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Autore: Shatzy    20/05/2009    10 recensioni
[Seconda classificata al contest "Donne Assassine", indetto da bambi88 e kalanchoe]
“Sono Sabaku no Temari” si presentò con voce incerta e fiera insieme, mentre la luce giallastra del lampo si rifletteva per un solo istante sulla sua pelle, accendendo di una strana scintilla gli occhi verdi. “E sono un’assassina.”
E dopo fu solo il fragore del tuono.
Asuma la guardò scettico, facendosi da parte.
“Ehm…” provò. “Vuoi entrare?”

[ShikaTema]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Asuma Sarutobi, Shikamaru Nara, Temari | Coppie: Shikamaru/Temari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il cielo scuro era appesantito da grandi nubi cariche di acqua, l’elettricità dell’aria si poteva percepire facilmente, le strade erano deserte, per via dell’ora tarda, e solo qualche pezzo di carta era mosso da folate di vento sporadiche

Disclaimer: i personaggi citati non sono miei, ma dei legittimi proprietari. Da parte mia non c’è alcuno scopo di lucro.

 

Note: questa fanfic si è classificata seconda al contest “Donne Assassine” di bambi88 e kalanchoe.

È lunga, estremamente lunga, ma spero che qualcuno riuscirà ad arrivare alla fine ^^

 

 

I won’t lie

 

 

Even if I end up broken hearted

I won't lie

I don't wanna hear goodbye

But either way I'll be alright.

[Anche se finirò con il cuore spezzato

Non mentirò

Non voglio sentire un addio

Ma in un modo o nell'altro starò bene.]

 

(Don't let me stop you - Kelly Clarkson)

 

 

 

Il cielo scuro era appesantito da grandi nubi cariche di acqua, l’elettricità dell’aria si poteva percepire facilmente per le strade deserte, e l’ora antelucana non faceva che aumentare il buio e la solitudine di quel luogo. Solo qualche folata di vento sporadica movimentava la scena, risuonando tetra tra le fronde degli alberi e facendo riecheggiare il tintinnio di qualche lattina vuota abbandonata nel pomeriggio sulla via.

Una figura si trovava fuori l’ingresso di una casa poco appariscente, ferma sull’atrio mentre si avvicinava un temporale non indifferente, a giudicare dalle scariche elettriche che percorrevano il cielo plumbeo. La porta era aperta, ma lei esitava. L’alba quella mattina avrebbe tardato ad arrivare.

“Sono Sabaku no Temari” si presentò, con voce incerta e fiera insieme, mentre la luce giallastra del lampo si rifletteva per un solo istante sulla sua pelle, accendendo di una strana scintilla gli occhi verdi. “E sono un’assassina.”

E dopo fu solo il fragore del tuono.

Asuma la guardò scettico, facendosi da parte.

“Ehm…” provò. “Vuoi entrare?”

 

*

 

Temari aspettava fuori l’ingresso di un ristorante, con le braccia incrociate al petto e un’espressione che avrebbe fatto scappare all’istante anche un pluriomicida.

“Ehi” si sentì chiamare stancamente da qualcuno alle spalle, e voltandosi svelta lo fulminò, riconoscendo la voce.

“Sei in ritardo!” lo aggredì.

“Lo so, lo so, scusa” provò il ragazzo, decisamente spaventato e non più tanto sicuro di voler continuare la serata.

“E pensi che questo basti?”

“Non è colpa mia!” si difese. “E’ solo che quando sono uscito di casa… ecco…” si fermò, arrossendo.

“Non dirmelo” lei si passò una mano sul viso, incredula. “Tua madre ha fatto storie?”

“Beh, voleva solo sapere dove andavo, e con chi…” s’imbarazzò lui, evitando di guardarla.

“Un appuntamento con una ragazza, non potevi dirglielo?” chiese in modo retorico, mettendolo ancora meno a suo agio.

“Ci ho messo un po’ per sbarazzarmi di lei” rispose solamente, ritrovando il suo contegno.

“Oh, ma che carino… La mamma era preoccupata per il suo bel bimbo” lo prese in giro, ridendo, mentre lui assumeva tonalità di rosso mai viste prima. “Ciò non toglie che sei in ritardo con me” tornò seria, sottolineando il problema.

“Scusa… Ma ho tardato solo di cinque minuti, pensi di poterci passare sopra o mi vuoi uccidere?”

Lei lo guardò, assottigliando gli occhi. “Shikamaru, è meglio se non sai la risposta…” minacciò, con voce fintamente calma.

Lui deglutì, ma poi si riprese del tutto, ritrovando coraggio. “Entriamo?” propose, aprendole la porta del locale per farla passare per prima.

Lei lo fissò scettica, per poi incamminarsi. “Lo sai che è maleducazione far entrare per prima una donna in un posto?” gli fece notare saccente, senza degnarlo di un’occhiata.

Shikamaru la guardò mentre lo superava di un paio di passi, poi si riscosse, seguendola. “Scusa…” ripeté.

 

*

 

“Grazie mille” disse Temari, accettando volentieri la tazza di tè fumante che le veniva porta. L’uomo si sedette poi di fronte a lei, dall’altro lato del tavolino, incrociando le gambe per terra.

“Allora… Temari” calcò il suo nome, “continua pure il tuo racconto” la incoraggiò.

“Oh, certo. Dunque, siamo entrati in questo locale per cenare, ieri sera, era molto carino devo dire, e poi…

“Con Shikamaru” puntualizzò lui.

“Sì, l’ho appena detto. Era arrivato in ritardo” gli ripeté, mentre sorseggiava il suo tè.

“E… Yoshino sta bene, vero?” s’informò cauto.

“Uhm? Non lo so, credo di sì” lei scrollò le spalle, indifferente.

“Ah… ok” si rassicurò.

Al momento, Asuma non sapeva bene cosa chiedersi per primo. Cosa ci facesse Temari del Deserto in casa sua di prima mattina, ad esempio, oppure perché mai gli si fosse presentata dieci minuti prima con quella frase inquietante che gli aveva messo i brividi. O ancora cosa c’entrasse lui con le beghe amorose del suo allievo.

Si accese una sigaretta, cercando di fare ordine nella sua testa.

“La può spegnere? Mi dà fastidio” gli fece notare lei, con quel tono saccente con cui aveva iniziato a raccontare ciò che le era successo.

“Oh, sì, scusa” pigolò, spegnendo immediatamente l’oggetto nel posacenere, messo a disagio da quei due occhi penetranti. E da quel “sono un’assassina” che gli rimbombava nella testa, c’era da ammetterlo senza vergogna.

“Non sapete dire altro, voi uomini?” ghignò lei.

Ma forse la domanda giusta da porsi in quel momento, per Asuma, era perché tutte a me.

“Ehm… Ti serve altro o puoi continuare?” cambiò discorso.

“Ah. Dicevo, siamo entrati nel ristorante e abbiamo scelto un tavolo a cui sederci…

 

*

 

“Ma proprio qui dovevamo sederci? Sembra di stare in vetrina” si lamentò Temari, notando la grande finestra al suo fianco che dava sulla strada.

“Se non ti andava bene potevi scegliere un altro posto invece di far decidere a me” le fece notare lui, poggiando la guancia su una mano, stanco.

“Mi hai chiesto di uscire per poi avere quella faccia tutto il tempo?”

“Questa è la mia solita faccia. E sei tu che hai chiesto a me di uscire!” precisò.

Lei si limitò a scrollare le spalle. “Mi annoiavo a morte, e tu eri l’unico disponibile” chiarì.

“Grazie, eh!” disse ironico.

“Prego” gli sorrise. E Shikamaru sbuffò.

 

*

 

“Ah, quindi ti sei proposta tu…” notò Asuma.

“Mi annoiavo. Ed ero affamata da morire” rispose soltanto lei.

“Beh, ma voi due siete amici, no? Oppure gliel’hai proposto sperando in altro?” s’informò attento.

Temari ci pensò su, girando con il cucchiaino la bevanda calda. “Posso avere altro zucchero?” chiese poi.

Asuma sospirò, alzandosi per accontentarla. “Intanto prosegui il racconto…”

 

*

 

“Non abbiamo mangiato male” cominciò Shikamaru, mentre la cameriera gli portava via il piatto vuoto.

“Insomma…”

“Voi donne state sempre a lamentarvi” borbottò lui seccato.

“Forse diciamo solo la verità, e abbiamo di sicuro un palato più raffinato di voi uomini” evidenziò sicura lei.

“Considerando il miscuglio di carne e pesce che hai fatto stasera, ti devo proprio dare ragione, Temari” la prese in giro, ridacchiando.

Lei arrossì un po’ dalla rabbia. “Vai a pagare e usciamo di qui!” lo riprese.

“Cosa? Mi inviti tu e devo pagare io?!” si allarmò.

“Ti piace tanto fare l’uomo della situazione, ora ne hai l’opportunità” spiegò calma lei.

Shikamaru sbuffò, prima di mettere mano alla tasca dei pantaloni… per poi passare a quella sull’altra gamba, con la fronte aggrottata.

“Che c’è?” chiese lei, accavallando le gambe e fissandolo irritata.

“Niente… solo che…” provò lui, andando a controllare le tasche presenti anche sulla giacca.

Temari lo fissò sconvolta, per poi sospirare unma come mi è venuto in mente?’

“Ok, questa scena è davvero patetica” si limitò a fargli sapere.

“Ma no, aspetta un attimo, non posso aver perso il portafoglio, quando sono uscito di casa c’era.”

“Da ragazzino quale sei ti sarà caduto per strada mentre camminavi!” lo accusò. “Senti, lascia perdere, faccio io” e detto ciò si alzò dal tavolo, dirigendosi a passi misurati verso il bancone, lasciando il ragazzo da solo come un povero scemo.

Shikamaru poi si accorse delle occhiate delle altre donne presenti nel locale, sguardi d’intesa e risate in sottofondo. Di certo il tono di voce di Temari non era passato inosservato, si limitò a pensare, arrossendo.

Temari, ti aspetto fuori” le fece sapere, uscendo di corsa dal ristorante e morendo di vergogna.

 

*

 

“Questa è proprio da Shikamaru” ridacchiò Asuma, mentre Temari lo guardava con un sopracciglio alzato, seria.

“Io non ci trovo niente da ridere, sa?”

E quello sguardo freddo riportò l’uomo alla realtà, facendolo tornare serio di colpo. “E poi che è successo?” domandò quindi in un sussurro.

“Poi l’ho riaccompagnato a casa.”

 

*

 

Temari, sto bene, non mi stare così appiccicata!” si lamentò il ragazzo, cercando di scostarsi un po’.

Ma la presa della ragazza sul suo braccio era ferrea. “Siamo quasi arrivati, fa’ silenzio.”

“So camminare da solo” riprovò.

“Non ne sarei così sicura…”

Lui sbuffò, lasciandosi però guidare da lei. “Non c’è bisogno che mi segui fino a casa.”

“I minorenni non dovrebbero bere alcolici” si limitò a fargli sapere, con un sorrisetto di sfida.

“Era solo un bicchiere di sake, che vuoi che succeda?”

“Meglio non rischiare.”

Si fermò, fissandola con occhi socchiusi. “Ti diverti, non è vero?”

“Da morire” ghignò.

Shikamaru alzò gli occhi al cielo, dove le stelle erano velate da qualche rara nube che andava accrescendosi. Si lasciò trascinare verso casa dalla ragazza, approfittando in segreto della situazione, e di lei così vicina. Per fortuna la loro meta non era poi così lontana, e dopo aver svoltato per un paio di viuzze si ritrovarono davanti al portone antico.

“Se mi lasci il braccio forse riesco ad aprire la porta”  la rimproverò mite, nascondendo il disagio.

Temari lo lasciò, guardandolo mentre infilava una mano nella tasca. “Sperando che le tue chiavi non siano vicine al portafoglio…” lo prese in giro.

Lui la guardò male. “Eccole” gliele mostrò orgoglioso, lasciando tintinnare il portachiavi in ferro e aprendo infine il portone.

“Uhm, carina” si limitò a dire Temari, entrando per prima nell’abitazione e guardandosi attorno.

Il ragazzo sbuffò, chiudendosi la porta alle spalle e borbottando qualcosa che suonava come un “è maleducazione solo quando vuole lei” e un “non sono una femminuccia”.

“Allora?” lo incalzò, voltandosi a guardarlo.

“Allora cosa?”

“Non mi fai fare un giro?” gli sorrise curiosa. “O hai paura che i tuoi scoprano che hai portato una ragazza a casa?” ghignò, spiando divertita oltre uno stipite per avvistare un’ombra dei suoi genitori.

“I miei non ci sono” si limitò a farle sapere, superandola e facendole segno di seguirlo. “Di qua.”

“Davvero? E dove sono?”

 

*

 

“Ah, giusto, la cena a casa degli Yamanaka!” esclamò Asuma all’improvviso.

Temari lo guardò, seccata di aver dovuto bloccare di nuovo il suo racconto. “Esatto.”

“E’ da una settimana che Ino non parla d’altro durante gli allenamenti, era una cena celebrativa del vecchio Team…

“Tra alcool a fiumi e vecchie storie, interessante…” disse palesemente ironica, mentre spalmava la marmellata di more su un biscotto di pastafrolla.

“Strano però, Ino aveva minacciato di morte sia Choji che Shikamaru se non si fossero presentati” ci pensò, portandosi una mano sotto al mento.

“Forse le mie minacce sono più pericolose” evidenziò con un ghigno, facendo risuonare con un gesto secco il coltello sul tavolo.

Asuma riportò velocemente il braccio sul tavolino, prestandosi all’ascolto. “Continua pure, Temari-san…”

 

*

 

“Vuoi bere qualcosa?” disse la ragazza, avvicinandosi alla credenza della cucina.

“Fai come se fossi a casa tua, eh…” si risentì lui.

Temari aprì la vetrina, scrutando l’interno. “Tu rimani lì come uno stoccafisso, quindi farò io gli onori di casa” si limitò a fargli sapere con un’alzata di spalle.

Shikamaru ignorò l’ennesimo epiteto poco carino della serata, guardandola prelevare con espressione curiosa una bottiglia dal suo ripiano. E meno male che era stata lei ad insistere per uscire insieme! Non osava immaginare la fine tra atroci sofferenze dei poveretti che in passato avevano osato dichiararsi a quella furia…

“Per me acqua, grazie” le rispose.

Lei inarcò un sopracciglio, divertita. “Ma che bravo bambino!” disse, versandosi un po’ di liquore in un bicchiere. “Certo che tuo padre ha proprio ottimi gusti…

“Ehm, Temari? Non credi che sia un po’ eccessivo?” domandò cauto, notando la gradazione esposta sull’etichetta.

Lei si limitò ad ingoiare tutto in un solo sorso, lasciandosi poi scuotere da un brivido. “Eccessivo? La notte a Suna è molto fredda” gli fece sapere, versandosi il secondo bicchiere.

“E bere alcool è il metodo per scaldarsi?”

“E’ un metodo per scaldarsi” evidenziò, sorridendo maliziosa al suo indirizzo.

Il ragazzo arrossì, fissando il pavimento. “Dammi qua” borbottò, sfilandole il bicchiere dalle mani e bevendone il contenuto a sua volta, sotto lo sguardo divertito di lei.

Temari poi si avvicinò alla porta del salotto, oltrepassandola. “Da che parte è la tua camera?”

 

*

 

“Ah, ma quindi sei ubriaca” constatò Asuma, battendo il pugno chiuso sul palmo della mano. “Ora capisco…” l’intrusione mattutina, il discorso senza capo né coda, la frase sconclusionata con cui ti sei presentata…  

Mh? Che dice?” chiese, fermando di nuovo il suo discorso. “La smette di interrompermi?”

“Ah? Ehm, ma certo” concordò.

“Ha mica qualche altro biscotto?” domandò indiscreta, giocando con il manico della tazza ormai vuota.

“Vado a prenderteli” sospirò, alzandosi di nuovo in piedi.

“Al cioccolato sono i migliori” gli fece sapere, alzando il tono di voce affinché lui potesse sentirla dall’altra stanza. “Dunque” riprese poi. “Mi ha portato nella sua camera e ci siamo richiusi la porta alle nostre spalle. Mi aspettavo chissà cosa, e invece non è un granché…

 

*

 

“Non è un granché” ammise Temari, guardandosi attorno.

“Chissà perché, ma lo immaginavo…” rispose sarcastico, andando a sedersi sul letto.

Lei si avvicinò alla finestra, guardando fuori. “Vista banale sul parco…” commentò, aprendo i vetri per un attimo e richiudendoli svelta, dopo esser stata investita dall’aria umida della notte. Troppo umida per una notte normale.

Continuò poi ad aggirarsi per la stanza, spostando e scrutando gli oggetti che più la incuriosivano, sotto lo sguardo fintamente annoiato del ragazzo.

“Hai finito?”

Temari sorrise, prendendo una fotografia dal comodino e sdraiandosi poi sul letto. “La foto del tuo Team” disse, osservando le quattro figure sorridere al di là della cornice.

Mh” annuì lui, stendendosi accanto a lei.

“Vicino la foto dei tuoi genitori e a quella di te bambino… Patetico. Tra l’altro, è una vita che hai sempre la stessa espressione, è un record!” lo prese in giro ridendo.

“E’ la mia faccia, non posso cambiarla” dichiarò, leggermente colpito, mentre tentava di allontanarsi da lei per quel poco che il letto gli consentiva.

“Questo è il tuo sensei?” chiese lei, indicando la figura dell’unico uomo adulto nella foto.

“Sì…” si limitò a rispondere Shikamaru, guardandola di sottecchi.

Temari squadrò meglio la figura, assottigliando gli occhi. “E’ un bell’uomo, ma ha una faccia da stupido.”

 

*


“Ehi!”

Kurenai non gli aveva mai detto nulla del genere! Non poteva essere vero!

Mh? Che c’è?” chiese innocentemente Temari, ingoiando un biscotto al cacao.

“Niente… Continua pure” Asuma capitolò.

 

*

 

“Ti piace il mio sensei?” domandò atono Shikamaru.

“Te l’ho detto, è un bell’uomo. E’ alto e robusto, dà idea di protezione…” cominciò Temari, fissando il soffitto, divertita.

“Protezione?! Per te?” borbottò lui.

“Sembra anche un tipo abbastanza intelligente da riuscire a capire la metà di quello che vuole una donna.”

“Perché l’altra metà non la sapete nemmeno voi…” sussurrò imbronciato.

“E poi ha il fascino dell’uomo maturo” ridacchiò.

“Ah, certo… Sempre a scegliervi uomini più grandi. Come se l’età servisse a qualcosa.”

“Certo che serve!” s’impuntò lei.

“E a che? Pensi che un uomo con dieci anni più di te sia meglio di uno… con…” affievolì la voce, imbarazzato, perdendo il filo del suo discorso iniziale.

“Tre di meno?” gli suggerì.

Shikamaru arrossì, voltando la testa da un lato. “Non serve a niente…”

“Invece sì. Un uomo più grande di me di dieci anni avrà forse la maturità necessaria per tenermi testa, invece uno con tre di meno…” lasciò la frase incompiuta, tirandogli una guancia con la mano.

“Ahi” si lamentò lui, tornando a guardarla.

“Ti sei offeso?” domandò, prendendolo in giro.

“Figuriamoci… Tanto a me non interessano le donne più grandi. Anzi, non mi interessano proprio le donne in generale!

Temari lo guardò dapprima stupita, poi ghignò.

“Ho due fratelli, se vuoi te li presento…” provò, non riuscendo a trattenere la risata.

“Non intendevo questo!”

“No?!

“No!” Lei continuò a ridere, sotto lo sguardo imbronciato e vagamente imbarazzato di Shikamaru. “Non ci trovo niente di divertente…”

“Io sì” affermò, tornando poi seria. O almeno ci provò. “Il tuo sensei è libero?”

Il ragazzo sbuffò, seccato. “No.”

“Che peccato…”

“La smetti?”

“Solo quando mi dirai che ti piaccio.”

“Cosa?! Scordatelo, non vedo perché dovrei mentire” si affrettò a rispondere il ragazzo, colto alla sprovvista.

“Lo sappiamo entrambi che è così, vedrai che dopo avermelo detto ti sentirai meglio” provò, ridendo.

“Non devo dirti proprio niente, se non che si sta facendo tardi ed è meglio se torni in albergo.”

“Svii il discorso?”

“Lo chiudo.”

Temari si avvicinò, sogghignando. “Io. Ti. Piaccio” sillabò divertita.

“A me sembra il contrario, da come mi stai appiccicata…” si mise sulla difensiva, arrossendo.

“Non l’ho mai negato, io” rispose, sorridendo.

Shikamaru sgranò gli occhi, per poi sentire di nuovo la risata di lei. “La pianti di prendermi in giro?”

“Solo quando ti libererai da questo peso” accordò lei.

Mpf.”

“Mi accontento anche solo se mi dici che mi trovi molto carina.”

“Carina?! Tu?” borbottò, voltandosi su un fianco.

“Allora dimmi che sono l’unica che ti fa sentire così” continuò, prendendogli un braccio e tentando di guardarlo in faccia.

“Così seccato, certo.”

“E se mi dici che…”

“No!” fu l’ennesimo rifiuto.

“Ma mi sta ascoltando?!

 

*

 

Asuma si riscosse all’improvviso dai suoi pensieri. “Eh?” si ritrovò a chiedere, spaesato.

“Le ho chiesto se mi stava ascoltando!” ripeté Temari, infastidita.

“Ah… ma sì, certamente.”

“E allora ripeta” ordinò lei, con fare autoritario.

Asuma si passò una mano tra i capelli, pensieroso. “Beh, siete entrati nella sua camera, e avete cominciato a litigare per… ehm, qualcosa” spiegò incerto.

Temari non fu molto entusiasta, ma si fece bastare la risposta. Prese un coltello sul tavolino, con la punta ancora sporca della marmellata di prima, iniziando poi a squadrarlo attentamente, vedendo come la debole luce della stanza illuminasse il metallo.

“Ha iniziato a piovere” gli fece sapere poi, distraendosi e notando le fini gocce di acqua che rimbalzavano sul davanzale della finestra.

“Già…” commentò l’altro.

“Continuo?” chiese, con quel luccichio negli occhi che era apparso poco prima sulla soglia dell’appartamento.

Asuma si ritrovò a deglutire a vuoto, dandole il consenso.

 

*

 

“E va bene, basta!” Shikamaru si voltò verso di lei, ponendo fine alla discussione. “Tu mi piaci, ok?” ammise urlando, assumendo una tenera sfumatura di rosso che tanto ricordava il sangue vivo.

Quella non era proprio il suo ideale di dichiarazione.

Innanzitutto era stato costretto. Da una donna.

E poi lei aveva giocato sull’esaurimento. Di lui.

No, non andava proprio bene, questo era una di quei segreti da nascondere per sempre ai nipoti, quando si raccontano le storie di gioventù.

Nel frattempo nella stanza era calato il silenzio, mentre anche Temari arrossiva un po’. L’imbarazzo era palpabile, tanto da poter quasi essere tagliato con un kunai, e i due continuavano a guardare il soffitto, l’uno affianco all’altra.

“E quindi ora che facciamo?” chiese Temari, sussurrando.

“Non lo so” fu la pronta risposta di lui.

La ragazza espirò, facendosi forza.

Gli sfiorò poi la mano, intrecciando le dita con le sue.

“Spegni la luce.”

 

*

 

“Ehm, non sono sicuro di voler sapere come continua questa storia…” la fermò Asuma.

“No? C’è gente che ucciderebbe per arrivare fino in fondo!” ghignò lei di rimando.

C-continua pure…”

 

*

 

Shikamaru tastò il muro vicino al letto alla ricerca dell’interruttore, facendo poi piombare la stanza nell’oscurità.

Fuori c’era il rumore lontano della tempesta che si avvicinava, le nuvole si scontravano tra loro provocando un mormorio sommesso.

Temari chiuse gli occhi per un attimo, sospirando e raccogliendo le forze. Si voltarono entrambi su un fianco, per avvicinarsi di più. “D’accordo…” disse lei, a seguito di un suo ragionamento mentale. “D’accordo” sussurrò ancora, sfiorandogli il petto con una mano.

“Che proponi?” chiese lui, teso e incerto.

Temari sospirò, avvicinandosi ancora.

“Penso che potremmo iniziare così” disse, sfiorandogli la guancia con le labbra. “E magari continuare così” propose, intrecciando poi una gamba tra le sue.

Mh, e poi?”

“E smettila con quel tono stanco, lo so che non ti dispiace” sorrise, contro il suo mento.

“Mai detto il contrario” chiarì.

Temari sorrise, baciandolo piano sulle labbra, in un modo un po’ impacciato ma che aveva del tenero, per poi abbracciarlo più stretta, aggrappandosi alla sua maglietta. Fece risalire la gamba tra le sue cosce, che lui prontamente bloccò.

“Sei proprio sicura?”

“Di fare cosa?” chiese fintamente ingenua. E poté giurare di vederlo arrossire anche al buio.

“Non dobbiamo per forza....

“Abbiamo la scusa dell’alcool” sorrise, riprendendo a baciarlo.

“I tuoi fratelli mi uccideranno…” provò a dire lui, mentre la stringeva a sé.

“I miei fratelli sono a Suna, ben lontano da qui” spiegò, mentre gli accarezzava la pelle della schiena, piano.

“Noi…” provò, ma le sue labbra lo fermarono ancora. “Temari, noi siamo amici.”

E lei lo guardò per un attimo, curiosità mista a divertimento.

“Oh…” sembrò accettare il suo rifiuto, spostandosi di poco, leggermente infastidita. “Se proprio non vuoi…” sottolineò.

“Non è che non voglio” precisò lui. “E’ solo che…” provò a difendersi, ma il visino corrucciato di lei gli fece cambiare idea. “Come vuoi” capitolò, stringendola di nuovo a sé.

“Ecco, così va meglio” sorrise di vittoria, lasciandosi coccolare un po’, tra un bacio sempre meno casto e una carezza più approfondita. Lui intrecciò di nuovo le loro gambe, portando una mano a sfiorarle la coscia, alzandole il vestito. Quella pelle liscia e morbida era meglio di qualunque sonnellino extra previsto per quella sera.

Lei si strinse più forte, lasciandosi sfiorare con quella delicatezza. Gli baciò ancora le labbra, il mento, il collo, mentre lui la faceva scivolare dolcemente sotto di lui. Temari si sentì inebriata da tutte quelle attenzioni, rivolte solo a lei, lasciò che la mano di lui s’infilasse sotto la stoffa, toccandole i fianchi, la pancia, arrivando con un’impacciata carezza fino al seno. Arrossì, nonostante tutto, dalla delicatezza che gli era propria, e strinse le cosce attorno alla gamba di lui.

“Che c’è?” chiese lui, fermandosi e guardandola negli occhi.

“Niente” rispose decisa.

Ma entrambe le voci erano affaticate.

“Allora posso…?” chiese il permesso.

“Sì” glielo concesse, mentre lui riprendeva ad accarezzarla piano, baciandola sul collo.

Era normale sentire tutto quel calore dentro di lei? Era normale pensare che avere il suo corpo così intrecciato al suo la facesse sentire in qualche modo completa? Era normale provare certe emozioni?

Sentiva solo le labbra frementi di Shikamaru che la baciavano, labbra, collo, petto, di nuovo labbra, e le sue mani che sfilavano i bottoni del vestito, lente e tremanti. E sentiva il suo respiro contro il suo corpo, che le provocava brividi caldi lungo la schiena, e chissà se anche lui aveva lo stomaco stretto, il cuore che batteva impazzito, e un desiderio che lo rendeva impaziente e calmo.

E poi…

 

*

 

“Basta! Ho già sentito abbastanza!” Asuma si portò le mani sulle orecchie, tentando di non ascoltare oltre. La ragazza lo guardò placida.

“Che succede?”

“Ho capito, non c’è bisogno che ti soffermi anche sui particolari, non interessano a nessuno” spiegò con fare agitato, vagamente imbarazzato.

“Ah…” Temari si stupì, scrollando poi le spalle. “Come vuole. Ci vorrebbe qualche dolcetto alla crema per concludere al meglio questo spuntino, sa?

Ma Asuma stavolta non gliela diede vinta. Non più. “No, smettila! Ma insomma, si può sapere che ci fai tu qui e a quest’ora?” chiese esasperato, alzando il tono di voce, di solito sempre troppo calmo.  

Il volto della ragazza si rabbuiò, mentre le sopracciglia si avvicinavano, pensierose. Capì che il tempo per giocare era finito, ed era ora di fare le cose seriamente. Se aveva scelto proprio Asuma, che oltretutto conosceva poco, il motivo era chiaro.

“E’ per quello che è successo…” sussurrò calma.

“Che gli hai fatto?!” si ritrovò a chiedere lui con tono più alto del dovuto, un po’ spaventato, mentre sgranava gli occhi.

Era tutta la serata che si chiedeva che stesse succedendo, e cosa fosse veramente accaduto qualche ora prima. Ormai era stanco, i nervi stavano cedendo, voleva solo sapere se il suo allievo preferito stesse bene. Se fosse vivo, ecco.

Che quella ragazza oltremodo fastidiosa l’avesse soffocato col cuscino? O magari l’aveva sfiancato troppo… Sì, guardandola bene poteva essere.

Morto per eccessiva stanchezza, era la fine degna di Shikamaru, a ben pensarci…

“Io niente!” si difese lei, sicura e leggermente imbarazzata, riportando l’attenzione su di sé.

Asuma la guardò, ricomponendosi subito e rientrando nella sua aura di assoluta calma. “Ti ha fatto qualcosa che non hai gradito?” domandò cauto, tornando pacato come al solito.

N-no, non proprio” ammise lei, incerta, fissandosi le mani intrecciate.

“E allora cosa…?”

“E’ per quello che è successo dopo” spiegò meglio.

 

*

 

Temari guardò le nuvole addensarsi oltre il vetro della finestra, mentre il vento che si rafforzava si andava ad infilare tra gli stipiti, creando spifferi fastidiosi che soffiavano precisi contro la sua tempia. Shikamaru era accoccolato contro di lei, tenendo stretta la schiena della ragazza al proprio corpo, mentre con una mano le accarezzava piano i capelli, e con l’altra cingeva la sua vita, in modo che lei potesse tenere strette le sue dita tra le proprie.

Il lenzuolo li copriva appena, ma bastava il respiro di lui contro la sua spalla a dare a Temari un senso di enorme calore. E di calma, e di stanchezza, e di pace…

Temari…” poi lui la chiamò piano, con il tono fiacco di chi è in uno stato di dormiveglia, ma ha ancora qualcosa di importante da dire prima di dimenticarlo.

Mh” lo incoraggiò stanca e con gli occhi socchiusi, mentre lo sentiva sbuffare, probabilmente per i suoi capelli biondi che lo infastidivano sulla pelle del viso.

La notte era scura, qualche lampo lontano squarciava il cielo come un sottile filamento d’argento.

E poi quelle parole sussurrate appena, prima di scivolare in un sonno sereno, mentre Temari apriva gli occhi, agitata.

“… Credo di essermi innamorato di te.”

L’alba sarebbe sorta tra poco.

 

*

 

Concluse il discorso con gli occhi ancora bassi, insicura per la prima volta in vita sua di fronte ad un’altra persona.

Asuma pensò a tutto quello che avrebbe potuto dire in quel momento, lui era un uomo sensibile sotto quella scorza da duro, la sua dolce Kurenai glielo diceva sempre. E ora che aveva più bisogno di lei, si ritrovava da solo.

A tentare di consolare una ragazza.

Una ragazza dal cuore spezzato e non aveva ancora capito bene a causa di cosa, a dirla tutta.

“Ah…” si limitò a dire, come a rafforzare la sua presenza in quella stanza. “Beh… E’ stato gentile da parte sua dirtelo, no?” provò.

“No” fu la secca risposta di lei.

Asuma sbuffò. “Non avete passato una serata molto romantica, e l’unica cosa che non ti va bene è quando Shikamaru ti dice di amart-

“Non doveva dirmelo.”

Lui la guardò scettico. “Avresti preferito che ti avesse usato come una qualunque?”

“Sì!” s’intestardì.

“Ma non è da lui! Dovresti conoscerlo ormai, per che razza di persona lo hai preso?” s’infervorò, tentando di difendere il suo pupillo.

“Non doveva dirmi niente, non gli ho chiesto nulla” si ostinò lei.

“Non dovresti giocare così con i sentimenti delle altre persone” la accusò con tono serio.

“Questi non sono affari suoi!” si difese lei, evitando di rispondere.

Ma Asuma non lasciò cadere il discorso, infastidito da quel modo di fare. “Lo sono se coinvolgono i miei allievi.”

Temari si chiuse ancora di più in se stessa, posando con forza il cucchiaino sul legno e alzando lo sguardo fiero negli occhi di lui. “Lei non sa niente di me!” urlò.

“E allora dimmelo!” tuonò lui, sbattendo una mano sul tavolino, facendola sobbalzare. “Ti ritrovo a casa mia all’alba e mi parli di cose che non hanno un senso logico, ma che vuoi da me? Che vuoi da te stessa!”

“Non sapevo che altro fare!” strillò, per poi espirare profondamente e ricomporsi. “Non sapevo come fargli capire che…”

Asuma sospirò, passandosi una mano sugli occhi stanchi. Che aveva fatto di male per meritarsi questo?  

Temari” cominciò, allungando una mano fino a sfiorare le sue, ancora intrecciate.

“Che fa?” lo aggredì lei, ritirando il braccio. “Se ne approfitta?!” lo squadrò con quei suoi grandi occhi indagatori.

“No… Volevo solo… Ah, lascia perdere!” disse, alzando gli occhi al cielo.

Era sempre la solita. Un po’ infantile, un po’ aggressiva, un po’ insicura. Doveva fare un bel discorsetto a Shikamaru su come scegliere le donne, appena lo vedeva.

“E’ meglio se levo il disturbo” ammise lei.

“Aspetta” la fermò. “Dimmi almeno perché me. Perché sei qui?” chiese, calmo.

Lei lo guardò per un attimo, prima di rispondere. “Non ho una vasta scelta, eh! Sola e in terra straniera, se non se ne fosse accorto” gli fece notare con il suo ritrovato tono saccente. “E se fossimo stati a Suna non ne avrei di certo parlato con i miei fratelli, sono cose personali!” E Shikamaru non sarebbe tornato intero a Konoha.

“Ah… Hai ragione” si limitò a dire.

“E solo un uomo può sapere cosa passa nella mente di un altro uomo” continuò lei.

“E perché non…?”

“Meglio lei che il padre di Shikamaru, non trova?” chiese in modo retorico.

Asuma rifletté, increspando la fronte. “Già…”

Temari lo guardò, ancora un po’ nervosa per il discorso precedente, e per quella che tanto sembrava una sfuriata paterna. Una di quelle che ti fanno odiare il genitore che hai davanti, sulle prime, ma che poi reputi tremendamente giusta. E ti senti così stupida per non averci pensato subito a chiedere un consiglio in modo normale. “Secondo lei…” provò, leggermente incerta.

“Sono sicuro che sai già cosa devi fare” la rincuorò.

E ripensò a come l’aveva trovata fuori la porta di casa sua, prima, con quell’espressione seria e preoccupata. E spaventata.

E poi come aveva iniziato a raccontare la sua storia, falsamente sicura e superiore. Ma ricordava anche come le sue labbra fossero impegnate con del cibo, o con le unghie, quando non proferivano parola. Nervosa.

Lui l’aveva capito subito e assecondata. Come aveva capito che se lei aveva scelto proprio lui come persona affidabile da cui recarsi in quel momento era perché l’uomo era l’unico che conosceva Shikamaru così a fondo, alla stregua di un genitore. Asuma di sicuro voleva soltanto il bene per il suo allievo, e aveva la maturità necessaria per affrontare quella strana situazione con obiettività. Temari sapeva che su di lui poteva contare per avere la sua risposta. E che di sicuro sarebbe stata quella giusta.

In fondo, condividevano lo stesso affetto per Shikamaru, anche se con sfaccettature diverse.

“Certo che sei davvero un’assassina!” scherzò, cercando di risollevarle l’umore.

Lei rise, abbassando lo sguardo. “Già…”

L’uomo la guardò, comprendendo appieno le sue parole iniziali, ora. “Anche volendo quel poveretto non sarebbe stato capace di tenerti testa. Hai ucciso tutto quanto, dall’inizio alla fine, ogni momento intimo, ogni azione definita normale, ogni parola dolce o carezza gentile… Tutto.

“Tranne Shikamaru” sottolineò lei, con le labbra tirate in un sorriso.

“Tranne Shikamaru” confermò lui. “E meno male…” sospirò, e sorrisero insieme. “Ti riaccompagno in albergo, vuoi?” propose poi, alzandosi.

 

“Lascia stare, ci penso io.”

 

Entrambi si voltarono sorpresi e agitati alle loro spalle, verso quella voce che proveniva appena oltre la porta del piccolo salotto. 

E il proprietario era lì, con la spalla appoggiata contro lo stipite della porta e le braccia incrociate.

Shikamaru, ma come sei entrato?” chiese l’uomo, che non riusciva a credere di non essersene accorto. A quanto pare quella biondina aveva risucchiato tutte le sue energie. E pensare che era ancora mattina

“La porta era aperta” si limitò a rispondere lui, alzando le spalle con noncuranza.

E Asuma ricordò che prima si era occupato di far entrare Temari in casa e di farla accomodare, scossa com’era, senza pensare a chiudere bene la porta. Chiunque si sarebbe potuto introdurre facilmente… E un Jounin del suo livello non se ne era accorto!

Per non parlare di Kurenai: se avesse trovato la ragazza di Suna a casa di lui di prima mattina che facevano allegramente colazione insieme… Sarebbe morto al solo pensiero!

“E’ almeno un’ora che ti cerco” disse Shikamaru, riportando l’attenzione del suo maestro sul suo salotto. “Per poi trovarti a casa del mio sensei… Si può sapere che ci fai qui?” chiese serio, rivolto a Temari.

“Non sono affari tuoi” si limitò a rispondere lei, voltando lo sguardo fiero.

“Se permetti lo sono, dato che c’ero io in giro per tutta Konoha con questo tempo orribile” le fece sapere.

“Nessuno te l’ha chiesto.”

“E nessuno ti ha chiesto di scappare da me nel cuore della notte, potevi rimanere!” dichiarò, un po’ seccato.

Temari prese a giocare con il cucchiaino, facendolo agitare attorno alle sue dita. “Da quanto sei qui?” chiese, evitando di guardarlo.

Lui sbuffò. “Sono appena arrivato” chiarì, notando le spalle di lei rilassarsi. Poi si voltò verso il maestro, che gli rivolse un sorriso incoraggiante. “Temari…”

“Arrivo” lo precedette lei, sbuffando. “Un minuto…” prese tempo, sistemando il tavolino dai resti della colazione. Infine si alzò, avvicinandosi lenta al ragazzo e guardandolo negli occhi, finalmente.

Temari, grazie per la compagnia, e per la storia interessante” proruppe Asuma, rompendo la tensione con una risata. Entrambi i ragazzi arrossirono, abbassando lo sguardo. “Ci vediamo presto, eh!” la salutò, dandole una pacca sulla spalla che la sbilanciò.

“Ma certo! I biscotti al cioccolato della sua fidanzata sono veramente ottimi!” gli fece sapere lei, mentre ritrovava uno sprazzo del suo carattere forte, ridendo poi dell’improvviso imbarazzo dell’uomo. “E anche la tazza rosa… dovrebbe nascondere meglio gli indizi, sa?” lo prese in giro, avviandosi poi verso la porta con quel suo passo sicuro e deciso.

I due uomini rimasti sbuffarono in contemporanea, poi Shikamaru infilò le mani in tasca e guardò di nuovo il sensei, facendogli un cenno d’intesa. Asuma si limitò a passargli una mano sulla nuca, in quella che doveva essere una carezza tra il paterno e il divertito, ma che si dimostrò essere un gesto impacciato e con la forza dosata male, visti i due passi in avanti che il ragazzo si ritrovò costretto a compiere. Poi l’uomo gli diede una piccola gomitata, seguita da un cenno verso la ragazza accompagnato da un ghigno sulle labbra. Come a dire: “e chi se lo aspettava da te…”

Shikamaru arrossì ancora. Bene, il suo maestro sapeva della sua nottata… Roba da desiderare una morte istantanea. Si avvicinò a Temari, in attesa sulla porta, borbottando un: “prendo in prestito questo ombrello” raccogliendo l’oggetto in questione dall’appendiabiti.

Asuma li salutò ancora, sorridendo, mentre li sentiva richiudersi la porta alle loro spalle e uscire da casa sua. Finalmente.

Quell’incontro lo aveva stancato più di mille combattimenti, anche il guerriero più coraggioso meritava il sano riposo, ora.

Sì, ma chi aveva più sonno?

 

*

 

La pioggia scrosciava fitta, coprendo il Villaggio di un velo grigio e opaco. Niente più tuoni, niente fulmini, niente vento, ormai era rimasta solo l’acqua, implacabile, che lavava via ogni cosa.

Sulla terrazza ampia, i due erano ancora sotto l’ombrello nero al riparo dal diluvio, a guardare il paesaggio cinereo davanti a loro.

“Perché siamo qui?” chiese Temari dopo un po’.

Il ragazzo non la guardò, continuando a fissare avanti a sé. “Questo posto mi piace.”

La sua terrazza preferita, quella dove passava anche pomeriggi interi a guardare le nuvole, seduto sulla panca sotto la tettoia di legno, quella dove lui e Choji si erano conosciuti e dove poi avevano portato anche Ino, una volta creato il Team. E quella dove ogni tanto si faceva trovare da Temari, dopo che lo aveva cercato per tutto il Villaggio perché era scappato da qualche obbligo burocratico che dovevano condividere. E poi se ne stavano lì, stranamente in silenzio, vicini.

“Lo so” sussurrò lei, passandosi le mani sulle braccia con la pelle d’oca.

“Hai freddo?” chiese lui preoccupato.

“No” mentì.

Il sole probabilmente era sorto, nascosto dietro lo strato opaco delle nubi, ma la vita sembrava tardare a svegliarsi, ogni cosa era immobile e silenziosa.

Era un’atmosfera un po’ surreale, di quelle in cui non sembra nemmeno di stare nel solito posto con le solite cose davanti al naso, ma tutto assume improvvisamente un misterioso fascino avvolgente, ed è come vivere da un’altra parte.  

“Noi dobbiamo parlare” esordì Shikamaru dopo qualche minuto di silenzio. E il suo tono era freddo e tagliente, tanto che Temari sussultò appena.

“Io non credo” lo contraddisse, mantenendo la voce ferma e sicura come al solito.

“Io invece credo di sì” dichiarò pacato, voltandosi a guardarla. E quello che fiorì sulle sue labbra era un piccolo sorriso sincero. “La prossima volta che vuoi fuggire usa la porta: hai lasciato la finestra aperta e mi sono svegliato per il freddo” spiegò.

Lei s’imbronciò, incrociando le braccia sul petto. “Sempre a lamentarti…”

Shikamaru sbuffò divertito. “Mi è entrata la pioggia in camera, mi si sono bagnate pure le coperte…

“Pensavi di morire annegato?” lo prese in giro.

“Più che altro non so come spiegarlo a mia madre…

“Ah, capito” fece finta di pensarci su. “Allora parliamo di una morte lenta e dolorosissima, quella che ti toccherà.”

“Senza dubbio” si lamentò lui.

“Beh, è stato un piacere conoscerti. Addio” ridacchiò lei.

Shikamaru la guardò improvvisamente serio, spegnendo il sorriso di prima. “Davvero è stato un piacere?” provò. “Anche se stanotte sei scappata via da me?”

Il viso di Temari si rabbuiò, mentre la sua risata si smorzava. “Non era il caso che qualcuno mi vedesse a casa tua.”

“Potevi almeno avvertirmi” disse pacato.

“Stavi dormendo.”

“Potevi svegliarmi.”

“Potevi evitare di addormentarti dopo due secondi!” lo aggredì.

E lo guardò seria, trafiggendolo con quegli occhi sottili tanto, troppo, espressivi. Era come leggere un libro di emozioni aperto, se si imparava a conoscerli.

“Avrei potuto, hai ragione” confermò lui. “Ma non è che sia stata una serata molto romantica…

“Ah, quindi ora è colpa mia?”

“Beh, magari la prossima volta potremmo evitare il ristorante” s’imbarazzò, ripensando alla figura poco maschile che aveva fatto.

Temari si crucciò. “Non ci sarà nessuna prossima volta, stanne certo.”

Il ragazzo alzò gli occhi al cielo grigio. “Come vuoi…” 

Lei strinse ancora più forte le braccia contro il petto, si mise a fissare il pavimento scuro, voltando la testa dalla parte opposta a quella di Shikamaru. Poi prese a battere la superficie con la punta del piede, spazientita, sotto lo sguardo vigile e calmo di lui. E infine esplose. “Non riesco a credere che tu non sia riuscito a prendere l’iniziativa nemmeno una volta!”

“Guarda che era complicato” si difese lui.

“Per te è complicato pure respirare!” lo assalì. “Il ritardo, il conto da pagare, gli onori di casa, un discorso interessante… Niente! Dall’inizio alla fine non ne hai azzeccata una!

“Beh, forse qualcosa sì, non trovi? Non mi sembra ti sia dispiaciuto come è finita la serata” suggerì, con il viso leggermente più rosso del dovuto.

“Che cosa?!” tuonò lei.

“Mi vuoi dire per caso che non ti è piaciuto?” chiese sicuro.

“Ovviamente no!” lo smentì subito. “E’ stato un disastro totale! Tu sei stato un disastro totale!” precisò.

Shikamaru sbuffò, infilando una mano in tasca, mentre con l’altra andava a stringere maggiormente il manico dell’ombrello. “Un po’ di autostima non mi farebbe male, ma grazie, eh!” commentò ironico.

“Dovere” lo prese in giro, fintamente seria. “Ma almeno sono sicura che non puoi peggiorare ulteriormente, è già qualcosa” evidenziò, con un piccolo sorriso, più calma.

Il ragazzo la guardò di sottecchi, più rassicurato e stranamente tranquillo. “Non mi hai nemmeno lasciato un biglietto…

“Ci penserò la prossima volta” ammise ridacchiando.

“Ah! Ma allora ci sarà una prossima volta?!” proferì ridendo, prendendola in contropiede.

Temari sbuffò. “No. Scordatelo.”

“Certo…”

E tornarono entrambi a guardare avanti a loro, più leggeri, al Villaggio ancora coperto dalla fitta maglia di pioggia, ma avvolto da un grigio più tenue ora, grazie al sole più alto che filtrava appena dalle nuvole. O forse era solo un’impressione.

Eppure rimasero così, immobili, all’interno del cerchio asciutto che creava il riparo dell’ombrello, troppo piccolo per contenere i loro pensieri e troppo grande per avere la scusa di avvicinarsi.

“Ho avuto un’idea” esordì lui dopo qualche minuto di silenzio.

Temari si voltò lentamente a guardarlo, alzando le sopracciglia in un’espressione stupita. “Che?”

“Possiamo tenere la nostra relazione segreta per i primi tempi, almeno saremo solo noi due senza problemi esterni” propose, guardandola profondamente, mentre lei sgranava gli occhi. “Lo so che i nostri Villaggi sono lontani, ma posso chiedere più missioni a Suna, e tu accetterai gli incarichi a Konoha” le si avvicinò, sfiorandole la guancia con la mano. “Creeremo tutte le occasioni che vogliamo, ho già in mente qualche piano geniale” sorrise.

E Temari distolse lo guardo, anche se sentiva la fronte di lui contro la propria, e la necessità di toccarlo, di stringerglisi contro, era diventata impellente. “Aspetta…” mormorò appena.

“Funzionerà” la rassicurò, accarezzando la sua guancia mentre riportava il suo sguardo nel proprio. “Fidati” continuò, baciandole piano uno zigomo, e scendendo poi lungo la guancia.

“Aspetta…” si oppose di nuovo lei, debolmente, senza riuscire a scostarsi davvero. E Temari chiuse gli occhi, lasciandosi trasportare per appena un secondo.

“Dimmi soltanto di sì” fu la richiesta di Shikamaru, prima di sfiorarle le labbra.

Temari si ritrasse, aprendo gli occhi e guardandolo seria, a metà tra il malinconico e il sereno.

Ed era lei che risaltava così tanto rispetto a quei colori opachi dello sfondo - e quegli occhi mai gli parvero tanto belli - era lei che gli impediva di distogliere lo sguardo, calamitato dalla stessa espressione intensamente seria che gli aveva mostrato poche ore prima, quando si era lasciata amare; ed era sempre lei che emanava quel calore profumato di tè, di pioggia, di fumo, di lui e dell’inconfondibile sapore deciso, e forte, e sempre troppo lontano di Temari.

Lei era tutto ciò a cui non avrebbe mai rinunciato.

“No.”

Tutto ciò per cui sarebbe valsa la pena vivere, arrabbiarsi, ridere, urlare e piangere.

“Cosa?”

Tutto ciò per cui avrebbe potuto mostrare il vero se stesso, per cui avrebbe potuto amare senza condizioni. E anche ammetterlo.

“Ho detto di no” ripeté lei con più convinzione, spostandosi indietro di un passo.

Shikamaru la guardò attonito, per poi costruire una facciata dura e tagliente contro cui farla scontrare. “Temari, dopo tutto quello che ho passato questa notte non mi va di scherzare. Sono stanco.”

Lei lo affrontò, fissandolo seriamente. Ed era come se un arcobaleno di strani e sgargianti colori gli stesse troppo vicino per non rimanerne accecato. Ma il semplice pensiero di toccarlo era ora impossibile.

“Non può funzionare” spiegò calma.

“Perché no?!” s’impuntò lui, stringendo i pugni e lasciando cadere l’ombrello sul pavimento. E il suo arcobaleno sembrava più grigio, ora, mentre le gocce di pioggia lo imbrigliavano. Più lontano.

Sorrise, Temari, mentre gli occhi si abbassavano e i capelli si scurivano, bagnati. “Non voglio vivere a Konoha.”

“Perché? Ormai conosci il Villaggio, hai amicizie qui, hai me. E… e il clima è migliore” provò con scuse che lui stesso definiva stupide, non riuscendo bene a controllare il tono di voce, leggermente più alto del dovuto.

“Non mi piace la pioggia” rispose soltanto lei, sorridendo. Non è il mio posto.

Ma perché ora quel sorriso si stava spegnendo?

“Allora verrò io a Suna” propose, pensando freneticamente a una via d’uscita.

Lei rise ancora, piano. “Non verrai.”

“Come-”

“Sei ancora un bambino, Shikamaru. Non puoi capire.”

“Cosa?” chiese, avvicinandosi a lei di un passo. “Non sai dire altro? Non hai altre scuse? Per me tu hai solo paura!”

“Tu non ci sarai!” gridò lei. Forte, con quel tono deciso che le era proprio e che non ammetteva repliche. “Non ci sarai, quando avrò bisogno di te” spiegò, calmandosi.

Il ragazzo rimase un attimo interdetto, soppesando le sue parole. “Per le distanze?” chiese, più a se stesso che a lei. “Posso stare con te a Suna, se è questo il problema.”

“No, il tuo Villaggio ha bisogno di te.”

“Verrò appena possibile, te l’ho detto. A qualcosa penserò.”

“Non funzionerà.”

“Lasciami almeno provare” la pregò.

“No…”

Temari…”

Ma lei non si lasciò convincere. “Io non ci sarò.”

“Dove?” chiese lui, al limite della pazienza, portandosi una mano sui capelli e sbuffando.

“Quando avrai bisogno di me. Io non ci sarò mai” spiegò, con un sorriso triste.

“E che m’importa?” alzò la voce, perdendo la pazienza.

“Se succederà qualcosa al tuo Villaggio o ai tuoi amici, io non potrò essere qui” continuò pacata. “Mi odierai per questo.”

“No…” sospirò, cercando la calma. “Temari, che vuoi che succeda al Villaggio?” provò, sorridendo falsamente sicuro. “O ai miei amici? Sono ninja! Abbiamo messo in conto che non può sempre andare tutto bene, non per questo ti odierò.

Lei lo guardò ancora con il sorriso di prima. “Mi dispiace.”

Shikamaru la vide allontanarsi di un passo, e capì che ormai era tardi. Non era mai iniziato nulla, ma era tutto irrimediabilmente perso. “E’ un addio?” chiese, con il fiato sospeso.

“No” rise lei, contagiandolo e provocandogli almeno un sorriso nascosto dietro uno sbuffo.

“Quando tornerai?” si ritrovò a chiedere, e mai si sentì tanto infantile.

Ma era lì, col cuore in mano davanti alla prima ragazza che aveva mai amato in tutta la sua vita, e lei lo aveva calpestato. Con dolcezza, sì, ma sempre distrutto era.

“Appena accadrà qualcosa al tuo sensei. È un uomo interessante” lo prese in giro, con un ghigno.

“Ah, per lui torni, eh?” stette al gioco, borbottando.

Temari gli regalò un ultimo sorriso, prima di lasciarlo lì da solo, sotto la pioggia che non voleva diminuire di intensità, a rimuginare su quel che era accaduto. Sparì all’improvviso, lui alzò lo sguardo e lei semplicemente non c’era già più, come i sogni migliori.

E Shikamaru davvero non sapeva se era meglio che quello fosse stato tutto un sogno infranto – o un incubo dal retrogusto dolce – oppure uno di quei momenti che un uomo deve vivere prima o poi nella sua vita.

Rimase su quella terrazza a pensare che tutto quanto era andato storto, quando niente avrebbe dovuto esserlo. Si accorse che aveva ancora bisogno della saggezza di Asuma - che aveva accolto la ragazza senza fare troppe domande - e che gli mancava anche la maturità di Temari. Si chiese se mai sarebbe stato degno di loro due, se mai quel qualcosa di buono che sentiva dentro di sé sarebbe stato vissuto. Se mai avrebbe potuto fare qualcosa di sensato e intelligente.

Quello che era certo, era che quella terrazza piovosa da cui amava guardare le nuvole nei pomeriggi caldi, tra risate e patatine, conservava con sé ora anche il ricordo del primo cuore spezzato. Ed era sicuro che sarebbe stato proprio lì che un giorno avrebbe conquistato Temari per sempre.

Perché c’era sicuramente una ragione per cui lei lo aveva rifiutato, e ora riusciva quasi a coglierla. Lo aveva fatto per il bene di entrambi: non erano pronti, non era il momento. Ma gli aveva chiaramente dimostrato che i suoi sentimenti erano ricambiati ampiamente.

Lei lo amava, in qualche strano modo.

 

Quello che non sapeva, era che Temari ce l’aveva davvero messa tutta, quella sera, ma era assolutamente, innegabilmente e profondamente incapace di essere romantica.

 

 

FINE

 

 

Note: se non si fosse capito, Temari uccide il romanticismo. Il movente è che non ne è semplicemente capace.

Ovviamente non potevo far morire davvero qualcuno, sono troppo votata al comico per fare una cosa del genere. Forse.

Ci tengo a ringraziare Lely per la citazione iniziale, senza di lei non avrei saputo nemmeno chi fosse Kelly Clarkson XD E grazie X3

E poi Vale, perché, beh, ormai le mie storielle ShikaTema demenziali su msn inventante sul momento non ce le leva più nessuno XD

Ah, ovviamente pubblico la fic oggi perché sono 5 mesi dal compleanno di Vale e 1 mese e 11 giorni da quello di Lely (numero che farà felice la Vale. Tutto torna XD). Mica perché è un caso!

 

Questa fic continua a non piacermi, capita a volte di non essere soddisfatte del proprio lavoro, ma comunque non nego di essere stata contenta di vederla classificarsi (non so come) seconda.

E ho pure vinto il premio della giuria. Per la prima volta ho vinto un premio speciale XD

Aspettavo il bannerino per postare la fic, ma ancora non è pronto. Lo metterò in account appena mi giungerà.

Sono molto impegnata ultimamente, non so quando e se scriverò ancora su questo pair XD Ma ho visto che ultimamente c’è qualche ShikaTema in più *_* Bene così, ragazze!

 

Se mi lasciate un parere, ne sarò felice ^^

 

Lascio anche il commento delle giudici:

1 – ortografia e punteggiatura : 9.75
2 – originalità: 9
3 – Aderenza alla traccia: 9
4 – Ic dei personaggi: 9.5
5 – Giudizio Personale: 4.5
6 – completezza: 5
Totale: 46.75

Fiction pregevole nello stile e nella grammatica, sempre irreprensibile.
La trama, con l’intervento di Asuma, il quale alleggerisce la prima parte della fic, intrigante e divertente, almeno fino al finale, che lascia un po’ di amarezza.
Resa dei personaggi ottima: dall’imbarazzato Asuma, alla “crudele” Temari, per concludersi con Shikamaru, la vera vittima.
Buona la gestione delle scene, una lettura molto vivida.
Scorrevole e dai dialoghi incredibilmente brillanti.
L’unica pecca risiede nella gestione dell’omicidio. Troppo sfumato, anche se presente.
Vincitrice del premio giuria.

 

   
 
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