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Autore: JacobStark    12/12/2016    2 recensioni
ATTENZIONE, IL CAPITOLO 7 E' STATO RICARICATO A CAUSA DI UN PROBLEMA DEI SERVER
Davanti a lui c’era una ragazza dall’aria stranamente familiare, profondamente addormentata nonostante le urla di Akane. La dormiente era rossa di capelli, ben dotata, snella ma muscolosa e cosa più importante, o imbarazzante, Ranma sul momento non seppe dirlo, era completamente nuda.
Ma la cosa che riuscì a pietrificare il ragazzo fu un’altra. Perché il volto, il volto era quello di lui in forma di ragazza!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Nuovo personaggio, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pronti alla battaglia

 

Ranma

Una mano gentile la svegliò. Si era addormentata sulla spalla di Ranma, e si stupì della cosa. Insomma era dentro ad un elicottero, che tra l’altro faceva una confusione terribile. Doveva essere davvero stanca. Era stato suo fratello a svegliarla, per poi dirle di accendere il microfono delle cuffie. La rossa alzò la mano verso il pulsante piazzato sul lato della grossa cuffia isolante, per premerlo ed attivare l’audio. Stava parlando Artorias. “Allora, ascoltate: i miei uomini hanno trovato una specie di castello ad ovest di Tokyo seguendo i soldati di terracotta, e ci stiamo dirigendo lì. Ora, arrivati sul posto incontrerete le unità d’assalto degli Stark. Non parlano il giapponese, a parte un paio di loro, quindi è inutile tentare di parlarci. Loro prendono ordini direttamente da noi, quindi accettate qualunque cosa facciano. Dunque, ci sono delle regole da rispettare. Farete quello che vi dico, quando lo dico. Nessuna iniziativa personale, nessun atto di eroismo. Da quello che abbiamo scoperto potrebbe esserci dietro qualcosa di peggio perfino dell’esercito di pietra, quindi non rischiate per nessun motivo!” Era stato chiaro, nemmeno lei poteva ignorarlo. Avrebbe dovuto fare esattamente quello che le diceva, stavolta sul serio. Dopo poco il massiccio elicottero nero atterrò su di un promontorio roccioso, e scesero tutti. Con loro c’erano anche un paio di ragazzi di poco più grandi di loro, vestiti di nero e con protezioni d’acciaio su spalle, braccia e gambe. Indossavano anche un elmo di acciaio nero come il resto della tenuta. Portavano armi moderne, come pistole e fucili d’assalto, ma dietro la schiena uno aveva arco e frecce, l’altro aveva una spada e uno scudo. Era interessante l’accostamento, si chiese se erano capaci di usare entrambi con la stessa efficacia. Appena sotto il punto d’atterraggio c’era un piccolo campo base, montato con tende nere e bianche. La cosa che notò è che c’erano sia ragazzi che ragazze. gli uni vestiti di nero e le altre di bianco. L’unico colore comune era l’argento, che sembrava essere un segno distintivo degli Stark. Tutti si stavano esercitando in qualcosa. C’era chi sparava in un poligono, chi duellava con le armi bianche, con praticamente qualunque arma conosciuta. C’era anche chi si allenava nel combattimento a mani nude. E sembrano tutti molto abili. Artorias si diresse verso una tenda più grande, costruita in modo da sembrare una padiglione. Dentro c’era più tecnologia di quanta ne avesse mai vista. Diversi schermi digitali su cui brillavano luci verdi e bianche, alcune mappe sia digitali che cartacee, oltre che dozzine di armi. Un ragazzone enorme ed un esile ragazza si stavano squadrando con aria di sfida. I pochi istanti era scoppiata una lite. Parlavano nel loro dialetto, quindi Ranma non si sprecò nemmeno a cercare di capire cosa diavolo si stessero dicendo, ma sembrava una cosa seria. Lo era abbastanza da far intervenire Artorias ed Elsa, che divisero i due, il primo con una sberla sul collo, la seconda con una seria sgridata. Non si capiva molto, ma avrebbe detto, dalle battute e le gomitate che sembrano scambiarsi gli altri ragazzi, sembrava che tra i due ci fosse qualcosa di inespresso. In effetti sembrava di guardare Ranma e Akane. “Gough! Maledetto zuccone! Le tue liti con Aya possono aspettare! Questo genere di cose le farete a Flott Vinter, non mentre c’è un emergenza di livello A in corso. LE VOSTRE DANNATE SCHERMAGLIE POSSONO ATTENDERE!” Rimase colpita. Era davvero serio quando lavorava. Da quando era iniziata quell’avventura non l’aveva visto sorridere neppure una volta. Osservò gli altri compagni che li avevano seguiti. I loro genitori non sembravano comprendere cosa avevano attorno, anche perché l’antefatto era stato spiegato loro frettolosamente e male. Ryoga era già sparito, perso inevitabilmente. Ukyo si guardava attorno, annusando l’aria e il dottor Tofu, che li aveva seguiti su insistenza di Kasumi, osservava in cerca dell’infermeria, probabilmente curioso di vedere quali medicinali usassero degli ammazzamostri professionisti. Anche le camerieri automi erano con loro, silenziose e serie come al solito. Portavano due enormi zaini pieni di armi e armature. Alberto cercava di fare conversazione in inglese, ma non gli rispondevano se non a monosillabi. Non sembravano scortesi, più che altro… professionali. Poi suo fratello si scrocchiò le dita. “Non è che ci sarebbe qualcuno con cui battersi? E’ da quando che siamo arrivati che mi prudono le mani.” Il gigantone di nome Gough sembrò capire la voglia di Ranma e si mise davanti a lui. Però ricevette un’altra sberla da Artorias, che lo ammonì del fatto che, se avesse voluto accettare la sfida, avrebbe dovuto farlo in giapponese. Gough, con un pesante accento straniero, riuscì ad accettare la sfida. Con un cenno gli mostrò un grande circolo di terra battuta, passandogli poi delle protezioni. Ranma stava per protestare, ma poi Artorias gli spiegò. “Se vuoi combattere devi proteggerti e proteggere gli altri. Non possiamo permetterci di ferirci in nessun modo quindi si arriva ad un compromesso. O così o rinunci.” Ancora una volta il ragazzo era stato gelido come il colore dei suoi occhi. Un po’ a malincuore Ranma accettò. Si infilò caschetto e guanti imbottiti, ingoiò un paradenti si mise in guardia. Osservò quel gigante sfilarsi la corazza, rivelando un fisico così muscoloso da fare impressione. Faceva quasi impressione. “Ancora cuonvinto?”* disse, in un giapponese a dir poco zoppicante. “Provaci!” lo sfidò Ranma. Un’altro ragazzo in tenuta nera si mise a fare da arbitro. Non che gli interessasse più di tanto, ma capiva il bisogno di picchiare qualcuno. Lei aveva già dato. Tornarono alla tenda principale, dove Tofu stava per spiegare il comportamento di Kodaci. “A quanto pare qualcuno le ha infilato un coccio nel collo. Si direbbe un coccio antico, dello stesso tipo di quelli dei soldati di terracotta. Era infilzato nella nuca, vicino al cervelletto. Credo che influenzasse pesantemente la sua mente, privandola della volontà propria. E, da come mi hai descritto il suo comportamento Ranma, direi che l’ha privata anche dell’istinto di sopravvivenza. Il controllo mentale è molto profondo, di solito si spezza con trauma come una braccio rotto.” La spiegazione era chiara, ed anche inquietante. “Quindi perché hanno rapito Nabiki?” chiese Elsa. “Temo per sottoporla allo stesso trattamento, Nabiki vendeva a Kuno foto mie e di Akane per cifre esorbitati, temo voglia vendicarsi.” Ran-chan fece la sua ipotesi, sentendosi un po’ inadeguata alla situazione. Insomma, lì c’erano esperti in pressoché qualunque cosa, la sua ipotesi non poteva valere molto. “Si.” “Probabile” “Quasi sicuramente è quello.” dissero tutti. Rimase piacevolmente stupita di avere ragione.

 

Ranma

Parata, pugno, gancio, montante, calcio rotante, deviazione, parata. Quel combattimento era meccanico. L’avversario, il gigantesco Gough, era una montagna. Colpirlo era come prendere a pugni un blocco di roccia. Solo che se il blocco lo avesse colpito sarebbe andato lui sarebbe andato a terra senza troppe scuse. Una volta il colpo gli era passato ad un centimetro dalla testa e lo spostamento gli aveva fatto paura. Ed oltretutto era pure veloce, il gigante. Certo, non saltava in giro, ma era comunque più veloce di Ryoga. Ed usava lo stesso stile combattimento di Artorias. Solo che Artorias aveva stare più attento in combattimento, mentre Gough era così resistente che non si doveva preoccupare di essere colpito, poteva agevolmente resistere persino ai suoi colpi più duri. Tentò un calcio altro (molto alto) alla gola, ma sbatté contro il massiccio avambraccio destro del gigante, che gli fece un sorriso storto. “Sei avversario più forte che mi capita da molto tempo. E’ grande onore combattere con te.”* Anche lui era un avversario tosto. Ranma si stava godendo il rischio. Anche un solo piccolo colpo era pesantissimo da sopportare. Un fendente, si, un fendente, un colpo di taglio dato con il braccio degno di un colpo di spada, arrivò a segno, colpendolo al fianco. Ranma venne letteralmente spazzato via dalla potenza del colpo. Si piegò e ribaltò, cadendo. Solo grazie al suo allenamento riuscì a non cadere a terra. Si rialzò, sputando a terra. In un salto evitò un calcio, restituendo all’avversario, dritto sulla sua mascella. “Sei preciso ragazzo!” Si complimentò il gigante, che però incassava fin troppo bene. Scosse la testa ed il colpo di Ranma, di norma micidiale, venne dimenticato. Provò un’altro colpo, copiando la stoccata che aveva visto ad Artorias, infilzandosi fra le costole, uno dei punti che lasciava scoperto nonostante la sua guardia di marmo. Il colpo affondò nei muscoli, ma fu una soddisfazione di breve durata. I muscoli si tesero, stritolando le sue dita. Ranma dovette sfilarle. “Copiare le mosse di lord Stark non ti servirà. Nemmeno lui usa più la scoccata contro di me. Lo dice sempre, non si abbatte montagna con coltello.” Ranma spense il cervello. 

Colpo, colpo, parata. Calcio, schivata schivata, parta, pugno. Era così arrabbiato che non pensò nemmeno di combattere nel modo giusto. Aveva smesso di saltare, di molleggiarsi, di combattere con il suo stile. Divenne una macchina da guerra, poco più di un animale. Continuarono a combattere per quasi un’ora, ma senza molti risultati né da una parte né dall’altra. Ranma era troppo veloce e Gough troppo resistente. Alla fine il vociare della folla mise fine al combattimento. Quando Ranma, sfinito, si tolse l’elmetto e sputò il paradenti si rese contro di quanto avessero combattuto. Il sole si era spostato parecchio. Erano arrivarti la mattina era già mezzogiorno. Ingigantisco guerriero, con un sorriso bonario sul volto, si avvicinò a lui. “Complimenti!- gli rifilò una pacca sulla spalla che avrebbe buttato terra una persona normale- Tu sei grande combattente. Se fossi riuscito a combattere come si deve forse avresti potuto battermi. Sempre che io non facessi sul serio. AHAHAHAHA!” scoppiò in una risata fragorosa, e Ranma lo osservò meglio. Oltre alla stazza davvero enorme Gough aveva una massiccia testa squadrata, e la pelle cotta dal sole ed una gran quantità di capelli corti e mossi, di un biondo cenere così chiaro da sembrare grigi. La bocca era enorme, con delle zampe di galline precoci dovute hai molti sorrisi. Gli occhi erano del colore dell’ambra, simili a quelli di un uccello rapace. Aveva le mani grandi come padelle, non si era accorto delle reali dimensioni. E della tendenza a fare lo spaccone. Ma tutti, lì introno, fecero un applauso. Sia maschi che femmine si complimentarono con entrambi, con strette di mano e pacche sulla spalle. Lo guardavano in odo diverso, e se aveva capito come la pensavano gli Stark era perché aveva dimostrata sua forza in combattimento. Non si era limitato a parlare, aveva fatto vedere di cosa era capace. Sempre in un giapponese zoppicante alcuni ragazzi gli indicarono delle tende con accanto delle grosse tecniche, che fungevano da docce da campo. Riuscì a capire di sbrigarsi per risparmiare acqua, ma quello lo avrebbe fatto a prescindere. Non avrebbe certo sprecato così l’acqua, era abituato a stare con le risorse limitate. Dopo una doccia velocissima venne più o meno trascinato da un paio di persone alla tenda principale. Artorias ed Elsa erano curvi su di una mappa, e discutevano con molti dei loro sottoposti. Indicavano punti, spostavano miniature, leggevano rapporti, segnavano punti sulla mappa. Stavano comunque parlando giapponese, quando capì. “Un assedio?” “Si, perché abbiamo il tempo e le risorse.” fu la risposta ironica. “Un assalto?” “Se lo usiamo come diversivo potrebbe funzionare. Ma poi?” “Un infiltrazione. Mentre un grosso gruppo si schiererà e comincerà un breve assedio, concentrando la maggior parte delle truppe davanti, un gruppo di guerrieri scelti si introdurrà dall’altro usando il parapendio, preferibilmente di notte. Il compito della squadra ombra sarà quello di recuperare le ragazze rapite. La squadra d’assalto invece indebolirà l’esercito. Se ci muoviamo bene possiamo salvare tutte le ragazze imprigionate. abbiamo motivo di credere che le tenga prigioniere da qualche parte. Non ce le troveremo davanti, almeno spero.” Artorias aveva appena deciso, tra gente che annuiva convinta o guardava la mappa pensosa. “Gough! Come siamo messi ad esplosivi?” Il gigante, lì accanto sull’attenti, in modo quasi scherzoso,  si fece serio. “Non siamo messi. Dato che non siamo ancora in affari ‘ufficiali’ con il Giappone il governo non ci ha permesso di portare armi di un calibro superiore ad un certo limite. Abbiamo solo del C4, ma nulla che si possa sparare.” Artorias sembrò seccato. “Attaccheremo alla vecchia maniera, di agli uomini di indossare le armature pesanti e di impugnare le armi da impatto. Le lame non saranno molto utili. Frantumategli il torace, il punto debole è lì. Elsa, mi puoi fornire cinque delle tue ragazze? Mi serviranno degli artificieri, e i miei ragazzi indosseranno tutti le corazze.” La bionda fece un cenno d’assenso con la testa. “Vuoi usare il C4 per distruggere le mura, vero?” “Si.” Poi il ragazzo si accorse di Ranma. “Ranma, scusa se non ti sto dando attenzione, ma purtroppo è una situazione da incubo. Tu farai parte, con Elsa e tua sorella, del gruppo di infiltrazione. Mi serve gente abile all’interno, in grado di lottare e tenere a bada Kuno. Noi sfonderemo, ma qualcuno dovrà massacrare Tatewaki prima che noi riusciamo ad arrivare. Poi dovrai trovare Akane, che probabilmente è in un’ala differente del castello. Allora, tutti d’accordo?” Tutti annuirono. E a Ranma si accese un fuoco nel petto. “Aspetta Akane, tra poco sarò da te.”

*Leggete con accento russo 

 

Akane

Venne svegliata da una muta Nabiki. Era ancora accoccolata a terra. Ed aveva ancora paura. Molta molta paura. Provò a reagire, a staccarsi di dosso le mani di sua sorella, ma la forza nelle mani di Nabiki la fece desistere. Se davvero avesse voluto liberarsi avrebbe dovuto usare tutta la sua forza, ma le avrebbe dovuto fare del male. E non era colpa sua se si comportava così, non poteva fargli male. Cioè, non è che volesse permettere a Nabiki di spogliata, lavarla e agghindarla con quegli orribili vestiti da bambola che Kuno pretendeva che indossasse. Si sentiva violata come marpiona di allora. Le mani di sua sorella le si infilavano sotto i vestiti, strappando, lacerando e sfilando. Non era violento, solo molto molto umiliante. Poi gli mise addosso un vestito rosa shocking, tutto fronzoli e svolazzi. Un vestito che fosse in un’altra occasione si sarebbe anche messa, ma l’idea che Kuno la volesse con quei vestito la disgustava. Lo avrebbe volentieri bruciato. Invece non poté fare altro che piegarsi e mettersi quel vestito. Quel vestito che significava aver perso. Essersi arresa a Kuno. Le lacrime sgorgarono ancora. Strizzò gli occhi per fermarle, ma no ci riuscì. Il terrore era troppo. Poi Nabiki parlò per la prima volta. La sua voce era spenta, priva di quella solita nota provocatoria. “Il padrone la desidera per cena. Mantenga un comportamento dignitoso a tavola la prego.” Venne nuovamente trascinata per i corridoi del castello. Provò a ribellarsi, ma ad ogni respiro le sembrava di inalare veleno.  Si sentiva fiacca, debole, addormentata. Come se l’intera fortezza fosse avvolta da un pressante senso d’oppressione. Si ritrovò in una grande sala, dove varie sosia, sue, di Ranma e di Elsa, terrorizzate, servivano. Si vedeva che non erano sotto lo stesso brutale incantesimo di Nabiki, perché tremavano ogni volta che lo sguardo brutale di Kuno gli si posava addosso. Non potendo fare altro tentò di osservare meglio il suo aguzzino. Era diverso dal solito Kuno, idiota ed incapace di controllarsi. Era freddo, feroce, affamato. Ogni tanto metteva le mani addosso alle ragazze, palpandole e infilando le mani in luoghi innominabili. Aveva una gran voglia di spaccare quel ghigno, ma non né aveva le forze. Quell’aria opprimente le risucchiava tutte le energie, come se si introducesse dentro di lei e la riempisse di veleno. Kuno continuò con i suoi vaneggiamenti per tutta la cena, tra pretese di conquista del Giappone, e del mondo, e commenti su quanto i suoi nemici fossero deboli ed indifesi davanti alla sua magnificenza. Akane aveva provato ribattere, citando il primo scontro tra Kuno e Ranma, e del fatto che lui gli avesse scritto scemo in fonte, una cosa così divertente che persino Nabiki sembrò scuotersi per un istante. Kuno però non apprezzò particolarmente, e, in un raptus di furia, le puntò la spada alla gola, affermando che se non fosse stato per la sua perfetta combinazione di bellezza e carattere l’avrebbe eliminata molto in fretta. Qualcosa, come una presenza oscura, le impedì sia di rispondere ancora. Per la prima volta Akane aveva paura di Kuno. Decise di ritirarsi nella sua stanza, dove rimase sveglia a chiedersi come mai non riuscisse nemmeno a rispondere a Kuno. Era quasi l’alba, quando sentì le esplosioni. 

 

Ranma

Mancavano poche ore all’attacco. Il sole aveva da poco superato la metà del cielo, quando Artorias ed Elsa convocarono lui, sua sorella e Ryoga in una piccola radura nel bosco dietro al picco. Uscirono dalle mura fatte di pannelli d’acciaio e sacchi di sabbia che circondavano il campo, e trovarono la radura. Era una radura perfettamente circolare, dove gli alberi si curvavano a creare una grande cupola ombrosa. Sembrava tutto molto poco naturale. Un tappeto di muschio ricopriva ogni singolo centimetro del terreno, emanando un profumo umido. Sei pietre, lisce e piatte, emergevano dal terreno, come cuscini. Un lieve scroscio d’acqua attirò la loro attenzione. Una piccola sorgente sotterranea sgorgava fuori, creando una piccola pozza di acqua cristallina. Qualcuno aveva scavato nel terreno per creare uno strano percorso, che, osservò Ranma, era uno stano simbolo, un otto messo storto. Poi, dal nulla, avvertì tre potentissime aure. Il Ki emesso da loro lo avvolse, come una coperta. Poi li vide. Elsa, Alberto ed Artorias erano seduti agli angoli della radura. Erano loro ad emettere tutta quell’energia spirituale. Era impressionante. Come riuscivano ad emetterne tanta? Chiunque la posto loro sarebbe svenuto. Poi la concentrazione dei tre si spezzò. “Benvenuti. Questo è un circolo sacro, un luogo in grado ci concentrare le energie naturali. Non abbiamo molto tempo, quindi quello che faremmo in anni di allenamento dovremmo farlo in poche ore. Useremmo i flussi di energie naturali per costringere il vostro Ki a fuoriuscire liberamente dal corpo. Questo vi concederà di usarne il vostro Ki al massimo, senza alcun limite. Voi siete già in grado di manipolare il Ki, quindi non farete fatica a controllarlo, ma dovrete stare attenti. Non sarà proprio piacevole, e all’inizio farete una fatica a dir poco infernale. Siete disposti a rischiare?” Tutti e tre annuirono. Ranma era disposto a tutto per salvare Akane. Se avrebbe dovuto usare tutto il suo Ki era ben disposto a farlo. Si sedettero sulle pietre, alternandosi tra chi doveva essere influenzato e chi doveva influenzare. “Concentratevi su di voi, sulla vostra forza interiore, sul vostro Ki.” Ci furono un altro paio di altri avvertimenti, ma il più preoccupante fu quello di Artorias. “Farà molto male. Molto molto male”. Il rituale cominciò. E Ranma sentì il dolore. Era come se avesse ami piantati in ogni poro del corpo, che tiravano per  strappargli la carne.  Il dolore era immane, ma Ranma resistette. Non c’era dolore abbastanza atroce da fargli dimenticare la sua Akane. Il lacerante dolore continuò per un tempo indefinito, durante il quale Ranma avvertì ogni singolo centimetro del suo corpo venire rivoltato, lacerato e strappato. Il dolore lo rese cieco, sordo e annientato. Era come annegare. Poi tutto finì. In un ultimo, tremendo strappo, tutti gli ami vennero estratti dalla sua carne, lasciandogli un senso di bruciore misto a sollievo. E poi lo sentì. Tutta la sua energia stava uscendo dal suo corpo, non più trattenuta dai suoi limiti naturali. E fece ciò che sapeva. Fermò la fuoriuscita incontrollata, imbrigliando il Ki introno a lui, come una coperta di morbida energia. Era caldo, piacevole. Poi La mosse. Lo aveva fatto dozzine, centinaia di volte, ma mai con tutta quell’energia insieme. Mandò la forza nelle gambe, percependola appieno. Probabilmente avrete potuto saltare diversi metri in quel momento, ma rimase fermo al suo posto. Sentiva che spezzare la concentrazione del circolo sarebbe stato sbagliato. L’energia che prima lo stava dilaniando ora lo accoglieva, rassicurante. Era come un possente flusso, qualcosa di incontrollabile e primordiale. Aprì gli occhi. E la vide. Era come se intorno a lui fosse scoppiato un’incendio. Il Ki che avvolgeva gli alberi era come un sottile strato che avvolgeva i tronchi, per poi affondare nella terra. Ogni singolo essere vivente, dagli scoiattoli sui rami alle formiche su terreno bruciava di vita, abbagliandolo. Più un animale era intelligente ed energico più energia emetteva. Ed intorno a lui cinque possenti fiamme avvolgevano i suoi amici. Quelle di Artorias, Elsa ed Alberto erano più controllate, mentre quelle di Ryoga e Ranma erano più selvagge e feroci, ma per sua sorella questo sembra dipendere più dai suoi sentimenti che dal poco controllo. Ryoga boccheggiava dalla fatica, mentre Ran-chan era serena e tranquilla. Persino lui era affaticato, controllare tutto quel Ki era molto faticoso, ma lei sembrava controllarlo e manipolarlo con una naturalezza sconcertante. In pochi istanti la domò il Ki, mentre lui ci mise dieci minuti buoni. Quelle che gli erano sembrate ore in realtà erano stati istanti, istanti in cui erano diventati infinitamente più potenti. Tutti si alzano. Artorias, quasi a dimostragli quale fosse la reale potenza del Ki. Rilasciò tutta la sua energia, avvolgendosi in un unica grande vampa. Per un secondo la sua reale natura, ben più furiosa e selvaggia di quella che mostrava si rivelò. L’ombra di un gigantesco lupo apparve alle sue spalle, come proiettata dall’aura. Quella di Elsa invece era simile ad un enorme iceberg. Massiccia, rigida, tagliata come un gioiello. Eppure così etera. Quella di Alberto invece era ancora indefinita. Tuttavia sprigionava una potenza incredibile. Poi si rese conto di aver sforzato fin troppo il suo corpo e svenne. 

Si svegliò poco dopo, in una branda, solo. Accanto lui c’era Artorias, che aspettava il suo risveglio. “Vi abbiamo divisi, per spiegarvi meglio le vostre nuove capacità. Ora siete molto più forti di prima, ma te ne sarai sicuramente accorto da solo. Ora prova ad eseguire questi semplici…. esercizi. Chiudi gli occhi, e sposta il Ki. Inizia dagli occhi.” Una lunga, faticosa serie di esercizi gli impegnarono tutto i pomeriggio. Capì come spostare l’energia nelle varie parti del corpo in modo più naturale e facendo meno fatica. Gli insegnò ad utilizzare il Ki per vedere la presenza altrui, ignorando l’energia naturale che circondava ogni cosa. Riuscì a vedere solo ombre confuse, ma Artorias gli assicurò che sarebbe migliorato con un serio allenamento. Senza tanti complimenti lo costrinse ad usare solo il Ki per muovere il corpo, senza usare i muscoli. Lo obbligò addirittura ad una serie di figure di tai chi, fatte lentamente e con pazienza. Ranma si pentì parecchio del combattimento fatto con il gigantesco Gogh. Era stata davvero una giornata faticosa, quindi lui gli consigliò di dormire almeno poche ore, per recuperare almeno un po’ di energie. Ranma si sdraiò, chiuse gli occhi, pensando: giusto per un secondo. E sprofondò nel sonno. Venne svegliato da una delle ragazze di Elsa, vestita completamente di nero, addirittura erano stati tolti i simboli argento degli Stark. Aveva gli occhi freddi, come schegge di ghiaccio. Ranma si alzò, e, attraversando il campo, poté osservare molti dei ragazzi di prima indossare pesanti corazze di metallo, impugnare grandi scudi quadrati e legarsi alla cinta pesanti mazze da guerra. Sembravano davvero un piccolo esercito pronto a combattere. Il lontananza il possente Gough tendeva un enorme arco, alto quasi come lui. Usava delle frecce a dir poco enormi, alte quasi un metro, e spesse come un bastone da passeggio. Chi avrebbe mai detto che quel gigantesco guerriero fosse un’arciere. Certo, piantato nel terreno accanto a lui c’era un enorme randello di metallo a forma di teschio, ma non era sicuro di che animale fosse. Il bestione lo salutò con un cenno del capo, facendo vibrare la corda dell’arco come se fosse la corda di un’arpa. Nel buio rischiarato solo dai falò,  gli avevano detto che faceva più atmosfera, percepiva l’eccitazione per la battaglia. Percepiva a voglia di combattere, talmente densa che si tagliava con il coltello. Era un’atmosfera inebriante, e, in un’altra situazione, avrebbe volentieri partecipato alla battaglia campale, ma lui doveva salvare Akane, e nulla era più importante. Alla tenda principale  si stava litigando. Di preciso si litigava sulle assegnazioni per la battaglia. Ryoga non era molto d’accordo con l’idea di mettersi a combattere nella battaglia campale. Voleva andare a cercare Akane. “Ryoga, sarà un miracolo se non ti perdi mentre vai dritto per dritto al castello, ma cosa ti succederebbe se entrassi nel castello? Ti perderesti in tempo zero, ed a qual punto saresti inutile.” lo fermo Ranma, che era stufo marcio di Ryoga e delle sue polemiche idiote. “Sta zitto Ranma! Tu cosa ne puoi sapere di quello che provo per le…” Quelle parole fecero infuriare Ranma abbastanza da fargli rilasciare un onda di energia spirituale abbastanza potente da zittire Ryoga, che, calmatosi, osservò meglio la situazione e capì che nessuno gli avrebbe dato retta. Poi Artorias riprese la parola. “Bene, se abbiamo finiti di fare gli idioti, vorrei che facessimo il punto della situazione. Dunque, io e Gough guideremo il battaglione per l’assalto frontale, coadiuvati da Alberto e Ryoga. Il nostro obbiettivo è distruggere tutti i soldati di terracotta, tutti. Non ne dovrà restare integro nemmeno uno, quindi dì ai ragazzi di non trattenersi Gough. E spara le frecce al C4, di quello ne abbiamo, vero?” Il gigante, sorrise. “Certo, si può importare come materiale per demolizioni edili, quindi ne abbiamo quintali, al contrario di tutti gli altri esplosivi che sono considerati armi. Valle a capire queste leggi.” disse, sghignazzando. In effetti Ranma aveva notato degli strani quadrati attaccati alle frecce del gigante. Quindi era esplosivo? Forse, se quelle frecce sarebbe piovute dal cielo durante la battaglia, sarebbe stato positivo non essere in mezzo la campo a rischiare di essere bombardati. Sorrise. Era impressionate tutto quello spiegamento di forze per una cosa così assurda, ma era felice di essere lì. Poi uscì dalla tenda, seguendo Elsa ed alcune ragazze in nero, insieme sua sorella. Avevano lasciato l’accampamento nel buio e si erano diretti verso il castello. Appena dopo il picco del colle lo avevano visto. Era veramente grande, costruito in stile giapponese, ma mancavano molte parti e c’erano cantieri aperti ovunque, con addirittura buchi nei muri pezzi di muro difensivo mancanti. Inoltre Ranma non si intendeva di castelli, ma quei pochi che aveva visto in giro nei suoi viaggi erano messi su basi molto alte, e circondati da fossati. Quello invece aveva solo dei muri pieni di buchi. Erano davvero fortunati, o i soldati erano degli incapaci oppure loro erano stati più veloci, ed erano arrivati prima che il castello e le sue difese fossero completate. Si arrampicano su di un’alta rupe che dava sul retro del castello. Ranma non l’aveva notato subito, ma gli occhi delle statue emettevano un fievole bagliore, non forte, ma abbastanza perché i loro sensi iper allenati rendessero i nemici ben visibili. Anche tutte le altre sembravano in grado di vederli. Elsa fece cenno di nascondersi, e tutte le guerriere fecero svanire il Ki. Anche lui e sua sorella fecero lo stesso. Poi si appostarono. E, meno di un’ora dopo, con una luna al tramonto, li sentì. Marciavano pesanti, senza preoccuparsi di nascondere la loro presenza. Poi si fermarono al limitare della foresta, le armature che scintillavano nella poca luce naturale. Un corno suonò, e due frecce enormi si lanciarono nel cielo nero. Poi atterrarono sulle mura, esplodendo e frantumando tutto quello su cui atterravano. E poi continuarono a piovere frecce sulle mura. Le esplosioni lo assordarono, ma proprio in quel momento Elsa fece loro un cenno, e si lanciò di sotto, verso in castello, usando il Ki per atterrare senza farsi male. Dopo di lei le ragazze la seguirono. Ranma le seguì, ed il codinato,  gettandosi per ultimo, riuscì a vedere il piccolo esercito Stark uscire dal foresta compatto, una muragli dai scudi semovente. Il solo che si distingueva era Artorias, che impugnava una spada lunga quasi due metri. Era impressionate, ma non si fece distrarre. Si buttò sulla fortezza, pronto a tutto per salvare Akane. 

 

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Ciao a tutti. Mi auguro che il capitolo vi piaccia, mi scuso per essere in ritardo e mi scuso ancora perché non potrò aggiornare per un po' di tempo, quindi non so quando aggiornerò di nuovo. Vi prego altresì di lasciarmi una piccola rercensione per sapere  cosa pensate della storia, ciao a tutti da 
Jacob Stark di Grande Inverno

  
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