La
settimana di punizione era terminata. La persona che più ne era felice era
Seamus; infatti, non avendo il tempo di studiare e fare i compiti alla sera,
Neville aveva interrotto le ricerche in biblioteca per quei sette giorni,
adesso invece avrebbe potuto riprenderle e questo rendeva molto felice il suo
amico.
Di
felicità e buon umore ce ne era veramente tanto bisogno ad Hogwarts: i Carrow
erano davvero riusciti a far arrivare una trentina di Dissenatori per la
sorveglianza della scuola.
Tutti
ne erano rimasti sorpresi e spaventati. Gli studenti del quinto, sesto e
settimo corso ricordavano ancora di quando, quattro anni prima, i Dissennatori
avevano pattugliato i confini di Hogwarts alla ricerca di Sirius Black.
All’epoca Silente non aveva permesso che entrassero nella scuola e, nonostante
ciò, erano stati fonte di disturbo ed inquietudine. Ora, invece, potevano
aggirarsi per i corridoi e le aule. Quali sarebbero state le conseguenze? Più
tristezza e paura negli studenti e meno voglia di vivere che avrebbero portato
all’ordine e alla disciplina che i Carrow desideravano? Il tempo lo avrebbe
rivelato.
Un
altro cambiamento era stato che il professor Vitious era riuscito a far sì che
gli alunni cantassero l’inno di Hogwarts in maniera intonata e andando a tempo,
dunque le prove del coro erano terminate e potevano finalmente iniziare le
attività extrascolastiche.
Seamus
non stava più nella pelle. Un pomeriggio, mentre in biblioteca stavano
sfogliando vecchie copie de La Gazzetta
del Profeta, nella speranza di trovare qualche nuova informazione sul padre
di Dean, Finnigan iniziò a dire all’amico: “Ti rendi conto che domani avremo la
nostra prima lezione di scherma?”
“Sì.”
rispose Neville molto più pacatamente.
“No,
secondo me non te ne rendi conto. Nessuno può rimanere così impassibile
all’idea di maneggiare una spada. Certo,
sarebbe ancor meglio una spada laser, però van benissimo anche le spade
tradizionali … io vorrei uno spadone a due mani, però forse è troppo pensante,
meglio una bastarda da una mano e mezza. Tu cosa ne pensi?”
“Che
non ne so abbastanza per avere preferenze … che cos’è una spada laser?”
“Oh,
niente, lascia perdere, è un’arma che hanno in una vecchia trilogia di film.
Devo assolutamente farteli vedere, la prossima volta che verrai a trovarmi. Tra
l’altro tra poco più di un anno dovrebbe uscire un nuovo film della serie.
Comunque, fidati, la spada è l’arma più bella e versatile che esista!”
“Non
hai bisogno di convincermi sulla sua utilità. È vero che non mi sto
entusiasmando ma, credimi, capisco perfettamente l’utilità di non affidarsi
solo alla magia.” poi si lasciò sfuggir detto: “Nella foresta mi sarebbe stato
utile conoscere già qualche tecnica di combattimento …”
“Cosa?”
si meravigliò Seamus “Avevi detto che era stato tutto tranquillo … Mi hai
nascosto qualcosa?”
“Beh,
ecco” Neville era in difficoltà, poi si guardò attorno e abbassò la voce il più
possibile: “I Carrow ci hanno mandato contro tre licantropi, fortuna che non
c’era la luna piena, ma erano armati di bacchetta. Hanno usato l’expeliarmus e poi ci hanno aggrediti in
lotta corpo a corpo.”
“Devono
aver faticato con Hagrid.”
“Lui
non c’era. C’eravamo divisi e io mi trovavo solo con Afdera.”
“Accidenti!
Ve la siete vista proprio brutta, allora! Come avete fatto a salvarvi?”
Neville
riferì come si era svolto il combattimento.
“Bello
l’incantesimo col fuoco” commentò Seamus “Mi piacerebbe impararlo. Dove lo avrà
trovato?”
“Ah,
non so, chiedi a lei. Mi è sembrato usasse una parola molto differente da
quelle tradizionali.”
“Beh,
ma poi li avete lasciati lì, svenuti? Perché li avete lasciati vivi?”
“Anche
tu a dire che avremmo dovuto ucciderli?!” Neville era spazientito e faticò a
moderare il volume.
“Beh,
sono uomini di Tu-sai-chi, perché tenerli in vita? Faranno sicuramente parte
dei ghermitori e ora potranno continuare ad andare in giro a cercare i nati
babbani e trascinarli davanti alla Commissione. Potrebbero catturare Dean,
oppure i fratelli Canon o altri ancora, non ci hai pensato?”
“Credi
che sia facile uccidere qualcuno? Non lo è.”
Il
sobbalzo e il tremito di stupore e confusione che attraversarono il corpo e il
volto di Seamus valsero più di mille domande: che cosa non sapeva ancora?
Neville,
molto turbato, incapace di guardare l’amico, teneva gli occhi bassi, fisi al
legno del tavolo e sommessamente, strappandosi le parole dalla gola, iniziò a
dire: “Uno l’ho ucciso. Non volevo, ma l’ho fatto, me ne sono reso conto dopo.”
“E
come?” il brio di Seamus si era spento di colpo e lui era diventato molto serio
ed attento.
“Ricordi
quegli incantesimi che Harry aveva trovato scritti l’anno scorso su quel
vecchio libro di pozioni e che leggeva e sperimentava continuamente? Ricordi
che ne aveva trovato uno accompagnato dalla dicitura per i nemici e che aveva usato contro Malfoy, ferendolo gravemente?
Ecco l’ho usato e quando mi sono reso conto … Era steso a terra, gli occhi
spalancati, come se si potesse alzare da un momento all’altro e, invece, era
morto. Una parola, pochi istanti e quella vita era stata spezzata. È così semplice
uccidere? Basta così poco? Hai vissuto per anni, hai studiato, ti sei creato
una posizione, magari ti ritieni anche potente e poi d’improvviso tutto questo
finisce. Un solo secondo mette fine ad anni. Avrà avuto anche lui parenti ed
amici che soffriranno per la sua morte. I suoi occhi spalancati … mi stavano
accusando … Dovrebbero essere loro i cattivi e noi i buoni, ma se ci
comportiamo come loro, che cosa ci differenzia allora? Come possiamo crederci
nel giusto?”
“Neville,
sinceramente penso che il volersi mantenere innocenti in questa situazione sia
da codardi, da egoisti o, nella migliore delle ipotesi, da ingenui. Non volersi
sporcare le mani (ma secondo me non sarebbe neppure l’espressione giusta)
quando c’è una guerra in corso, significa non voler prendere una posizione o,
peggio, favorire i più forti che, attualmente, sono i Mangiamorte. Ci si deve
assumere la responsabilità di compiere azioni che non ci piacciono, che non
faremmo mai in circostanze normali, per difendere ciò che riteniamo giusto. Loro
basano il loro potere proprio su questo: uccidere, intimorire, minacciare e
ricattare, certi che nessuno avrebbe il coraggio di reagire, di fare ciò che
per loro è consuetudine. Mi chiedi qual è la differenza tra noi e loro? Che tu
uccidi per sbaglio uno che voleva ammazzarti o almeno farti del male e ci stai
male e ti senti in colpa; loro, invece, stanno male se non ammazzano almeno una
persona al giorno. Loro lo fanno per divertimento, per imporre il loro volere,
perché per loro è naturale così. Tu, invece, lo fai per difendere, noi
proteggiamo! È questa la differenza. Noi lo eviteremmo, se potessimo, ma non
abbiamo scelta. Non è il gusto di farlo che ci motiva, ma il voler ripristinare
una società dove i figli di babbani non siano ammazzati, dove esprimere la
propria opinione non ti fa rischiare di finire ad Azkaban, dove gli studenti
vivaci non vengono puniti con la maledizione cruciatus. Immagino che sia turbante constatare che si muore in un
attimo, non solo si percepisce il potere e la responsabilità di questo gesto,
ma anche ci si rende conto di quanto facilmente noi stessi possiamo morire;
l’alternativa, però, è far vincere loro. Pensa a Fortebraccio rapito dai
Mangiamorte non si sa nemmeno perché, oppure ai nostri amici in fuga, a quello
che sta accadendo in questa scuola, a tutte le persone sotto la maledizione imperius … e sarà
sempre peggio. È in questo mondo che vuoi trascorrere la tua vita?”
Neville
scosse negativamente il capo. Perdinci! Non aveva mai sentito Seamus parlare in
maniera così veemente, non era facile sentirlo parlare di questioni così
complesse. Sì, in passato, durante il loro quinto anno, avevano discusso spesso
circa se il racconto di Harry sul ritorno di Voldemort
fosse vero oppure no e Finnigan si era dimostrato molto testardo e fiero nel
parlare, però la faccenda era completamente differente.
Neville
ripensò a quando aveva seguito Harry all’Ufficio Misteri e a quando aveva
combattuto per i corridoi di Hogwarts nella notte in cui Silente era morto. Non
aveva avuto tentennamenti in quelle occasioni, anzi, era andato volontario, col
cuore gonfio di determinazione: voleva combattere!
Non
aveva pensato che avrebbe dovuto uccidere? Certo che ci aveva pensato e si era
anche detto che voleva eliminare quanti più Mangiamorte possibile; inoltre,
quando si era trovato di fronte Bellatrix Lestrange, aveva sentito chiaro e forte il desiderio di
vendetta. Avrebbe avuto il coraggio di ucciderla, se ne avesse avuta
l’opportunità? Mah!
La
formula dell’incantesimo che uccide la conosceva, eppure, davanti ai
Mangiamorte, aveva usato al massimo degli schiantesimi:
perché? Beh, in effetti la situazione era diversa: quando li aveva affrontati,
loro erano ancora considerati dei criminali e, se catturati, il Ministero li
avrebbe puniti; adesso, invece, loro al potere e lui era il criminale, quindi
non poteva sperare di poterli consegnare alla giustizia.
Sì,
sapeva che Seamus ed Hagrid avevano ragione: se volevano combattere il regime,
dovevano essere disposti ad uccidere. Solo che lui non si era sentito un eroe,
quando si era reso conto di aver dato la morte a un nemico. Non si era sentito
orgoglioso, né bramava di rifarlo, eppure sapeva che sarebbe stato costretto ad
uccidere di nuovo, per salvare il suo mondo.
Forse
era così turbato perché quella era stata la sua prima uccisione? Forse la volta
successiva gli avrebbe fatto meno impressione? Forse, se lo avesse fatto più
volte, sarebbe diventato per lui un atto normale?
Quest’ultimo
pensiero lo terrorizzò. Sperò di avere la forza di affrontare i nemici e di
ucciderli, quando necessario, ma si augurò anche che l’ammazzare non diventasse
mai e poi mai un’abitudine per lui, un gesto freddo e privo di emozione. Sperò
che ogni morte che avrebbe procurato gli avrebbe suscitato rimorso.
“Hai
ragione” disse Paciock “In effetti gli Auror hanno il permesso di utilizzare le maledizioni senza
perdono, sono autorizzati ad uccidere i maghi oscuri durante i duelli. Anche i
miei genitori hanno ucciso qualcuno, durante la prima guerra, quindi non devo
rifiutarmi io. Hai ragione, siamo grifondoro,
dobbiamo avere il coraggio di proteggere le altre persone. Per quanto sia
spiacevole uccidere, bisogna farlo in casi estremi.”
“Questo
è estremo.”
“Lo
so.”
“Potrai
passare il resto della tua vita ad espiare, se ne sentirai il bisogno, ma
adesso non esitare.”
“Vedremo
se ce ne sarà di nuovo bisogno. Non sappiamo che cosa stia facendo Harry, forse
troverà un modo per sconfiggere Voldemort senza dover
dare battaglia … ma se ci chiamerà a schierarci con lui, non mi tirerò indietro.”
“Sei
davvero convinto che Harry tornerà?”
“Certo.
non dirmi che credi ancora a quello che scrive la Gazzetta del Profeta!”
“No,
quel giornale mi ha deluso parecchio e penso che dovrebbe cambiare per intero
il suo organico, dal direttore al tipografo, ma questa è un’altra questione. Io
dico che, se fossi in Harry, me ne andrei il più lontano possibile. Insomma,
che cosa può fare lui? È vero, è sopravvissuto una volta, ma questo non
significa che lui possa sconfiggere davvero Tu-sai-chi.”
“C’è
una profezia, fatta dalla Cooman.”
“Ah,
c’è proprio da fidarsi, allora.”
“Voldemort la voleva. È per colpa di ciò se mi sono trovato
nell’Ufficio Misteri con Harry e gli altri. Lui può sconfiggere il Signore
Oscuro e io farò tutto il possibile per aiutarlo.”
“Cosa
può fare? Ora che Silente è morto, lui dov’è? Pensi che abbia davvero un
piano?”
“Sì
e se non ce lo ha già, lo avrà. Ho fiducia in lui. Inoltre …” e qui abbassò
ancor di più il volume “Silente ha lasciato qualcosa in eredità a lui, Hermione e Ron.”
“Oltre
alla spada che non ha potuto avere, intendi?”
“Esatto.
Silente non era uno sprovveduto, avrà sicuramente escogitato qualche strategia
da far portare avanti ad Harry e all’Ordine della Fenice, se a lui fosse dovuto
accadere qualcosa.”
“Queste
sono solo speranze, nulla più.”
“Non
ti capisco. Prima dici che bisogna opporsi ad ogni costo, poi sei sfiduciato.”
“Non
sono sfiduciato. Quel che voglio dire è che dobbiamo considerare anche l’idea
di combattere da soli, senza di Harry.”
“Lui
tornerà.”
Il
giorno seguente, al termine delle lezioni, Seamus e Neville raggiunsero una
grande aula del quarto piano, dove si sarebbe svolto il corso di scherma
medievale. Sulla parete di fondo era stato appeso un enorme quadro con
raffigurato un piazzale in terra battuta, con pochi ciuffi di erba secca, da un
lato vi si trovava un palo di legno su cui era posto un blasone rosso e blu con
una viverna nera; dall’altro infine c’era una
rastrelliera che sorreggeva varie armi bianche: spade di varia lunghezza e
lance con picche e puntali scintillanti. Al centro si trovava Sir Cadogan nella sua armatura imponente, semi appoggiato ad
uno spadone alto quasi quanto lui; la visiera dell’elmo era sollevata e quindi
si poteva vedere il suo viso coi grossi baffi neri e lo sguardo altero.
C’erano
circa una decina di studenti, un po’ di tutte le case.appena
entrata, Afdera aveva raggiunto i due grifondoro e li
aveva salutati.
“Ah,
ciao” ricambiò Nevville “Luna non è poi riuscita a
venire?”
“No,
il gruppo di approfondimento sulle creature magiche si svolge proprio adesso.”
“Peccato;
sarebbe stato bello ritrovarci tutti qui … va beh, manca anche Ginny.”
“Or
bene, giovane scudieri!” esclamò Sir Cadogan,
interrompendo ogni discorso con la sua voce esplosiva “È giunto lo momento che
voi apprendiate l’antica e nobilissima arte de lo combattimento con la spada et anche con la lancia. Per secoli il duello è stato il
mezzo per redimere controversie, difendere li oppressi e lavare le offese. Io
vi insegnerò come si impugnano queste armi, le posture di guardia, le posizioni
di attacco e di difesa e le tecniche per portare a segno i vostri colpi sugli
avversari ed evitare e parare quelli a voi rivolti. Sappiate, però, che
l’apprendere a maneggiare una spada non vi renderà dei veri cavalieri. L’equites è l’uomo che va a cavallo. Qualsiasi soldato può
uccidere con una spada. Lo cavaliere giurava di non cercare ricchezze, di
difendere il povero e la vedova, di portare giustizia di liberare dagli
oppressori. Dunque è la nobiltà dell’animo a rendere un cavaliere tale. Io vi
insegnerò le tecniche di combattimento, ma sarà vostro l’onere di diventare
cavaliere, combattendo contro i felloni.”
Concluso
questo discorso, iniziò finalmente la lezione vera e propria. Ai ragazzi fu
chiesto di prendere le spade in legno, con la punta imbottita, che erano state
preparate appositamente. Sir Cadogan cominciò con il
mostrare posture e qualche colpo e poi aveva preparato delle sequenze dove
guardie, attacchi e parate erano combinati tra di loro; la ripetizione di
queste sequenze serviva per far acquisire maggiore fluidità e rapidità nei
movimenti. Quel pomeriggio si limitarono ad apprendere queste piccole basi e
non incrociarono le lame di legno gli uni con gli altri, con grande disappunto
da parte di Seamus.
“Tutto
sommato è stato piacevole, vero?” commentò Afdera, mentre si avviavano
all’uscita, dopo aver riposto le spade.
“Capisco
che dobbiamo prima apprendere la tecnica” bofonchiò Finnigan “Però spero che la
prossima volta ci faccia provare qualche duello.”
“Io
e mia cugina, adesso, ci troviamo nel cortile e facciamo due passi: volete
venire anche voi?”
“Non
posso” disse Seamus “Devo finire un tema di 40 centimetri di pergamena per
Storia della Magia, è da consegnare domani.”
“Io
l’ho già fatto” aggiunse Neville “Vengo volentieri, ma devo riportare dei libri
in biblioteca. Mi aspettate?”
“Certamente.
Ci troviamo dalla capanna di Hagrid, va bene?”
Neville
annuì; arrivati alle scale, i giovani si separarono: i due girfondoro
andarono verso la biblioteca, mentre la corvonero
scese per raggiungere l’uscita. Lasciati i libri alla bibliotecaria, Paciock salutò l’amico e si avviò verso il cortile. Mentre
attraversava uno dei portici che si affacciavano su un cortile interno e poi
conducevano al parco est, Neville notò una scena che certo ritenne insolita.
Draco Malfoy era
seduto sul muretto di uno dei grandi archi che scandivano il porticato; in
piedi lì accanto c’erano Tiger e Goyle; tutti e tre
parlottavano assieme. Passò lì vicino un tassorosso
del terzo o quarto anno, teneva in mano una gran pila di libri che gli
coprivano buona parte della visuale. Quando fu a pochi centimetri dai serpeverde, Tiger allungò la gamba destra, facendogli lo
sgambetto. Il tassorosso cadde a terra, sbattendo la
faccia sul pavimento di pietra e il naso iniziò a sanguinargli abbondantemente,
mentre tutti i libri erano sparsi qua e là al suolo.
Tiger
e Goyle scoppiarono a ridere, mentre il volto di Draco rimaneva impassibile, quasi privo di emozione di
qualsiasi tipo.
Il
ragazzetto si mise a sedere e si premette il polso sinistro sul naso, per
tamponare l’emorragia con la manica, mentre con l’altra mano cercava di
recuperare i libri.
“Devi
stare più attento, quando cammini.” lo canzonava Goyle.
“Lascia
che ti aiuti coi libri” disse Tiger “Wingradium leviosa”
I
volumi si sollevarono ma anziché ricomporsi in una pila ordinata, furono
sparpagliate in tutte le direzioni nei posti più alti.
Fu
allora che accadde la cosa strana: Draco schioccò
un’occhiata di rimprovero ai due amici e disse loro: “Ma non vi vergognate a
divertirvi ancora con degli scherzi così stupidi?!”
Usò
l’incantesimo di appello per riportare indietro tutti i libri e li mise in mano
al tassorosso che si era rialzato in piedi e gli
disse di andaresene.
Goyle e Tiger erano
alquanto indispettiti e il secondo prese a dire: “Perché ti sei intromesso?
Perché hai aiutato quel mezzosangue? Doveva prenderli da solo.”
“Ah,
gran bello scherzo” commentò Draco, sarcastico e
seccato “Un naso sanguinante per il quale non c’è nemmeno bisogno di andare da
Madama Chips e dei libri che si recuperano in un
attimo mormorando Accio
… divertentissimo!”
“Quando
li fai tu, però, va bene, eh?!” si lamentò Tiger.
“Quando
li facevo avevo a malapena tredici anni. D’accordo che sei lento a capire, ma
avresti dovuto accorgerti che sono passato ad altro da un pezzo.”
“Altro
come cosa? L’anno scorso eri ossessionato da quell’armadio e quest’anno te ne
stai zitto e mogio. Ora possiamo finalmente divertirci coi mezzosangue, senza
rischiare punizioni e tu non fai nulla!”
“Semplicemente
non mi diverto come un neandertaliano.”
“Da
quando se n’è andata la Umbridge, non sei più
divertente!” lo accusò Tiger, poi se ne andò indispettito e Goyle
lo seguì, senza dire nulla.
Da quando se n’è
andata la Ubridge … Draco
era quasi divertito dalla stupidità dei suoi amici. Non avevano minimamente
capito come la sua vita fosse cambiata da quando suo padre era finito ad
Azkaban dopo la disfatta all’Ufficio Misteri. Suo padre aveva fallito. Suo
padre aveva contrariato il Signore Oscuro. Se prima era considerato uno dei
Mangiamorte prediletti o quasi, ora era considerato quasi indegno di portare il
marchio oscuro. Per Voldemort la detenzione ad
Azkaban non era una punizione sufficiente per quel fallimento. Aveva voluto
punire Lucius, colpendo la sua famiglia. Draco, che aveva sempre potuto fare affidamento
sull’interesse e l’intervento del padre per risolvere i propri problemi e
ottenere ciò che volesse, si era ritrovato solo a dover proteggere la propria
famiglia. I Malfoy si erano trovati isolati: i Mangiamorte li sapevano caduti
in disgrazia agli occhi del loro signore e, dunque, non volevano averci a che
fare, gli altri amici li avevano abbandonati, dopo che si era scoperta la vera
fedeltà di Lucius. Draco si
era ritrovato solo a dover proteggere sé stesso e sua madre dalla vendetta di Voldemort. Aveva dovuto offrire se stesso al servizio
dell’Oscuro Signore. Sul momento ne era stato contento, perché non aveva
compreso la responsabilità che si stava assumendo, il pericolo in cui si era
cacciato, non aveva compreso che aveva sottomesso la propria vita al capriccio
di un essere crudele e spietato. Poi dopo erano state solo minacce, pressioni,
una lotta contro il tempo e contro uno dei più grandi maghi viventi per potersi
salvare la vita. Ogni sciocco sogno di gloria era presto svanito, lasciando
spazio solo all’angoscia, alla consapevolezza di essere solo un ragazzino di
sedici anni, praticamente prigioniero di un mago oscuro e della sua setta
criminale.
Sì,
i suoi amici avevano ragione a dire che era cambiato, ma non capivano
assolutamente il perché.
Questi
pensieri avevano attraversato rapidamente la testa di Draco
e, quando tornò presente alla realtà, si accorse che dall’altro lato del corridoio
qualcuno lo stava fissando. Sbottò: “Che hai da guardare, Paciock?”
Neville
cercò di usare le parole più adatte e borbottò: “Niente … notavo che sei …
maturato.”
“Oh,
speravo proprio lo notassi!” replicò sarcasticamente Draco.
Il
grifondoro fece una smorfia, poi si voltò e riprese
il suo cammino.
Malfoy
ci rimase male nel vederlo allontanarsi, senza replicare nulla. Si disse che
aveva sbagliato a sfogare il suo malumore, dando una rispostaccia a chi gli
aveva fatto un complimento. Ora che il suo prestigio tra i serpeverde
era in declino, ora che neppure Tiger e Goyle gli
obbedivano ciecamente, forse non era il caso di continuare ad inimicarsi tutti
quanti con quegli atteggiamenti che lui stesso si era detto fossero infantili.
Fece
una cosa che mai si sarebbe aspettato: controllò rapidamente che non ci fossero
altri serpeverde nei paraggi, poi camminò rapidamente
per raggiungere il grifondoro qualche metro più
avanti. Raggiuntolo, gli picchiettò la mano sulla spalla per richiamarne l’attenzione
e lo chiamò: “Ehi, Paciock!”
Neville
si fermò, si voltò e lo guardò stupito, chiedendo: “Che cosa …?”
Draco non sapeva
esattamente cosa dire, farfugliò: “Io … senti … scusa.”
“È
uno scherzo?” si insospettì il grifondoro.
“No,
è che … hai ragione, sono maturato e mi rendo conto di essere stato uno stronzo
in passato.”
“Con
passato intendi fino a due minuti fa.”
“Non
farmi pentire di essere venuto a parlarti.” poi abbassò notevolmente il volume:
“Io mi sono sempre comportato come ero stato cresciuto e ci ho messo tanto a
capire di essere nel torto. Non farti strane idee, non sono diventato babbanofilo e tengo ancora in considerazione la purezza del
sangue. Quel di cui mi sono reso conto è che quelli che consideravo scherzetti
divertenti, non lo erano e che tormentare la gente non è un buon passatempo.”
“Perché
lo stai dicendo a me?” chiese Neville, confuso.
“Perché
sei stato uno di quelli che ho perseguitato maggiormente, perché Potter, la Grenger e Weasley non sono qua e
non posso scusarmi con loro. Io non mi aspetto nulla da questa conversazione,
non chiedo perdono o altro. Voglio semplicemente che qualcuno sappia. Non posso
parlare con nessuno.”
Neville
intravide, ben nascosta in quello sguardo, la disperazione che divorava Malfoy
dall’interno; non poteva conoscerne le ragioni, ma sentiva che era sincera.
Prima
che il grifondoro potesse dire qualcosa, Malfoy si
staccò e se ne andò.
Neville
era alquanto perplesso, ma decise di raggiungere le amiche che stava facendo
aspettare fin troppo. Le trovò che stavano chiacchierando, sedute su un grosso
tronco d’albero rovesciato a terra.
Luna
stava raccontando con grande entusiasmo quanto le fosse piaciuta la prima
lezione di approfondimento sulle creature magiche; in quel momento elogiava l’insegnante:
“È stata una buona idea far tenere il corso da una persona diversa da Hagrid …
lui è un buon insegnante, ma è bello anche vedere approcci differenti. Rolf Scamander è giovane, ha
pochi anni in più di noi; ha già viaggiato per il mondo come suo nonno Newt. Ha un modo di spiegare le cose davvero affascinante,
quando ti descrive un luogo o un animale
ti sembra proprio di essere lì e di averla davanti ai propri occhi. Si vede che non solo è esperto, ma anche che ha una
grande passione. È bellissimo ascoltarlo! Avevo già sentito parlare di lui ed
ero un sacco curiosa di conoscerlo di persona e posso assicurarvi che ho fatto
davvero un’ottima scelta nell’iscrivermi al suo gruppo.”
“Accidenti!”
esclamò Neville che le aveva raggiunte e aveva ascoltato quella parte di
discorso “È raro sentirti così entusiasta. O per meglio dire, tu sei sempre
coinvolta qualsiasi sia l’argomento di cui parli, ma in questo caso lo sembri
molto più del solito. Sono contento di vederti così felice.”
“Grazie.
Il vostro corso, invece, com’è stato?”
Si
misero a parlare degli esercizi con la spada e presto divagarono; abbandonarono
il tronco e passeggiarono per il parco chiacchierando, nonostante il sole fosse
ormai tramontato.