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Autore: DirceMichelaRivetti    11/12/2016    1 recensioni
NB: Precedentemente avevo intitolato questa storia "Resistere" ma mi sono accorta che c'era già un'altra fanfic con quel titolo, quindi l'ho cambiato alla mia.
Questa è una storia in cui sto immaginando come si sia svolto il settimo anno di Neville, quando con Ginny e Luna ha rifondato l'Esercito di Silente. Quando si arriverà alla battagliadi Hogwarts, tuttavia, mi staccherò dal canon e ipotizzerò che Harry non riesca ad avere la meglio contro Voldemort e che, dunque, si continui ancora a combattere.
Ho inoltre aggiunto ai personaggi una cugina di Luna.
Cercherò anche di mostrare le incertezze e i turbamenti che Draco vive nel corso del suo ultimo anno ad Hgwarts, quando si è pentito di essere un Mangiamorte, ma non può tornare indietro.
Genere: Avventura, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Esercito di Silente, Il Secondo Trio (Neville, Ginny, Luna), Neville Paciock, Seamus Finnigan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
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La settimana di punizione era terminata. La persona che più ne era felice era Seamus; infatti, non avendo il tempo di studiare e fare i compiti alla sera, Neville aveva interrotto le ricerche in biblioteca per quei sette giorni, adesso invece avrebbe potuto riprenderle e questo rendeva molto felice il suo amico.

Di felicità e buon umore ce ne era veramente tanto bisogno ad Hogwarts: i Carrow erano davvero riusciti a far arrivare una trentina di Dissenatori per la sorveglianza della scuola.

Tutti ne erano rimasti sorpresi e spaventati. Gli studenti del quinto, sesto e settimo corso ricordavano ancora di quando, quattro anni prima, i Dissennatori avevano pattugliato i confini di Hogwarts alla ricerca di Sirius Black. All’epoca Silente non aveva permesso che entrassero nella scuola e, nonostante ciò, erano stati fonte di disturbo ed inquietudine. Ora, invece, potevano aggirarsi per i corridoi e le aule. Quali sarebbero state le conseguenze? Più tristezza e paura negli studenti e meno voglia di vivere che avrebbero portato all’ordine e alla disciplina che i Carrow desideravano? Il tempo lo avrebbe rivelato.

Un altro cambiamento era stato che il professor Vitious era riuscito a far sì che gli alunni cantassero l’inno di Hogwarts in maniera intonata e andando a tempo, dunque le prove del coro erano terminate e potevano finalmente iniziare le attività extrascolastiche.

Seamus non stava più nella pelle. Un pomeriggio, mentre in biblioteca stavano sfogliando vecchie copie de La Gazzetta del Profeta, nella speranza di trovare qualche nuova informazione sul padre di Dean, Finnigan iniziò a dire all’amico: “Ti rendi conto che domani avremo la nostra prima lezione di scherma?”

“Sì.” rispose Neville molto più pacatamente.

“No, secondo me non te ne rendi conto. Nessuno può rimanere così impassibile all’idea di maneggiare una  spada. Certo, sarebbe ancor meglio una spada laser, però van benissimo anche le spade tradizionali … io vorrei uno spadone a due mani, però forse è troppo pensante, meglio una bastarda da una mano e mezza. Tu cosa ne pensi?”

“Che non ne so abbastanza per avere preferenze … che cos’è una spada laser?”

“Oh, niente, lascia perdere, è un’arma che hanno in una vecchia trilogia di film. Devo assolutamente farteli vedere, la prossima volta che verrai a trovarmi. Tra l’altro tra poco più di un anno dovrebbe uscire un nuovo film della serie. Comunque, fidati, la spada è l’arma più bella e versatile che esista!”

“Non hai bisogno di convincermi sulla sua utilità. È vero che non mi sto entusiasmando ma, credimi, capisco perfettamente l’utilità di non affidarsi solo alla magia.” poi si lasciò sfuggir detto: “Nella foresta mi sarebbe stato utile conoscere già qualche tecnica di combattimento …”

“Cosa?” si meravigliò Seamus “Avevi detto che era stato tutto tranquillo … Mi hai nascosto qualcosa?”

“Beh, ecco” Neville era in difficoltà, poi si guardò attorno e abbassò la voce il più possibile: “I Carrow ci hanno mandato contro tre licantropi, fortuna che non c’era la luna piena, ma erano armati di bacchetta. Hanno usato l’expeliarmus e poi ci hanno aggrediti in lotta corpo a corpo.”

“Devono aver faticato con Hagrid.”

“Lui non c’era. C’eravamo divisi e io mi trovavo solo con Afdera.”

“Accidenti! Ve la siete vista proprio brutta, allora! Come avete fatto a salvarvi?”

Neville riferì come si era svolto il combattimento.

“Bello l’incantesimo col fuoco” commentò Seamus “Mi piacerebbe impararlo. Dove lo avrà trovato?”

“Ah, non so, chiedi a lei. Mi è sembrato usasse una parola molto differente da quelle tradizionali.”

“Beh, ma poi li avete lasciati lì, svenuti? Perché li avete lasciati vivi?”

“Anche tu a dire che avremmo dovuto ucciderli?!” Neville era spazientito e faticò a moderare il volume.

“Beh, sono uomini di Tu-sai-chi, perché tenerli in vita? Faranno sicuramente parte dei ghermitori e ora potranno continuare ad andare in giro a cercare i nati babbani e trascinarli davanti alla Commissione. Potrebbero catturare Dean, oppure i fratelli Canon o altri ancora, non ci hai pensato?”

“Credi che sia facile uccidere qualcuno? Non lo è.”

Il sobbalzo e il tremito di stupore e confusione che attraversarono il corpo e il volto di Seamus valsero più di mille domande: che cosa non sapeva ancora?

Neville, molto turbato, incapace di guardare l’amico, teneva gli occhi bassi, fisi al legno del tavolo e sommessamente, strappandosi le parole dalla gola, iniziò a dire: “Uno l’ho ucciso. Non volevo, ma l’ho fatto, me ne sono reso conto dopo.”

“E come?” il brio di Seamus si era spento di colpo e lui era diventato molto serio ed attento.

“Ricordi quegli incantesimi che Harry aveva trovato scritti l’anno scorso su quel vecchio libro di pozioni e che leggeva e sperimentava continuamente? Ricordi che ne aveva trovato uno accompagnato dalla dicitura per i nemici e che aveva usato contro Malfoy, ferendolo gravemente? Ecco l’ho usato e quando mi sono reso conto … Era steso a terra, gli occhi spalancati, come se si potesse alzare da un momento all’altro e, invece, era morto. Una parola, pochi istanti e quella vita era stata spezzata. È così semplice uccidere? Basta così poco? Hai vissuto per anni, hai studiato, ti sei creato una posizione, magari ti ritieni anche potente e poi d’improvviso tutto questo finisce. Un solo secondo mette fine ad anni. Avrà avuto anche lui parenti ed amici che soffriranno per la sua morte. I suoi occhi spalancati … mi stavano accusando … Dovrebbero essere loro i cattivi e noi i buoni, ma se ci comportiamo come loro, che cosa ci differenzia allora? Come possiamo crederci nel giusto?”

“Neville, sinceramente penso che il volersi mantenere innocenti in questa situazione sia da codardi, da egoisti o, nella migliore delle ipotesi, da ingenui. Non volersi sporcare le mani (ma secondo me non sarebbe neppure l’espressione giusta) quando c’è una guerra in corso, significa non voler prendere una posizione o, peggio, favorire i più forti che, attualmente, sono i Mangiamorte. Ci si deve assumere la responsabilità di compiere azioni che non ci piacciono, che non faremmo mai in circostanze normali, per difendere ciò che riteniamo giusto. Loro basano il loro potere proprio su questo: uccidere, intimorire, minacciare e ricattare, certi che nessuno avrebbe il coraggio di reagire, di fare ciò che per loro è consuetudine. Mi chiedi qual è la differenza tra noi e loro? Che tu uccidi per sbaglio uno che voleva ammazzarti o almeno farti del male e ci stai male e ti senti in colpa; loro, invece, stanno male se non ammazzano almeno una persona al giorno. Loro lo fanno per divertimento, per imporre il loro volere, perché per loro è naturale così. Tu, invece, lo fai per difendere, noi proteggiamo! È questa la differenza. Noi lo eviteremmo, se potessimo, ma non abbiamo scelta. Non è il gusto di farlo che ci motiva, ma il voler ripristinare una società dove i figli di babbani non siano ammazzati, dove esprimere la propria opinione non ti fa rischiare di finire ad Azkaban, dove gli studenti vivaci non vengono puniti con la maledizione cruciatus. Immagino che sia turbante constatare che si muore in un attimo, non solo si percepisce il potere e la responsabilità di questo gesto, ma anche ci si rende conto di quanto facilmente noi stessi possiamo morire; l’alternativa, però, è far vincere loro. Pensa a Fortebraccio rapito dai Mangiamorte non si sa nemmeno perché, oppure ai nostri amici in fuga, a quello che sta accadendo in questa scuola, a tutte le persone sotto la maledizione imperius … e sarà sempre peggio. È in questo mondo che vuoi trascorrere la tua vita?”

Neville scosse negativamente il capo. Perdinci! Non aveva mai sentito Seamus parlare in maniera così veemente, non era facile sentirlo parlare di questioni così complesse. Sì, in passato, durante il loro quinto anno, avevano discusso spesso circa se il racconto di Harry sul ritorno di Voldemort fosse vero oppure no e Finnigan si era dimostrato molto testardo e fiero nel parlare, però la faccenda era completamente differente.

Neville ripensò a quando aveva seguito Harry all’Ufficio Misteri e a quando aveva combattuto per i corridoi di Hogwarts nella notte in cui Silente era morto. Non aveva avuto tentennamenti in quelle occasioni, anzi, era andato volontario, col cuore gonfio di determinazione: voleva combattere!

Non aveva pensato che avrebbe dovuto uccidere? Certo che ci aveva pensato e si era anche detto che voleva eliminare quanti più Mangiamorte possibile; inoltre, quando si era trovato di fronte Bellatrix Lestrange, aveva sentito chiaro e forte il desiderio di vendetta. Avrebbe avuto il coraggio di ucciderla, se ne avesse avuta l’opportunità? Mah!

La formula dell’incantesimo che uccide la conosceva, eppure, davanti ai Mangiamorte, aveva usato al massimo degli schiantesimi: perché? Beh, in effetti la situazione era diversa: quando li aveva affrontati, loro erano ancora considerati dei criminali e, se catturati, il Ministero li avrebbe puniti; adesso, invece, loro al potere e lui era il criminale, quindi non poteva sperare di poterli consegnare alla giustizia.

Sì, sapeva che Seamus ed Hagrid avevano ragione: se volevano combattere il regime, dovevano essere disposti ad uccidere. Solo che lui non si era sentito un eroe, quando si era reso conto di aver dato la morte a un nemico. Non si era sentito orgoglioso, né bramava di rifarlo, eppure sapeva che sarebbe stato costretto ad uccidere di nuovo, per salvare il suo mondo.

Forse era così turbato perché quella era stata la sua prima uccisione? Forse la volta successiva gli avrebbe fatto meno impressione? Forse, se lo avesse fatto più volte, sarebbe diventato per lui un atto normale?

Quest’ultimo pensiero lo terrorizzò. Sperò di avere la forza di affrontare i nemici e di ucciderli, quando necessario, ma si augurò anche che l’ammazzare non diventasse mai e poi mai un’abitudine per lui, un gesto freddo e privo di emozione. Sperò che ogni morte che avrebbe procurato gli avrebbe suscitato rimorso.

“Hai ragione” disse Paciock “In effetti gli Auror hanno il permesso di utilizzare le maledizioni senza perdono, sono autorizzati ad uccidere i maghi oscuri durante i duelli. Anche i miei genitori hanno ucciso qualcuno, durante la prima guerra, quindi non devo rifiutarmi io. Hai ragione, siamo grifondoro, dobbiamo avere il coraggio di proteggere le altre persone. Per quanto sia spiacevole uccidere, bisogna farlo in casi estremi.”

“Questo è estremo.”

“Lo so.”

“Potrai passare il resto della tua vita ad espiare, se ne sentirai il bisogno, ma adesso non esitare.”

“Vedremo se ce ne sarà di nuovo bisogno. Non sappiamo che cosa stia facendo Harry, forse troverà un modo per sconfiggere Voldemort senza dover dare battaglia … ma se ci chiamerà a schierarci con lui, non mi tirerò indietro.”

“Sei davvero convinto che Harry tornerà?”

“Certo. non dirmi che credi ancora a quello che scrive la Gazzetta del Profeta!”

“No, quel giornale mi ha deluso parecchio e penso che dovrebbe cambiare per intero il suo organico, dal direttore al tipografo, ma questa è un’altra questione. Io dico che, se fossi in Harry, me ne andrei il più lontano possibile. Insomma, che cosa può fare lui? È vero, è sopravvissuto una volta, ma questo non significa che lui possa sconfiggere davvero Tu-sai-chi.”

“C’è una profezia, fatta dalla Cooman.”

“Ah, c’è proprio da fidarsi, allora.”

Voldemort la voleva. È per colpa di ciò se mi sono trovato nell’Ufficio Misteri con Harry e gli altri. Lui può sconfiggere il Signore Oscuro e io farò tutto il possibile per aiutarlo.”

“Cosa può fare? Ora che Silente è morto, lui dov’è? Pensi che abbia davvero un piano?”

“Sì e se non ce lo ha già, lo avrà. Ho fiducia in lui. Inoltre …” e qui abbassò ancor di più il volume “Silente ha lasciato qualcosa in eredità a lui, Hermione e Ron.”

“Oltre alla spada che non ha potuto avere, intendi?”

“Esatto. Silente non era uno sprovveduto, avrà sicuramente escogitato qualche strategia da far portare avanti ad Harry e all’Ordine della Fenice, se a lui fosse dovuto accadere qualcosa.”

“Queste sono solo speranze, nulla più.”

“Non ti capisco. Prima dici che bisogna opporsi ad ogni costo, poi sei sfiduciato.”

“Non sono sfiduciato. Quel che voglio dire è che dobbiamo considerare anche l’idea di combattere da soli, senza di Harry.”

“Lui tornerà.”

 

Il giorno seguente, al termine delle lezioni, Seamus e Neville raggiunsero una grande aula del quarto piano, dove si sarebbe svolto il corso di scherma medievale. Sulla parete di fondo era stato appeso un enorme quadro con raffigurato un piazzale in terra battuta, con pochi ciuffi di erba secca, da un lato vi si trovava un palo di legno su cui era posto un blasone rosso e blu con una viverna nera; dall’altro infine c’era una rastrelliera che sorreggeva varie armi bianche: spade di varia lunghezza e lance con picche e puntali scintillanti. Al centro si trovava Sir Cadogan nella sua armatura imponente, semi appoggiato ad uno spadone alto quasi quanto lui; la visiera dell’elmo era sollevata e quindi si poteva vedere il suo viso coi grossi baffi neri e lo sguardo altero.

C’erano circa una decina di studenti, un po’ di tutte le case.appena entrata, Afdera aveva raggiunto i due grifondoro e li aveva salutati.

“Ah, ciao” ricambiò Nevville “Luna non è poi riuscita a venire?”

“No, il gruppo di approfondimento sulle creature magiche si svolge proprio adesso.”

“Peccato; sarebbe stato bello ritrovarci tutti qui … va beh, manca anche Ginny.”

“Or bene, giovane scudieri!” esclamò Sir Cadogan, interrompendo ogni discorso con la sua voce esplosiva “È giunto lo momento che voi apprendiate l’antica e nobilissima arte de lo combattimento con la spada et anche con la lancia. Per secoli il duello è stato il mezzo per redimere controversie, difendere li oppressi e lavare le offese. Io vi insegnerò come si impugnano queste armi, le posture di guardia, le posizioni di attacco e di difesa e le tecniche per portare a segno i vostri colpi sugli avversari ed evitare e parare quelli a voi rivolti. Sappiate, però, che l’apprendere a maneggiare una spada non vi renderà dei veri cavalieri. L’equites è l’uomo che va a cavallo. Qualsiasi soldato può uccidere con una spada. Lo cavaliere giurava di non cercare ricchezze, di difendere il povero e la vedova, di portare giustizia di liberare dagli oppressori. Dunque è la nobiltà dell’animo a rendere un cavaliere tale. Io vi insegnerò le tecniche di combattimento, ma sarà vostro l’onere di diventare cavaliere, combattendo contro i felloni.”

Concluso questo discorso, iniziò finalmente la lezione vera e propria. Ai ragazzi fu chiesto di prendere le spade in legno, con la punta imbottita, che erano state preparate appositamente. Sir Cadogan cominciò con il mostrare posture e qualche colpo e poi aveva preparato delle sequenze dove guardie, attacchi e parate erano combinati tra di loro; la ripetizione di queste sequenze serviva per far acquisire maggiore fluidità e rapidità nei movimenti. Quel pomeriggio si limitarono ad apprendere queste piccole basi e non incrociarono le lame di legno gli uni con gli altri, con grande disappunto da parte di Seamus.

“Tutto sommato è stato piacevole, vero?” commentò Afdera, mentre si avviavano all’uscita, dopo aver riposto le spade.

“Capisco che dobbiamo prima apprendere la tecnica” bofonchiò Finnigan “Però spero che la prossima volta ci faccia provare qualche duello.”

“Io e mia cugina, adesso, ci troviamo nel cortile e facciamo due passi: volete venire anche voi?”

“Non posso” disse Seamus “Devo finire un tema di 40 centimetri di pergamena per Storia della Magia, è da consegnare domani.”

“Io l’ho già fatto” aggiunse Neville “Vengo volentieri, ma devo riportare dei libri in biblioteca. Mi aspettate?”

“Certamente. Ci troviamo dalla capanna di Hagrid, va bene?”

Neville annuì; arrivati alle scale, i giovani si separarono: i due girfondoro andarono verso la biblioteca, mentre la corvonero scese per raggiungere l’uscita. Lasciati i libri alla bibliotecaria, Paciock salutò l’amico e si avviò verso il cortile. Mentre attraversava uno dei portici che si affacciavano su un cortile interno e poi conducevano al parco est, Neville notò una scena che certo ritenne insolita.

Draco Malfoy era seduto sul muretto di uno dei grandi archi che scandivano il porticato; in piedi lì accanto c’erano Tiger e Goyle; tutti e tre parlottavano assieme. Passò lì vicino un tassorosso del terzo o quarto anno, teneva in mano una gran pila di libri che gli coprivano buona parte della visuale. Quando fu a pochi centimetri dai serpeverde, Tiger allungò la gamba destra, facendogli lo sgambetto. Il tassorosso cadde a terra, sbattendo la faccia sul pavimento di pietra e il naso iniziò a sanguinargli abbondantemente, mentre tutti i libri erano sparsi qua e là al suolo.

Tiger e Goyle scoppiarono a ridere, mentre il volto di Draco rimaneva impassibile, quasi privo di emozione di qualsiasi tipo.

Il ragazzetto si mise a sedere e si premette il polso sinistro sul naso, per tamponare l’emorragia con la manica, mentre con l’altra mano cercava di recuperare i libri.

“Devi stare più attento, quando cammini.” lo canzonava Goyle.

“Lascia che ti aiuti coi libri” disse Tiger “Wingradium leviosa

I volumi si sollevarono ma anziché ricomporsi in una pila ordinata, furono sparpagliate in tutte le direzioni nei posti più alti.

Fu allora che accadde la cosa strana: Draco schioccò un’occhiata di rimprovero ai due amici e disse loro: “Ma non vi vergognate a divertirvi ancora con degli scherzi così stupidi?!”

Usò l’incantesimo di appello per riportare indietro tutti i libri e li mise in mano al tassorosso che si era rialzato in piedi e gli disse di andaresene.

Goyle e Tiger erano alquanto indispettiti e il secondo prese a dire: “Perché ti sei intromesso? Perché hai aiutato quel mezzosangue? Doveva prenderli da solo.”

“Ah, gran bello scherzo” commentò Draco, sarcastico e seccato “Un naso sanguinante per il quale non c’è nemmeno bisogno di andare da Madama Chips e dei libri che si recuperano in un attimo mormorando Accio … divertentissimo!”

“Quando li fai tu, però, va bene, eh?!” si lamentò Tiger.

“Quando li facevo avevo a malapena tredici anni. D’accordo che sei lento a capire, ma avresti dovuto accorgerti che sono passato ad altro da un pezzo.”

“Altro come cosa? L’anno scorso eri ossessionato da quell’armadio e quest’anno te ne stai zitto e mogio. Ora possiamo finalmente divertirci coi mezzosangue, senza rischiare punizioni e tu non fai nulla!”

“Semplicemente non mi diverto come un neandertaliano.”

“Da quando se n’è andata la Umbridge, non sei più divertente!” lo accusò Tiger, poi se ne andò indispettito e Goyle lo seguì, senza dire nulla.

Da quando se n’è andata la Ubridge Draco era quasi divertito dalla stupidità dei suoi amici. Non avevano minimamente capito come la sua vita fosse cambiata da quando suo padre era finito ad Azkaban dopo la disfatta all’Ufficio Misteri. Suo padre aveva fallito. Suo padre aveva contrariato il Signore Oscuro. Se prima era considerato uno dei Mangiamorte prediletti o quasi, ora era considerato quasi indegno di portare il marchio oscuro. Per Voldemort la detenzione ad Azkaban non era una punizione sufficiente per quel fallimento. Aveva voluto punire Lucius, colpendo la sua famiglia. Draco, che aveva sempre potuto fare affidamento sull’interesse e l’intervento del padre per risolvere i propri problemi e ottenere ciò che volesse, si era ritrovato solo a dover proteggere la propria famiglia. I Malfoy si erano trovati isolati: i Mangiamorte li sapevano caduti in disgrazia agli occhi del loro signore e, dunque, non volevano averci a che fare, gli altri amici li avevano abbandonati, dopo che si era scoperta la vera fedeltà di Lucius. Draco si era ritrovato solo a dover proteggere sé stesso e sua madre dalla vendetta di Voldemort. Aveva dovuto offrire se stesso al servizio dell’Oscuro Signore. Sul momento ne era stato contento, perché non aveva compreso la responsabilità che si stava assumendo, il pericolo in cui si era cacciato, non aveva compreso che aveva sottomesso la propria vita al capriccio di un essere crudele e spietato. Poi dopo erano state solo minacce, pressioni, una lotta contro il tempo e contro uno dei più grandi maghi viventi per potersi salvare la vita. Ogni sciocco sogno di gloria era presto svanito, lasciando spazio solo all’angoscia, alla consapevolezza di essere solo un ragazzino di sedici anni, praticamente prigioniero di un mago oscuro e della sua setta criminale.

Sì, i suoi amici avevano ragione a dire che era cambiato, ma non capivano assolutamente il perché.

Questi pensieri avevano attraversato rapidamente la testa di Draco e, quando tornò presente alla realtà, si accorse che dall’altro lato del corridoio qualcuno lo stava fissando. Sbottò: “Che hai da guardare, Paciock?”

Neville cercò di usare le parole più adatte e borbottò: “Niente … notavo che sei … maturato.”

“Oh, speravo proprio lo notassi!” replicò sarcasticamente Draco.

Il grifondoro fece una smorfia, poi si voltò e riprese il suo cammino.

Malfoy ci rimase male nel vederlo allontanarsi, senza replicare nulla. Si disse che aveva sbagliato a sfogare il suo malumore, dando una rispostaccia a chi gli aveva fatto un complimento. Ora che il suo prestigio tra i serpeverde era in declino, ora che neppure Tiger e Goyle gli obbedivano ciecamente, forse non era il caso di continuare ad inimicarsi tutti quanti con quegli atteggiamenti che lui stesso si era detto fossero infantili.

Fece una cosa che mai si sarebbe aspettato: controllò rapidamente che non ci fossero altri serpeverde nei paraggi, poi camminò rapidamente per raggiungere il grifondoro qualche metro più avanti. Raggiuntolo, gli picchiettò la mano sulla spalla per richiamarne l’attenzione e lo chiamò: “Ehi, Paciock!”

Neville si fermò, si voltò e lo guardò stupito, chiedendo: “Che cosa …?”

Draco non sapeva esattamente cosa dire, farfugliò: “Io … senti … scusa.”

“È uno scherzo?” si insospettì il grifondoro.

“No, è che … hai ragione, sono maturato e mi rendo conto di essere stato uno stronzo in passato.”

“Con passato intendi fino a due minuti fa.”

“Non farmi pentire di essere venuto a parlarti.” poi abbassò notevolmente il volume: “Io mi sono sempre comportato come ero stato cresciuto e ci ho messo tanto a capire di essere nel torto. Non farti strane idee, non sono diventato babbanofilo e tengo ancora in considerazione la purezza del sangue. Quel di cui mi sono reso conto è che quelli che consideravo scherzetti divertenti, non lo erano e che tormentare la gente non è un buon passatempo.”

“Perché lo stai dicendo a me?” chiese Neville, confuso.

“Perché sei stato uno di quelli che ho perseguitato maggiormente, perché Potter, la Grenger e Weasley non sono qua e non posso scusarmi con loro. Io non mi aspetto nulla da questa conversazione, non chiedo perdono o altro. Voglio semplicemente che qualcuno sappia. Non posso parlare con nessuno.”

Neville intravide, ben nascosta in quello sguardo, la disperazione che divorava Malfoy dall’interno; non poteva conoscerne le ragioni, ma sentiva che era sincera.

Prima che il grifondoro potesse dire qualcosa, Malfoy si staccò e se ne andò.

Neville era alquanto perplesso, ma decise di raggiungere le amiche che stava facendo aspettare fin troppo. Le trovò che stavano chiacchierando, sedute su un grosso tronco d’albero rovesciato a terra.

Luna stava raccontando con grande entusiasmo quanto le fosse piaciuta la prima lezione di approfondimento sulle creature magiche; in quel momento elogiava l’insegnante: “È stata una buona idea far tenere il corso da una persona diversa da Hagrid … lui è un buon insegnante, ma è bello anche vedere approcci differenti. Rolf Scamander è giovane, ha pochi anni in più di noi; ha già viaggiato per il mondo come suo nonno Newt. Ha un modo di spiegare le cose davvero affascinante, quando ti descrive un luogo  o un animale ti sembra proprio di essere lì e di averla davanti ai propri occhi. Si vede  che non solo è esperto, ma anche che ha una grande passione. È bellissimo ascoltarlo! Avevo già sentito parlare di lui ed ero un sacco curiosa di conoscerlo di persona e posso assicurarvi che ho fatto davvero un’ottima scelta nell’iscrivermi al suo gruppo.”

“Accidenti!” esclamò Neville che le aveva raggiunte e aveva ascoltato quella parte di discorso “È raro sentirti così entusiasta. O per meglio dire, tu sei sempre coinvolta qualsiasi sia l’argomento di cui parli, ma in questo caso lo sembri molto più del solito. Sono contento di vederti così felice.”

“Grazie. Il vostro corso, invece, com’è stato?”

Si misero a parlare degli esercizi con la spada e presto divagarono; abbandonarono il tronco e passeggiarono per il parco chiacchierando, nonostante il sole fosse ormai tramontato.

   
 
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