie condizioni: malvestito, scarmigliato, affaticato dall'allenamento, col sudore che gli si stava asciugando addosso.

Ci mise tutto l'impegno di cui disponeva per mostrarsi indifferente, e questo finì senza dubbio per distrarlo, perché nel giro di pochi minuti si trovò a stringergli la mano e a promettergli che l'indomani sarebbe andato a lezione da lui, anche se non ne aveva avuto la minima intenzione.

E il peggio fu che l'indomani, a mente fredda, ci era davvero andato a lezione! Con tutti i libri delle materie che doveva recuperare, un paio di quaderni comprati apposta e, per puro caso, quella maglietta blu scuro che ben si intonava col colore dei suoi occhi. Sua sorella aveva sorriso nel vederlo uscire di casa, ma non aveva fatto commenti.

E le sorprese non erano finite, perché la lezione non si era rivelata affatto la tortura che si era aspettato!

Anzi, in breve tempo si era reso conto che anche gli argomenti più ostici, se spiegati dal cugino, non erano poi così difficili da capire e che quelli più noiosi, visti da una prospettiva diversa, racchiudevano sempre un aspetto interessante.

Insomma, due ore di studio erano volate via, senza che nemmeno se ne accorgesse.

Avrebbe persino potuto definirle gradevoli, almeno fino al momento in cui Maedhros, con aria sorpresa, gli aveva domandato come potesse avere dei problemi con la scuola, dato che nella sua lunga esperienza aveva incontrato di rado studenti così svegli, e lui si era ritrovato, chissà come, a rovesciargli addosso cose che non aveva mai osato dire a nessuno.

– Prova a dirlo a mio padre – era arrivato a dire, a quel cugino quasi sconosciuto, – per lui non sono io il figlio intelligente, come non smette mai di ricordarmi. È da quando è nato che mi paragona a mio fratello... adesso siamo pure in classe insieme, maledetto me che ho perso l'anno! "Turgon ha bei voti, Turgon lavora d'estate, Turgon ha una ragazza incantevole"… non ti dico la faccia che ha fatto quando gli ho portato a casa il mio primo fidanzatino…

E così via, un fiume di parole che si era riversato inarrestabile oltre gli argini della razionalità. Verità che si mescolavano con iperboli, l'obiettività che lasciava il posto all'esasperazione.

Una bella scenata da adolescente insicuro servita a un ventiquattrenne colto ed equilibrato, su cui, fino a quel momento, non si era reso conto di quanto ci tenesse a fare una bella figura.

Quando finalmente era riuscito a porre un freno a quello sfogo infantile, esagerato nei toni e nei contenuti, consapevole di essere arrossito, aveva abbassato lo sguardo sulle proprie mani e aveva atteso la reazione del cugino in un silenzio imbarazzato.

Ma con sua grande sorpresa Maedhros, che lo aveva ascoltato con attenzione e senza mai interromperlo, quando alla fine aveva parlato non l'aveva fatto per giudicare.

– Spesso i genitori richiedono molto non perché hanno una scarsa considerazione dei figli, ma proprio per il motivo opposto. È solo un modo per spronarci a dare il meglio di noi stessi.

Poi gli aveva posato una mano su una spalla e aveva sorriso: – A volte invece non capiscono un accidente e tocca a noi mostrargli che hanno torto. Quindi, diamoci dentro.

E come se nulla fosse, come se quello sfogo non fosse mai avvenuto, o come se cose del genere rientrassero nella sua esperienza quotidiana, aveva ritirato la mano chiedendogli: – Cosa stavamo dicendo della poetica di Blake?

Allora Fingon aveva ricambiato il sorriso, sbirciando l'altro da sotto le ciglia, sentendosi per la prima volta capito e accettato per quello che era, e pregustando la giornata successiva, quando avrebbe condiviso con quello strano cugino quella che era da sempre la sua più grande passione.




 

________________
 

Note

01.
Per chi se lo stesse chiedendo, Caranthir cita Quentin Tarantino (Le Iene, 1992).

02.
Ringrazio chi ha letto fin qui e chi ha voluto lasciarmi un commento.
Essendo l'AU un territorio nuovo per me, le vostre impressioni sono, se possibile, anche più gradite del solito!

03.
Appuntamento a lunedì per il prossimo capitolo!

 

  
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