NdA
Mi è capitato di incrociare
questo headcanon diverse volte e mi è piaciuto parecchio, così ho colto
l'occasione per sfruttarlo un po'. Spero piaccia anche a voi!
Le
persone
che gli hanno assegnato l'incarico, quelli che l'hanno risvegliato
dalla criostasi,
sono degli Americani in completo scuro dai sorrisi fasulli. Lavorano a
stretto
contatto con altri uomini dal forte accento russo e dal loro linguaggio
del corpo
traspare un senso di negoziato inquieto. Parlano di lui come se fosse
un
oggetto, un mezzo per raggiungere un determinato scopo. Non gli
forniscono
altre motivazioni oltre a quella che il suo contributo
servirà a riscrivere la
Storia.
Gli
viene
dato un nome, una data, un incarico e questo è tutto. Se non
riceve
informazioni aggiuntive non chiede nemmeno. Non chiede mai. Hanno le
loro
ragioni per volere che sia fatto e lui non è altro che uno
strumento per ottenere
il risultato. Non devono alcuna spiegazione alla loro arma e del resto
l'arma non ne ha bisogno.
Le
ultime
istruzioni vengono consegnate un giovedì sera, col
sottinteso che un fallimento
non sarà tollerato. L'avvertimento non è
necessario: non ha mai
fallito. L'incarico verrà portato a termine il giorno dopo,
come gli è stato
ordinato, e si aprirà un nuovo capitolo nella Storia.
Lo
lasciano
in un deposito fuori città con la documentazione necessaria,
una singola sedia e
tre guardie addestrate a sparare ancora prima di fare domande, in caso
la situazione lo richiedesse. Anche questa precauzione non è
necessaria. Si
trova lì per un lavoro; l'America per lui non rappresenta
nulla,
se non un miscuglio di città gremite e aria inquinata. Siede
sulla sedia, immobile e in
silenzio, e aspetta che si faccia giorno.
Non
si muove
per almeno sette ore filate. Quando i primi raggi di sole iniziano a
tagliare
il buio del mattino si alza e raccoglie i documenti. L'alba arriva
con un bagliore di metallo fuso e tinge i ciuffi di nuvole del colore
del
sangue. Il conto alla rovescia è cominciato e i pezzi sono
al proprio posto.
Manca solo la mossa decisiva.
Il
furgone
arriva alle 7:30 in punto per portarli in città.
L'equipaggiamento è a bordo,
il percorso pianificato. La portiera si chiude e il deposito scompare
nello
specchietto retrovisore.
A
quell'ora
del mattino il traffico è scarso ma le principali arterie
sono già bloccate, le
deviazioni indicate con segnali luminosi. La sicurezza è
ancora ridotta ai
minimi termini, ad eccezione delle maggiori intersezioni e delle strade
più tortuose.
Questo dettaglio gioca a suo favore ed è in grado di
scendere in strada senza
essere visto. Il furgone scompare e lui rimane da solo con una borsa;
che tornino a prenderlo
o meno non deve interessargli, tutto ciò che importa
è la missione.
Il
carico
sulla spalla è pesante, sfrega contro le articolazioni
metalliche ad ogni
passo. Mette a tacere il fastidio e continua a camminare, il dolore
fisico non è altro che
un inconveniente per lui. La porta di servizio dell'edificio
è aperta come
previsto e i corridoi sono deserti. L'unico rumore che risuona nel
vuoto è il
suono dei suoi stivali sulle piastrelle e sul parquet dei pavimenti.
Entra
nella
stanza prestabilita e sistema a terra il borsone, aprendo la zip con
cautela per
estrarre la propria attrezzatura. Assemblarla è
un'operazione meccanica,
metodica, qualcosa che ha ripetuto innumerevoli volte prima di questa.
Non
presta troppa attenzione a cosa sta facendo, piuttosto si concentra
sulla vista
della città adagiata sotto di lui.
I
palazzi sono ammassati uno all'altro e si espandono a
macchia d'olio in ogni direzione, allungandosi fino all'orizzonte come
un mare
di mattoni e cemento. Agglomerati urbani di questo tipo rappresentano
una minaccia, troppe
possibili variabili e pianificazione inadeguata. Detesta le metropoli.
Di
tanto in
tanto nella testa ha dei flash di città simili, immagini
sfocate che si
mescolano insieme alla rinfusa e sono troppo confusionarie o distorte
per
essere dei veri ricordi. Posti dove non è mai stato, che non
ha visto, ai quali
non sente di appartenere. Immagini di banchine e grattacieli e vicoli.
Non
significano niente, sono inutili e non gli sono di alcun vantaggio. Li
ignora e
prepara il fucile.
Il
pallido mattino
si trasforma in una giornata di sole acceso e la temperatura tiepida risulta
fastidiosa, insolita per quel periodo della stagione. Sarebbe persino
soffocante se non ci
fosse la finestra aperta. Gli restano ancora tre ore prima che sia il
momento
di agire e si siede a ridosso del muro, la schiena schiacciata contro i
mattoni.
Il
traffico
all'esterno inizia ad aumentare man mano che la mattinata procede e
folle di
persone si accalcano lungo ciascun lato dei marciapiedi. L'eccitazione
è
palpabile nell'aria, carica di entusiasmo e aspettative. In molti hanno
preso
un giorno di permesso dal lavoro, i bambini non sono andati a scuola,
tutti vogliono
poter dire di aver fatto parte della Storia. Lo saranno, più
di quanto possano
immaginare: ogni persona in strada sarà testimone di un
momento cruciale
nella storia dell'umanità.
Si
mette in
posizione e aspetta. Il sole adesso è alto nel cielo di
novembre, riempie le
strade di luce calda e intensa. Il corteo è ben in vista e
gira l'angolo, la
ressa sotto di lui si fa sempre più eccitata. Prende la
mira, aggiusta il tiro
e preme il grilletto.
Le
urla che
esplodono tra la folla sono quasi istantanee. Una macchina sterza e si
ferma, poi
accelera di colpo quando l'autista si rende conto della situazione. La
carrozzeria è chiazzata di sangue denso, mescolato a materia
cerebrale. C'è
anche più sangue che affonda in un vestito rosa, tingendo il
tessuto di
scarlatto sgargiante. Il caos infuria nelle strade, le automobili
sembrano
impazzite, molte persone continuano a gridare in preda al panico.
Impassibile si rialza e si allontana dalla
finestra.
Il
presunto
colpevole, un giovane Marine con dei precedenti penali, è
già stato incastrato
con prove sufficienti da assicurarsi che a nessuno venga in mente di
scavare
più a fondo. Ha dei legami con l'Unione Sovietica, accuse di
affiliazione al Comunismo,
si tratterà di un'indagine aperta e chiusa in un lampo. Di
sicuro negherà, lo
fanno sempre tutti, ma non avrà importanza.
Anche lui entrerà a far parte della Storia, il suo nome
collegato alla macchina coperta di sangue.
La
calca urlante
funge da perfetta distrazione e si mescola alla gente senza dare nell'occhio. Non
ha più il fucile né il borsone o qualsiasi cosa
possa distinguerlo da un
normale civile. Il braccio di metallo è nascosto sotto una
manica scura e si
lascia trascinare via dalla corrente di terrore e grida.
Segue
la
folla finché questa non si disperde come un brulicante
ammasso di scarafaggi.
Sirene sfrecciano per le
strade, luci lampeggianti rosse e blu si precipitano verso l'epicentro
della confusione. Si allontana da tutto ciò camminando.
Procede
con
lentezza e senza avere una reale meta da raggiungere, girando un angolo
qui e
attraversando una strada là. Non ha una vera destinazione,
neanche importa che
ce l'abbia; i suoi guardiani1 lo troveranno, lo porteranno via e
allora scomparirà in fretta come è
arrivato.
I
televisori
nei negozi sono sintonizzati sulle stazioni locali che trasmettono le
ultime
notizie. Un filmato è già disponibile e dei
testimoni singhiozzanti vengono
intervistati in diretta. È una tragedia nazionale,
inconcepibile e
inimmaginabile. Le immagini continuano ad essere mostrate a ripetizione.
Si
concede
un attimo per fermarsi di fronte ad una delle vetrine, dove un gruppo
di
persone è radunato per seguire il notiziario: mostrare poco
interesse o un
atteggiamento di totale, spietata indifferenza potrebbe far nascere dei
sospetti
e far girare qualche testa. Finge di essere un cittadino confuso e
preoccupato, rimane insieme agli altri per alcuni minuti prima di
andarsene.
I
grattacieli pieni di uffici si diradano e
lasciano spazio a quartieri residenziali e appezzamenti edificabili.
Incontra
piccole case di tanto in tanto, lontano dal cuore della metropoli. Un
parco
compare sul suo cammino, alla fine di un viale, e si dirige in quella
direzione
in mancanza di una scelta migliore.
È perlopiù
deserto,
incontra solo alcune persone che portano a spasso i cani o spingono i
bimbi
sulle altalene. Sono del tutto all'oscuro di quanto è
successo a
pochi isolati
di distanza, spensierati nella loro temporanea inconsapevolezza. Si
accorge di un'enorme
bandiera sistemata al centro del parco, che ondeggia fieramente al
vento. Il giorno dopo
sarà a mezz'asta e probabilmente resterà
così per
settimane. Una Nazione in lutto piangerà la perdita
del proprio leader.
Guarda
la
bandiera a lungo, ammirandone il movimento e lo sventolio, l'esplosione
di
stelle delineate sul tessuto che emergono dal blu in alto a sinistra.
Contempla
la bandiera per tutto quel tempo perché gli ricorda
qualcosa, eppure non è
sicuro di cosa si tratti. Non dovrebbe ricordargli nulla; lui non ha
ricordi,
non esiste neanche se non quando i suoi servizi sono richiesti. Non ha
passato,
non ha radici - lui è un arma, ecco tutto.
Tiene
gli occhi
fissi sulla bandiera. Rappresenta qualcosa di concreto e importante,
qualcosa
di fiero. Ripensa all'uomo che ha appena assassinato, alla Nazione in
lutto, e
si chiede se sia per quel motivo che non riesce a distogliere lo
sguardo. In
realtà la bandiera rappresenta qualcos'altro, qualcosa che
si
agita nel
profondo della sua mente e non dovrebbe esserci. Questa bandiera
è quadrata ma lui sta pensando ad una rotonda.
Il
furgone
si accosta al marciapiede meno di cinque minuti dopo e lui sale a bordo
senza bisogno che
gli venga richiesto. Continua a fissare la bandiera finché
la portiera si
richiude e il veicolo si allontana dal parco. È un viaggio
tranquillo, nessuno parla perché in fondo non è
necessario. Il
lavoro è stato eseguito e l'incarico portato a termine
secondo gli ordini.
Quando
lo riportano al deposito trova i suoi committenti ad aspettarlo.
Annuiscono con un fugace cenno
della testa, giusto un minimo segno d'approvazione, poi scompaiono.
Anche a
loro tocca recitare la parte degli onesti cittadini confusi e
preoccupati, così
lo lasciano insieme ai
guardiani per il resto del pomeriggio mentre tutto il Paese fatica a
riprendersi dallo shock.
Le
guardie
si distraggono con un piccolo televisore portatile, saltando tra i vari
canali
che riportano sempre la stessa notizia. È confermato: il
Presidente è morto e
il mondo non sarà più lo stesso.
Lui
rimane
immobile sulla sedia e scruta il pavimento di calcestruzzo. Non pensa
alle notizie, alla
morte del Presidente o a quello che significa per il Paese. Sta
pensando a
quella maledetta bandiera e al perché non riesca a
togliersela
di mente. Significa
qualcosa, sa che è così, ma allo stesso tempo non
ha
alcun significato. È solo
stoffa, tinta, cucita e così smielata nel suo patriottismo e
orgoglio da far venire la nausea, però significa qualcosa e
lui
non sa cosa.
La
notte
passa lenta e tranquilla, le ore di oscurità si trasformano
nel tenue luccichio
del mattino. Una delle guardie porta un giornale, in prima pagina
compare un
fermo immagine del filmato del giorno precedente. Glielo fanno cadere
in grembo
e se ne vanno, lasciandogli il tempo di misurare la portata
dell'avvenimento dagli enormi caratteri in bianco e nero.
Lancia
un'unica
occhiata al frontespizio e spinge il giornale a terra. Fuori dal
deposito il
sole si arrampica nel cielo annunciando l'alba del primo giorno di un
nuovo governo.
La Storia è stata cambiata nel giro di mezzo secondo con un
proiettile e adesso
il mondo sta rinascendo dalle proprie ceneri. Pensa ad una fenice e
ripensa a
quella bandiera.
L'America
è
davvero uno strano Paese.
1.
Handlers
Addetti/incaricati/responsabili, se riferito a mansioni organizzative. Quando invece si riferisce ad esseri
viventi è più consono il termine addestratori/ammaestratori, perché in genere definisce
il personale che si occupa della gestione degli animali - ad esempio in un
circo.
Nella prima stesura avevo usato il termine "sorveglianti" ma per la
versione definitiva ho scelto "guardiani", dato che volevo
mantenere inalterato il concetto del Soldato d'Inverno trattato
come un animale. [NdT]
Capitolo originale dell'autrice